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SECONDA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo ventisettesimo e ultimo volume della serie seconda inizia il l o aprile 1895 e si chiude con la battaglia di Adua e con la caduta definitiva di Crispi che, come è ben noto, segna un cambiamento profondo nella politica estera italiana.

Nonostante la soddisfazione per la conquista di Cassala e per gli altri successi militari in Africa, Crispi e Blanc, pungolati da Sonnino, tornano a frenare Baratieri. Anche dopo la sconfitta di Amba Alagi del 7 dicembre, che suscita a Roma gravissime preoccupazioni e accentua la confusione nella direzione politica del conflitto, Blanc mantiene questo atteggiamento e lo stesso Crispi continua a non escludere la possibilità di una condotta militare puramente difensiva. Ma poi, in gennaio-febbraio, si va delineando un dissenso perché Crispi vuole ormai una iniziativa militare risolutiva contro Menelik, è contrario, a differenza di Blanc, a sgombrare Cassala, e sembra ai diplomatici tedeschi (non confermati però dai documenti italiani) più disponibile del nostro ministro degli esteri ad accedere alla alleanza anti-inglese vagheggiata da Holstein. «Mon impression est que !es suggestions de Holstein sont simplement perfides», annota Pansa (doc. n. 902).

Sotto il profilo diplomatico la questione etiopica presenta essenzialmente due aspetti: il tentativo di ottenere finalmente dalla Francia la delimitazione delle rispettive zone di influenza attorno all'Harar e soprattutto il blocco delle forniture di armi a Menelik; e il tentativo, sempre più pressante man mano che si rivela la forza dell'esercito nemico, di ottenere dall'Inghilterra il permesso di usare la località di Zeila per giungere all'Harar ed esercitare da lì una minaccia militare contro l'imperatore etiopico. Entrambi i tentativi falliscono. Particolarmente grave è per Blanc il fallimento relativo a Zeila, che scuote in modo profondo la sua fiducia nell'Inghilterra.

La fiducia nell'Inghilterra viene meno non solo riguardo all'Etiopia ma anche riguardo al Mediterraneo e alla Turchia. Ormai la riluttanza di Londra a rendere operativi gli accordi del 1887 non viene più attribuita da Blanc ai presunti errori di Rudinì e di Brin ma a qualcosa di più profondo la cui natura gli sfugge. Infatti l'Inghilterra lo delude, oltre che per Zeila, per un'altra grave questione, quella armena, che, presente in tutto il volume, diventa particolarmente acuta a partire dall'ottobre del 1895. Ai primi di dicembre la crisi induce Blanc, inutilmente sconsigliato da Nigra, Pansa, Perrero e Lanza, a ritenere che sia finalmente possibile rendere operativo, in funzione antirussa e antifrancese, l'accordo del dicembre 1887 con l'Inghilterra e l'Austria per il Mediterraneo orientale. Ma in febbraio Salisbury lascia cadere l'invito. Del resto, già prima del suo rifiuto, Blanc è indotto a un nero pessimismo, constatando che né la Triplice né gli accordi del 1887 tutelano gli interessi italiani nel Mediterraneo, in Turchia, in Africa. Il 7 gennaio egli scrive sconsolato a Lanza: «Le pian politique auquel j'ai travaillé pendant trente ans se trouve, en fin des comptes, irréalisable» (doc. n. 711).

Occorre sottolineare che la politica di Blanc incontra particolari difficoltà a causa della congiuntura internazionale, caratterizzata in quegli anni dalle cattive relazioni fra Inghilterra e Germania. Queste cattive relazioni non solo fanno vacillare il punto fermo della diplomazia italiana, esaltato da Blanc, basato sull'amicizia fra Triplice ed Inghilterra, ma accentuano la propensione inglese a tenere in maggior considerazione gli interessi della Francia che non quelli dell'Italia.

Un giudizio tradizionale parla di crisi delle alleanze sopraggiunta in quello scorcio di tempo. Per quanto riguarda però gli accordi del 1887 con l'Inghilterra la lettura distesa e completa dei nostri documenti diplomatici induce ad un giudizio in parte diverso. È infatti difficile parlare di crisi (se non per la delusione cui Blanc va incontro già nel 1895) a proposito di accordi che nella realtà non hanno mai funzionato, quanto meno nel senso che non hanno mai corrisposto alle attese dell'Italia. Sembra più appropriato dire che la esplicita richiesta di Blanc, fatta tramite Goluchowski, di rendere operante l'accordo di dicembre 1887, obbliga Salisbury a far comprendere, col suo rifiuto, la fragile consistenza dell'accordo stesso, salvo però restando, sulla carta, l'altro accordo di febbraio-marzo dello stesso anno; né si può escludere che Salisbury avrebbe salvato anche l'accordo di dicembre se Goluchowski non avesse chiesto di rendere più vincolante l'impegno inglese in senso antirusso. Tuttavia, anche se per questi motivi sembra inesatto parlare di crisi, resta il fatto che negli anni successivi la nostra diplomazia cesserà di vedere in quegli accordi un punto di riferimento fondamentale e li lasciò cadere.

2. -Il volume si basa principalmente sulla documentazione conservata nei fondi seguenti dell'Archivio storico-diplomatico del Ministero degli affari esteri: Archivio segreto di Gabinetto 1869-1914; telegrammi in arrivo e partenza delle serie ordinaria e riservata; Affari politici 1891-1914; Archivi delle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi e Vienna; Archivio del Ministero dell'Africa italiana; Carte Blanc; Carte Nigra; Carte Primo Levi e Carte Pansa. - 3. -Varii documenti erano già editi, integralmente o in parte, nei Libri Verdi, in questo periodo particolarmente numerosi, e nelle altre pubblicazioni indicate qui di seguito (fra parentesi l'abbreviazione usata nel testo):

Die Grosse Politik der Europaischen Kabinette 1871-1914, Band 10, Berlin,l924 (GP 10);

Libro Verde 86, Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano dal ministro degli affari esteri (Blanc), Agordat-Cassala, seduta antimeridiana del 25 luglio 1895, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1895 (L V 86);

Libro Verde 87, Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano dal ministro degli affari esteri (Blanc), Halai-Coatit-Senafè, seduta antimeridiana del 25 luglio 1895, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1895 (LV 87);

Libro Verde 90, Documenti presentati dal presidente del Consiglio (Rudinì), Corrispondenza tra il Governo centrale e il governatore dell'Eritrea dal 3 all'8 marzo 1896, seduta del 20 marzo 1896, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1896 (L V 90);

Libro Verde 91, Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano dal presidente del Consiglio (Rudinì) di concerto col ministro degli affari esteri (Caetani) e col ministro della guerra (Ricotti), Avvenimenti d'Africa (gennaio 1895-marzo 1896), comunicati alla presidenza della Camera con lettera del 27 aprile 1896, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1896 (L V 91);

Libro Verde 92, Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano dal presidente del Consiglio (Rudinì) di concerto col ministro degli affari esteri (Caetani) e col ministro della guerra (Ricotti), Avvenimenti d'Africa (gennaio 1895-marzo 1896), comunicati alla presidenza della Camera con lettera del 27 aprile 1896, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1896 (LV 92);

Libro Verde 93, Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano dal presidente del Consiglio (Rudinì) di concerto col ministro degli affari esteri (Caetani) e col ministro della guerra (Ricotti), Avvenimenti d'Africa (marzo-aprile 1896), comunicati alla presidenza della Camera con lettera del 27 aprile 1896 (LV 93);

O. BARATIERI, Memorie d'Africa (1892-1896), Torino, Bocca, 1898;

A. BILLOT, La France et l'Italie. Histoire des années troubles 1881-1899, tome second, Paris, Plon-Nourrit, 1905;

F. CRISPI, Questioni internazionali. Diario e documenti ordinati da T. Palamenghi-Crispi, Milano, Treves, 1913;

C. RICHELMY, Lettere inedite di Costantino Nigra, in «Nuova Antologia», 1928, vol. 262;

F. CRISPI, La prima guerra d'Africa. Documenti e memorie a cura di T. Palamenghi Crispi, Milano, Garzanti, 19392 ;

R. BATTAGLIA, La prima guerra d'Africa, Torino, Enaudi, 1958;

F. CuRATO, La questione marocchina e gli accordi mediterranei itala-spagnoli del 1887 e del 1891, vol. II, Milano, Edizioni di Comunità, 1964;

E. SERRA, Le questioni di Cassala e di Adua nelle nuove fonti documentarie, in «Storia e politica», anno V, fase. IV (ottobre-dicembre 1966);

E. SERRA, La questione tunisina da Crispi a Rudinì ed il «colpo di timone» alla politica estera dell'Italia, Milano, Giuffrè, 1967;

S. SoNNINO, Diario 1866-1912, vol. l, a cura di B.F. Brown, Roma-Bari, Laterza, 1972;

S. SoNNINO, Carteggio 1891-1913, a cura di B.F. Brown e P. Pastorelli, Roma-Bari, Laterza, 1981;

N. LABANCA, In marcia verso Adua, Torino, Einaudi, 1993.

4. Anche questo volume nasce dalla mia collaborazione con la dott. Emma Moscati Ghisalberti cui va il merito dell'impostazione generale dell'opera e della maggior parte della ricerca. Insieme desideriamo ringraziare la dott. Marina Tomaselli, che ha effettuato con intelligenza proficue ricerche, soprattutto negli archivi esterni al Ministero degli esteri, ha redatto l'indice sommario del periodo gennaio-marzo 1896 e le appendici e ha corretto le bozze di stampa; la signora Fiorella Giordano, che ha tenuto con la consueta efficienza i rapporti con il Poligrafico dello Stato e ha corretto le bozze di stampa; e le signore Andreina Marcocci e Daniela Velia che hanno trascritto numerosi documenti, anche in lingua straniera e di difficile decifrazione.

GIAMPIERO CAROCCI


DOCUMENTI
1

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E I MINISTRI DEGLI ESTERI, BLANC, E DELLA GUERRA, MOCENNI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 1591 . Roma, l° aprile 1895, ore 13,30.

Per ragione politica e per ragione finanziaria crediamo non conveniente occupazione permanente di Adua. Per ora, Adigrat deve rimanere punto estremo nostra occupazione. E qualora arruolamento altri mille indigeni non sia ancora un fatto compiuto, preghiamo sospenderlo o ridurlo minime proporzioni possibili.

2

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI

D. CONFIDENZIALE 11790/135. Roma, r aprile 1895.

Ho letto con speciale interesse la comunicazione confidenziale diretta alla E.V. dal signor Cangià e che ella mi trasmise in copia col suo rapporto riservatissimo del 18 corrente n. 587/251 1 .

Riconosco coll'E.V. tutta l'importanza dell'argomento svolto in quella lettera ed apprezzo le considerazioni contenute nel rapporto di lei circa l'azione che l'Italia può e deve esercitare in Macedonia ed in Albania, sia per proteggere le nazionalità valacca ed albanese, sia per opporsi all'incremento fra quelle popolazioni di influenze a noi generalmente avverse.

Non esito pertanto a dichiarare che, in massima, lo scopo finale cui tendono le considerazioni da lei e dal signor Cangià espostemi è da me giudicato siccome interamente conforme ai concetti ed agli interessi del R. Governo.

Allo stato attuale delle cose, però, è mio avviso che la cauta e progressiva azione nostra debba, per ora, più che ad altro, tendere a questo: a metterei in grado di esattamente e minutamente conoscere il terreno sul quale ci proponiamo di agire, gli elementi ed i mezzi di cui ci possiamo giovare, la importanza e la efficacia di tali fattori, la forza effettiva delle influenze ai nostri disegni contrarie.

In ordine a questo punto di vista, mentre mi riservo di decidere circa la istituzione di nuovi uffici consolari nei centri principali kutzo-valacchi ed albanesi, avverto l'E.V. che verrà immediatamente eseguito il trasferimento del r. consolato in Epiro da Prevesa a Janina, punto questo che ritengo di maggiore e più importante osservazione. Da Janina e da Monastir ci perverranno opportune e preziose informazioni per le decisioni ulteriori.

Lascio all'E.V. di giudicare se allo stesso scopo possa utilmente concorrere la missione da affidarsi al signor Cangià, della quale era cenno nel rapporto di lei in data delli 11 marzo n. 537/2302• Egli dovrebbe allora proporsi non solo l'ulteriore e pratico studio delle questioni che ci interessano, ma stabilire altresì quelle prime intelligenze che sarebbero base della nostra azione.

Questi scopi potranno essere con maggiore facilità raggiunti se la missione avvenga quando già siano rispettivamente al loro posto i rr. agenti in J anina ed in Monastir e quando il signor Cangià sia stato in grado di discutere coll'E.V. e concretare un piano pratico per le sue operazioni.

Con ciò, implicitamente, approvo i rapporti che il signor Cangià si è procurati col Margaritu e la intenzione dall'E. V. manifestata di entrare direttamente in caute e riservate relazioni con quest'ultimo. I giudizi espressi dal signor Margaritu circa la legittimità e la opportunità della influenza italiana in Macedonia ed Albania, in confronto con quella che vi esercitano altre Nazioni, ci fa credere che un'intesa sui punti principali di un programma comune non sia né difficile, né, per noi, priva di pratico interesse. Converrebbe però che della serietà delle trattative, da condursi in ogni loro fase con tutta la prudenza e la riservatezza necessaria, stessero garanti per parte del Margaritu una esposizione chiara e precisa di quanto egli attende dal nostro concorso, ed una soddisfacente dimostrazione dei mezzi che egli può ed intende impiegare per assicurare un appoggio reale ed efficace ali' azione nostra.

Questo potrebbe effettivamente, come I'E.V. osserva, iniziarsi col valersi, nel modo da lei accennato, delle scuole kutzo-valacche per la diffusione della nostra lingua e della cultura italiana fra quelle popolazioni. Ed anche per questo speciale riguardo, attendo concrete proposte, tostoché ella sia in grado di formularle.

Dell'altro argomento, parimenti di grande interesse, che si riferisce alle comunicazioni ferroviarie fra la Bulgaria e il litorale adriatico, farò oggetto di successivo dispaccio3 .

1 1 Ed. in LV 92, p. 43 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, Documenti e memorie a cura di T. Palamenghi -Crispi, Milano, Garzanti, 19392 , pp. 300-301.

2 1 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 979.

2 2 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 979, nota l. 3 Sulla questione cfr. nn. 143 e 156.

3

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI1

T. RISERVATO 160. Roma, 2 aprile 1895, ore 12,55.

Il Paese vuole essere assicurato che da Cassala ad Adigrat ci manteniamo oramai nella pura e semplice difensiva. Rimane a provvedere perché dali' Aussa si possa, sia impedire le introduzioni di armi, sia fare eventuale diversione contro movimenti di Menelik al nord.

4

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

T. RISERVATO 161. Roma, 2 aprile 1895, ore 19.

Posteriormente al mio telegramma del 31 marzo1 , mi sono giunte le notizie probabilmente pervenute anche a V.E. secondo cui Menelik chiede fucili a Makonnen, forse per darli a Mangascià. La proposta inglese pei fucili ora in Aden2 ci pone quindi nell'alternativa o di offendere Makonnen o di aiutarlo a fornire armi al nemico. Prego V.E. di decidere liberamente della risposta da darsi alla proposta inglese3 .

5

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA 1

D. 11874/41. Roma, 2 aprile 1895.

Ci è segnalato il ritorno in Europa del dottor Elisseiew, il quale dovrebbe consegnare direttamente a Pietroburgo lettere di ras Makonnen e di Menelik, contrariamen

2 lvi, nn. 981 e 983.

3 Cfr. n. 12.

5 1Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 363-364.

te alla rappresentanza dell'Etiopia assunta dall'Italia, a' termini dell'Atto generale della Conferenza di Berlino.

Il dottor Elisseiew ci veniva, com'ella sa, indicato come la persona più significante della missione russa. Or, sieno vere o no le lettere, sieno o no esatti i propositi che a quell'esploratore si attribuiscono, e senza che da noi si esageri l'importanza di una missione, la quale sembra non abbia dato in Barar prove troppo convincenti della sua serietà, è venuto il momento di richiamare l'attenzione di codesto Governo sull'indole attribuita in Mrica alle sue relazioni con la missione Leontieff, e con gli etiopi per mezzo di quella missione.

Vero è che già il compianto signor de Giers negò che la missione avesse carattere ufficiale o anche soltanto ufficioso; vero è pure che codesto Governo ha voluto tenere sempre un contegno di disinteressamento o di riserva verso la posizione dell'Italia in Etiopia. Ma non è men vero che l'essere la missione Leontieff emanazione diretta e riconosciuta di codesta imperiale Società geografica basta perché non le sia attribuito quel carattere assolutamente privato che le toglierebbe ogni significato politico, la destituirebbe d'ogni importanza agli occhi del pubblico europeo ed africano, e scioglierebbe noi da ogni dovere internazionale verso gente la quale si è recata in Etiopia, se non agli scopi a noi ostili che le si attribuiscono da Menelik, in ogni modo con procedimenti che sono incompatibili con la nostra situazione di diritto.

Noi abbiamo lasciato che la missione russa potesse, con scorta francese, muovere da Gibuti verso l'Barar; abbiamo lasciato che liberamente giungesse nel capoluogo di quella provincia, e di là si dirigesse poi allo Scioa, nel momento stesso in cui la Francia contestava gli accordi anglo-italiani relativi all'Barar, mentre facile ci sarebbe riuscito obbligare immediatamente quella missione al ritorno. Ma speriamo che codesto Governo si dimostri persuaso che il suo disinteressamento e le sue riserve dettati, come ebbe a dichiararci il signor de Giers, da amicizia verso la Francia -non possono spingersi sino a prestarsi ali' opera di individui irresponsabili cooperanti a fini contrarii alla pace e ai diritti dell'Italia.

E invero, indipendentemente dal fatto che l'Italia è, in Etiopia, in perfetta regola con quegli atti internazionali a cui pure la Russia ha partecipato, e che la Russia non ha potuto addurre e non ha addotto alcun diritto proprio in opposizione al nostro, su quelle regioni che da tutte le altre Potenze furono esplicitamente riconosciute come parte dei protettorati e delle sfere d'influenza assegnati all'Italia, sta l'altro fatto che Menelik, divenuto negus per le nostre armi, come tale riconosciuto dalle Potenze per mezzo nostro, e posto sotto il nostro protettorato secondo il diritto internazionale vigente, è ora, personalmente, e nei capi a lui sottoposti, in istato di ribellione contro l'Italia. E questo, che ella può ufficialmente notificare a codesto Governo, impone a tutte le Potenze europee e civili un contegno verso di noi in Etiopia, che non abbiamo certamente bisogno di specificare al principe Lobanoff.

Questo, V.S. vorrà far sentire, aggiungendo che noi contiamo su quella reciprocità di riguardi internazionali e di amichevoli disposizioni di cui già abbiamo dato e di cui siamo sempre disposti a ridar prova a codesto Governo.

3 1 Ed. in LV 92, p. 43 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, ci t., p. 301.

4 1 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 1007, nota 2.

6

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

D. CIFRATO PERSONALE 11886/68. Roma, 2 aprile 1895.

Confermandole istruzioni contenute nel mio telegramma delli 25 marzo 1895 1 non credo opportuno che ella ricerchi più di quanto la convenienza lo esiga assolutamente, occasioni di colloqui colla regina reggente.

7

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

T. PERSONALE S.N. Adua, 3 aprile 1895, ore 19 2 .

Ringrazio consenso occupare Adigrat, posizione militare indispensabile3 . Impossibile però nominalmente tenere Adua, posizione militare altrettanto importante e centralità politica-commerciale. Ove V.E. non approvasse anche occupazione Adua, frontiera sarebbe sempre minacciata, quindi indispensabile ugualmente aumentare truppe indigene indicate mio telegramma4• Economia sarebbe insignificante, diminuzione prestigio politico-militare grandissima.

8

IL MINISTRO A BUCAREST, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 368/70. Bucarest, 3 aprile 1895 (per. l' 8).

Valendomi dell'autorizzazione accordatami dall'E.V. col pregiato dispaccio in margine segnato!, ebbi, a suo tempo, a dichiarare a questo ministro degli affari esteri che il R. Governo continuerebbe a mantenersi nel più assoluto riserbo riguardo alla

2 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

3 Cfr. n. l.

4 T. 624 del31 marzo, non pubblicato nel vol. XXVI della serie II.

nota questione dei rumeni di Transilvania, e che si sarebbe risolutamente opposto, all'occorrenza, alle inconsulte deliberazioni che sopra tale argomento potessero, in seguito, venir provocate in seno al Parlamento italiano.

Il signor Lahovary prese atto con manifesto compiacimento di quelle mie dichiarazioni e mi pregò trasmettere a V.E. i suoi vivi ringraziamenti per l'atteggiamento corretto, ed interamente consono ai desideri del Governo rumeno adottato dal Gabinetto italiano in quella spinosa questione.

6 1 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 993.

7 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 301.

8 1 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 854, nota l.

9

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Parigi, 3 aprile 1895.

L'encomio che mi mandasti il 25 del mese passato con il tuo biglietto particolare1 , mi riuscì gratissimo. Fin qui la tua previsione, e non la mia, circa l'esito della mia missione qui, pare verificarsi. Vorrei che così continuasse, poiché ne saremmo contenti tutti.

Sbollita che fu la macchina a vento montata contro la mia nomina a Parigi, ed in grazia, credo, della sorpresa cagionata dal mio immediato arrivo a questo posto, l'ambiente si è visibilmente e repentinamente modificato. Le relazioni con il Governo furono fin dal principio correttissime e sono andate già migliorando. Siccome ciò si è conseguito senza alcun atto nostro che potesse venire interpretato come di soverchio desiderio di migliorare i rapporti, così stimo che ce ne possiamo rallegrare. Mi sono studiato da parte mia di portare nelle relazioni d'affari con questi signori una nota sola: né paura, né sospetti. Il sentimento della responsabilità mi fa cauto; ma non ho mai veduto che giovi, in una situazione tesa di rapporti, il lasciare trasparire il timore e la diffidenza. Sono qui da troppo poco tempo per poter parlare con sicuro giudizio di ciò che verrà in seguito. Ma anche in queste prime sei settimane, si sono prodotte varie cose che debbono fissare la nostra attenzione. Le enumererò rapidamente.

È liquidato l'affare dei processi di spionaggio senza che abbia dato motivo serio né all'una parte, né all'altra di dispiacersi di ciò che è stato fatto. Proprio all'ultimo momento, quando qui si era decisa la grazia di Falta ed Aurilio, affrancandosi dalle imperiose esigenze di una parte della stampa che si scatenava contro il provvedimento di clemenza, venne fuori la stolta accusa contro il vice consolato nostro di Chambéry e comparve l'assurda notizia da te accennatami, dell'invio di una nave nostra al Madagascar. Non ti nascondo che ebbi l'impressione -non è, bada, che una impres

sione -che proprio vi siano interessati a suscitare querele fra noi e i francesi e che quando il fuoco pare spegnersi, vi sia chi è pronto a gettarvi sovra nuovo combustibile. Ad ogni modo ne siamo venuti fuori e senza scapitarne in nessuna maniera, proponendo niente, domandando (questo era l'essenziale) nulla.

Non apparisce migliorato certamente il linguaggio di un gran numero di giornali francesi a riguardo del Governo italiano. Né è cessato il mal vezzo di parteggiare in favore di chicchessia purché si atteggi ad oppositore del Ministero che sta al potere. Ma nei giornali che hanno qualche peso certi articoli sono divenuti più rari ed in alcuni sono scomparsi del tutto. Sarà una sosta ma in medicina si crede all'efficacia anche dei rimedi che producono non la guarigione, ma una sosta soltanto nella malattia. Non è poca cosa un periodo di calma per dare il tempo a giudizi più ponderati ed equi. Bisogna poi tener conto che i ministri della Repubblica sembrano incapaci di affrancarsi dalle esigenze della stampa e completamente sbigottiti quando ne incontrano la opposizione. Raramente ho sentito come qui presentemente confessare in termini espliciti che molte cose buone non si possono fare perché la stampa vi si opporrebbe e susciterebbe invincibili opposizioni. Sotto questo aspetto esiste qui un ambiente che non ho mai veduto altrove. Ciò riguarda i francesi e chi li governa, ma è una situazione questa di cui è impossibile non tenere conto.

Un altro fatto si produce in questo momento. È questo il movimento quasi unanimamente favorevole dell'opinione monarchica in Francia per il matrimonio della principessa di Orléans con il duca d'Aosta. All'infuori del ristrettissimo circolo del duca di Nemours rimasto fedele all'amicizia sua per i Borboni di Napoli, tutto il partito monarchico francese, compresa anche una parte dei napoleonisti, vede con piacere quelle nozze. Questo produce, almeno momentaneamente, un effetto che si estende ad una gran parte del clero e anche nelle classi popolari a tutti coloro che sono in contatto con i proprietari delle campagne. Ancorché dovesse questo movimento di opinione produrre solamente un effetto fugace, esso non manca d'importanza nel momento presente. La visita del duca al presidente della Repubblica ha soddisfatto qui tutti. Naturalmente queste nozze daranno occasione al partito orleanista in Francia di agitarsi e di fare manifestazioni esagerate che non possono essere di gusto dei repubblicani. Ma se, come io spero, riusciamo a tenerci in un atteggiamento che non permetta di sospettarci di parteggiare per gli uni o per gli altri, o di volerci intromettere in cose che riguardano la Francia soltanto, anche da questo fatto ritrarremo qualche vantaggio.

Io sono sotto l'impressione che il nostro solo contatto africano con i francesi potrebbe cessare agevolmente di essere causa di continuo attrito. Ma vorrei che tu mi dicessi in modo chiaro anche in forma particolare se tu creda utile per noi il venire il più presto che lo si potrà ad una sistemazione di frontiera verso l'Obock. Finché sta al governo Hanotaux io temo non sarà possibile fargli rinunziare alla sua idea fissa di portare la linea di delimitazione sino vicino alla città di Harar. Ma il toglierei di mezzo tutte le noie che il contatto francese ci cagiona in quella direzione a me pare cosa che meriterebbe qualche sacrifizio di territori africani. Su di ciò ti prego di dirmi il vostro pensiero perché io mi tenga preparato ad assecondarlo se l'occasione se ne presenta.

9 1 Non pubblicato nel vol. XXVI della serie II.

10

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. S.N. Roma, 5 aprile 1895, ore 13.

Ogni ulteriore espansione in Mrica trova opposizione nell'Alta Italia, anche tra gli amici del Ministero. Il mio collega del tesoro se ne preoccupa per la incertezza delle spese cui andremmo incontro. L'impresa potrebbe essere tollerata solamente se la Colonia concorresse anch'essa coi tributi locali. Ad ogni modo S.E. Sonnino non permette che il bilancio dell'Eritrea ecceda i nove milioni. Non vorremmo che la questione suscitasse imbarazzi nella nuova Camera, la cui opera instauratrice non dovrebbe essere turbata. Rimane dunque inteso che Adigrat debba essere il limite delle nostre occupazioni.

11

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

T. RISERVATO PERSONALE 162. Roma, 5 aprile 1895.

Decifri ella stessa. Mi riferisco al telegramma che le viene spedito dal presidente del Consiglio 1 . Compiuta ormai con Adigrat la campagna controffensiva è urgente che V.E. ne chiuda e ne conteggi le spese col ministro della guerra solo competente a controllarle. È ancora più urgente che V.E. stabilisca bilancio coloniale normale ed effettivo non superiore a nove milioni; altrimenti la reazione che incomincia qui contro politica africana comprometterebbe seriamente i risultati ottenuti2•

2 Blanc ripeté più diffusamente quanto detto in questo telegramma nel D. confidenziale riservato 12428/237 del6 aprile (ed. inLV92, pp. 45-46) di cui si pubblicano qui due passi: <<Ho dovuto dunque pregarla di stabilire il bilancio normale della Colonia in nove milioni, e lasciare che ella conteggi col ministro della guerra, le spese della campagna di guerra, che oramai si considera qui terminata ... Caro signor generale, l'Italia non ebbe mai un comandante più adatto e circostanze più favorevoli per far fare un passo decisivo alla nostra impresa africana. Mi si stringe il cuore nel doverle dire che il Paese mira soprattutto alla questione di spese, e allo sbilancio finanziario dal cui abisso appena siamo salvati>>. Baratieri rispose al telegramma pubblicato nel testo con T. 670 del 7 aprile (LV92, p. 47) di cui si pubblica la frase seguente: <<Studierò massima sollecitudine determinare bilancio Colonia normale>>.

lO

10 1 Da ACS, Carte Crispi; ed. in LV 92, p. 44 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 301-302.

11 1 Cfr. n. 10.

12

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

Roma, 6 aprile 1895, ore 17,10.

Informi il Governo britannico che salvo intervento personale del generale Baratieri il R. Governo è in dovere, stante condizione ostilità in Etiopia, di rifiutare consenso in uniformità dell'Atto di Bruxelles all'introduzione di fucili che lo stesso Governo francese dichiara clandestina e da esso non autorizzata.

13

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CIFRATO PERSONALE S.N. Madrid, 6 aprile 1895 (per. il18).

Con me Tetuan non ha fatto più la menoma allusione al rinnovamento ma mi risulta aver egli ad altri lasciato intendere che mentre è sempre assai disposto rinnovare tal quale l'atto già una volta da lui concluso si rifiuterà assolutamente ad introdurvi modificazioni.

14

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

T. S.N. Massaua, 7 aprile 1895, ore 14 (per. ore 16).

Tornato Asmara lasciando Adua occupata momentaneamente 2 per prevenire possibile (sorpresa) prossimo ritorno Mangascià. Cerco facilitare intanto soluzione difficile problema guardare, senza occupare provincia Tigré, confini Mareb.

2 In realtà Adua non fu mai completamente sgomberata.

12 1 Comunicato a Baratieri con T. 545, pari data.

14 1 Ed., con data 9 aprile, in CRJSPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 302.

15

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 550. Roma, 7 aprile 1895, ore 19.

Baratieri è informato che Menelik insiste a chiedere fucili a Makonnen mentre fa continuare ostilità contro di noi. Perciò il generale chiede nostra opposizione al transito d'armi1• Il persistere nell'eccettuare Menelik dal divieto d'importazioni d'armi in Africa non sarebbe quindi da parte della Francia né amichevole né corretto2 .

16

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E AI MINISTRI DI AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, BARAZZUOLI, DELLE FINANZE, BOSELLI, DELLA MARINA, MORIN, E DEL TESORO, SONNINO

D. RISERVATISSIM0 1 . Roma, 7 aprile 1895.

Dai due documenti qui uniti 2 , V.E. vedrà quali sieno le basi del negoziato di pace fra Cina e Giappone, in quanto ci può interessare. È evidente la preoccupazione del Governo giapponese di non dar luogo a pretese territoriali delle Potenze vicine ai due Imperi e di interessare, a tale scopo, tutti i Governi ad approfittare dell'apertura dell'Impero cinese al libero commercio ed alla civiltà. In quell'intento l'Italia, che gode a Tokio speciali simpatie, ha interesse di appoggiare il Giappone. E solo quando, invece, si presentassero inevitabili concessioni territoriali ad altre Potenze, l'Italia avrebbe ad assicurarsi concessioni speciali, soprattutto d'ordine economico, sulla cui determinazione eventuale credo dover, sin da ora, ad ogni buon fine, invocare la speciale competenza di lei.

n. 12738/25, a Boselli col n. 12739/26 e a Sonnino col n. 12740/27. Forse fu spedito il 9 aprile insieme al

dispaccio di cui alla nota 3. 2 Per il primo degli allegati cfr. serie II, vol. XXVI, n. 978.

ALLEGATO

IL MINISTRO DEL GIAPPONE A ROMA, TAKAHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

Strictly confidential. Roma, 6 aprile 1895.

l. Corean independence.

2. -Cession of Formosa and southern portion of Feng Tien Province. 3. -Indemnity of 300.000.000 jaels. 4. -New commerciai Treaty. 5. -Commerciai concessions in interest of all Countries equally3•

15 1 T. 669, pari data, non pubblicato. 2 Per la risposta cfr. n. 17. 16 1 Il dispaccio fu inviato a Crispi col n. 12736/23, a Morin col n. 12737/24, a Barazzuoli col

17

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 684. Parigi, 8 aprile 1895, ore 20,20 (per. ore 23,15).

Abbiamo esaminato oggi io ed il ministro degli affari esteri la questione di transito armi per Obock 1 . Rendo conto per posta del colloquio che ebbe carattere assolutamente amichevole 2 . Hanotaux desidererebbe evitare il pericolo di un'interrogazione alla Camera circa il divieto a negozianti privati di mandare armi a Menelik in violazione dell'articolo 10 dell'Atto generale della Conferenza di Bruxelles. La discussione parlamentare della questione così posta non condurrebbe, egli dice, a nessun buon effetto. Egli preferirebbe poter concertarsi Inghilterra che le armi non abbiano da penetrare né da Obock né da Zeila per poter eventualmente dichiarare che il divieto è effetto di un provvedimento d'ordine generale richiesto dalla situazione di quei Paesi. Egli si propone di mettersi in rapporto con Londra a tale riguardo. Ho l'impressione che se Inghilterra dichiarerà che non permette il transito per Zeila, qui se ne seguirà l'esempio. Hanotaux mi ha pregato di evitare il tuono comminatorio il quale creerebbe soltanto non desiderabili incidenti, e mi ha detto che, in attesa delle risposte da Londra, in linea di fatto procurerà si faccia il possibile nel senso che non abbia luogo transito per Obock. Egli mi ha detto che del contrabbando di guerra si fa pure dalla costa araba verso la costa di Assab 3 .

2 Non si pubblica il rapporto. Sul colloquio Tornielli-Hanotaux cfr. Documents Diplomatiques Français (1871-1914), pe série (1871-1900), tome XI (ler janvier 1894-7 mai 1895), Paris, Imprimerie Nationaie, 1947, n. 462.

3 Per la risposta cfr. n. 18.

16 3 Queste condizioni di pace furono comunicate alle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi e Washington e alle legazioni a Pechino e Tokio con D. riservato 12727 del 9 aprile.

17 1 Cfr. n. 15.

18

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 562. Roma, 9 aprile 1895, ore 11,30.

Approvo suo modo di vedere circa divieto armi 1 . Perrero ha già istruzione di chiedere divieto transito per Zeila 2 . Autorizzo V.E. a entrare con lui in comunicazione anche telegrafica circa i passi da farsi di concerto.

19

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 689. Londra, 9 aprile 1895, ore 12,15 (per. ore 14,15).

Sottosegretario di Stato per gli affari esteri mi preavvisa che Kimberley invita In dian Office non autorizzare sbarco Zeila noti fucili 1 .

20

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 695. Massaua, 9 aprile 1895, ore 20,30 (per. ore 21,50).

Harar, data 26 marzo, informa ras Makonnen partito improvvisamente Scioa, chiamato Consiglio, dice proposta impedire ostilità Menelik. Questi, secondo il Capucci, prepara guerra probabilmente per maggio cqntro Aussa, per ottobre contro

2 T. 563 dello stesso 9 aprile, non pubblicato. 19 1 Il senso di questo telegramma fu comunicato a Baratieri con T. 565, pari data.

noi. Mangascià, tornato Endertà meridionale, cerca riunire armati, parmi impossibile trovare capo così autorevole tenere Tigré contro Mangascià, senza concorso nostre truppe. *Grossa pattuglia nostra disperse gruppo cavalleria dervisci a Gos Regheb, uccidendone nove* 1 .

18 1 Cfr. n. 17.

21

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 702. Berlino, 10 aprile 1895, ore 18,15 (per. ore 19,15).

Questo Governo considera condizioni pace Giappone a China 1 sommamente gravi e tali da preoccupare Potenze europee! Cessione penisola Manduria con Porto Arturo in mano Giappone fa questo padrone golfo Petchili Formosa e specialmente Pescadores, intercetta via navi europee e apertura comunicazioni fluviali fatta in modo da riuscire esclusivo vantaggio Giappone. Modo di vedere Germania fu comunicato, dietro richiesta, a Russia che sembra approvarlo. Se Potenze credono intervenire, Germania aderirà.

22

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI1

T. S.N. Roma, 10 aprile 1895, ore 20,30.

Ripetiamo, che bisogna !imitarci per ora nella impresa tigrina, e poiché gli ultimi battaglioni furono da qui spediti senza una vera necessità della difesa, il Ministero è di avviso che due di essi potrebbero rimpatriare. *La opposizione ad ulteriore espansione venendoci dall'alta Italia, un discorso a Breno del suo deputato potrebbe giovarci, ed è mio consiglio che ciò avvenga prima delle generali elezioni politiche.* Ad ogni modo è nostra assoluta volontà che nulla costà sia fatto che valga ad eccedere la spesa di nove milioni sul bilancio della madre-patria. A salvare l'Eritrea in Parlamen

to bisogna tenersi in questi limiti, e noi non vogliamo cimentare le sorti d'Italia per un errore *finanziario* commesso in Africa2 .

20 1 Il passo fra asterischi è ed. in LV 86, p. 89.

21 1 Cfr. n. 16, allegato.

22 1 Da ACS, Carte Crispi; ed., con l'omissione dei passi fra asterischi, in LV 92, p. 49 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 302-303. In LV 92 e in CRISPI al posto della prima omissione: «Vi è opposizione nel Paese ad ulteriore espansione>>.

23

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PERRERO

D. RJSERVATISSIM0 1 . Roma, 10 aprile 1895.

Se sono vere le informazioni secondo le quali Inghilterra, Francia e Russia avrebbero di concerto formulato uno schema di riforme per l'Armenia senza alcuna partecipazione delle Potenze che sono ad un tempo più estranee a questioni territoriali in Oriente, e più impegnate al regolare e sicuro sviluppo delle autonomie nell'Impero ottomano, il Governo del re dovrebbe riservare esplicitamente il suo giudizio sulle vere condizioni di sicurezza da attuarsi in Armenia, in conformità delle stipulazioni, finora ineseguite, che portano la firma dell'Italia.

Lo dovrebbe tanto più, inquantoché l'Armenia è rappresentata in Italia dalla parte forse più eletta di cittadini suoi ospitati in Europa; e lo potrebbe poi con tanta maggiore competenza, perché volge a compimento, e potrà essere presentata al Parlamento, la sua inchiesta indipendente sugli eccidi di Sassoum, la quale non fu intralciata da nessuna compromissione con la cosidetta inchiesta istituita dal Governo ottomano, a carico, come fu ufficialmente dichiarato, principalmente degli armeni.

L'Italia non è, d'altronde, oltremodo sorpresa degli aggruppamenti parziali che si formano tra Potenze che parteciparono all'ultimo riparto di provincie dell'Impero ottomano.

La storia ci insegna che con simili riparti si creano tra i Governi partecipanti comunanze speciali di interessi anormali, che rendono più difficile a chi non vi ebbe parte di tutelare i diritti proprii e quelli delle popolazioni in causa. Ma, se per il disinteressamento dell'Italia al Congresso di Berlino è avvenuto che, per esempio, il Governo austro-ungarico, nostro alleato come stima non potere occuparsi delle questioni di diritto tuttora pendenti a Tunisi, perché ha una situazione analoga nella Bosnia-Erzegovina, così ritiene non potere interessarsi agli affari delle altre parti dell'Impero ottomano, e specialmente dell'Armenia, ed alla partecipazione italiana all'inchiesta, lasciando che vi si sviluppino ingerenze isolate, noi, che soffrimmo una diminuzione di situazione materiale dagli ingrandimenti altrui, tanto più abbiamo il diritto davanti all'Europa, e il dovere verso le popolazioni dell'Oriente di esercitare, anche quando rimanessimo soli, l'alto e liberale ufficio morale di rivendicatori delle libertà civili e religiose, inaugurato da noi insieme alla nostra ricostituzione nazionale sin dal Congresso di Parigi.

23 1 Il dispaccio fu spedito a Londra con n. 13223/155 e a Berlino col n. 13224/131.

22 2 Per la risposta cfr. n. 26.

24

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 117/57. Pietroburgo, 10 aprile 1895 (per. il 16).

Ho l'onore di segnare ricevimento del dispaccio (n. 11874/41 pos. 107 del2 aprile)1 col quale la E. V. davami ordine di richiamare l'attenzione di questo Governo sull'indole attribuita in Africa alle sue relazioni con la missione Elisseieff-Leontieff ed in genere sull'attitudine della Russia di fronte all'Etiopia.

Conforme alle istruzioni dall'E.V. impartitemi, ho fatto al principe Lobanoff un riassunto dei fatti dai quali l'Italia deduce la sua situazione di diritto di fronte all'Abissinia ed a re Menelik. Ho poi accennato ai viaggi d'esplorazione del signor Masckoff, alle lettere di Menelik all'imperatore, alla venuta qui, anni sono, di alcuni ecclesiastici abissini e mi sono maggiormente dilungato sull'attuale missione russa organizzata sotto gli auspici della Società imperiale geografica. Ciò premesso ho constatato come la cancelleria russa avendoci dato atto della notifica fattagli a suo tempo del protettorato dell'Italia sull'Etiopia non poteva ora disconoscere quanto ed a maggior ragione nel momento attuale (in cui Menelik coi capi a lui sottoposti trovasi in istato di ribellione contro l'Italia) da essa ci crediamo in diritto d'aspettarci. Ho soggiunto che ero autorizzato a dichiarare che il Governo di Sua Maestà conta in questa circostanza su quella reciprocità di riguardi internazionali e di amichevoli disposizioni di cui ha dato ed era disposto a ridare prova a questo Governo imperiale.

Il principe Lobanoff che durante questa mia esposizione, ogniqualvolta mi avveniva di accennare all'attitudine meno amichevole del Gabinetto di Pietroburgo in questa questione, aveva fatti segni di diniego rispose a queste mie considerazioni coll'insistere sul carattere assolutamente ed esclusivamente scientifico della missione Elisseieff, soggiungendo: «Mai la Russia ha avuto alcun' arrière pensée politica per l'Etiopia; certo non è stata mai nostra intenzione di crearvi imbarazzi; se si è organizzata una missione scientifica ciò non vuol dire che vi sia per parte nostra un qualsiasi intento politico; vi sono in Russia scienziati e dotti di discipline teologiche che s'interessano alla flora ed alla fauna di paesi poco conosciuti, allo studio di una religione che ha analogia coll'ortodossa ecc.».

Al che risposi confutando l'argomento della pretesa analogia religiosa, e conchiusi col dire che non dubitavo che la sua esperienza ed il suo tatto diplomatico certo gli suggerirebbero la miglior forma per dissipare dubbi e supposizioni che nell'interesse delle buone relazioni dei due Paesi sarebbe stato assai desiderabile fossero dissipati.

Il principe Lobanoff mi disse che quanto prima avrebbe dato istruzioni al signor Vlangali d'intrattenere l'E.V. dell'argomento che aveva formato oggetto del nostro colloquio.

24 1 Cfr. n. 5.

25

IL MAGGIORE SANMINIATELLI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Gallarate, 10 aprile 1895.

Leggo nei giornali che fu intimato al generale Baratieri lo sgombro dal Tigré impedendogli di fortificare le posizioni occupate.

Se la mia debole voce può essere ascoltata: se si vuoi credere alla mia esperienza delle cose di laggiù io la prego e la scongiuro di opporsi a questa decisione dalla quale deriveranno, ne son certo, dei gravissimi danni all'influenza ed al nostro prestigio laggiù.

In ogni operazione militare ma in Mrica poi più specialmente arrestarsi vuoi dire retrocedere ed i danni di una temuta espansione sono assai ma assai minori di un passo retrogrado o di un arresto.

È questo pensiero che fa cauti gli inglesi a muoversi. Una volta gettato il dado bisogna andare fino in fondo; ed è un salto nel buio, per la parte finanziaria soltanto, che si fa tutte le volte che si provoca o si accetta una guerra in Mrica.

Credo la notizia non vera: ma mi fa tanto paura il saperla soltanto ventilata che ho creduto mio stretto dovere di persona a lei affezionatissima e riconoscente, d'italiano leale per la Monarchia ed il suo Governo, di soldato d'onore, scriverle questa mia.

Non desistano finché Mangascià e Menelik, dato, ciò che non credo, che muova in suo soccorso, non verranno colla pietra sul collo a sottomettersi. Allora impongano all'uno o a tutti e due, a loro spese come fanno gli inglesi, un protettorato more egyptiano.

Non si spaventino dei sacrifizi cui dovranno andare incontro al momento: assai più gravi, ed in terribili angustie dovranno fare se si acconciano al peggiore dei partiti di rimanere con due nemici sulle braccia.

Gli africani sono come Anteo. Se non si soffocano e ci si contenta di far loro toccare la terra colle spalle risorgono rapidamente più gagliardi di prima.

Mi creda Eccellenza, in nome della Monarchia e dell'Italia e faccia di tutto perché ci siano scongiurate catastrofi terribili. Non bisognava mettercisi ma una volta messi o tirati bisogna andare usque ad finem.

26

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

T. S.N. Massaua, 12 aprile 1895, ore 8,30 (per. ore 10).

Siamo in ostilità aperta con Mangascià. Lettere e contegno Menelik fanno credere prossima guerra contro Aussa, non lontana contro noi. Dervisci possono attac

carc1 m giugno. Indispensabile tenga Adigrat Cassala guardare Adua. Riduzione bilancio nove milionF esigerebbe rimpatrio tre battaglioni italiani scioglimento due battaglioni indigeni. Rimpatrio italiani incoraggerebbe nemico ad affrettare ostilità. Essendo così situazione, io non posso proporre diminuzione forze, mantenendo responsabilità difesa Colonia.

26 1 Ed. inLV92, pp. 56-57 e in O. BARATIERI,Memorie d'Africa 1892-1896, Torino, Bocca, 1898, p. 163.

27

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 578. Roma, 12 aprile 1895, ore 10,20.

Abbiamo aspettato decisione simultanea del Governo francese contro introduzione armi ma ormai non potremo tacere a Baratieri provvedimento amichevole e corretto preso dal Governo britannico 1 .

28

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI

D. RISERVATISSIMO 12949/155. Roma, 12 aprile 1895.

L'unito dispaccio confidenziale ai rr. ambasciatori a Berlino e Londra 1, spedito prima dell'arrivo del suo pregiato rapporto del3 corrente2 , conserva la sua opportunità in presenza del fatto che con transazioni d'interesse particolare tra Inghilterra, Russia e Francia, una questione d'umanità, di ordine generale, di esecuzione dei trattati, quella dell'Armenia, viene negoziata isolatamente tra Potenze che han preso parte all'ultimo riparto di territori ottomani.

Ho veduto con soddisfazione che continua lo scambio confidenziale d'informazioni tra V.E. ed il suo collega d'Inghilterra, ed auguro che ciò significhi un avviamento ad un più pratico e più regolare riconoscimento, per parte del Gabinetto britannico, della solidarietà altra volta affermata tra l'Italia e l'Inghilterra in Oriente.

Vero è che, in conseguenza dell'iniziativa con lei presa da sir P. Currie pei fatti d'Armenia, e della nostra intenzione di partecipare all'inchiesta, codesto ambasciatore d'Inghilterra appoggiò i passi che, all'uopo, erano stati fatti da V.E., ma, suscitate

2 Non pubblicato.

si le opposizioni di altre Potenze, sarebbe forse stato più consentaneo alla logica politica, e più in armonia con le tradizionali vedute della Gran Bretagna in Oriente, che il Governo inglese non confondesse addirittura l'azione sua con quella della Francia e della Russia in una inchiesta che è troppo vincolata all'azione della Porta per potere riuscire esauriente e attendibile.

L'averlo fatto ha intanto prodotto il primo inconveniente che lo stesso sir P. Currie è costretto a riconoscere inopportune ed insufficienti le proposte del console inglese di Erzerum.

Consta inoltre che le concordi proposte delle tre Potenze saranno subordinate agli intenti di una di esse, cioè la Russia, la quale «non accetterebbe mai un'azione simile a quella di cui fece l'esperienza in Bulgaria».

Risultano da ciò tanto più legittime le riserve espresse nel mio dispaccio del 10 corrente.

Aspetto ora con interessamento le proposte che V.E. mi preannuncia nel suo rapporto del 3 corrente in relazione all'atteggiamento qualsiasi che sarà per prendere il nuovo ambasciatore di Germania costì.

26 2 Cfr. n. 22.

27 1 Cfr. n. 19.

28 1 Cfr. n. 23.

29

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. SEGRETO 844/349. Costantinopoli, 12 aprile 1895 (per. il 19).

Trascrivo gli accordi da me presi ieri verbalmente col signor Apostolo Margaritu in conformità delle istruzioni dell'E.V. 1 , riservando, ben inteso, l'approvazione di lei.

l) Il signor Margaritu dichiarò che, a cominciare dal l o settembre prossimo, l'insegnamento della lingua italiana sarà reso obbligatorio nel liceo valacco di Monastir e nel ginnasio valacco di Janina; e, qualche mese dopo, nelle scuole valacche di Goridgia e di Berat, i due centri, politicamente, più importanti dell'Albania. Soggiunse che, nel corso dell'anno 1896 (ed anche prima, se possibile) sarà reso obbligatorio l'insegnamento dell'italiano in altre scuole valacche già esistenti, e si faranno studi per l'istituzione di nuove scuole valacche nei paesi più importanti, lungo il litorale albanese dell'Adriatico, nelle quali l'insegnamento dell'italiano sarà pure obbligatorio. In queste ultime scuole si darà un corso elementare di studi commerciali, essendo intenzione del signor Margaritu di promuovere, quanto più è possibile, gli scambii commerciali fra l 'Italia e l'Albania.

Dichiarai al signor Margaritu che questa r. ambasciata agevolerà premurosamente lo stabilimento di rapporti commerciali dell'Italia coll'Albania, coll'Epiro e colla Macedonia per mezzo di commessi viaggiatori e per mezzo di consoli, presso i

quali si istituirà, al momento opportuno, un deposito di campioni e mostre di articoli di commercio. E non appena gli scambi avranno assunto una certa importanza, la r. ambasciata proporrà al Governo del re lo stabilimento di linee di navigazione regolari e periodiche fra i porti italiani ed i porti albanesi.

2) Il signor Margaritu propose di mettere un dragomanno a disposizione del consolato in Janina, ed un dragomanno a disposizione del r. vice-consolato in Monastir; l'uno e l'altro laureati in legge, persone di molto senno pratico e di molta influenza. Costoro forniranno al consolato cui saranno addetti le indicazioni più opportune per stabilire relazioni commerciali con l'Italia; ed oltre a ciò forniranno informazioni politiche sulle condizioni e sugli avvenimenti della Macedonia e dell'Albania. Accettai le proposte del signor Margaritu, salvo, ben inteso, l'approvazione dell'E.V., e senza contrarre alcun obbligo.

Se non che, non avendo finora alcuna notizia della discrezione e delle attitudini del r. console in Janina e del r. vice console in Monastir, ho l'onore di proporre all'E.V. che i due ufficiali suddetti non siano per ora informati dei nostri disegni, né delle intelligenze stabilite col signor Margaritu. Per quanto concerne i dragomanni, essi obbediranno agli ordini dell'ambasciata.

Il signor Margaritu dichiarò che, a cominciare dal settembre prossimo, farà iniziare un corso di studi preparatori a quaranta giovani, appartenenti alle migliori famiglie cutzo-valacche, ed albanesi, allo scopo seguente: venti di essi, il più presto che si potrà, saranno inviati a Roma per avere un'educazione completa nella lingua e nel pensiero italiano. Dopo due o tre anni di studii costoro ritorneranno in Albania, in Macedonia ed in Epiro, dove eserciteranno la professione di avvocati e medici, le più idonee a fare una propaganda italiana; e saranno sostituiti a Roma da altri giovani, in maggior numero, e così successivamente.

Gli altri venti (dei quaranta) saranno, il più presto che si potrà, inviati a Costantinopoli coll'obbligo di studiare nelle scuole italiane ed educarsi a pensare italianamente. Quando il loro corso sarà terminato, questi ultimi giovani saranno destinati ad entrare nell'amministrazione ottomana in Macedonia od in Albania. Essi saranno quindi sostituiti da altri giovani, in maggior numero, e così successivamente.

4) Per le spese necessarie al mantenimento dei suddetti giovani a Roma ed a Costantinopoli, e per quelle necessarie all'insegnamento dell'italiano nelle scuole cutzo-valacche, il signor Margaritu chiese il tenue sussidio di 12.000 franchi annui. Accettai senza alcuna esitazione, salvo, ben inteso, l'approvazione di V.E.

5) Quindi, il signor Margaritu ricapitolò brevemente le condizioni dei cutzovalacchi, i suoi disegni ed i suoi intenti.

Umile maestro di scuola, la sua vita intera non aveva avuto e non aveva per iscopo che l'attuazione di un grande pensiero, quello di impedire che un popolo di sangue latino, discendente dai legionari di Traiano, non scomparisse dal mondo. Questo popolo si trovava ora disseminato in Epiro, in Macedonia, in Albania, commisto con altri popoli diversi di lingua, di costumi, di nobiltà d'origine, ed irreparabilmente diviso dalla famiglia rumena. Secondo il signor Margaritu, i cutzo-valacchi ascendono, al presente, a circa 1.200.000; ma, come gli ebrei, non hanno un territorio che possano chiamare loro proprio, e vivono in mezzo agli stranieri. Fra questi ultimi, i peggiori nemici sono i greci ed i bulgari, poiché gli uni e gli altri lavorano instancabilmente ad assorbire ed a distruggere la lingua e l'individualità valacca. Non così gli albanesi (siano cattolici, ortodossi o musulmani) i quali vivono da secoli pacificamente coi valacchi, e fanno causa comune con essi. Ma i valacchi, anche uniti agli albanesi, non sono in grado di difendere da soli la loro nazionalità. Essi hanno bisogno di una Grande Potenza che li metta sotto la sua protezione, e li difenda, quando sarà necessario, colle armi. Il signor Margaritu mi disse aver rivolto, da molti anni, gli occhi alla riva opposta dell'Adriatico, alla grande Nazione latina che per la sua postura geografica sarebbe costretta a proteggere i cutzo-valacchi e gli albanesi per tutto il tempo in cui durerà ancora l'Impero ottomano, ma molto maggiormente quando l'Impero ottomano sarà fatalmente disgregato. Questo concetto aveva condotto Apostolo Margaritu all'ambasciata italiana a Costantinopoli, e, nel traversarne la soglia, gli aveva fatto sperare essere il giorno di ieri uno dei migliori della sua vita.

Una sola condizione, fece notare il signor Margaritu, era indispensabile per la riuscita del grande disegno. Non solo il segreto più assoluto doveva essere mantenuto circa le intelligenze prese fra lui e l'ambasciatore d'Italia; ma nessuna mossa imprudente, nessuna impazienza, nessuna fiducia mal riposta in agenti subordinati, doveva occorrere dall'una parte e dall'altra.

Il signor Margaritu è uomo fra i 60 ed i 65 anni. Nell'aspetto rammenta l'on. Crispi, ma è meno robusto. Molta è l'autorità ed il rispetto che circondano il suo nome in Rumania, in Albania, in Epiro ed in Macedonia; cospicua è l'abilità; massimo il disinteresse personale. Parecchi statisti, fra i quali l'ex grand vizir, Kiamil pascià, lo tengono in pregio; così mi dicono facesse l'ambasciatore di Inghilterra in Costantinopoli, sir W. White.

Aspetto dalla cortesia dell'E.V. un cenno telegrafico di risposta al presente rapporto2•

29 1 Cfr. n. 2.

30

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CIFRATO PERSONALE 378/159. Madrid, 12 aprile 1895 (per. il 20).

Colla mia lettera particolare dell'8 1 , confermando la scelta fatta dell'ambasciatore di Spagna presso il Governo del re, ho risposto che per il momento tutte le nomine diplomatiche rimarrebbero ancora in sospeso, poiché, molti dei futuri titolari appartenendo al Senato, non è lecito, a termine del regolamento, di accordare impieghi a membri di quell'alto consesso durante la sessione parlamentare. Non sarà, dunque, se non alla chiusura di essa, che il contemplato movimento avrà luogo. Il conte di Benomar non essendo però senatore, si è presa la risoluzione di mandarlo il più presto possibile al posto assegnatogli.

Tale determinazione ciò non pertanto fu adottata solamente dopo maturi riflessi, non volendo il duca di Tetuan attirare l'attenzione sulla ... 2 che provvede avanti di tutte alla rappresentanza al Quirinale. Ma da un altro lato la necessità di dare immediatamente un successore al conte Rascon, fece tacere qualsiasi considerazione.

Questo è senza dubbio alcuno un trionfo per V.E. Infatti il ministro di Stato ha capito che io ormai non assumerò alcuna iniziativa per la questione della rinnovazione del nostro patto, e non decidendosi egli a rompere per il primo il silenzio con me, come stringe il tempo, ha ravvisato la convenienza d'inviare costà l'unico diplomatico spagnuolo al corrente di quel delicato negoziato affinché possa sapere dalla bocca di V.E. se vi ha mezzo di continuarlo.

29 2 Blanc rispose con T. riservatissimo personale 169 del 20 aprile: <<Approvo intieramente contenuto suo rapporto segreto 12 aprile e autorizzo disporre dodici mila lire e concertare ogni cosa con chi di ragione>>.

30 1 Non rinvenuta.

31

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA

D. CIFRATO PERSONALE 13457/48. Roma, 15 aprile 1895.

La sostanza del mio dispaccio del 2 aprile 1 è pubblicata dai giornali senza che vi risulti l'esito delle istruzioni a lei date circa il contegno della Russia verso il nostro protettorato in Etiopia 2 . La nostra politica verso la Russia è tanto leale che non possiamo supporre si continui costì a dichiararci che si disconosce la nostra posizione in Africa unicamente per piacere al Governo francese di cui le disposizioni eventuali a migliori rapporti con noi vengono così impedite. Ci occorre sapere se dobbiamo passar per Parigi per ottenere amichevoli rapporti con Pietroburgo.

32

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

T. RISERVATO 1651 . Roma, 16 aprile 1895, ore 18,55.

Benomar avrà forse istruzione di trattar del rinnovamento. In tal caso confidiamo egli sarà stato pienamente informato da Tetuan dell'inutilità di proporre la continuazione della clandestinità e della facoltà di rinnegare i legami in questione 2•

31 1 Cfr. n. 5. 2 Ma Bottaro Costa aveva già risposto con il n. 24 che giunse a Roma il16 aprile. 32 1 Minuta autografa. 2 Per la risposta cfr. n. 33.

30 2 Gruppo indecifrato: nomina?

33

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Madrid, 17 aprile 1895, ore 16,25 (per. ore 19,35).

Ringrazio l'E.V. del suo telegramma 1 che viene assai a proposito. Benomar parte infatti immediatamente per trattare con lei. Tetuan si è finalmente deciso a parlare. Egli mi ha assicurato che il suo predecessore gli ha detto poco o nulla. Perciò mi ha chiesto schiarimenti. Avrò oggi stesso a tale riguardo un colloquio, e seguirò in tutto le istruzioni che V.E. mi ha date.

34

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA E PARIGI

T. 618. Roma, 17 aprile 1895, ore 18,40.

Secondo notizie da Gerba 1 i francesi si appresterebbero ad occupare Zuara sulla costa tripolina 2•

35

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 759. Londra, 18 aprile 1895, ore 19,21 (per. ore 21,35).

Vivamente impressionato telegramma di V.E. concernente Tripolitania 1 . Attesa importante conseguenza credo che notizia meriti conferma. Francia seriamente occupata Madagascar, difficilmente vorrà, per ora, procacciarsi nuove difficoltà. Tale è pure opinione Foreign Office.

34 1 T. 748 pari data da Tunisi, non pubblicato. 2 Cfr. nn. 35 e 46. 35 1 Cfr. n. 34.

33 1 Cfr. n. 32.

36

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 760. Berlino, 18 aprile 1895, ore 19,42 (per. ore 21,35).

D'ordine dell'imperatore, il quale desidera Potenze alleate siano esattamente informate sua attitudine nella questione China-Giappone, questo Dipartimento esteri ha oggi telegrafato Vienna e Roma stato attuale delle cose e barone Marschall ne ha testé informato me e Szogyeny. Riassumo: «Questo ministro del Giappone ha ieri sera notificato firma pace aggiungendo che non sarà pubblicata prima della ratifica. Dette condizioni sono però in sostanza conosciute; fra le altre, è certa cessione penisola Liao-Tung e Formosa e occupazione sei anni VeiaveF. Russia sembra decisa non tollerare ciò. Ritenendo Ministero che cessione penisola Liao-Tung renda inefficace indipendenza Corea, principe Lobanow che già, come telegrafai, conosceva modo di vedere Germania su condizioni pace, ha fatto sapere ieri a questo Governo che czar ha ordinato fare proteste a Tokio chiedendo a Germania di associarsi. Le stesse comunicazioni e domande sono state fatte a Francia. Il Governo tedesco rispose affermativamente; non si conosce ancora risposta di Parigi. L'Inghilterra continua a ritenere pace accettabile. Non dubitandosi risposta francese, questo Governo ha già telegrafato suo ministro a Tokio di associarsi tosto che siagli richiesto dal ministro di Russia. Se azione diplomatica rimarrà senza effetto, la Russia sembra decisa ricorrere alla forza, e la Germania la seguirà». Dal seguito delle comunicazioni fattemi dal barone Marschall risulta che a Parigi fece impressione che Russia siasi prima indirizzata alla Germania che alla Francia, e che si ritiene ancora probabile cambiamento disposizione Inghilterra.

37

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 535/213. Berlino, 18 aprile 1895 (per. il21).

Nel dispaccio controcitato 1 V.E. svolge alcune sagge ed importanti considerazioni sulle conseguenze che avrebbe, se fossero vere le informazioni avute, il fatto che l'Inghilterra, la Francia, la Russia avessero formulato di concerto, e senza partecipazione di altre Potenze, uno schema di riforme per l'Armenia.

37 1 Cfr. n. 23.

Non ho mancato, alla prima occasione di intrattenere di ciò questo segretario di Stato al Dipartimento degli esteri. Senonché, il barone Marschall mi diede l'assicurazione che da nessuna parte, sinora, gli venne confermato il fatto cui V.E. accenna. Egli è convinto che nessuna delle tre Potenze sovramenzionate è decisa a sollevare ora una questione armena, sulla quale del resto un accordo completo fra esse non è certo probabile, e che se l'Inghilterra specialmente fa la voce grossa a Costantinopoli, ciò avviene solo per contentare l'opinione pubblica inglese, sulla quale esercitano tanta influenza le numerose società umanitarie esistenti colà, e della quale il Gabinetto attuale ha tanto bisogno per reggersi.

Il barone Marschall è fermamente persuaso che l'inchiesta in corso in Armenia si trascinerà come al solito in lungo, ed approderà a nulla.

Per quanto io rispetti quest'opinione, non credo che si possa, si debba guardare con occhio indifferente l'attitudine attuale della Francia, Inghilterra e Russia nella questione armena, né del resto il barone Marschall tralascia, mi disse, di portarvi la sua attenzione, qualunque siano le sue personali convinzioni.

36 1 Sic.

38

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CIFRATO 925/375. Costantinopoli, 18 aprile 1895 (per. il23).

Ho il bene di informare l'E.V. che, dopo lungo ingegnarmi, spero esser riuscito a trovare un agente segreto (o non so se dovrei dire due agenti segreti) il quale è in grado di esercitare influenze sul sultano e portare a cognizione di Sua Maestà le notizie che questa ambasciata crederà utile fargli pervenire. Questo agente è tanto più prezioso, che il sultano ripone in lui intiera fiducia, e che non è spinto da interesse venale, ma da sentimenti religiosi convinto che l'opera sua sarà utile all'islamismo. Il suo nome è Abu Ruda, uno dei più potenti sceicchi dell'Africa, capo di numerose tribù, che il sultano costringe a rimanere da circa dieci anni in Costantinopoli. Lo sceicco di cui si tratta è un docile strumento nelle mani di certo Mehemet bey (della famiglia di Mehemet Alì fondatore della dinastia egiziana), il quale per motivi personali ha in odio la Francia, ed essendo stato ben accolto in Italia da re Vittorio Emanuele, è amicissimo dell'Italia. Con costui io sono entrato in personali rapporti per opera del signor Guaraccino, corrispondente del Times, noto all'E.V. Avrei soprasseduto ad informare l'E.V. di ciò che precede, se il Mehemet bey non mi avesse già reso, per mezzo di Abu Ruda, un segnalato servigio, che concerne la Tripolitania, del quale informerò l'E.V. in un susseguente rapporto 1; il quale servigio dimostra esser vera l'influenza di Abu Ruda sul sultano e quella di Mehemet sopra Abu Ruda. Il signor Guaraccino ha l'intenzione di venire a Roma fra qualche settimana e darà all'E.V. più ampi ragguagli

sopra i due agenti. Avverto che il signor Guaraccino non è mio confidente (né io né ho alcuno), ed ignora l'assegnamento che faccio su quei due. Poiché la drittura di atti e di parole nuoce in Oriente, e giova la tortuosità, si ricorra anche a questa. Molte erano, in questi ultimi anni, le inferiorità di questa

r. ambasciata a confronto delle altre: la principale, di non avere agenti presso il sultano. Spero, su questo capo, esser riuscito ad ottenere qualche vantaggio. I fatti diranno se le speranze sono fondate.

38 1 Cfr. n. 46.

39

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Parigi, 18 aprile 1895 (per. il24).

Ti sono grato assai della tua lettera del 6 corrente 1 relativa al nostro contatto africano con la Francia. Ne avrò norma sicura nel caso il signor Hanotaux pigliasse l'iniziativa di parlarmene. La delimitazione del possedimento francese fatta con l'Italia inchiuderebbe necessariamente il riconoscimento di fatto della nostra posizione speciale nell' Aussa e nell'Etiopia per parte della Francia e chiuderebbe ogni possibile futura discussione fra Parigi e Roma sovra il valore ed il grado di perfezione che ebbero, dal punto di vista dell'Atto di Berlino, le nostre notificazioni e le incomplete risposte dateci dal Gabinetto francese. Non bisogna dissimularci in questo affare due cose: la prima che gli scambi delle nostre comunicazioni con la Francia rispetto alla posizione nostra in Etiopia non possono dirsi perfetti; la seconda che l'atteggiamento che i Ministeri francesi succedutisi dal 1890 in poi presero verso di noi in questo affare, è stato dettato più che da interessi locali propri, dal desiderio di non fare cosa che urtasse un interesse della Russia. Insisto sovra questi due lati della questione perché sono quelli che a me parvero emergere dalle carte diplomatiche che ho esaminate e mi sembrano mettere in evidenza gl'interessi che verrebbero regolati con il fatto di una delimitazione convenuta fra l'Italia e la Francia. Ma vi sono gli altri lati della questione, sovra i quali tu hai chiarissimamente manifestato il tuo pensiero e che in questo momento non potrebbero certamente essere negletti. Ho del resto il convincimento che qualunque questione speciale fra i due Paesi, quando non abbia interesse vitale per essi, è forzatamente dominata dalla condizione generale dei rapporti fra di loro esistenti. Ora in questa ultima si è venuta producendo, in questi due mesi, una sensibile diminuzione di quella tensione che nel febbraio passato sembrava divenuta inquietante. Fu in grazia della diminuita tensione che la spinosa faccenda degli spionaggi militari potè comporsi ed essere messa, abbastanza prontamente, in silenzio. Ora sarebbe bene che non se ne parlasse più e coloro che vogliono concorrere, come dicono, al ravvicinamento dei

due popoli latini, ecc., ecc., dovrebbero avere il buon senso di capire che non vi è proprio nessun vantaggio da aspettarsi nel tenere desta la memoria di episodi passati anche se il pubblico dovesse ignorare la parte che essi ebbero, o dicono aver avuta, nel buon esito di quel grosso impiccio. Dico questo perché appunto oggi ho ricevuto una lettera stampata del 10 aprile del «Comité permanent franco-italien» firmata Bonghi e Garibaldi «à propos de l'amnistie du capitaine Romani et de la gràce du major Falta et de Valentin Aurilio». Anche il ronzare di mosche talvolta disturba le convalescenze.

Ad ogni modo non sarebbe per questa pubblicazione che verrei occupare il tempo tuo con questa mia lettera; ma io penso che sia necessario che fin d'ora, in via particolare, io ti renda conto di uncolloquio che ebbi ieri con il signor Hanotaux circa la condizione generale dei rapporti fra l'Italia e la Francia. Di sua espressa iniziativa dopo che si ebbe parlato delle faccende che mi aveano condotto da lui, il ministro mi disse sperare che io pure riconoscerei che negli ultimi tempi si è prodotta tanto in Francia che in Italia una sensibile détente la quale, se non ci mette ancora in condizione di procedere avanti senza curarci dei risvegli di un'opinione pubblica malamente inspirata ed ignara dei veri interessi dei due Paesi, ci faceva prevedere, ad un'epoca forse non lontana, un momento in cui noi stessi saremmo sorpresi del quanto è facile comporre difficoltà che erano prima sembrate insuperabili. L'atteggiamento di una gran parte della stampa nei due Paesi è assolutamente diverso da quello che è stato, soggiungeva il ministro, vedendo l'ostinazione di certi fogli di nessun valore nello emettere le loro note discordanti si è condotti a dubitare della spontaneità della loro ispirazione. Poi parlando delle cose nostre, del periodo elettorale oramai cominciato e delle previsioni relative all'esito delle elezioni generali italiane, il signor Hanotaux parlò pure delle informazioni da lui ricevute che indicano come probabile il mantenimento di un Ministero, dei servizi del quale le popolazioni erano soddisfatte. In termini ugualmente benevoli giudicava il ministro le notizie che mi diceva aver ricevute ancor recentemente della ripresa degli affari e, sovra una mia osservazione relativa alla creazione di talune industrie comparse in Italia in conseguenza dei nuovi sistemi doganali, egli replicava essere impossibile che le cose dovessero a lungo durare in un sistema che nuoceva a tanti interessi. Naturalmente, egli soggiunse, bisogna che un periodo di pacificazione degli animi prepari la via all'opera nostra, alla quale io mi applicherò volonterosamente contando che voi pure, signor ambasciatore, mi ajuterete.

Vedi che, non ricercato da me, il linguaggio tenutomi ieri dal signor Hanotaux non poteva essere migliore. È una notevole rottura fatta nel ghiaccio delle relazioni ufficiali? Certamente queste dichiarazioni amichevoli erano premeditate e la circostanza dell'essermi state fatte nel suo Gabinetto, in occasione della visita ufficiale settimanale, non ne diminuisce per certo il significato ed il valore.

Resterebbe forse a domandarci perché il signor Hanotaux le fece? Qualunque possa essere il motivo che inspirò il linguaggio del ministro, non mi pare che da parte nostra si debba considerare questa novità come sintomo senza valore. Ritengo necessario informartene, anche prima di aver potuto riscontrare se in ciò si debba vedere un sincero desiderio di mutare indirizzo a nostro riguardo, perché oramai è prossima la partenza della nostra numerosa squadra per Kiel 2 e per le acque inglesi. Scrivendo a

te non ho bisogno di soffermarmi in considerazioni che tu fai certamente assai meglio di me mettendo in bilancio tutte le circostanze che danno la misura della opportunità delle cose. Naturalmente la parte del rappresentante italiano in Francia non è quella di pesare tali circostanze; ma mi pare quella di non !asciartene ignorare alcuna 3 .

39 1 Non rinvenuta.

39 2 In occasione delle feste per l'inaugurazione del canale.

40

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S. N. Madrid, 19 aprile 1895, ore 13,30 (per. ore 16).

Da due giorni Tetuan è pienamente entrato in materia con me. Oggi nuovo colloquio. Egli vuole che Canovas partecipi pure ad un abboccamento e pronunzi il suo giudizio. Ho recisamente dichiarato che non possono più essere ammesse né clandestinità né la facoltà di rinnegare l'alleanza italo-spagnuola 1 .

41

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. 628. Roma, 19 aprile 1895, ore 151 .

Da Berlino ci si comunica 2 che Germania appoggerà Russia anche nell'impiego della forza contro cessioni al Giappone di territori cinesi. Si suppone che Francia prenderà analogo contegno, mentre Inghilterra riterrebbe tali condizioni pace accettabili. Confermo mio dispaccio delli 11 aprile n. 13504/1603 disposti ad intenderei con Inghilterra.

tegno poco favorevole a certe tendenze del!' attuale Gabinetto britannico, ha peraltro sempre dimostrato d'intendere come l'Italia abbia interesse a tener ogni porta aperta per il riavvicinamento dell'Inghilterra al nostro gruppo; onde non è da escludersi la eventuale conseguenza che noi, continuando nelle intelligenze coll'Inghilterra, che affermammo in massima nelle origini del conflitto cino-giapponese, assumiamo un contegno alquanto diverso da quello attualmente accennato dal Gabinetto di Berlino quando il Gabinetto britannico creda opportuno di dar qualsiasi seguito alle ricordate intelligenze con noi>>.

39 3 Per la risposta di Blanc cfr. n. 48.

40 1 Cfr. n. 32.

41 1 Il telegramma è erroneamente datato 20 aprile; si è ricavata la data esatta dalla posizione nel registro dei telegrammi in partenza e dalla copia conservata nell'archivio dell'ambasciata di Londra. 2 Cfr. n. 36. 3 Se ne pubblica qui la parte finale: <<V. E. sa che, mentre il Governo germanico assume talvolta un con

42

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

D. 14111/65. Roma, 19 aprile 1895.

Pel caso in cui non ne abbia avuto diretta notizia dal r. ambasciatore a Parigi, reco a conoscenza di V.E. che il Governo francese osserva come alla nostra domanda d'interdizione del passaggio di armi e munizioni per Zeila verso l'Etiopia, motivata da una condizione di ostilità contro di noi, il Governo inglese faccia una risposta che non ha valore di massima, il divieto sembrando ordinato solamente per la spedizione in corso; onde il Governo francese non prende neppur esso alcuna decisione di massima 1 .

Ho avuto occasione d'intrattenermi al riguardo con sir Clare Ford 2 . Gli ho detto che il R. Governo insiste nei passi fatti a Parigi e a Londra, in nome dei doveri internazionali esistenti fra Potenze amiche, in simili casi di ostilità. Ho osservato che il Governo britannico sembra voler perdere una buona occasione di stabilire sul litorale del golfo d'Aden relazioni di buon vicinato tra Francia, Italia e Inghilterra, e di facilitare la pacificazione dell'Etiopia, la quale è tenuta in armi materialmente dagli aiuti prestati all'insurrezione da Zeila, Obock e Gibuti, e moralmente dal fatto che ci rimane chiuso perfino quello di tali porti che è la chiave meridionale del nostro protettorato, ed è in potere del Governo inglese.

Ho aggiunto che il non prendere a Londra gli impegni di massima cui si è disposti a Parigi, e il lasciare così che continui per Obock e Gibuti l 'introduzione d'armi, proibita solo per questa volta a Zeila, equivale per parte del Governo inglese ad assicurare di fatto alla Francia il commercio delle armi e munizioni coll'Etiopia.

Il colloquio avendo poi preso indole privata e confidenziale, dissi a sir Clare Ford che, se l'Inghilterra non dimostra intendimenti amichevoli verso la nostra posizione in Etiopia neppure quando la Francia sarebbe disposta a seguirla in una via a noi più favorevole, un tale stato di cose non potrebbe che fortificare quella parte dell'opinione pubblica italiana che vorrebbe addirittura un abbandono delle nostre posizioni sul Mar Rosso a beneficio della Francia.

Qualunque sia poi la sorte dell'appello che noi abbiamo fatto ai Governi inglese e francese, come limitrofi del nostro protettorato, in nome del diritto pubblico relativo ai casi di guerra e d'insurrezione, ci riserbiamo di richiamare l'attenzione di tutti i Governi firmatari dell'Atto di Bruxelles del 2 luglio 1890, sulle conseguenze a cui dà luogo la violazione di quell'atto in quanto concerne la schiavitù, favorita in Etiopia dalla libera importazione delle armi e munizioni.

2 Lettere di Blanc del18 e di Ford del19, non pubblicate.

42 1 T. 753 del 17 aprile, non pubblicato.

43

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATO PERSONALE 1681 . Roma, 20 aprile 1895, ore 16,50.

Interessante lettera tua 2 contiene circa nostra squadra a Kiel e in Inghilterra un cenno importante sul quale vorrei le tue più ampie impressioni confidenzialP.

44

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO PERSONALE 175. Parigi, 20 aprile 1895, ore 23,15 (per. il 21) 1.

Nell'accennare alla prossima visita della squadra nostra a Kiel e in Inghilterra2 ho voluto chiamare la tua attenzione sopra facilità che l'occasione offre di manifestazioni che necessariamente debbono ricevere misure dalle circostanze del momento. Si sa che una parte dell'opinione pubblica francese si pronunziò in modo assai vivace contro lo invio a Kiel delle tre navi da guerra francesi, e che l'accettazione dell'invito fatto dalla Germania fu mantenuto soltanto perché la Russia decise che manderebbe essa pure poche navi. L'invio di una grossa flotta italiana costituisce, in tal stato di cose, già di per sé una dimostrazione speciale della situazione nostra rispetto alla Germania; come la visita ai porti inglesi nella presente tensione delle relazioni francesi britanniche, acquista uno speciale carattere. La mia impressione è questa: che basta lasciare ai fatti il loro colore e che nelle manifestazioni secondarie, convegni, discorsi, brindisi, sarà necessario molto tatto e molta misura; ciò naturalmente è detto dal punto di vista dell'avviamento presente ad un miglioramento di rapporti reciproci fra l'Italia e la Francia. È evidente che un incidente, il quale desse materia alla stampa di scatenarsi di nuovo, non solo ci ricondurrebbe alla situazione di pochi mesi fa ma la peggiorerebbe.

2 Cfr. n. 39.

3 Per la risposta cfr. n. 44.

2 Risponde al n. 43.

43 1 Minuta autografa.

44 1 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

45

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALLE AMBASCIATE, ALLE LEGAZIONI A BRUXELLES, COPENAGHEN, L' AJA, LISBONA E STOCCOLMA E AL CONSOLATO A ZANZIBAR

D.I. Roma, 20 aprile 1895.

L'Italia avendo occupato la costa del Mar Rosso da Ras Casar allo stretto di Babel-Mandeb, fondato la Colonia Eritrea, stabilito e notificato il suo protettorato sull'Etiopia e dipendenze, non solo ha partecipato di gran cuore e con lealtà perfetta di intendimenti alla Conferenza di Bruxelles, non solo ha posto la sua firma all'Atto generale del2luglio 1890, considerandola come un impegno d'onore per sé; ma, prima ancora, ha compreso nei suoi trattati africani l'obbligo della soppressione della schiavitù e ha poi voluto che tutti i capi locali da essa dipendenti, sulle coste del Mar Rosso, come del golfo di Aden e dell'Oceano Indiano da Bender Ziada alla foce del Giuba, si uniformassero alle disposizioni stabilite da quell'Atto a scopi di umanità e civiltà, e dichiarassero di accettare gli obblighi che ne derivano.

Così, mentre direttamente da noi si combatteva e si sopprimeva la tratta sulle coste da noi possedute, prima Menelik, poi tutti i sultani e capi che hanno con l'Italia trattati di protettorato -i capi e i notabili dancali, il sultano di Obbia, il sultano dei Migertini -presero, a cura del Governo italiano, l'impegno di osservare le disposizioni dell'Atto di Bruxelles, per ciò che si riferisce alla tratta, come per ciò che riguarda il commercio delle armi e degli spiriti.

Il Governo italiano ebbe cura di vigilare a che quell'impegno fosse rispettato; e vi è così bene riuscito, che, non solo ha potuto liberare e far liberare molti schiavi dai suoi protetti, non solo l'odioso traffico è cessato nei possedimenti indiretti, come nei diretti, dell'Italia; ma persino privati indigeni, che dalla tratta traevano le loro maggiori risorse, hanno finito col persuadersi della convenienza di abbandonarla.

Uno solo dei capi africani soggetti all'Italia, dopo avere per qualche tempo tenuto fede all'obbligo assuntosi, è tornato alla cattura ed al commercio di schiavi: quello appunto che maggior dovere avrebbe avuto di astenersene; e perché cristiano, e perché aveva personalmente chiesto, per mezzo dell'Italia, di essere ammesso alla Conferenza di Bruxelles, dove fu dall'Italia stessa rappresentato, avendone anticipatamente accettate tutte le deliberazioni. E questo è Menelik.

Man mano che veniva meno alla fede verso l'Italia, egli rientrava, a proposito della tratta, nello stato di barbarie; e, dichiaratosi infine apertamente ribelle, più non ha avuto alcun riguardo al diritto pubblico stabilito dall'Europa in Africa.

Per testimonianze concordi di fonti, anche d'origine non italiana, Menelik ha posto il colmo alla misura nella sua ultima spedizione contro i Voliamo. Spingendo le sue orde sino a territori compresi nell'altra sfera d'influenza italiana, quella del

l'Oceano Indiano, egli ha voluto che l'invasione amhara portasse seco, non solo l'eccidio ed il saccheggio, ma la schiavitù in tutto il suo orrore. Le mandrie degli uomini si sono contate come i capi di bestiame: questi, 60.000; quelli, 15.000. E, oltre a quelli di cui si è serbato l'intero possesso, per ogni schiavo che entra, catturato dai suoi soldati, nello Scioa, e che ne esce, venduto, Menelik percepisce ufficialmente la tassa di un tallero.

La tratta non si è mai esercitata in Africa più sfacciatamente; e le piccole spedizioni alla costa che dall'interno prima si sono tentate da musulmani, timidamente, copertamente, e che furono sventate dalla sorveglianza italiana, nulla sono di fronte a questo commercio apertamente esercitato su così larga scala.

Non solo dunque non è più il caso di ammettere a favore di Menelik deroghe alle prescrizioni dell'Atto di Bruxelles, di cui la nostra protezione di diritto ci obbliga ad imporgli l'osservanza; ma è, per parte di tutte le Potenze firmatarie, tanto più il caso di osservare a di lui riguardo i doveri che a tutte derivano da quell'Atto, tenuto conto, e degli impegni da lui presi più formalmente, forse, che da qualsiasi altro capo africano, e della violazione di cui si rende colpevole come non altri, e della maggiore estensione di sovranità da noi conferitagli, della quale egli si giova per dare a quella violazione una misura assolutamente disastrosa per la causa della civiltà e dell'umanità, a danno di popolazioni le quali altra colpa non hanno che quella di essere esposte alle sue violenze.

Ora, è precisamente in vista d'impedire la tratta, che le Potenze convenute a Bruxelles hanno statuito di restringere l'importazione delle armi da fuoco (art. I, § 7, Atto generale 2 luglio 1890); e si sono impegnate (art. III) non solo a reprimere il traffico umano nei loro possessi, ma «a prestare i loro buoni uffici alle Potenze che a scopo puramente umanitario compiono in Africa una missione analoga»; è per questo che all'art. VIII fu estesa dal 20° parallelo nord al 22° parallelo sud l'interdizione della importazione delle armi e munizioni da fuoco; è per questo che all'art. IX si sono stabilite rigorose modalità per l'introduzione delle armi e munizioni, quando fosse autorizzata nei possessi delle Potenze firmatarie esercitanti diritti di sovranità o di protettorato nella zona determinata ali 'art. VIII; è per questo che lo stesso art. IX, stabilendo le rare e lievi eccezioni personali al divieto, statuiva, oltre al più minuzioso controllo, che da quelle eccezioni sarebbero escluse le regioni della tratta; è per questo che all'art. X si regolava il diritto di transito; è per questo che l'art. XI stabiliva che le Potenze firmatarie si sarebbero reciprocamente comunicate le rispettive informazioni sul traffico delle armi e delle munizioni, e che l'art. XIII spingeva le precauzioni sino ai territori posti fuori dalla zona specificata, ma a contatto con essi.

Ora, il Governo italiano è responsabile, verso le Potenze che hanno riconosciuto il suo protettorato sull'Etiopia, dell'osservanza dell'Atto di Bruxelles in quei territori; e perciò, mentre provvede, da parte sua, ad impedire che Menelik continui a violare l'Atto medesimo, è in istretto dovere di richiamare l'attenzione delle Potenze firmatarie su questa condizione di cose, perché -anche indipendentemente dallo stato di ostilità di Menelik contro l'Italia -dette Potenze, col divieto della introduzione di armi e munizioni verso l'Etiopia, facciano rispettare quelle disposizioni internazionali della cui inosservanza Menelik si è valso e si vale per aprire alla tratta regioni in cui si è dall'Europa voluto abolirla.

45 1 Annotazione a margine: «Questo dispaccio è stato comunicato brevi manu da S.E. il ministro all'ambasciatore di Germania (Biilow), e con lettera particolare del 26 aprile all'ambasciatore di Russia (Vlangal y )>>.

46

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 964/391. Costantinopoli, 20 aprile 1895 (per. il 29).

Non appena l'E.V. mi telegrafò che «secondo notizie giunte da Gerba i francesi si appresterebbero ad occupare Zuara sulla costa tripolina»1 scrissi la lettera particolare qui unita in copia2 al gran vizir che è infermo, *feci prevenire il sultano dal nostro agente segretod della notizia; e pregai sir Philip Currie di riferirne a lord Kimberley.

È venuto quest'oggi Vekil effendi, da parte del gran vizir, a parteciparmi il telegramma seguente ricevuto da Tripoli: «Nulla si sa qui e nulla fa credere possibile che i francesi si appresterebbero ad occupare Zuara, capoluogo di una provincia, sede di un m udir e fornita di truppe regolari» 4 .

*L'agente segreto con cui la r. ambasciata comunica per mezzo del signor Cangià* si dimostrò con quest'ultimo molto dolente *d'aver fatto sapere al sultano (che era entrato in terribili apprensioni)* una notizia priva di qualsiasi fondamento.

L'ambasciatore d'Inghilterra mi ha detto: «Ho notato che il Governo italiano, bene informato delle cose d'Europa, è sempre male informato dai suoi agenti di ciò che concerne la Tripolitania» 5•

47

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 774. Berlino, 21 aprile 1895, ore 15,25 (per. ore 15,50).

Barone Marschall mi notifica che, Francia avendo aderito proposte russe, fin da ieri fu iniziata Tokio azione diplomatica comune, Russia, Germania e Francia per impedire anzitutto cessione penisola Liao-Tung. Notizie da Londra fanno ancora

2 L'allegato non si pubblica.

3 Le parti fra asterischi furono trasmesse in cifra.

4 La notizia fu comunicata a Roma con T. 772 dello stesso 20 aprile.

5 Cfr. i seguenti appunti: <<20 maggio 1895. Vedere se conviene revocare l'agente consolare a Gerba. D'ordine di S.E. Maissa>>. <<Dal confronto delle informazioni pervenuteci da Tunisi con quelle che ci fornisce ora il cavalier Grande si vede che le informazioni dell'agente consolare di Gerba non erano interamente fantastiche. Egli ha riferito rumori cui diede origine l'invio di emissari francesi, mandati a Zuara ad altro scopo. E non parmi neppure che lo si debba rimproverare; spetta al r. console in Tunisi di vagliare queste informazioni prima di trasmetterle al ministro>>.

ritenere possibile mutamento colà opinione pubblica e per conseguenza attitudine Governo britannico. La Gazzetta di Colonia spiega in comunicato officioso stato attuale questione giapponese, atteggiamento Germania, e annunzia azione diplomatica iniziata a Tokio.

46 1 Cfr. n. 34.

48

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. PERSONALE 14668/336. Roma, 21 aprile 1895.

Non disconosco -e non disconosce il presidente del Consiglio al quale mi è parso utile comunicare quanto mi scrivi, e che l'ha appreso con vera soddisfazione il valore della novità che è argomento della tua lettera particolare 18 corrente1 .

Qualunque siano le ragioni che hanno inspirato il signor Hanotaux nel tenerti le parole da te riferitemi, esse costituiscono un fatto di cui sarebbe errore non tener conto per partito preso.

Tu conosci al pari di me le ragioni che ci obbligano ad essere diffidenti in massima delle disposizioni di codesto Gabinetto e della Francia in genere a nostro riguardo; ti ho esposto minutamente le ragioni speciali che ci obbligano tanto più ad essere diffidenti nella questione della delimitazione africana.

Dopo ciò, e buon giudice come sei, lascio a te la più ampia libertà di guidarti come meglio credi a proposito del delicato argomento, tenendo presente quella situazione nostra di diritto e di fatto in Etiopia, che tu hai visto minutamente esposta, e nei documenti ufficiali e nelle mie lettere particolari.

Non ho bisogno di metterti in guardia contro i pericoli e i danni di un negoziato vero e proprio, che fosse destinato a fallire. Né ho d'uopo di farti rilevare che, in fondo, vi fu, per la soluzione della questione, iniziativa da parte nostra con lo stesso promemoria del 20 febbraio 2 , pel fatto che ci dichiaravamo in esso disposti a considerare come conclusi gli accordi del 1891; mentre poi in proposito il signor Hanotaux ti deve ancora quella risposta definitiva che ti aveva promesso per quando fossero compiute le ricerce che ti disse avrebbe ordinate in quest'ambasciata francese.

Accenni giustamente nel tuo telegramma di ieri sera3 all'accentuazione che possono dare ai prossimi movimenti della nostra squadra, manifestazioni secondarie nelle quali raccomanderemo molto tatto e molta misura; ma è chiaro che se, come tu ben dici, i movimenti stessi appariscono aver già di per sé carattere abbastanza spiccato, ciò proviene essenzialmente dal fatto che la Francia ha preso, pubblicamente, verso di noi un contegno avverso, specialmente nella questione africana.

2 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 928, nota 5.

3 Cfr. n. 44.

A togliere ogni sospetto o impressione spiacevole alle prossime visite della nostra squadra, le quali non sono per se stesse che dimostrazioni di cortesia, basterebbe che il Governo francese corrispondesse senz'altro ed amichevolmente alla posizione da noi presa nelle questioni delle delimitazioni e della introduzione delle armi in Etiopia per Obock e Gibuti.

Tenuto conto di ciò da parte tua, noi fidiamo completamente in te. Come tu puoi star sicuro che a noi non sfugge l'indole eccezionalmente favorevole del momento, e che quindi, con le disposizioni nostre, non mancheremo di secondarti in quanto crederai di poter fare anche subito per una vera e completa e definitiva sistemazione del nostro contatto africano con la Francia.

Perché tu possa essere completamente armato, ti faccio dare comunicazione ufficiale di un mio dispaccio a Pietroburgo, e di un rapporto di quel nostro incaricato d'affari circa al contegno della Russia verso di noi in Etiopia 4 . Il signor de Giers affermava di non tenere un contegno riservato in massima verso la nostra situazione in Etiopia, se non per piacere alla Francia. Ora, come vedrai, il linguaggio del principe Lobanoff è alquanto più soddisfacente di quello del signor de Giers. Non credo che ti sarà necessario, e a mio parere neppure sarebbe opportuno, che te ne servissi formalmente -te lo comunico anzitutto, perché costituisce anch'esso un sintomo di quella nuova situazione, da cui tanto più dobbiamo cercare di trar partito, in quanto noi non vogliamo, dopo tutto, che il rispetto dei nostri diritti, senza alcun detrimento degli altrui giusti interessi.

Ed ora, caro amico, buona fortuna.

48 1 Cfr. n. 39.

49

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

T. 776. Massaua, 22 aprile 1895, ore 10,30 (per. ore 11,05).

Agamè tranquillo, si riordina; *capo del clero massima parte tigrini Scirè fanno ossequio*. Abbandonando noi Adua, dovranno tornare a Mangascià che nel Tembien con circa 500 soldati aspetta soccorsi da Alula, mostra fiducia arrivo Menelik. **Dervisci scorrazzano dall'Atbara, mezza compagnia nostri attaccato 300 cavalieri a trenta chilometri da Cassala; 12 nemici morti, alcuni feriti; nostri incolumi2**.

48 4 Cfr. nn. 5 e 24. 49 1 Ed. in L V 92, p. 58. Il passo fra asterischi è ed. anche in L V 87, p. 120 e in L V 91, p. 26; il passo fra doppi asterischi in L V 86, p. 89. 2 Per la risposta cfr. n. 51.

50

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Madrid, 22 aprile 1895, ore 13,20 (per. ore 16,10).

Ho terminato le mie conferenze con Tetuan. Egli si è riservato farmi conoscere risposta, ma non sarà favorevole 1 .

51

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. 652. Roma, 22 aprile 1895, ore 16,37.

Certo il Governo non può volere che ras Mangascià si impossessi di Adua 2 e a

V.E. non mancherà modo d'impedirlo. Nostro desiderio è di avere una posizione nel Tigré che ci assicuri contro necessità nuove occupazioni senza perdere intanto vantaggi ottenuti.

52

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 171. Roma, 22 aprile 1895, ore 19,10.

Non lasciamo falsare situazione rispettiva. Noi fin dal 23 novembre 18941 abbiamo dichiarato riprendere verso la Spagna la libertà di non prendere più consiglio se non dai nostri interessi poiché il Gabinetto spagnuolo rinnegava a parole e a fatti la

2 Cfr. n. 49. 52 1 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 692.

solidarietà segretamente ed illusoriamente pattuita. Dopo questa dichiarazione che non fu ignorata a Berlino, a Vienna e a Londra, codesto Governo ci ha proposto il rinnovamento puro e semplice. Abbiamo risposto si, purché non clandestino. V.E. non deve quindi apparire accettare come risposta altra proposta qualsiasi di cui la Spagna creda di prendere di nuovo l'iniziativa. Questa proposta eventuale potrà esserci fatta da Benomar. V.E. può partire in congedo.

50 1 Per la risposta di Blanc cfr. n. 52.

51 1 Ed. in LV 92, p. 59, in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 124, in francese in A. BILLOT, La France et l'Italie. Histoire des années troubles 1881-1899, Paris, Plon-Nourrit, 1905, vol. II, p. 242 e, con ampie modifiche, in L V 87, p. 120 e in L V 91, p. 26.

53

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, BOTTARO COSTA

D. 14403/54. Roma, 22 aprile 1895.

Nei precedenti miei dispacci e telegrammi, ho invitato la S.V. a richiamare amichevolmente l'attenzione del Governo russo sul fatto che le ostilità di Menelik contro l'Italia si fondano sull'appoggio morale che egli trova a Pietroburgo ed a Parigi per ribellarsi alla nostra protezione, stabilita secondo il diritto convenzionale vigente.

Non ho voluto esagerare la portata della missione Leontieff, e delle comunicazioni intervenute, per mezzo di essa, senza il nostro intervento, come si sarebbe dovuto, tra Menelik e la Corte imperiale, e ci siamo limitati a constatare che, mentre il signor de Giers spiegava unicamente col desiderio di compiacere alla Francia il contegno avverso al nostro protettorato tenuto dal Governo russo, il ministro degli affari esteri di Francia, spiegava l'analogo suo contegno con la convenienza di «non fare cosa che urtasse un interesse della Russia» 1 .

Non dubito che i due Governi, coi quali vogliamo rimanere amici, e specialmente il russo, che sembrò talvolta disposto ad esercitare una influenza conciliatrice a Parigi, troveranno modo di chiarire i malintesi che sembrano esistere tra loro nella questione etiopica, giacché quei malintesi hanno per risultato d'impedire la pacificazione dell'Etiopia.

Se, come confido, il Governo russo non desidera che siena accresciute le difficoltà esistenti al riguardo tra la Francia e noi, ed è disposto a mettersi senza equivoci sul terreno della nostra situazione di diritto, già riconosciuta dalle Potenze, ne troverà la occasione più naturale, ed il motivo più legittimo e più elevato, nell'appello che con la circolare qui unita 2 , facciamo alle Potenze firmatarie dell'Atto di Bruxelles, di fronte al rincrudire della schiavitù in Etiopia e nelle regioni circostanti per atto e colpa di Menelik, e grazie gli aiuti morali e materiali che egli riceve da certi Paesi d'Europa.

2 Cfr. n. 45.

53 1 Cfr. n. 39.

54

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 176. Madrid, 23 aprile 1895, ore 11 (per. ore 13).

Dominato costantemente dal pensiero di soddisfare il più possibile l'E. V., veggo che quanto a lei preme è che io non abbia a ricevere risposta ufficiale da Tetuanl, ma per questo mi è necessario abbandonare Madrid nelle 24 ore e il posso fare benissimo recandomi in qualunque sito all'interno per ragioni di salute, rimanendo assente sino a partenza di Benomar. Un congedo regolare mi obbligherebbe ad un inevitabile indugio ed a prendere commiato dalla regina reggente. Al mio ritorno se ella crederà ancora che io debba andare in congedo, mi vi accingerò al più presto. Prego V.E. di farmi conoscere per telegrafo le sue volontà 2•

55

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 173. Roma, 23 aprile 1895, ore 17,30.

L'autorizzo a partire1• Ma in nessun caso V.E. deve accettare di farsi organo di nuove comunicazioni sul rinnovamento, dichiarando ali' occorrenza che questo compito cui ella non si crede autorizzato deve essere ormai serbato a Benomar.

56

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 179. Madrid, 23 aprile 1895, ore 21,10 (per. ore 0,20 del 24).

Tetuan oggi mi ha detto semplicemente che Canovas del Castillo vorrebbe vedermi e mi fisserebbe appuntamento. Sarà però da Tetuan che io avrò la risposta e gli ho fatto osservare che non potrò accettarla come altra proposta qualsiasi. Egli ha ammesso che deve incaricarne nuovo ambasciatore.

2 Cfr. n. 55. 55 1 Risponde al n. 54.

54 1 Risponde al n. 52.

57

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

L. PERSONALE 2. Massaua, 23 aprile 1895.

Le sono molto riconoscente per la sua buona lettera del 6 aprile 3 . Nessuna migliore occasione mi si presentava per sciogliere di botto in questa stagione prima delle piogge il problema africano, così verso il Sudan come verso l'Etiopia, perché da un lato avrei potuto, forse, non solo debellare i nostri nemici del nord e del centro, ma sottrarre a nostro favore le forze migliori del negus, e dall'altro avrei preso a rovescio il Ghedaref e il Gallabat e dato per avventura l'ultimo colpo al mahdismo.

Tutto ciò era soverchio alla condizione presente d'Italia. Ella sa dalle mie relazioni perché sono stato costretto ad occupare prima Adigrat e poi Adua. Dovunque in guerra non si è padroni di arrestarsi dove si vuole, e meno che altrove in Africa. Ma *comprendo come la opinione pubblica sia allarmata e come il Governo debba provvedere a calmarla nel momento supremo delle elezioni dalle quali dipende il supremo interesse della patria.

All'uopo la maniera che mi si affaccia più semplice, per quietare gli animi, è quella del mio richiamo. Un altro non così impegnato come me potrebbe tentare in Africa un componimento con Mangascià e con Menelik che permetta di ridurre notevolmente le spese, e potrebbe per avventura abbandonare qualche lembo di territorio. Io ajuterei il Governo colle mie dichiarazioni e col preparare il passaggio*. Tutto qui cammina in modo che il passaggio avverrebbe senza turbamento, tanto più che successori a me nel governo non ne può mancare. Ma quello che importa è appagare l'opinione pubblica; ed io sono pronto al sacrificio espiatorio.

Mi occupo da parecchi giorni per raccogliere ed ordinare la successione Franchetti e per aprire la via alla colonizzazione. Sono persuaso che il signor Gaslini4 sarà utile alla Colonia. Io ho già avuto due colloqui con lui e mi pare che egli potrà darci ottime e pratiche idee.

Riguardo alla quistione finanziaria impossibile vivere sui paesi conquistati, ubertosi per produzioni di suolo, ma poverissimi a denaro e ridotti all'estremo dalle guerre nel momento proprio nel quale bisogna anche moralmente acquistarne la forza ed assimilarli alla Colonia. Impossibile rimandare soldati in Europa senza confessare la nostra debolezza ed incoraggiare i nemici all'attacco. Scemerò la forza delle compagnie; ma io devo costrurre fortificazioni, richiamare la milizia, organizzare

p. 126. 2 Analoga lettera a Crispi, pari data, è ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 303-304. 3 Cfr. n. 11, nota 2. 4 Gaslini era un imprenditore agricolo interessato a un progetto di colonizzazione dell'Eritrea.

bande nei nuovi presidì, spendere enormemente per trasporti, tenere desti e contenti dancali e galla, estendere il servizio d'informazioni, tirare nuove linee telegrafiche, e via discorrendo.

Di nuovo la ringrazio della sua cortese lettera ...

57 1 Ed. in LV 92, pp. 59-60. Il passo fra asterischi è ed. anche in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit.,

58

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 784. Berlino, 24 aprile 1895, ore 17,18 (per. ore 18,10).

Passo comune Russia, Germania e Francia presso Giappone fu fatto ufficialmente ieri solamente in via affatto amichevole e verbalmente. Non si conosce ancora risposta Giappone. Conversazione avuta con Herbette mi convinse sempre più che condotta Germania fu dettata dal solo desiderio compiacere Russia e non !asciarla sola con Francia. In ogni caso non è cattiva politica per Potenza che può permettersi lusso dimostrazione e azione armata se occorre.

59

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 786. Parigi, 24 aprile 1895, ore 21 (per. ore 6 del 25).

L'intesa stabilitasi fra il Gabinetto di Pietroburgo, il Gabinetto francese ed il Gabinetto di Berlino per appoggiare le rimostranze della Russia contro il trattato della Cina col Giappone è un fatto così importante che mi parve doverne oggi intrattenere il ministro degli affari esteri, il quale, pure non riuscendo a dissimulare completamente il piacere che gli cagiona l'isolamento dell'Inghilterra, ha espresso desiderio che il Gabinetto di Londra si tenga inattivo, lasciando che le sole tre Potenze europee concertatesi fra loro intervengano in quest'affare. Il ministro mi chiese se l'Italia aveva preso una posizione, gli risposi non esserne informato: le sole manifestazioni a me note del pensiero del R. Governo erano di data anteriore alla intesa di cui ora si parlava ed erano nel senso del desiderio che la pace si ristabilisse e che nessun dissidio dividesse l'azione moderatrice dell'Europa. Sulla mia domanda il ministro mi disse che le opposizioni della Russia concernevano evidentemente le variazioni territoriali contenute nel trattato cino-giapponese, ma non erano ancora determinate sopra quali punti precisi.

60

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI, ALL'INTERPRETE DELL'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, CANGIÀ

ISTRUZIONI. Costantinopoli, 24 aprile 1895 1.

La nostra situazione in Turchia è mutata, avendo ottenuto la collaborazione di due agenti, i quali ci saranno della massima utilità. Per mezzo del primo di essi (Abu Hudà) tenteremo di acquistare influenza nella Tripolitania sugli stessi funzionari ottomani. Per mezzo del secondo (Margaritu) acquisteremo certamente influenza in Macedonia in Epiro ed in Albania.

I suddetti agenti coopereranno con noi finché non ci dichiareremo apertamente nemici del Governo turco, che l'uno sostiene per fanatismo religioso, l'altro sostiene nell'interesse dei valacchi.

Oltre dei suddetti agenti, sarebbe quasi indispensabile alla riuscita dei nostri disegni di appoggiarci almeno sopra una parte dei religiosi cattolici di nazionalità italiana che si trovano in Oriente; e più tardi, se sarà possibile, sullo stesso Vaticano. Ciò potrà accadere dopo che questa ambasciata avrà collaborato senza compromessi ostensibilmente al progetto del papa circa l'unione delle chiese orientali, ed alla realizzazione dell'antico disegno di Sua Santità circa l'invio di un nunzio a Costantinopoli. Quale che sia o sarà per essere la politica del R. Governo verso il papa, sarebbe utile di fare una distinzione fra politica interna in Italia e politica italiana in Oriente.

In conseguenza di tale programma, che la prego di sottoporre alla approvazione di S.E. il barone Blanc, non crederei utile la pubblicazione dell'inchiesta di Monaco, né il fare alcuna proposta di riforme in Armenia.

I documenti spediti da Monaco si possono distinguere in tre categorie: copie dei resoconti dell'inchiesta turca, fornitegli dal console inglese, ed altre comunicazioni fattegli dal medesimo. Esse non si potrebbero pubblicare senza provocare il richiamo del Graves e forse di altri; giacché il Governo inglese si è impegnato colla Francia e colla Russia di non comunicare alcun documento dell'inchiesta.

Deposizioni raccolte da Monaco, tutte o quasi tutte ottenute in collaborazione di corrispondenti di giornali inglesi. Le suddette deposizioni sono già state pubblicate per disteso dal Daily News ed altre deposizioni di maggiore importanza e non note al Monaco dal Times.

La parte che resta dalle informazioni di Monaco non avrebbe, da sè sola, molta importanza.

Quanto alle relazioni forniteci dal patriarcato, esse non si potrebbero pubblicare senza compromettere seriamente monsignore Ismirlian, od inabilitarlo a continuare la sua opera patriottica.

Se la nostra pubblicazione dovesse essere mutilata, non produrrebbe il più piccolo effetto. Né una proposta di riforme da parte nostra alle Potenze conseguirebbe miglior risultato.

Il Governo inglese vedrebbe con rincrescimento una simile proposta, giacché essa avrebbe per iscopo di dimostrare che l'inchiesta turca, alla quale ha partecipato il delegato inglese, non è degna di fede, e che le riforme compilate da sir Philip Currie, insieme agli ambasciatori di Francia e di Russia sono illusorie.

Interpellanze senza numero da parte dei radicali, avrebbero luogo alla Camera dei Comuni contro il Governo di Rosebery, e quest'ultimo per legittima difesa, sarebbe costretto a smentirei ed a dichiarare che le deposizioni raccolte da Monaco non bastano legalmente a provare che i fatti in esse menzionati sono veri.

Non parlo del contegno che assumerebbero verso di noi tutte le altre Potenze. Talune di esse sono decise a rimanere in uno stato di inoperosità benevola verso il Governo del sultano. Esse sono l'Austria Ungheria e la Germania.

Altre sono decise di non concedere che il minimum possibile delle riforme: tale è la Russia. Ed è assai probabile che la Francia sosterrà la Russia e non l'Italia.

Lo stesso patriarcato armeno non ci sarà riconoscente per timore della reazione che le nostre proposte potrebbero cagionare nelle disposizioni delle Potenze verso l' Armenia, o del ritardo che in tutti i casi procurerebbero ali' attuazione delle dette riforme.

Sin dal primo colloquio che ebbi col patriarca (vedi mio rapporto a S.E. il barone Blanc) 2 Sua Beatitudine si rifiutò di indicarmi le riforme che egli credeva utili, rimettendosene alle Potenze. Egli null'altro desiderava allora, e null'altro desidera ora, che ottenere una guarentigia che le riforme, quali che saranno per essere, siano effettivamente applicate. È chiaro che l'Italia sola, né l'Inghilterra sola insieme all'Italia sarebbero in grado, né vorrebbero dare ali' Armenia la guarentigia richiesta.

Avendo ieri pregato il segretario privato del patriarca di farmi noto in iscritto, quale fosse l'estensione delle riforme che monsignor Ismirlian desiderava concesse all'Armenia, mi rispose colla lettera che si trova qui unita in copia.

La S.V. si recherà quest'oggi da monsignor Ismirlian e gli chiederà, in mio nome se egli approva o disapprova il documento di cui si tratta.

Se S.E. il barone Blanc approva il programma contenuto in queste pagine, io devo aggiungere che la nostra politica in Turchia deve essere apparentemente inoperosa. Si dovrebbe però lavorare sottomano instancabilmente e preparare il terreno per gli avvenimenti che non potranno mancare di aver luogo. Se S.E. non approva il detto programma, io collaborerò zelantemente alle istruzioni che mi ha dato o che vorrà darmi.

ALLEGAT0 3

Je ne veux que la sécurité de vie, d'honneur et de propriété. Qu'on me donne cela sans faire aucun changement dans le système gouvernemental du Pays, s'ils le peuvent, ou bien en introduisant aussi peu de changements que possible: cela m'est tout à fait égal. La forme et la qualité du changement n'ont aucune importance, pourvu qu'ils me donnent cette sécurité: ce que je cherche c'est le fond, c'est la qualité.

Aucun projet de réforme, n'importe de quelles dimensions, ne me satisfait pas si son exécution n'est pas garantie. Il faut qu'une troisième partie ait le droit d'en surveiller l'exécution.

3 La lettera è firmata da <<un arménien>> e indirizzata <<à un ami>>.

Je suis un patriote: j'ai mes ambitions et mes rèves. Je cherche cependant la réalisation de mes ambitions et de mes rèves dans le droit de vivre en sécurité et en paix sous la suzeraineté du sultan, d'adorer librement mon Dieu, comme je le veux, d'organiser mes écoles d'après les exigences de la civilisation chrétienne, d'avoir une juste part dans la jouissance des fruits de mes labeurs, de vivre librement sans porter aucune atteinte à la liberté d'autrui. Le progrès que je ferai dans ces conditions pourrait amplement satisfaire toutes mes ambitions.

Je suis un patriote, et j 'ai m es rèves. Les traditions de ma Nation remontent à plus de quarante siècles: je veux les garder. Je les ai héritées de mes ancètres, je veux les léguer à mes descendants. Ce n'est pas une ambition politique qui m'anime: c'est le désir nature! de garder une nationalité qui me pousse.

Nous avons gardé notre nationalité sous les tures; mais ces mèmes tures nous ont tellement maltraités, qu'aujourd'hui il nous est devenu impossible de continuer notre existence, non seulement comme une Nation, mais aussi comme des individus. Nous voulons que cet état de choses soit changé.

Je ne veux pas nous voir séparés des tures, parce qu'ils ne nous ont pas laissé de force suffisante pour pouvoir vivre sans risquer n otre nationalité, ni comme une N ati o n indépendante, ni comme des sujets d'une Puissance animée du désir de voir toutes les races englouties dans la sienne 4 .

60 1 Annotazione a margine: <<Consegnato dal cavalier Cangià al barone Blanc il 30 aprile 1895».

60 2 Cfr. serie Il, vol. XXVI, n. 892.

61

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI 1

T. RISERVATO 174. Roma, 25 aprile 1895, ore 12,30.

Ripeto che Benomar può portarci proposte ma non risposte poiché siamo noi che abbiamo risposto e definitivamente all'iniziativa spagnuola.

62

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. 666. Roma, 25 aprile 1895, ore 18.

Ho avuto occasione di esprimere al rappresentante del Giappone l'opinione che il Giappone e la Cina potrebbero essere lasciati liberi di attuare condizioni moderate di pace senza interventi armati né complicazioni territoriali da parte di altre Potenze. Saremmo lieti di trovare il Governo britannico d'accordo in ciò con noi 1•

60 4 Annotazione a margine: <<Il cavalier Cangià fu il giorno stesso della sua partenza da Costantinopoli, da monsignor Ismirlian, il quale si espresse in modo interamente conforme al documento>>. 61 1 Ed. in F. CURATO, La questione marocchina e gli accordi itala-spagnoli del1887 e del1891, Milano, Edizioni di Comunità, 1964, p. 540. 62 1 Analogo telegramma fu inviato in pari data a Washington col n. 665. Non risulta risposta telegrafica da Londra; per la risposta da Washington cfr. n. 66.

63

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

T. 793. Massaua, 25 aprile 1895, ore 18,20 (per. ore 19,55).

Notizie dallo Scioa 20 marzo, svelano piano operazioni. Ras Alula, partendo 24 aprile, sarebbe frontiera mezzo maggio con 12.000 uomini per invadere Colonia. Menelik seguirebbe con forze convenienti. Sembra sospesa idea attaccare Aussa, limitandosi sorveglianza; *notizia confermata da informazioni Agamé*. Forse occupazione Adigrat, Adua può modificare piano, ma proposito guerra con forze notevoli, cui si uniranno partigiani Mangascià, sembra sicuro. Conviene quindi essere pronti **affrontare grossa guerra, che da anni cova, con Etiopia. Menelik inviò 20 marzo molte lettere protesta contro Italia a Russia, Francia, Svizzera. Pattuglia cavalleria dervisci scorrazza destra Atbara. Cassala tranquilla**.

64

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A TOKIO, ORFINI

T. 671. Roma, 26 aprile 1895, ore 12,45.

Per esercitare influenza conciliante ella può sempre intendersi coi colleghi d'Inghilterra e degli Stati Uniti.

65

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI E PIETROBURGO, ALLA LEGAZIONE A BERNA E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO

T. 672. Roma, 26 aprile 1895, ore 14.

Baratieri telegrafa1 che notizie dallo Scioa, confermate dall' Agamé accertano invio contro Colonia da parte di Menelik di ras Alula con 12.000 uomini per la metà di maggio. Menelik stesso seguirebbe con altre forze notevoli. Ad essi si unirebbero partigiani Mangascià. Menelik inviò lettere contro Italia a Russia, Francia e Svizzera.

(Per Parigi e Pietroburgo) Non dubito che codesto Governo stimerà opportuno rispondere alla mia comunicazione del 20 corrente 2•

(Per Berna) Voglia richiamare l'attenzione del Governo federale sull'opportunità di prendere contegno più chiaro nelle questioni relative al nostro protettorato in Etiopia.

63 1 Ed., con l'omissione delle parole fra asterischi, in LV 92, p. 60 e, con l'omissione anche del passo fra doppi asterischi, in LV 87, pp. 120-121 e in LV 91, p. 27. Parzialmente ed. anche in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., pp. 126-127.

65 1 Cfr. n. 63.

66

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 796. Washington, 26 aprile 1895, ore 15,22 (per. ore 20,30).

Governo federale non si mischierà nelle condizioni di pace fra Cina e Giappone1. Esso rimarrà neutrale nell'eventualità intervento armato delle altre Potenze.

67

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 797. Parigi, 26 aprile 1895, ore 19,34 (per. ore 22,55).

Ricevo grave notizia pervenuta al R. Governo dall'Eritrea1 . Importante dispaccio di V.E. venti corrente 2 , mi è giunto 23. Attesa gravità dichiarazioni in esso contenute, le quali impegnerebbero Governo di Sua Maestà davanti Potenze a costringere colla forza Etiopia ali' osservanza dell'Atto generale della Conferenza di Bruxelles, non mi sono creduto autorizzato, senza espresso ordine di V.E., di fare uso testuale col signor Hanotaux di quella comunicazione. A questo ministro ho denunziato però, in un colloquio avuto il 24 corrente, Menelik per le razzie commesse e per la tratta degli schiavi sfacciatamente esercitata. Questo ministro degli affari esteri aveva ripreso spontaneamente il discorso sulla questione di transitare armi. Il suo collega delle colonie gli aveva segnalato introduzione da Assab e distribuzione alle tribù finitime di Obock di una grande quantità di armi con pericolo per la sicurezza della colonia francese. Ministro vorrebbe si stabilisse fra l'Italia, la Francia e l'Inghilterra, per mante

2 Cfr. n. 45.

nere divieto assoluto d'introduzione armi da guerra lungo tutto il litorale del Mar Rosso e del golfo di Aden, un impegno analogo a quello che esiste fra la Francia, l'Inghilterra e la Germania nei paesi della costa occidentale africana. Mio rapporto3 sopra questo colloquio sarà portato dal corriere, pronto a partire domani sera4 .

65 2 Cfr. n. 45.

66 1 Risponde al n. 62, nota l.

67 1 Cfr. n. 65.

68

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO A BERNA, PEIROLERI

D. URGENTE 14941/112. Roma, 26 aprile 1895.

Come ella vedrà, il dispaccio circolare che le unisco1 , è indirizzato ai rr. rappresentanti presso i Governi che hanno partecipato alla Conferenza di Bruxelles nel1890, e firmato l'atto relativo.

Desidero cionondimeno che V.S. ne prenda conoscenza e lo comunichi, rilasciandone copia, a codesto Governo.

Replicatamente il Governo del re ha avuto a lagnarsi del contegno della Svizzera, di fronte ai rapporti itala-etiopici; e V.S. non ha mai potuto attenerne quelle soddisfacenti risposte che erano da attendersi da un Governo amico.

Tanto più è necessario che la S.V. richiami l'attenzione del Governo federale sulla fase in cui quei rapporti sono entrati definitivamente, e sull'intima connessione che regna ora più che mai fra gl'interessi italiani in Etiopia, e quegli interessi della civiltà, dei quali, se non altro, è a credersi che la Svizzera voglia tener conto.

Ho già telegrafato a V.S.2 di richiamare l'attenzione del Governo federale sulla opportunità di prendere -di fronte alla guerra che ci vien fatta da Menelik -contegno più chiaro nelle questioni relative al nostro protettorato.

Se il Trattato di Uccialli non è stato -e non doveva essere -notificato alla Svizzera, non viene meno in questa il dovere di tenere almeno la più stretta neutralità politica in un conflitto tra un Paese civile ed un sovrano barbaro, come è il conflitto nostro con Menelik.

Siamo quindi in diritto di attenderci dal Governo elvetico, e di averne ora almeno, l'assicurazione e il fatto di quel completo ed assoluto riserbo verso il negus e i suoi agenti che non abbiamo ottenuto sin qui; siamo in diritto di veder cessata nel territorio e presso il Governo della Repubblica quell'azione a noi ostile da parte di cittadini svizzeri, che notoriamente sono al servizio di Menelik, si fanno intermediari di lui presso codeste autorità e gli forniscono mezzi di ostilità contro di noi.

E invito la S.V. a fare a codesto Governo analoga comunicazione 3 .

4 Per la risposta di Blanc cfr. n. 76.

2 Cfr. n. 65.

3 Cfr. n. 102.

67 3 R. riservato 1189/407 del 25 aprile, non pubblicato.

68 1 Cfr. n. 45.

69

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T. 676. Roma, 27 aprile 1895, ore 11,30.

Neanche noi c'immischieremo nelle condizioni di pace1; anche noi intendiamo rimanere neutrali, ma è precisamente per ciò che abbiamo autorizzato il r. ministro a Tokio2 a porsi eventualmente d'accordo col collega degli Stati Uniti per influenza conciliatrice3 .

70

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 804. Washington, [27 aprile] 1895 (per. ore 3 del 28).

Segretario di Stato mi ha detto che allo stato delle cose non è possibile al Governo federale esercitare alcuna influenza conciliatrice1 né a Tokio né a Pechino per non esporsi a rifiuti. Mi ha aggiunto che in principio gli Stati Uniti d'America si astengono sempre dal partecipare a qualunque azione comune con Potenze europee. La medesima risposta venne da lui data al mio collega inglese.

71

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. CIFRATO S.N. Roma, 27 aprile 1895.

Billot al suo ritorno avendo tastato il terreno non gli ho detto nulla desiderando che si capisca che non vogliamo trattare se non per mezzo tuo.

2 Cfr. n. 64. 3 Cfr. n. 70.

69 1 Risponde al n. 66.

70 1 Cfr. n. 69.

72

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1210/418. Parigi, 27 aprile 1895 (per. il 29).

Ringrazio V.E. dell'invio fattomi, a titolo riservato e confidenziale, dei due dispacci da lei indirizzati il 2 e 22 corrente mese 1 al r. incaricato d'affari a Pietroburgo, nonché del rapporto del 10 aprile 2 di quel rappresentante italiano. Farò delle informazioni che emergono da questi interessanti documenti l'uso il più discreto. Importerebbe, ne sono certo, chiarire l'equivoco, se sussiste, in conseguenza del quale il contegno del Gabinetto di Pietroburgo rispetto alla posizione nostra in Abissinia sembra determinato dal desiderio suo di compiacere alla Francia ed il contegno del Governo di Parigi nella stessa questione pare inspirato principalmente dalla opportunità di non recar pregiudizio ad interessi religiosi della Russia. Però, sebbene della esistenza di questa combinazione di cose che si risolve a nostro danno, si possa avere la quasi certezza, tuttavia questa io non potrei dedurre dai discorsi del signor Hanotaux che con me non si è mai pronunciato in proposito. La supposizione nasce piuttosto dall'esame delle singole circostanze nelle quali l'azione dei Gabinetti di Parigi e di Pietroburgo apparisce essersi spiegata sempre in modo uniforme rispetto alla nostra situazione in Africa ed in armonia con il contegno che i due Governi tengono rispetto alla posizione dell'Inghilterra in Egitto. Certamente se non esistesse tale concatenamento di questioni, quella degli interessi particolari della Francia in Etiopia sarebbe assai più facile a risolvere 3 .

73

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Parigi, 27 aprile 1895.

Non ho molto da aggiungere alla mia lettera particolare del 181 . Delle cose che importa che tu conosca ho scritto ufficialmente ed il cavalier Burdese partendo questa sera ti porta tutto il mio sacco. Ti prego di notare il colloquio avuto da me con Hanotaux sovra la situazione creata dagli affari dello Estremo Oriente 2• Sarebbe opportuno che mercoledì prossimo l o maggio io mi trovassi in grado di continuare il colloquio con cognizione della posizione che l 'Italia prende in quella situazione. È un sintomo anche

2 Cfr. n. 24.

3 Annotazione a margine: «Massaua Londra Berlino 4-5-95>>.

2 Cfr. n. 59.

questo di apaisement che si ricominci a discorrere tra l'Italia e la Francia anche di questioni di interesse generale. Vedrai che Hanotaux sembra insistere per istabilire una intesa che comprenda anche l'Inghilterra per applicare senza eccezioni alla costa africana del Mar Rosso e del golfo di Aden il divieto d'importazione di armi e munizioni da guerra3 . Bisognerebbe che io fossi in grado di parlargli con cognizione sicura dei fatti di ciò che abbiamo fatto nell' Aussa e nelle tribù danakile per non lasciar sussistere sospetti circa le nostre intenzioni. Troverai qui unito lo stralcio d'un giornale che mi pare le sballi grosse. Ma qui queste cose si bevono. Occorrerebbe fossero smentite.

Il soggiorno del conte di Torino si è compiuto nelle migliori condizioni. Il giorno stesso del suo arrivo trovandosi egli al concours hippique, il ministro della guerra ed il generale capo dello Stato Maggiore si fecero presentare a Sua Altezza Reale e furono molto cortesi. I due generali essendo andati a firmarsi nel libro del principe all'hotel Mirabeau, ho consigliato a quest'ultimo di restituire in persona la visita. Gli fu offerto di visitare caserme, di assistere a manovre etc. ciò che il principe ha declinato di fare attesa la brevità del suo soggiorno. La visita al presidente della Repubblica e la controvisita del medesimo a Sua Altezza Reale andarono pure benissimo. Il timore panico che si avea di quanto avrebbe potuto accadere se un principe della reale famiglia d'Italia si fosse fermato per qualche ora a Parigi, mi pare sfatato. La sola cosa da aversi presente è questa. La presenza di un nostro principe nelle circostanze create dal fidanzamento del duca d'Aosta con la principessa Elena, dà pretesto al partito realista di agitarsi e di mettersi in evidenza. Vi sono in questo partito molti giovani appartenenti al mondo più elegante che serio. Non si può pretendere che questi dimostrino il tatto e la prudenza che l'esperienza può sola dare. Ma un vecchio proverbio dice «chi ha giudizio lo usi». In questo caso il giudizio che noi potremmo dimostrare consisterà nel non prestarci troppo al dare pretesti a manifestazioni che potrebbero dare noja al Governo repubblicano. Questo dico sovratutto per il momento in cui si dovrà stabilire l'itinerario per il ritorno del duca d'Aosta con la sposa dall'Inghilterra dopo il matrimonio. Ma di qui a là avremo probabilmente altre occasioni di scriverei in forma particolare.

72 1 Cfr. nn. 5 e 53.

73 1 Cfr. n. 39.

74

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

ESTRATIO DI LETTERA1 . Parigi, 27 aprile 1895.

Mi viene un'idea della quale farai il caso che credi. Non ti pare che dappoiché mandiamo 9 navi a Kiel, queste potrebbero dividersi, dopo le feste, in divisioni e visitare Kronstadt e Cherbourg e non soltanto Portsmouth?

74 1 Sic. Il documento integrale non è stato trovato.

La mossa della Germania nell'affare cino-giapponese dà seriamente da pensare. L'altro jeri il presidente Faure disse al conte di Torino che si era entrati in una situazione nella quale poteva accadere un bouleversement en Europe. Qualche giornale di oggi fa la questione se la Francia possa stare a fianco della Russia quando la Germania sta in terzo... In ogni modo non mi pare trascurabile la tendenza manifestata da Hanotaux à causer anche con noi.

73 3 Cfr. n. 67.

75

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 811. Costantinopoli, 29 aprile 1895, ore 6,20 (per. ore 18,05).

I tre ambasciatori sottomettono probabilmente domani sultano progetto di riforme Armenia e propongono come guarentigia esecuzione riforme affidarne controllo ai consoli delle Potenze. Sospetto che il console d'Italia possa essere escluso dal controllo. Prego

V.E. far pratiche urgenti presso i Governi amici per ammissione nostro rappresentante1 .

76

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 682. Roma, 29 aprile 1895, ore 13.

Ringrazio interessanti rapporti e lettere. Il Governo francese si preoccupa dei nuovi aggruppamenti di Potenze circa affari dell'Estremo Oriente; esso crede utile concatenare la questione del commercio d'armi nel golfo di Aden con questioni del Mar Rosso e dell'Egitto; e V.E. mi suggerisce visita qualche nave dopo Kiel a Kronstadt e Cherbourg1 . Ma il Governo francese commette un errore nel credere utile ai propri scopi ed all'iniziato scambio d'idee il continuare ad aiutare moralmente e materialmente i ribelli. Nessun transito d'armi è permesso per Assab se non per armamento regolare d'indigeni nella nostra sfera di protezione e di influenza per la difesa loro e nostra contro Menelik che ha annunziato guerra contro i nostri protetti e contro di noi. Possiamo dichiararlo e prenderne impegno e abbiamo creduto che la Francia potesse e dovesse prendere analogo impegno per Obock e Gibuti. Ecco tutto 2 .

2 Per la risposta di Tornielli cfr. n. 79.

75 1 Per la risposta cfr. n. 78.

76 1 Cfr. n. 74.

77

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI

T. RISERVATO 1761 . Roma, 30 aprile 1895, ore 10,35.

Approvo interamente suo programma svolto da Cangià 2• Nessuna pubblicazione verrà fatta.

78

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI

T. RISERVATO 1771 . Roma, 30 aprile 1895, ore 11,35.

L'opinione pubblica in Inghilterra e in Italia non piglia sul serio la inchiesta turco-europea né le riforme concertate con la Russia, e credo più conforme al piano generale di V.E. da me adottato 2 , di osservare stesso contegno d'astensione dei nostri alleati verso l'azione delle tre Potenze, che ci siamo riservati di giudicare quando sarà venuto il momento, in base ai nostri diritti di firmatari del Trattato di Berlino e in relazione ai nostri interessi.

79

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1247/429. Parigi, r maggio 1895 (per. il16).

Ringrazio V.E. della comunicazione fattami con il dispaccio delli 27 aprile1 circa le circostanze di fatto le quali contribuiscono a determinare la posizione della Francia in riguardo a quella che le convenzioni dell'Italia con l'Etiopia hanno stabilito 2 . Ne terrò conto qualora divenisse inevitabile lo impegnarci con il Gabinetto di Parigi in una discussione retrospettiva circa le nostre notificazioni, la sua risposta, il suo silenzio sue

2 Cfr. n. 60. 78 1 Risponde al n. 75. 2 Cfr. n. 60. 79 1 D. 15078/342, non pubblicato. 2 Annotazione a margine di Blanc: <<Non comunicare altro».

cessivo e le sue più recenti riserve. Però pare a me che l'analisi pacata di tutte queste cose se per una parte ci offre qualche buon argomento per la eventuale discussione, per altra parte non ci permette di dubitare che, dal 1890 in poi, tutti gli atti del Gabinetto di Parigi sono stati inspirati dal desiderio di svincolarsi dagli effetti della risposta dataci il 20 ottobre 1889 dal signor Spuller. Per affrontare con successo una discussione di questo genere, bisognerebbe essere sicuri che il Gabinetto francese abbia siffattamente modificato le sue idee da non essere più disposto ad opporci un rifiuto di riconoscimento più o meno abilmente motivato. Né ci possiamo nascondere che ad esso pure non mancherebbero facili argomenti da addurre. Vero è che la Francia alle formali notificazioni nostre relative all'art. 5 del trattato dell'Italia con l'Aussa ed alla sostanza degli articoli 3, 5, 6, 8 e 10 della convenzione itala-etiopica del 17 luglio 1890, non ha opposto alcuna protesta; ma le riserve del signor Spuller circa il trattato con l'Aussa e quello da noi conchiuso con Menelik, erano già state espresse fin dal marzo 1890 ed il generale Menabrea ne avea dato notizia. Il signor Spuller aspettava di conoscere quei trattati e da parte nostra non risulta si sia fatta la aspettata comunicazione3 . La argomentazione dal silenzio del Gabinetto di Parigi potrebbe essere facilmente ritorta contro noi stessi. Né troverebbe probabilmente una applicazione pratica l'argomento dedotto dalla tacita acquiescenza della Francia che accettò senza protesta, ma anche senza risposta, la notificazione fattale dall'ambasciatore di Sua Maestà in Parigi il 19 luglio 1890, nella quale era cenno delle dogane di Harar. Nella sua nota il generale Menabrea aveva infatti notificato che les revenus des douanes de H arar erano stati dati in garanzia del prestito fatto a Menelik; ma, se io non erro, fin qui le riserve dell'attuale ministro degli affari esteri di Francia non hanno mai avuto per iscopo di contestare che Harar appartenga all'Etiopia. Esse furono intese a contestare che dalla Francia si sia riconosciuto che la frontiera etiopica debba rimanere stabilita a Gildessa.

Scrivo tutto ciò nel solo intento di spiegare il perché, a parer mio sia desiderabile l'evitare possibilmente di mettere il piede nel gineprajo di argomentazioni che le circostanze del passato permettono. Troverei cosa più conforme all'interesse reciproco dell'Italia e della Francia il non soffermarsi a considerare questi che a me sembrano i piccoli lati della questione del nostro contatto in Africa. L'interesse che a me sembra il più importante è quello di creare in quella regione uno stato di buon vicinato il quale, se non potrà essere sottratto alla inevitabile influenza che sovra di esso eserciterà la condizione generale dei rapporti politici fra i due Paesi, impedirà che negli attriti africani si mantenga una causa permanente di tensione dei rapporti medesimi. Non crederei di agire in conformità delle istruzioni del R. Governo e degli intendimenti suoi, spingendomi sovra un terreno dove potrei incontrare dichiarazioni che, negando valore alla prima risposta del signor Spuller (20 ottobre 1889) esagerasse quello delle successive manifestazioni del Gabinetto di Parigi per dimostrare che la Francia non si tiene impegnata a riconoscere la nostra posizione rispetto all'Etiopia. Nessun vantaggio io scorgo nel provocare una tale dichiarazione. Né io sono inclinato a pensare che sia nei propositi attuali del Gabinetto francese il farla, a meno che da parte nostra non lo si voglia in certo qual modo costringere ad una formale spiegazione.

n. 613/258)». Tale rapporto non è pubblicato nel vol. XXIII della serie II.

Presentemente una questione avente un carattere di urgenza ci costringe a fare certi passi a Parigi. La rivolta dei capi tigrini seguita da quella dell'imperatore etiopico ci rende necessario di assicurarci che ajuti materiali non possano penetrare nell'Barar e nello Scioa attraverso la Colonia francese di Obock. Alla affermazione nostra che Menelik è moralmente e materialmente appoggiato dalla Francia, qui mi fu opposto costante diniego. Non fu negata però, la circostanza che al transito di armi per l'Etiopia non si oppone l'autorità francese di Obock e di Gibuti; ma della eccezione ci fu data la ragione nel fatto che quell'Impero africano figura fra gli aderenti dell'Atto di Bruxelles del 1890. Il signor Hanotaux sembrò tuttavia preferire alla discussione che avrei potuto sostenere con lui circa l'applicazione delle clausole di quell'atto, la presa in considerazione di una situazione generale la quale suggerirebbe, nell'interesse dell'Italia, della Francia e dell'Inghilterra, l'applicazione del divieto di transito per armi e munizioni da guerra attraverso i paesi della costa a destinazione di quelli dell'interno del continente africano, divieto che dovrebbe essere mantenuto come regola costante e non suscettibile di eccezione. Ma quando il Gabinetto francese esplorò per mezzo del suo ambasciatore a Londra le intenzioni dell'Inghilterra relativamente al transito per Zeila la risposta avuta non fu abbastanza affermativa per tutti i casi e sembrò piuttosto riferirsi al solo caso speciale di un recente rifiuto di transito per una determinata quantità di fucili.

Dal punto di vista del signor Hanotaux la risposta del Gabinetto britannico non era né concludente né soddisfacente. Non ho omesso di fargli osservare che la risposta avea potuto essere attagliata alla domanda la quale avea potuto essere stata diretta a conoscere ciò che recentemente l'autorità di Zeila avea effettivamente fatto relativamente al transito d'armi per lo Harare lo Scioa. Ma è di manifesta evidenza che le mie osservazioni non potevano avere il valore decisivo che avrebbe avuto la dichiarazione formale che io fossi stato messo in grado di presentare qui che l'Inghilterra è impegnata con l'Italia a negare quel transito attraverso il suo possedimento africano del golfo di Aden.

Intanto il signor Hanotaux nel conferire con il ministro francese delle colonie si sentì da questi opporre che mentre l'Italia vorrebbe interrotto ogni transito di materiali da guerra attraverso la Colonia di Obock, fucili e munizioni in gran copia furono introdotti per la via di Assab e distribuiti alle popolazioni infide dell' Aussa, ed il ministro per gli affari esteri di Francia mi pose la questione, in riguardo a questa introduzione e distribuzione di armi, nei termini che ho segnalato a V.E. il dì 25 aprile 4 . In quella occasione egli rinnovò chiaramente la proposta di una intesa, per il divieto del transito di armi, da stabilire fra la Francia, l'Italia e l'Inghilterra.

Al mio rapporto di quella data risponde il telegramma di V.E. del 29 stesso mese5 . In esso mi è segnalata la continuazione di ajuti morali e materiali che i ribelli dell'Etiopia ricevono dal Governo francese e l'E.V. afferma che nessun transito per Assab è permesso ad eccezione di quelli che si fanno regolarmente dalla autorità italiana per gli armamenti degl'indigeni nella zona di protezione e d'influenza nostra a scopo di difesa contro Menelik che ha proclamato la guerra contro di noi e de' nostri

5 Cfr. n. 76.

protetti. V.E. mi dice che ciò possiamo dichiarare in modo formale alla Francia la quale avrebbe potuto e dovuto prendere analogo impegno per Obock e Gibuti.

Io mi varrò di questa autorizzazione oggi stesso e dirò al signor Hanotaux come alla questione da lui postaci, in seguito alle osservazioni fattegli dal suo collega il ministro delle colonie, da noi si risponda con una dichiarazione esplicita dalla quale emerge un impegno che il mio Governo ha ragione di credere debba essere reciproco. Terrò il mio discorso nella misura che le repliche che mi saranno date, suggeriranno. Procurerò di evitare ogni discussione relativa alla nostra posizione rispetto al Sultanato di Aussa e di mantenere la trattativa entro il limite che le assegna l'interesse immediato al quale presentemente occorre provvedere.

Questo rapporto, che spedisco per mezzo di persona che è in procinto di partire per Roma, deve essere chiuso prima del mio abboccamento con il signor Hanotaux. Di quanto sarà per risultare dallo abboccamento stesso riferirò in seguito 6 .

77 1 Minuta autografa.

79 3 Annotazione a margine: <<l nostri trattati con l 'Etiopia e con l'Aussa furono per ordine del ministro comunicati al signor Ribot dal generale Menabrea il 2 aprile 1890 (vedi rapporto Menabrea 1890

79 4 R. riservato 1189/407, non pubblicato.

80

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

T. 830. Parigi, 2 maggio 1895, ore 8 (per. ore 12,10).

*Ho fatto a questo signor ministro degli affari esteri la dichiarazione autorizzata da V.E. circa armi introdotte da Assab* 2• Ho rinnovato la comunicazione relativa allo stato di cose in Etiopia, tanto in riguardo alla tratta degli schiavi, quanto alla proclamata rivolta di Menelik. Conclusi col chiedere quali provvedimenti prenderebbe la Francia per impedire che soccorsi morali e materiali abbiano a pervenire all'Etiopia dalla Colonia di Obock. Il ministro *mi disse ignorare completamente lo stato di cose esistente in Etiopia; mi domandò se Menelik fosse egli stesso in procinto di muovere contro di noP; insistette sul pericolo che vi era nel mettere delle armi in mano ai danakil, e* concluse dicendo che istruzioni erano date al governatore di Obock per applicare, per il transito nella colonia francese, le stesse norme che gli inglesi applicano a Zeila. In presenza di questa risposta, di cui dissi a questo ministro avrei informato V.E., ritengo che se io sarò messo in grado di fare conoscere qui in termini precisi che l'Inghilterra ha preso coll'Italia l'impegno assoluto di massima di non fare a Zeila per l'Etiopia alcuna eccezione alla stretta applicazione del divieto di transito armi e muni

2 Cfr. n. 76.

3 Si pubblica qui un passo del R. riservato 1267/433 del l o maggio con cui Tornielli riferiva in modo più ampio quanto detto nel presente telegramma. A Tornielli che gli aveva dato notizie sulla situazione militare in Etiopia Hanotaux rispose: << ••• non avere egli udito fin qui cosa alcuna in questo senso ed accompagnava questa dichiarazione con l'osservazione che l'impresa nostra sarà seria e resa anche più malagevole dalla stagione estiva>>."

zioni, la questione potrà essere prontamente e soddisfacentemente chiusa. Il ministro ha soggiunto che egli farà ciò che può per non creare difficoltà, e per facilitare all'Italia il conseguimento delle sue aspirazioni nella lotta in cui si trova impegnata coll'Abissinia, una delle poche regioni africane, disse egli, capaci di compensare i sacrifici di una gravosa impresa.

79 6 Cfr. n. 80.

80 1 Ed., con l'omissione dei passi fra asterischi, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 347-348.

81

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 829. Parigi, 2 maggio 1895, ore 8,20 (per. ore 10,40).

Si hanno qui le seguenti impressioni. La Russia, impegnata ormai dal primo passo fatto presso il Giappone, non può recedere, il Giappone cercherà di guadagnar tempo. Non si possono prevedere finora le definitive sue risposte alle rimostranze delle Potenze. Nel caso di resistenza del Giappone alle domande della Russia, l'azione militare di quest'ultima riesce inevitabile. In questo caso sarà impossibile alla Francia di non seguirla. Il Governo francese non si vede con piacere trascinato in questo affare, ed avrebbe preferito l'azione collettiva dell'Europa. La Spagna domanda di associarsi alle tre Potenze. Questo ministro affari esteri mi ha fatto oggi l'osservazione che l'Italia non aveva in questa occasione seguito la politica della Germania. Risposi che l'azione della Germania pareva determinata dai considerevoli suoi interessi commerciali che noi non avevamo; non mi risultava che il Governo italiano si fosse pronunziato in alcun senso. L'ambasciatore di Germania non pare persuaso che la Germania andrebbe fino alla cooperazione militare. Il ministro affari esteri oggi ventilava con me la questione dei mezzi che accorreranno per vincere la resistenza del Giappone e del tempo necessario per riunirli. Se una cooperazione armata si produce la ripercussione sul presente sistema europeo potrà essere assai grave.

82

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CIFRATO 1120/450. Costantinopoli, 2 maggio 1895 (per. il7).

Ismail Kemal, nuovo governatore di Tripoli, ha ritardato la sua partenza a motivo di talune riparazioni che si sono dovute fare al vapore turco che lo trasporterà a Tripoli. Quest'ambasciata non ha alcuna relazione con Kemal; ma costui sarà accompagnato da Mustafà bey, (parente di Abu Hudà) il quale al suo arrivo in Tripoli sarà nominato vice governatore.

Mustafà bey sarà in corrispondenza segreta con quest'ambasciata per mezzo del

r. console generale in Tripoli. Ho fatto pervenire a Mustafà un mio piccolo sigillo di ametista sul quale è inci

so il motto inglese seguente: «Tho' far to sight to memory dear». Ho l'onore di pregare l'E.V. di ciò che segue:

l) Dare istruzioni al r. console generale di aprire le lettere che gli pervenissero al mio recapito, od a qualsiasi recapito, sigillate col detto sigillo, e telegrafarne il contenuto a codesto Gabinetto dal quale il telegramma mi sarà ripetuto ancorché apparentemente senza importanza od incomprensibile.

2) Far rimettere a Mustafà dal r. console generale in busta chiusa, e «da parte dell'uomo del sigillo» un esemplare della nostra carta topografica dove è indicata la linea del confine fra la Tunisia e la Tripolitania, secondo le proposte del generale Dal Verme. -I nomi dei luoghi indicati nella suddetta carta, le indicazioni contenute in essa etc., dovranno essere scritti in francese, come se la carta fosse di provenienza francese.

3) Dare ordini perentori al r. console generale di non provocare per ora confidenze da Mustafà, di evitare di far sospettare essere con lui in relazioni intime e di mantenersi, senz'alcuna affettazione, nel massimo riserbo. Dalla discrezione e dal tatto del r. console generale dipenderà il successo o l'insuccesso dei nostri disegni.

Il bey mi aveva fatto proporre di servirmi come intermediario del console inglese. Non ho accettato la proposta per ovvie ragionP.

83

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 854. Berlino, 4 maggio 1895, ore 19,28 (per. ore 19,55).

Giappone dichiarato disposto ridurre domanda cessione di territorio Porto Arturo. Francia, Russia, Germania non accettano: sono però disposte ammettere occupazione provvisoria fino a compiuto pagamento indennità guerra. Inghilterra consiglia stesso senso.

82 1 Con D. riservatissimo 32323/363 del 23 luglio Blanc comunicò a Catalani di non aver impartito al nuovo console a Tripoli, Motta, le istruzioni riguardo a Mustafà bey, essendo stata revocata la nomina a governatore di Tripoli di Ismail Kemal.

84

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A VIENNA, NIGRA

D. RISERVATISSIM01 . Roma, 4 maggio 1895.

Ad ogni buon fine, e per regolare constatazione dei fatti, debbo informare l'E.V., in via riservata, di quanto segue:

Il 12 aprile, il ministro degli affari esteri di Spagna, duca di Tetuan, dichiarava al r. ambasciatore in Madrid, marchese Maffei, stimare conveniente d'inviare a Roma il conte di Benomar, come nuovo ambasciatore spagnuolo, per trattare la questione del rinnovamento degli impegni segreti esistenti fra i due Governi e scadenti oggi 4 maggio2•

Il 19 aprile, il duca di Tetuan pregava il r. ambasciatore di entrare in colloquio col presidente del Consiglio, S.E. Canovas del Castillo, ed il marchese Maffei si metteva a disposizione di quest'ultimo3•

Il 23 aprile, il duca di Tetuan riconosceva esplicitamente col marchese Maffei che delle proposte spagnuole avrebbe dovuto esser organo il nuovo ambasciatore di Spagna presso il Quirinale4 .

Il 29 aprile il marchese Maffei si recò all'apputamento datogli da S.E. Canovas, il quale però «gli parlò» -così si esprime il r. ambasciatore -«di tutto fuorché del rinnovamento degli impegni». «La sola cosa confermatami -aggiunge il marchese Maffei -fu la partenza del conte di Benomar per Roma, appena il conte Rascon presenti le sue lettere di richiamo»5 .

Il gradimento del conte di Benomar era stato chiesto dal conte Rascon il giorno 13 aprile, accordato il giorno 15 e comunicato ufficialmente il giorno stesso al conte Rascon.

S.M. il Re rimase in Roma sino a tutto il giorno 28 aprile, senza che il conte Rascon abbia chiesto l 'udienza reale per la presentazione delle sue lettere di richiamo.

Non si ha notizia della venuta in Roma del conte di Benomar. A datare da oggi i due Paesi riprendono la piena loro reciproca libertà di condotta. I rapporti del nostro ambasciatore constatano il valore -che noi non ci arro

ghiamo di contestare -della difficoltà che incontra il Governo spagnuolo di prendere nel nostro gruppo ed accanto a noi, una posizione schietta ed eguale a quella delle Potenze che ne fanno parte. E ne emerge pure come negli incidenti quotidiani la Spagna quasi costantemente si astenga dall'entrare in iscambi d'idee con noi, e ritenga

2 Cfr. n. 30.

3 Cfr. n. 40.

4 Cfr. n. 56.

5 T. riservato 182, non pubblicato.

essere necessità della propria situazione chiedere, invece, di unirsi ai passi fatti da Potenze non appartenenti al nostro gruppo, per quistioni di alta importanza anche per noi; basti accennare che precisamente in casi attuali, che toccano alla libertà ed alla sicurezza del Mediterraneo, ove rinasce la pirateria barbaresca6 , vediamo continuare la mancanza di ogni disposizione in Madrid a concertare con l 'Italia quanto richiederebbero essenziali interessi comuni alle due Potenze mediterranee. Né dico delle disposizioni della Spagna contrarie a quelle buone relazioni commerciali, che sono la miglior base di intime relazioni politiche.

In tale situazione, noi intendiamo perfettamente che la lealtà e la dignità della Spagna non le permettono di prendere in massima -non potendolo nei fatti -il contegno di pacifica alleata dell'Italia.

Ma noi vogliamo tuttora considerare come transitoria la condiscendenza della Spagna alle influenze politiche contrarie alla Triplice Alleanza; e forse al postutto faciliteremo alla Spagna un desiderato riavvicinamento al nostro gruppo, col porci, come ormai ci rimane solo a fare, in materia d 'impegni e di eventuali cooperazioni, sullo stesso terreno dell'Inghilterra; la quale, al pari della Spagna, ha così essenziali comunanze d'interessi con noi.

Confidiamo dunque che la solidarietà della Spagna e dell'Italia, se contrariamente ai nostri desideri, non fu né apparente né reale durante i patti segreti oggi scaduti, potrà eventualmente, in circostanze di comune convenienza, diventare palese ed effettiva, mediante intelligenze d'indole pratica, alle quali il Governo del re dichiara di essere sempre disposto, quando il Governo della regina reggente ne riconosca l'opportunità7•

84 1 Il dispaccio fu inviato a Berlino col n. 16091/161 e a Vienna col n. 16092/371; copia ne fu trasmessa in pari data all'ambasciata a Londra e il 7 maggio all'ambasciatore di Germania.

85

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI

D. 16093/92. Roma, 4 maggio 1895.

Il dispaccio che qui le unisco1 è stato da me indirizzato oggi ai rr. ambasciatori in Vienna ed in Berlino.

Le ne do comunicazione, poiché i dati e le date che ho creduto dovere in esso segnalare, sono la migliore spiegazione del contegno del R. Governo in quest'ultimo importante periodo del delicato argomento.

V.E. ha rettamente interpretato ed eseguito le istruzioni del R. Governo, e questi non mancherà di darle prova dell'apprezzamento che ne fa, quando avrà a chiamare l'E.V. ad altra elevata destinazione.

7 Per le risposte cfr. nn. 91 e 111. 85 1 Cfr. n. 84.

Intanto ritengo opportuno che ella parta in regolare congedo; e quando S.M. la Regina Reggente si degni intrattenerla di quanto fa oggetto dell'unito dispaccio, V.E., evitando ogni commento sul passato, si esprimerà nei termini d'intiera amicizia per la Spagna, che inspirano la conclusione del dispaccio.

P.S. Questo dispaccio le perverrà per apposito corriere.

84 6 Maffei aveva segnalato due casi di pirateria.

86

IL DIRETTORE GENERALE DELLE ARMI DI FANTERIA E CAVALLERIA DEL MINISTERO DELLA GUERRA, REY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

N. RISERVATA 2640. Roma, 4 maggio 1895 (per. il 5).

L'addetto militare presso la r. ambasciata italiana a Parigi ha inviate alcune interessanti notizie sulle relazioni che corrono fra la Russia e la Francia, e questo ministero ne dà, in modo sommario, comunicazione all'E.V., quantunque, molto probabilmente, da altre fonti tali informazioni, e forse più complete, saranno già pervenute a codesto ministero.

Recentemente, durante un pranzo al quale assistevano il generale de Brye ed il ministro degli esteri Hanotaux, si accennava da taluno ai vantaggi che la Russia aveva ottenuto dalla Francia in questi ultimi anni; e cioè imprestiti per alcuni miliardi, il segreto della polvere senza fumo e il rifacimento del materiale da guerra. A tale osservazione rispondeva il ministro Hanotaux, che da parte sua la Francia vi aveva guadagnata la certezza di non essere assalita dalla Germania.

Il generale de Brye osservava a sua volta che l'alleanza russa non era per la Francia di un valore molto apprezzabile, ed in appoggio a tale sua opinione citava la lentezza della mobilitazione del suo esercito, l'insufficienza della rete ferroviaria e la non bella prova fatta dai suoi generali nella campagna del 1877-78.

Il ministro Hanotaux avrebbe risposto che, comunque sieno le cose, i tedeschi tengono in gran conto la potenza militare della Russia, con l'appoggio della quale la Francia è al sicuro contro le eventuali velleità bellicose della Germania.

Altri sintomi, molto significativi, fanno supporre che le relazioni franco-russe siano venute perdendo della loro importanza in questi ultimi tempi; e l'addetto militare cita in proposito il fatto che i due ufficiali, i quali da 3 anni trovavansi alla fabbrica d'armi di Chatellerault, hanno testè avuto ordine dal loro Governo di ritornare in Russia; e che ad un altro ufficiale russo fu negato il permesso di visitare la scuola normale di tiro di Chalons.

Anche con l'addetto militare russo, generale Fredericks, il ministro della guerra francese si mostrerebbe meno propenso, che non in passato, ad aderire alle richieste d'informazioni.

Da quanto precede appare come l'amicizia franco-russa, tuttora apprezzata nelle sfere diplomatiche francesi, vada perdendo del suo valore specialmente in quelle militari; le quali non avrebbero più quella grande fiducia, che nutrirono pel passato, nell'efficacia del concorso dell'esercito russo 1 .

87

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CIFRATO RISERVATISSIMO 440/186. Madrid, 5 maggio 1895 (per. 1'11).

Con questo rapporto che verrà da mano fidata impostato a Torino, mi pregio di confermare il mio telegramma del tre corrente\ con cui ho dato conto a V E. del mio ultimo abboccamento col duca di Tetuan, nel quale compendiando definitivamente il senso delle istruzioni di VE., ho posto termine ad ogni mia ingerenza nella delicata faccenda che ha formato oggetto di comunicazioni riservate da quasi sei mesi.

P armi di avere avuto la sorte di rendere esattamente l'espressione del di lei pensiero, ed essendo questo l'essenziale, non posso che rigraziare l'E.V d'avermelo ben chiaramente precisato.

..•2 ho accennato il contegno ridicolo del signor Canovas del Castillo durante il colloquio cui era stato invitato3 , perché ritenevasi indispensabile uno scambio d'idee col presidente del Consiglio, e spero che V.E. abbia approvato lo studio da rrÌe impiegato durante più di un'ora, nel non aprir bocca il primo, sopra il tema che doveva formare la base della conversazione.

Nello stato attuale delle cose è inutile che io maggiormente mi diffonda intorno ad un soggetto appieno esaurito. M'incombe, però, assicurare l'E.V. che giammai ho lasciato falsare la nostra situazione rispettiva 4 . Quando il duca di Tetuan si decise a rompere il silenzio con me, io ebbi cura di prendere come punto di partenza la dichiarazione circa la libertà d'azione che avevamo risoluto riacquistare, che ella sin dal 23 novembre scorso5 ordinavami fare, e tale mia entrata in materia fu tanto più necessaria che l'anteriore ministro di Stato non ne aveva menomamente parlato al suo successore.

Frattanto prevengo V.E. che la grande arma onde il conte di Benomar si servirà per dimostrare l'impossibilità di scostarsi dalla clandestinità del patto, è un dispaccio di Depretis del 21 aprile 18876 che io aveva ricevuto allora ordine di comunicare e che insisteva sulla convenienza di tener segreto il patto stesso.

Non ho mancato rilevare l'insussistenza di quel ragionamento, essendo precisamente per ovviare ai gravi pregiudizi a noi inflitti da simile carattere occulto, che ora vi si vuole rimediare.

Per norma infine di V.E. non debbo lasciare ignorare che se le proposte di cui sarà incaricato Benomar non approderanno, ed è lecito dubitarne, egli dichiarerà probabilmente che la Spagna continuerà a considerarsi come legata ognora dall'antico accordo verso l'Italia ed i suoi alleati, non intendendo mutare politica.

86 1 Tornielli riferì con R. riservato 1442/466 del12 maggio su un discorso tenuto a Bordeaux da Ribot. Se ne pubblica il seguente passo: <<Le dichiarazioni relative alla politica estera tengono nel discorso del signor Ribot, un posto importante. Benché impegnata nella spedizione del Madagascar, diss'egli, la Francia non esitò ad unirsi ad altre Potenze europee per il regolamento degli interessi europei nello Estremo Oriente. Un Paese come la Francia non può astenersi in simili questioni. Esso deve a se medesimo di dimostrare che una democrazia è capace di avere una politica estera, di condurla con fermezza e con lo spirito di seguito necessario. Queste premesse condussero l'oratore del Governo ad una conclusione che mi pare dover essere qui riprodotta testualmente: 'Les liens qui nous unissent depuis 1891 à la Russie così disse il signor Ribot -en ont été fortifiés et le monde entier a compris que l'action commune des deux Puissances alliées, est sur tous les points du globe où les appellent leurs intérets, une garantie de paix et de sécurité'. Qualunque possa essere il grado di verità storica di siffatta affermazione resta dalla medesima stabilito che per il Gabinetto francese lo associarsi alla Russia ovunque un interesse di quella Potenza lo richiede, è immutabile dogma politico. Per il signor Ribot la mossa della Germania, postasi per la prima a fianco della Russia, sembra sia stata cosa senza efficacia. Il mondo non deve aver veduto, negli ultimi incidenti dello Estremo Oriente, che la consolidazione della alleanza franco-russa. Non si può mettere in dubbio che il signor Ribot non ha cercato di avvolgere il suo pensiero in frasi di difficile interpretazione. Ma questo, giova pur riconoscere, riesce talmente incompleto in presenza delle tante incertezze che il problema dello Estremo Oriente, complicato con l'azione diplomatica impegnata per gli affari di Armenia, racchiude, che la semplicità stessa della forma in cui fu esposto, lascia l'impressione che, seguendo la via indicata dall'attuale suo Ministero, la Francia abbia rinunziato, in vista di un obbiettivo speciale, ad avere quella politica propria quale uno Stato, avente interessi generali in Europa da far prevalere, non può rinunziare. Purtroppo la dichiarazione del signor Ribot è venuta ancora una volta dippiù a dimostrare come, quando uno Stato potente dell'Europa subordina ad un suo fine speciale la politica che la sua partecipazione agli interessi generali richiederebbe, la sua condotta, invece di essere guarentigia di pace e di sicurezza, crea e mantiene sospetti e diffidenze e riesce perturbatrice del concerto europeo>>.

87 1 T. 184, non pubblicato.

88

IL MINISTRO A TOKIO, ORFINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 863. Tokio, 7 maggio 1895, ore 6,12 (per. ore 8,35).

Stante insistenza tre Potenze Governo giapponese rinunzia completamente acquisto terraferma. Assicurata pace ma amor proprio ferito.

3 Cfr. n. 84, nota 5.

4 Allude al n. 52.

5 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 692.

6 Cfr. serie II, vol. XX, n. 677.

87 2 Gruppo indecifrato.

89

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI1

T. RISERVATO 179. Roma, 7 maggio 1895, ore 8,15.

Ricevo oggi sua lettera del 23 aprile 2• *Governo è ben lontano dall'idea di voler privarsi dell'opera di V.E. in Africa, ove è riuscita così giovevole e così onorevole per le armi italiane. Non crediamo a componimenti con Mangascià né con Menelik. * I disegni di V.E. che, come ella riconosce, eccedevano la possibilità del momento, possono essere la base di un'azione futura, a condizioni finanziarie migliorate. Intanto, desideravamo la sua temporanea presenza perché ella con la sua autorità sfatasse le arti di chi osteggia l'espansione graduale dell'Eritrea. Avremmo anche potuto meglio concretare insieme la soluzione delle difficoltà, che deploro al pari di lei del bilancio coloniale. Speriamo ancora che ella possa fare tra breve rapida gita a Roma' sicuro di tornare in tempo se si rinnovassero le ostilità abissine, tanto più data l'impotenza dei dervisci.

90

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1153/468. Costantinopoli, 7 maggio 1895 (per. il 14).

Il signor Apostolo Margaritu non è ancora ritornato da Bucarest dove fu chiamato dal re di Rumania. (Il signor Cangià avrà certamente informato l'E.V. dei disegni di quel sovrano). Ciò non di meno egli si è occupato attivamente della scelta dei professori d'italiano che avrebbe l'intenzione di far partire tosto per Roma per un breve corso di perfezionamento, prima che nel settembre prossimo comincino il loro insegnamento nelle scuole valacche. Oltre a ciò i due dragomanni sono a nostra disposizione e comunicherò i loro nomi all'E.V. non appena sarò avvertito del trasferimento del consolato da Prevesa a Janina e del ritorno del signor Rosset a Monastir.

Il signor Feké Margaritu, figlio di Apostolo, è venuto oggi a parlarmi d'un progetto che gli sta molto a cuore, cioè, di ottenere dalla Porta il permesso che si istituisca un vescovato valacco a Costantinopoli per svincolare i cutzo-valacchi dal patriar

2 Cfr. n. 57.

3 Il 2 maggio Baratieri aveva telegrafato a Crispi: <<Situazione Colonia ... non permette ora mio allontanamentO>>.

cato greco. L'E. V., cui è noto l'Oriente, conosce l'importanza per una popolazione cristiana di ottenere per la prima volta un vescovo. Ciò equivarrebbe, nel presente caso, al riconoscimento della nazionalità cutzo-valacca; avrebbe il vantaggio di consolidare l'unione dei cutzo-valacchi cogli albanesi sotto uno stesso capo spirituale e separerebbe definitivamente queste due popolazioni dalla greca. Da quanto mi ha detto il signor Margaritu, l'ambasciatore d'Inghilterra si sarebbe occupato, or fa un anno, di tale quistione in senso favorevole ai cutzo-valacchi ed avrebbe fatto pratiche presso il gran vizir. Questi avrebbe invitato, in risposta, il signor Margaritu a mettersi d'accordo col patriarca greco prima di chiedere la concessione del vescovo. Tale risposta fu, evidentemente, un'ironia poiché il patriarca greco farà tutto ciò che è possibile per opporsi a quel disegno. È noto che il pensiero dei greci è di ottenere un giorno o l'altro l'annessione dei valacchi e degli albanesi.

Ho promesso al signor Margaritu di occuparmi di tale faccenda, dopo che avrò conferito col padre di lui e consultato l'ambasciatore d'Inghilterra.

Gli interessi italiani in Oriente richiedono, ancorché non vi fossero, nel caso di cui si tratta, motivi speciali, di opporci ad una maggiore espansione dei greci che ci osteggiano in ogni maniera e non nascondono l'animo loro verso di noi.

Se non riceverò ordini in contrario dall'E. V., farò, al momento opportuno, pratiche per la nomina del vescovo valacco. La cosa presenta però grandi difficoltà e se non si troverà il momento propizio le pratiche saranno di lunga durata 1•

89 1 Ed. inLV92, pp. 60-61. Il passo fra asterischi è ed. anche in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 127.

91

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CIFRATO 1252/387. Vienna, 7 maggio 1895 (per. il 10).

Mi onoro di segnare ricevuta del dispaccio riservatissimo di V.E. del 4 corrente

n. 16092/3711 recato dal signor Landi Vittorj e rimessomi oggi. Ho preso lettura e nota del contenuto di questo documento e benché V.E. non mi abbia espressamente incaricato di darne partecipazione al conte Kalnoky, stimai tuttavia opportuno di intrattenerne il ministro i. e r. degli affari esteri. Mi pregio ora di riferire a V.E. ciò che questi mi disse in proposito.

Egli mi informò che il duca di Tetuan aveva fatto sapere anche a lui che Benomar sarebbe incaricato di trattare a Roma il rinnovamento degli antichi impegni. Il ritardo dell'arrivo del nuovo ambasciatore di Spagna a Roma sarebbe dovuto al fatto puramente personale delle convenienze di Rascon circa la sua partenza. Però il Gover

no spagnuolo non consentirà alla pubblicità degli impegni. Kalnoky non la consiglia nemmeno esso e mi ha ricordato che all'epoca della approssimazione conclusione Bismarck la sconsigliò. Kalnoky persiste più che mai a credere che il Governo spagnuolo non condiscende punto ad influenze politiche ostili alla Triplice Alleanza, ma per la necessità della sua posizione non vuole né può mettersi in opposizione aperta colla sua potente vicina. Il ministro austro-ungarico ci consiglia di contentarci del rinnovamento degli antichi impegni senza esigere la pubblicità o modificazioni che il Governo spagnuolo dichiari di non potere accettare 2 .

90 1 Blanc rispose con dispaccio del 21 maggio: <<Approvo che, presentandosene l'opportunità, ella appoggi le pratiche che furono iniziate presso la Sublime Porta affine di ottenere la istituzione di un vescovato valacco>>.

91 1 Cfr. n. 84.

92

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 16522/385. Roma, 8 maggio 1895.

Nel suo rapporto l o maggio n. 1247/4291 V.E. dice non risultare alla r. ambasciata di Parigi che si sia fatta al Governo francese la comunicazione dei nostri trattati con l 'Etiopia e con l'Aussa, attesa dal signor Spuller, dopo le riserve da lui espresse al generale Menabrea nel marzo 1890 circa ai trattati medesimi.

Quella comunicazione fu fatta per ordine del r. ministero dal generale Menabrea al signor Ribot il 2 aprile 1890; e ciò risulta dal rapporto di quel r. ambasciatore in data 3 aprile 1890 n. 613/2582 .

Ma non è punto mio intendimento che V.E. provochi o affronti una discussione col signor Hanotaux circa alla nostra situazione di diritto in Etiopia e all' Aussa.

Noi non ammettiamo, anzi, a questo proposito, discussione di sorta, né con la Francia, la quale aveva riconosciuto la legittimità di quella situazione con una dichiarazione della quale nessun Governo francese può disconoscere il valore, senza porsi fuori della legge internazionale comune, né con qualsiasi altra Potenza, essendo l'Italia in perfetta regola con tutte.

Piuttosto, dal rapporto di V.E., pure del l o maggio n. 1267/4333 parmi risultare che la questione possa porsi sopra un terreno più pratico, su quel terreno anzi precisamente che solo potrebbe condurre ad un accordo. E invero, il signor Hanotaux, nel ricevimento ebdomadario del l o maggio, ha dichiarato a V.E. che «farebbe il possibile per non creare difficoltà alcuna all'Italia nella sua lotta con l'Abissinia, e per faci

2 Non pubblicato nel vol. XXIII della serie II.

3 Cfr. n. 80, nota 3.

litare a noi il conseguimento delle nostre aspirazioni»; egli ha riconosciuto le difficoltà dell'impresa nostra di difesa contro la ribellione etiopica, augurandoci il miglior profitto dai duri sacrifici che ci erano imposti.

Ora, il naturale corollario di queste dichiarazioni sarebbe anzitutto l'adozione dei provvedimenti da noi chiesti perché sia impedito da Obock e Gibuti il transito delle armi e munizioni verso l'Etiopia, tanto più dopo l'adesione al nostro desiderio, per ciò che riguarda Zeila, del Governo inglese, il quale, non solo non ha mai lasciato che s'importassero da quel porto armi verso l'interno, senza chiederci prima il nostro avviso sulla opportunità di consentirne il passaggio; non solo ha vietato recentemente il passaggio per Zeila di 4000 fucili diretti all'Harar, ma è pronto ad assumersi impegno formale e generale anche per l'avvenire per tutti i porti del protettorato britannico, come risulta dal rapporto che le unisco del r. ambasciatore a Londra 4 . Corollario completo delle dichiarazioni del signor Hanotaux sarebbe poi la adozione complessiva di tutta una politica, se non altro, di astensione in Etiopia, in opposizione, cioè, con quella che da Francia e francesi è stata seguita sin qui.

E ciò tanto più, che altre dichiarazioni importanti ha fatto a V.E. il signor Hanotaux. Questi ritornerebbe infatti al concetto, già espresso replicatamente dal Governo francese di «considerare Obock come un semplice possedimento della costa, assai importante perché sulla strada dei suoi possedimenti asiatici, tanto più importante ora per la guerra col Madagascar, ma non come un punto daddove esercitare un'azione diretta a penetrare nell'interno del continente africano». Il signor Hanotaux ha soggiunto che se il commercio che possa esservi a fare con le popolazioni finitime non è interesse da negligersi, «lo scopo di avere nel golfo d'Aden uno scalo di rifornimento era raggiunto senza che il possesso territoriale attuale debba estendersi».

Ora, noi prendiamo atto di queste dichiarazioni del signor Hanotaux tanto più volentieri, inquantoché esse riproducono parte delle argomentazioni di cui il Governo del re ha potuto valersi per dimostrare che erano senza base pratica, oltre che giuridica, le riserve del Governo francese sull'Harar, e che grande era la condiscendenza nostra nell'essere ancora disposti a considerare come conclusi quegli accordi del1891 che assicuravano al possedimento di Obock una linea di confine verso i nostri possedimenti diretti ed indiretti, di molto esorbitante l'applicazione anche più larga di quei giusti concetti.

*Tali concetti noi siamo sempre disposti a riconoscere e anche a favorire con atti e fatti espliciti e duraturi. Io lascio dunque all'E.V. di trarne quella pratica applicazione della cui convenienza ella si è mostrata convinta, facendo replicatamente rilevare al R. Governo l'importanza di risolvere una volta per tutte le questioni derivanti dal contatto africano tra la Francia e l'Italia.

Il momento per ciò sembra a V.E. il più opportuno, e per la guerra franco-malgascia appunto, e per le considerazioni svolte circa alle eventuali conseguenze europee degli avvenimenti che si vanno svolgendo nell'Estremo Oriente.

L'E.V. giudicherà sino a qual punto possa valersi di tale opportunità5 . *

5 Il passo tra asterischi fu trasmesso in cifra.

91 2 Con R. personale 465/201 del14 maggio Maffei comunicò: « ... tutto che ammettendo la difficoltà, per il Governo della Reggenza esistente a scostarsi dal carattere clandestino del patto, il ministro degli affari esteri imperiale consigliò alla Spagna, nella maniera più decisa, di profittare delle buone disposizioni da V. E. palesate, e mi è grato guarentirle che il conte Dubsky si sdebitò coscienziosamente di simigliante compito>>.

92 1 Cfr. n. 79.

92 4 R. 592/279 del 2 maggio, non pubblicato.

93

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI

D. 16524/61. Roma, 8 maggio 1895.

Stimo opportuno di richiamare l'attenzione della S.V. sui seguenti punti delle relazioni fra l'Italia e la Russia, rispetto alla nostra situazione politica in Africa.

l. Situazione di diritto. È ben noto alla S.V. che alla notifica del protettorato italiano sull'Etiopia la cancelleria russa credette di opporre alcune riserve, le quali, però, si riferivano soltanto a pretesi diritti della Turchia, e furono facilmente confutate dal R. Governo. Né la Russia insistette. Altre riserve furono formulate dal signor de Giers in occasione della notificazione fatta dal Governo belga dell'accessione di Menelik all'Atto generale di Bruxelles. La Russia prese atto della comunicazione «réservant les questions qui s'y rattachent»1 . Nondimeno avendo il principe di Chimay dichiarato alle Potenze che, se avevano osservazioni da fare, si dovevano rivolgere direttamente all'I~ talia, la cancelleria russa non credette di far note a Roma quelle riserve. Ultimamente, in occasione della notifica del protocollo itala-inglese del 5 maggio 1894, il signor de Giers fece qualche obiezione, ma, com'è ben noto alla S.V., egli stesso ebbe a dichiarare che le medesime gli erano state suggerite dall'amicizia verso la Francia.

II. Politica della Francia e della Russia a nostro riguardo in Africa. Infatti la politica della Russia e della Francia a riguardo delle nostre cose africane è evidentemente dettata, non da comunanza d'interessi, ma dal reciproco desiderio di esser l'una all'altra gradita. E manifestazioni in tal senso si ebbero tanto dal signor de Giers quanto dal ministro degli affari esteri della Repubblica.

Risultato, in fatto, di questa intesa o malinteso che sia, è d'impedire la pacificazione dell'Etiopia; certo è che le ostilità di Menelik contro l'Italia si fondano sull'appoggio morale e materiale che il negus ha trovato a Pietroburgo come a Parigi. A tener viva l'agitazione, contribuiscono poi, e non poco, le frequenti missioni russe in Abissinia, fatte ad evidenti fini politici, mal velati da pretese analogie di religione, e da amore di scienza.

III. Missione Leontieff-Elisseieff Di quest'ultima missione noi non ci esageriamo l'importanza: il signor de Giers ebbe a negarle non pure un carattere ufficiale, ma ufficioso2• Nondimeno i giornali russi, sottoposti a censura governativa, riportano spesso articoli dell'uno o dell'altro membro della spedizione, tutti ostili all'Italia, ed inneggianti invece all'azione dei francesi, anzi alla alleanza franco-russa che troverebbe campo d'azione contro l'Italia in Abissinia. È corsa voce persino che il dottor Elisseieff, il quale è il personaggio più importante della missione, tornato di recente dall'Harar a Pietroburgo, sia latore di lettere di Makonnen e di Menelik3 . È questa una

2 Cfr. serie Il, vol. XXVI, n. 828. 3 Cfr. n. 5.

infrazione al diritto nostro di protettorato sull'Etiopia, assunto in conformità dell' Atto generale di Berlino.

Ora a noi importa che la Russia assuma un contegno chiaro verso i nostri diritti in Mrica. La nostra politica verso l'Impero è tanto leale che non possiamo supporre che si continui a disconoscere le nostre ragioni col pretesto di far piacere al Governo francese. Tanto più che, da una parte, il signor Hanotaux ci dichiara che «farebbe ciò che gli è possibile per non creare difficoltà alcuna all'Italia nella sua lotta con l'Abissinia e per facilitare a noi il conseguimento delle nostre aspirazioni; che la Francia considerava Obock come un possedimento della costa assai importante perché si trovava sulla strada dei suoi possedimenti asiatici e interessante ora tanto più in vista della spedizione nel Madagascar; ma non considerava quel suo possedimento come un punto daddove esercitare un'azione diretta a penetrare nell'interno del continente africano, e che lo scopo di avere nel golfo di Aden uno scalo di rifornimento era raggiunto senza che il possesso attuale territoriale dovesse estendersi; che, infine, un Paese vivace e vigoroso come l'Italia doveva avere la sua espansione coloniale e la Francia non risentiva di ciò alcuna gelosia» 4 , dall'altra parte, il principe Lobanoff, parlando della missione Leontieff col r. incaricato d'affari a Pietroburgo, gli dichiarava che mai la Russia aveva avuto alcuna «arrière pensée» politica per l'Etiopia; né era mai stata sua intenzione di crearci imbarazzi 5 .

Abbiamo conservato la memoria dei tempi in cui la Russia dimostrò amicizia efficace alla nostra Monarchia ed alla Nazione italiana.

Confidiamo che quell'amicizia non venga subordinata a combinazioni estranee ai rapporti diretti tra l'Italia e la Russia e che Parigi non diventi oramai la sola via per intenderei col Gabinetto di Pietroburgo, anche sulle cose d'Africa.

È superfluo notare che i presenti appunti hanno indole del tutto riservata alla persona dell'incaricato d'affari, il quale misurerà il suo linguaggio sulle convenienze e le opportunità.

93 1 Cfr. serie Il, vol. XXIII, n. 814.

94

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI, VIENNA E WASHINGTON

Roma, 9 maggio 1895, ore 10,30.

Non supponiamo che progetti di controllo finanziario europeo sopra dogane chinesi proposti da certa stampa siano accettabili da codesto Governo; ma non ometta di informarsF.

5 Cfr. n. 24. 94 1 Minuta autografa. 2 Per le risposte cfr. nn. 96, 98, 99, 100. L'ambasciata a Vienna non inviò risposta telegrafica.

93 4 Il passo è tratto dal rapporto di cui al n. 80, nota 3.

95

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AI MINISTRI A PECHINO, BARDI, E A TOKIO, ORFINI

T. 736. Roma, 9 maggio 1895, ore 18,15.

Riferisca circa convenienze politiche ed economiche dell'Italia nella nuova situazione1 .

96

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 876. Londra, 9 maggio 1895, ore 18,56 (per. ore 20,50).

Questione controllo internazionale dogane cinesP non è uscita dalla cerchia certi giornali. Qui si pensa che servizio tali dogane avendo funzionato finora con sufficiente regolarità mancherebbe ragione introdurre controllo, che forse sarebbe di inciampo più che vantaggio. Tale è opinione Foreign Office 2 .

97

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1185/483. Costantinopoli, 9 maggio 1895 (per. i/18).

l. Non posso che applaudire al disegno dell'E.V. d'instituire un'agenzia consolare in Misurata.

Il mio desiderio sarebbe che la Tripolitania e l'Albania fossero (secondo l'intraducibile espressione inglese) «honeycombed» di vice consolati e di agenzie consolari italiane, come un alveare.

2. Ma più spesso desidererei sapere in quelle provincie agenti confidenziali non riconosciuti ufficialmente dal nostro Governo, né noti al Governo turco ed alle Potenze, e per ciò più utili e più potenti. All'ordinamento ed alla direzione di tali agenzie

potrebbe essere preposto un impiegato di provata fedeltà (che abbia l'operosità che, in materie scolastiche, ha il signor De Luca Aprile).

Egli, sebbene in costante relazione con l'E.V., non dovrebbe essere conosciuto in cotesto ministero ma avere, apparentemente, attinenza con una società privata d'esportazioni commerciali e dovrebbe trasmettere ostensibilmente alle agenzie confidenziali campioni di articoli di commercio. Questa r. ambasciata dovrebbe carteggiare con lui, per via di cotesto Gabinetto ed avere i nomi di tutti gli agenti confidenziali.

3. In favore dell'agenzia consolare o (meglio ancora) dell'agenzia confidenziale di Misurata milita il fatto *che il caimacan* 1 di quel luogo è, s'io non erro, *persona di fiducia di Abu Hudà ed iniziato alla società misteriosa* di cui quest'ultimo sarebbe *il capo*. Credo che il signor Cangià abbia maggiori ragguagli di me a tale proposito e potrà riferirne all'E.V.

Aspetto un cenno di lei per *accreditare confidenzialmente il signor Regini* per mezzo di Abu al *caimacan* di cui si tratta, tanto più che quest'ultimo è atteso a *Costantinopoli in congedo* 2•

4. Benché io tenga per fermo che, allo scopo al quale tendiamo, la via segreta conduca più agevolmente alla meta della palese, non avrei alcuna difficoltà, se l'E.V. lo desidera, di chiedere il berat per il signor Regini, allorquando, secondo le informazioni del signor Motta, la lite intentata dal Regini innanzi i tribunali ottomani avrà avuto il suo corso.

95 1 Per la risposta da Tokio cfr. n. 101. Con T. 919 del 15 maggio il ministro a Pechino annunciava la spedizione di un rapporto che non si è trovato. 96 1 Risponde al n. 94. 2 Annotazione a margine di Blanc: <<Scrivere che ci piace trovar il Foreign Office nelle stesse idee nostre».

98

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

Parigi, 10 maggio 1895, ore 12,30 (per. ore 14,55).

La risposta del Giappone alle esortazioni delle tre Potenze mette queste in presenza della questione dei compensi da dare dalla China per i conservati territorii. Fin qui si sentì parlare soltanto di compensi pecuniari da aggiungersi alla indennità di guerra. L'alta banca si sta già occupando degli accordi sui preliminari per il prestito chinese, di cui sentii dire che l'emissione sarà facilissima. Però sebbene la China si sia fin qui dimostrata assai buona pagatrice in Europa, la questione di garanzia dei pagamenti del prestito sembra si dovrà risolvere nel dare in pegno le rendite delle dogane dei porti aperti, od almeno dei principali di essi con la garanzia delle Potenze da esercitarsi col prenderne l'amministrazione. Tutto ciò è ancora molto incerto. Credo vi sia, però, uno scambio d'idee sul punto dei compensi fra i due Gabinetti che fecero le rimostranze al Giappone, e trattative dirette fra i due Imperi che sottoscrissero pace.

2 Annotazione a margine: «ApprovatO>>.

97 1 Le parole fra asterischi furono trasmesse in cifra.

98 1 Risponde al n. 94.

99

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 880. Berlino, 10 maggio 1895, ore 15,45 (per. ore 16,15).

Non esiste alcun progetto controllo finanziario europeo sopra dogane chinesi1• Barone Marschall dissemi che Governo germanico non lo proporrebbe mai, ma sapere già che banchieri i quali concorreranno prestito China per pagamento indennità guerra chiederanno garanzia che China dovrà probabilmente accordare su dogane con modalità da stabilirsi, che non ledano troppo sua dignità.

100

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 895. Washington, 11 maggio 1895, ore 2 (per. ore 23,45).

Presidente della Repubblica mi fa dire, non avendo ricevuto nessuna informazione, non può esprimere nessuna opinione circa progetto di controllo finanziario europeo sopra dogane chinesP.

101

IL MINISTRO A TOKIO, ORFINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 8961 . Tokio, 11 maggio 1895, ore 13,10 (per. ore 6,40 del12).

Doppia convenienza Italia accostare sorgente accordo Inghilterra-Giappone, solo naturale, fecondo avvenire Estremo Oriente; diversa attitudine, giovando soltanto Russia, diminuirebbe nostra personalità qui.

99 1 Cfr. n. 94. 100 1 Risponde al n. 94. 101 1 Risponde al n. 95.

102

IL MINISTRO A BERNA, PEIROLERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 900. Berna, 12 maggio 1895, ore 12,15 (per. ore 14,50).

In due colloqui che ebbi col capo del Dipartimento federale degli affari esteri questi si mostrò grandemente sorpreso della insistenza con cui si vuole da noi attribuire alla Svizzera delle vedute ed una azione in nessun modo ... 1 e che non ha fondamento di sorta2 . La Svizzera che ha per sola norma della sua politica in Europa una costante perfetta neutralità, non può mancarvi in quella parte d'Africa dove certo non ha interessi ed a favore di un lontano Stato barbaro contro un Paese vicino al quale la legano tanti rapporti di amicizia. Il signor Lachenal mi ha dichiarato ripetutamente e nel modo più assoluto che la Svizzera non si occupa punto né poco dell'Abissinia, né ha con essa relazione alcuna. L'Hg non ha alcun carattere né ufficiale, né ufficioso, né gli si può impedire come semplice cittadino di dire e fare ciò che crede. Ma non vi è atto o parola del Governo federale che si possa addurre come contrario al principio di stretta neutralità che essa serba invariabilmente dovunque e verso tutti gli Stati. Ho fatto leggere questo telegramma al signor Lachenal che lo approvò chiedendomi soltanto di aggiungere che il solo supporre nella Svizzera una azione così contraria ai suoi principi ed ad suoi interessi la offende.

103

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO A BERNA, PEIROLERI

D. 18240/127. Roma, 13 maggio 1895.

Dal suo telegramma del giorno 12 corrente 1 risultano molto esplicitamente le dichiarazioni fattele dal signor Lachenal circa al contegno del Governo elvetico nella questione etiopica. Non risulta del pari che ella abbia fatto rilevare al capo del Dipartimento federale degli affari esteri i molti fatti che contraddicono a quelle dichiarazioni.

Quei fatti erano a conoscenza di V.S. e la corrispondenza ufficiale tra questo ministero e codesta r. legazione sino dal settembre 1893 le dava norme a cui il suo linguaggio doveva uniformarsi, tanto più di fronte a quelle dichiarazioni. Il Governo federale non ha

2 Cfr. n. 68. 103 1 Cfr. n. 102.

negato lo scambio di corrispondenze avvenuto irregolarmente, cioè all'infuori del Governo italiano, tra la presidenza della Confederazione e Menelik per mezzo dell'Hg. Il Governo federale ha pur confermato che, per mezzo dell'Hg, esso aveva ricevuto doni di Menelik, in ricambio d'armi inviate.

Non avevo d'uopo di ricordare tutto ciò alla S. V.

Si presenta ora, del resto, modo al Governo elvetico di chiarire quali sieno veramente le sue intenzioni.

È infatti a nostra conoscenza che Menelik ha indirizzato al presidente della Repubblica elvetica una nuova lettera per essere ammesso all'Unione postale, dichiarando di avere attuato un servizio postale fra Entoto e Gibuti, dove la corrispondenza scioana verrebbe inoltrata col servizio internazionale. Menelik dichiara in quella lettera che per le trattative necessarie egli ha dato pieni poteri allo svizzero Ilg.

Ora, se è vero che il Governo elvetico vuoi rispettare, verso di noi, in Etiopia quei doveri della neutralità che gli si impongono in Europa, se è vero che, come le ha dichiarato il signor Lachenal, esso non può volere e non intende favorire un lontano Stato barbaro contro un Paese vicino al quale lo legano tanti rapporti di amicizia, è chiaro che esso deve, non rispondere a Menelik; o, rispondendogli, farlo per mezzo del Governo italiano, per dichiarargli che un mercante di schiavi non può aspirare all'onore di partecipare a consorzi civili; deve inoltre diffidare il signor Ilg, perché risulti ben chiaramente che il Governo elvetico è assolutamente estraneo ai suoi intrighi, e rompere quei rapporti con lui che hanno potuto far credere a Menelik il contrario e illuderlo di possedere l'appoggio e le simpatie della Svizzera, nella sua ribellione contro di noi.

E ciò V.S. non deve farsi riguardo di esporre al signor Lachenal. Aspetto risposta a questo mio dispaccio, e confido che V.S. farà sue le osservazioni che ella ha dal R. Governo istruzione di presentare al Governo federale 2•

102 1 Nota dell'ufficio cifra: <<Evidentemente qui manca un gruppo: forse si dovrebbe dire ammissibile>>.

104

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI

Roma, 13 maggio 1895.

Da informazioni giunte al governatore dell'Eritrea da fonte attendibile risulta che Menelik ha inviate le seguenti lettere per la via francese di Gibuti:

Lettera a S.M. l'Imperatore di Russia, nella quale parla di comunanza di religione, della vecchia amicizia esistente fra loro, dell'antichità del suo Regno e del non aver bisogno di alcun protettorato. Protesta contro la slealtà nostra; contro i saccheggi (!) perpetrati ad Adua profittando della di lui assenza da Entoto. Pretende avere

104 1 Il dispaccio fu inviato a Parigi col n. 18391/398 e a Pietroburgo col n. 18450/64.

ricevuto, dopo il di lui ritorno, dal generale Baratieri una lettera in cui questi si scusa (!) pel sangue cristiano sparso per un malinteso, e prega di non interrompere le relazioni per ora. Dice che dinanzi alle mene e agl'intrighi italiani farà il possibile per conservare la pace; e se quelli dureranno prenderà le armi.

Lettera al presidente della Repubblica francese nella quale si rallegra per l'avvenuta elezione e ripete le medesime cose scritte all'imperatore di Russia, terminando ambedue le lettere con questa identica frase: «In nome della pace cristiana, della religione e della civiltà, aiutami».

Lettera al ministro degli affari esteri della Repubblica francese colla quale lo prega di comunicare alle Potenze alleate ed amiche le proteste fatte per il Tigrè ed inviate al presidente della Repubblica. Tali lettere sono sparse tutte di frasi molto offensive all'indirizzo del Governo italiano.

Lettera al presidente della Repubblica elvetica nella quale chiede di entrare nell'unione postale e lettera identica al ministro degli esteri della Repubblica francese. Pongo tutto ciò a conoscenza di V.E. (V.S.) perché ne prenda norma.

103 2 Per la risposta di Peiroleri cfr. n. 108.

105

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

D. 18457/203. Roma, 13 maggio 1895.

Il ministro del Giappone è venuto oggi ad esprimermi i ringraziamenti del suo Governo pel contegno amichevole tenuto dall'Italia e pei buoni consigli da noi datigli nelle attuali contingenze.

Confermandomi che il Giappone ha creduto di dover rinunciare, pei motivi già apprezzati dal R. Governo, ad acquisti territoriali continentali, egli mi ha soggiunto che il suo Governo conta sempre sulle simpatie dell'Italia, nel compito di civiltà che il Giappone si è assunto a beneficio generale.

106

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1444/468. Parigi, 13 maggio 1895 (per. il 15).

Nel discorso-programma del presidente del Consiglio, signor Ribot, pronunciato la sera delli 11 corrente a Bordeaux, vi è un punto importante e specialmente interessante per i vicini della Francia, che nel resoconto sommario era stato negletto. Importa che io lo segnali in modo speciale a V.E.

Il sindaco di Bordeaux nel suo brindisi avea detto: «Nous croyons etre fondés à demander qu'une législation plus libérale rassure les intérets commerciaux, industriels et agricoles sans cesse menacés par les incertitudes du lendemain; nous traversons, en effet, une crise économique également funeste à l'agriculture et au commerce qui forment les deux principales sources de la richesse de notre département». A questa velata domanda di ritorno al sistema dei trattati di commercio, il signor Ribot rispose consacrandovi un notevole passaggio del suo discorso, in cui, ricordando le dichiarazioni da lui altra volta fatte in Senato nel senso che la legislazione doganale degli ultimi anni non sia stata la causa principale della crisi generale degli affari, si è sforzato di dare a quella sua dichiarazione una nuova interpretazione. Egli citò l'esempio dell'Inghilterra Paese libero-scambista, e, in mezzo a denegazioni dell'uditorio, disse che quel Paese avea sofferto più della Francia nei suoi scambi. Poi proseguì: «Je ne crois pas que la cause unique soit celle-là: je ne dis pas qu'il n'y ait pas de retouches à faire, et, quoique M. le maire de Bordeaux soit ennemi de tout changementje ne crois pas qu'il pousse cette inimitié jusqu'au point de ne pas admettre un changement qui serait favorable à sa thèse. Il combat l'incertitude du lendemain, parce qu'il craint que cette incertitude n'augmente les charges dont il se plaint; mais je puis dire que si nous pouvons renouer nos échanges avec nos voisins, ce n'est pas le président du Conseil ni aucun membre du Cabinet qui s'y opposerait. Nous n'avons pas de fanatisme en ces matières, nous ne voyons que l'intéret général du Pays, mais nous sommes obligés de constater que dans cette question il y a un còté politique qu'un Gouvernement ne peut pas méconnaitre». Nello svolgimento di questo pensiero il signor Ribot si fermò a considerare la necessità di una certa protezione per l'industria e l'agricoltura in presenza del grande ribasso dei prezzi avvenuto negli ultimi anni e disse che questa è «une question politique au premier chef et non une question purement économique et que la tache du Gouvernement, qui doit concilier toutes ces nécessités, concilier tous ces intérets et trouver la juste mesure, est une tache singulièrement difficile. Il faut, così conchiuse il suo dire il presidente del Consiglio, que le Gouvernement se débarrasse de tout préjugé, de toute vue trop étroite, il faut qu'il concilie tout». Ma alla soluzione del problema si dichiarò ancora impreparato.

Vi è certamente nel linguaggio del signor Ribot un notevole mutamento. Da quando egli dichiarava in Senato che la legislazione doganale non era stata la causa principale della crisi che pesa sul commercio francese, ad oggi che afferma non essere quella stata la causa unica, il pensiero del primo ministro apparisce assai modificato. Né egli, né i suoi colleghi si opporrebbero al ritorno del regime convenzionale per gli scambi con i vicini. Le obbiezioni che sussistono nel suo spirito sono dettate da considerazioni di equilibrio di interessi il quale costituisce una grave questione di politica interna per la Francia. Nessuna allusione, anche lontana, alle relazioni esteriori politiche della Francia, è venuta a mescolarsi nelle dichiarazioni del signor Ribot le quali, a parer mio, significano che, se una corrente sufficiente della pubblica opinione francese si paleserà nel senso della ripresa del regime convenzionale, il Gabinetto attuale è pronto fin d'ora a seguirla. È nell'indole, come a più riprese già mi occorse di notare, del Ministero e del suo presidente non di dirigere, ma di seguire la maggioranza. Né di ciò, cred'io, dovremmo noi preoccuparci altrimenti che in quanto giova a riconoscere quale grado di stabilità si possa mettere nelle disposizioni apparenti dei ministri che presentemente governano, mentre la loro pieghevolezza ai voleri del Parlamento può dirsi massima immutabile anche nelle questioni per le quali sogliano le maggiori individualità politiche avere convinzioni irremovibili. Ma vi è in questa parte del discorso di Bordeaux un altro punto di vista dal quale emergono considerazioni che mi sembrano forse eccedere il compito mio, ma che tuttavia non vorrei omettere di sottoporre alla attenzione del Governo di Sua Maestà.

Si è prodotto principalmente negli ultimi tempi in Italia un movimento per spingere il Governo ad entrare con la Francia nella via degli accordi commerciali. Ignoro il pensiero di V E. non dirò sulla questione di merito, ma sul metodo da seguire. Mi pare certo che non vi possa essere, allo stato attuale di cose, chi pensi in Italia a mantenere vive ostilità commerciali con chicchessia. Ma è nelle idee del Governo che una questione così difficile, così complessa e diciamolo pure non soltanto economica ma politica, tanto per l'interno che per l'estero, sia presa in mano da comitati privati, irresponsabili, che, con la massima buona intenzione e volontà, potrebbero tuttavia creare imbarazzi e pregiudicare gravi interessi? Non è il problema delle relazioni commerciali dell'Italia colla Francia di tale importanza da meritare di essere possibilmente sottratto ai pericoli sempre inerenti all'azione che spiegano le diplomazie volontarie a canto delle ufficiali?

Ed il discorso del signor Ribot a Bordeaux non offrirebbe per avventura ai ministri italiani ed anche allo stesso presidente del Consiglio la opportunità di rivendicare al Governo la competenza di occuparsi di così poderoso problema?

Mi pare averne detto abbastanza perché il R. Governo possa prendere in considerazione se, nel presente periodo elettorale del nostro Paese, non sarebbe opportuna qualche manifestazione delle disposizioni del Governo stesso, la quale abbia l'importanza anche soltanto di una lontana ripercussione del voto espresso dal signor Ribot che il riallacciamento delle relazioni commerciali i tal o-francesi possa effettuarsi 1 .

107

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI

D. 18564/65. Roma, 14 maggio 1895.

In un colloquio che ho avuto oggi col signor Vlangaly, mi sono confidenzialmente espresso in termini analoghi a quelli delle mie istruzioni alla S.V. in data dell'8 corrente1•

Ho chiamata l'attenzione dell'ambasciatore sul fatto che la Francia e la Russia, dichiarando ambedue di non volerei creare imbarazzi in Africa, ma giustificando ciascuna il proprio contegno avverso ai nostri diritti, col pretesto di dovere tener conto degli interessi dell'altra, sembrerebbero volere palleggiarsi reciprocamente la responsabilità di confortare un capo africano, che fa su grande scala il commercio degli schiavi, nella sua ribellione armata contro l'Italia.

Ho soggiunto al signor Vlangaly non sembrarmi possibile che la Russia, la cui storia conta tanti fatti amichevoli per Casa Savoia e per l 'Italia, lasci indefinitamente sussistere equivoci dai quali l'opinione italiana è indotta a supporre che anche a Pietroburgo le nostre alleanze sieno motivo di porre contro di noi un continuo casus frederis. Nel popolo italiano è molto diffusa l'impressione che si continui da influenze estere in Etiopia il tentativo che non è riuscito in Sicilia. Di tentativi simili noi non accusiamo il Governo francese, bensì un certo radicalismo internazionale, col quale la Russia non può volere farsi solidale. Continuando ad assecondare col proprio contegno le tendenze, ostili ai nostri interessi in Etiopia, di una parte del mondo politico francese, la Russia contrarierebbe, a detrimento della pacificazione e delle relazioni di buon vicinato tra noi e la Francia, le tendenze a migliori intelligenze, che si dimostrano dal Gabinetto di Parigi al nostro ambasciatore. E noi non possiamo credere che tale sia l'intenzione del Gabinetto di Pietroburgo.

Il signor Vlangaly mi dichiarò che la Russia non ha in Etiopia interessi se non religiosi. Al che risposi che noi non avevamo, da parte nostra, nessun interesse ad appoggiare i lazzaristi contro le missioni ecclesiastiche russe.

106 1 Annotazione a margine: <<Urgente>>. 107 1 Cfr. n. 93.

108

IL MINISTRO A BERNA, PEIROLERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 924. Berna, 16 maggio 1895, ore 16,20 (per. ore 18).

Ricevo dispaccio tredici corrente1 . Non ho certamente omesso di rammentare i due fatti antichi e le spiegazioni date, ma ritenute poco soddisfacenti; mi fu risposto che sui medesimi furono fomite chieste spiegazioni e non essere più il caso di ricordare. Tornerò tosto ad intrattenere il signor Lachenal appoggiandomi segnatamente al fatto che ora mi viene partecipato.

109

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1520/483. Parigi, 17 maggio 1895 (per. il 20).

Temo che, inebriato da esagerate lodi, prodigategli dal pubblico e dalla stampa del suo Paese e fors'anche da una parte della diplomazia straniera, il giovine ministro degli affari esteri della Repubblica francese, con la mobilità di sentimento pro

pria della sua Nazione, ora che si crede uscito dalle gravi difficoltà in cui l'impigliava la questione delle rimostranze russe, sia alquanto meno disposto di prima a prestare ascolto alle nostre legittime osservazioni circa l'atteggiamento della amministrazione coloniale di Obock e dei francesi che hanno dirette relazioni con lo Harar e lo Scioa. Questa disposizione di animo sua, che forse sarà transitoria e di non lunga durata, ha però probabilità di protrarsi per qualche mese ancora, cioè fino alla chiusura estiva dei lavori parlamentari. Questi furono ripresi qui da pochi giorni e con essi si riapre il periodo delle interpellanze che per il signor Hanotaux sono causa di preoccupazione, tanto più singolare in lui che non appartiene né all'uno, né all'altro ramo del Parlamento.

V. E. ha saputo dai miei rapporti che a due riprese, verbalmente, io ho chiamato l'attenzione di questo ministro sovra la sfacciata violazione dei principii proclamati a Bruxelles, relativamente alla repressione della tratta, da parte di Menelik. La prima volta fu in un colloquio avuto con S.E. il 24 aprile1 . Il signor Hanotaux avea allora ascoltato senza sorpresa i fatti da me ·segnala tigli, né avea dimostrato di annettervi molta attenzione. Una seconda volta parlai di questo soggetto con lo stesso ministro in una conversazione avuta con lui il l o maggio2 . M'importava ripetergli la narrazione dei fatti e la deduzione che stabilisce la decadenza di Menelik dalla condizione acquistatagli dall'adesione sua all'Atto generale del1890. Ma mi premeva ancora più mettere in sodo l'indole delle istruzioni impartite dal R. Governo ai suoi agenti presso gli Stati che sottoscrissero quel patto internazionale per denunciarne la violazione da parte del re scioano. Occorreva che io dicessi chiaramente al ministro francese che tale notificazione io avea avuto ordine di fare anche a lui acciocché le comunicazioni analoghe che i miei colleghi presso altri Governi avranno fatte e delle quali qui si avrà avuto notizia, non fossero erroneamente interpretate. Ricorderà forse V E. che, quando io ebbi fatta la mia dichiarazione, il signor Hanotaux parve voler eludere la questione che dalla medesima gli veniva posta innanzi. Egli tuttavia, in quel giorno, si professò apertamente disposto a fare da parte sua ciò che gli è possibile per non creare difficoltà alcuna all'Italia nella sua lotta con l'Abissinia e per facilitare a noi il conseguimento delle nostre aspirazioni e, per dare forse spiegazione di questa parola da lui usata, si estese alquanto a considerare l'esito compensatore de' sacrifici nostri attuali che in futuro potrà avere l'impresa coloniale italiana in quella regione.

Se il signor Hanotaux, nell'ultima visita che gli ho fatto il15 di questo mese, non mi avesse lasciato l'impressione che le mie precedenti comunicazioni verbali non lo rimossero affatto dal suo concetto che la Francia, nulla avendo da temere per sé dagli armamenti dell'Etiopia, deve concedere a quell'Impero il trattamento contemplato dall'art. X dell'Atto generale di Bruxelles per gli Stati aderenti a quel patto internazionale, io riterrei cosa superflua il ritornare con lui sovra le già ripetutegli comunicazioni. Ma la sua ostinazione nel trincerarsi entro i termini delle sue prime dichiarazioni relative all'intenzione di applicare in Obock né più né meno di ciò che gli inglesi fanno a Zeila per il transito di armi a destinazione dell'Etiopia, la interpretazione quasi restrittiva che egli dà a quelle sue dichiarazioni, la preoccupazione vera o simu

lata che sia, ma in ogni ipotesi, inconcepibilmente esagerata, che egli dimostra per interessi commerciali minimi, rappresentati da mercanti d'armi e da speculatori in parte neppure di nazionalità francese, mi fanno nascere il dubbio se non converrebbe che io deponessi nelle mani di questo ministro una nota verbale che mettesse in sodo le già fattegli dichiarazioni.

Già spiegai a V.E. i motivi che, a parer mio, suggeriscono di non fare nei nostri rapporti col Governo francese dichiarazione alcuna dalla quale possa anche soltanto indirettamente risultare che l'Italia si tiene obbligata ad imporre all'Abissinia, o ad altri Paesi africani, il rispetto dei doveri degli Stati costituiti. Perciò io stimerei che la nota verbale da rimettere al signor Hanotaux dovrebbe restringersi a stabilire, previa la denuncia dei fatti, che più non può trattarsi dei diritti e vantaggi che potrebbero derivare per Menelik dalla sua adesione all'Atto generale di Bruxelles e dalla sua accettazione di obblighi ch'egli non osserva; ma che siffatta denunzia, eseguita presso i Governi sottoscrittori di quel patto internazionale e qui da me ripetutamente espressa dappoi tre settimane, ha per fine di assicurare l'applicazione rigorosa delle disposizioni dell'Atto generale suddetto e principalmente della clausola dell'art. IX secondo la quale le regioni infette di tratta saranno sempre escluse dal commercio delle armi.

Dissi più sopra che io sono in dubbio di presentare al signor Hanotaux una nota verbale concepita in questo senso e la ragione di dubitare nasce in me dalla previsione che questo signor ministro non pretenda ritorcere contro di noi l'argomento adducendo risultargli che le razzìe di uomini e di animali si commettono purtroppo da tutte le tribù africane le quali conducono prigioniere o schiave le genti vinte; che le tribù dell' Aussa e quelle che stanno fra Assab ed Obock non sono migliori delle altre e che pure a queste, non solo il Governo italiano ha lasciato che pervenissero armi da guerra, ma ne ha fatte distribuire. V. E. mi ha autorizzato, con telegramma del 29 aprile3 , a dichiarare che nessun transito di armi è permesso per Assab se non per lo armamento regolare di indigeni nella nostra zona di protezione e di influenza a scopo di difesa loro e nostra contro Menelik il quale ha annunciato guerra contro i nostri protetti e contro di noi. Ella mi ha fatto facoltà di prendere impegno in proposito. Di questa autorizzazione e di questa facoltà fin qui mi sono servito entro il limite dello stretto necessario. Mi pare che in Africa, ancor più che altrove, giovi il pigliare il minor numero d'impegni possibile. Perciò, quando il signor Hanotaux si querelava con me delle armi distribuite a malfide tribù che stanno sui confini della Colonia francese, mi limitai a rispondergli che quelli erano armamenti fatti direttamente dal Governo italiano, nello scopo ben definito di difesa contro i minacciati attacchi dei ribelli abissini e che siffatti armamenti erano preveduti e permessi dall'art. IX dell'Atto di Bruxelles. Se io fossi in grado di aggiungere, in modo esplicito e secondo la verità di fatto, che di quegli armamenti l'autorità italiana conserva l'effettivo comando e la direzione, certamente non avrei esitazione alcuna a provocare una discussione sovra questa faccenda della quale, con ingegno curialesco, il ministro francese continua a dimostrare la disposizione a valersi per complicare l'altra del transito di armi consentito ai mercanti che trafficano con l'Harare lo Scioa. Se pertanto V. E. dopo di aver ogni cosa ponderata, stimasse miglior partito che io mi

astenga dal presentare al ministro degli affari esteri di Francia la nota verbale di cui ho delineato sopra il concetto, io interpreterò il silenzio suo come istruzione in tal senso. Ove invece ella stimasse più confacente all'interesse nostro di stringere più dappresso il signor Hanotaux per metterlo direi così in mora di palesare chiaramente le intenzioni sue, gioverà presentargli la nota denunciatrice dei fatti che togliendo a Menelik ogni diritto e vantaggio di aderente ali' Atto di Bruxelles, lo designano come impudente violatore dell'atto stesso. In tale caso il passo che io farò, dopo di averne avuto ordine scritto o telegrafico della E.V., avrà significato, effetto ed importanza di un richiamo nostro alla Francia di mantenere l'osservanza dei suoi impegni come Potenza che ha sottoscritto i patti di Bruxelles.

Non è mestieri che io indichi a V. E. come una volta messo il piede in questa via, si possa essere facilmente trascinati dal contegno altrui ad inoltrarsi in essa assai oltre le proprie previsioni. Perciò prima di chiudere questo rapporto mi consenta V. E. di metter! e sott' occhio alcune considerazioni che chiaramente emergono quando si ponga la questione nei suoi termini i più pratici.

Questa si è aperta quando l'atteggiamento più che dubbioso di Menelik e dei suoi luogotenenti divenne apertamente ostile. Noi non potevamo domandare alla Francia di cessare di tollerare o di permettere il transito delle armi attraverso il suo possedimento di Obock invocando le leggi della neutralità senza riconoscere in Menelik, il nostro protetto, un belligerante. Stava intanto in vigore ad Obock un decreto di quella amministrazione coloniale che vieta ogni altra importazione d'armi che non sia fatta per il Governo etiopico. Domandammo che l'eccezione fosse abrogata. Il signor Hanotaux ne dette la spiegazione derivata dal testo dell'art. X dell'Atto generale di Bruxelles. Però in linea di fatto questo ministro, probabilmente non mosso da altro che dalle necessità proprie della Francia, si dichiarò disposto ad impedire che armi e munizioni penetrino attraverso il possedimento francese purché queste non abbiano aperta la via inglese di Zeila o la nostra di Assab. Era questa una dichiarazione che al signor Hanotaux riusciva tanto più facile in quanto che, nei giorni stessi in cui egli la faceva, il Governo della Repubblica, in vista d'un suo proprio interesse, avea dovuto decretare la proibizione del commercio delle armi da guerra in Francia. Conseguenza di questo provvedimento fu d'impedire che i fornitori di Makonnen e di Menelik continuassero a provvedersi in Francia e che anzi, abbandonando la via di Obock, cercassero di far passare le armi, anteriormente procuratesi, per la via di Zeila. Il R. Governo non pretende certamente che il suo ambasciatore a Parigi possa rendersi garante del contegno che il Gabinetto francese od i suoi amministratori coloniali potrebbero assumere più tardi. Mi pare però di potere con sufficiente certezza prevedere che fin tanto che durerà la guerra di Madagascar, il traffico delle armi nei porti della baia di Tagiura non sarà favorito. Non mi sembra possibile, dopo lo scambio di idee avviato ormai da circa due mesi con il signor Hanotaux e l'impegno suo ripetutamente preso di voler seguire strettamente l'esempio degli inglesi, che per la via della Colonia di Obock s'abbiano ad introdurre quantità importanti di armi e munizioni. Una infiltrazione, sotto forma di contrabbando, si produrrà e forse, non solo nei porti francesi, ma anche negli inglesi del golfo di Aden. Ma l'ajuto che ne deriverà all'Etiopia sarà ridotto materialmente a poca cosa, moralmente a nulla. Certamente gli speculatori che aizzano Menelik alla resistenza ed alla rivolta contro di noi, continueranno a spacciare ed a vantare protezioni ed a far eredere a connivenze. Ma, ancora nei giorni passati di ciò parlando, il signor Hanotaux dicevami esservi inglesi in ben maggior numero nel Madagascar che francesi, o sedicenti tali, in Etiopia e che al Governo francese non era mai venuto in mente che quello della regina potesse essere tenuto responsabile di ciò che dai suoi sudditi si operava intrigando contro gli interessi della Francia.

lo non perderò di vista tutto l'interesse che si connetterebbe a condurre le cose in guisa che una amichevole intesa relativa alla proibizione del transito delle armi ne possa derivare fra l'Italia, l'Inghilterra e la Francia; ma a questo intento non si arriverà che a due condizioni: primieramente che il Gabinetto di Londra voglia prendere con noi un impegno preciso ed incondizionato; in secondo luogo che si tenga conto che di nessun giovamento sarebbe il portare le cose sovra un terreno dove le reciproche recriminazioni renderebbero impossibile ogni buon accordo 4 .

108 1 Cfr. n. 103.

109 1 Cfr. n. 67. 2 Cfr. n. 80.

109 3 Cfr. n. 76.

110

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

T. 932. Londra, 18 maggio 1895, ore 15,23 (per. ore 17,40).

Lord Kimberley ha dato istruzioni lord Dufferin informare Governo francese decisione Governo della regina proibire transito armi per Harar attraverso porti protettorato inglese e informarsi se Governo francese ha agito ugualmente 2•

111

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 678/270. Berlino, 18 maggio 1895 (per. il 21).

Ho preso nota di quanto V. E. si compiacque comunicarmi col dispaccio riservatissimo del 4 corrente n. 16091/1611, circa lo stato della questione del rinnovamento dei nostri accordi colla Spagna, che a quella data appunto sono scaduti.

110 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit. p. 348.

2 Questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Parigi con T. 785, pari data. Già il l o maggio Perrero aveva comunicato con T. 826: «Foreign Office mi autorizza telegrafare V. E. che proibizione permesso introduzione armi Harar ed Abissinia è certa ma che studiasi modo formularla». 111 1 Cfr. n. 84.

Jeri ebbi occasione, per caso, di vedere alla sera, il barone Holstein, ed egli stesso prese l'iniziativa d'intrattenermi di tale oggetto, dimostrandosi pienamente informato, per le relazioni pervenute alla Cancelleria imperiale dall'ambasciata germanica a Roma, dei particolari da V.E. comunicatimi.

Egli fece, però, accenno ad una circostanza che non trova riscontro nel dispaccio di V. E., e che perciò non potei né confermare, né smentire. Il barone Holstein mi disse cioè, che V. E. avrebbe fatto sentire a Madrid che avrebbe desiderato non già di pubblicare il tenore degli accordi colla Spagna, allorquando venissero rinnovati, ma di poterne far nota l'esistenza; ed egli temeva che questo fatto potesse aver contribuito a rendere la Spagna, già tanto preoccupata d'altra parte degli affari di Cuba, esitante ad entrare in nuove trattative con noi.

Il mio autorevole, per quanto raramente visibile, interlocutore, era eziandio pienamente informato che il signor Rascon rifiuta per dir così, di rimettere le sue lettere di richiamo, impedendo l'arrivo costì del signor Benomar; ed egli deplora tanto più questo strano incidente ch'egli ritiene il signor Benomar la persona più adatta ad appianare tutte le difficoltà che possono esistere per venir all'intesa da noi desiderata colla Spagna.

109 4 Per la risposta cfr. n. 115.

112

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 192. Madrid, 19 maggio 1895, ore 17,45 (per. ore 20,55).

S.M. la Regina in una lunga udienza ieri non mi ha parlato che dello stesso soggetto: della rinnovazione malgrado accaduto. Ho risposto secondo le istruzioni del dispaccio in data 4 corrente 1 e Sua Maestà mi ha dichiarato che prendeva atto delle amichevoli dichiarazioni di V.E. in cui ripone tutta la sua fiducia. Io calcolava partire giovedì, ma Tetuan mi ha scritto in questo momento, a nome di Sua Maestà, che la contessa di Parigi e la principessa Elena giungeranno Madrid fra due giorni e che considerando questa come appartenente alla Casa di Savoia vuole dare venerdì a palazzo un grande pranzo ufficiale in suo onore coll'intervento del personale dell'ambasciata. Prego V. E. di farmi conoscere se posso differire d'un giorno la mia partenza2 .

112 1 Cfr. n. 85. 2 Cfr. n. 113, nota l.

113

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 194. Madrid, 20 maggio 1895, ore 11 (per. ore 14).

Tetuan, da me casualmente incontrato iersera, mi ha confermato che Sua Maestà, la quale ben sapeva la mia imminente partenza ha voluto col pronto avviso comunicatomi del banchetto di venerdì farmi soprassedere e dare al Governo del re un attestato d'altro riguardo cui uno stretto dovere mi impone prestarmi. Partirei dunque solo sabato1 .

114

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO PERSONALE 195. Parigi, 21 maggio 1895, ore 16,30 (per. ore 18,25).

Che cosa vi è di vero nella notizia che il principe di Napoli andando Inghilterra per le nozze d'Aosta si fermerà Parigi per visitare presidente della Repubblica? Debbo fare osservare che in questione la quale ha un aspetto speciale molto delicato, sarà bene attendere che l'impressione del pubblico parigino siasi manifestata nei giornali prima di prendere risoluzione a tale riguardo1 .

115

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 19370/430. Roma, 21 maggio 1895.

Le unisco un rapporto in data del 15 maggio corrente del r. ambasciatore a Londra1 confermato dal telegramma del18 corrente2 , già comunicato a V. E., e dal quale risulta nel modo più esplicito l'impegno di massima che prende il Governo inglese di proibire assolutamente l'importazione all'Harare allo Scioa, dai porti del protettorato britannico del golfo d'Aden, di armi e munizioni da guerra.

marocchina, cit., p. 547): «V. E. deve considerar come un ordine l'invito di S.M. la Regina Reggente>>. 114 1 Blanc rispose con T. riservato 187 del 22 maggio: <<Non ho nessuna notizia che principe di Napoli intenda andare in Inghilterra o in Francia>>. Ma cfr. n. 125. 115 1 Non pubblicato.

2 Cfr. n. 110.

È ancora più di ciò che desiderava il signor Hanotaux, per poter prendere, al sicuro di noie parlamentari, uguale impegno per Obock e Gibuti. Non è dunque più il caso di note verbali sull'argomento da parte nostra; e dobbiamo credere che basterà la comunicazione fatta a codesto Ministero degli esteri da lord Dufferin, perché il Governo francese mantenga le promesse fatte a V. E. dal signor Hanotaux, e confermate da dichiarazioni a Londra di quell'ambasciatore della Repubblica, che si vollero recare a nostra notizia.

Non voglio e non debbo credere che il signor Hanotaux, dopo l'impegno che si disse pronto ad assumere, data la condizione che si è oggi pienamente verificata, tomi sui pretesi pericoli in cui potrebbe incorrere la Colonia di Obock per l'armamento dei nostri protetti, e per un'eventuale lotta fra l'Aussa e lo Scioa. Ciò equivarrebbe ad eludere le promesse fatte, e sarebbe troppo in contraddizione con quelle buone disposizioni che a V. E. parve riscontrare nell'attuale Gabinetto francese.

Comunque, perché V. E. sia in caso di rispondere alle eventuali obbiezioni del signor Hanotaux, le unisco uno studio dei possedimenti francesi del golfo di Aden, in rapporto a quei pretesi pericoli 2• Come ella vedrà, dato pure un conflitto armato fra lo Scioa e l'Aussa, quei possedimenti rimarrebbero assolutamènte all'infuori, sia del teatro delle eventuali operazioni militari, sia delle prevedibili conseguenze di queste.

Nulla dunque può consigliare al Governo francese di sollevare oggi nuove obbiezioni, e tutto lo consiglia invece a definire una volta per tutte la questione del transito delle armi per Obock e Gibuti, nel modo adottato e confermato dal Governo inglese pei porti del suo protettorato.

113 1 Blanc rispose con T. riservatissimo personale 185 del 20 maggio (ed. in CURATO, La questione

116

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Massaua, 21 maggio 1895.

Dopo avere molto pensato alle condizioni nostre, e massimamente alle condizioni politiche ed economiche dell'Italia, mi sono deciso a scrivere la lettera ufficiale, che invio con questo medesimo corriere 1 . Il contegno di Menelik mi pare che ci imponga o di prepararci ad una guerra a fondo contro di lui per l'ottobre, o di fare la pace, se questa è creduta possibile. La via di mezzo, cioè la difesa passiva del territorio conquistato ci farebbe perdere parecchi vantaggi, ci esporrebbe a maggiori pericoli, ci indurrebbe a spendere per anni quasi egualmente, ci farebbe rimandare alle calende greche la sistemazione dell'Eritrea.

Per la guerra io ho conquistato una buona base di operazione -Adigrat, Adua togliendola al nemico, colle sue riserve di uomini e viveri e coi suoi vantaggi strategici.

Per la pace io ho conquistato un paese vasto e fertile, che potrebbe all'occorrenza servire a comperarla, quando si credesse permesso alla dignità nostra di scendere a trattative coi ribelli, e quando questi potessero dare guarentige di fede ai trattati.

«Non si dà un passo alla guerra senza affrontare un pericolo» scriveva Moltke nel suo ultimo libro: e su questo teatro, più che altrove, per uomini e per terreno siamo esposti ad insidie e sorprese. Ma è con noi il prestigio della vittoria, la fiducia nei comandanti, lo scoramento, la titubanza, la discordia, o per lo meno la disunione, fra i nemici; ed è in generale con noi il favore delle popolazioni. Un momento così propizio non può durare a lungo. Se non tenessi conto, forse soverchio, della condizione d'Italia, non avrei neppure parlato di pace: del resto so che il Governo la crede per avventura impossibile. Ma se mai si volesse trattare sopra una diminutio capitis della Colonia, per un quieto vivere passeggero, converrebbe decidere con molta sollecitudine e in ogni caso concludere prima di ottobre.

Confido che il Ministero colle elezioni avrà guadagnato forza per decidere in un senso o nell'altro in modo che qualunque sia la decisione l'opinione pubblica sia con lui. Io non ho che le fila dell'Abissinia e dei nostri possedimenti in generale: e quindi non so quanto possano pesare sulla bilancia le relazioni e gli accordi internazionali, specialmente colla Francia e colla Russia, e quali imbarazzi o quali ajuti si possa aspettare da queste due Potenze così per la pace come per la guerra.

Mi pare ora imprudente lasciare il posto per una gita in Italia, mentre la prospettiva di questa gita mi ha fatto alquanto ritardare la presentazione del dilemma, il quale del resto non ha mestieri di altri commenti.

Colgo volentieri quest'occasione per esprimerle la mia riconoscenza per gli appoggi onde mi fu sempre largo e per la cortesia che mi usa in ogni occasione. Governatore o no, quanto volentieri converserei a lungo con V. E. delle cose nostre!

115 2 Non si pubblica. 116 1 R. 1815 del20 maggio, di cui si pubblica solo il passo finale: <<Mi pare necessario che il Governo del re esamini a fondo la situazione della Eritrea e decida sulla di lei sorte, e perciò sul programma avvenire. O guerra di difesa che per cento ragioni ci spinge ad offesa, e quindi a conquista territoriale, ad espansione, a soluzione definitiva del problema, ad indebolimento dei nostri nemici del sud e per contraccolpo dei nostri nemici dell'ovest; o pace con sacrificio notevole di territorio, quando la pace si possa concludere ed essa non porti in se medesima per la baldanza abissina il germe di nuove guerre e di maggiori sacrifici>>.

117

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI1

L. PERSONALE. Massaua, 21 maggio 1895.

Speravo di poter venire a Roma per una fugace corsa; ma questa speranza si dilegua; onde mi vedo costretto a porre un dilemma, anziché a voce, in iscritto. È un dilemma della più grande semplicità -o pace o guerra -ma bisogna risolverlo. Ho indugiato anche a parlo in attesa che il Governo uscisse dalla lotta elettorale.

Le invio copia, secondo il solito, della mia relazione al ministro degli esterF, al quale scrivo anche particolarmente intorno a questa palpitante quistione 3 . Nessuno è

2 Cfr. n. 116, nota l.

3 Cfr. n. 116.

padrone degli avvenimenti in nessuna parte del mondo, e molto meno in Africa, dove il tradimento e lo spergiuro sono le arti ordinarie di governo dei nostri protetti. Come V. E. ben sa, io sono stato spinto dalla necessità all'occupazione del Tigré e dell' Agamé; ma ben c'incolse perché vi abbiamo guadagnato sia una base di operazione od una zona di difesa per la guerra, sia un'offa da gettare per la conclusione della pace. Ad ogni modo ha scombussolato i piani di Menelik ed ha contribuito a rimandare l'esecuzione ad ottobre.

Io non credo la pace possibile, se non colla dissoluzione dei nostri nemici. Ogni concessione gonfierà la loro baldanza, mentre passerà il momento opportuno per la gloria delle armi nostre, pei tentennamenti e pei timori nel campo nemico. Ma il Ministero può credere opportuno di tentare la pace, e può credere anche di sacrificare la Colonia per alleviare le finanze italiane o sottrarre l'Italia dallo spauracchio di una guerra coll'Etiopia.

Io credo di avere la fortuna di essere nel suo ordine di idee: e se si deciderà per apparecchiarci alla guerra, la Colonia avrà certamente in lei il suo più valido ajuto. È vero che il prepararsi alla guerra può essere la migliore via per stornarla; ma è necessario guardare in faccia la situazione affinché tutti mirino senza incertezze e senza tentennamenti allo scopo. Non si tratta di un corpo di spedizione come quello di Madagascar, e neppure come quello di Sanmarzano per Saati: si tratta di accrescere, alquanto e nella misura già prevista, le truppe indigene e di provvedere bestie pei trasporti.

Potrebbe forse presentarsi al Governo di Sua Maestà l'idea di tenere l'odierno territorio, stando sulla difensiva. Ma mi parrebbe pericoloso rinunziare all'iniziativa: e poi, se ci attaccano, dovremo pure batterli ed inseguirli a fondo. Ad ogni modo, anche per la difensiva, occorrono preparativi di guerra: perciò il dilemma rimane sempre: o pace o guerra.

Ella vede le cose dall'alto e sa quali splendidi risultati possa avere la vittoria col dissipare definitivamente i due grandi pericoli che minacciano e che minacceranno la Colonia, col conquistare un così vasto e fertile Paese alla colonizzazione italiana, col darci la chiave della valle superiore del Nilo, coll'aprirci di botto tutta la sfera di influenza nostra in Africa.

Tutto ciò è lusinghiero, ma non scevro di pericoli: e quale situazione politicomilitare ne è andata mai esente? D'altronde i pericoli saranno tanto minori quanto si guarderanno meglio in faccia, quanto si farà più presto e quanto si sarà più pronti e parati a profittare delle circostanze. Del resto la difesa passiva ha pericoli ancora maggiori e la difesa attiva ci sprona inevitabilmente all'offesa. Io frattanto aspetto il verbo da Roma, ansioso delle condizioni politiche ed economiche del Paese e dell'imminente situazione politica. E il verbo spero di averlo magari telegraficamente.

117 1 Da Ufficio Storico dello Stato Maggiore de !l'esercito.

118

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. RISERVATISSIMO 188. Roma, 22 maggio 1895, ore 22,10.

Alieno da ogni scopo elettorale pure non posso a meno di desiderare nel momento di un grande atto della vita nazionale, che il Paese sappia che l'Inghilterra ci è amica. Lascio a V. E. di vedere se e quando possa essere pubblicata costì l'interdizione da parte del Governo inglese del transito per l 'Etiopia di armi e munizioni dai porti del suo protettorato 1 .

119

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 1396/435. Vienna, 22 maggio 1895 (per. i/25).

Oggi il nuovo ministro degli affari esteri ricevette per la prima volta i capi di missione qui residenti. Introdotto a lui per il primo, il conte Goluchowski mi accolse con molta cordialità, ricordando il tempo in cui, essendo egli semplice segretario, mi aveva conosciuto in Parigi. Mi annunziò poi, confermandomi l'informazione datami poco prima dal comm. Miraglia, che il negoziato sui certificati dei vini era stato conchiuso, del che si congratulò con me. Passando agli affari politici, il nuovo ministro mi riptetè, con maggiore insistenza, che egli avrebbe seguito la via tracciatagli dal conte Kalnoky in ogni cosa, ma specialmente in quanto riguarda la fedeltà alla Triplice Alleanza, l'amicizia verso l'Italia e le relazioni intime fra i nostri due Paesi. Egli desiderava, mi disse, che il Governo del re fosse ben persuaso di ciò. Io gli risposi che prendevo atto con piacere di queste assicurazioni e che a nome del Governo del re gliele ricambiava in quanto spetta all'Italia. Aggiunsi che non avrei mancato di riferire le sue parole a V.E., che certo le avrebbe accolte con vera soddisfazione. Mi congedai poi, dopo aver fatto appello, in ogni futura emergenza alla fiducia reciproca, come il miglior mezzo di mantenere e rassodare all'uopo i cordiali rapporti che legano i Governi d'Italia e d'Austria-Ungheria1 .

118 1 Per la risposta cfr. n. 124. 119 1 Sulla personalità di Goluchowski Nigra aveva riferito con R. 1354/421 del 17 maggio di cui si pubblica il seguente passo: <<Credo che i di lui sentimenti verso l'Italia sono amichevoli. Il compianto suo collega, conte Curtopassi, si lodava molto delle relazioni che aveva con lui, ed io personalmente, nelle rare volte che m'intrattenni con esso, lo trovai pieno di benevoli riguardi. Egli però è di nazione polacco e quindi allevato in mezzo a tradizioni clericali. Saranno quindi naturali, negli inizi del suo ministero e fino alla prova dei fatti, certe prevenzioni che non mancheranno di prodursi sì all'interno che all'estero; all'interno nelle sue relazioni col Governo di Pest; e ali' estero in quelle colla Russia e col! 'Italia, ed anche colla Germania. Sarà effetto dei suoi primi atti il farle sparire come non dubito che egli tenterà di fare>>. Sull'impressione prodotta in Germania dalle dimissioni di Kalnoky e dalla nomina di Goluchowski Lanza aveva riferito con R. riservato 674/267 del 18 maggio, di cui si pubblica un passo: <<L'aver scelto un diplomatico relativamente giovane, che non esercitò mai alcuna parte politica all'interno ed anche all'estero, occupò posti poco importanti, una persona di nazionalità polacca, circostanza che in tempi ordinari ne avrebbe piuttosto consigliato l'esclusione, dinota, così qui, ripeto, si ragiona, e così opino io pure che S. M. l'Imperatore Francesco Giuseppe, pur aderendo alla ragione di Stato che rendeva necessario il ritiro del conte Kalnoky, volle procurare di non ferire la suscettibilità della Santa Sede. Del conte Goluchowski si vantano infatti l'intelligenza, il ricco censo, le sue tendenze francesi (ha sposato, com'è noto, una principessa Murat), ma soprattutto i sentimenti clericali. Noi, italiani, in ogni caso, non gudagnamo nulla al cambio>>.

120

IL MINISTRO A BERNA, PEIROLERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 963. Berna, 23 maggio 1895, ore 16,10 (per. ore 19,55).

Dopo parecchi colloqui e malgrado ogni mia insistenza il capo del dipartimento, premessa formale assicurazione non avere il minimo indizio dell'arrivo di nuova lettera o richiesta di Menelik, mi ha dichiarato che il Governo federale non può prendere impegno chiestogli per caso tuttora ipotetico. Egli protesta che questo Governo sarà sempre con noi leale e sincero e nulla farà che possa riuscire a noi sgradevole ma intende riservarsi libertà d'azione promettendo soltanto qualora riceva qualche comunicazione di avvisare la legazione. Sono persuaso che verificandosi il caso si farebbe ciò che da noi si domanda, ma per ora ogni ulteriore insistenza sarebbe inutile né si otterrebbe maggior impegno per ignota eventualità.

121

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

T. 809. Roma, 23 maggio 1895, ore 19,05.

Colonnello inglese Sartorius, oggetto rapporto sedici corrente l, raccomandato vivamente da Governo britannico recasi visitare Eritrea. Sua visita pel modo come ci viene annunziata potendo collegarsi con intenzioni Inghilterra riprendere campagna Sudan, su cui abbiamo informazioni che le comunichiamo per posta2 , merita tutta attenzione V. E.

122

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. 814. Roma, 24 maggio 1895, ore 16,40.

Al ricevimento di sir Clare Ford per la festa della regina gli venne annunziato dal presidente del Consiglio che dopo le feste di Kiella nostra squadra farà visita al porto inglese che venga designato.

121 1 Non pubblicato. 2 Con D. riservatissimo del 22 maggio, non pubblicato.

123

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 965. Parigi, 24 maggio 1895, ore 20,15 (per. ore 22,05).

Informati dell'intenzione del Governo nostro di essere rappresentato e di fare rappresentare l'esercito alla inaugurazione del monumento Magenta, questi ministri degli affari esteri e della guerra hanno accolto favorevolmente l'invito del municipio e del comitato monumento per fare rappresentare Governo ed esercito francese a quella inaugurazione. Nel Consiglio di domenica prossima saranno deliberate modalità di tali rappresentanze.

124

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO PERSONALE 196. Londra, 24 maggio 1895.

Lord Kimberley non ha nulla da opporre alla pubblicazione del divieto della introduzione di armi nell'Africa Orientale attraverso porti sottoposti protettorato inglese1 . Oggi sono invitato Windsor dalla regina fino a domani. Appena potrò conferirò col direttore del Times. Odierna conversazione signor ministro degli affari esteri espresse meraviglia perché alla comunicazione fatta da lord Dufferin su questo argomento Governo francese non abbia ancora risposto 2•

125

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL REGGENTE IL MINISTERO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA

D.19605/161 . Roma, 24 maggio 1895.

In via confidenziale il r. ambasciatore a Parigi mi telegrafava quanto le unisco 2 , ed anche il r. ambasciatore a Londra m'informa privatamente che si crede colà alla venuta di S.A.R. il Principe di Napoli per le nozze di S.A.R il Duca d'Aosta.

2 Con T. riservatissimo personale 189 il 24 maggio Blanc comunicò a Ferrera: «Non faremo pubblico il divieto inglese prima del discorso della Corona>>. 125 1 Annotazione a margine: <<Dettato dal ministro>>.

2 Cfr. n. 114.

Non risponderò al conte Tornielli prima di avere ricevuto i riveriti ordini di Sua Maestà3 . È superfluo osservare che la differenza in confronto del procedimento seguito dal duca d'Aosta, la quale emergerebbe, qualora S.A.R. il Principe di Napoli evitasse il territorio francese, avrebbe inconvenienti, e che per altro il passaggio per la Francia, il quale implicherebbe gli stessi concerti per una visita al presidente che ebbero luogo in occasione del viaggio di S.A.R. il Duca d'Aosta, potrebbe essere male interpretato, stante la persistenza del Governo francese di cercare in questo momento occasioni che valgano ad attenuare l'effetto delle feste di Kiel.

124 1 Cfr. n. 118.

126

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

L. PERSONALE. Roma, 25 maggio 1895.

Spero di tutto cuore che ella ci aiuti a contenere le spese, di che si tratta nei documenti che oggi le mando, nei limiti che ci vengono imposti non da considerazioni politiche e parlamentari, ma da assolute necessità effettive. Gli avversari della politica coloniale da lei così brillantemente restaurata, coloro che vorrebbero si abbandonasse Adua, fanno correre voci insistenti secondo le quali non si osserverebbe nell'Eritrea il rigore di economia che si è costretti a riconoscere essere norma invariabile e talvolta crudele dei miei colleghi e mia; onde vi è una necessità assoluta di far prova del contrario, e di mantenere quel lustro eccezionale che diede alle nostre armi la facilità di agire con minor costo di qualsiasi altra amministrazione militare. Oltrecché quando simili ragioni non apparissero fondate rimarrebbe sempre l'impossibilità di ottenere di più dal collega del tesoro. Ma confido che ella anche nelle spese civili potrà far riduzioni sulle sue previsioni, e sarà in grado di far assegnamento sopra un vero aumento di entrate nell'esercizio '95-'96. Non le parlo delle cose del deposito di Napoli; è una dolente nota. Non v'ha dubbio per noi che si possa e si debba fortificare Adua, e che nelle posizioni occupate nel Tigrè possiamo ormai considerarci sicuri verso gli scioani anche quando venissero più tardi ad attaccarci. Ogni idea di abbandonare l'acquistato e l'occupato non può neppure per un istante essere ammessa da chicchessia. Appunto perciò avremmo vivamente desiderato, il presidente del Consiglio ed io, conferire con lei circa quistioni di massima che possono essere risolte, ora che per alcuni mesi non vi è più probabilità di aggressione neppure dalla parte dei dervisci; e non sappiamo abituarci all'idea di dover rinunciare a tal nostro desiderio. Ella vedrà se e quando potrà soddisfarlo. Avrà visto dal discorso del presidente quanto sia altamente apprezzata dal Paese l'opera sua e delle nostre gloriose truppe d'Africa. Ella può aver fiducia in Sartorius e considerarlo come un messo di eventuali cooperatori. A ciò alludeva il mio telegramma a lui relativo 1 .

125 3 Ma cfr. invece n. 114, nota l. 126 1 Cfr. n. 121.

127

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI 1

T. S.N. Roma, 26 maggio 1895 2.

Da telegrammi di ribassisti abbiamo scoperto che la pubblicazione del Figaro del plico Giolitti la cui importanza politica in Italia è stata sfatata, costà serve a scopo di borsa, tanto che furono fatte domande di vendite al ribasso. Vegga di provvedere affinché gli onesti sventino la manovra e rimettano il mercato sulla retta via.

128

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI1

T. S.N. Parigi, 26 maggio 1895, ore 20,45 (per. ore 0,15 de/27).

Come scrissi ieri agli esteri, pubblicazione Figaro2 produsse qui soltanto impressione di sorpresa che vi fossero stati chi avessero speso somme tanto importanti per conseguire così scarsi effetti. Persone che conoscono bene stampa parigina e sua influenza, mi confermarono in questa opinione. Un'altra pubblicazione di oggi stesso della medesima origine nello stesso giornale non avrà maggior effetto. Ribassisti cercheranno profittarne, ma il ribasso di questi ultimi giorni, che colpì tutti i valori, ebbe altre cause d'indole generale, alle quali non è estranea la votazione per la commissione del bilancio francese. Iersera i corsi della rendita italiana erano già rialzati considerevolmente e si manterranno se esito delle elezioni assicura stabilità Governo.

129

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. 20257/429. Roma, 27 maggio 1895.

Ho ricevuto il rapporto del 22 maggio n. 1396/4351 col quale V.E. mi ha riferito il primo suo colloquio col nuovo ministro degli affari esteri. Le dichiarazioni fattele dal conte Goluchowski che egli avrebbe seguito la via tracciatagli dal conte

2 Privo di ora di partenza. Si inserisce qui poiché il n. 128 risponde a questo telegramma. 128 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi.

2 Cfr. n. 127. 129 1 Cfr. n. 119.

Kalnoky in ogni cosa e specialmente in quanto riguarda la fedeltà alla Triplice Alleanza, l'amicizia verso l'Italia e le intime relazioni fra i due Paesi sono riuscite particolarmente gradite al Governo del re, il quale le accoglie con perfetta reciprocanza di sentimenti e di intenti. Ed io la prego di confermarne a S.E. la piena assicurazione2 .

127 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi.

130

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. PERSONALE URGENTISSIMO 198. Costantinopoli, 28 maggio 1895, ore 12,16 (per. ore 13,20).

Mi riferisco al rapporto riservato n. 540 del 25 corrente1 . Risposta Calice poco soddisfacente fa temere che le Potenze della Triplice Alleanza non parteciperanno al controllo delle riforme in Armenia. Prego vivamente V. E. di voler telegrafare a Nigra ed a Lanza telegramma qui appresso concertato da me coll'ambasciatore d'Inghilterra. Abbia fiducia in me non potendo darle ampie spiegazioni per telegrafo. Telegramma a Nigra ed a Lanza: «Italia, Austria e Germania non avendo preso parte finora alla commissione di Musch ed alla proposta delle riforme noi non ci proponiamo ingerirei nella questione armena in quanto concerne le due fasi sopra menzionate, ma siamo di parere che se le riforme saranno adottate dal sultano, Italia, Austria e Germania dovranno affermare il loro diritto di prender parte ad ogni misura di controllo che sarà esercitata dalla Russia, Francia ed Inghilterra. Voglia pregare Governo imperiale di dare istruzioni alla sua ambasciata a Costantinopoli di manifestare tale modo di vedere e di concertare colla nostra ambasciata nell'intelligenza che Italia, Austria e Germania eserciteranno o non tale diritto di ingerenze a loro scelta, se, come, e quando ciascuna di esse lo crederà opportuno». Ambasciatore d'Inghilterra consiglia urgentemente invio tale telegramma ma non avendo avuto istruzioni dal suo Governo il suo nome non deve essere menzionato. Egli crede che per quanto concerne la Turchia la Triplice Alleanza non esiste più. Sultano intimidito dall'ambasciatore d'Inghilterra ha abbandonato progetto di controproposte e sembra che accetterà domani o giovedì progetto di riforme dei tre ambasciatori con qualche modificazione. Dicesi che un'insurrezione avrà luogo fra giorni in Macedonia. Prego V. E. di far partire immediatamente vice console per Monastir. Aspetterò con ansietà risposta di

V. E. a Terapia 2 .

2 Per la risposta cfr. n. 133.

129 2 Con R. 1498/461 del 5 giugno non pubblicato, Nigra comunicò di aver eseguito queste istruzioni. 130 1 R. 1323/540, non pubblicato.

131

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1330/544. Costantinopoli, 29 maggio 1895 (per. il 5 giugno).

Ieri, dopo un colloquio col barone Calice, spedii all'E. V. il telegramma del quale trascrivo i gruppi delle cifre nel foglio qui unito (allegato 1)1•

La sostanza delle cose dettemi dal barone Calice fu che egli non è in grado di mettersi in comunicazione col conte Goluchowski circa la partecipazione o la non partecipazione dell'Austria-Ungheria e dell'Italia al controllo che le altre Potenze eserciteranno sulle riforme che saranno promulgate in Armenia. Parlerà della cosa (soggiunse) al conte Goluchowski, di viva voce, quando si recherà in licenza a Vienna fra due o tre settimane.

Una tale dichiarazione, nella presente urgenza di preparare e di provvedere, equivale ad un rifiuto, e potrebbe indicare che, secondo le opinioni del Gabinetto di Vienna, l'Austria-Ungheria e l'Italia dovranno astenersi dal controllo delle riforme, come si astennero dal pigliar parte all'inchiesta di Mush. In tal caso, una modificazione essenziale sarebbe introdotta, a mio credere, nell'esercizio delle autorità delle Grandi Potenze in Oriente: da una parte la Francia, la Russia e l'Inghilterra vi spadroneggeranno; dall'altra l'Italia, l'Austria-Ungheria e la Germania reciteranno la parte di amici del Governo ottomano, senza aver nemmeno balia di proteggerlo; innocui spettatori degli eventi.

La cosa è talmente singolare che, per quanto concerne l'Austria-Ungheria, non può spiegarsi altrimenti che come effetto di un errore di opinione, o di un disegno preconcetto contro l'Italia, o di qualche intelligenza segreta col sultano riguardo alla Macedonia.

In ogni modo, l'astensione dal controllo delle riforme danneggerebbe gravemente l'Italia.

In Oriente, come per ogni dove, chi si astiene deroga. Chi non opera non è. Noi non possiamo ammettere che l'Italia abbia minori diritti della Francia in quell'Impero ottomano che dovrà essere il campo della nostra azione.

Il controllo permanente delle riforme è una nuova mossa iniziale nel diritto pubblico; un intervento così ardito che lo stesso Congresso di Berlino non osò regolarlo.

In vista dell'inerzia del barone Calice, in mancanza di un ambasciatore di Germania, io non ho potuto fare altro assegnamento che sull'ambasciatore d'Inghilterra, che richiesi di consiglio. In venticinque anni che io lo conosco, non ho mai avuto alcun sospetto della sua sincerità. Egli partecipò a tutte le mie apprensioni: egli giudicò come me che la questione non si può comporre dagli ambasciatori, ma bensì dai Governi interessati, e che era indispensabile far capo all'E.V. Insieme a lui compilai il telegramma che, a parer mio, dovrebbe essere spedito (in quella forma più acconcia che l'E.V. giudicasse opportuna) a Vienna ed a Berlino.

La cosa è gravissima se mai ve ne fu, e non si riferisce soltanto all'Armenia od all'Impero ottomano. Si tratta di sapere se la Triplice Alleanza è o non è.

Egli mi confidò aver scritto già da qualche tempo a lord Kimberley le parole seguenti: «Per quanto concerne Costantinopoli, la Triplice Alleanza is in abeyance». E non v'è dubbio che analoghe informazioni sono state date, probabilmente sin dal dicembre scorso, dagli ambasciatori di Francia e di Russia a Parigi ed a Pietroburgo; e che il sultano, sin dal dicembre scorso, è consapevole delle condizioni in cui ci troviamo.

Nell'importantissima comunicazione segreta, scritta il 12 febbraio scorso di pugno dell'E.V. 2 trovo le parole seguenti: «La France a obtenu que la Turquie nous exclùt de l'enquète arménienne».

Non v'è dubbio che la Francia abbia cooperato a tale scopo ma essa, da sola, non vi sarebbe mai riuscita.

In pratica, noi non dobbiamo alla Francia, ma all'Austria-Ungheria l'essere stati esclusi dall'inchiesta armena. Tutti i miei rapporti del dicembre e del gennaio scorsi confermano ciò che io ora ripeto dopo cinque mesi.

Fu il conte Kalnoky che dichiarò 1'11 dicembre 1894 (senza aver consultato i Governi alleati) all'ambasciatore d'Inghilterra a Vienna «che l'Austria-Ungheria si asterrebbe dal reclamare il diritto di partecipare all'inchiesta per non dare ad essa un carattere europeo» (rapporto 1331!558, 17 dicembre 1894)3 .

Fu il conte Kalnoky che si rifiutò di fare alcuna comunicazione a Pietroburgo in favore del! 'Italia, e fu in seguito ad informazioni venute da Vienna che il principe Radolin si astenne dall'insistere presso Said pascià per fare invitare l'Italia all'inchiesta. Il sultano era in favore del nostro intervento ad Erzerum, nella speranza che in un probabile disaccordo fra i delegati francesi ed italiani l'inchiesta andrebbe a vuoto.

La nuova e più importante questione che si presenta oggi sarà una prova dei disegni dell'Austria-Ungheria. Quanto al Gabinetto di Berlino, non avendo esso alcun interesse nell'Impero ottomano, seguirà probabilmente la politica di Vienna.

131 1 Cfr. n. 130.

132

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1702/519. Parigi, 29 maggio 1895 (per. il l° giugno).

In una visita che lord Dufferin fece al signor Hanotaux il 22 di questo mese, fu consegnata qui una nota del Governo inglese con la quale fu messo in sodo che il divieto di transito per le armi e munizioni da guerra esiste a Zeila e vi è mantenuto senza veruna eccezione in favore di chicchessia. Benché il mio collega britannico mi avesse preceduto in quel giorno all'udienza settimanale di questo

signor ministro degli affari esteri, quando io entrai da quest'ultimo non lo trovai preparato a ripigliare con me la discussione circa la analoga proibizione da decretarsi ad Obock. Lo scritto lasciato dall'ambasciatore britannico in mano del signor Hanotaux era in lingua inglese: questo signor ministro desiderava, prima di riprendere con me i colloqui avuti precedentemente circa il transito delle armi, meditare i termini della comunicazione fattagli poco prima1 . Se apparisse qualche urgenza di trattare di ciò, senza aspettare il prossimo nostro incontro ebdomadario, il ministro me ne avrebbe informato, dandomi apposito appuntamento per continuare la trattativa.

Trascorse l'intiera settimana, né io ricevetti alcun avviso di recarmi presso il ministro. Vi andai oggi, giorno di consueto ricevimento e trovai totalmente sconvolto lo stato delle trattative. Il signor Hanotaux, secondo ciò che egli mi disse, era stato interrogato da vari Governi per sapere quale contegno avea preso di fronte alla comunicazione della circolare italiana, relativa alla delimitazione del territorio di Obock2• Pare che da qualcuno gli sia stato sussurrato che il non aver egli espresso formali riserve e comunicato alle Potenze la sua risposta al Gabinetto di Roma, costituiva un tacito assentimento a tutto ciò che in quella circolare era stato da parte nostra esposto. Questo ministro degli affari esteri ricordava con concitazione che egli aveva ricevuto da me il memoriale relativo alla delimitazione in uno spirito perfettamente amichevole; non aveva escluso che le questioni esposte in quel documento potessero essere riprese in esame fra i due Governi; avea fatto di tale ripresa una questione di opportunità poiché non avrebbe giovato alle relazioni dei due Paesi il ripigliare il negoziato ufficialmente senza avere la quasi certezza di pervenire ad un accordo; che egli mi avea però dichiarato, ed io dovea aver riferito al mio Governo, che molte delle cose esposte nello scritto da me consegnatogli, non potevano essere da lui ammesse senza diverse riserve e egli considerava quello scritto come una esposizione fatta dal punto di vista italiano, ossia unilaterale 3• Soggiungeva che ove io avessi omesso di trasmettere queste cose da lui dettemi, il mio Governo doveva esserne stato cionondimeno informato dal signor Billot. Quindi il ministro osservava che dal fatto di non avere stimato opportuno di rientrare nella trattativa sospesa e di avere ricevuto il memoriale nostro con una semplice generale riserva, non era nato in lui alcun impedimento ad accogliere le mie entrature per regolare praticamente e nel senso da me espostogli il divieto di transito di armi e munizioni dirette all 'Harar ed allo Scioa. Ma ecco che, anche per questo affare che in sostanza riguarda soltanto gli Stati che hanno territori attraverso i quali tale transito può accadere, il mio Governo avea diramato una circolare 4 a tutti i Gabinetti, molti dei quali erano venuti a chiedergli quale risposta la Francia intendeva dare. Egli credeva trovarsi in presenza di una situazione nella quale non voleva più muovere passo senza che prima intervenisse fra noi una amichevole ma chiara spiegazione. Se egli fosse stato

maggio, non pubblicato.

2 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 928, nota 5.

3 Cfr. in proposito ivi, n. 947 e nota 3 allo stesso.

4 Cfr. n. 45.

avvisato che il Gabinetto di Roma rimetteva anche ad altri Gabinetti il memoriale relativo alla delimitazione, egli non ci avrebbe lasciato fare da soli la storia del negoziato da un punto di vista unilaterale. Anche nel palazzo del Quai d'Orsay vi erano persone che non domandavano di meglio che rivangare documenti, appunti di colloqui e corrispondenze per redigere memoriali. Ma egli non comprendeva che cosa si poteva dedurre praticamente da scritti che esponevano soltanto il modo di scrivere la storia di una delle due parti senza il contraddittorio dell'altra. Eppoi egli, non avendo mai escluso la possibilità della ripresa del negoziato di delimitazione, ma fatto soltanto osservazioni circa la scelta del momento opportuno per siffatta ripresa, non si spiegava con quale scopo da parte nostra si erano notificati agli altri Governi i particolari delle trattative passate. Egli non poteva lasciare che questi rimanessero sotto l'impressione di una tacita sua accettazione di tutto ciò che è scritto nel memoriale e delle deduzioni che da parte nostra si fossero potute fare. Circa al transito di armi, dappoiché l'affare era pur esso stato messo davanti tutte le Potenze, egli, prima di andare oltre nella trattativa, dovea rendersi conto dello spirito nel quale noi avevamo agito. Fin qui egli avea creduto che queste trattative, attese anche le difficoltà che egli dovea vincere, dovessero essere unicamente intese ad evitare praticamente gli inconvenienti che noi avevamo segnalati senza che, da accordi stabiliti con intendimenti reciprocamente amichevoli, si potesse più tardi, in occasione di pubblicazioni di raccolte di documenti, ed ancor meno in comunicazioni scambiate con terze Potenze, conchiudere a concessioni di massima che soltanto possono essere fatte nel corso di una regolare trattativa.

Quando il signor Hanotaux ebbe finito di parlare, gli feci osservare che fra la comunicazione del memoriale relativo al confine di Obock con i protettorati italiani, da me fattagli in febbraio e la circolare relativa al commercio delle armi e munizioni da guerra con l'Etiopia, non vi era alcuna connessione. Il primo di questi due documenti era stato da me consegnato qui acciocché il Governo della Repubblica sapesse quale era la linea al di fuori della quale la nostra azione non si sarebbe estesa ed entro la quale invece questa intendevamo eventualmente esercitare. Il memoriale non chiamava nessuno giudice di quanto era occorso fra il mio Governo e quello della Repubblica francese. Le comunicazioni di quel documento, fatte a Gabinetti amici, non potevano quindi aver avuto altro carattere che quello informativo che era consuetudinario fra Governi che coltivano intimità di reciproche relazioni. A me non risultava che, dal fatto di avere il Gabinetto di Parigi espresso verbalmente le generiche riserve sovra il contenuto del memoriale senza avervi fatto una replica scritta, alcun mio collega ali' estero avesse cercato di fare deduzioni tendenti a far supporre Io assenso puro e semplice della Francia a tutto ciò che nel memoriale è scritto. II mio Governo avea conosciuto le riserve ed anche le dichiarazioni relative alla migliore scelta del momento per ripigliare la trattativa di delimitazione. Su questa questione io non ero più ritornato lasciando che il Gabinetto di Parigi rimanesse giudice della opportunità di ripigliare la trattativa od anche soltanto di procedere ad uno scambio preparatorio di idee per discernere se tale opportunità esiste. Io pensava in queste ultime settimane che, attesa la diminuita tensione che nei sentimenti dei due Paesi pareva aver esistito e che una parte della stampa sembrava essersi dato compito di mantenere, il momento in cui i due Governi avrebbero potuto esaminare pacatamente quali punti di divergenza li separano nelle questioni nascenti dal loro contatto in Africa, si avvicinava. Io aveva sperato anzi che durante le vacanze parlamentari, ormai vicine, si sarebbero potute avviare le pratiche preliminari di un'intesa che in sostanza è nello interesse ben inteso dei due Paesi.

Circa alla questione del transito delle armi io dovea pregare il ministro di rammentarsi che, dopo che io avea diggià insistito per l'assoluta proibizione di tale transito ad Obock, adducendogli buone ragioni per decretare tale divieto, gli venni ad annunciare che, in seguito ad informazioni ricevute dal. mio Governo, questi era venuto nella decisione di denunziare alle Potenze le audaci violazioni delle stipulazioni di Bruxelles relative alla tratta degli schiavi, violazioni che facevano decadere Menelik da qualunque titolo gli avesse potuto derivare dalla adesione da lui presentata, per tramite nostro, alle stipulazioni medesime. Era troppo chiaro che, come l'adesione di quel capo africano era stata presentata dall'Italia e comunicata a tutti i sottoscrittori dell'atto internazionale, così la denuncia che all'adesione suddetta toglieva ogni efficacia giuridica, doveva essere notificata a tutti i Governi interessati. Vi erano due cose da tenere in conto: la somministrazione del materiale bellico e il transito attraverso il territorio di terza Potenza. Tutti i Governi che praticano direttamente od indirettamente vendite di materiali da guerra, doveano essere avvisati di proibire gli acquisti per l'Etiopia. Relativamente al transito era evidente che la questione risguardava solamente i Paesi che hanno possedimenti territoriali attraverso i quali questo può essere eseguito. La dichiarazione fattami dal signor Hanotaux di essere disposto ad adottare gli stessi provvedimenti che gli inglesi avrebbero adottato a Zeila, avea reso necessario per noi di intenderei preventivamente con Londra. Ma in tutto ciò non vi era nulla che richiedesse spiegazioni. Né io comprendeva il motivo di sospettare che, in presenza di una dichiarazione fattaci ripetutamente di ammettere in massima che la questione di delimitazione dovrà pure essere in momento opportuno rimessa allo studio, vi sia chi voglia architettare un complesso di cose per trame conclusioni indirette relativamente a presunti taciti assensi. La circolare che denunzia la condotta di Menelik ed invoca l'applicazione contro di lui delle disposizioni dell'Atto di Berlino non reca la consueta formala relativa alla consegna della copia se è desiderata dal Governo presso il quale la comunicazione viene eseguita. Io non avea stimato dovere rimettere copia di uno scritto che, in parte conteneva cose già da me esposte nelle trattative ed in parte cose che poteva esporre con maggiore insistenza verbalmente. Non conteneva la circolare cosa alcuna che io nei ripetuti nostri colloqui non avessi detta e ridetta al signor ministro degli affari esteri. Dappoiché però, dal fatto di aver alcuni miei colleghi comunicato il testo della circolare ad altri Governi, sembrava essere nata nell'animo del signor Hanotaux una impressione che non avea fondamento nella verità delle cose, io mi consideravo autorizzato a rimettergli subito la copia della circolare stessa. Egli vedrebbe in ciò la prova manifesta che l'impressione cagionatagli dalle interrogazioni pervenutegli da altri Gabinetti, o fors'anche fatta nascere dalle interrogazioni stesse, non avea alcuna ragione di essere. Sul finire della mia replica chiesi ripetutamente al signor Hanotaux se egli intendeva ritirare o mantenere l'impegno di applicare ad Obock i provvedimenti che l'Inghilterra avea adottati a Zeila. Il signor Hanotaux disse a me essere noto che il divieto di fare in Francia il commercio delle armi esisteva contro tutti e quindi anche contro l'Etiopia; che relativamente al transito egli mi avrebbe risposto dopo di aver preso notizia del testo della circolare comunicata ad altri Gabinetti. Poscia questo signor ministro rientrò nella esposizione già fattami a più riprese delle speciali difficoltà che egli deve vincere in questo affare. Si tratta di revocare un decreto presidenziale proposto dal ministro del commercio. Bisogna che la abrogazione si effettui nella medesima forma. Vi è tutto un atteggiamento anteriormente preso da altri ministri suoi predecessori in questo affare e egli non potrebbe, senza esser fondato in buone ragione, dare ad ognuno di essi il diritto di chiedergli conto del mutamento. Egli poteva riesaminare con noi le cose, trattare, arrivare a una soddisfacente conclusione. Non poteva lasciar credere di essersi ciecamente lasciato abbindolare in una trattativa passatasi a sua insaputa fra noi ed altri Governi.

Accertatomi che praticamente non vi era pericolo che durante la sosta, armi e munizioni transitassero ad Obock per l'Etiopia, mi ritirai promettendo l'immediato invio del testo della circolare, promessa che ho tenuto poche ore dopo.

Pare a me evidente che, anche in questo caso, vi sia stata l'azione di qualche Governo intesa ad impedire che il buon accordo si stabilisca negli interessi nascenti dall'essere il possedimento di Obock limitrofo con i nostri protettorati. Da alcune parole velate del signor Hanotaux mi dovetti accorgere che egli ebbe lo stesso pensiero e forse fu questo che lo determinò, nel corso del colloquio che fu lungo e per momenti abbastanza vivace, a desistere dall'atteggiamento che da principio egli avea sembrato voler assumere.

Le dichiarazioni relative all'intenzione di voler finire amichevolmente ogni pendenza furono da parte del signor Hanotaux delle più formali ed esplicite. In lui dominava manifestamente, sul principio del nostro colloquio d'oggi, la preoccupazione di essere condotto in queste trattative in una specie di tranello, nel quale gli si sarebbero voluti carpire taciti consensi ed adesioni. Chi possa aver sussurrato tutto questo ali' orecchio di questo ministro, in ogni cosa inclinato a mettere in prima linea l'interesse della sua posizione personale, io non saprei dire. Non tacqui al signor Hanotaux che anche a me importava che il mio Governo sapesse se in questo singolare ed inaspettato suo atteggiamento non si nascondesse il proposito deliberato di suscitare, appena chiusone uno, un altro incidente, in guisa da non arrivare mai ad alcuna conclusione. Noi avevamo messo la massima buona fede nella nostra trattativa, non bisognava che a Roma si potesse per esempio supporre che la Francia e la Russia si tengono mano per impedirsi l'una l'altra di chiudere questa vertenza con l'Italia. Protestò, in ciò udendo, il signor Hanotaux contro tale supposizione e con parole energicamente affermative mi dichiarò che se verremo a trattative per questo affare, nessuna considerazione d'ordine politico generale verrà a disturbarne il corso, né egli subirà influenza alcuna a tale riguardo estranea agli interessi speciali che saranno da contemplarsi.

Ora io aspetto di sapere quale accoglienza vorrà fare il signor Hanotaux alla comunicazione del testo scritto delle cose da me già più volte dettegli a voce.

Mi pare probabile che egli voglia formolare in uno scritto le riserve relative alla memoria da noi rimessagli circa la delimitazione. Difficilmente egli dimetterà il pensiero di far rimettere ai Gabinetti, ai quali comunicammo il nostro, il memoriale suo. Quando conosceremo i termini di esso, potremo prevedere il seguito ed il fine di questo spinoso affare.

131 2 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 914. 3 Cfr. serie V, vol. XXVI, n. 748 e nota 2 allo stesso.

132 1 Il contenuto di questa prima parte del rapporto era stato trasmesso da Tornielli con T. 957 del 22

133

IL SOTIOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 190. Roma, 30 maggio 1895, ore 18,30.

Non crediamo che Germania e Austria-Ungheria ci seguano nell'atto di generosità verso l'Inghilterra di venire in suo aiuto senza che il suo ambasciatore a Costantinopoli consenta neppure a domandarlo, È più probabile che i nostri alleati lascino il Gabinetto Rosebery fare sino all'estremo l'esperienza del torto che ha di appoggiarsi a Francia e Russia anziché alla Triplice Alleanza. Forse anche crederanno meno confacente a Potenze di primo ordine il cercare di far la parte di controllori di riforme al cui studio non hanno partecipato. Malgrado queste considerazioni posso trasmettere il suo progetto di telegramma 1 a Berlino e Vienna, ma quale proposta personale di V. E., aggiungendo che crediamo V. E. desiderosa di rendere servizio al suo collega inglese.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CONFIDENZIALE RISERVATISSIMO 204/102. Pietroburgo, 1° giugno 1895 (per. il 7).

Per quanto riesca ingrato alle persone che hanno l'onore di rappresentare il R. Governo di scrivere dei rapporti poco confortanti, io credo stretto dovere degli agenti diplomatici di dire tutta intiera la verità, e di non pretendere di farla leggere tra le linee. Riferirò dunque schiettamente la prima impressione qui riportata, ed essa è che l'Italia non gode purtroppo alcun favore presso le persone che dirigono la politica imperiale, e non si tralascia di approfittare di qualsiasi occasione per farci cosa sgradevole. Il rancore di vederci associati alla forte alleanza dei due Imperi dell'Europa centrale, che impedisce adesso alla Russia la conquista di Costantinopoli, il pensiero, molestandoci, di far cosa bene accetta alla Francia, sono forse i moventi di siffatta politica; ma sarebbe vana illusione di disconoscerla o di volerla prendere con leggerezza. Per quanto i nostri diplomatici ricevano gentilezze non dubbie dalla società di Pietroburgo, ed in confronto degli altri colleghi godano di una situazione invidiabile, la loro posizione ufficiale è molto difficile, i loro rapporti col Ministero degli affari esteri e colle autorità russe oltre ogni dire scabrosi. Arrivato da pochi giorni a Pietroburgo, ho già avuto occasione di fare

parecchie conoscenze in questa città, e sono entrato ali 'Yacht Club, che è il circolo più distinto della capitale. Io conserverò gradita memoria delle cortesie assolutamente eccezionali che mi si fanno; ma allorquando dall'Yacht Club e dai saloni di Pietroburgo passo nelle sale dei ministeri, provo subito la sensazione di trovarmi in Paese straniero e poco benevolo.

Col mio rapporto del 29 u.s. n. 194/961 ho riferito a V. E. l'accoglienza decisamente sgarbata fatta alle nostre proposte di negoziati commerciali. Mi riuscì impossibile d'avere la minima risposta dalla Cancelleria imperiale, e l'attitudine inqualificabile del ministro delle finanze mostrava chiaramente il partito preso di non voler trattare con noi, ritenendo senza dubbio di fare in tal modo cosa grata a Parigi. In un Paese dove si eccede nelle forme, basti a dire che il ministro suddetto, dopo il suo brusco colloquio, non ha avuto nemmeno la cortesia elementare di mandarmi una sua carta di visita!

Senza dare troppa importanza al contegno di M. de Witte, e riconoscendo che il principe Lobanow ed il signor Chickine sono corretti nei loro rapporti con me, debbo aggiungere tuttavia ch'essi non si mostrano benevoli verso il R. Governo. Come era mio stretto dovere, e come fecero tutti i capi missione, io mi recai mercoledì scorso dal ministro imperiale degli affari esteri a felicitarlo in occasione del suo giubileo. Era appunto in quel giorno arrivata ai giornali di Pietroburgo la notizia delle elezioni italiane e della forte maggioranza riportata dall'an. Crispi. La cordialità più banale avrebbe dovuto suggerire al principe Lobanow qualche parola di congratulazione per tale risultato, in risposta alle mie felicitazioni: ma S. E. si guardò bene dal toccare un tale argomento e dal fare la minima allusione al nostro Governo. Quell'alto personaggio che altra volta mi lasciò l'impressione di persona discorsiva e piena di bonomia, ascolta adesso puramente e semplicemente le mie comunicazioni, vi risponde quello che crede, ma non entra mai di sua iniziativa in discorsi politici, com'è pure l'abitudine generale dei ministri degli affari esteri coi diplomatici che si recano a visitarli.

È nota infine al R. Governo l'acrimonia dei giornali russi nelle questioni africane non solo, ma in tutto ciò che concerne l'Italia. Né vale a scusarla l'osservare che taluni di essi, come per esempio la Novoe Vremia sono pagati dalla Francia; giacché senza la connivenza formale delle autorità imperiali, in questo Paese autocratico e dove la stampa è sottoposta alla più rigorosa censura, a nessun giornale sarebbe permesso d'oltraggiare e vilipendere per sistema un Governo amico.

Altri fatti, avvenuti anche prima del mio arrivo, potrei citare a V. E.; ma credo meglio astenermene per non entrare in pettegolezzi. Io non posso dire se una conoscenza più intima dei ministri imperiali, che verrò facendo col prolungarsi del mio soggiorno a Pietroburgo, modificherà queste prime impressioni: quali oggi sono, esse m'impongono di mettere in guardia il R. Governo.

La Russia si trova nella condizione felice di non aver nulla a temere da chicchessia, per poco solo che voglia moderare la sua bramosia di conquiste. Il vastissimo territorio dell'Impero è fertile, ricco di miniere, solcato in ogni senso da fiumi navigabili, e adesso da strade costruite facilmente e con poca spesa. La numerosa popola

zione (d'oltre 80.000.000) trova ampiamente lavoro nella coltura dei campi non solo, ma benanche nelle industrie, grazie ad un savio protezionismo mantenuto a dispetto delle formule dottrinarie; e per quanto la concorrenza dei grani americani abbia portato nocumento all'agricoltura, non è men vero che basta a conservarla in condizioni discrete il fatto solo che l'enorme popolazione dell'Impero vive esclusivamente dei prodotti del suolo russo.

Mancando da dodici anni da questo Paese, io sono rimasto colpito dal benessere generale sempre crescente di questo popolo, che vive felice sotto un Governo, il quale, malgrado i suoi difetti, salvaguarda efficacemente gli interessi di tutte le classi. E sebbene in politica abbia dovuto frenare per ora alcune sue velleità, è evidente tuttavia che per quanto la Russia abbia interesse a tenersi amica ed ad apparire l'alleata della Francia, poco o nulla avrebbe a temere se in una prossima guerra rimanesse neutrale. Ed è perciò che la Germania da una parte e l'Inghilterra dall'altra non tralasciano d'accarezzare questo Governo per distaccarlo dall'alleanza francese. E sentendosi accarezzato e temuto dai forti, e detestando la combinazione delle Potenze centrali, è chiaro che l'Italia che fa parte di quell'alleanza e colla quale esso non ha interessi o legami, finisca per sopportare la parte maggiore dell'odio del Governo di Pietroburgo, il quale ciò facendo si ripromette pure d'incontrare gran favore a Parigi. Tutto questo potrà senza dubbio riuscirgli fatale perché radicandosi nelle masse e nell'esercito l'idea dell'alleanza francese, essa potrebbe un giorno fatalmente trascinarlo alla guerra. Ma i popoli slavi, come i latini, si lasciano guidare nella politica assai più dalla passione che dai freddi calcoli.

Senza fermarci troppo in simili ragionamenti, mentre è possibile che degli incidenti impreveduti e la stessa diplomazia siano bastanti a frustrarli, è importante pel R. Governo di tener bene in mente che siamo invisi a Pietroburgo e che la posizione politica del r. rappresentante, sia desso un ambasciatore od un modesto incaricato d'affari, sarà sempre scabrosa e difficile.

Così stando le cose, riuscirebbe vano qualunque appello a sentimenti migliori, e aggiungerebbe all'odio il disprezzo. Miglior politica sarebbe forse di accentuare ognor più i nostri rapporti colla Germania (prendendone occasione per esempio dalle feste di Kiel), in modo da provocare a Pietroburgo osservazioni e rimproveri, dei quali si potrebbe approfittare per esprimere le nostre lagnanze, sia relative ai negoziati commerciali rifiutatici, sia relative al contegno ostile della Russia nella questione abissina. Qualunque passo di questo genere sarebbe adesso di niun effetto, mentre il Governo imperiale nulla ci chiede e di nulla si lamenta con noi; ci detesta soltanto con tutto il cuore e procura continuamente di dimostrarcelo 2•

133 1 Cfr. n. 130.

134 1 Non pubblicato.

134 2 Lo stesso l o giugno Silvestrelli spedì il R. riservatissimo 205/103 di cui si pubblicano i passi seguenti: <<Se guardiamo... le varie fasi della politica russa nella questione abissina, dal 1889 al giorno d'oggi, non potremo a meno di scorgere che, malgrado vaghe ed insignificanti assicurazioni di non volerei creare imbarazzi, tale politica è stata sempre recisamente contraria ai nostri interessi... Così stando le cose, io debbo dichiarare in via subordinata a V. E., approfittando della latitudine che ha voluto !asciarmi, che riterrei conveniente ed opportuno di differire per ora qualunque colloquio col principe Lobanow o col signor Chichkine relativamente alla questione abissina. Si tratterebbe di far appello a sentimenti d'amicizia che più non esistono, di mendicare in certo modo dei favori che ci rifiuterebbero con grande soddisfazione, per quanto cercassero di velare il loro rifiuto colle solite frasi ambigue e banali>>.

135

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 1373/563. Costantinopoli, 2 giugno 1895 (per. il 10).

l. Prima di rispondere al telegramma dell'E.V. del 30 maggio scorso', mi sia lecito riferirle brevemente qual'è in questo momento la condizione dei rappresentanti della Triplice Alleanza in Costantinopoli.

2. -Sin dallo scorcio di dicembre scorso, gli ambasciatori di Francia, d'Inghilterra e di Russia hanno costituito una specie di conferenza permanente sugli affari dell'Impero ottomano. Essi sogliono riunirsi insieme due o tre volte per settimana. Lo scopo delle loro riunioni fu dapprima quello di mettere a riscontro le informazioni ricevute da ciascuno di essi da Erzerum. Quindi quello d'impartire istruzioni identiche ai delegati all'inchiesta; poi quello di elaborare insieme il disegno di riforme nelle provincie orientali dell'Asia Minore. 3. -Insensibilmente, com'era da prevedere, i tre ambasciatori hanno preso l'abitudine di discutere, oltre la quistione armena, tutte le quistioni d'interesse comune in Turchia e di deliberare sulla politica da seguire insieme, in ogni particolare faccenda.

L'utilità che ricavano da tal metodo di procedere, li induce a mettersi d'accordo, con abili compromessi, nelle quistioni attinenti ai principii generali. La politica non è teoria, né intransigenza: è arte pratica di transazioni.

Essi sono giunti poco a poco ad esercitare, in tal guisa, quell'autorità che ai tempi in cui l'E.V. si trovava in Costantinopoli, era esercitata dalle conferenze dei sei ambasciatori, allorquando, per avventura, i sei ambasciatori si trovavano dello stesso parere. Tale autorità, com'è noto all'E.V., in taluni casi è superiore a quella dello stesso sultano: ad ogni modo è la sola che può lottare colla volontà imperiale.

4. -I tre ambasciatori dichiarano poi apertamente essersi avveduti ch'è molto più agevole intendersi a tre che a sei; più facile mantenere il segreto. E quest'ultimo è difatti così ben mantenuto che, tranne il caso in cui per amicizia personale impartiscono ad un collega, a ritagli, qualche notizia incompleta, nulla trapela delle deliberazioni e delle decisioni prese nelle loro conferenze. I dragomanni delle tre ambasciate, seguono verso i loro colleghi, l'atteggiamento degli ambasciatori. 5. -I rappresentanti della Triplice Alleanza in Costantinopoli sono esclusi, come i rappresentanti delle Potenze minori, dalle suddette conferenze, e tenuti in ignoranza di tutto, se si eccettua la comunicazione che ottennero del progetto di riforme. 6. -Di tale esclusione e di tale ignoranza, il principe di Radolin si faceva un merito con il sultano e con il gran vizir. Sua Altezza soleva dichiarare che, tranne per conto di qualche impresa industriale, la Germania non aveva alcun interesse nell'Impero ottomano. Il barone Calice si fa lo stesso merito con il sultano e col ministro degli

affari esteri; ma, modificando alquanto le dichiarazioni dell'ex ambasciatore di Germania, proclama che l'Austria-Ungheria non ha alcun interesse nelle provincie asiatiche dell'Impero ottomano. Di tali dichiarazioni vi è chi piglia atto.

Il terzo rappresentante della Triplice Alleanza, l'ambasciatore d'Italia, non mena vanto dell'esclusione o dell'ignoranza in cui vogliono tenerlo. lo temo che la Francia, la Russia e l'Inghilterra, (principalmente le due prime) hanno il massimo interesse a continuare, esse sole, ad esercitare autorità; e credo accorgermi che la questione del controllo da esse proposto nella quistione armena, ne offrirà loro agio e sicurezza.

7. -Il mio scopo è semplice e chiaro ma i mezzi di cui dispongo sono insufficienti. Io desidero che l'Italia eserciti ostensibilmente in Turchia gli stessi poteri di controllo esercitati dalla Francia, dalla Russia e dall'Inghilterra; io bramo che il Paese mio non sia posto, rimpetto alla Francia, in una condizione palese d'inferiorità. Se mi fosse lecito manifestare tutto il mio pensiero, io paleserei che, in presenza degli interessi del Paese mio, poco a me cale degli armeni (altrettanto crudeli e barbari, ma più astuti dei turchi), poco a me cale che l'Austria e la Germania partecipino al controllo; poco che il Gabinetto Rosebery trionfi, o soccomba. 8. -Come appare da tutti i miei rapporti precedenti, il telegramma del 28 maggio 2 non è che la conclusione d'un lavoro assiduo e costante di settimane e di mesi affinché l'Italia partecipi alla conferenza o commissione permanente dei tre ambasciatori, costituita nel dicembre scorso, sotto il pretesto dell'Armenia; la quale diverrà certamente una specie di condominium della Turchia. 9. -È probabile che il mio telegramma, letto isolatamente, difetti di chiarezza, poiché esso non è che un riassunto ed un epilogo di cinque mesi di carteggio. Dal quale, se non m'illudo molto, risultano i punti seguenti:

a) né la Russia, né la Francia ammetteranno che l'Italia pigli parte al controllo delle riforme nell'Armenia, se l'Italia non ne fa richiesta accompagnata dalla Germania e dall'Austria e se la Triplice Alleanza non dichiarerà d'approvare l'inchiesta di Mush ed il disegno di riforme partecipato al sultano;

b) né l'Austria, né la Germania affermeranno il loro diritto di esercitare il controllo se non saranno lasciate interamente libere di non esercitarlo, per essere conseguenti alla professione di amicizia che hanno fatto al sultano;

c) che sebbene l'Inghilterra sarà lieta dell'appoggio della Triplice Alleanza, nella presente condizione delle cose, essa non ha mestieri che dell'appoggio della Russia; sia perché l'Austria e la Germania hanno dimostrato di parteggiare pel Governo ottomano, sia perché la Triplice Alleanza non ha mezzi di penetrare in Armenia, ciò ch'è facile soltanto alla Russia.

10. Né nel mio nulla io ho dato alcun peso al non avere contribuito alla compilazione del progetto delle riforme, ch'è un semplice estratto di un libro di legge, convinto che poco o nulla diverso, anche colla collaborazione mia, sarebbe stato il progetto comunicato al sultano l' 11 maggio scorso; ed incerto come sono se non sia più utile agli

armeni il costringerli a rendersi degni di riforme concesse progressivamente, di quanto sarebbe l'accordar loro ad un tratto un self-government che nelle loro condizioni semibarbare, nella singolare giacitura del territorio da essi occupato (in parte), potrebbe probabilmente, in seguito a disordini, offrir pretesto ad un'occupazione russa.

11. Non mi resta ora altro da sperare che le mie calde preghiere al barone Calice, che partirà fra breve in congedo, lo spingano ad indurre il conte Goluchowski a considerare se non sia miglior interesse dell'Austria-Ungheria affermare il suo diritto di partecipare al controllo, piuttosto che renderlo invalido non reclamandolo.

Mi resta anche a sperare nel «capitolo degli accidenti». Difatti, nel momento in cui sto scrivendo il presente rapporto, i dragomanni della r. ambasciata mi annunziano che per uno di quei subitanei mutamenti di opinione che hanno indole di follia, il sultano si accingerebbe a respingere il progetto delle riforme proposto dalle tre Potenze.

Un tale atto potrebbe essere di grande utilità per l'Italia rendendo forse necessaria una conferenza, nella quale avremo cura di ripristinare l'equilibrio delle influenze in Oriente, almeno quale era prima del dicembre 1894.

135 1 Cfr. n. 133.

135 2 Cfr. n. 130.

136

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1012. Costantinopoli, 4 giugno 1895, ore 7,10 (per. ore 9).

Contrariamente ad ogni aspettazione risposta sultano ai tre ambasciatori fu un rifiuto. Sua Maestà dichiara che le riforme da lui promulgate anteriormente saranno applicate a tutta l'Armenia, ma senza alcun controllo estero. Tre ambasciatori decisero ieri sera riferire risposta ai loro Governi ed aspettare istruzioni.

137

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 881. Roma, 7 giugno 1895, ore 12,45.

Dovendo presentare al Parlamento documenti relativi divieto armi per l'Etiopia dai porti britannici, prego V. E. di spedirmi rapporto pubblicabile circa contegno codesto Governo nella questione1 .

137 1 Tornielli rispose con T. 1031 dello stesso 7 giugno, che non si pubblica perché il suo contenuto è ripetuto più ampiamente nel n. 145.

138

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI

D. RISERVATO 21729/277. Roma, 7 giugno 1895.

Ho ricevuto i suoi importanti rapporti del 25 e 29 maggio1 .

La situazione che si va svolgendo nella questione armena è risultato naturale, e da questo ministero preveduto, dell'essersi il Gabinetto britannico associato negli affari d'Armenia, non già all'Italia e alla Germania, ma a due Potenze che evidentemente non partecipano all'azione inglese se non per intralciarla.

Fin che dura questa situazione sarebbe errore credere che io sia disposto a promuovere la realizzazione delle proposte russo-franco-inglesi con una azione navale o militare anglo-italiana, la quale, in simili condizioni, non potrebbe condurre che alle complicazioni gravi cui giustamente fece allusione con lei sir Philip Currie; mentre abbiamo il convincimento che, quando il Gabinetto britannico si appoggiasse veramente alla Triplice Alleanza, il gruppo così costituito saprebbe imporsi pacificamente al sultano. Epperciò non credo poter accogliere nemmeno il suggerimento di far passi presso i nostri alleati per la partecipazione del nostro gruppo al controllo di riforme, sulle quali non furono consultate né le regolari rappresentanze armene, né le altre Potenze firmatarie del Trattato di Berlino e specialmente l'Italia; riforme d'altronde alla cui accettazione da parte del sultano dubitiamo possa riuscire il gruppo russo-franco-inglese.

Merita certamente considerazione quel che V. E. riferisce circa l'opposizione dell'Austria-Ungheria contro la partecipazione dell'Italia allo studio ed all'attuazione di riforme in Armenia, che formerebbero precedente in Macedonia. Non negherò che la politica del conte Kalnoky, nei tempi in cui venne meno la solidarietà affermata nel 1887 tra l'Inghilterra ed il nostro gruppo, avendo ritenuto che a Vienna dovesse essere il centro di gravità della Triplice Alleanza per le cose del Mediterraneo e dell'Oriente, il risultato ne sia stato, da una parte, l'esclusione della nostra influenza dall'Oriente, e, dall'altra parte, l'indifferenza dei nostri alleati per gli interessi italiani in Africa; e che così in varie questioni, e specialmente nella questione armena, la politica austro-ungherese abbia coadiuvato cogli interessi russi e francesi ad escludere ogni cooperazione anglo-italiana. Non v'ha dubbio che queste tendenze, che prevalgono per un tempo nella complicata politica della Monarchia austroungherese, trovino facilità transitorie di esplicarsi nell'interesse che hanno l'Italia e la Germania di lasciare che l'Inghilterra faccia l'esperienza completa della sterilità dei suoi connubii con Parigi e Pietroburgo. Ma quando quella esperienza sia fatta, quando l'opinione inglese si sarà pienamente convinta, che gli interessi britannici possono e debbono far capo a Roma e a Berlino, non dubitiamo che ritorneranno attuabili le intelligenze del1887, ben conosciute da V. E.; e che per iniziative anglo

italiane, cui non mancherà allora l'appoggio della Germania, si potrà coi mezzi pacifici cui ora desideriamo sia possibilmente ristretta la nostra azione, far prevalere finalmente a Costantinopoli un sincero avviamento a quanto richiedono l'umanità, l'ordine e la pace in Oriente 2 .

138 1 Cfr. n. 130, nota l e n. 131.

139

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. RISERVATISSIMO 21733/503. Roma, 7 giugno 1895.

Ho ricevuto i suoi rapporti sino a quello del 29 maggio u.s. 1 cui specialmente mi riferisco.

Come io dichiaravo a V. E. nel mio dispaccio del 20 febbraio u.s. 2 , abbiamo voluto, nelle due questioni che riassumono le difficoltà esistenti tra la Francia e noi cioè la questione africana e la questione commerciale -non già intavolare negoziati, alla cui riuscita i ministri francesi e lo stesso ambasciatore di Francia in Roma dichiaravano che l'opinione pubblica in codesto Paese è contraria finché dura laTriplice Alleanza, ma porre in piena luce la rettitudine nostra in una politica conciliante ed estranea ad ogni questione d'indole irritante. Perciò abbiamo comunicato a tutte le Potenze firmatarie degli Atti di Berlino e di Bruxelles gli stessi documenti che autorizzavamo V. E. a comunicare al Gabinetto di Parigi, e con ciò davamo una prova di più della schiettezza e della lealtà che ci ispirano.

Quando l'Inghilterra, prima di procedere alla definitiva formulazione in massima del divieto d'importazione delle armi e munizioni da guerra per l'Etiopia dai porti del suo protettorato del golfo di Aden, desiderò che la Francia disponesse altrettanto per Obock e Gibuti, e quando il signor Hanotaux dichiarò che «in quella Colonia francese si sarebbero applicate in riguardo al commercio delle armi e delle munizioni le stesse norme che gli inglesi adottano a Zeila ... (vedi rapporto l o maggio 1895) 3 » noi aspettammo, senza intrometterei, il risultato del negoziato anglo-francese.

resse il dispaccio da V. E. diretto il 7 corrente al r. ambasciatore in Costantinopoli circa la situazione che va svolgendosi nella questione armena. Le considerazioni svolte da V. E. circa la condotta d eli 'Inghilter ra sono quelle appunto che anche qui alla Wilhelmstrasse si fanno. Il Governo imperiale non dubita che non solo la Turchia non avrebbe sì esplicitamente declinato le proposte di riforme in Armenia elaborate dai tre ambasciatori se avesse saputo di ritrovare veramente concordi e decise a reclamarne l'esecuzione le tre Potenze, ma ritiene che il rifiuto opposto dalla Sublime Porta sia avvenuto per secreto suggerimen to avutone da Pietroburgo>>. 139 1 Cfr. n. 132.

2 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 928.

3 Cfr. n. 79.

Abbiamo preso atto del divieto formale ordinato dal Governo inglese; ed ora aspettiamo che V. E. ben voglia farci noto quanto possa essere recato a cognizione del Parlamento circa il contegno del Governo francese in tale questione.

Non esaminerò se il concetto ispiratore delle varie disposizioni successivamente dimostrate dal signor Hanotaux debba ricercarsi nel desiderio da lui espresso «che venisse esteso il negoziato a tutto il litorale anche del Mar Rosso». Né vogliamo interpretar ciò nel senso che siena tuttora vive a Parigi le reminiscenze del 1885, quando il Governo francese ci dichiarava che la Francia per Obock e l'Italia per Assab dovevano provvedere ad un interesse comune nel Mar Rosso e nel canale di Suez, l'occupazione di Massaua potendo giovare all'Italia ed alla Francia per rientrare in Egitto, in vista di un condominio in tre.

Comunque, non essendo dimostrato che il Governo francese abbia rinunciato a tali esigenze verso di noi, mentre mantiene apertamente un contegno sfavorevole alla posizione dell'Inghilterra in Egitto, non sfuggiranno alla perspicacia dell'E.V. le considerazioni di prudenza che informavano la posizione da noi presa colle istruzioni del 20 febbraio, posizione dalla quale non abbiamo deviato, né intendiamo deviare.

Quanto precede ha per iscopo, non di sollevare verso la Francia divergenze retrospettive ed inopportune, ma di chiarire bene che non è dipeso e non dipende da noi se non si può venire col Governo di Parigi a conclusioni concrete nelle due suaccennate questioni, commerciale e africana, nelle quali l'opinione francese persiste sfortunatamente ad introdurre il casus foederis che vi è assolutamente estraneo; mentre si è viemmeglio esplicata e si esplica, invece, la piena intelligenza tra i Governi di Roma e di Londra.

138 2 Cfr. il seguente passo del R. riservato 776/308 di Lanza d eli' 11 giugno: <<Ho letto con molto inte

140

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. RISERVATISSIMO 21911/460. Roma, 7 giugno 1895.

Mi pregio di recare a sua notizia due dispacci scambiati tra il r. ambasciatore a Costantinopoli ed il r. ministero1 , prima che fosse nota l'opposizione del Governo ottomano all'idea d'un controllo di Potenze sull'attuazione delle riforme proposte per l'Armenia dai Governi britannico, francese e russo.

V. E. a tempo opportuno, ben vorrà illuminare il Governo del re sulla continuazione o meno della politica anteriore del Gabinetto di Vienna, alla quale nella quistione armena io ho dato, com'ella vedrà dal dispaccio qui unito, un'interpretazione più favorevole di quella che risulterebbe dalle impressioni degli ambasciatori d'Italia e d'Inghilterra in CostantinopolF.

140 1 Cfr. nn. 131 e 138. 2 Per la risposta di Nigra cfr. n. 157.

141

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. RISERVATISSIMO 21912/456. Roma, 7 giugno 1895.

Senza intavolare questioni inopportune, e all'unico scopo di necessaria informazione per eventuale norma del R. Governo, sarei grato a V. E. di tener presente il fatto che il conte Kalnoky disinteressò il Governo austro-ungarico, anche quale semplice firmatario dell'Atto di Bruxelles, dalla questione per noi tanto importante della inosservanza dei patti internazionali circa la schiavitù per parte dei ribelli al nostro protettorato in Etiopia, i quali si fanno forti dell'appoggio della Francia e della Russia e dell'indifferenza di qualche altra Potenza. Ella ben vorrà, all'occasione, informarci se, anche per quel riguardo, la politica del conte Kalnoky sarà continuata dal suo successore 1•

142

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

L. PERSONALE. Ghinda, 7 giugno 1895 (per. il 22).

*Sebbene alquanto sofferente per febbre, profitto di un breve riposo a Ghinda per inviarle due righe.* Sono qui col colonnello inglese Sartorius, col quale naturalmente mi trovo nei termini migliori.

*Egli ha inviato jeri una prima relazione al suo Governo nella quale parla dell'ordinamento della difesa coloniale e delle nostre truppe in modo favorevole ed è largo di elogi a chi governa ed agli ufficiali.* Dice che ad Aden gli era stato riferito come 160.000 abissini si riunissero ai danni della Colonia. Qui però egli si è formata la convinzione che, dopo le piogge, Menelik avanzerà contro di noi, ma che non potrà combatterci con più di 30.000 uomini.

È uomo molto intelligente e capace dal punto di vista militare. *Stamane non ha potuto celarmi il di lui dispiacere per l'inazione in Egitto, che attribuisce al partito politico ora prevalente in Inghilterra.* Egli intende ora recarsi per Saganeiti a visitare Coatit e poscia per Senafè sulle tracce del nostro inseguimento· ad Adigrat. Noi non abbiamo che a guadagnare. Più tardi andrà a Cassala.

gno. Per la risposta di Nigra cfr. n. 158. 142 1 Ed. in LV 92, pp. 75-76 e, con l'omissione dei passi fra asterischi, in LV 87, pp. 132-133 e in LV 91,

p. 38. Parzialmente ed. anche in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., pp. 128-129.

È ora evidente che la salda nostra occupazione dei territori oltre l'antica frontiera e il favore incontrato hanno sconcertato i piani di Menelik. *Come ella vede, io non lascio nulla di intentato per creargli ogni sorta di imbarazzi. Persico con Giannini sono partiti per l'Aussa; sono in relazione coi ras più potenti e coi magnati del clero; ricevo notizie da tutte le parti e ne diffondo a mio comodo. Ma il giuoco è serrato e qui i più sono pronti a voltar le spalle: e poi molti cercano di guadagnare tempo ed alcuni già studiano il modo di tradire ove si offra il destro. È tuttavia probabile che in pochi

o in molti si combatteranno fra loro e così scemerà il numero dei nemici.*

Ma sarebbe follìa fare assegnamento sull'incerto. *Se non si fa la pace con Menelik, * per la fine di settembre bisogna essere pronti ad una guerra *offensiva perché una guerra difensiva può avere in sé il germe dell'insuccesso. Così soltanto possiamo contare sulle alleanze e sulle lotte intestine.

lo non so se il Governo creda possibile una pace con Menelik od abbia buono in mano per tentarla. * Menelik teme, a quel che pare, la futura espansione nostra e dicono che contro di essa ora si sia rivolto alla **Russia; e forse egli potrebbe vedere di buon occhio la** 2 pace. Ma su quali basi? Possiamo noi cedere il territorio conquistato? Possiamo noi trattare col ribelle reduce dai Voliamo con migliaia di schiavi? lo sacrificherei tutto al pacifico svolgimento della Colonia; ma mi pare che una simile pace, a scapito del prestigio politico, militare, territoriale, a scapito di tutti gli odierni nemici dello Scioa, rimetterebbe la partita ad un periodo anche più difficile di questo e costerebbe al Paese enormi sacrifici di più. *Ma bisogna decidersi. Fortunatamente le elezioni lasciano il Ministero signore della situazione in Italia come in Africa. Tre

o quattro mesi volano: e noi avremo qui a fare con un grande numero di nemici. Io poi sento necessità di avere netto il volere del Governo per poter sempre agire coll'energia e fermezza indispensabili per raggiungere lo scopo.

Attribuisca alle mie condizioni fisiche la scucitura di questa lettera, che tuttavia mi pare rispecchi la situazione.*

141 1 Il dispaccio fu comunicato all'ambasciata a Londra il15 giugno e all'ambasciata a Berlino il16 giu

143

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. RISERVATISSIMO 21928/457. Roma, 8 giugno 1895.

Come l'E.V. rileverà dal rapporto documentato che qui unito le trasmetto in copia\ tanto la r. agenzia in Sofia, quanto la r. ambasciata in Costantinopoli ebbero recentemente a ricevere, per parte del Governo bulgaro, premurose e significanti aperture in ordine ad un argomento che sta vivamente a cuore a quel Governo, all'allac

si acconciasse alla>>. 143 1 R. da Costantinopoli del 14 marzo, non pubblicato. Sull'argomento cfr. anche serie Il, vol. XXVI, nn. 643 e 655.

ciamento, cioè, delle ferrovie bulgare colla rete ottomana ed al proseguimento delle ferrovie stesse fino alla sponda dell'Adriatico.

L'importanza che avrebbe per noi la realizzazione di tale progetto, specialmente per la seconda sua parte, non ha bisogno di dimostrazione. Sono evidenti gli interessi d'ordine commerciale a noi speciali, e quelli comuni all'Austria-Ungheria e a noi, per la conservazione, e lo sviluppo pacifico delle popolazioni balcaniche, che verrebbero favoriti da una diretta comunicazione ferroviaria, la quale aprisse a relazioni normali i porti di poche ore discosti dal nostro litorale.

L'indurre la Sublime Porta ad accordare una concessione quale la Bulgaria e l'Italia la desiderano troverà troppo facilmente ostacolo negli intrighi e nelle resistenze di quanti avversano generalmente, e più specialmente in quella regione, la nostra legittima influenza. In questa occasione l'Austria-Ungheria dimostrerebbe la sua solidarietà nei comuni interessi appoggiando validamente presso il Governo ottomano il desiderio che la Bulgaria e l'Italia fossero per manifestare di dare alla questione, che interessa entrambe le Potenze, sollecito e favorevole assetto.

Il concorso dell'Austria in queste trattative presuppone però che, coll'avvenuto mutamento del titolare nel Ministero degli affari esteri della Monarchia, si sia anche modificato il contegno di poco favore, che fu costì sempre ed evidentemente dimostrato, per un normale sviluppo nelle relazioni economiche fra gli Stati balcanici e la costa dell'Adriatico più vicina alla nostra.

Egli è perciò che io lascio all'E.V. di giudicare del modo che sia opportuno e propizio alle entrature, che è dover nostro tentare a Vienna per corrispondere al giusto desiderio manifestatoci da Sofia 2•

142 2 In L V 87 e in L V 91, invece delle parole fra doppi asterischi: <<Europa. Dato poi anche che Menelik

144

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. 21936/458. Roma, 8 giugno 1895.

Nelle mie conversazioni private con questo ambasciatore di Germania, che mi pare esattamente informato della politica seguita, a nostro riguardo, dal conte Kalnoky, ebbi l'impressione non essere impossibile che il conte Goluchowski prenda, secondo le circostanze, un interesse più marcato a quanto può rendere più effettivi e più pratici i legami che esistono tra le due Monarchie. Perciò, ho creduto non potere a meno, ora che sono riunite le delegazioni, d'informarla del punto di vista dal quale il presidente del Consiglio ed io consideriamo come reale la possibilità di creare, anche nella pace, positive solidarietà fra i due Governi, secondo il motto del generale di Robilant, il quale diceva che le alleanze non sono guanciali su cui i Governi possano addormentarsi.

Tutto ciò è, naturalmente, riservato esclusivamente a lei.

143 2 Per la risposta cfr. n. 156.

145

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Parigi, 8 giugno 1895 (per. l' 11).

Profitto della partenza di Maffei che si ferma a Torino per mandarti questa lettera a mezzo di quella r. prefettura. Ieri ebbi il tuo telegramma!, con il quale m'inviti a mandare un rapporto pubblicabile 2 circa il contegno del Governo francese nella questione del transito delle armi dirette all'Etiopia. Mi misi tosto all'opera ed il rapporto partirà il più presto possibile. Il Liebig del carteggio avuto, digeribile da tutti gli stomaci, mi piglierà però qualche tempo perché riesca conforme a verità senza suscitare incidenti che potrebbero distruggere il po' di bene ottenuto negli ultimi tre mesi e ripristinare la tensione che tende a scomparire nei rapporti fra di noi e la Francia.

Prima però di pubblicare il rapporto di cui affretterò la compilazione, vorrei che tu esaminassi per bene la questione preliminare della opportunità di una prossima pubblicazione in una questione tutt'ora aperta. A te per certo non insegno che le pubblicazioni che si fanno in pendenza di trattative diplomatiche hanno sempre un carattere speciale. Talvolta sono fatte allo scopo di dichiarare pubblicamente esaurite le pratiche conciliative e quasi per chiamare la pubblica opinione giudice della inutilità degli sforzi fatti per raggiungere il componimento equo di difficoltà internazionali. Talaltra volta l'intento pare sia quello di esercitare una pressione sul Governo che esita a pronunciarsi provocando con le pubblicazioni le manifestazioni del Paese al quale quel Governo presiede. All'infuori di questi casi, e quando si vuole raggiungere il fine pratico al quale mirano le trattative, si ha generalmente riguardo piuttosto agli inconvenienti delle divulgazioni circa le medesime, che ai vantaggi d'indole interna che ne possono derivare.

Ora, se io non m'inganno, le dichiarazioni verbali, ma abbastanza chiare e frequentemente ripetute del ministro francese degli affari esteri, non ci permettono di considerarlo come assolutamente mal disposto a regolare equamente le difficoltà che sono venute da anni accumulandosi e che formano in complesso il garbuglio africano nei nostri rapporti con la Francia. In sostanza, pur riservando la discussione di alcuni punti di diritto, il signor Hanotaux non ha palesato animo contrario ad una intesa regolatrice di quelle questioni. Nelle sue conversazioni con me, è ritornata frequentemente ad affacciarsi in lui l'idea molto semplice che convenga evitare presentemente e finché il miglioramento sensibile prodottosi nel sentimento reciproco dei due Paesi non abbia prodotto tutto il buon effetto desiderabile, le discussioni di affari italiani nelle Camere francesi per non dare motivo a coloro che tale miglioramento contrastano di creare imbarazzi e di suscitare malintesi. Più di una volta il signor Hanotaux mi ha ripetuto che dalle intempestive divulgazioni sono create delle situazioni che impegnano l'amor proprio ed il sentimento che giova tenere all'infuori dallo esame amichevole delle vertenze internazionali. Se le parole che io odo qui hanno il significato che

debbono avere, mi pare di essere autorizzato a ritenere che, se nessun dispiacevole incidente verrà a turbare il progressivo miglioramento delle disposizioni reciproche dell'opinione pubblica in Francia ed in Italia, a Parlamento chiuso, il signor Hanotaux si deciderà a discutere, dapprima in forma quasi privata, per riconoscere, direi così, le posizioni che rispettivamente occupiamo e la possibilità di avvicinarsi ad un'intesa e poscia in forma ufficiale per conseguire l'intesa stessa.

Sebbene separate praticamente nelle trattative, o per dire in modo più corretto, nelle pratiche fin qui occorse fra lui e me, non si può disconoscere che le due quistioni, quella della delimitazione e quella del transito delle armi ne fanno una sola che mette capo a quella del riconoscimento del protettorato italiano sull'Abissinia. Mi pare che, se possiamo risolvere le due vertenze della delimitazione e quella del transito di armi, l'altra si troverà di per sé risoluta. Se per raggiungere questo intento dovessimo aspettare indefinitamente; se nel frattempo vi fosse pericolo di danni di fatto o di pregiudizio di questioni di diritto, capirei che da noi si pensasse essere tempo di rompere gli indugi e di chiamare la pubblica opinione a giudice della inutilità degli sforzi nostri per indurre la Francia a riconoscere le nostre ragioni. Effetto immediato di ciò sarebbe naturalmente l'interruzione delle pratiche ed il rinvio a tempo indeterminato di ogni trattativa.

Non posso dire con certezza sovra quali opposizioni prevedibili nel Parlamento francese si fondi la ripugnanza assoluta da me trovata nel presente ministro degli affari esteri a qualunque cosa possa esporlo a discutere in seno al medesimo la questione attinente all'Etiopia. Ma il fatto di questa sua ripugnanza esiste ed è di tal grado da costringermi a prevedere che qualunque atto nostro che dovesse ripercuotersi in una discussione parlamentare qui, sarebbe da lui interpretato come particolarmente ostile alla sua persona e lo indurrebbe fors'anche ad impegnarsi sempre maggiormente nella via nella quale, a dir suo, manifestamente si sono mantenuti tutti i predecessori suoi nell'affare abissino.

Non è dunque nello scopo di provocare in Francia un movimento che eserciti una pressione sul Ministero che da noi si potrebbe pensare alla pubblicazione che, sovra la questione Obock-Harar-Etiopia, chiamerebbe l'attenzione del Parlamento francese.

Può anche darsi che considerazioni più umili influiscano sull'animo del signor Hanotaux e che egli non tema tanto ciò che potrebbero chiedergli i predecessori suoi, quanto le arringhe degli avvocati politici dei signori Chefneux e compagnia. Che vi sia stato un tempo in cui costoro, se non ebbero materiali ajuti, furono però assecondati moralmente e fors'anche spinti dal ministero francese, principalmente da quello delle colonie, non mi pare dubbio. Ma quel periodo a me sembra chiuso presentemente e non credo si riaprirà se sapremo spiegare, nei rapporti attuali, la calma e diciamo pure anche la pazienza che sono indispensabili per sciogliere il garbuglio delle arruffate nostre relazioni africane con la Francia.

Non possiamo prescindere dal prendere in considerazione la sostanziale differenza della posizione della questione del transito delle armi che a Zeila non era pregiudicata da alcun atto che impegnasse il Governo della regina e ad Obock si trova invece compromessa da un decreto del presidente della Repubblica (10 ottobre 1894) controfirmato dal ministro delle colonie di allora, signor Delcassé, che faceva parte del Gabinetto di cui il signor Hanotaux era ministro degli affari esteri.

In fatto ritengo che quest'ultimo nulla tralascierà perché il divieto della vendita delle armi e l'impossibilità di transito per Obock non abbiano a patire eccezioni in pendenza di trattative con noi. E questo mi pare che praticamente, nelle presenti nostre difficoltà con l'Etiopia, sia la cosa più importante. La questione di diritto che dovrà condurre alla revoca del decreto presidenziale del 10 ottobre 1894, dovrà certamente essere discussa e risoluta; ma, attese le difficoltà che dal punto di vista interno essa presenta al signor Hanotaux, io opinerei che, da parte nostra, gioverebbe assai il dimostrargli che di queste ci rendiamo conto col concedergli, in una certa misura, la scelta del momento opportuno per addivenire ad un'intesa formale.

Alla fine di questo mese il sentimento francese sarà sovreccitato dalle dimostrazioni e feste di Kiel. Non credo meritino fede i pronostici che alcuni fanno di disordini possibili in Parigi. Vi saranno probabilmente alcune manifestazioni popolari del pensiero di rivincita; ma nulla d'importante. Però quasi contemporaneamente viene l'anniversario della morte di Carnot. Sono coincidenze che mi preoccupano alquanto perché, se nelle classi educate si ragiona oggi assai meglio che in passato dei rapporti della Francia con il nostro Paese, non è possibile infrenare la mala abitudine che fra gente ineducata ed astiosa per cause diverse ha sempre esistito ed esisterà sempre di rinfacciarsi reciprocamente la propria nazionalità con epiteti malsonanti. Basta! Quando anche queste date saranno passate, e passate senza scosse, potremo essere più tranquilli e fiduciosP.

145 1 Cfr. n. 137. 2 È il R. 1839 bis/551 bis, cui fu apposta la data dell'8 giugno, non pubblicato.

146

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 199. Londra, 9 giugno 1895, ore 13,25 (per. ore 15,05).

Sto preparando lettera privata sull' Armenia1• Ti pregherei leggerla prima di prendere attitudine qualsiasi che impegni nostra linea di condotta 2•

147

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 191. Roma, 9 giugno 1895, ore 21,45.

Aspetterò sua lettera1 . Le mie istruzioni a Catalani sin qui sono di limitarsi all'inchiesta da noi già fatta sugli affari armeni, e di lasciare che il Gabinetto Rosebery faccia l'intiera esperienza dei risultati negativi del suo connubio con Russia e Francia.

2 Per la risposta cfr. n. 147. 147 1 Risponde al n. 146.

145 3 Annotazione a margine di Blanc: <<Risposto per telegrafo». Cfr. n. 152. 146 1 Non rinvenuta.

148

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. RISERVATO 21945/507. Roma, 9 giugno 1895.

Comunico a V. E., per sua informazione, l'accluso telegramma pervenutomi il 7 corrente dal governatore dell'Eritrea.

Come V. E. vedrà, le informazioni in esso contenute contraddirebbero colle assicurazioni datele dal signor Hanotaux, delle quali ella mi dà notizia anche nel suo rapporto del 6 corrente\ che, pur senza formalità di divieto, non si consentirebbe dal Governo francese il transito d'armi per l'Etiopia da Obock e Gibuti.

ALLEGATO

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1032. Massaua, 7 giugno 1895, ore 19,10 (per. ore 20,35).

Addis-Abeba 5 maggio. Menelik non ancora partito, conta sempre sopra intervento Russia per impedire nostro avanzare. Pare Alula abbia ordine trattenersi El-Teb, fino avanzare generale, dopo piogge. Chefneux va Gibuti prendere, dicesi, 10.000 fucili venduti a Menelik2 .

149

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

T. RISERVATO 200. Massaua, 10 giugno 1895, ore 10,20 (per. ore 13,25).

Credo probabile per autunno grossa guerra con Menelik. Lavoro dissolvente che faccio nel campo nemico potrebbe fallire ovvero riuscire solo in parte; quindi necessari aumenti da me indicati ministro della guerra minimo assoluto per far fronte eventualità. Dovere mi impone insistere; parmi impossibile crescere rendite; impossibile

per grossi trasporti fortificazioni ecc. diminuire spese. Potendo altri, sia fare pace, sia difendere Colonia con minori mezzi rinnovo domanda mio rimpatrio fatta con lettera 23 aprile 2 . Prego comunicare Ministero guerra.

148 1 Non pubblicato. 2 Il dispaccio fu comunicato il 13 giugno a Berlino, Londra, Cairo e Massaua. 149 1 Ed. in LV 92, pp. 76-77 e in BARÀTIERI, Memorie d'Africa, cit., pp. 128-129.

150

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. PERSONALE 741/329. Londra, 10 giugno 1895 (per. il 14).

La quistione contenuta nel dispaccio di V. E. in data 27 maggio, in margine citato1, era di natura abbastanza delicata. L'ho sottoposta in via affatto ufficiosa al Foreign Office che a sua volta domandò informazioni alla Corte di S.M. la Regina.

In principio, essendo questa regina nonna dell'imperatore di Germania, sarebbe da discutersi se il di lei esempio sia da seguirsi da altro sovrano non imparentato con l'imperatore stesso.

D'altra parte non sembra, fino ad ora, che questa sovrana abbia l'idea di fare una manifestazione personale di felicitazione in una circostanza in cui i rapporti di famiglia non hanno ragione di esser considerati.

Ad ogni modo, è opinione di personaggi competenti che al massimo un telegramma di felicitazione sarebbe più che sufficiente. Come manifestazione seria ed importante la presenza della squadra con un principe del sangue alla testa è più che sufficiente. Infine, una certa riserva dignitosa sembra indicata dalla posizione che abbiamo nella Triplice Alleanza, la quale per la eccessiva nostra deferenza e cortesia verso gli alleati riesce a procurarci una posizione secondaria.

151

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 192. Roma, 11 giugno 1895, ore 13,45.

Nel leggere dispacci partiti domenica 9 giugno per corriere1 prego V. E. tener presente come le circostanze attuali diano al Governo austro-ungarico speciali opportunità per favorire o meno le avviate intelligenze itala-britanniche.

150 1 D. 19910/213, non pubblicato: richiesta di conoscere se la regina Vittoria avesse intenzione di scri vere all'imperatore di Germania in occasione dell'apertura del canale di Kiel. 151 1 Cfr. nn. 140, 141, 143 e 144.

149 2 Cfr. n. 57.

152

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATO PERSONALE 193. Roma, 11 giugno 1895, ore 13,55.

Ringrazio lettera1 . Siamo d'accordo. Nostro unico scopo era di accertare se si poteva nominare anche la Francia nel discorso del trono che riconobbe il contegno amichevole dell'Inghilterra verso di noi in Abissinia. Osserveremo per ora completo silenzio in Parlamento al riguardo.

153

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PERRERO, E A VIENNA, NIGRA

D. RISERVATISSIM01 . Roma, 11 giugno 1895.

Il r. ambasciatore a Parigi segnala in data di ieri 2 , quale nota generale della discussione sulla politica estera alla Camera francese, l'unanime sfoggio dello spirito di rivendicazione contro la Germania, l'affermazione da parte del Governo di una vera e propria alleanza con la Russia, ed il rifiuto di spiegarne i limiti e gli scopi.

Mi asterrò dal notare di nuovo che le concessioni fatte alla Francia in Africa dalle Potenze a noi amiche, anche a detrimento d'interessi italiani circa gli hinterland delle coste mediterranee, non hanno raggiunto lo scopo della consolidazione della pace, anzi hanno accresciuto le esigenze e fortificato le tendenze di rivincita della Francia.

Mi limito ad osservare che queste tendenze inquietanti della Francia sono incoraggiate dalla partecipazione dell'Inghilterra alle intelligenze franco-russe circa l'Armenia, e dal contegno di astensione dell'Inghilterra e della Triplice Alleanza nelle questioni politiche dell'Estremo Oriente.

153 1 Il dispaccio fu inviato a Berlino col n. 22250/227, a Londra col n. 22251/244 e a Vienna col

n. 22252/472.

2 T. 1043, non pubblicato; ma cfr. n. 154, che riferisce in modo più ampio quanto anticipato in tale telegramma.

152 1 Cfr. n. 145.

154

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1888/560. Parigi, 11 giugno 1895 (per. il15).

La tornata di ieri della Camera dei deputati francesi prenderà un posto nella storia diplomatica dell'Europa perché fu nel corso del dibattimento, provocato dai campioni dei gruppi socialisti e radicali, che i ministri in carica hanno, per la prima volta, parlato dalla tribuna della alleanza esistente fra la Francia e la Russia. Ai vocaboli di significato incerto finora adoperati per indicare l'intesa franco-russa, fu sostituita esplicitamente, chiaramente, la parola «alleanza»; né credo che ciò sia avvenuto per effetto di improvviso eccesso oratorio, bensì ritengo che l'annunzio della esistenza di una alleanza formale fosse stato preventivamente consentito, nella misura in cui esso fu dato, dal Gabinetto di Pietroburgo. Ecco in quali termini ne fu parlato. Disse il ministro degli affari esteri che, alla domanda di appoggio fatta dalla Russia per gli affari cinogiapponesi, la Francia rispose telegraficamente: «La France met au premier rang de ses préoccupations la considération de ses alliances. Nous sommes donc disposés à appuyer, avec toute l'efficacité possible, les vues du Gouvernement impérial concernant les conditions de la paix entre la Chine et le Japon». E più oltre nel suo discorso il signor Hanotaux parve volere definire l'indole della alleanza esprimendosi così: «Enfin nierat-on que notre autorité, ainsi reconquise, ait exercé son influence et produit ses effets jusque dans cette combinaison nouvelle des forces européennes qui nous a fait sortir de notre isolement et qui nous a donné le point d'appui qui nous manquait depuis si longtemps? Deux Grandes Puissances, portées l'une vers l'autre par l'attraction de leurs sentiments et de leurs intérets respectifs, se sont donné la main. Elles ont noué une entente qui les rapproche naturellement dans le travail incessant de la politique courante, et qui, toujours pacifique, leur garantit une sécurité réciproque». Queste dichiarazioni, delle quali il ministro per gli affari esteri ha dato lettura, furono manifestamente ponderate ed in esse nulla si potrebbe attribuire al calore della improvvisazione.

Dopo che il signor Hanotaux ebbe parlato, sorse il signor Flourens a chiedere se, in compenso dell'aiuto importante recentemente dato dalla Francia alla Russia, siano stati domandati a quest'ultima degli equivalenti eventuali concorsi delle sue forze morali e materiali per le legittime rivendicazioni francesi. Nel corso della esposizione di questo concetto, il signor Flourens disse che la Russia già da qualche anno avea promesso alla Francia di non !asciarla attaccare. Egli avrebbe voluto sapere se, in compenso dell'eminente servigio reso al Governo russo nello Estremo Oriente, qualche più intimo e preciso patto fosse stato concertato principalmente riguardo ali 'Egitto. Ed il signor Goblet, l'antico presidente del Consiglio dei ministri e ministro degli affari esteri, strinse ancor più l'argomento. Indicando l'intesa franco-russa del1890-91, egli pose la questione in questi termini: «Mais enfin qu'était-ce que cette entente? Elle nous apparaissait assurément comme très précieuse pour nous garantir contre une agression à laquelle, personnellement, je n'ai guère cru; mais elle ne pouvait suffire à nous permettre d'exercer une action efficace à l'extérieur. .. Pour la première fois depuis cinq ou six ans, on a parlé aujourd'hui non pas simplement d'une entente, mais

o n a prononcé le mot 'alliance'. S'il y a alli ance dites-le! ».

La replica del signor Ribot, presidente del consiglio, non ha portato molta maggior luce nel dibattimento. Egli affermò chiaramente l'esistenza dell'alleanza dandole un carattere talmente estensivo che, al dire suo, tutti gli interessi della Francia e della Russia vi sarebbero compresi. «Oui, (queste sono le sue parole) nous avons allié aux intérets d'une grande Nation les intérets de la France; nous l'avons fait pour la sauvegarde de la paix et le maintien de l'équilibre de l'Europe». E, rivolgendosi al signor Goblet che tenne il Ministero prima del1891, l'oratore del Governo esclamò con enfasi:«Vous n'aviez pas la sécurité que nous avons puisée dans cette alliance qui est et doit rester la garantie de la paix du monde».

La domanda che, dopo le cose dette ieri alla Camera francese, si impone a chiunque è questa: esiste dunque in più dell'intesa del1890-91 un vero pattO' franco-russo di alleanza? La discussione di ieri, benché eccitasse vivamente la fibra patriottica della Camera, non si presentava come minacciosa per l'esistenza del Governo del signor Ribot a segno tale da richiedere che questi dovesse ricorrere ad eccezionali argomenti di difesa quali sono le divulgazioni dei segreti internazionali. È più naturale il supporre che all'antica intesa, o meglio affidamento dato dalla Russia di non lasciar attaccare la Francia, un accordo più preciso sia stato in epoca recente aggiunto. Quale sia questo accordo, a quali, fra le questioni d'interesse francese o russo, esso si estenda, non fu detto dagli oratori del Governo. Ma è certo che, dopo la tornata di ieri della Camera dei deputati francesi, non è più lecito il mettere in dubbio l'esistenza di una vera e propria alleanza franco-russa. Se è nell'indole di tale alleanza di estendersi a tutti gli interessi delle due Potenze alleate, per certo nel numero di siffatti interessi non possono venire omessi quelli della Francia in Egitto. In correlazione con questa ipotesi, devesi notare che il signor Hanotaux non ha esitato a dichiarare la questione egiziana essere tutt'ora aperta. Questo signor ministro degli affari esteri ha pure, con frase velata, accennato a certe concessioni della China che l'attività diplomatica della Francia a Pechino avrebbe saputo conseguire e che assicurerebbero le necessarie guarentigie dello sviluppo economico e della piena sicurezza della colonia francese del Tonchino. In altro punto del discorso lo stesso ministro ha fatto cenno di questa colonia come il punto daddove la Francia dovrà esercitare la sua penetrazione economica nel vasto e popoloso Impero cinese. Se questi concetti si coordinano in un solo pensiero, è lecito supporre che, nella nuova intesa con la Russia, la Francia si sia assicurata certi compensi d'indole commerciale nell'Impero cinese che la sua alleata dovrà concorrere a garantirle.

La votazione degli ordini del giorno in una seduta che ebbe così grande interesse per le dichiarazioni che vi furono fatte, non portò sulla questione alla quale tali dichiarazioni si riferivano direttamente. Dal contegno dell'Assemblea si poté comprendere che è ben l ungi di essere unanime la fiducia che dalla alleanza russa la Francia potrà avere compensi equivalenti agli oneri che direttamente od indirettamente questa le cagiona. La fiducia nel Ministero, domandata dal medesimo, la quale conteneva l'approvazione per aver esso accettato l'invito a Kiel nella forma di un semplice atto di cortesia e per essersi associato in conformità del patto di alleanza, alla Russia nella azione in China e Giappone, raccolse apparentemente 257 voti di maggioranza fra i 467 votanti; ma quando fu messa a partito la mozione di fiducia il numero dei deputati presenti alla seduta era disceso da 514 a 467, essendosene allontanati dalla sala 47 e fra i presenti 94 non votarono. Sarebbero dunque da calcolarsi 141 voti che non vollero unirsi agli oppositori dichiarati della politica esteriore del Gabinetto Ribot, ma che non hanno voluto per ciò dare il voto loro di approvazione al medesimo. E, se questi voti si fossero dichiarati contro il Ministero, la maggioranza si sarebbe effettivamente ridotta a proporzione numerica assai più ristretta.

Si fecero dalle varie frazioni parlamentari clamorose manifestazioni per attestare la perseveranza della politica estera nel pensiero e nella speranza del ricupero delle provincie perdute nel1870. Ma contemporaneamente si affermava da tutti i settori l'amore ed il desiderio di pace sottolineando con unanimità di approvazioni le dichiarazioni pacifiche che abbondavano nei discorsi. La quale ultima circostanza diede alla discussione d'ieri una singolare nota di incoerenza che toglie in gran parte la fiducia nella fermezza delle opinioni che il voto avrebbe dovuto dimostrare1 .

155

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. PERSONALE RISERVATO 1601/124. Vienna, 13 giugno 1895 (per. il 16).

Coi rapporti riservati qui unitF rispondo alle questioni fattemi circa l'attitudine di astensione dell'Austria-Ungheria per le cose d'Armenia e dell'Eritrea2• Le risposte datemi dal conte Goluchowski non lasciano dubbio sulla di lui intenzione di seguire nel sistema legatogli dal conte Kalnoky. Però negli affari d'Armenia il conte Goluchowski mi disse che egli si teneva nella riserva, e che attendeva di vedere la piega della nuova fase in cui la questione è entrata, e si mostrò disposto a uno scambio d'idee coi Gabinetti alleati.

A questo proposito io ricordai al nuovo ministro che in ogni questione europea che possa interessare i Governi alleati o alcuni di essi era stato inteso che questi avrebbero sempre proceduto, prima di prèndere una decisione, a uno scambio reciproco d'idee, e chiesi che, per rendere più effettivi e più pratici i legami delle tre Potenze, questo scambio di idee avesse sempre luogo, e non si agisse come fu fatto per la questione armena. A ciò il conte Goluchowski rispose che egli consentiva in questo modo di procedere per l'avvenire.

Ma rilevando l'accusa che il nostro recente scacco a Costantinopoli debba attribuirsi all'Austria-Ungheria, egli respinse l'accusa, e, senza dirmelo, mi fece capire che il comm. Catalani avrebbe dovuto cercare al suo insuccesso cause meno estranee. Penso che il barone Bruck sarà incaricato di parlarle anche di questo, come le parlerà degli altri argomenti di cui ho intrattenuto ieri il nuovo ministro.

le relazioni fra le due Nazioni rimarranno sempre le stesse; finché esiste un'Alsazia ed una Lorena la loro politica generale non muterà. Intanto continua, anzi si fa sempre più attivo il lavoro della Francia per man tenere, e per rendere più intimi i suoi rapporti colla Russia. A questa intimità aveva la Germania, e con ragione, creduto portare un grave colpo, associandosi volonterosa, arditamente, senza esitazione, alla Rus sia nella questione delle trattative di pace fra la China ed il Giappone, ma la Francia non tardò a rispon dere, favorendo il prestito che la Russia ideò contrarre per suo conto sulla piazza di Parigi, allo scopo di dare alla China i mezzi di pagare le prime rate della sua indennità di guerra>>. 155 1 Cfr. nn. 157 e 158.

2 Cfr. nn. 140 e 141.

Io credo che bisogna trar partito del riconoscimento per parte del conte Goluchowski dell'accordo da me ricordato gli circa lo scambio reciproco di idee nelle questioni europee. Ma non converrà farsi illusioni. Il Governo austro-ungarico non è in posizione di prendere iniziative nelle questioni estere, e il nuovo ministro non ha ancora una posizione tale che glielo permetta. Il centro della Triplice Alleanza è sempre a Berlino. Il Governo austro-ungarico si dibatte in mezzo a difficoltà interne inestricabili, e aborre dall'immischiarsi nelle questioni esterne; ogni sforzo sarà vano per spingerlo a prender posizione in questioni come quella dell'Eritrea o dell'hinterland africano. Però io sono d'avviso che ogniqualvolta la Germania o l'Inghilterra prendano una iniziativa, alla quale si unisca l'Italia, questo Governo seguirà l'impulso. La situazione dell'Austria-Ungheria è adesso quella che dissi. Se col nuovo ministro degli affari esteri cangierà, lo vedremo. Per ora non pare.

Del resto fra breve avverrà un cangiamento nella rappresentanza austro-ungarica a Roma. Il richiamo del barone Bruck nell'autunno prossimo era già stato deciso prima dell'uscita del conte Kalnoky dal Ministero. So confidenzialmente che l'imperatore desidera sostituirlo col barone Pasetti e farà chiedere a suo tempo il gradimento del re. Io la prego fin d'ora di preparare al nuovo ambasciatore austro-ungarico una buona accoglienza. Il barone Pasetti è il primo funzionario del ministero di Ballplatz. È provetto nel mestiere e al corrente di tutta la politica estera della Monarchia austroungarica. È molto intelligente e sarà più ascoltato a Vienna che il barone Bruck. Certo col Pasetti ella potrà parlare e trattare con più conseguenza. Egli mi ha testimoniato il suo vivo desiderio non solo di mantenere, ma di rendere più stretti e più pratici i legami che stringono i nostri due Paesi, desidera molto di essere il benvenuto a Roma, ed ella potrà tirar qualche partito da questo suo desiderio. D'altronde il Pasetti conosce Roma e fu già presentato al re, e la baronessa alla regina.

Ella mi comunica spesso i rapporti del comm. Catalani e ne la ringrazio cordialmente. Essi mi sono molto utili per conoscere ciò che si passa a Costantinopoli. Ma un'utilità maggiore sarebbe per me il conoscere lo stato delle nostre relazioni colla Germania e coll'Inghilterra e il modo di vedere dei Governi di questi due Paesi nelle principali questioni, descritti colla sincerità di cui il cav. Silvestrelli diede esempio nei rapporti comunicatimi.

154 1 Si pubblica qui un passo del R. 775/307 di Lanza dello stesso 11 giugno: << •••è inutile farsi illusioni;

156

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1602/492. Vienna, 13 giugno 1895.

Ho ricevuto cogli annessi il dispaccio riservatissimo dell'8 corrente

n. 21928/4571 , relativo all'allacciamento delle ferrovie bulgare colla rete ottomana e alloro proseguimento fino all'Adriatico.

Dagli annessi a questo dispaccio risulta che non si è ancora in presenza di un vero e preciso progetto sia in quanto riguarda la linea, sia in quanto riguarda la parte finanziaria.

In tali condizioni è affatto inutile il far pratiche presso il Gabinetto di Vienna perché induca la Sublime Porta ad accordare una concessione quale è desiderata dall'Italia e dalla Bulgaria.

Quando la Bulgaria presenti in proprio nome o in nome di una società seria un progetto concreto ben definito e questo ivi sia comunicato, io avrò cura di raccomandarlo al conte Goluchowski con ogni premura senza rispondere però dell'esito.

Ho parlato della Bulgaria, perché se il progetto è presentato alla Porta col nome dell'Italia, attesa l'ostilità che regna contro di noi al Palazzo di Costantinopoli, tale circostanza basterebbe probabilmente a far escludere subito il progetto.

Se il quesito poi sarà presentato, converrà inoltre che la Bulgaria lo propugni con vigore sia a Costantinopoli, sia a Vienna.

156 1 Cfr. n. 143.

157

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1603/493. Vienna, 13 giugno 1895 (per. il 16).

Con dispaccio riservatissimo del 7 corrente, n. 21911/951 , V. E. mi chiese d'informarla se il Gabinetto di Vienna intendesse di mantenere la politica di astensione finora da esso seguita circa l'Armenia.

Io posi ieri la questione al conte Goluchowski, al quale anzi, a titolo di comunicazione verbale, rimisi la memoria qui unita in copia. Nel fare l'indicata domanda, feci notare al mio interlocutore, come il Governo del re avesse dato alla questione dell'inchiesta armena un'importanza corrispondente ai suoi interessi, e aggiunsi che esso aveva veduto con rincrescimento che il Gabinetto di Vienna, senza scambio d'idee col Governo alleato, si fosse disinteressato nella questione stessa e avesse contribuito colla sua attitudine d'astensione alla esclusione dell'Italia dalla partecipazione all'inchiesta.

Il conte Goluchowski mi rispose che esso credeva di dover continuare nella riserva seguita finora dall'Austria-Ungheria in tale questione, la quale riserva si mostrò nel fatto essere stata una risoluzione prudente nell'interesse dell'AustriaUngheria, e a di lui giudizio anche nell'interesse dell'Europa. Il ministro i. e r. è pur sempre d'avviso che convenga fare il possibile per evitare che tale questione non prenda il carattere d'una questione europea, e crede che l'attitudine d'astensione dell'Austria-Ungheria e della Germania abbiano finora servito a tale scopo. Ora la questione è entrata in una nuova fase e il Gabinetto di Vienna riserva le sue

decisioni, circa le quali il conte Goluchowski mi disse esser disposto, a tempo debito, a scambiare le sue idee con quelle delle Potenze alleate quando queste gli siano partecipate. Il ministro austro-ungarico non pensa però che il sultano, colla sua prima opposizione ai progetti delle tre Potenze inquirenti, abbia detto l'ultima parola, ed è portato a credere che esso possa piegarsi ad un'adesione con o senza attenuazioni. Il conte Goluchowski respinse poi e qualificò ingiusta l'accusa che l'Austria-Ungheria abbia contribuito in qualsiasi guisa all'insuccesso della nostra domanda a Costantinopoli, insuccesso attribuibile anzitutto alla volontà del sultano sostenuta dalla Francia e dalla Russia. Ma riconoscendo l'utilità di scambi d'idee tra i Gabinetti alleati nelle questioni europee in genere, egli riconobbe implicitamente che il conte Kalnoky ebbe torto di decidersi all'astensione senza aver consultato i Governi alleati.

ALLEGATO

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DELLA CASA IMPERIALE E REALE E DEGLI ESTERI AUSTRO-UNGARICO, GOLUCHOWSKI

MÉMOIRE CONFIDENTIEL. Vìenna, 12 giugno 1895.

Lorsque le Cabinet de Londres proposa une enquète sur les faits d' Arménie, le Cabinet de Vienne, sans consulter l'Italie, déclara qu'il n'entendait pas prendre part à cette enquète. Le Cabinet de Berlin prit la mème résolution. Le Gouvernement italien, plus intéressé dans la question, demanda de prendre part à l'enquète, et fit appel au Gouvernement austro-hongrois pour qu'il voulùt bien appuyer sa demande auprès de la Sublime Porte. Le comte Kalnoky a dù envoyer au baron Calice l'instruction de faire savoir à la Sublime Porte que l'AutricheHongrie verrait avec satisfaction la participation de l'Italie. L'ambassadeur d'ltalie à Constantinople n'a pas appris que cette instruction, si elle a été envoyée, ait été exécutée. Le fait est, que la demande de l'Italie, bien qu'appuyée par l'Angleterre, età ce qui paraìt aussi par l'Allemagne, fut écartée par suite de l'opposition de la Turquie, de la France et de la Russie. Le désintéressement de l' Autriche-Hongrie à ce su jet a été considéré à Rome et à Constantinople, comme l'une des causes principales de cet échec, qui a été nuisible au prestige de la Triple Alliance en Orient.

Maintenant l es Puissances qui ont pris part à l' enquète ont formulé un pro jet de réformes, dont le Gouvernement ottoman n'approuve pas l'exécution et le contrale de la part des Puissances. Le Gouvernement italien n'est pas disposé, à l'état actuel des choses, à prendre part à une action effective pour imposer à la Turquie l'acceptation des proj.ets élaborés par d'autres Puissances. Il pense toujours, que si le Cabinet de Londres s'appuyait réellement sur le groupe de la Triple Alliance, on pourrait plus facilement faire accepter par le sultan une solution pacifique et satisfaisante. Le Gouvernement italien attacherait du prix à connaìtre à ce sujet les intentions du Cabinet de Vienne, et notamment à savoir si le système d'abstention suivi jusqu'ici par lui dans cette question doit continuer aussi pour l'avenir à former la base de sa politique pour les affaires d'Arménie et les questions qui en dépendent.

Le baron Blanc fait remarquer, à l'occasion de cette question, que les circonstances pourraient fournir au Gouvernement austro-hongrois une opportunité spéciale de favoriser une entente entre l' Angleterre et le groupe de la Triple Alliance.

157 1 Cfr. n. 140.

158

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1604/494. Vienna, 13 giugno 1895 (per. il 16).

In seguito al dispaccio riservatissimo del 7 corrente mese n. 21912/4561 col quale V. E. m'invita a informarla se la politica di astensione seguita dal conte Kalnoky nella questione dell'inosservanza degli Accordi di Bruxelles circa la schiavitù per parte di Menelik e altri ribelli al protettorato italiano in Abissinia, fosse mantenuta dal suo successore, io intrattenni ieri il conte Goluchowski su questo argomento, e anzi gli rimisi, a titolo di comunicazione verbale, la memoria qui unita in copia 2•

Il conte Goluchowski mi rispose senza esitazione che egli intendeva seguire in questa materia la politica di astensione del suo predecessore, e ciò per gli stessi motivi che il conte Kalnoky ebbe cura di far conoscere a V. E. sia per mio mezzo, sia per mezzo dell'ambasciata austro-ungarica presso Sua Maestà. Il ministro imperiale e reale degli affari esteri mi disse, del resto, che si riservava di far conoscere la sua risposta a V. E. pure per mezzo della predetta ambasciata.

159

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. PERSONALE RISERVATO 1605/125. Vienna, 13 giugno 1895 (per. il 16).

La ringrazio particolarmente per la comunicazione fattami con dispaccio riservatissimo del 9 corrente, n. 21950/99, dei due rapporti del 29 maggio e l o giugno del r. incaricato d'affari a Pietroburgol, relativi, il primo alla apertura per negoziati commerciali tra l'Italia e la Russia, e il secondo all'attitudine del Governo russo verso l'Italia.

Ho ragione di credere che l'esposizione di questi due argomenti fatta dal cav. Silvestrelli, se forse è un po' carica di tinte oscure, è tuttavia in sostanza conforme alla verità. Le disposizioni amichevoli del Governo russo, e aggiungo della stampa russa, verso l'Italia, si modificarono appena si seppe che l'Italia era entrata nell'alleanza della Germania e dell'Austria-Ungheria. Varie circostanze contribuirono poi a peggiorare le relazioni tra i due Paesi, e principalmente l'appoggio dato dall'Italia alla Bulgaria e l'aperta confessione di tale appoggio fatta in Parlamento dal nostro Governo. Seppi confidenzialmente dal principe Lobanoff e dal signor Vlangali che il brusco richiamo e l'apparente disgrazia dei nostri due ultimi ambasciatori a Pietroburgo indisposero la

2 Non si pubblica. 159 1 Cfr. n. 134. Il R. 194/96 del 29 maggio non è pubblicato.

Corte e il Governo di Russia, accostumati a usare verso i loro ambasciatori una grande deferenza anche quando l'età e le malattie li rendono meno atti al servizio. Anche il rifiuto opposto al desiderio dello czar attuale di conservare il barone Marochetti a Pietroburgo fu risentito, secondo che mi fu detto, assai vivamente; e ho ragione di credere che il Governo russo si ritiene un po' offeso dalle frequenti e lunghe assenze di titolari della ambasciata. Ma questi sono malintesi passeggieri, di cui non sarà difficile il far scomparire la traccia quando si vorrà. Il gravame serio contro l'Italia è la sua partecipazione all'alleanza degli Imperi centrali. Questo gravame si potrà attenuare con buoni procedimenti reciproci, ma non lo si potrà far scomparire finché dura la causa.

Dal rapporto del cav. Silvestrelli l'E.V. avrà potuto scorgere, come l'idea del r. ambasciatore a Costantinopoli di far chiedere alla Russia dal Governo austriaco il permesso all'Italia di prender parte all'inchiesta armena, sia fondamentalmente erronea. La Russia non accoglierà una domanda dell'Italia avversata dalla Francia. Ma non l'accoglierà, anche quando la Francia non vi si opponesse, se patrocinata dall'AustriaUngheria. Noi avremmo dunque avuto, se l'Austria-Ungheria avesse consentito a patrocinare la nostra domanda, il rifiuto e l'umiliazione. Non bisogna dimenticare che l'indisposizione della Russia verso l'Italia è per riflesso e temporaria, mentre l'ostilità russa contro l'Austria-Ungheria è diretta e permanente.

L'esperienza che ho del posto di Pietroburgo mi conferma sempre più nella convinzione che l'Italia dovrebbe esser colà fortemente rappresentata, come lo è l'AustriaUngheria che vi mandò prima il suo miglior diplomatico, e ora il più gran signore della Monarchia, al quale non si manca certo di render le visite. Ma quando il R. Governo penserà di mandare a Pietroburgo un ambasciatore, se desidera che la sua azione sia efficace, badi di mandarvi chi possa farvi buona figura. Ella sa, al pari di me, che in posti come Vienna e Pietroburgo, un ambasciatore non può vivere la vita dei signori del Paese coi quali deve trattare, se non ha che il tenue assegno ora consentito dal nostro bilancio.

Questo argomento e le cose dette di sopra mi parvero di natura troppo delicata per consegnarle in un documento ufficiale. Le riferisco quindi a lei personalmente in tutta confidenza.

158 1 Cfr. n. 141.

160

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

D. 22843/382. Roma, 15 giugno 1895.

Mi riferisco al mio dispaccio dell'8 giugno corrente n. 21916/3691 .

L'ambasciatore d'Inghilterra a Roma è venuto oggi da me a dirmi, a nome di lord Kimberley, che il suo Governo teneva moltissimo a che le modificazioni ali' accordo ad referendum del l o maggio u.s. concordate al Cairo tra lord Cromer e il commen

dator Pansa2 fossero accettate dal Governo del re, e ciò sopratutto per impedire che impegni troppo assolutamente presi dalle due parti non possano essere mantenuti, per necessità di cose e per forza maggiore, col pericolo di frequenti incidenti e di continua tensione di rapporti tra le popolazioni di confine 3•

Ho trovato giuste le considerazioni di sir F. Clare Ford, e, rendendomi conto della opportunità politica di non creare, nel momento attuale, ostacoli all'Inghilterra in questa non grave questione di confini verso il territorio egiziano, non ho difficoltà di consentire a che codesto Governo accetti le modificazioni concordate tra lord Cromer ed il comm. P ansa al primitivo progetto di accordo3 .

160 1 Non pubblicato.

161

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

D. RISERVATISSIMO 22844/249 bis. Roma, 15 giugno 1895.

Ho ricevuto il rapporto in data 10 giugno 1895 n. 741!3291 nel quale V. E. allude alla situazione alquanto sacrificata che l'Italia ebbe sin qui nella Triplice Alleanza.

L'attuale Gabinetto non si è dissimulato tale essere stata la situazione da esso trovata; ma che questa non risponda ai suoi intendimenti V.E. avrà rilevato dal dispaccio da me diretto il 4 maggio 1895 agli ambasciatori di Sua Maestà a Berlino ed a Vienna circa il proposto rinnovamento dell'accordo colla Spagna 2 , come pure dal dispaccio da me diretto al r. ambasciatore a Vienna in data del 7 giugno 1895 3 circa l'atteggiamento dell'ambasciatore di S.M. Apostolica nella questione armena.

Ella troverà qui unita la copia di due altri dispacci da me diretti al conte Nigra in data delli 7 ed 8 giugno 1895 4 circa la politica seguita dal conte Kalnoky in relazione cogl'interessi nostri in Africa e nell'Adriatico, mentre poi il dispaccio dell'H giugno5 , che fu diretto contemporaneamente a V.E. ed ai rr. ambasciatori a Vienna ed a Berlino, indica chiaramente quale debba essere il linguaggio dei nostri rappresentanti presso i Governi amici di fronte ai sacrifici che essi ci chiedono nell'interesse della pace 6 .

3 Il testo dell'accordo Baratieri-Kitchener, datato 25 giugno/7luglio 1895, è ed. parzialmente in Libro Verde 101, Documenti diplomatici presentati dal ministro degli affari esteri (Prinetti), seduta dellO dicembre 1902, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1902, p. 3. 161 1 Cfr. n. 150.

2 Nota del documento: «comunicato alla r. ambasciata a Londra con dispaccio 4 maggio 1895

n. 16094/189>>. Cfr. n. 84. 3 Nota del documento: <<n. 21911/460, relativo alla questione armena comunicato alla r. ambasciata a

Londra con dispaccio 8 giugno 1895, n. 21930/238>>. Cfr. n. 140. 4 Cfr. nn. 141 e 143. 5 Cfr. n. 153. 6 Copia del presente dispaccio fu inviata il 16 giugno a Berlino (D. segreto 22848/238) e Vienna (D.

riservato 22865/490).

160 2 Ford aveva comunicato il desiderio di Kimberley già con L. personale del 12 giugno, non pubblicata.

162

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 203. Parigi, 16 giugno 1895, ore 7,52 (per. ore 10,15).

Agenzia Havas annunzia partenza principe di Napoli per il18. Passa Sua Altezza Reale per la Francia? Nei giorni 19, 20 e 21 regnerà nelle classi popolari di Parigi una certa agitazione in causa convegno navale di Kiel. Il 24 è anniversario morte Carnot. Non sarei d'avviso che convenga che Sua Altezza Reale si fermi a Parigi nella sua andata in Inghilterra; ma forse per il ritorno se nessuno incidente si produce nel frattempo, la sua fermata e visita al presidente della Repubblica farebbe buona impressione1 .

163

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 204. Parigi, 16 giugno 1895, ore 7,53 (per. ore 11,10).

Domani ministro degli affari esteri sarà probabilmente invitato a dire quando intende rispondere a interpellanze relative Abissinia, scacciata lazzaristi dall'Eritrea e Tigrè, ed altri affari del vicinato africano della Francia coll'Italia. Si è formato per queste interpellanze un gruppo di deputati sostenuto da interessati nella fabbricazione e nel commercio armi. Il ministro ha intenzione di chiedere, e spera ottenere, aggiornamento o ad un mese o almeno a dopo la legge sulle tasse delle bevande alcoliche, e di arrivare così alla chiusura dei lavori parlamentari senza che le interpellanze siano svolte. Egli desidera, mi disse, evitare che gli attacchi inevitabili contro la politica italiana in Africa nel Parlamento, anche se esposti da uomini di scarsa autorità, trovino un'eco dispiacevole nel nostro Paese, *Egli considera utile, nell 'interesse del consolidamento della pacificazione degli spiriti, lo evitare ora ogni discussione parlamentare circa tali affari per poterne trattare con noi in tutta libertà durante vacanze e così mettere poi la Camera francese, all'epoca della sua riconvocazione, davanti un accomodamento che abbia valore di un fatto compiuto. Il colloquio nel quale queste cose mi furono dette ha per la stessa sua indole carattere strettamente confidenziale. In questa occasione il ministro mi ha ancora una volta ripetuto che ha prese le sue precauzioni perché intanto nessun convoglio armi passi per Obock. *

162 1 Blanc rispose con T. 936 del17 giugno: <<S.A.R. il principe di Napoli non passerà per la Francia>>. 163 1 Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 348-349.

164

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PERRERO, E A VIENNA, NIGRA

D. RISERVATISSIM01 . Roma, 16 giugno 1895.

Il conte di Benomar, giunto jeri, mi informò tosto avere istruzioni di riaprire il negoziato per il rinnovamento dei patti segreti scaduti fra la Spagna e l 'Italia. * Approfittando di occasione sicura* 2 invio a V. E. un promemoria dal quale risulta la posizione cui si atterrà il Governo del re in tale questione.

ALLEGATO

PROMEMORIA SEGRET03 Roma, 15 giugno 1895.

Noi abbiamo fondata ragione di credere, benché nessuna interrogazione ci sia stata fatta da Parigi al riguardo, che gli accordi segreti fra l'Italia e la Spagna, testé scaduti, non fossero ignorati dal Governo francese; onde la loro esistenza fece più male che bene, inducendo il Governo francese ad esigere in ogni circostanza che venissero dalla Spagna rinnegati a parole e a fatti e che gli fossero dati pegni d'indole pratica e dimostrazioni ostensibili che anche nella pace la politica spagnuola non aveva nulla di comune con quella della Triplice Alleanza, esigenze alle quali poi il Gabinetto di Madrid non ci dissimulò di dover cedere effettivamente per deferenza all'opinione pubblica interna ed alla Potenza vicina, in varii incidenti relativi al Marocco, alla sicurezza della navigazione sulle coste vicine, al commercio esterno, ecc. Onde da una parte il sospetto di legami clandestini, dall'altra l'incessante necessità di scolparsene furono ostacolo alle normali relazioni colla Francia raccomandate dal Gabinetto di Vienna, ed impedirono le intelligenze d'ordine pratico colla politica inglese, la quale, al pari dell'attuale politica italiana, vuole la luce ed il conforto della coscienza pubblica lealmente illuminata.

Nell'interesse stesso della solidarietà cui la Spagna fa ora appello confidenziale per un rinnovamento puro e semplice di accordi rimasti lettera morta ed ora scaduti, noi persistiamo a ritenere acquistata la prova che detta solidarietà fu pregiudicata in realtà dallo stato di cose ora ricordato; e che, per ristabilirla a beneficio della pace e dello statu quo, non possiamo rispondere meglio al desiderio della Spagna che !asciandole la scelta tra l'uno o l'altro dei tre modi seguenti, cioè:

-o l'eguaglianza di posizione con quella in cui si trovano reciprocamente l'AustriaUngheria e la Germania, che hanno pubblicato gli impegni fra loro esistenti; -o l'eguaglianza di posizione con quella in cui si trova l'Italia verso i due Imperi, in ragione di patti per il cui tenore fu stipulata la segretezza, ma la cui esistenza fu ufficialmente riconosciuta;

2 Le parole fra asterischi furono omesse nella copia del dispaccio inviato a Londra.

3 Il promemoria fu comunicato anche al re, a Crispi e a Sonnino. Esiste in AsMAE un altro promemoria più esteso, datato 21 giugno, sul quale cfr. CURATO, La questione marocchina, cit., pp. 550 sgg.

o l'eguaglianza di posizione con quella esistente fra l'Italia e l'Inghilterra, quale Potenza avente interessi comuni ai nostri nel Mediterraneo; posizione che consiste nell'esplicito e notorio intendimento di concertare, praticamente e caso per caso, quanto venga richiesto dalle opportunità, senza anticipazioni di carattere indeterminato sopra imprevedibili eventualità.

164 1 Il dispaccio fu inviato a Berlino col n. 22847/237, a Londra col n. 22867/251 e a Vienna col n. 22864/489.

165

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO URGENTE 205. Parigi, 17 giugno 1895, ore 18,20 (per. ore 21,30).

Via più diretta fra l'Italia e Londra essendo quella di Lucerna, Basilea, Calais, Douvres se S.A.R. il principe di Napoli, nell'andata e nel ritorno, e senza verun altro palese scopo di viaggio, evitasse quella via, credo che ciò sarebbe interpretato come affettazione di volere evitare territorio francese 1 .

166

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. URGENTE 1089. Parigi, 17 giugno 1895, ore 18,20 (per. ore 21,25).

Alla fine seduta, fu annunziata interpellanza deputato Pierre Alype, considerato come autorità in materia coloniale, circa intrighi Italia Abissinia e danni che derivano interessi francesi. Ministro degli affari esteri rispose che l'argomento aveva già attirato l'attenzione Governo, ma che non credeva venuto momento opportuno fare comunicazioni in proposito. Replicò l'interpellante interpretando risposta come rifiuto accettare interpellanza a cagione degli errori commessi dal Governo. Quest'ultime parole furono accolte da vivi segni disapprovazione, dopo di che, interpellante disse che convertirà sua interpellanza in altra circa tutta politica coloniale Gabinetto. Da varie parti della Camera, la dichiarazione del Governo fu accolta con grida «sarà troppo tardi» 1•

166 1 Il contenuto di questo telegramma fu comunicato in modo più ampio con R. 1984/574 del 18 giu gno, non pubblicato.

165 1 Risponde al n. 162, nota l.

167

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 763/339. Londra, 17 giugno 1895 (per. il 21).

L'esame attento di tutti i documenti ed informazioni che V. E. mi ha fatto l'onore di rendermi noti intorno alla quistione «armena» mi dispensa dall'occuparmi qui di tutti i precedenti della quistione stessa.

Allo stato attuale delle cose tutto passa in seconda linea di fronte alla situazione creata alle tre Potenze che ebbero il monopolio della quistione di cui si tratta dal rifiuto del sultano di accettare le loro proposte di riforme.

Non vi è bisogno di dire che i Governi interessati si trovano attualmente in una posizione molto delicata. Da un lato, il sultano non può affrettarsi a cedere alle tre Potenze ed abdicare a parte della propria autorità senza eccitare il fanatismo religioso musulmano e suscitare rappresaglie contro i cristiani forse peggiori di quelle che diedero luogo alla presente situazione. Dall'altro lato, l'amor proprio delle tre Potenze in quistione rende loro per lo meno spiacevole il retrocedere di fronte alla opposizione della Porta.

Ma non è men vero che, nei circoli politici più competenti qui in Inghilterra, si ritiene che le condizioni imposte dalle Potenze al sultano sono esagerate e dovranno subire un'attenuazione.

Il cambiamento avvenuto nel Governo turco e le garanzie di moderazione che presenta il nuovo gran visir1 hanno contribuito a rendere possibile un temporeggiamento utile alle due parti ed atto sopratutto a calmare gli spiriti. Qui si ritiene che senza bisogno né di un congresso, né di ricorrere a minacce, che potrebbero mettere in pericolo la pace europea, si arriverà ad un accordo tra la Sublime Porta ed i suoi momentanei avversari. lo non saprei qual parte potrebbe assumere l'Italia in questo lavoro destinato a sopprimere una posizione falsa; ma, pure avendo motivo di credere alla buona fede delle tre Potenze che maneggiarono la presente quistione, non debbo trascurare la peggiore delle ipotesi, quella cioè che l'accordo non fosse possibile tra la Turchia e le Potenze stesse e che queste venissero di fatto a trovarsi in istato di ostilità contro il sultano. In tal caso non sarebbe improbabile che senza colpo ferire l'Inghilterra cambiasse in possesso il protettorato dell'Egitto, la Francia facesse altrettanto rispetto alla Tunisia, occupando forse anche la Tripolitania, e finalmente la Russia (che ha aumentato i presidii di frontiera verso l'Armenia) occupasse qualche distretto dell'Armenia stessa. Se si fosse sicuri che queste operazioni suscitassero una guerra europea le tre Potenze suaccennate si asterrebbero dal perpetrarle. Ma la Germania e l'Austria sono esse interessate a fare la guerra per evitare una situazione che ridonderebbe ad esclusivo danno dell'Italia?

Da ciò scaturisce che malgrado l'improbabilità di avvenimenti simili è bene di non escludere la possibilità dei medesimi e pararli. Il far conoscere ai nostri alleati

che in un caso simile noi susciteremmo il casus foederis potrebbe persuaderli a non abbandonarci in una quistione vitale ed aiutarci a frustrare i progetti delle altre Potenze. Ripeto che ritengo non molto probabile l'ipotesi che ho esposta nel presente rapporto, ma che ravviso prudente non trascurarla.

Se poi dall'esame delle contingenze presenti ci eleviamo alla evoluzione che si prepara nell'equilibrio del Mediterraneo, è evidente che prima o poi i protettorati della Francia e dell'Inghilterra si trasformeranno in possedimenti definitivi.

Basta dunque che tra la Turchia e tali Nazioni esista uno stato di ostilità perché i pegni che sono nelle mani delle Nazioni stesse si trasformino nelle più facili conquiste.

A complicare la quistione potrà contribuire l'agitazione macedonica in Bulgaria intorno alla quale non mi sento competente ad esprimere opinione qualsiasi, ma ritengo che certamente tale complicazione imporrà all'Austria-Ungheria di non disinteressarsi della presente quistione.

167 1 Il 9 giugno era stato nominato gran visir Mehmed Said pascià Kiiçiik.

168

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 1990/578. Parigi, 18 giugno 1895 (per. il21).

L'incontro della squadra francese e della russa nelle acque danesi e l'entrata fatta insieme in quelle tedesche e nel porto di Kiel sono il complemento molto significativo delle pubbliche manifestazioni destinate a confermare le dichiarazioni del Gabinetto francese fatte in Parlamento circa la esistenza della alleanza franco-russa.

Soltanto chi abbia ostinatamente negato fede a tale vincolo, può cercare oggi ancora di mettere in dubbio la esistenza di un vero e preciso patto internazionale fra i due Paesi. Non è certo, dicono alcuni, che l'alleanza porti la firma dello czar. Altri sospettano che ali'accordo politico sia si sostituita una convenzione militare firmata dai capi dello Stato Maggiore dei due Paesi. Pare a me che questi particolari, sovra i quali è impossibile lo avere notizie certe, nulla aggiungano e nulla tolgano alla sostanziale importanza di un'intesa che ha permesso ai signori Hanotaux e Ribot le dichiarazioni parlamentari de Ili 10 giugno1 , ratificate, diremo così, dal pomposo conferimento dell'ordine di Sant'Andrea al signor Felice Faure e dall'entrata combinata delle squadre francese e russa a Kiel. Ne deriva una legittima e ben naturale soddisfazione in questi governanti e ne riceve alimento l'istintivo orgoglio della Nazione.

168 1 Cfr. n. 154.

169

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO CONFIDENZIALE 323/136. Cairo, 18 giugno 1895 (per. il 25).

Ho esaminato la nota di informazioni favoritami da V.E. col suo dispaccio 8 giugno (n. 112. Pos. 76)1 relativamente alla politica anglo-egiziana nel Sudan e ad una probabile ripresa di ostilità contro i dervisci. Mi farò, secondo il desiderio di V.E., ad esporre alcuni riflessi che mi sono suggeriti dalla lettura di quel documento.

Il passaggio di Slatin pascià al servizio dell'Intelligence Department, che fu a suo tempo riferito nella mia corrispondenza, pone naturalmente quell'ufficiale nell'orbita degli interessi inglesi, ma non sarebbe esatto il ritenere che «ogni sua azione o parola rappresenti il riflesso dei pensieri e delle vedute di lord Cromer». Nella sua qualità di militare, e vivendo fra commilitoni come lui portati per naturale inclinazione professionale ad augurare spedizioni ed imprese armate, egli rappresenta piuttosto le aspirazioni di quell'ambiente, anziché le opinioni di lord Cromer, il quale fu, ed è tuttora, opposto per sistema a simili imprese, fino a che almeno queste non siena rese inevitabili dalle circostanze. Tali circostanze, che potrebbero vincere le ripugnanze personali dell'agente britannico, non sono da escludersi assolutamente. Io anzi ammetto che la riconquista del Sudan essendo per se stessa un avvenimento che si imporrà presto o tardi all'Egitto, ogni giorno che passa ci avvicina alla sua effettuazione. Ma, ciò ammesso in tesi generale, e, per così dire, teorica, io credo si debbano fare le più ampie riserve circa la questione del tempo. Due ordini di fatti imprevisti potrebbero affrettare il corso degli eventi, e cioè: o un accidente (come per esempio la morte del kalifa o una ribellione locale) che sopravvenisse a creare nel Sudan uno stato di completa anarchia; oppure una qualche impresa degli agenti francesi nel Bahr-el-Gazal, tale da sollecitare l'intervento britannico a difesa dei suoi interessi in quella regione. Tanto l'una come l'altra di coteste due eventualità si trovano accennate più d'una volta nei miei precedenti rapporti, come elementi delle previsioni da farsi per l'avvenire; ma ho sempre ritenuto ed oggi ancora ritengo che sarebbe un errore il fame calcolo troppo immediato.

Quanto ad un disfacimento interiore del Governo mahdista, può ammettersi infatti, come dice la memoria, che questo si trovi in via di progressiva consumazione ma il processo ne è lento, e, per quanto almeno se ne sa qui, non risulta che esso abbia precipitato in modo apprezzabile dopo la partenza di Slatin. Le opinioni di quest'ultimo circa le diverse eventualità da attendersi nel caso di un attacco degli egiziani, e in quello della morte del califfo, sono accuratamente esposte nella relazione segreta compilata, dopo il suo arrivo in Cairo, dall'Intelligence Department. Di questa relazione, piuttosto voluminosa, ho mandato, come di consueto, l'esemplare da me posseduto al generale Baratieri a Massaua, né so se il R. Governo ne riceva di là comunicazione. A illustrazione tuttavia del presente rapporto, stimo utile aggiungervi la traduzione da me fatta di alcuni brani di quel documento. Risulta da esso (annesso I) 2 che Slatin

pascià crede, in caso di attacco, ad una forte resistenza del califfo, e i termini da lui adoperati non confermano le espressioni attribuitegli dal padre Rossignoli nella sua conversazione col signor Nerazzini, comunicatami da V.E. Lo stesso Slatin, parlando meco di queste cose, mi ha detto invece, come lo esposi in un mio rapporto del 30 marzo 1895 3 , che, per assicurare il successo di una spedizione nel Sudan, occorrerebbero, ora, circa 25 mila uomini. Rimane il caso della morte del califfo, che di certo muterebbe lo stato delle cose: ma l'Abdullah non ha che 47 anni, e il fare assegnamento sulla sua imminente scomparsa sarebbe un calcolo troppo ipotetico.

Vengo ora alla seconda eventualità, a quella cioè di una supposta avanzata dei francesi nel Bahr-el-Gazal, verso il Nilo. Il vero è che assai poco si conosce della situazione attuale di quelle regioni. Essendo però lecito ritenere che le notizie più attendibili sieno ancora, pel momento, quelle raccolte dall'Intelligence Department, e per il caso che il r. ministero non ne abbia già cognizione, credo bene rimettere qui unito un altro brano della relazione sopra ricordata, che appunto allude a quegli avvenimenti (annesso II). Un telegramma dell'agenzia Reuter annunciava ieri uno scontro che avrebbe avuto luogo fra l'Delle ed il Nilo, e nel quale i belga avrebbero inflitto gravi perdite ai dervisci, ritiratisi quindi su Reggiaf. Non si indica però alcuna data e qui si ritiene che il fatto in questione sia probabilmente il medesimo che si annunciò tempo fa essere avvenuto a Dongu e riferito nel mio rapporto n. 255/100, del 6 maggio u.s. 4 . Se ciò è vero, esso risalirebbe a quattro mesi almeno in addietro, e non risulta che ne sieno derivate, finora, le conseguenze che accennavo potersene temere. Ieri poi, un giornale arabo di qui, El Mohattam, pretendeva sapere di una rivolta scoppiata contro i mahdisti nel Darfur. Ma tutte queste notizie di provenienza indigena vogliono essere accolte con somma cautela, sia perché il più spesso molto esagerate, e sia per la incertezza delle date, che loro toglie ogni valore positivo. Comunque sia, il pericolo di qualche impresa degli agenti francesi, che si aggirano da quelle parti e che in virtù del recente trattato col Belgio avrebbero diritto di sostituirsi ai congolesi, preoccupa seriamente, come più volte ebbi ad accennarlo, questi ufficiali britannici: taluni fra essi, e dei più alto locati, non esitano, in privato, ad esprimere l'opinione che in quelle regioni si deciderà, in giorno non lontano, la contesa fra il loro Paese e la Francia per la supremazia nel continente africano.

Lord Cromer, per contro, il quale naturalmente si mostra assai più riservato, non sembra, per adesso, interessarsi oltre misura a quel lato speciale della questione, il cui nodo essenziale risiede, ai suoi occhi in Egitto stesso e, in ultima analisi, in Europa. Non mi occorre ripetere qui le obbiezioni troppo spesso riferite, che rendono l'agente britannico alieno da una spedizione nel Sudan. Se egli ora la vede più vicina, non è, secondo me, nella forma di una impresa isolata, quale sarebbe stata possibile alcuni anni or sono, ma in connessione colla questione egiziana in generale, la cui soluzione, egli comincia a credere, non si potrà facilmente protrarre molto a lungo.

Per quanto altri voglia pretendere che si esagera in questo affare l'importanza del lato finanziario, sta di fatto che esso ne costituisce la base più immediata. Se anche le difficoltà militari fossero minori di quanto si suppone, è certo che per procedere nell'impresa a colpo sicuro, accorreranno somme ingentissime, quali l'Egitto potrebbe procurarsi soltanto col disporre delle economie realizzate dalle recenti conversioni. Ora,

non è a sperarsi che la Francia e la Russia vi consentano, se non a condizioni che implicherebbero questioni vitali per la situazione dell'Inghilterra in Egitto. Né di certo si eviterebbe questa difficoltà, quand'anche il Governo britannico si appigliasse al rischioso espediente di forzare la situazione, facendo per esempio votare la concessione di quei fondi dalla Commissione del debito, a maggioranza di quattro voti contro due, dopo di essersi preventivamente assicurati quelli delle Potenze amiche, e ciò nel supposto che le riuscisse di ottenere l'assenso della Germania mediante qualche adeguato compenso.

Se dunque si ammette che, nelle circostanze politiche presenti, il decidere la ripresa del Sudan equivale a riaprire formalmente la questione intera dell'occupazione inglese in Egitto, questione che, come mi diceva giorni sono lord Cromer, è ormai divenuta insolubile senza uno strappo, ciò fa grandemente esitare acl assegnare una data alla crisi di una situazione tanto complessa. Per non considerare che uno dei suoi lati, mi pare che sia prematura ogni previsione, fino a tanto, almeno, che non sia decisa la sorte dell'attuale Gabinetto in Inghilterra.

In quanto concerne particolarmente gli interessi nostri nell'Eritrea, sono troppo evidenti le ragioni che debbono farci augurare prossimo lo stabilimento al nostro confine di un Governo regolare ed ordinato, in luogo degli attuali incomodi e costosi vicini. Non ho competenza per giudicare delle considerazioni di ordine strategico esposte nella memoria comunicatami, né della misura in cui i sacrifizi di una nostra eventuale cooperazione armata potrebbero riuscir compensati dagli acquisti territoriali cui allude quel documento. Soltanto è mio dovere l'osservare che l'affermazione in esso contenuta «essere opinione in Cairo che molto probabilmente sarà chiesta la cooperazione militare dell'Italia», non mi risulta fin qui comprovata da alcun indizio serio, mentre poi l'incertezza che ancora domina l'intera questione, nemmeno giustificherebbe per il momento il pensiero di una simile proposta.

Il cenno riprodotto del rapporto annuale di lord Cromer, relativo alla tranquillità della regione di Suakin dopo la nostra occupazione di Cassala, è la constatazione di un fatto notorio, la quale trovava sede naturale in quel documento. Per le ragioni sopra esposte, sarebbe un errore il dedurre da quella semplice frase conseguenze di maggiore entità. Lo stesso si dica della visita del colonnello Sartorius a Massaua. Lord Cromer ne ebbe cognizione, per la prima volta, da un nostro ufficiale di là proveniente, che ebbi occasione di presentargli giorni sono. Egli se ne mostrò un momento sorpreso, e disse celiando: «quei signori hanno dunque riuscito a farmela!»; alludendo con ciò a due altri casi, a me già noti, di ufficiali che avevano domandato di recarsi a Massaua e ne erano stati da lui dissuasi, mentre questa volta si era presa la via di Roma senza interpellarlo. In famigliare colloquio, egli mi ripeté quanto aveva già avuto a dirmi varie volte, cioè non piacergli troppo questi convegni senza necessità fra militari, mentre, ricordando di essere stato militare egli stesso, sapeva che le naturali tendenze professionali finivano spesso per farne uscire proposte e combinazioni costose, che i finanzieri, loro avversari nati, dovevano poi combattere. Appunto perché si tratta di un incidente senza importanza, credo poterlo qui riferire, come quello che indica, se non altro, che questo agente britannico non è, ora più di prima, favorevole a progetti bellicosi nel Sudan.

Ben altro è il suo linguaggio, quando si allude a minacce esteriori contro la situazione dell'Inghilterra in Egitto. «Tutte le volte, egli mi disse un giorno, che il mio Governo mi richiese di avviso circa la questione egiziana, ho sempre risposto col semplice consiglio di rafforzare la sua flotta».

169 1 Non pubblicato. 2 Non si pubblicano gli annessi.

169 3 Non pubblicato nel vol. XXVI della serie II. 4 Non pubblicato.

170

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. RISERVATO 23284/538. Roma, 19 giugno 1895.

Mi riferisco al telegramma di V.E. in data del 17 corrente 1 .

Abbiamo durato molta fatica ad impedire che nella opinione pubblica amica si attribuisse sinistro significato al linguaggio tenuto dal signor Hanotaux, in occasione della interpellanza alla Camera francese del signor Pierre Alype.

L'impressione qui ricevuta è che il ministro avrebbe dovuto almeno fare riserve circa le parole offensive che furono pronunziate all'indirizzo della politica italiana: è sembrato, invece, che il signor Hanotaux si sia riservato di dar seguito ai suggerimenti dell'interpellante, quando la Francia, o per il Madagascar o per altre circostanze, si trovi più libera nella sua politica di negazione del nostro protettorato in Etiopia.

Il Governo francese, ad ogni modo, avendo conservato davanti al pubblico un contegno tanto diverso da quello pubblicamente assunto dall'Inghilterra nella questione degli ajuti morali e materiali ai ribelli in Abissinia, ci sembra veramente cosa poco verosimile l'aspettazione, da parte sua, che noi prendiamo la responsabilità di far, con una visita del principe di N a poli a Parigi, l'esperienza arrischiata delle disposizioni così mal preparate, del pubblico francese, in un momento in cui l'accoglienza più amichevole aspetta in Inghilterra il principe ereditario e la squadra italiana, e mentre l'E.V., col suo consueto accorgimento, ci segnala un'agitazione a Parigi, della quale resta incerta la durata per le dimostrazioni navalF.

171

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO A PECHINO, BARDI

D. 23506/10. Roma, 19 giugno 1895.

Da notizie pubblicate sui fogli inglesi si desume che una della clausole del Trattato di Shimonoseki, riguardante la libertà della navigazione a vapore sul Sikiang, sarebbe stata omessa in occasione della ratifica avvenuta a Chefoo.

(D. riservato 23359/257) e Vienna (D. riservato 23358/497).

La scomparsa di tale clausola, risulterebbe a grave detrimento del commercio internazionale ed a vantaggio esclusivo della Francia, il cui interesse coloniale, riguardo alle sue possessioni del Tonkino, è quello di attirare lungo il Song-hoi la navigazione ed il commercio di quelle fertili regioni, e si presume che sarebbe questo uno dei compensi chiesti dalla Francia alla Russia per averla aiutata alla reddizione alla China del territorio di Port Arthur.

Su questi fatti e sulla loro attendibilità, come pure sulle conseguenze probabili degli ultimi avvenimenti e specialmente del prestito russo, non dubito che avrà recato attenzione la S.V., e che mi terrà informato di quanto le verrà fatto raccogliere, in seguito a sue inchieste particolari, su questo argomento1 .

170 1 Cfr. n. 166. 2 Il documento fu comunicato in pari data alle ambasciate a Berlino (D. riservato 23360/246), Londra

172

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA

D. RISERVATO 23708/70. Roma, 19 giugno 1895.

Credo opportuno di chiamare l'attenzione della S. V. sul dispaccio riservatissimo che, in data del20 gennaio 1895 (n. 2494) 1 io ho diretto al predecessore di lei in codesta residenza, acciocché ella ne abbia norma nell'azione che il rappresentante del R. Governo deve spiegare in Rumania.

171 1 Bardi rispose con R. 83/58 dell'8 agosto di cui si pubblicano i passi seguenti: <<L'apertura del fiume Sikiang, o fiume occidentale, è un interesse essenzialmente inglese. L'Inghilterra che entra essa sola, o che almeno entrava, prima dell'ultima guerra, per più del 70% nel commercio mondiale con la Cina, e che a prossimità dell'imboccatura di quel fiume possiede la prospera colonia di Hongkong, è naturalmente la più interessata ad aprire alla navigazione a vapore il fiume stesso che da Canton piegando ad ovest, attraverso numerose città e villaggi, s'inoltra nell'interno di due ricche provincie poco conosciute, l'Yunan ed il Kwangsi. L'interesse dell'Inghilterra ed anche quello eventuale delle altre Potenze che vogliano o possano competere con essa nel campo commerciale che offre il sud della Cina, si trova, in questo punto, in opposizione a quello della Francia, perché le due provincie di Yunan e di Kwangsi hanno altresì uno sbocco sul mare pel fiume Songhoi che scorre nel Tonkino, più ad ovest e press'a poco nella stessa direzione del Sikiang. La Francia cerca naturalmente d'attirare e facilitare la navigazione sul primo a spese del secondo. Ora, nella situazione attuale, l'accordo tra Francia e Russia si va facendo sempre più intimo, e continua lo scambio di buoni servigi; come, dall'altro lato, si accentua sempre più la separazione di queste due Potenze dall'Inghilterra ... Quali sieno precisamente i piani della Russia e come essa intenda valersi della preponderanza che va qui acquistando ogni giorno, sarebbe ora prematuro il dire. Certo è che essa si prepara e si rafforza per mare e per terra. Gli arrivi di navi russe, soldati e provvigioni sono continui. Molto probabilmente, a giudicare da parecchi indizi, essa mira ad un'annessione di territorio che permetta alla gran ferrovia transiberiana, la quale dovrebbe essere compita al principio del secolo, un tracciato più diretto, rimanendo sempre in territorio russo, verso Wladivostok, o meglio ancora verso Port Lazarew o altro porto della Corea che non sia, come Wladivostok, chiuso alla navigazione per sei mesi dell'anno ... Una guerra col Giappone entra pure certamente nelle previsioni del Governo russo>>. 172 1 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 854.

173

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, D'ASPREMONT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 475/164. Tangeri, 20 giugno 1895 (per. il 28).

Segno ricevuta e ringrazio l'E.V. del dispaccio div. I, sez. I, n. 19938/36, pos. 70, in data 27 maggio decorso 1 , col quale mi veniva comunicato che S.E. il ministro della marina aveva fatto cadere la sua scelta sul conte Moretti per proporlo al Governo sceriffiano quale comandante del legno marocchino «Bascir». Ho già preso tutte le disposizioni necessarie perché il sultano incarichi il conte Moretti del comando della sua nave.

Non le posso però nascondere, signor ministro, che c'imbatteremo in non poche difficoltà, e ciò per le ragioni che ebbi l'onore di esporre all'E.V. nel mio rapporto

n. 441!147 del2 corrente1•

Il mio collega di Gran Bretagna mi ha ancora di recente informato che tanto il ministro di Francia quanto quello di Spagna si adoperavano in ogni modo per impedire che il sultano ritiri la nave od almeno perché non ne affidi il comando ad ufficiali italiani. Secondo le informazioni del signor White, il signor di Monbel vuoi indurre il Makhzen a far costruire una nave in Francia, ed ha dichiarato, sembra, al Governo sceriffiano che se una nave verrà nelle acque marocchine con uno Stato Maggiore italiano, la Francia esigerà che il comando di un'altra nave sia affidato ad ufficiali francesi. Per parte sua il signor Ojeda ha fatto sapere, per mezzo del suo agente a Fez, alla Corte che la notizia che il sultano era in procinto di far venire il «Bascir» nelle acque marocchine avendo prodotto una grandissima impressione e malumore nell'opinione pubblica della Spagna, questa Potenza si vede nella necessità di esigere che il sultano ordini la costruzione di una nave nei cantieri spagnuoli e la faccia comandare da ufficiali della marina da guerra spagnuola. Questa domanda poi essi basano sul diritto che hanno le Potenze di avere dal Marocco parità di trattamento.

Come di leggieri s'intende, si propongono di allarmare il Makhzen con tali domande ed ostacolare l'azione nostra. Eppure il sultano dovrebbe essere edotto del come possa contare sugli ufficiali spagnuoli che sono al suo servizio. Ancora ultimamente, il Makhzen diede l'ordine che il vapore «Hassani» partisse pel capo Jubi. Il comandante spagnuolo fece tutto porre in ordine ma all'ultimo momento dichiarò che non si sentiva d'intraprendere quel viaggio ed il «Hassani» non partì. Salpò in sua vece uno dei piccoli vapori equipaggiati da' tedeschi.

Il signor Ojeda pare non voglia lasciarsi sfuggire occasione alcuna per intralciare quanto più può l'azione nostra al Marocco. Egli dimentica completamente il valido appoggio dato alla Spagna dal Governo del re nell'affare di Melilla, e non si vuole ricordare di essere venuto alla r. legazione nel mese di ottobre per chiedere l'opera nostra allo scopo di decidere il sultano a mandare un'ambasciata straordinaria a Madrid e così «cooperare alla pacifica soluzione del nuovo incidente che poteva nascere dal non avere il Makhzen dato esecuzione al Trattato di Marrakesh», incidente che egli bene sapeva sarebbe riuscito a sommo danno della Spagna.

D'altronde, in seguito agli impegni presi coll'Italia, il sultano non può far costruire navi in altri Paesi senza il nostro consenso. La qualità poi del conte Moretti di ufficiale in ritiro e non in servizio attivo, abilmente sfruttata, ci sarà, in questo momento, di grande aiuto; poiché quando il gran vizir sarà persuaso che tanto il comandante quanto lo Stato Maggiore e l'equipaggio saranno nominati dal sultano stesso e che saranno unicamente al suo servizio, egli non presterà più tanta fede alle parole di altre persone che gli assicurano che la presenza nelle acque marocchine di un legno comandato da ufficiali che si trovano simultaneamente al servizio dell'Italia e del Marocco sarà cagione d'innumerevoli dispiaceri ed attriti colle altre Potenze.

Le notizie che ebbi l'onore di trasmettere all'E.V. sulla formazione della commissione sceriffiana che si dovrà recare in Italia, danno a bene sperare sul prossimo e definitivo regolamento della questione della nave da guerra «Bascir».

173 1 Non pubblicato.

174

COLLOQUIO FRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, BÙLOW 1

APPUNTO. [Roma,] 21 giugno 1895, ore 15,30.

Il barone de Biilow giunge alle ore 15,30 secondo il convenuto. Il primo argomento, del quale si occupa, è l'alleanza franco-russa. Chiede, se io la creda possibile.

Politicamente sarebbe un danno per la Russia, poiché si associerebbe ad un Governo, che dà asilo agli anarchici, e che essendo repubblicano non può tollerare le monarchie. E poi, quali potrebbero essere i patti?

175

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. RISERVATO 23970/506. Roma, 21 giugno 1895.

Il barone Bruck è venuto a tenermi un linguaggio conforme agli ultimi rapporti dell'E.V., aggiungendo che il conte Goluchowshi faceva studiare la questione eritrea in seguito alle osservazioni ch'ella gli aveva fatte1 . Ho precisato al barone Bruck le istruzioni mandatele, aggiungendo che le altre Potenze, eccettuate Francia e Russia, le quali

persistono a contestare il nostro protettorato, hanno preso atto delle nostre dichiarazioni di diritto; e che non credevamo che l'Austria-Ungheria, alla quale non facemmo appello se non come firmataria degli Atti di Berlino e di Bruxelles, potesse ritenere conveniente di tenersi a metà distanza tra il gruppo franco-russo e le altre Potenze in una questione che interessa il diritto internazionale vigente e le corrette relazioni tra Potenze europee. Ho notato che era stata discrezione da parte nostra il non fare appello al casus foederis, in circostanze in cui gli aiuti che ne giungevano alla ribellione ci mettevano in diritto di bloccare i porti del protettorato francese della baia di Tagiura, mentre la Francia ci aveva notificato il casus foederis dichiarandoci ufficialmente non essersi potuto procedere alla firma di accordi di delimitazioni che implicavano il riconoscimento delle rispettive zone d'influenza e di protezione, perché nel frattempo avevamo rinnovato la Triplice Alleanza, onde l'alleanza stessa è dichiarata dalla Francia motivo di porre l'Italia fuori del diritto stabilito dagli Atti di Bruxelles e di Berlino.

174 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi. 175 1 Cfr. n. 158.

176

COLLOQUIO FRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E L'AMBASCIATORE DI SPAGNA A ROMA, BENOMAR 1

APPUNTO. [Roma], 22 giugno 1895, ore 11.

Il conte di Benomar alle ore 11, giusta il mio biglietto, giunge a casa mia. M'informa, che il suo Governo è pronto a rinnovare la precedente convenzione. Si discorre su questa, sui suoi scopi, sui benefizii delle due Nazioni. Lieto delle feste dell'Inghilterra al nostro naviglio. Interesse della Spagna e del

l'Italia a star unite all'Inghilterra per la tranquillità del Mediterraneo.

Interessi marocchini -ed ambizioni della Francia.

Chiede, se io credo alla alleanza franco-russa. Incredulità. Scopi pericoli.

177

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 207. Parigi, 22 giugno 1895, ore 15,05 (per. ore 17,35).

Telegrafo al presidente del Consiglio circa non buona impressione che produce scelta itinerario dei principi realF.

176 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi. 177 1 Per la risposta cfr. n. 179.

178

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1119. Parigi, 22 giugno 1895, ore 17,40 (per. ore 21).

Ricevuto dispaccio di V.E. 19 corrente1 . Mio rapporto del giorno precedente 2 avrà, spero, modificato prima impressione circa risposta Hanotaux all'interpellanza Alype. Questo ministro felicitandosi di essere riuscito a rifiutare la discussione da lui ritenuta intempestiva, mi rinnovò la dichiarazione della sua intenzione di esaminare amichevolmente con noi questione di vicinato africano durante le vacanze parlamentari. In ogni modo ripetute dichiarazioni non mutano la sostanza, né la posizione delle questioni; ma non ci autorizzano a parer mio a disconoscere il carattere amichevole di esse. Le manifestazioni della simpatia russa hanno, nei passati giorni, fatto una felice diversione nel sentimento pubblico rispetto alla presenza delle navi francesi a Kiel e furono evitate le popolari dimostrazioni che si attendevano. Le notizie fin qui avute non mi fanno prevedere alcun dispiacevole incidente pel 24, anniversario assassinio Carnot.

179

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATO 196. Roma, 22 giugno 1895, ore 22,40.

Itinerario principP stabilito in vista evitare dimostrazioni realiste in Francia, alle quali Governo del re ha voluto togliere pretesto desiderando dimostrare sue buone relazioni col Governo della Repubblica 2 .

180

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

D. RISERVATISSIMO 23961/391. Roma, 22 giugno 1895.

Mi riferisco ai suoi telegrammi del 10, 18 e 21 corrente2 e le confermo i miei del 20 e del223 .

2 Con T. 990 del 25 giugno Blanc comunicò a Tomielli e Perrero: <<Mentre sposi prenderanno via Ostenda, principe di Napoli e conte di Torino passeranno per Calais via Gottardo senza fermarsi a Parigi>>. 180 1 Ed. inLV92, p.78.

2 Cfr. n. 149. I telegrammi 1095 del18 e 1111 del 21 giugno non sono pubblicati.

3 T. 958 e 968, non pubblicati.

I miei colleghi del Gabinetto ed io ci troviamo nella impossibilità di portare, con esatta e completa cognizione di causa, un giudizio qualsiasi sulle ragioni che possono avere indotto V.E. a presentare al Governo del re la domanda di essere richiamato, in un momento in cui la sua presenza nella Colonia è tanto più necessaria e preziosa, per trar profitto da una situazione che tocca ora il suo punto culminante e che deve avviarci alla soluzione del problema africano.

Scorrendo il carteggio scambiato con l'E.V. in quest'ultimo periodo di tempo, cerco invano gli elementi che valgano a spiegarmi la sua determinazione.

Se esistono fatti che io ignoro, se esistono motivi che sieno a me sfuggiti, è necessario che gli uni e gli altri vengano espressi al Governo, prima che esso possa indursi a prendere un provvedimento della cui gravità, specialmente nel momento attuale, lascio giudice la E.V.

Attendo quindi da lei un rapporto particolareggiato che mi apra tutto il suo pensiero 4 .

Io nulla posso dirle ora che non le abbia già detto nel mio carteggio ufficiale e privato. Aggiungo solamente che V.E. sa oramai quali siano gli intendimenti nostri nelle due questioni, politica e finanziaria, che sono intimamente tra loro collegate, e dalle quali dipende l'essere della nostra Colonia; e deve soprattutto esser convinta della piena fiducia che il Governo ha riposto e ripone nell'opera di lei. Le due questioni hanno dato occasione, tra me e lei, ad uno scambio amichevole d'idee, nel quale l'E.V., col suo patriottismo, e il Governo con la visione diretta ed esatta di ciò che è intimo sentimento del Paese, hanno dovuto, loro malgrado, mettere innanzi, come inesorabile pregiudiziale, l'argomento della spesa.

La preoccupazione finanziaria non ci ha, del resto, impedito di lasciare a lei mano libera nella attuazione del concetto di sagrificare ogni spesa, sia d'amministrazione, sia di lavori pubblici, qualsiasi spesa insomma che non abbia carattere di immediata ed assoluta necessità, alle esigenze superiori della difesa, portata ormai a Cassala, Adigrat e Adua, posizioni dalle quali ognuno deve essere convinto che non recederemo.

Sembrava quindi che tutto potesse accomodarsi tra noi, di comune accordo, col valido ausilio di chi ha reso gloriosa e simpatica, quanto altri mai, la impresa africana. E questa fiducia ancora non ci abbandona, ed è con essa che ora attendiamo la sua parola cortese e illuminata5 .

178 1 Cfr. n. 170. 2 Cfr. n. 166, nota l. 179 1 Risponde al n. 177.

181

IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

L. PERSONALE. Roma, 22 giugno 1895.

Le sono gratissimo della di lei cortese lettera\ la quale mi permette di scriverle privatamente di cose d'ufficio.

180 5 Mocenni, cui Blanc aveva comunicato il desiderio di Baratieri di essere richiamato, gli aveva rispo sto con N. 3757 del20 giugno: <<Per parte mia, e sempre per le stesse considerazioni note al Gabinetto, sarei del parere di non precipitare la soluzione e di avvertire il generale Baratieri telegraficamente che gli viene risposto per lettera. Nella lettera si potrebbe dirgli che, trattandosi di un provvedimento così grave, il Gover no prima di decidere desidera conoscerne i motivi più particolareggiati e per conseguenza per iscritto». 181 1 Del 7 giugno, non pubblicata.

Oggi stesso S.E. il ministro le dirige un dispaccio2 , che io vorrei pregarla di considerare, non solo come governatore dell'Eritrea e come generale glorioso, ma come amico.

Nessuno più dell'on. Blanc apprezza ed ammira l'opera da lei compiuta; nessuno più di lui vorrebbe vederne conciliare le conseguenze con le necessità in cui qui ci dibattiamo. Ed egli non intende assolutamente rinunciare alla speranza che ella voglia perseverare nell'intento, come è sicuro che ella è il più indicato per riuscirvi.

Ella ci ha abituato ai miracoli, e quello che or si tratta di compiere è quello appunto a cui ella deve tenere di più, poiché ne dipende il coronamento dell'opera, e la visione, resa accessibile a tutti, che una tale opera è stata, è e sarà, non solo brillante ma proficua.

lo non ho autorità per pregarla di voler considerare tutto ciò. Non ho tuttavia potuto trattenermi dall'accennarlo, sicuro di dirigermi a chi tutto ciò può sentire.

180 4 Per la risposta di Barati eri cfr. n. 205.

182

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CIFRATO SEGRETO 1685/525. Vienna, 22 giugno 1895 (per. il 25).

Ho ricevuto il dispaccio n. 22864/4891 col quale V.E. mi comunica il promemoria relativo al suo modo di vedere circa il rinnovamento dei patti segreti tra l'Italia e la Spagna ora scaduti. Prego V.E. di farmi sapere se debbo dare comunicazione del detto documento al conte Goluchowski, e provocare il di lui avviso in proposito. L'argomento di cui si tratta è di quelli sui quali uno scambio d'idee colle Potenze alleate mi sembra richiesto 2•

183

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 2061/595. Parigi, 23 giugno l 895 (per. il 26).

Di ritorno da Kielle navi spagnuole che hanno assistito alla inaugurazione del canale, entreranno a Cherbourg. A questa visita una parte della stampa francese annette una importanza politica di cui non saprei misurare il fondamento. Sta però in fatto che, durante gli ultimi mesi, le relazioni fra la Spagna e la Francia ebbero un carattere di intimità che alcuni anni or sono certamente non aveano. Le relazioni del signor Leon y Castillo, il quale rimase in ufficio fino a questi ultimi giorni, benché egli fosse dimissionario fin dal momento in cui si costituì l'attuale Gabinetto Canovas, aveano con il signor Hano

taux un'impronta di singolare cordialità. Né il concorso della Spagna nelle pratiche amichevoli fatte a Tokio dalla Francia, Germania e Russia mi pare tale fatto che abbia potuto bastare a spiegare l'altro anormale di un ambasciatore notoriamente dimissionario che tuttavia resta in carica ed a giustificare le espansive dimostrazioni di cui i governanti francesi fecero segno il signor Leon y Castillo al momento della sua partenza da Parigi.

Senza avere alcun indizio speciale di un mutamento avvenuto nella orientazione della politica del Gabinetto di Madrid, mi pare presumibile che sovra di essa debba esercitare una influenza determinante la certezza della alleanza della Russia con la Francia. Nelle difficoltà che gli creavano le agitazioni dei rifugiati repubblicani spagnoli in Francia, il Gabinetto di Madrid avea contratto la consuetudine di rivolgersi alla Corte di Pietroburgo la quale, in alcune circostanze, non si era rifiutata di trasmettere qualche consiglio a Parigi. Da vario tempo di quelle agitazioni più non si parla ed il Governo della regina reggente, invece di sentirsi sempre più libero nei rapporti suoi con la limitrofa Repubblica, pare essersi alla medesima ognora più accostato quasi che, a fargli seguire altra via, più che la convinzione di ciò che reclamano i suoi più vitali interessi, avessero potuto determinarlo in passato secondarie considerazioni relative a certe minacce rivolte contro l'ordine interno di quella Monarchia. Non vorrei che a proposito della Spagna si avesse da verificare, in epoca a noi vicina, la predizione che un pubblicista francese attribuisce al principe di Bismarck e che, pur non avendo presentemente l'opportunità di verificare, non mi so trattenere di ripetere. In una lettera al conte Arnim il grande statista tedesco si sarebbe, nel 1872, espresso in questi termini: «La France sans allié est impuissante; nous devons faire en sorte qu'elle ne puisse en trouver un seul; car le jour où elle aura un allié, il lui en viendra dix».

Finora non si può discernere indizio che il Gabinetto di Parigi voglia, con l'appoggio della Russia, pigliare lo atteggiamento che da un periodico di Firenze, al quale negli ultimi tempi l'agenzia Havas sembra dare molta attenzione, gli viene supposto. Il sogno di Napoleone a Tilsitt non mi pare albergare nella mente del presidente Faure e dei suoi ministri. L'articolista della Nazione potrebbe essere piuttosto profeta che osservatore della realtà presente. Ma è certo che sta nell'indole di un'alleanza fra grandi Stati lo irradiare intorno a sé ed avrebbesi certamente torto di non formare delle previsioni in questo senso.

181 2 Cfr. n. 180. 182 1 Cfr. n. 164. 2 Per la risposta cfr. n. 186.

184

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 727/126. Bucarest, 25 giugno 1895 (per. il29).

M'affretto a segnar ricevuta alla E.V. del pregiato dispaccio a margine segnato1 , col quale chiama la mia attenzione sulle istruzioni contenute in quello riservatissimo del 20 gennajo scorso n. 2494/102 circa l'azione che il r. rappresentante deve spiega

re in Rumenia. Di detto dispaccio, subito segnalatomi dal cav. Melegari al mio arrivo qui, e che mi serve di complemento alle istruzioni verbali impartitemi dall'E.V., presi attenta lettura, come pure dell'altro stessa data n. 2493 3 . Non mancherò di attenermi strettamente alla linea di condotta tracciatami, e mi sforzerò con tutto lo zelo possibile di corrispondere per quanto sta in me alle intenzioni del R. Governo.

184 1 Cfr. n. 172. 2 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 854.

185

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 2108/604. Parigi, 26 giugno 1895 (per. il 29).

Fino dai primi tempi in cui assunsi la direzione di questa r. ambasciata portai la mia attenzione sovra due cose che mi sembrarono di molto interesse per le relazioni nostre di commercio con la Francia. Mi applicai cioè a seguire con speciale attenzione le diverse manifestazioni della opinione pubblica nella grossa questione del regime protezionista seguito negli ultimi anni da questo ricco Paese. Ebbi così l'occasione di notare a varie riprese nel mio carteggio ufficiale vari sintomi precursori dell'abbandono almeno parziale del sistema suddetto.

In sostanza fu il gruppo parlamentare che rappresenta l'interesse dei viticultori francesi quello che, riunendosi ai gruppi degli industriali e degli agricoltori così detti del nord, determinò la maggioranza che pervenne ad introdurre per il commercio internazionale della Francia il protezionismo il più assoluto. L'interesse dei viticultori si è andato modificando assai dopo che la loro produzione è rientrata ormai in condizioni normali; già si sente il bisogno di smerciare le grandi quantità dei prodotti vinicoli della Francia più che quello di proteggere la produzione contro l'importazione forestiera. È quindi da prevedersi, ad un'epoca forse vicina, una evoluzione di questo gruppo dei viticultori verso gli altri gruppi parlamentari che rappresentano gli interessi dello scambio commerciale, i quali rimasero fedeli alle idee liberiste che trovarono sempre largo appoggio nelle principali Camere di commercio, principalmente nei centri marittimi della Francia.

La prossima discussione parlamentare, alla quale darà causa l'accordo con la Svizzera, permetterà di vedere più chiaramente la misura in cui l'opinione pubblica francese si è modificata in questi ultimi tempi.

Delle trattative fra il Governo elvetico e la Francia circa la ripresa di accordi commerciali mi occorse informare il R. Governo nella misura, forse assai scarsa, delle notizie che mi era dato di quando in quando raccogliere circa un negoziato che era condotto in Berna, sul quale si teneva il più assoluto segreto appunto nel timore di vederlo intralciato da intempestive interpellanze nelle Camere francesi. Parvero a più riprese le trattative essere vicine a riescire, ma ancora recentemente al Ministero stesso del Quai

d'Orsay si era perduta la fiducia di giungere ad una pratica conclusione prima delle vacanze estive. Per ragioni che meglio si comprenderanno quando le imminenti discussioni nella Camera e nel Senato paleseranno gl'intendimenti dell'attuale Ministero, il signor Hanotaux fece in questi ultimi giorni una pressione vigorosa sul Governo federale, per costringerlo a scegliere fra la conclusione immediata, o l'aggiornamento indefinito della trattativa in corso. Il Consiglio federale, non senza resistere fino all'ultima ora sovra questioni di forma le quali, probabilmente, dovevano avere agli occhi suoi una importanza considerevole, finì per cedere e nel mattino di ieri giunse da Bema al Quai d'Orsay la notizia che l'accordo era concluso. Il signor Hanotaux consegnò immediatamente una noticina per la stampa che dall'Havas passò in tutti i giornali della sera.

Sostanzialmente essa dice, che il nuovo accordo fa rivivere in parte quello che il Parlamento francese respinse nel 1892. Le riduzioni dei dritti stabiliti nella tariffa minima a vantaggio della Svizzera toccavano in quell'accordo a 62 voci. La Camera aveva allora accettato la riduzione sopra venti di queste e respinto le altre quarantadue. Nel nuovo accordo sono state mantenute le riduzioni per le venti voci, già accettate dal Parlamento nel 1892, ed introdotte riduzioni per altre dieci voci. Le voci principali sovra le quali sono fatte le riduzioni dei dazi d'importazione sono: i formaggi di Gruyère, l'orologeria, i ricami su tessuti di cotone, alcuni tessuti di seta ed alcune macchine.

Appena sarà presentato il progetto di legge relativo a questo accordo, ciò che forse avrà luogo oggi stesso o domani, mi affretterò di mandame il testo. Si può ritenere in linea generale che nell'accordo con la Svizzera il Governo abbia voluto più che altro aprire la breccia nel campo trincerato del partito protezionista; per agevolarsi l'opera so che furono studiatamente evitate le riduzioni dei dazi che colpiscono i prodotti di maggior interesse per l'agricoltura francese, e del pari le riduzioni che, applicandosi per effetto del Trattato di Francoforte alla Germania, avrebbero favorito indirettamente le importazioni di quell'Impero in Francia.

Effetto di questo accordo è di mettere per dir così all'ordine del giorno in Francia la questione dei rapporti commerciali di questo Paese con il nostro, ed io debbo a questo riguardo narrare a V.E. che, poche settimane or sono, subito dopo le feste di MagentaI, il signor Hanotaux, nell'esprimersi in termini di viva compiacenza per l'esito delle medesime, soggiunse: sperare egli di avere prossimamente l'occasione di annunciarmi cosa che avrebbe certamente fatto piacere in Italia, ed ieri, in un abboccamento che ebbi con lui, egli mi disse essere la conclusione dell'accordo commerciale franco-svizzero appunto la cosa di cui mi aveva parlato nella citata occasione. Soggiungeva il ministro, che in Italia certamente avrebbe fatto buona impressione il vedere che il Governo francese esce dal sistema della protezione ad oltranza.

A completamento di questo rapporto mi è doveroso dichiarare che nelle varie volte nelle quali mi è occorso di conversare di questa materia, tanto con il signor Hanotaux, quanto con colleghi suoi del Gabinetto o con altri uomini politici, non mi accorsi mai che qui albergasse il pensiero che con l'Italia le trattative commerciali sono impossibili per ragioni d'altro ordine politico. Non mi appartiene né di affermare né di negare ciò che può essere esistito in passato; ma è certo che negli ultimi quattro mesi io nulla ho udito in Francia che alludesse anche soltanto lontanamente ad una

siffatta impossibilità. La difficoltà maggiore che si affaccia per una trattativa con l'Italia nasce dall'essere i principali nostri prodotti di esportazione appunto di quelli che trovano tuttora coalizzati contro di loro i grossi interessi della produzione francese.

184 3 Cfr. serie Il, vol. XXVI, n. 854, nota l.

185 1 Una delegazione militare francese aveva partecipato alla inaugurazione di un monumento in ricordo della battaglia di Magenta.

186

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. CIFRATO 24495/512. Roma, 27 giugno 1895.

Il conte di Benomar è venuto ieri a parlarmi del desiderio del suo Governo circa al noto rinnovamento. Mi sono assicurato, dal suo linguaggio, che egli era interamente a giorno delle osservazioni, che abbiamo incaricato il marchese Maffei di fare a Madrid circa il rinnovamento stesso; onde gli ho detto che non ci restava che da attendere le nuove proposte che il Governo spagnuolo volesse farci, dopo avere preso in considerazione le osservazioni nostre.

Queste sono note a V.E. ed al generale Lanza 1 , ed ella come il r. ambasciatore in Berlino, è previamente autorizzato a darne al Governo alleato presso cui è accreditato leale informazione verbale.

Il rapporto poi di V.E. del22 giugno 1895 n. 1685/5252 circa alla convenienza di precise informazioni ai Governi alleati sull'argomento, mi conferma nell'impressione che già avevo essere passato il periodo dei preliminari verbali; perciò, ho espresso al conte di Benomar il desiderio che la comunicazione che egli dovesse ora farmi avesse forma di promemoria segreto, dichiarandomi disposto a rispondere in ugual modo.

187

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PERRERO

T. RISERVATO 1032. Roma, 29 giugno 1895, ore 18,40.

Il Gabinetto di Vienna avendo domandato a noi, alla Germania e all'Inghilterra di dare il consiglio al Governo bulgaro di non far sorgere la questione macedone, gli ho risposto dividere il desiderio della tranquillità nella penisola balcanica ed essere disposto a concertare all'occorrenza coi due Governi amici il modo di associare i comuni consigli presso il Governo principesco. Prego informarmi se codesto Governo crede opportuno far passo effettivo ed in quale forma 1 .

(D. 24675/269).

2 Cfr. n. 182. 187 1 Per le risposte cfr. nn. 188 e 196.

186 1 Il dispaccio fu comunicato in pari data alle ambasciate a Berlino (D. 24674/256) e Londra

188

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1168. Berlino, 1° luglio 1895, ore 15,51 (per. ore 17,25).

Rispondo suo telegramma di jeri l'altro1 . Governo imperiale desidera fare passi comuni con Austria-Ungheria, Italia e Inghilterra verso Governo bulgaro per questione di Macedonia, ma non sotto forma collettiva. Oltre consigli di prudenza già dati, spedì ordini suo rappresentante a Sofia di comunicare Governo principesco, quando Austria ne prenda iniziativa, che «notizie giunte fanno ritenere agitazione macedone, se non promossa da Governo principesco, tollerata e favorita dai suoi aderenti. Gabinetto di Berlino crede far presenti gravi responsabilità che assume Governo principesco, alto biasimo che incontrerebbe».

189

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, RIVA

T. 1045. Roma, l° luglio 1895, ore 18,15.

Ella è autorizzata a fare lo stesso passo dei suoi colleghi d'Inghilterra e di Germania in appoggio ai consigli dell'Austria-Ungheria al Governo principesco per la tranquillità della Macedonia1 .

190

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1170. Vienna, l° luglio 1895, ore 18,30 (per. ore 21).

Ministro affari esteri mi ha detto che ha fatto pregare V.E. di unirsi alle Potenze alleate e all'Inghilterra per fare uffici a Sofia, perché non sia incoraggiata agitazione in Macedonia; aggiunse che questo passo non ha però carattere collettivo. Germania e Inghilterra hanno mandato istruzioni in questo senso ai loro rappresentanti a Sofia.

189 1 Con T. 1182 del 2luglio, non pubblicato, Riva comunicò di aver effettuato il passo.

188 1 Cfr. n. 187.

191

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DE FORESTA

D. RISERVATO 28099/115. Roma, l° luglio 1895.

Richiamo la di lei attenzione sul qui unito rapporto da Tangeril, dal quale risulta che continua più attiva che mai l'ostilità degli agenti spagnuoli contro l'opera, che si doveva considerare a Madrid di comune interesse, di aiutare il Marocco a garantire la sicurezza sulle sue coste.

Siccome da molto tempo abbiamo fatto al riguardo osservazioni che non sono state tenute in conto a Madrid, non vogliamo rinnovarle, ma solo far constatare che un tale stato di cose non è conforme ai buoni intendimenti che mostra qui l'ambasciatore di Spagna, ed è tale da avvalorare invece le assicurazioni, affatto contrarie, date dall'ambasciatore di Spagna a Parigi, le quali non furono mai sconfessate2 .

192

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. SEGRETO 1799/552. Vienna, l° luglio 1895 (per. il 9).

Secondo le istruzioni contenute nella cifra del27 giugno scorso n. 24495/5121, ho fatto conoscere verbalmente a S.E. il conte Goluchowski il contenuto del promemoria annesso al dispaccio di V.E. del16 dello stesso mese 2 , relativo al negoziato per il rinnovamento degli accordi colla Spagna. L'ho informato in pari tempo che

V.E. aveva detto al conte di Benomar che stava attendendo la proposta del Governo spagnuolo.

Il conte Goluchowski, nel ringraziarmi di questa comunicazione, espresse la sua convinzione, conforme a quella del conte Kalnoky da me trasmessa a suo tempo all'E.V., che sarebbe conveniente di procedere al pronto rinnovamento puro e semplice dei patti scaduti, senza chiedere modificazioni che il Governo spagnuolo non è disposto a fare. Il linguaggio del conte Goluchowski riflette interamente quello tenutomi già dal conte Kalnoky, del quale resi conto a V.E. con mio rapporto del 5 marzo 1895 (riservato) n. 661!2173 .

2 Cfr. n. 228. 192 1 Cfr. n. 186. 2 Cfr. n. 164. 3 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 962.

Il ministro i. e r. aggiunse che tale è pure l'avviso del Governo imperiale germanico.

191 1 Cfr. n. 173.

193

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 1800/5531 . Vienna, 1° luglio 1895 (per. il 10).

Ho chiesto oggi al conte Goluchowski se il Gabinetto di Vienna aveva preso una risoluzione circa le dichiarazioni di diritto fatte da V.E. con dispaccio del 20 aprile scorso2 , contro le continue violazioni commesse da Menelik delle disposizioni esistenti nell'Atto generale di Bruxelles. Il ministro i. e r. degli affari esteri mi rispose che la questione da noi posta era ancora allo studio, ma mi disse che il Governo austroungarico non prenderebbe certamente a questo riguardo un'attitudine diversa da quella presa dal Governo imperiale germanico.

194

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI1

T. 1050. Roma, 2 luglio 1895, ore 11,40.

A Vlangaly che mi affermava non avere la Russia in Etiopia interessi politici, ma solamente religiosi, ho risposto che il trattamento da noi usato alla missione svedese attestava imparzialità e liberalismo nostri in materia ecclesiastica; e nella ultima sua visita di congedo chiamai la sua attenzione sulla gravità del fatto che sole Russia e Francia persistessero a contestare la nostra posizione di diritto. Ora quando le accoglienze ufficiali agli etiopi in Russia prendessero aspetto politico, cioè di negazione del nostro diritto, le parole stesse di Vlangaly ci danno il diritto di protestare e V.S. può dimostrarsi sino da ora autorizzato a protestare, in base allo stato di ribellione e di ostilità di Menelik contro l'Italia.

2 Cfr. n. 45. 194 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 365.

193 1 Annotazione a margine: «19-7-95 Berlino -con dispaccio Parigi Londra Pietroburgo e a tutte le Potenze firmatarie dell'Atto di Bruxelles più Massaua e Cairo».

195

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

Roma, 2 luglio 1895, ore 12,45.

Voglia esprimere a lord Salisbury la nostra soddisfazione di riprendere fin da ora in completa intelligenza le relazioni con Sua Signoria cui annettiamo tanta importanza per la pace e per la sicurezza dei nostri comuni interessi.

196

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1172. Londra, 2luglio 1895, ore 20 (per. ore 20,10).

Governo inglese telegrafò suo agente diplomatico Sofia regolare completamente sua condotta con agente diplomatico austro-ungarico nella questione di Macedonia. Intanto, per mezzo stesso agente, diede consiglio amichevole Governo bulgaro perché impedisse o, occorrendo, reprimesse ogni disordine. Agente britannico rispose che Governo bulgaro si trova aver di fronte considerevoli difficoltà per raggiungere scopo, specialmente per natura frontiera. Foreign Office è alquanto preoccupato, causa specialmente debolezza Governo bulgaro: prevede necessità linguaggio più energico.

197

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 209. Pietroburgo, 3 luglio 1895, ore 16,20 (per. ore 20,20).

Lobanoff troncando finalmente reticenze mi ha detto essere esatto accoglienze ufficiali missione abissina. Ha aggiunto non avere Russia riconosciuto nostro pro

197 1 Ed., con data 2 luglio, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 365.

tettorato; potere neutri aver relazioni cordiali con belligeranti. Crederei indispensabile protesta scritta. Mando schema a V.E. insieme a rapporto confidenziale particolareggiato2.

195 1 Minuta autografa.

198

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1190. Parigi, 3 luglio 1895, ore 20, 10 (per. ore 6 del 4).

Nel colloquio d'oggi, ho fatto notare a ministro degli affari esteri nell'agenzia Havas la riproduzione di un articolo della Corrispondenza verde, nel quale è detto che la Triplice Alleanza è un ostacolo agli accordi commerciali italo-francesi. Gli dissi che attesa opinione in cui molti erano a Roma dell'esistenza rapporti fra quel foglio e l'ambasciata francese, la cosa era dispiacevole. Ministro degli affari esteri mi disse che erano chiacchiere giornali; nella commissione parlamentare per l'accordo francosvizzero non si è palesata intenzione emettere un voto limitativo per il Governo in vista accordi con altri Paesi. Discussione verrà Camera dei deputati lunedì, e se gli oppositori vorranno ottenere dichiarazioni in tal senso, Governo pare deciso mantenere sua libertà d'azione.

199

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1198. Tunisi, 4 luglio 1895, ore 18,10 (per. ore 21,35).

Residente generale si è imbarcato iersera per Francia. Fra i motivi dell'improvvisa partenza, stampa ufficiosa menziona proposito di trattare a Parigi e fare considerare sotto ogni aspetto dal Gabinetto francese, prima della chiusura delle Camere, questione prossima scadenza trattato italo-tunisino. Residente ha detto testé al console generale britannico che vuole adoperarsi senza ritardo per ottenere rescissione attuale trattato anglo-tunisino offrendo mantenere condizioni vantaggiose per alcuni articoli interessanti maggiormente commercio inglese. Molti credono che la partenza del signor Millet preluda ad un richiamo.

197 2 R. riservatissimo 296/164, pari data, non pubblicato.

200

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, FERRERO, E A VIENNA, NIGRA

D. GAB. SEGRETO 1 . Roma, 4 luglio 1895.

Il conte di Benomar venne ieri a darmi confidenziale comunicazione d'una lettera del duca di Tetuan concepita in questi termini:

«le partage les sentiments du baron Blanc quant à maintenir, avec pacte ou sans pacte, les memes relations amicales et la meme union étroite que nous soutenons avec l'Italie depuis 1887, et je ne changerai en rien cette politique quelque soit le résultat des négociations pendantes.

Le marquis Maffei a fait à la reine la communication dont vous parlez. Sa Majesté a été très reconnaissante et l'a appréciée dans toute sa valeur. Vous pouvez en donner l'assurance a M. le baron Blanc».

La comunicazione cui allude il duca di Tetuan fu fatta dal marchese Maffei alla regina reggente il giorno 18 maggio 1895 2 , allorquando disponendosi il nostro ambasciatore a venire in Italia, egli fu, secondo l'uso, ricevuto da Sua Maestà in udienza di congedo. Attenendosi alle istruzioni ch'io gli aveva impartite, il marchese Maffei evitò ogni commento sul passato, e si espresse coll'augusta sovrana in quegli stessi termini di sincera amicizia per la Spagna cui si inspirava la conclusione del dispaccio da me diretto a V. E. (per Londra ai rr. ambasciatori in Vienna e Berlino) il 4 dello scorso maggio 3 .

Finita la lettura della lettera pervenutagli dal duca di Tetuan, il conte di Benomar mi chiese, in via del tutto confidenziale e nell'interesse del miglioramento della posizione reciproca dei due Paesi, quali fossero gli ostacoli ad un rinnovamento puro e semplice dei patti scaduti. Gli risposi che quegli ostacoli consistevano nell'essere stata puramente e semplicemente affermata in massima, ed attuata in pratica dai Gabinetti spagnuoli una politica diametralmente contraria a quella che quei patti comportavano. Per accondiscendere al desiderio dell'ambasciatore mi riservai di far raccogliere gli appunti che dalla nostra diplomazia si fanno alla diplomazia spagnuola; e di poi gli feci consegnare brevi manu il sunto qui annesso d'informazioni pervenute al r. ministero.

Non ci resta, dopo ciò, che di aspettare le comunicazioni scritte (ed ostensibili ai Governi alleati secondo quanto scrissi a V.E. (per Berlino e Londra al conte Nigra) nel mio dispaccio del 27 giugno ) 4 , che il Gabinetto di Madrid creda di farci, per intelligenze, sia di massima, in vista d'una schietta adesione alla politica difensiva della Triplice Alleanza ne Il 'interesse della pace del continente, sia di fatto, in base ad una pra

2 Cfr. n. 112. ·

3 Cfr. n. 84.

4 Cfr. n. 186.

tica comunanza di condotta coll'Italia e coll'Inghilterra negli affari di interesse mediterraneo che si vanno svolgendo nella pace.

(Per Vìenna) P.S. Ricevo il dispaccio segreto di V.E. del l o luglio5 . Dal contenuto di questo mio dispaccio ella rileverà che son d'accordo nel riconoscere desiderabile il rinnovamento puro e semplice dei patti scaduti purché essi non siano modificati anzi puramente e semplicemente annullati e talora diretti contro il loro scopo, dalla continuazione di procedimenti di massima e di fatto, inconciliabili con lo spirito e colla lettera di essi. Per esempio in questo stesso momento il conte di Benomar insiste perché la nave ordinata dal sultano del Marocco a Livorno non sia comandata da un italiano, che pure non è punto al servizio del R. Governo. Vi è qualche apparenza che il Gabinetto di Madrid desideri solo far risultare rifiutato da noi il rinnovamento dei patti che, non per fatto nostro, esso lasciò scadere.

ALLEGAT06

SUNTO DI OSSERVAZIONI CONTENUTE NEI RAPPORTI PERVENUTI AL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

Roma, 3 luglio 1895.

l) Il Gabinetto di Madrid ha approfittato d'ogni occasione per evitare qualsiasi comunanza di linguaggio con i Governi che più o meno dimostrarono di essersi avvicinati alla politica pacifica della Triplice Alleanza; anzi ha rinnegato in ogni occasione, a parole ed a fatti, qualsiasi solidarietà politica coll'Italia.

2) I tentativi dell'Italia per ravvicinare la Spagna all'Inghilterra sono stati declinati in circostanze decisive con obbiezioni contro la posizione degli inglesi in Gibilterra.

3) Nelle questioni relative all' <<hinterland>> delle coste africane del Mediterraneo che più interessano la Spagna, l'estensione delle comunicazioni francesi, anche verso le oasi del sud marocchino, risultarono considerate dal Gabinetto di Madrid quali argomenti di transazione tra Spagna e Francia.

4) I provvedimenti presi dal Marocco col concorso disinteressato dell'Italia per difendere da sé la propria indipendenza ed integrità, mediante le armi fabbricate da italiani a Fez e mediante una nave ordinata dal Governo marocchino al cantiere Orlando in Livorno, anziché essere considerati dagli agenti spagnuoli come l'attuazione d'interessi comuni, sono stati da essi e dagli ufficiosi spagnuoli osteggiati e posti ingiustamente in luce sospetta.

5) Nell'affare dei consolati a Fez che sollevò la questione dell'abuso di protezioni politiche sopra capi-tribù potenti dai quali dipende il riconoscimento stesso dei nuovi sultani, quistione che implica inosservanza dei trattati e pericoli tangibili per l'indipendenza, la pace interna e l'integrità territoriale del Marocco, il Governo spagnuolo si è attenuto allo stesso contegno della Francia, anziché alle riserve fatte dall'Inghilterra e dall'Italia contro detto abuso; gli ufficiosi di Madrid hanno costantemente sostenuto che le questioni relative all'indipendenza e all'integrità del Marocco interessavano anzitutto Spagna e Francia; e nei negoziati per la pace

di Melilla il Gabinetto di Madrid si è dimostrato accessibile alle combinazioni politico-finanziarie dei sindacati francesi, respinte invece a Roma e a Londra.

6) Nelle questioni relative al contrabbando delle armi a favore degl'insorti marocchini, ed alla pirateria che ricomincia ad infestare le coste africane fronteggianti la Spagna, nessuna entratura per intelligenze con l'Italia e con l'Inghilterra ebbe accoglienza a Madrid, ed ultimamente la diplomazia spagnuola dimostrò diffidenza, anziché felicitarsene in nome della solidarietà d'interessi per il desiderio del sultano del Marocco d'impiegare marinai italiani a bordo di una sua nave.

7) La Spagna ha assunto un contegno diverso dal nostro nella questione cino-giapponese, senza fare alcuna comunicazione, né procedere ad alcuno scambio di vedute coll'Italia alleata sulle intelligenze che stabiliva, invece, con Potenze non alleate, non imitando il procedimento della Germania, che prima di prender parte ai passi della Russia e della Francia, fece opportune comunicazioni ai suoi alleati. La Spagna apparve continuare la sua adesione alla politica franco-russa nell'Estremo Oriente, anche dopo che quella politica venne nei circoli francesi spiegata quale avviamento ad intimazioni di quel gruppo all'Inghilterra per lo sgombro dell'Egitto.

8) Le tendenze di esclusivismo commerciale hanno contribuito a rendere più difficili le buone intelligenze politiche fra l'Italia e la Spagna.

200 1 Con questo documento inizia la serie dei dispacci di Gabinetto. Esso fu inviato a Vienna col n. l, a Berlino col n. 2 e a Londra col n. 3. A margine il seguente appunto: <<N.B. Il dispaccio a Vienna fu spedito dopo ricevuto il rapporto del l o luglio n. 1799/552>> [cfr. n. 192].

200 5 Cfr. n. 192. 6 L'allegato riprende quanto scritto in due appunti di Blanc del 15 e 21 giugno.

201

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CONFIDENZIALISSIMO 870/339. Berlino, 4 luglio 1895 (per. l' 8).

In possesso del dispaccio del 27 giugno da V.E. diretto al r. ambasciatore a Viennal, e comunicatomi per opportuna mia norma, ho fatto verbalmente a questo sottosegretario di Stato al Dipartimento degli esteri il giorno 2 corrente le partecipazioni confidenziali di cui in quel dispaccio è parola. La sera stessa, trovandomi in casa del cancelliere dell'Impero, in occasione di un pranzo di famiglia, questi mi espresse la speranza che le nuove nostre trattative iniziate colla Spagna siano coronate da buon risultato, sebbene egli dubiti che il Governo spagnuolo sia ora capace di prendere risoluzioni che pur sono nel suo interesse.

Sua Altezza si astenne però dall'esprimere il suo parere sulle comunicazioni da me fatte al barone Rothenan, molto probabilmente, perché non conosceva bene la questione. Ieri però il barone Holstein mi disse che egli (leggi il Governo imperiale) trova perfettamente giusto il punto di vista su cui si è posto V.E., e giustificata la posizione presa dal Governo del re per la rinnovazione degli accordi esistenti colla Spagna.

201 1 Cfr. n. 186.

202

IL CAPO GABINEITO, MAISSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

APPUNTO. Roma, 6 luglio 1895.

Il conte di Benomar consegna questo pro-memoria di sua iniziativa senza istruzioni del suo Governo.

Se l'idea che è enunciata non può essere accolta egli desidera che il pro-memoria gli sia restituito, e che si faccia conto che egli non abbia parlato. Si asterrà dal riferire al suo Governo il passo da lui fatto.

Egli vede un pericolo nel fatto che vi possano essere al Marocco parecchie navi da guerra marocchine comandate ciascuna da un ufficiale di marina di diversa nazionalità.

La Spagna non essendo Grande Potenza marittima non ecciterebbe la gelosia che desterà certo l 'Italia. Unico scopo che il conte di Benomar si propone è di ristabilire tra l'Italia e la Spagna quelle intime relazioni che egli vi lasciò or sono due anni. L'accoglimento della sua proposta sarebbe un passo importante su quella via1•

ALLEGATO

MINUTE DE CONFERENCE

L'ambassadeur d'Espagne manifesta qu'en vertu des articles 25 et 26 du traité de commerce entre l 'Espagne et le Maroc, signé à Madrid le 20 novembre 1861, le sultan céda à l'Espagne le dro i t de police sur !es carabos du Riff pour empecher la piraterie. Le sultan s'est engagé à aider l'Espagne dans ce but.

En vertu de ce droit, le Gouvernement espagnol établit en 1862, d'accord avec le sultan, !es règles suivantes:

l) Les carabos du Riff pour naviguer librement devront prendre un passeport des consuls espagnols au Maroc ou des gouverneurs de Ceuta, Melilla, el Pefion, Alhucemas ou Chafarinas.

2) Dans ces passeports rédigés en espagnol et en arabe, il était défendu aux équipages des carabos d'avoir des armes à bard.

3) Tous les carabos qui seraient trouvés par un croiseur espagnol sans passeport ou ayant des armes à bard, seront confisqués.

Depuis quelques années ces règles sont tombées en désuétude, mais vu que les tribus du Riff recommencent ses pirateries, le Gouvernement espagnol se propose de !es rétablir dans l'intéret de la siìreté de la navigation de la Méditerranée.

Le ministre des affaires étrangères dit que son Gouvernement en facilitant au Gouvernement du sultan l'achat, dans !es chantiers italiens, d'un navire de guerre a eu en vue de donner au sultan !es moyens de coopérer avec l'Espagne pour réprimer la piraterie sur la còte du Riff, et que pourtant le Gouvernement italien conseillera le sultan du Maroc de donner à un officier espagnolle commandement du navire.

202 1 Annotazione a margine di Maissa: <<D'ordine del ministro non gli fu fatta alcuna risposta, ed il conte di Benomar non tornò più con me sull'argomento>>.

203

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CIFRATO 306/169. Pietroburgo, 6 luglio 1895

(pa l'11).

Con vivo rincrescimento vedo l'indifferenza dei nostri giornali nella faccenda dell'ambasciata abissina in Russia e l'ottimismo della stessa Riforma (numero 2 corrente, pagina 2, colonna 2).

lo ho mandato al r. ministero le informazioni più complete possibili, ho riferito con esattezza i colloqui avuti col ministro degli affari esteri. Da quelle informazioni e colloqui scaturì e m'incombe il dovere di parteciparla a V.E. la mia convinzione assoluta che qui si lavora seriamente d'accordo col Governo francese contro ai nostri interessi in Africa e se non sapremo difendere i nostri diritti, l'Abissinia sarà irremissibilmente perduta per noi.

204

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1213. Parigi, 7 luglio 1895, ore 22,30 (per. ore 6 dell' 8).

Parlandomi del ricevimento fatto a Roma alle LL.AA.RR. duca e duchessa d'Aosta, questo ministro degli affari esteri notava soddisfazione generale prodotta in Francia da quelle nozze, non solo fra gli affezionati della famiglia Orléans, ma anche fra i repubblicani. Egli mi disse avere ricevuto dall'ambasciatore di Francia a Londra un giudizio sulle rimarchevoli qualità di S.A.R. principe di Napoli. Il Governo francese aveva molto apprezzato il garbo con cui da parte nostra si era condotto tutte le cose e si sarebbe veduto con piacere che gli sposi avessero traversato Francia prendendo semplicemente via più diretta per il loro viaggio. Presidente del Consiglio gradirà forse comunicazione questo dispaccio.

205

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 211. Massaua, 7 luglio 1895.

Risposta al dispaccio 22 giugno 2 . Miei precedenti telegrammi dicono chiaramente offerta dimissioni occasionata da proibizione categorica aumento forze, ordine di diminuire spese. Ritengo attuale preparazione insufficiente mantenere, contro possibile attacco Menelik in autunno, punti dai quali Governo del re intende assolutamente non retrocedere. Quindi devo insistere per autorizzazione conservare attuali forze italiane, aumentare subito forze indigene, crescere mezzi trasporto; impossibile improvvisare. Senza tale autorizzazione coscienza patriottismo impongono insistere dimissioni offerte, nella speranza altri possa tenere Colonia con minori mezzi, o concludere pace onorata durevole. Prego telegrafarmi come intenda regolarsi Governo del re fronte cattura Capucci espulsione Felter3 .

206

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CIFRATO 312/174. Pietroburgo, 7 luglio 1895 (per. il 12).

Riferendomi al mio rapporto del 29 u.s. n. 284/1551 mi pregio d'informare V. E. che la missione bulgara è arrivata a Pietroburgo, ed il metropolita Clemente sta scambiando visite con questi alti funzionari ecclesiastici 2 . Ho da buona fonte che monsignor Clemente avrebbe incarico di dichiarare all'imperatore da parte del principe Ferdinando che egli è pronto a far abbracciare a suo figlio l'ortodossia, pur d'ottenere il ristabilimento di relazioni cordiali colla Russia. Questo passo, invero assai strano, sarebbe stato voluto dalla principessa Clementina molto ambiziosa e che vede prossima la caduta del Principato davanti agli intrighi russi sempre crescenti ed alla disaffezione del popolo bulgaro. Si ritiene però che il Governo imperiale non acconsentirà

France et l'Italie, cit., pp. 246-247.

2 Cfr. n. 180.

3 Per la risposta cfr. n. 208. 206 1 Non pubblicato.

2 Con R. confidenziale 635/179 dell'8 giugno, non pubblicato, Riva aveva dato notizie sulla progettata missione bulgara a Pietroburgo e aveva osservato: «Sembra fuori di dubbio che, da qualche tempo in qua, si vadano facendo pratiche dalla Bulgaria per la sua riconciliazione colla Russia».

alla proposta, desiderando aver a Sofia un principe completamente soggetto e vassallo. Si ritiene tuttavia che l'imperatore riceverà la missione. Il ministro di Rumenia a Pietroburgo, signor Katargi, assai informato di quanto avviene a Sofia, prevede non lontana una rivoluzione bulgara. Credo mio dovere di chiamare l'attenzione di V.E. sopra tali notizie che accennerebbero alla riapertura della questione d'Oriente.

205 1 Ed. in LV 92, p. 85, in BARATIERI, Memorie d'Africa, ci t., pp. 130-131 e, in francese, in BILLOT, La

207

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1214. Pietroburgo, 8 luglio 1895, ore 14,49 (per. ore 16,15).

Ambasciata abissina gira vettura con domestici Corte imperiale; assiste grandi funzioni religiose; fu ieri ricevuta ministro affari esteril. Spero V. E. avrà ricevuto mio rapporto tre corrente 2 ed entro domani ricevere istruzionP protesta reclamata nostra dignità nostri interessi.

208

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, E IL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. RISERVATISSIMO 199. Roma, 8 luglio 1895, ore 19,10.

Decifri ella stessa. Governo non può deliberare sopra così grave argomento 2 senza avere prima conferito verbalmente con V.E. La preghiamo quindi voler prendere subito disposizioni opportune per sua breve assenza dalla Colonia, avendo così il tempo di convenire insieme il da farsi e provvedere occorrendo prima dell'autunno 3 .

2 Cfr. n. 197, nota 2.

3 Per le istruzioni cfr. n. 209. 208 1 Ed. in LV 92, p. 86, in CRISP!, La prima guerra d'Africa, ci t., p. 305, in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 131, in francese in BILLOT, La France et l"Italie, cit., p. 247 e, con varianti, in LV 87, p. 138 e inLV91, p. 39.

2 Risponde al n. 205.

3 Baratieri rispose con T. 1241 dell'H luglio, non pubblicato, che sarebbe partito per l'Italia con il postale.

207 1 Fin qui ed. in CRISP!, La prima guerra d'Africa, cit., p. 365.

209

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI

T. RISERVATO 201. Roma, 8 luglio 1 1895, ore 19,30.

Progetto di protesta scritta non è per ora opportuno 2• Voglia semplicemente leggere al principe Lobanoff il mio telegramma del due luglio 3 , relativo alle parole di Vlangaly che Lobanoff ci aveva dichiarato essere incaricato di farci comunicazione ufficiale. Dopo ciò V.S., in attesa di nuove istruzioni, dovrà semplicemente evitare discussioni politiche e limitarsi agli affari ordinari.

210

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1217. Parigi, 8 luglio 1895, ore 19,46 (per. ore 22,10).

Accordo commerciale con la Svizzera occupò sedute odierne Camera deputati. Dalla discussione è risultato Camera non appassionarsi più quanto in passato per le questioni di protezione economica ed essere pronta a concessioni, quando l'interesse ne sia dimostrato. Benché molti siano stati gli incitamenti a non fare ad altri Paesi analoghe concessioni, nessuna mozione in questo senso fu presentata. Il Ministero sorte dalla discussione con piena libertà d'azione per l'avvenire, ma l'impressione che resta non può dirsi favorevole per un prossimo trattato di carattere generale con questo Paese.

211

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 2301/651. Parigi, 8 luglio 1895.

Verso la metà di giugno il r. console generale a Nizza mi ha mandato, insieme ad un suo rapporto, gli stralci dei giornali locali impegnati in una deplorevole polemica alla quale pare che desse la prima origine il sapere se il presidente della Repubblica si

2 Risponde al n. 207.

3 Cfr. n. 194.

recherebbe, oppure no, in quella città per la inaugurazione del monumento destinato a ricordare la prima annessione di quella provincia sabauda alla Francia. Quella polemica era la ripresa di altre, forse non meno violente, che l'aveano preceduta; poiché purtroppo ogni occasione o pretesto pare buono, in quella città, per accendere gli animi in intempestive discussioni dalle quali, comunque le cose si vogliano vedere, vengono mantenute vive le discordie fra la Francia e l'Italia. Suppongo che il comm. Simondetti avrà riferito sovra di ciò direttamente al R. Governo. Per il caso egli non lo avesse fatto, inchiudo in questo rapporto gli stralci dei giornali anzidetti.

È contro Il Pensiero di Nizza che è diretta la nuova legge proposta dal deputato Raiberti, discussa d'urgenza e votata dalla Camera dei deputati nella tornata delli 6 di questo mese. Insieme al Raiberti firmarono la proposta Malausséna, Bischoffsheim, Goblet, Deloncle e trentasette altri deputati appartenenti a partiti e gruppi diversi.

L'art. 14 della legge francese del1881 sulla stampa permette l'interdizione della circolazione in Francia di giornali o scritti periodici pubblicati all'estero. Il provvedimento deve però esser preso con deliberazione speciale del Consiglio dei ministri. Lo schema di legge di iniziativa parlamentare porta un articolo unico che è di questo tenore: «L'artide 14 de la loi du 29 juillet 1881 sur la presse est applicable aux journaux publiés en France en langue étrangère».

Il Governo, per organ"O del ministro dell'interno, dichiarò accettare e raccomandare il progetto che fu, senza discussione, approvato a grandissima maggioranza.

Nello esporre i motivi della proposta il signor Raiberti si espresse in termini di grande violenza. «Il momento è venuto, egli disse, di mettere fine allo scandalo, fin qui impunito, di un giornale, pubblicato in lingua straniera, unicamente letto all'estero, obbediente ad una inspirazione straniera, di cui l'ufficio è di calunniare agli occh_i degli altri Paesi, di sfigurare o di audacemente negare il patriottismo ardente e geloso delle popolazioni che hanno l'onore di custodire la frontiera, e di tenere così aperta sul nostro territorio e sotto l'occhio benevolo della legge, una vera officina di esportazione per la diffamazione e la menzogna ecc. ecc.».

Come è prevedibile, il progetto di legge sarà votato tosto dal Senato ed entrerà immediatamente in vigore. Conseguenza di ciò sarà senza dubbio la soppressione del giornale stampato in lingua italiana a Nizza. È cosa questa che in sostanza non può riguardare direttamente l'azione del Governo italiano e dei suoi agenti in Francia. Sotto certi rispetti, l'agitazione che il diario del signor André pretendeva mantenere viva in Nizza, riusciva più incomoda che vantaggiosa e lasciava sussistere il sospetto di una inspirazione nostra, di ajuti anche pecuniari che io debbo pensare non abbiano mai esistito; ma che per molti invece erano cose fuori di dubbio.

Anche la questione, sovra la quale si accese in ultimo l'aspra polemica fra Il Pensiero ed altre gazzette nizzarde, quella cioè del viaggio del presidente Faure per la inaugurazione del monumento commemorativo della prima annessione di Nizza alla Francia e dei complimenti che in tale occasione dali 'Italia si potrebbero presentare al capo dello Stato francese, non è d'indole ad essere trattata con appassionati concetti e violenza di linguaggio. Se il silenzio si farà sovra tale soggetto, ne avremo il beneficio di non essere disturbati da clamorose polemiche nelle deliberazioni serene che le circostanze richiedessero. Fin qui nulla ho sentito dire di un progetto di viaggio a Nizza del presidente della Repubblica. Se tale progetto dovesse eseguirsi per la inaugurazione del monumento destinato a ricordare la conquista di Nizza tolta al sovrano sabaudo alla fine del secolo scorso, a me pare che il Governo italiano dovrebbe assolutamente ignorare la presenza del signor Faure alle sue frontiere. Sebbene più di mezzo secolo dopo, per atto spontaneo del legittimo principe, la popolazione della antica contea fosse chiamata a scegliere per plebiscito l'annessione alla Francia e così quasi a ratificare il distacco precedente dai dominii della Reale Casa di Savoja, questa circostanza agli occhi miei non basta per cancellare il carattere che ebbe l'invasione francese della fine del secolo passato, né l'indole dello spodestamento violento subito allora dagli antenati dell'augusto nostro sovrano.

Il mantenerci estranei alle feste di Nizza, se queste avessero luogo per il centenario della prima annessione, altro non è e non deve essere che un atto della ben intesa dignità di uno Stato monarchico geloso del decoro della sua dinastia. Ma la dignità sarà tanto meglio sentita se non sarà accompagnata da discussioni acri, o da controversie vivaci sul da farsi. Ond'io riterrei cosa savia che il r. console generale a Nizza fosse fin d'ora da me avvisato circa il migliore contegno ch'egli dovrebbe adottare in ogni circostanza e ciò non mancherò di fare quando sarò stato assicurato da

V.E. che il concetto che venni indicando in questo rapporto, è pienamente conforme a quello del Governo di Sua Maestà. Chè se invece il pensiero mio divergesse in alcuna cosa da quello del Governo stesso occorrerà che io ne sia debitamente avvisato, poiché non è materia questa nella quale anche un piccolo screzio di idee non abbia importanza1•

209 1 Sic, ma il T. 200 (cfr. n. 214) è del 9luglio.

212

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1839/5671 . Vienna, 8 luglio 1895 (per. il 19).

Ringrazio V.E. di avermi comunicato il rapporto della r. ambasciata a Londra del 17 giugno scorso 2 , nel quale sono esaminate le eventualità che possono scaturire dalla questione armena.

Queste eventualità (possesso definitivo inglese dell'Egitto, possesso definitivo francese della Tunisia, occupazione francese della Tripolitania, occupazione russa d'una parte dell'Armenia) non sono imminenti; tutte sono possibili; due, cioè l'occupazione francese della Tripolitania e l'occupazione russa dell'Armenia per ora improbabili; una, cioè il possesso definitivo francese della Tunisia, tosto o tardi certa. In varia misura, esse toccano tutte, eccetto la questione armena, gli interessi dell'Italia. Dico in varia misura, perché c'è una differenza considerevole nel fatto che un pezzo di costa mediterranea appartenga per esempio all'Inghilterra o alla Francia, giacché la prima di queste Potenze ammette a parità di trattamento le merci, le navi, i cittadini e

212 1 Annotazione a margine: <<Comunicato alle rr. ambasciate in Londra, Berlino e Cospoli li 26luglio 1895>>.

2 Cfr. n. 167.

operai italiani nel territorio da lei posseduto, mentre la Francia li respinge. Ho escluso, con riserva, la questione armena da quelle che toccano direttamente l'Italia. Ben inteso io espongo qui soltanto una opinione individuale, che d'altronde riconosco incompetente. Ma pare a me che il danno che l'Italia sentirebbe dal fatto, d'altronde non certo imminente, dell'occupazione russa di una parte dell'Armenia non sarebbe capitale, e non potrebbe in ogni modo mettersi a paro con quello che deriva all'Italia dall'ostilità della Russia verso di essa. Che l'Italia, per secondare gli interessi inglesi, i quali possono in molti casi diventare, per riflesso o indirettamente, interessi italiani, aggiunga nella questione armena la sua azione diplomatica a quella dell'Inghilterra, quando questa lo richieda, lo ammetto facilmente, come un servizio che l'Italia, in vista d'un contraccambio futuro, renderebbe alla Potenza amica. Ma credo non vantaggioso ai suoi interessi che l'Italia prenda nella detta questione un'ingerenza non desiderata, non chiesta, anzi oppugnata, e attiri sopra di sé gratuitamente l'ostilità della Russia, che vede in questo desiderio di ingerenza una mira di opposizione ai suoi futuri disegni. Una savia aspettativa ci sarebbe stata un merito presso la Turchia e ci avrebbe evitato uno scacco diplomatico. Nella questione dell'inchiesta armena le Potenze della Triplice Alleanza commisero una mancanza, e questa, per quanto spetta all'Austria, io ebbi cura di segnalarla al conte Kalnoky, che implicitamente non potè non ammetterla. Queste Potenze sono obbligate dal trattato d'alleanza a procedere ad uno scambio reciproco d'idee ogniqualvolta si presenta una questione d'indole europea. Ora tale clausola non fu osservata nel caso presente. Se fosse stata osservata, o le dette Potenze avrebbero chiesto di partecipare anch'esse all'inchiesta, o si sarebbero tutte astenute, in seguito a concerto preso, e tale concertata astensione avrebbe avuto il suo significato. Ma lasciamo da banda l'incidente passato e si pensi all'avvenire.

Il mio collega di Londra osserva, con ragione, che è bene il far conoscere ai nostri alleati le eventualità che possono dare al Governo italiano il diritto di invocare il casus foederis. Soltanto qui bisogna essere precisi ed evitare le illusioni.

L'E.V. sa che la questione egiziana è posta espressamente all'infuori delle stipulazioni dell'alleanza e che quelle dell'Africa orientale e meridionale non vi sono comprese. Tali questioni non danno luogo quindi di per sé a casus foederis. L'occupazione della Tripolitania per parte d'una Potenza non alleata dà invece all'Italia il diritto di invocare il casus foederis, ma non presso l'Austria-Ungheria, la quale non figura punto nelle stipulazioni riguardanti qualsiasi parte dell'Africa. Se la conversione del protettorato della Tunisia in possesso definitivo per parte della Francia, se l'occupazione per parte della stessa dell'hinterland tripolitano siano dalla Germania considerate, secondo il testo dei patti d'alleanza, come fatti che diano all'Italia il diritto d'invocare presso di essa il casus foederis, suppongo che il Governo del re si sia certificato nel solo luogo donde può venire una risposta idonea, cioè a Berlino, non a Vienna.

La questione macedone invece, se essa dovesse dar luogo a certi determinati cangiamenti nei paraggi dell'Adriatico e dell'Jonio, potrebbe dar luogo al casus foederis coll'Austria. Il Gabinetto di Vienna lo sa, come non ignora i pericoli d'una guerra colla Russia, che possono scaturire da moti macedoni o altri nella penisola balcanica. E perciò fu sollecito a dare e a provocare dagli alleati e dall'Inghilterra i più istanti consigli di prudenza e di astensione, i più serii avvisi al Governo bulgaro. Fortunatamente non sembra che quei moti abbiano preso gravi proporzioni e si spera che non le prenderanno in avvenire, almeno per un dato tempo.

Mi sono arbitrato di esporre queste brevi considerazioni perché alcune frasi generiche del rapporto predetto del r. ambasciatore a Londra mi hanno lasciato il dubbio circa la sua precisa informazione sulle eventualità che possono dar luogo al casus foederis.

211 1 Per la risposta di Blanc cfr. n. 236.

213

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 212. Pietroburgo, 9 luglio 1895, ore 12,10 (per. ore 15).

Domani leggerò a Lobanoff telegramma di V.E. 2 luglio 1 dandogli data otto 2 , aggiungendo parole «Che principe Lobanoff ci aveva dichiarato essere Vlangaly incaricato di farci comunicazione ufficiale». Missione abissina ricevuta domenica ministro esteri, fece visita ieri altri ministri, alti funzionari e ambasciatore di Francia.

214

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI

T. RISERVATO 2001 . Roma, 9 luglio 1895, ore 17.

Non alteri data telegramma del 22 ed osservi solamente per conto suo constarle che avevamo preso atto delle dichiarazioni di Vlangaly.

215

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1235. Parigi, 10 luglio 1895, ore 20,48 (per. ore 0,10 dell' 11).

Ministro degli affari esteri mi disse che non v'i è una parola di vero nell'interesse che la Francia prenderebbe per facilitare ai noti negozianti svizzeri, od altri, l'impianto polverificio in Abissinia. Sono, a dir suo, pure invenzioni ed è dispiacevole il vedere che due grandi Paesi sentano nei loro rapporti gli effetti dei maneggi e delle rivalità

di mercanti che quasi tutti appartengono, né all'una, né all'altra nazionalità. Della andata degli abissini in Russia egli afferma non avere alcuna responsabilità e respinge l 'idea che ciò sia stato fatto d'intesa fra questo Governo e quello di Pietroburgo. Gli dispiace che i clamori suscitati intorno a cose di nessun sostanziale valore allontanino la pacificazione degli animi necessaria per regolare pacatamente gli interessi.

213 1 Cfr. n. 194. 2 Cfr. n. 214. 214 1 Minuta autografa. Risponde al n. 213. 2 Cfr. n. 194.

216

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, MAYOR

D. RISERVATO 29485/176. Roma, 10 luglio 1895.

Ho ricevuto il rapporto del 5 corrente n. 1370/2571 nel quale ella mi riferisce sul colloquio avuto con codesto ministro federale degli affari esteri intorno alla domanda di ammissione di Menelik nella Unione postale, pervenuta al Governo elvetico per mezzo del noto signor Ilg.

Le dichiarazioni del signor Lachenal non sono soddisfacenti e quali noi avremmo ragione di attenderci da un Governo amico.

Desidero quindi che codesta r. legazione abbia a sua disposizione tutti gli elementi di giudizio che valgano a chiarire fondatamente e senz'altra contestazione la nostra situazione di diritto in Etiopia, di fronte ai cavilli che ci si oppongono. Le invio pertanto un memorandum documentato, destinato, anzi tutto per uso della r. legazione, ma del quale autorizzo fin d'ora la comunicazione a codesto Governo, se esso persiste a tenere un contegno così poco conforme alla posizione creata all'Italia in Etiopia da solenni atti internazionali e ai doveri di neutralità.

Unisco anche, ad ogni buon fine, altri documenti non citati nel memorandum pel caso che alcuno di essi non si trovi presso codesta legazione2 .

217

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 918/355. Berlino, 11 luglio 1895 (per. il l4).

La Kreuz Zeitung scrive:

«<l Ministero inglese è costituito ed il telegrafo ci recherà ben presto la notizia dello scioglimento del Parlamento: noi siamo sicuri che i voti daranno una grande maggioranza al Gabinetto Salisbury ed allora si vedrà se con lui possiamo intenderei. Ciò dipende dall'attitudine che lord Salisbury prenderà in Africa. Se perdura la politica osti

le che sempre incontrammo da parte degli inglesi, noi dovremo pensare ad aggiustarci anche senza l'Inghilterra. E questo è largamente possibile, pur tutelando i nostri interessi. Noi possiamo, come già altre volte, camminare d'accordo colla Francia per un buon tratto di strada, e trovare colla Russia non solo un modus vivendi ma anche i termini di una azione comune. Meglio sarebbe un'Inghilterra veramente amica, ma per ciò occorrono fatti e non parole, cioè: la repressione delle tendenze ostili della politica di Cecil Rhodes, una favorevole soluzione della quistione di Zanzibar, il riconoscimento dei nostri interessi nell'hinterland di Camerun, ed una giusta ed equa soddisfazione delle nostre domande a Samoa. Non s'ingannino a Londra: la corrente anti-inglese in Germania è molto forte, ed un mutamento non è possibile che mercè effettivi servizi amichevoli. Se lord Salisbury non trova ciò possibile, sarà l'Inghilterra isolata in avvenire come già lo fu durante il Governo Gladstone-Rosebery».

Autore di quest'articolo è persona che ha relazione col barone Holstein e che spesso ne riproduce le idee.

Ma qualunque sia l'origine dello scritto, esso è degno di nota per la semplicità e precisione con cui pone in chiaro il carattere mercantile della attuale politica tedesca. M'ingannerò forse, ma questa politica, contro cui per ora è impossibile reagire, è a noi dannosa e lo sarà col tempo anche alla Germania. Anzitutto essa intralcia, parmi, la nostra azione coll'Inghilterra: e poi, a forza di essere spregiudicata, essa genera negli avversari la convinzione che quando si riesca a non imbattersi nel casus foederis, quando non si colpisca uno dei noti interessi commerciali della Germania, si può avere pel rimanente campo libero; che, in sostanza, salvo certi casi ben determinati, la Triplice Alleanza ha un'azione non solo negativa, ma anche deprimente. Non fa meraviglia quindi che Francia e Russia ne approfittino per fare a noi continui sgarbi, essendo i più deboli; per scavare approcci che più tardi rappresenteranno minacce o pericoli. E ciò in attesa di impegnare forse un giorno la lotta nel tempo e luogo che loro parrà più conveniente.

Ho detto che contro questa politica non si può reagire. Credo difatti, e forse sarei in grado di provarlo, che per ragioni storiche, sociali ed economiche, la natura intima della Germania non è più quella dello Stato prussiano. Gli interessi materiali prendono il sopravvento sugli ideali. I commerci e le industrie più che decuplati sono un fattore di forza, ma hanno grandi esigenze. L'imperatore stesso che è un organismo sensibilissimo a tutte le manifestazioni, a tutti i bisogni del Paese, non può reagire contro questo stato di cose. Onde abbiamo all'interno le lotte delle frazioni per vantaggi materiali; all'estero, ove gli interessi sono più chiari, la politica mercantile.

216 1 Non pubblicato. 2 Gli allegati non si pubblicano.

218

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 29771/619. Roma, 12 luglio 1895.

L'ambasciatore di Francia è venuto ieri a comunicarmi brevi manu, il promemoria qui unito in copia.

Alla lettura di tale documento, ho detto al signor Billot: che mi pareva impossibile ogni negoziato dal quale si potesse dedurre che noi prendessimo, in alcun modo, come già avevamo rifiutato di prendere, atto di riserve qualsiansi contro il nostro protettorato sull'Etiopia; e che, tanto meno avremmo potuto entrare in discussione circa alla città o territorio di Harar, all'infuori del quale la linea convenuta nel 1891 stabiliva il limite della zona d'influenza francese.

Il signor Billot mi ha detto credere potersi prescindere da ogni questione di diritto e di fatto estranea alla zona d'influenza francese, di cui ci limiteremmo a tracciare i confini.

V.E., nel suo telegramma del 10 corrente\ mi informa che il signor Hanotaux sconfessa di nuovo i maneggi di mercanti che forniscono munizioni da guerra ai nostri nemici, respinge ogni partecipazione del Governo francese alla missione di Menelik in Russia, e si dimostra spiacente di quanto allontani la pacificazione degli animi tra i due Paesi.

Aspettiamo con interessamento di sapere dall'E.V. se il Governo francese confermi o meno la dichiarazione del suo ambasciatore e se, nei precisi termini, formulati dal signor Billot, astraendo da discussioni retrospettive sull'esattezza dei ricordi conservati da una parte e dall'altra di negoziati verbali, voglia firmare senz'altro, come confermiamo essere disposti per parte nostra, la delimitazione secondo la proposta che l'attuale memorandum francese passa sotto silenzio, che venne fatta dal signor Billot all'an. di Rudinì, il 24 maggio 1891, e riconfermata il 31 dello stesso mese per incarico del signor Ribot 2; dimostrando così, col fatto, che esso divide il nostro costante desiderio di pacificazione degli animi e di rapporti di buon vicinato in Mrica3•

ALLEGATO

L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BILLOT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

PROMEMORIA. Roma, 11 luglio 1895.

Au mois de mars dernier, l'ambassadeur du roi à Paris a remis au ministre des affaires étrangères de la République française un pro-memoria daté du 20 février précédent4 et relatif à la délimitation des possessions ou z6nes d'influence de la France et de l'Italie dans l'Afrique orientale. Après un exposé des phases successives de la question et des motifs qui auraient déterminé l'interruption des pourparlers suivis en 1890-91, pour en assurer le règlement, ledit document conclut par cette déclaration que le Gouvernement italien, pour témoigner de son bon vouloir, est disposé à traiter sur !es bases proposées en dernier lieu, le 24 mai 1891, au nom du Gouvernement de la République lui mème.

2 Cfr. serie II, vol. XXIV, n. 310.

3 Per la risposta di Tornielli cfr. n. 232.

4 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 928, nota 5.

A la suite des récents entretiens, qui ont eu lieu entre M. Hanotaux et M. le comte Tornielli, il ne paraìt pas sans opportunité de prévenir dès à présent, par de franches et amicales explications, des équivoques que le pro-memoria italien, rédigé sur certains points d'après des notes incomplètes, serait de nature à entretenir, au détriment de l'entente que les deux Gouvernements avaient en vue.

A cet effet, et pour ne pas rouvrir inutilement des discussions rétrospectives, on ne s'arrétera pas au préambule du mémoire italien, où les arrangements de la France avec les danakyls sont remis en cause: en ce qui concerne ces arrangements, il suffira de rappeler l es observations consignées dans la note remise à la Consulta le 23 novembre 1890, de méme aussi que, pour le Traité d'Uccialli et les conséquences que les autorités royales en voudraient tirer relativement au Harar, o n ne peut que s'en référer aux réserves forme lies que.le Gouvernement de la République a formulées à diverses reprises.

Il n'apparaìt d'ailleurs aucun motif de faire piace à de semblables questions dans un débat, où il ne s'agit ni de statuer sur les titres des deux parties contractantes, ni de procéder à un partage d'influence. On considère seulement comme essentiel de ne pas laisser subsister une appréciation erronée, qui s'est maintenue à la Consulta par suite de renseignements insuffisants. N'est-il pas écrit en effet, dans le mémoire italien, qu'en 1891, M. le marquis di Rudinì aurait repris Ies négociations sous la condition, préalablement acceptée, que I'Ethiopie avec ses dépendances -y compris le Harar et la région du lac Assai -serait considérée comme comprise dans la zone d'influence italienne 5? Telle avait été, au début, la pensée du négociateur italien, et il en est méme résulté alors un malentendu, qui a failli arréter les pourparlers. Mais ce malentendu a été bientot écarté par des explications échangées tant à Rome qu'à Paris entre )es ministres des affaires étrangères et )es ambassadeurs respectifs. Et, si l'on a passé outre, ce n'est qu'après qu'il eut été entendu que la France n'aurait pas à reconnaìtre, dans l'arrangement à intervenir, l' extension de la zone d'influence i tali enne à l 'Ethiopie et à ses dépendances. Dans la pensée des deux Cabinets l'accord projeté ne devait pas avoir d'autre effet que de délimiter les établissements français d'Obock par une ligne déterminée, que le Gouvernement italien aurait reconnue, et au delà de laquelle le Gouvernement français se scrait engagé à n'exercer aucune action.

Telle est l'économie du projet d'arrangemcnt, que l'ambassadeur de la République à Rome avait été, en dernier lieu, chargé de soumettre à l'agrément du Gouvernement royal, et dont les dispositions essentielles sont d'ailleurs inexactement reproduites dans le mémoire italien du 20 février 1895.

Si la négociation n'a pas abouti en 1891, la cause principale en doit étre attribuée à ce que, durant l'examen de ce dernier projet, une difficulté s'est produite en ce qui concerne le point d'intersection de la ligne proposée parla France avec la ligne résultant de l'arrangement franco-anglais du 25 février 1888: le Gouvernement français soutenait que ce point devait étre la ville de Harar, tandis que le Gouvernement italien insistait pour l'adoption d'une ligne contournant la province du méme nom. C'est cette divergence de vues qui a empéché l'accord de s'établir: il est inutile d'en rechercher d'autres raisons.

Sous réserve des objections que suggéreraient plusieurs autres points du pro-memoria itaIien, les observations qui précèdent suffisent pour rétablir Ies vues dont le Gouvernement français n'a cessé de s'inspirer durant les pourparlers ouverts il y a cinq ans. L'ambassadeur de la République se conforme à ses instructions, en les soumettant à l'impartial examen de S.E. M. le ministre italien des affaires étrangères, convaincu d'ailleurs qu'elles ne présentent rien d'incompatible avec l'élaboration d'un arrangemcnt équitable des questions pendantes à la cote orientale d'Afrique.

218 1 Cfr. n. 215.

218 5 Cfr. serie II, vol. XXIV, n. 103.

219

PROMEMORIA

Roma, 12 luglio 1895 2

La Russi e vie n t de déclarer finalement qu'elle considère Ménélik comme souverain indépendant et qu'elle a le dro i t, ne reconnaissant pas le protectorat italien, d'avoir avec Ménélik tels rapports qu'illui convient3 .

Ainsi se réalise le projet, annoncé depuis longtemps à Paris, de trouver en Abyssinie, faute de mieux, un terrain d'action de l'alliance franco-russe; et cette action, se traduisant dans un appui moral et matériel contre l'Italie à ceux que l'alliance francorusse considèrent, non comme en rébellion, mais comme en guerre régulière avec 1'1talie, à ceux qui annoncent à Paris et à Pétersbourg la continuation prochaine des hostilités contre nous, constitue une provocation non dissimulée contre la Triple Alliance.

C'est en effe t comme alliée des Puissances centrales -le Gouvernement français nous l'a plusieurs fois répété -que l'Italie a été déclarée parla France d'abord, et par la Russie maintenant, hors la loi européenne en ce qui concerne les règles établies pour l'Afrique par l es Actes de Berlin et de Bruxelles. Et pour obtenir de la France et de la Russi e l es bénéfices des conventions internationales, l 'Italie, à ce qui lui a été déclaré formellement par la France, doit sortir de la Triple Alliance.

On n'a pu l'y forcer parla guerre économique et parla propagande radicale; on espère y arriver par l'isolement diplomatique, en vertu des déclarations répétées des Puissances centrales, qu'elles se désintéressent des questions nous concernant dans la Méditerranée et en Afrique; et les hostilités prochaines en Abyssinie restent l'attente des adversaires de l'alliance au dehors et au dedans, l'espoir de ceux qui veulent une révolution en Italie.

Le groupe franco-russe, d'ailleurs, se montre sur tous les points décidé à une communauté d'action qui lui donne une force que notre groupe à nous ne trouve pas dans des accords considérés comme privés, en temps de paix, de toute application pratique. Le groupe franco-russe ressemble à une armée qui manoeuvre en face d'une armée qui ne manoeuvre pas; et tandis qu'il agit soit contre nos intérèts extérieurs, soit à l'intérieur mème par des moyens que nos alliés semblent ignorer, et qui se relient à un programme de fédéralisme ouvertement avoué par le Vatican comme par les sectes républicaines, la dissolution de fait de la Triple Alliance a pu ètre annoncée dans des cercles officiels à Paris, à Pétersbourg, à Constantinople et à Madrid, sans qu'aucun fait reliant les alliés dans un intérèt palpable soit venu répondre aux faits sur lesquels chaque jour se consolide la solidarité franco-russe.

2 Annotazione a margine: <<Questo promemoria fu consegnato dal barone Blanc al signor di Biilow all'atto in cui questi partiva per la Germania in congedo>>. La consegna avvenne il14 luglio, come risulta da GP 10. Il documento fu inviato, per conoscenza anche agli ambasciatori a Berlino, Londra e Vìenna. Il 28 ottobre Blanc comunicò a Ferrero con T. riservatissimo personale 217: <<Biilow m'ha detto che mia memoria in francese del12luglio riuscì gradita all'imperatore e che, d'ordine di Sua Maestà Imperiale, fu mandata in copia ad Hatzfeldt per sua norma>>. Cfr. anche S. SoNNINO, Carteggio 1891-1913, a cura di

B.F. Brown e P. Pastorelli, Bari, Laterza, 1981, p. 160. 3 Cfr. n. 197.

La question de savoir s'il existe entre la France et la Russie des engagements écrits semblables à ceux qui dorment dans les armoires de la Triple Alliance, parait, en présence de cette situation de fait, d'une importance pratiquement secondaire.

Pour rendre vivante l'alliance dont l'ltalie fait partie, pour lui assurer une adhésion durable de la conscience italienne, pour la consolider à travers tout changement de personnes au pouvoir, nous avons cherché à la fonder sur des intérèts réels dans la p a ix, sur d es situations de fai t où l 'intérèt italien se sentit effectivement lié aux intérèts de l'alliance.

En présence de ce que les adversaires de l'alliance en ltalie qualifient d'indifférence des deux Empires envers nos intérèts, de sacrifice mème de nos intérèts aux combinaisons que les deux Empires ont faites, à notre détriment parfois, avec la France e n Afrique et avec la Russi e e n Orient, nous n' avons pas voulu prendre occasion et prétexte de ces mèmes combinaisons de nos alliés, pour évoluer, à notre tour, vers la France, qui nous a souvent invités à une action commune en Egypte, et qui nous a déclaré que Tripoli payerait en cas de complication une attitude de notre part semblable à celle de 1866; ni vers la Russie, qui nous reproche d'avoir oublié nos anciennes solidarités anti-autrichiennes en Orient; nous avons répudié l'idée de chercher une garantie con tre les obligations du casus jfederis dans une médiation russe; nous avons défini ouvertement et loyalement, envers la France et la Russie, nos intérèts et nos droits, dans la question de notre Colonie comme dans les autres questions, en vue d'une politique de paix et de respect réciproque; et, pour assurer en tout cette paix sans prétendre engager malgré eux nos alliés dans nos intérèts les plus légitimes, nous avons cherché, mème dans la période défavorable marquée par le dernier Cabinet britannique, à préparer autant qu'il dépendait de nous un retour à la vraie base de notre politique nationale, c'est-à-dire à l'entente entre la Triple Alliance et l'Angleterre.

Nous n'avons point fait à Londres un appel, auquel notre dignité se refusait, pour une confiance que les faits seuls pourraient rétablir; nous n'avons attendu du Cabinet Rosebery ni coopération, ni réciprocité; nous n' avons demandé à l'Angleterre n i engagements, ni éclaircissements sur sa politique, tandis que nous engagions et mettions hors de doute la nòtre.

Nous avons à nos risques et périls attiré sur nous les forces des derviches, et rendu plus siìre contre toute attaque l'occupation anglaise de l'Egypte, comme l'a reconnu le rapport Cromer; nous avons confirmé le droit d'influence de l'Angleterre sur le Nil; nous avons tenu tète à une coalition d'abyssins et de derviches, encouragés et assistés par le groupe franco-russe, sans nous plaindre de l'encouragement de fai t que trouvait cette coalition dans la circonstance que la porte de notre protectorat dans le sud, le port de Zeyla, nous restait fermé; nous avons fait, seuls, dans les incidents hispano-marocains, une politique qui était précisément la politique traditionnelle de l'Angleterre, mème quand le dernier Cabinet anglais y fai sai t une politique à la française, mème quand il poussait ainsi vers la France l'Espagne, que nous tàchions au contraire de relier à notre groupe età nous; nous avons au début des affaires d'Arménie donné à l'Angleterre l'appui qu'elle nous demandait à Constantinople, sans nous plaindre qu' e n sui te elle nous quittàt pour une combinaison stérile avec la Russie et la France; nous avons dans l es affaires de l 'Extrème Ori e n t, échangé dès le début avec l'Angleterre d es dispositions à une action éventuelle commune, qui ne se sont point démenties de n otre part, m è me quand l'Allemagne a jugé bon de se joindre aux démarches franco-russes; le Cabinet actuel a enfin, par sa rectitude invariable de conduite

envers les alliés et envers l'Angleterre, attiré sur l'Italie seule les attaques et les difficultés que le groupe franco-russe dirige naturellement sur elle, l 'Italie étant le còté de la Triple Alliance que les alliés ont négligé de fortifier.

Telle est la situation à l'avènement du Cabinet Salisbury, qui coincide avec la présence au pouvoir en ltalie d'hommes qui ont persisté malgré tout à fonder notre politique sur la Triple Alliance et sur les solidarités italo anglaises.

En ce qui concerne le Cabinet de Vienne, bien qu'il ne se soit pas prété à notre entente avec l'Angleterre dans la question arménienne, en alléguant que cette question n'intéressait pas l'Autriche-Hongrie, nous n'avons pas hésité, lorsque s'est manifesté la liaison naturelle des affaires d'Arménie avec celles de Macédoine, à répondre à l'appel que l'Autriche-Hongrie nous a adressé pour une démarche à Sofia, dans laquelle semble se reconstituer, ce qui serait d'un bon augure, le groupe des quatre Puissances.

Bien quel'Autriche-Hongrie ait cru suffisant le renouvellement pur et simple d'accords avec l'Espagne, qui n'avaient servi qu'à faire abonder l'Espagne en gages envers la France contre toute solidarité réelle avec nous, et qui pourraient constituer sous nos successeurs le point de départ d'un pacte occidental supprimant les Pyrénées comme sous Louis XIV, et supprimant les Alpes comme aux temps de la République Cisalpine, nous avons travaillé pour la Triple Alliance malgré les alliés mémes en quelque sorte, en insistant pour que l'entente italo-espagnole proposée ne fiìt plus illusoire ni mensongère, et qu'un pacte dérisoire ne vint pas mettre une équivoque dans les relations des Maisons souveraines, un sceau de plus au sacrifice de nos intéréts méditerranéens et africains.

Notre fermeté est invariable, mais nous sommes dans un moment historique qui doit décider si l'ltalie, en fondant ses intéréts pacifiques sur la Triple Alliance et sur l'Angleterre, a été le jouet d'une utopie.

Notre diplomatie n'a point pour instruction de frapper à des portes qui ne s'ouvrent pas toutes grandes devant elle. De méme qu'elle a fait son devoir, nos forces feront le leur devant les attaques prochaines promises, par les abyssins à Pétersbourg et à Paris.

Le casus frederis, que nous n'avons jamais pris l'initiative de poser, ayant été formellement posé parla France et la Russie contre l'Italie, la Triple Alliance est mise en demeure, non par nous, mais par nos adversaires communs.

Il s'agit, pour les Puissances alliées et pour l'Angleterre arnie, d'assurer ou d'abandonner la consolidation de l'alliance, par la garantie effective et pacifique des droits et de la sécurité d'un allié.

C'est un de ces moments décisifs, qui, en diplomatie comme en guerre, sont parfois fugitifs.

219 1 Ed. inDie Grosse Politik der Europiiischen Kabinette 1871-1914, Band 10, Berlin, 1924, n. 2369, allegato.

220

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. STRETTAMENTE CONFIDENZIALE 339/192. Pietroburgo, 12luglio 1895 (per. il 18).

Questi ambasciatori d'Austria-Ungheria e d'Inghilterra, coi quali mi trovo in eccellenti relazioni personali, mi si mostrarono in questi giorni alquanto preoccupati del ricevimento fatto alla missione abissina, ed ambedue mi chiesero che cosa pensassi sulle mire della Russia verso l'Etiopia, e se riteneva realmente che qui si lavorasse ad assicurarsi il possesso avvenire di quella regione africana. La domanda fattami a questo riguardo dal principe di Liechtenstein mi sembrò pure provocata da sir F. Lascelles, il quale mi parve assai desideroso di ragguagliare esattamente il suo Governo su questo punto.

Io risposi negli stessi termini ad ambedue i personaggi: «Qui si affettava adesso disinteressamento politico riguardo all'Abissinia, ma si disconoscevano apertamente i nostri diritti; si marcava la pretesa comunanza delle due religioni l, e si cercava di pro·· clamarla ufficialmente; una volta affermato questo punto, siccome l'imperatore è il capo supremo del!' ortodossia, il passo al protettorato politico sarebbe stato assai breve. Era quindi mia convinzione personale che la Russia aveva dei disegni politici sull'Abissinia, per quanto sconfessati sinora». Mi sono creduto autorizzato ad esprimere quel mio parere del tutto personale, nella speranza che possa essere diviso da sir

F. Lascelles e da lui partecipato al suo Governo. Ogniqualvolta ho avuto occasione d'occuparmi di trattative africane, ho riportato l'impressione che, malgrado il riconoscimento esplicito dei nostri diritti si vedeva in sostanza a Londra con soddisfazione (certo al tempo di lord Kimberley) che la Francia e la Russia ci contrastassero l'Abissinia senza che ci ponessero piede esse stesse. La gelosia tradizionale dell'Inghilterra nelle cose coloniali le faceva preferire un'Abissinia indipendente e neutrale ad un'Abissinia italiana; e da ciò sopratutto io faccio dipendere la resistenza incontrata nella questione di Zeila. Ma il giorno nel quale gli inglesi si persuaderanno che l'Abissinia corre seriamente pericolo di diventare russa o francese, è molto probabile che si affretteranno a facilitarci con ogni mezzo quella conquista, al modo istesso che nel 1885 ci mandarono a Massaua per non !asciarvi andare i francesi.

Anche l'ambasciatore di Germania, dal quale ho ricevuto molte amichevoli cortesie, ha dimostrato interesse in questo incidente della missione abissina, ed ha trovato poco corretto il contegno verso di noi del principe Lobanoff e del conte di Montebello.

221

L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, BÙLOW, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Roma, 12 luglio 1895.

Je suis heureux de pouvoir vous annoncer que dans sa séance de hier le Bundesrath a donné son assentiment à la demande du Gouvernement impérial d'émettre une ordonnance portant la défense d'exporter des armes et munitions de l'Allemagne à l'Ethiopie. La résolution du Conseil fédéral sera soumise à la sanction de S.M. l'Empereur 1•

mazione della comunanza fra le due religioni, chiamandola une fumisterie». 221 1 Calvi comunicò con T. 1308 del 20 luglio che il divieto di esportare armi in Etiopia era stato pro mulgato il 18 luglio e sarebbe entrato in vigore il l o settembre. Analogo divieto del Governo austro-unga rico comunicò Nigra con R. 2159/638 del 5 agosto.

220 1 Nota del documento: <<Il principe di Liechtenstein qualificò con un'espressione felice questa procla

222

IL DOTTOR TRAVERSI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE RISERVATA. Piancastagnaio, 12 luglio 1895.

Quando nel gennaio decorso piacque all'E.V. affidarmi il noto delicato incarico io accettai, pur non dissimulandomi le gravi difficoltà alle quali sarei andato incontro, specialmente pel tempo breve che avevo dinanzi a me. Queste difficoltà da sole sarebbero state sufficienti per intralciare l'opera mia, anche senza le altre incontrate in Massaua, che giustamente io non avevo calcolate. Ecco in succinto la storia di quanto io feci.

La sera del quattro gennaio ricevevo in Firenze il telegramma che mi chiamava a Roma, dove arrivavo la mattina del cinque: il sei ero a Brindisi, il 14 in Aden. Qui nessuno sospettò del mio incarico, tantoché non mi fu difficile raccogliere qualche notizia sulla missione russa, che si diceva dovesse arrivare di giorno in giorno: quelle notizie del resto non erano un mistero per nessuno, perché tutti sapevano chi erano i componenti la missione, tutti sapevano che dovevano arrivare con un legno francese, che a Gibuti si facevano grandi preparativi per riceverli e per farli ripartire nel più breve tempo possibile e che in vista di una qualche sorpresa si radunava per loro una forte scorta di armati.

Al r. consolato poi mi parve di capire che il cavalier Bienenfeld stesso si adoperasse per avere notizie e così parlando gli dissi che forse non sarebbe stato male agire in qualche modo nelle terre dei somali. Il cavalier Bienenfeld, pur vedendo le difficoltà enormi, diceva che avrebbe potuto far qualche cosa, ma che ci volevano mezzi e questi non c'erano. Allora offersi io questi mezzi a patto però che la cosa dovesse rimanere sempre un segreto, che Massaua e Roma anche avrebbero dovuto ignorare. Ci intendemmo e convenimmo che un certo Hacmed Fahia, uomo fidato, avrebbe preparato il terreno nei somali.

Sistemati così gli affari dalla parte di Aden e di Zeila, sicuro di essermi inteso con persona della quale potevo fidarmi, come è certamente il cavalier Bienenfeld, partivo per Assab, dove ero improvvisamente la mattina del 17.

Appena in quel nostro possedimento, dove io facevo credere di essermi recato per andare a caccia, fu mia cura di organizzare un servizio di informazioni con Obok e Gibuti e di mettermi in relazione col sultano Hummet Loeta, allora in urto coi francesi, perché avevano imprigionato certo Bruhan figlio del noto Abu Becher pascià, governatore di Zeila a tempo degli egiziani e per altre ragioni.

Il sultano Loeta, strano per un indigeno, col pretesto di far fare degli acquisti mi mandava segretamente in Assab i suoi due figli maggiori per prendere accordi e con loro, mediante un compenso in danaro ed armi convenivo del da farsi: una piccola somma la detti subito, l'altra avrei dovuto consegnarla ad operazione finita: le armi le avrei date a loro richiesta. Tutte queste precauzioni davano una qualche speranza di riuscita (allegato I) 1 . ·

Intanto però con mia grande sorpresa il 21 gennaio il reggente del r. commissariato mi comunicava il telegramma che rimetto in originale all'E.V. (allegato II) e col quale S.E. il governatore mi chiamava a Massaua. Quella gita non era nel mio programma (citato allegato I) e pel tempo che mi avrebbe fatto perdere e per non destar sospetti, ma come potevo io disobbedire ad un ordine del governatore? Quello che avvenne è noto all'E.V. Mentre nel primo colloquio il generale Baratieri parve disposto a secondare il programma del R. Governo ed aiutare il mio lavoro con armi e munizioni, nel secondo lo trovai completamente cambiato: in modo esplicito mi disse che pel momento non era prudente agire, come era convenuto e che vedessi e studiassi invece la questione per l'avvenire (allegato I). Forse temeva che un avvenimento sulla via dei somali avrebbe potuto dispiacere a ras Makonnen, dal quale non so che cosa sperasse. Questi ordini di S.E. il governatore mi misero in grave imbarazzo e non nascondo che me ne tornai ad Assab molto sconfortato.

Intanto Hummet Loeta mi mandava messi su messi per avere armi e munizioni e io dovevo rimandarli con qualche regaluccio e buone parole. Gli amici intanto erano già a Gibuti pronti alla partenza e io perdevo un tempo prezioso e col tempo la speranza di un qualche successo. Pensai anche di andare a Zeila, ma il timore di destar sospetti, che avrebbero potuto determinare Makonnen e Lagarde a dare una forte scorta ai russi, come si diceva che avrebbero dato e che dettero, mi ci fece rinunziare.

Né le difficoltà che incontravo in Assab si riducevano a queste soltanto, ché altre piccole miserie si aggiungevano. Non potevo mandare telegrammi in cifra senza passare per le mani del commesso coloniale che reggeva il commissariato di Assab, ciò che faceva perdere tutto il carattere personale e privato al mio lavoro (allegato III) che da ultimo poteva destar sospetto per qualche confidenza a persona estranea (allegati IV e V).

Non rimaneva che un po' di speranza su Hacmed Fahia, quello mandato da Aden per Zeila e Gibuti fra i somali. Gli allegati VI, VII, VIII, e IX sono di questo Hacmed Fahia. Dalle lettere VII e VIII pareva che tutto fosse pronto per un'azione e sebbene abituato a diffidare degli indigeni, debbo confessare che quasi sperava in un esito discreto, se non completo. Anche da questa parte però venner presto le disillusioni. Dopo la partenza della missione russa da Gibuti, alla quale il governatore aveva dato forte scorta, cammelli corridori e molti capi tribù della via, ci fu un periodo di tempo addirittura penoso. Notizie non ne arrivavano più né a me direttamente da Gibuti, né al cavalier Bienenfeld (allegato X), né si sapeva che pensare, finché anche da questa parte venne la notizia che non si era concluso niente. Le lettere del cavalier Bienenfeld, che allego sotto i numeri XI e XII danno le spiegazioni. Quel nostro somali, dopo essersi inteso colle tribù sue amiche, al momento dell'azione si trovò solo. Ricorse allora a due altre tribù dei pressi di Biacaboba e queste parvero decise ad accettar l'incarico, ma nel momento decisivo, l'arrivo della scorta mandata da Makonnen ai russi, intimorì tanto i somali, che si ritirarono senza nulla concludere: colle sole lance, ché armi a fuoco non avevo potuto darne, contro tanti armati di fucili era un brutto cimentarsi e così i russi arrivarono sani e salvi all'Barar, accompagnati fin là dal nostro uomo, che li seguì passo, passo.

222 1 Non si pubbicano gli allegati.

223

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 2341/666. Parigi, 13 luglio 1895 (per. il 16).

Ho riferito recentemente 1 circa il progetto di legge di iniziativa parlamentare votato di urgenza dalla Camera dei deputati per rendere possibile la soppressione dei giornali pubblicati in Francia in lingua straniera, mediante un semplice atto amministrativo. Occorse allora di far notare che il provvedimento tendeva a colpire Il Pensiero, giornale che si pubblica in italiano a Nizza. Le acerbe polemiche di quel diario con altri della stessa città aveano recentemente preso per tema il progetto di viaggio del presidente della Repubblica per assistere a Nizza alle feste del centenario della sua prima annessione alla Francia.

In relazione con lo stesso soggetto, mi occorre oggi portare a notizia del R. Governo due fatti. Il primo è la approvazione incontestata del progetto di legge da parte del Senato; il secondo è il ricevimento da parte del presidente della Repubblica dei signori deputati e senatori di Nizza e la risposta da lui data ai medesimi che taglia corto alle agitazioni che si volevano mantenere vive in quella città intorno alla questione della partecipazione personale del signor Felice Faure alle feste del centenario sovraccennato.

Nel suo foglio di informazioni del pomeriggio di ieri, l'agenzia Havas pubblica quanto segue:

«Le Président de la République a reçu hier dans l'après midi les sénateurs et députés des Alpes Maritimes qui l'ont invité à se rendre à Nice au cours de cette année, afin de présider l'inauguration du monument commémoratif de l'annexion de Nice à la France. M. Félix Faure a répondu qu'il ne pouvait accepter cette invitation pour 1895. Il a toutefois laissé espérer qu'il se rendrait dans !es Alpes Maritimes au mois de février de l'année prochaine».

Può sembrare piuttosto singolare cosa che una deputazione di senatori e deputati di una regione vada fin davanti il presidente della Repubblica con una dimanda destinata a ricevere una così fatta accoglienza. Il rifiuto del signor Felice Faure di recarsi a Nizza, durante l'anno corrente, inchiude quello di partecipare alle feste del centenario della prima annessione di quella contea alla Francia? Potrà forse la commissione rinviare le feste ad un altro anno? Ove ciò facesse non potrebbe tuttavia ripromettersi in modo sicuro di farvi partecipare il capo dello Stato. La risposta di quest'ultimo, mentre contiene un preciso rifiuto per il presente, lascia aperta la via alle decisioni che le circostanze potranno suggerire ad epoca più lontana.

È da sperarsi che la decisione del signor Faure giovi ad ottenere una pacificazione di animi nella popolazione nizzarda. La legge votata in questi giorni, sulla proposta dei signori Raiberti, Malausséna, Bischoffsheim, ecc., sarà probabilmente applicata al giornale Il Pensiero. Questi fatti sono destinati a produrre una emozione

tanto più sentita in una parte della popolazione nizzarda, in quanto che da coloro che si fecero promotori del nuovo provvedimento legislativo, s'intuonavano inni di gioja ed era manifesta nei medesimi la tendenza ad abusare della vittoria conseguita sul loro avversario. Se di queste circostanze si tiene conto, apparisce chiaramente che, malgrado il desiderio, spinto oltre misura, dei deputati e senatori nizzardi di portare le cose a conseguenze eccessive, la saggezza del presidente Faure si è rivelata nella fermezza con la quale egli si ricusò di lasciarsi strascinare ad un atto per molti rispetti inopportuno.

223 1 Cfr. n. 211.

224

PROMEMORIN

Roma, 14 luglio 1895.

Pour la paix en Afrique et pour des rapports satisfaisants envers les trois Puissances, contre la France et la Russie, qui ne reconnaissent pas le protectorat italien, il est imprudent de ne pas songer à une solution de la question de l'Ethiopie. Cette solution ne consiste pas dans des guerres indéfinies du Tigré en direction du sud, et dans une extension indéfinie et couteuse de l'administration italienne jusqu'au Schoa. La vraie solution est celle dont nous avons déjà posé les bases avec l' Angleterre dans les négociations avec le Ministère Rosebery pour Zeila et pour le Harar, où notre influence étant une fois assurée de fait il ne serait mème plus nécessaire de faire une expédition militaire au Harar pour que la rébellion dans le Schoa isolée se dissolve elle mème. La France, sauf à signer la délimitation convenue en 1891 nous déclare que hors de ces limites, à déterminer, elle n'entend point exercer d'action politique au delà. La Russie déclare de son coté, qu'elle n'a en Abyssinie d'autres intérèts que des intérèts ecclésiastiques, auxquels nous sommes indifférents entre popes et lazaristes.

L' Angleterre pourrait don c sans aucun risque de conflit international nous laisser la porte de notre protectorat méridional qui est Zeila, ce qui assurerait la paix dans l'Abyssinie pour mettre [fin] à une situation à laquelle nous ne voudrions pas voir prendre un caractère international. Pour Zeila à défaut de cession -ou bien de condominium qui nous serait agréable en nous liant à l' Angleterre -nous nous sommes reduits dernièrement à nous contenter de la présence à Zeila d'un commissaire civil avec drapeau italien.

Devant la coalition bien connue des abyssins et des derviches, et devant le droit de l'Angleterre affirmé dans la déclaration du 5 mai '942 de protéger sa ligne de confin avec le Harar il serait tout naturel que les deux Puissances solidaires puissent l'une et l'autre diriger de Zeila l'action tutélaire qui serait opportune pour la tranquillité du Harar.

224 1 Ed. in GP, 10, cit., n. 2369, da cui risulta che il documento fu dettato da Blanc a Biilow. Annotazione a margine: <<Anche di questo promemoria fu consegnata copia al signor di Biilow, assieme all'AideMémoire del 12 luglio 1895>>. Il promemoria fu inviato a Perrero allegato a una lettera di Blanc del 17 luglio, di cui sull'originale del promemoria è riportato il riassunto seguente: <<In vista dello sforzo combinato della Francia e della Russia per paralizzarci in Abissinia, ho parlato con Biilow (che parte in congedo e vedrà l'imperatore) della situazione. Questa nota è un sunto delle mie vedute circa la soluzione della questione africana>>.

225

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 1127. Roma, 15 luglio 1895, ore 11.

Chiusa sessione francese prego telegrafarmi quanto posso dire nella discussione sull'Eritrea sia di negoziati pendenti con la Francia, sia della pura e semplice nostra dichiarazione che siamo pronti a firmare la delimitazione concordata nel 1891 1 .

226

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1273. Parigi, 15 luglio 1895, ore 17,30 (per. ore 19,45).

Colla chiusura della sessione questo ministro degli affari esteri ha eliminato studiatamente ogni discussione di interpellanze, che avrebbero potuto produrre acrimonia nei rapporti coll'Italia, circa le cose di Africa1 . Conosco abbastanza le idee di questo ministro degli affari esteri per poter affermare che, quanto meno si parlerà nel nostro Parlamento di questo soggetto, tanto più egli stimerà sincero il desiderio nostro di togliere di mezzo la tensione dello spirito pubblico nei due Paesi, alla quale, e non alla volontà reciproca dei Governi, egli attribuisce la difficoltà di intendersi. Pare a me conforme alle buone regole che si dica nel nostro Parlamento che con la Francia è in corso uno scambio di idee, dal quale è risultato che il Gabinetto francese non è animato di intenzioni malevole, a riguardo della nostra posizione in Abissinia; che questo Gabinetto ci ha fatto conoscere di aver preso, anche in vista di interessi propri, taluni provvedimenti circa il traffico di armi e munizioni, dei quali non abbiamo motivo di dolerci; che in corso di trattative, ancorché giunte appena allo stato preliminare, non sarebbe conforme alle consuetudini lo entrare in maggiori particolari. Se l'E.V. poi ritenesse che io debba

far qualche comunicazione a questo ministro degli affari esteri, circa dichiarazioni più ampie, che ella stimasse necessario di fare, prego di darmene avviso telegrafico 2 .

224 2 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 264, allegato. 225 1 Per la risposta cfr. n. 226. 226 1 Risponde al n. 225.

227

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI

D. 30216/101 1. Roma, 15 luglio 1895.

L'incaricato d'affari di Russia mi ha detto ieri che la posizione di neutralità presa dal Governo russo nel conflitto itala-abissino non avendo altro scopo che di mantenere la Russia estranea alle questioni politiche relative, il principe Lobanow, di cui conosciamo le disposizioni sempre concilianti, confidava che avremmo fatto un giusto apprezzamento del suo modo d'agire.

Io risposi al barone di Meyendorff che non facevo questione d'intenzioni, né avevo alcunché da aggiungere alle chiare dichiarazioni di diritto da me fatte al Governo russo, ma che se la posizione da esso presa verso il nostro protettorato era puramente teorica, tanto più rincresceva a me che, così, i partiti sovversivi in Italia e i ribelli in Etiopia potessero farsi forti di un appoggio loro conferito, indirettamente, dal contegno del Governo russo, ed avessero campo a giovarsene, a detrimento della pace nella Colonia e delle istituzioni in Italia.

228

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DE FORESTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CIFRATO 648/263. Madrid, 15 luglio 1895 (per. il 19).

Il duca di Tetuan accingendosi a seguire, con la sezione politica del suo ministero, la regina a San Sebastiano, tolsi a pretesto l'imminente sua partenza per fargli una visita di commiato, e così ebbi campo di abboccarmi per la prima volta con lui, dacché reggo la r. ambasciata, sugli affari del Marocco.

Avendo presente alla mente il tenore del dispaccio di V.E. in data del primo volgente1, nonché il contenuto dei rapporti della r. legazione in Tangeri del due e venti giugno ultimo 2 , feci cadere il discorso, accennando, a questo proposito, ali' ostilità

227 1 Minuta autografa. Inviato in copia lo stesso 15 luglio a Berlino, Londra, Parigi, Massaua e Cairo. Il documento doveva essere inviato anche a Vienna ma Blanc annotò: <<No». 228 1 Cfr. n. 191.

2 Cfr. n. 173. Il rapporto del 2 giugno non è pubblicato.

degli agenti spagnuoli al Marocco contro l'azione italiana, in contraddizione coi buoni intendimenti mostrati a Roma dall'ambasciatore di Sua Maestà Cattolica e con le costanti assicurazioni date dal ministro di Stato a questa r. rappresentanza. A seconda delle istruzioni che V.E. mi ha date, non mossi lagnanza veruna al riguardo ma, come a più riprese dichiarai all'onorevole duca, constatai il fatto.

S.E. si mostrò meravigliato della comunicazione, tanto più che credeva la vertenza della nave italiana completamente esaurita, e facendo appello a quella fama di sincerità, che ritiene aver meritato presso di noi, mi accertò non avere mai dato istruzioni al suo ministro in Tangeri di agire contro l'opera nostra in questa o in altra circostanza, e tanto meno di porsi d'accordo con la Francia al proposito, e perciò rispondeva del suo retto operare. In quanto al dottor Cortes che, sorteggiato per prestar servizio in Cuba, lascerà quanto prima il Marocco, mi soggiunse non potere dire nulla, non essendo costui in rapporti diretti col Ministero di Stato ed agire sotto la responsabilità del signor Ojeda; ma non dubitare che quest'ultimo gli avesse sempre dato direzioni conformi alle sue.

Non mi nascose però il duca, come mi disse essere noto all'E.V., che l'opinione sua rispetto al comando del «Bascir» differisce da quella del Governo italiano e ciò è verosimile che abbia anche manifestato al signor Ojeda. Egli è di parere, parlando non come spagnuolo ma ponendosi al punto di vista marocchino nell'interesse dello statu quo dell'Impero, che una nave da guerra, comandata da italiani, provocherebbe da parte della Francia anzi tutto, e quindi della Germania e dell'Inghilterra e delle altre Potenze, una protesta o domanda di pari trattamento presso il sultano, d'onde un gravissimo conflitto internazionale. S.E. non ammette che l'«Hassani», un piroscafo di poco conto, sempre in riparazione gratuita nell'arsenale di Cadice, e comandato per caso da uno spagnuolo, possa paragonarsi al «Bascir», una vera nave da guerra sotto il governo di uno Stato Maggiore italiano. E qui, alla mia obiezione che il sultano, per non aver sudditi atti al comando di un bastimento da guerra, avrebbe sempre dovuto ricorrere a stranieri e che, nel caso presente, era naturale che l'affidasse a cittadini della Nazione che gli aveva procurato la nave e che l'aveva costruita, tanto più che l'Italia non poteva al Marocco destare sospetti in generale, e non dovevalo in particolare per la Spagna, il signor Tetuan mi lasciò intendere che vi era forse una formala per appianare ogni cosa, ma che a lui, non richiesto di far proposta alcuna, non spettava di suggerirla.

Aprendo quindi maggiormente il suo animo, con una certa amarezza mista a tristezza, il duca mi confessò che gli doleva assai il contegno di riserva assunto da qualche tempo dal R. Governo verso la Spagna negli affari marocchini, e qui non solo alludeva al silenzio di questa ambasciata al riguardo, ma citava lo scambio d'idee intavolato ultimamente dall'Italia con la Francia e l'Inghilterra rispetto alla protezione nell'Impero del Magreb, lasciando all'infuori la Spagna, e la ignoranza in cui tuttora si trovava dell'accettazione o no degli articoli presi ad referendum dal rappresentante italiano in Tangeri della circolare sceriffiana sul viaggio all'interno degli stranieri, la cui risposta è stata affidata per la redazione al signor Ojeda dalla riunione diplomatica di Tangeri.

Io replicai al ministro di Stato non avere autorità per chiarire il contegno del R. Governo: spettare a S.E. l'interpretarlo con la scorta dei fatti; sarebbe intanto mia cura recare a notizia dell'E.V. le circostanze accennate.

E così terminò il nostro colloquio durato una mezz'ora, improntato alla maggiore cordialità e franchezza, invitandomi in ultimo, a mo' di conclusione, il signor duca di Tetuan di seguirlo a San Sebastiano per riprendere colà la nostra conversazione.

226 2 Per la risposta di Blanc cfr. n. 229.

229

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 11471. Roma, 16 Luglio 1895, ore 16.

Credo salvo obbiezione di V.E. poter opportunamente dichiarare alla Camera che come per le relazioni commerciali così per le relazioni di buon vicinato in Africa abbiamo preso una posizione non equivoca dichiarandoci pronti a firmare la delimitazione precisa concordata nel 1891 2 .

230

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1283. Parigi, 16 luglio 1895, ore 21,33 (per. ore 23,25 ).

Dopo di aver risposto al telegramma di VE. di ieri 1 ho esaminato dispaccio documenti portatimi dal marchese Maffei e vi ho trovato memorandum rimesso a VE. dall'ambasciatore di Francia 1'11 corrente2 . Sebbene quel documento sia stato preparato allo scopo di riservare questione di diritto e sotto l'impressione sfavorevole qui risentita per la comunicazione della circolare nostra3 agli altri Gabinetti, tuttavia quando si voglia trovare una formola che non tocchi alla questione di diritto, cosa che non mi pare impossibile, memorandum francese ci offre base di trattative che in questo momento parmi non debba lasciarsi perdere di fronte a atteggiamenti della Russia in questa questione. Ministro affari esteri parte fra un paio di giorni per Vìchy e vi resterà circa tre settimane. Al suo ritorno, se non si affacciano complicazioni siamo presso a poco intesi di procedere ad uno scambio d'idee per vedere se possiamo accostarci alla questione della delimitazione con la fiducia di risolverla. In questo stato di cose parmi non ci

2 Cfr. n. 232. 230 1 Cfr. n. 226. 2 Cfr. n. 218, allegato. 3 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 928, nota 5.

convenga fare una dichiarazione che potrebbe interpretarsi nel senso che la delimitazione geografica del 1891 è la sola che noi consentiamo a firmare. Se, mediante qualche concessione nel tracciato della linea, potessimo conseguire la rinuncia della Francia ad esercitare una azione al di là della linea stessa, pare a me che avremmo collocato la questione della Etiopia in una posizione assai migliore di quella che può sorgere quando Russia e Francia dichiarassero insieme che le nostre affermazioni circa Abissinia sono atti unilaterali che non costituiscono per esse obbligazione alcuna, a meno di credere che tutti gli altri Gabinetti si uniscano a noi in modo praticamente efficace. La situazione risultante da una simile dichiarazione franco-russa sarebbe tale da costringerci a ridurre con la forza la Abissinia alla obbedienza sotto pena di grave decadenza morale. Circa questione commerciale, non vi è stata che qualche allusione ad una maggiore facilità di fare più tardi qualche cosa e mi pare che la recente dichiarazione del Ministero agricoltura e commercio abbia messo le cose alloro posto. Quando l'interesse reciproco dei due Paesi sarà meglio compreso e creerà una corrente favorevole di opinioni, le trattative si imporranno all'infuori di ogni altra considerazione.

229 1 Minuta autografa.

231

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1689/7031 . Therapia, 16 luglio 1895 (per. il 22).

l. Dal mio colloquio d'oggi con Said pascià non ho potuto ricavare alcun indizio delle modificazioni che saranno proposte dal gran vizir ai tre ambasciatori circa il loro progetto di riforme in Armenia; se tali modificazioni saranno accettevoli o no dall'Inghilterra.

L'atteggiamento preso dal Governo del re in queste ultime fasi della quistione armena, e preso dalla Germania e dall'Austria-Ungheria sin dal principio di essa, è fondato, da quanto mi sembra, sull'ipotesi che il sultano proporrà tali modificazioni al suddetto progetto da obbligare il Governo inglese a respingerlo. In tal caso l'Inghilterra, secondo il pensiero dell'E.V., sarebbe costretta di appoggiarsi alla Triplice Alleanza o di proporre una conferenza.

Però se l'ipotesi contraria si verifica e se le modificazione del sultano al progetto delle tre Potenze non impediranno l'attuazione di esso, la Triplice Alleanza, fra breve, si troverà di fronte (com'io ho temuto e temo) allo stabilimento di una specie di protettorato sulla Turchia da parte dell'Inghilterra, della Francia e della Russia. Da quest'apprensione nacquero le proposte ch'ebbi l'onore di fare all'E.V. nel maggio scorso2 .

2. Giacché, è necessario porre mente alla seguente discriminazione fra gl'interessi della Germania (taccio per ora dell'Austria-Ungheria) e quelli dell'Italia nell'Impero ottomano. Mentre gli ambasciatori di Germania sogliano dichiarare ch'essi non hanno qui alcun interesse, i nostri, a parer mio, hanno messo abbastanza in rilievo la necessità di esercitare qui una preponderanza eguale, se non maggiore, di quella che vi esercitano la Russia e la Francia.

L'atteggiamento dell'Italia non può e non deve quindi, alla lunga, essere eguale a quello della Germania. I sagrifizi che l'Italia si impone per mantenere la Triplice Alleanza, dovrebbero avere per scopo precipuo l'appoggio della Germania in Oriente.

Nel mio colloquio d'ieri col barone di Saurma Jeltsch, S.E., dopo avermi manifestato il pensiero che l'Inghilterra, per potere attuare le riforme in Armenia, aveva bisogno dell'appoggio della Triplice Alleanza, soggiunse «e se non ne avrà bisogno e potrà fare colla Francia e colla Russia tanto meglio: non avremo da mischiarci in pericolose difficoltà». Non ebbi agio di rispondere al barone di Saurma Jeltsch, ma mi riservo di fargli comprendere che un condominium stabilito in Costantinopoli dall'Inghilterra, dalla Francia e dalla Russia, coll'esclusione dell'Italia, sarebbe la rovina del nostro Paese, nel presente e nell'avvenire e presto o tardi avrebbe per risultato la guerra.

È necessario all'Italia esercitare influenza sulle coste dell'Albania che fronteggiano, ne Il' Adriatico, le nostre terre, ed esercitare influenza sulle coste della Tripolitania che fronteggiano le nostre terre nel Mediterraneo.

3. -La Germania e, da quanto sembra, l'Austria-Ungheria non s'impensieriscono della loro eventuale esclusione dal controllo delle riforme in Armenia, come non s'impensieriscono della loro volontaria esclusione dalla commissione di Erzerum e dall'inchiesta di Bitlis. L'Italia ha il dovere d'impensierirsene, giacché, come ho tentato di dimostrare in numerosi rapporti, il controllo della faccenda armena metterà la Turchia in mano di tre sole Potenze e l'autorità dell'Italia in Oriente non sarà maggiore di quella che al presente vi esercitano l'Olanda e la Spagna. 4. -Non l'atteggiamento della Germania, ma quello dell'Austria-Ungheria è per mc inesplicabile nella quistione armena. L'Austria-Ungheria dichiara non avere interesse nelle provincie asiatiche dell'Impero ottomano; averne nelle provincie europee. Ciò equivale, a mio credere, alla dichiarazione di chi professasse interessarsi alla guarigione di un infermo ma non di tutte le sue membra: verbigrazia alle braccia di costui ma non alle sue gambe; di guisa che vedrebbe con indifferenza la guarigione o l'amputazione di queste ultime membra. Ma nelle provincie di un Impero, come nelle membra del corpo umano, vi è, signor ministro, il veleno delle infermità che circola e si diffonde da un membro all'altro finché non giunga al cuore. Il contagio delle insurrezioni, per cagione fra le altre de Il' astensione dell'Austria nelle cose d'Armenia, si è appigliato alla Macedonia, minaccia di diffondersi nell'isola di Candia; appaiono indizi di esso nella Siria. 5. -L'allusione che ho fatto al contegno dell'Austria-Ungheria nella quistione armena mi porge l'occasione di riferirmi a talune osservazioni del conte Nigra (mio antico capo e maestro), contenute nei rapporti di lui del 13 del mese scorso 3 , dei quali

piacque all'E.V. darmi notizia. In un colloquio che S.E. ebbe col conte Goluchowski, questi dichiarò essere ingiusta la mia lagnanza che l'Austria-Ungheria avesse contribuito all'insuccesso della domanda dell'Italia di partecipare all'inchiesta di Erzerum. E fece comprendere che avrei dovuto cercare al mio insuccesso cause meno estranee. Non intendo a quali cause il conte Goluchowski voglia riferirsi e non sono quindi in grado di rispondere. Non ho bisogno però di rammentare all'E.V. che qualsiasi domanda di qualsiasi Potenza in Oriente è destinata ad un insuccesso se non è sostenuta da un gruppo di altre Potenze. Quindi l'alleanza dell'Inghilterra, della Francia e della Russia nella quistione armena, quindi il mio desiderio di ripristinare in Turchia gli accordi dell'Italia colla Germania e coll'Austria-Ungheria.

Com'è noto all'E.V. la Porta non era ostile all'intervento italiano in Erzerum e nella provincia di Bitlis, ne era anzi desiderosa: ciò (è vero) nella falsa supposizione che il delegato italiano avrebbe fatto opposizione ai pareri del delegato francese ed avrebbe, per conseguenza, mandato a monte l'inchiesta.

6. Non mi rimane che un ultimo schiarimento da dare ali 'E. V. circa le osservazioni fatte dal conte Nigra in ciò che mi concerne. La proposta da me fatta di chiedere i buoni uffici del conte Kalnoky per ottenere il consentimento della Russia alla nostra partecipazione alla Conferenza di Erzerum, fu in parte mia, in parte mi fu ispirata dall'ambasciatore d'Inghilterra in Costantinopoli. Era noto al Foreign Office, ed a sir Philip Currie, al tempo del mio soggiorno in Inghilterra, che il conte Kalnoky, per le qualità ch'egli possiede, esercitava personalmente tale potere sul Governo russo, da potere ottenere agevolmente, a preferenza di qualsiasi altro statista straniero, qualsiasi favore che non implicasse gravi interessi nazionali. Accade talvolta che altri conceda alle domande di nobile avversario ciò ch'è restìo d'accordare ad amico. Secondo sir Philip Currie, cui chiesi consiglio, vari fatti possono confermare ciò che asserisco. Da tale pensiero, nella mancanza di altro ministro degli affari esteri cui il Governo italiano potesse dirigersi, nacque la proposta cui il conte Nigra si riferisce. In quanto mi concerne non esiterei al bisogno di dirigermi al barone Calice per qualsiasi proposta che credessi utile far pervenire al signor Nelidow.

231 1 Annotazione a margine: <<Comunicato alle rr. ambasciate a Berlino, Londra, Pietroburgo e Vienna». 2 Cfr. n. 130.

231 3 Cfr. nn. 155 e 157.

232

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1291. Parigi, 17 luglio 1895, ore 20,10 (per. ore 22,45).

Conformemente alle istruzioni contenute nel dispaccio 12 luglio1 ho cercato oggi in un colloquio con questo ministro degli affari esteri di accertarmi se egli confermi o meno la dichiarazione fatta a V.E. da codesto ambasciatore di Francia

nel rimetter! e il memorandum dell' 11 luglio. Mio interlocutore mi disse scopo del memorandum essere unicamente quello precisare storia del negoziato 1891 al quale ambasciatore di Francia aveva preso una parte diretta. Quest'ultimo non aveva avuto istruzioni di riannodare trattative, se egli avesse ciò voluto me ne avrebbe avvisato. I rapporti signor Billot sulla comunicazione memorandum da lui fatta a

V.E. non erano ancora arrivati. Il ministro parte fra due giorni per Vichy e si propone durante l'assenza da Parigi ripigliare in esame trattative anzidette come già mi disse altra volta; questo esame lo farà con il desiderio trovare una formala chè valga a risolvere difficoltà. Al suo ritorno avremo insieme se lo vorrò dei colloqui preliminari non formali e se riconosceremo possibilità intenderei riapriremo e condurremo a buon fine negoziati, ma il segreto dalle due parti è condizione sine qua non buona riuscita. Ministro mi disse ripetutamente che al metodo di trattare in pubblico egli si rifiuta assolutamente perché con questo metodo non si può avere fiducia condurre cose a buon fine ed egli non vuole che un insuccesso venga a creare inasprimento nei rapporti con noi. Da parte nostra data una versione delle trattative del 1891, egli si trovò costretto a farci presente una rettifica. Le idee scambiate fin qui comunicate non costituiscono occhi suoi una trattativa; se ora fosse interrogato egli sarebbe costretto di dire che trattative aperte non esistono postume [sic] idee espressemi in passato circa suo desiderio risolvere la questione delimitazione e il metodo per arrivarci non hanno subito agevolato. Così stando le cose mi pare che ove V.E. non potesse prescindere dal fare qualche dichiarazione al Parlamento2 la meglio corrispondente sarebbe, all'interesse di una trattativa prossima colla Francia quella indicata nel mio telegramma 15 corrente3 evitando però affermazione esistenza trattative in corso perché effettivamente i colloqui preliminari avuti finora non hanno carattere negoziati e neppure lo ha lo accertamento che ciascuna delle due parti dal proprio punto di vista ha fatto dello stato. Risolvere questione fu abbandonato 1891 4 .

232 1 Cfr. n. 218.

233

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI 1

T. RISERVATO 202. Roma, 18 luglio 1895, ore 12.

Le probabilità di un negoziato serio per parte della Francia per delimitazione in cui non ho mai avuta molta fede vanno sempre più allontanandosi. Confermo non aver preso contegno di chi vuole negoziare, bensì di chi è pronto ad accordi di buon vici

nato sopra basi già definite. Importa al Governo assumere apertamente quella posizione leale alla quale Governo francese non ha mai potuto opporre se non pregiudizi avversi dell'opinione pubblica che esso sembra più disposto a seguire che a rettificare. Intanto il r. console in Aden ci telegrafa che tutti i fucili che giungono a Gibuti proseguono subito per lo Scioa 2•

232 2 Risponde al n. 229. 3 Cfr. n. 226. 4 Sic. Per la risposta cfr. n. 233.

233 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 328.

234

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 12991 . Parigi, 18 luglio 1895, ore 17,46 (per. ore 20,10).

Fin da quando comunicai memoria venti febbraio 2 , ministro affari esteri fece sue dichiarazioni che sono contenute nel mio rapporto 27 quello stesso mese 3 . *Egli constatò che trattative 1891 non condussero ad alcuna convenzione circa delimitazione. Nelle successive conversazioni ministro affari esteri non si è sensibilmente allontanato dalle prime sue dichiarazioni*. Quelle fattemi jeri 4 sostanzialmente e categoricamente le confermano. Mio compito fu di riferire esattamente ciò che qui mi è stato detto a più riprese, ed a tal mio ufficio non ho mancato. Mio avviso è che una delimitazione del possedimento di Obock, con rinuncia della Francia all'azione oltre la linea che sarà stabilita, si potrà avere, se però siamo disposti a entrare nel metodo trattative qui desiderate ed a variare alquanto il tracciato verso l'Harar. Di più non credo si potrà qui per ora ottenere. *Dichiarazioni del ministro francese circa introduzione armi sono state da me esattamente riferite*, queste mi furono rinnovate ancora jeri. Delimitazione, prescindendo da qualunque discussione circa ragioni nostre in Abissinia, costituirebbe rinuncia definitiva per parte di Francia a penetrare da quella parte o ad estendersi eventualmente verso l'Aussa. Essa toglierebbe valore alla posizione che sta prendendo la Russia. Non sarebbe molto, ma sempre qualche cosa di pratico valore. Console a Aden dovrebbe essere invitato a precisare i fatti, perché io possa presentarli qui in forma concreta a dimostrazione della vanità delle dichiarazioni che mi si fanno. Non fu senza difficoltà che il Ministero francese è riuscito a eliminare nell'ultima sessione le interpellanze che avrebbero dato motivo a

2 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 928, nota 5.

3 lvi, n. 949.

4 Cfr. n. 232.

dibattimenti dispiacevoli per le relazioni fra l'Italia e la Francia; ed in ciò almeno fu manifesto suo buon volere di pacificare gli animi. Manderò domani rapporto riassuntivo per posta 5 .

233 2 T. 1292 del 17 luglio, non pubblicato.

234 1 I passi fra asterischi sono ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 328.

235

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 113. Londra, 19 luglio 1895, ore 19,49 (per. ore 22,10).

Salisbury ha dato ordini residente britannico Aden, dal quale dipendono tutte le questioni amministrative di Zeila, di porgere a Nerazzini facilitazioni di cui possa abbisognare nella sua residenza Zeila\ come privato, evitando difficoltà nel suo servizio informazioni al Governo italiano.

236

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. RISERVATO 30730/649. Roma, 19 luglio 1895.

Ho ricevuto il suo rapporto dell'8 corrente n. 2301/6511•

Convengo nell'opinione da V.E. manifestata circa il contegno di assoluto riserbo che il Governo del re deve seguire tanto di fronte alla andata in vigore del progetto di legge sulla stampa, già approvato dalla Camera dei deputati, che avrà per probabile conseguenza la soppressione del giornale Il Pensiero di Nizza 2 , quanto nel caso in cui il presidente della Repubblica decidesse di recarsi a Nizza ad assistere all'inaugurazione del monumento commemorativo della prima annessione alla Francia della antica contea.

235 1 Con D. riservato 22367/258 del 19 giugno, non pubblicato, Blanc aveva incaricato Ferrero di chiedere al Governo inglese l'autorizzazione ad inviare a Zeila Nerazzini per raccogliere informazio ni sull'Etiopia. 236 1 Cfr. n. 211.

2 Con R. riservato 3874/1038 del17 novembre, non pubblicato, Tornielli comunicò che, in seguito alla legge del 22 luglio, il Ministero dell'interno aveva decretato l'interdizione della circolazione in Francia del giornale Il pensiero di Nizza.

Autorizzo pertanto V. E. ad impartire nel senso da lei esposto opportune istruzioni al r. console generale in quella città. Gradirò di ricevere copia delle istruzioni medesime3 .

234 5 R. 2400/681, pari data, non pubblicato.

237

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 372/219. Pietroburgo, 20 luglio 1895 (per. il 27).

Facendo seguito al mio rapporto del 12 corrente n. 339/1921 mi pregio d'informare V.E. che questo ambasciatore d'Inghilterra è venuto oggi a trovarmi, e mi ha parlato lungamente della missione abissina, in tuono però strettamente confidenziale. Le accoglienze ai rappresentanti di Menelik erano state le più ufficiali e le più solenni possibili; nessun ambasciatore straordinario europeo si sarebbe potuto ricevere con maggior pompa; le funzioni religiose alle quali avevano assistito gli abissini vennero indette espressamente per loro, e con gran dispendio: evidentemente la Russia aveva uno scopo; e se la Francia si decideva a cederle i suoi porti del golfo d'Aden assai difficile riuscirebbe d'impedirle di metter piede nell'Etiopia, S.E. si mostrava di ciò preoccupato, e mi chiese se avevamo inoltrato proteste, e quali fossero le nostre intenzioni. Io mi credetti autorizzato a dirgli che aveva già fatto delle rimostranze, ma non aveva ancora ricevuto istruzione di inoltrare una formale protesta.

Sir Frank Lascelles aggiunse che nei giorni scorsi egli tenne discorso al principe Lobanow, a titolo di mera informazione pel suo Governo, dei ricevimenti fatti alla missione abissina, e gli chiese se fosse vero (come già disse l'agenzia Reuter) che la Russia avrebbe stabilito relazioni e rappresentanze diplomatiche regolari coli 'Etiopia, e vi manderebbe presto una nuova missione. Il ministro imperiale gli rispose che non intendeva di stabilire alcuna rappresentanza presso il negus, e non si invierebbe nemmeno un'altra missione. «Si lavorerà tuttavia -aggiunse il principe Lobanow -per l'unione delle due religioni».

È della più chiara evidenza che sarà quello il pretesto per venire al protettorato politico. E l'ambasciatore d'Inghilterra ritiene che in tutta questa faccenda la volontà del noto Pobedonoszew, procuratore del S. Sinodo, abbia prevalso sui consigli, forse, più moderati, del principe Lobanow 2•

2 Con R. riservato 423/263 del 5 agosto Silvestrelli comunicò che, a giudizio dell'ambasciatore di Germania, Radolin: <<il principe Lobanow è decisamente mal disposto verso la Germania e verso l'Italia>> e aggiunse: <<In tale condizione di cose dobbiamo augurarci che si dilegui presto la grossa illusione di poter migliorare i nostri rapporti col Governo di Parigi, e che gli italiani riguardino la Francia e la Russia come nostre nemiche, dalle quali sarebbe vano sperare più benevoli sentimenti>>.

236 3 Cfr. n. 252. 237 1 Cfr. n. 220.

238

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, D'ASPREMONT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 556/195. Tangeri, 20 luglio 1895 (per. il 28).

Ho l'onore di qui unita trasmettere all'E.V. la traduzione della risposta1 fatta dal gran vizir alle dichiarazioni che, contemporaneamente alla nota da me indirizzata al Governo sceriffiano, invitai il r. segretario-interprete di fare a Ba Ahmed riguardo al compimento, per parte del Marocco, degli impegni assunti verso l'Italia.

In essa il gran vizir, dopo avere esposte le ragioni per le quali il Makhzen non vuole ritirare subito la nave del sultano, propone al Governo del re di pagare le somme dovute ancora, di riconoscere a comandante della nave il conte Moretti e di mandare in Italia gli artiglieri e marinai marocchini perché vi imparino il mestiere, e di rimettere ad un'epoca posteriore la venuta del «Bascir» in queste acque.

Le proposte del gran vizir non sono tali quali si potrebbero giustamente desiderare e quali avrebbero potuto far sperare le belle promesse ancora di recente da lui fatte.

Le sono già note, signor ministro, quali siena le difficoltà che i marocchini oppongono al ritiro immediato della nave, difficoltà che, secondo essi, provengono tutte dall'opposizione che viene fatta dalle altre Potenze. A tale riguardo ho già lungamente riferito a V.E. In quanto poi ai timori del Makhzen, timori di complicazioni per l'Impero moghrebino, ella saprà quanto fondamento possano avere.

Il nostro segretario-interprete mi scrive inoltre che avendo egli, nel ricevere la risposta sopra citata, ripetuto nuovamente a Ba Ahmed tutte le dichiarazioni che gli avevo scritto di fare ed esauriti tutti quanti gli argomenti che consigliavano al Marocco, nel suo stesso interesse, di ritirare subito il «Bascir», il gran vizir gli avrebbe replicato: che la sua lettera era prova della sincerità e della lealtà del sultano e dei suoi ministri; che Muley Abd -el-Aziz avrebbe potuto non confermare gli impegni del suo augusto genitore; che anche dopo confermatili, Sua Maestà avrebbe potuto e potrebbe ritirare la nave e venderla poco appresso come gli è stato, dice, pure consigliato.

Questo linguaggio prova quali erano le intenzioni del Makhzen a nostro riguardo, intenzioni dalle quali certo non si sarebbe dipartito se il Governo del re non avesse dimostrato il suo intendimento di spiegare un'azione risoluta senza di che non si sarebbe, dopo tanti mesi di lavoro, neanche ottenuto quanto ora ci viene proposto dal Governo sceriffiano. È vero che il gran vizir continua a dichiarare che il sultano non vuole punto perdere l'amicizia dell'Italia alla quale tiene molto ed è a tale scopo che ha voluto agire verso di essa colla maggiore franchezza e la maggior buona fede; che di fronte agli insistenti sforzi di certe Potenze contro il regolamento dell'affare del «Bascir», il Makhzen si comportò sempre in guisa da dimostrare a tutti volere il sultano mantenere i suoi impegni coll'Italia, e respinse le domande tendenti ad ottenere che Sua Maestà Sceriffiana costruisse navi da guerra altrove e ne affidasse il comando ad ufficiali delle Potenze che tali domande fecero e continuano a fare; che le pro

poste del Makhzen al Governo del re, ispirate al concetto di evitare pericoli a questo

Impero, sono il suggello della lealtà del Governo sceriffiano.

Per quanto belle possano essere la parole del gran vizir, pure ho ragione di ritenere, . e ciò per informazioni particolari, che le intenzioni dei governanti marocchini non sono forse così buone, come Ba Ahmed pretende farci credere. Il Makhzen teme di dispiacere ad altre Potenze che vuole accontentare, e spera, colle proposte che ora ci fa, non alienarsi l'amicizia dell'Italia, amicizia che non ha mai saputo valutare al suo giusto grado.

Non essendomi note le cose contenute nel memorandum segreto che qui unisco, e non potendo quindi emettere un giudizio sul loro reale valore, mi è impossibile esprimere sulla questione delle proposte del Governo marocchino opinione alcuna. Solo mi fo lecito osservare che non si dovrebbe, a mio parere, concedere alcuna dilazione pel pagamento delle somme ancora dovuteci; se poi le proposte fossero per essere accettate dal Governo del re, il Makhzen dovrebbe depositare fino da ora una somma corrispondente alle spese occorrenti per l'esercizio, mantenimento, ecc., della nave per tutto il tempo più o meno lungo, che il «Bascir» dovrà rimanere ancora in ltalia 2 . Inoltre converrebbe che il sultano firmasse un atto nel quale si obblighi formalmente a ritirare la nave entro un dato tempo e s'impegnasse nuovamente a non far costruire altre navi in qualsiasi Paese fuorché in Italia 3•

Queste precauzioni mi sono suggerite dalla necessità di evitare le innumerevoli difficoltà alle quali c'imbatteremmo ad ogni piè sospinto per ottenere il pagamento delle somme necessarie, e per poter avere in mano un documento formale che obblighi assolutamente il sultano a mantenere gli impegni assunti, e che nel caso che questi non fossero mantenuti, desse al Governo del re facoltà di agire nel modo che gli parrebbe opportuno. Credo dover ripetere che nelle circostanze attuali e viste le disposizioni dei governanti marocchini verso di noi nessuna precauzione potrebbe essere sufficiente per evitare qualche sorpresa avvenire.

Aspetterò pertanto gli ordini dell'E.V. e continuerò a conformare esattamente il mio contegno alle istruzioni che ho ricevuto. Scrivo in questo senso al nostro interprete.

ALLEGATO

IL SEGRETARIO INTERPRETE DELLA LEGAZIONE A TANGERI, GIANATELLI GENTILE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

MEMORANDUM CIFRATO SEGRETO. Fez, 14 luglio 1895.

Ministro francese facendo abilmente profitto delle complicazioni sorte fra Marocco e estere Potenze e della convenzione per il capo Jubi, ha cercato persuadere questo Governo di assumere formale impegno verso la Francia di non cedere a nessuna Potenza un palmo del territorio marocchino senza il consenso della Francia; né di accordare a stranieri concessioni di strade ferrate, telegrafi, ponti e strade, né costruzioni di navi da guerra, ecc., senza renderne consapevole la Francia; la quale, di tutto informata, avrebbe avuto diritto di prelazione. Medi

co Linares si è attivamente adoperato per indurre ministri marocchini ad aderire proposte ministro francese. Aderendovi, diceva il medico, il Marocco ne [ricaverebbe] tranquillità e sicurezza ed otterrebbe anche richiamo vice-console francese in Fez.

Avendo io avuto sentore di quanto precede, feci giungere a quei governanti, con circospezione e prudenza, reiterati consigli perché non facessero cosa veruna che potesse condurre il Marocco alla perdita della propria indipendenza.

Richiesto il ministro di Francia di mettere per iscritto le sue proposte si schermì dal farlo. In seguito di ciò e in occasione di una ultima visita fatta dal ministro francese al gran visir, il visir Garnit diede lettura al signor Monbel di un memorandum così concepito: <<Avendo il nostro signore presentate le proposte francesi (erano specificate nel memorandum medesimo) ai notabili dell'Impero, è stato risposto non potersi accogliere tali proposte perché l'accoglierle porterebbe alla soppressione della libertà e della indipendenza del Marocco>>.

Il gran visir ha creduto prudente dopo ciò che è accaduto di desistere dal suo proposito di insistere sul ritiro del vice-console francese di Fez; il quale riceverà, mi è assicurato, l'exequatur.

Visir Garnit avendo dichiarato al ministro francese di non ricordare che il defunto sultano abbia promesso al conte d'Aubigny di acquistare una nave da guerra in Francia i suoi rapporti con il signor Monbel sono oggi, per questo ed altri motivi molto freddi, e quest'ultimo non si vale più di lui da qualche giorno per trattare gli affari.

Questi governanti mi hanno fatto le più vive raccomandazioni perché le informazioni contenute nel presente memorandum restino segrete, temendo anche rappresaglie se ne trapelasse alcunché.

Dal canto mio, continuerò a sorvegliare prudentemente 4•

238 1 Non si pubblica.

238 2 Annotazione a margine: <<Questo sì urgente>>. 3 Annotazione a margine: <<Questo no».

239

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, D'ASPREMONT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 572/200. Tangeri, 23 luglio 1895 (per. il 31).

Già da parecchio tempo si è sparsa qui la notizia che tra il Governo francese e quello marocchino era intervenuto un accordo, firmato dal gran visir e dal signor di Monbel, mediante il quale il Marocco si obbligava a non trattare alcun affare con una Potenza estera senza prima consultare il Governo della Repubblica e riceverne il consenso. Per parte sua la Francia prenderebbe l'impegno di difendere il Marocco da qualsiasi aggressione o da qualunque azione spiegata da altre Potenze contro di esso. In una parola si tratterebbe né più né meno che di un protettorato.

Tali voci non hanno avuto conferma finora. Il mio collega dì Gran Bretagna pare assai preoccupato di tale notizia che gli viene mandata da Fez. Il signor White mi ha chiesto se io ne avessi la conferma. Gli risposi di no, e che era mia opinione che si dovesse accogliere colla massima riserva notizie di sì grave importanza. Però, viste le circostanze nelle quali trovasi attualmente il Marocco, cioè colla rivolta al sud, colla

disorganizzazione all'interno e colle numerose vertenze pendenti coi Governi d'Europa, il momento avrebbe potuto parere opportuno al signor di Monbel per tentare un tale passo ed offrire al Marocco la protezione della Francia. Che poi il Makhzen avesse accettato le proposte del Governo della Repubblica, era una questione sulla quale è quanto mai difficile il pronunziarsi, essendo oltre ogni dire arduo l'avere notizie con un fondamento di verità, e quelle date dagli stessi visir meritando di ricevere una conferma essendo spesso poco attendibili. L'incaricato d'affari d'Inghilterra si dichiarò completamente d'accordo meco su tale punto di vista.

La Francia ha già a varie riprese, sembra, affacciato la pretesa di essere consultata dal Governo marocchino intorno agli affari di politica estera. Il ministro di Germania non vuol prestare la minima fede alle notizie qui pervenute a tale proposito.

Quello che il signor di Monbel ha ottenuto fino ad ora, oltre il regolamento di vari reclami, è che il signor di Marcilly è stato definitivamente riconosciuto, quale vice console di Francia in Fez, dal Governo marocchino, mediante un documento indirizzato al ministro francese. Questi, pare, aveva proposto di ritirare il suo vice console; però il Makhzen doveva accordargli un corrispettivo tale che spaventò i marocchini i quali preferirono riconoscere il signor Marcilly.

Il signor di Monbel farà ritorno a Tangeri probabilmente verso il mese entrante.

238 4 Gianatelli fece comunicare da Tangeri a Roma il seguente telegramma (T. riservato 214 del 21 luglio): <<Fez 15 luglio. Con memorandum segreto cifrato L. 7 spedito mezzo legazione insieme mio rapporto e traduzione lettera gran visir circa nave da guerra 'Bascir' ragguaglio V.E. tentativi ministro francese che se non fossero fortunatamente falliti avrebbero messo Marocco balia Francia>>.

240

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, A BRINDISI

T. 1192. Roma, 24 luglio 1895, ore 21,55.

L'accolga sul suolo della patria il mio affettuoso saluto. L'amico e il ministro sono lieti del pari del di lei arrivo, e fidano in quanto si potrà fare ancora concordi pel bene dell'Italia in Africa.

241

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 32521!6661 . Roma, 24 luglio 1895.

S.E. il signor Billot venuto stamane ad annunziarmi la sua partenza in congedo, mi ha espresso la speranza che nostri migliori rapporti per le questioni commerciali e per l'Africa non sarebbero indefinitamente ostacolati dall'opinione pubblica, la quale

è una forza di cui il Governo deve tener conto, e difficilmente può prescindere da questioni politiche sulle quali egli preferiva tacere.

Ho risposto all'ambasciatore che, secondo noi, l'opinione pubblica, laddove è falsata, è una debolezza anziché una forza per un Governo; che per parte nostra abbiamo cercato di dirigerla anziché seguirla quando si manifestavano impressioni sfavorevoli ai rapporti di buon vicinato da noi sempre promossi; che certamente-nella questione commerciale non potevamo rispondere di trovar sempre così favorevole come in altri tempi a tariffe più liberali una parte dell'industria e del commercio italiani, che vanno consolidando gli scambi con altri mercati; ma che almeno per il buon vicinato in Mrica non avrei trascurato nulla, nelle mie dichiarazioni alla Camera per stabilire la correttezza del reciproco contegno dei due Governi, ed il carattere soddisfacente delle dichiarazioni a noi fatte dal signor Hanotaux. Continuavo a confidare che secondo il punto di vista espressomi dall'ambasciatore e di cui informai l'E.V. col mio dispaccio del12 corrente n. 29771/619 2 si potesse addivenire ad una delimitazione che assicurasse di fatto quel buon vicinato; e nell'esprimere quella fiducia, io intendevo far una volta di più, in quanto dipende da me, il mio dovere, di fronte alle responsabilità che pesano egualmente sopra di me e sopra il signor Hanotaux per buone e leali relazioni tra i due Paesi.

S.E. il signor Billot replicò che difatti nel 1891 egli non aspettava che una autorizzazione telegrafica di firmare la delimitazione concordata, ma che erano sopravvenute circostanze politiche ad impedire la firma. L'ambasciatore però conchiuse esprimendomi la speranza di riportarmi al suo ritorno la decisione favorevole del suo Governo alla ricordata delimitazione3 .

241 1 Minuta autografa.

242

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Londra, 24 luglio 1895.

Dans une dépeche concernant les rapports de l'ltalie et de l'Angleterre dans l'Afrique1 il était question de la possibilité d'une marche vers Kartum des troupes angloégyptiennes. Cette marche n'a passa raison d'etre, aumoins pour le moment, à cause du dépérissement progressif du mahdisme. Le rapport imprimé de Slatin pacha que je t'ai expédié il y a quelque temps, montre l'état d'impuissance du mahdisme soit contre nous soit contre les anglo-égyptiens. Au Foreign Office on est, pour le moment du moins, convaincus de la superfluité d'une expédition qui faite plus tard exigerait peu ou point de sacrifices. Si donc il y a un ennemi commun à nous et aux anglais dans le

3 Per il punto di vista di Hanotaux cfr. Documents Diplomatiques Français (1871-1914), 1ère série, tome XIII (8 mai 1895-14 octobre 1896), Paris, 1951, n. 99. 242 1 D. riservato 21921/237 dell'8 giugno, non pubblicato.

Soudan, cet ennemi n'est pas assez dangereux pour rendre nécessaires des combinaisons politiques et militaires. Cette considération fait tomber les projets qui ont été l'objet~de ta lettre du 8 juillet2 et du rapport annexé et les arrangements pour pousser nos occupations plus à l'ouest de Kampala.

Ce que je viens de dire n'exclut pas la possibilité d'événements imprévus qui modifient la situation en faveur de ces projets. La question de Zeila devient de plus en plus intéressante à cause des intrigues russes et françaises dans l'Ethiopie. Un premier pas a èté fait par l'envoi de Nerazzini favorisé par le Gouvernement anglais. Nerazzini devra ètre prudent et ne pas effaroucher les autorités anglaises par un excès de zèle. Il est certain que le Gouvernement actuel de la Grande Bretagne est plus hostile que le précédent à la France et à la Russie et qu'il voit de mauvais oeuil ce qui se passe dans l'Afrique orientale sous l'influence de ces deux Puissances. En temps et lieu et avec prudence je tacherai de tirer profit de cela pour arranger au mieux la question du Harar.

Cependant il ne faut pas oublier à mon avis que depuis deux mois, et surtout dans ces dernières semaines, des phénomènes politiques nouveaux se sont produits et ont modifié les conditions de l'Europe de façon à faire passer en seconde ligne les questions africaines. La question d'Arménie, la question macédonienne, l'assassinat de Stambouloff, le rapprochement de la Bulgarie à la Russie, la conclusion d'une véritable alliance entre la Russie et la France, tout cela a mis de plus en plus en évidence la mauvaise politique du Cabinet Rosebery et l'isolement complet de l'Angleterre. Si celle-ci veut reprendre son influence dans les Balkans ce ne sera qu'en se rapprochant de l'Autriche et pour la question de l'Egypte et de la Méditerranée elle devra se tenir avec l'Italie. Donc une attraction de ces deux Puissances sur l'Angleterre est évidente. Si l'Angleterre répugne peut -è tre à cause de l'Allemagne de s'associer directement à la Triple Alliance il n'en est pas moins vrai qu'une entente avec l'Autriche et l'Italie est indiquée parla situation. C'est dans cet ordre d'idées que selon moi il faut travailler auprès du Gouvernement de la Grande Bretagne.

Mais il vaudra mieux exercer une espèce de suggestion que de faire des propositions. L' Angleterre, et surtout l'Italie et l'Allemagne, doivent éviter que l'Autriche, faute d'ètre soutenue, se mette enfin d'accord avec la Russie dans les questions balkaniques.

Si au contraire l'Angleterre sait se servir de la Triple Alliance pour les questions orientales l'Autriche pourra maintenir en bon ordre les petits Etats de la péninsule et peut-ètre les empècher d'entrer dans l'orbite de la Russie.

Cela posé, mon avis est que notre diplomatie doit se préoccuper avant tout de l'Europe. J'ai l'espoir que, à un moment donné, quand l'antagonisme de l'Angleterre et de la France sera plus prononcé, quand certaines questions comme celle de l'Egypte viendront sur le tapis, la question de l'Harar pourra ètre arrangée en notre faveur. Je pense de faire un travail consistant à résumer toutes les hypothèses qui découlent de la situation politique actuelle pour e n déduire l es services mutuels que l 'Italie, l'Angleterre, l'Autriche et indirectement l'Allemagne peuvent se rendre. Une entente sur ces bases sera peut-ètre une heureuse combinaison.

241 2 Cfr. n. 218.

242 2 Non rinvenuta.

243

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

Roma, 25 luglio 1895, ore 17,30.

Dal mio linguaggio alla Camera il Governo francese rileverà una volta di più il nostro desiderio di appianare la via a migliori intelligenze fra i due PaesF.

244

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI

T. 1204. Roma, 25 luglio 1895, ore 18.

Wlangaly e Meyendorff avendomi successivamente espresso il desiderio che interpretassimo in senso amichevole il contegno del principe Lobanoff nella questione etiopica, ho evitato nel mio linguaggio di oggi alla Camera ogni accenno di protesta e mi sono limitato ai termini esatti delle dichiarazioni fatteci, confidando che il contegno del Governo russo sarà per confermare col fatto il desiderio del principe Lobanoff.

245

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 879/376. Londra, 26 luglio 1895 (per. il 29).

Nella visita settimanale di mercoledì, lord Salisbury mi ha domandato, non senza preoccupazione, se il nostro Governo aveva notizie del Marocco, perché dal canto suo aveva motivo di credere che il rappresentante francese presso quel sultano prendesse un'attitudine come se il Marocco fosse sotto il protettorato francese. Mi credo di dovere informarne V.E., non senza però riflettere che prima che con me lord Salisbury aveva conferito coli' ambasciatore germanico e che forse la notizia veniva dal medesimo piuttosto che da informazione diretta del Governo inglese.

243 1 Minuta autografa. 2 Cfr. n. 257.

246

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 2019/6091. Vienna, 26 luglio 1895 (per. il 29).

Ho preso notizia dei documenti diplomatici che si riferiscono al ricevimento ufficiale fatto in Russia alla missione di Menelik. Questo fatto sembra un indizio assai chiaro di un'azione diplomatica concertata tra la Russia e la Francia, che avrebbe di mira dall'un lato la questione egiziana, e dall'altro lato lo stabilimento di un punto d'appoggio della Russia nel Mar Rosso, o per lo meno il rinforzamento della posizione della Francia su quelle sponde.

Nel tempo stesso gli avvenimenti che si svolsero recentemente in Bulgaria, l'invio a Pietroburgo d'una missione bulgara e l'accoglienza ivi fattale, e soprattutto le manifestazioni russofile che si produssero a Sofia all'occasione dell'assassinio e dei funerali dell'ex-ministro Stambuloff, dimostrano un notevole cangiamento di situazione in quella parte dei Balcani, cangiamento che non può a meno di preoccupare in guisa speciale il Governo austro-ungarico. Al ritorno del conte Goluchowski da Ischl, ove si recò presso S. M. l'Imperatore, mi propongo di interrogarlo circa questa condizione di cose, se non al tutto nuova, certo aggravatasi in questi giorni.

L'esistenza di un'alleanza effettiva della Russia e della Francia, dichiarata nel Parlamento francese, e confermata da una serie di fatti positivi e significanti, non lascia nemmeno l'ombra di un dubbio. È probabile che essa sia soltanto difensiva nel senso militare della parola. Ma quanto all'azione diplomatica comune essa appare offensiva insieme e difensiva. Sembra certo cioè che i due Governi alleati abbiano promesso ed esercitino nel fatto in un senso identico, in tutte le questioni che interessano l'una o l'altra, o entrambe le parti, o che per contro interessino l'una o l'altra delle Potenze della Triplice Alleanza, e l'Inghilterra, tutta l'azione della loro diplomazia occulta o palese. Le Potenze le più direttamente esposte ai colpi di questa politica sono: l'Italia, l'Inghilterra e l'Austria-Ungheria. Finora la Germania, forse per la sua speciale posizione, è meno tocca, ma solo in apparenza. La più effettivamente presa di mira è l'Inghilterra. Sarebbe da sperarsi che il marchese di Salisbury si renda pieno conto di questo stato di cose, e che il Gabinetto di Berlino se ne capaciti egualmente. Un accordo efficace dell'Inghilterra colla Triplice Alleanza, e specialmente coll'Italia, e il ritorno di intelligenze cordiali politiche tra la Germania e l 'Inghilterra, possono soli far contrappeso all'alleanza franco-russa e assicurare la pace senza offesa dei diritti e degli interessi nostri e dei nostri alleati, e dell'equilibrio europeo 2 .

2 Si pubblica qui la parte finale del R. confidenziale 2922!778 del 18 settembre con cui Nigra riferiva su un incontro fra Francesco Giuseppe e Guglielmo II: «Questa visita imperiale non lascerebbe quindi che lieti ricordi; ma la soddisfazione da essa prodotta è alquanto velata dal fatto che al momento stesso un generale russo e un principe reale ellenico assistevano, non senza ostentazione, agli esercizi dell'esercito francese, ai quali si dice che dovrà pure assistere, invitatovi dal presidente della Repubblica, il principe Lobanow, ministro russo degli affari esteri, ora in cura a Contrexeville. L'alleanza russo-francese, con adesione della Grecia, si va così affermando di giorno in giorno più evidente>>.

246 1 Annotazione a margine: «Inviato alle rr.ambasciate di Londra e Berlino 14 agosto 1895».

247

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 2536/720. Parigi, 29 luglio 1895 (per. il 7 agosto).

La formale rivelazione della esistenza di un'alleanza franco-russa fatta dai ministri al Parlamento francese durante l'ultima sessione non fu seguita da altre divulgazioni che di questo fatto politico e del suo carattere molti si aspettavano. E fra coloro che qui dovrebbero essere di ciò informati variano siffattamente, non dirò i giudizi, ma le supposizioni, che non riesce facile il discernere a quale di queste si dovrebbe prestare il maggiore credito.

Accenno a titolo di cronaca alla pubblicazione comparsa nel Figaro del 25 corrente secondo il quale a determinare il casus foederis della alleanza della Francia con la Russia basta che l'uno dei due Stati sia impegnato in un conflitto con una terza Potenza. Non ho mezzo di conoscere la verità di queste cose, nelle quali la più elementare prudenza deve rendere ognuno circospetto tanto nella affermazione, come nella negazione.

Darebbe ragione alla pubblicazione del grande giornale mondano di Parigi il contegno che la Francia ha preso nelle complicazioni della pace sino-giapponese. Ma per altra parte, fino agli ultimi giorni almeno, non vi erano sintomi che lasciassero prevedere nel Ministero degli affari esteri francese la preoccupazione di dovere regolare la sua posizione a riguardo nostro sull'atteggiamento preso dalla Russia nelle cose di Abissinia. Ancorché ali' epoca in cui il Signor Hanotaux mi assicurava che, nel regolamento della questione di delimitazione del possedimento di Obock, non subirebbe influenze estranee alla considerazione degli interessi proprii della Francia in quella regione, il Gabinetto di Pietroburgo non avesse assunto ancora la posizione sua attuale, mi pare che, se un vincolo del carattere segnalato dal Figaro avesse esistito, difficilmente un ministro francese che della circospezione sua vanta la forza, si sarebbe lasciato andare a così esplicita dichiarazione. Però gioverà avere presente che queste non sono che supposizioni ed induzioni le quali hanno anzi alcunché di contraddittorio fra di loro, sicché non sarebbe cosa savia il dare alle medesime una importanza determinante.

248

IL RE D'ITALIA, UMBERTO I, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Roma, 30 luglio 1895.

Les conditions bien connues entre nous et la Russie exigent que notre ambassadeur soit doué de qualités que personne ne saurait posséder mieux que vous. Votre habilité très appréciée, votre profonde expérience et la parfaite connaissance de la position sans compter les relations avec votre ancien collègue, vous rendraient bien digne d'ajouter ce grand service aux multiples bien distingués que vous avez jusqu'ici rendu à notre Pays. Quant à moi je vous en serais bien reconnaissant. En vous serrant amicalement la main, j'attends votre réponse1•

249

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL DOTTOR NERAZZINI

D. PERSONALE 33068/248. Roma, 30 luglio 1895.

La S.V. ha incarico di recarsi a Zeila; in forma del tutto privata.

La sua missione ha un duplice scopo: l) di organizzare un servizio di informazioni sia con l'interno, sia e principalmente con lo stabilimento francese di Obok-Gibuti, coordinando le informazioni medesime con quelle che ella potrà avere, in via confidenziale, dal Governo locale inglese; 2) di ingenerare nell'animo di Menelik e di Makonnen il convincimento dell'esistenza di un completo accordo tra l'Inghilterra e l'Italia.

l) Ella non deve dimenticare di essere, di fronte alle autorità inglesi, un semplice agente confidenziale del Governo con l'intento di fornirgli quelle informazioni che, oramai, gli sono interdette dall'interno dell'Etiopia.

Le informazioni le perverranno dall'interno da varie fonti, e anche dal cavalier Felter, finché questi rimarrà presso Makonnen, per quanto si riferisce all'Barar e allo Scioa, e le saranno procurate da persona di sua fiducia presa sul luogo, per quanto si riferisce alla colonia francese. Le notizie, opportunamente raccolte, vagliate e confrontate con quelle di provenienza inglese, saranno da lei inviate direttamente a questo ministero e, contemporaneamente, in copia, al Governo dell'Eritrea. La S.V. è, a tal uopo, autorizzata a prender conoscenza dei rapporti che il cavalier Felter invia a Massaua per la via di Aden, facendoli, però, proseguire, senza ritardo, alloro destino; e a comunicare alle autorità inglesi quelle non riservate al solo R. Governo, sia sui movimenti in Etiopia, sia sui movimenti nel Sudan. In tal modo, si stabiliàtra la S. V. e le autorità inglesi uno scambio amichevole di notizie, nell'interesse dei due Governi, analogamente a quanto avviene nella Eritrea fra Massaua e Suakin.

In caso di urgenza per notizie d'indole militare o di indole politica, la S. V. è autorizzata a servirsi del telegrafo, per comunicarle senza indugio al governatore e a questo ministero, rispettivamente.

Resta inteso, però, che tutto quanto si riferisce alla questione di Zeila propriamente detta dovrà formare oggetto di corrispondenza riservata col solo ministero; ma sarà abile da parte sua il non fare apparire nessuna connessione fra la questione stessa, e la sua presenza e missione in Zeila.

2) A raggiungere il secondo scopo della sua missione, gioverà molto la presenza di una nostra nave da guerra nelle acque di Zeila, poiché tale presenza, mentre agli occhi degli inglesi deve apparire come ausilio per far pervenire, in modo sicuro e rapi

do, a destinazione le notizie che ella ha incarico di raccogliere, contribuirà anche (e questo specialmente interessa) ad ottenere, di fronte a Menelik ed a Makonnen, l'effetto morale di una salutare minaccia non solo, ma di una connivenza dell'Inghilterra col nostro atteggiamento.

Non è improbabile che ras Makonnen, avuta notizia della sua presenza a Zeila, le faccia qualche apertura o anche la inviti a recarsi da lui all'Harar per conferire.

Ella, senza prendere impegni, ne avvertirà, per telegrafo il ministero ed il governatore dell'Eritrea, che le daranno le istruzioni opportune. Se vi fosse somma urgenza, se il Makonnen mandasse qualcuno di sua fiducia per incontrarla sulla via di Harar e Zeila, ella è giudice della opportunità di consentire o meno alla domanda del ras. In ogni caso, potrà, intanto, fare intendere al governatore di Harar che da noi Menelik, avendo infranto giuramenti e trattati, avendo rinnegato la religione dei suoi avi, è considerato come nemico, e che noi siamo disposti a dare il nostro appoggio a chi si unirà a noi per ricondurre l'Etiopia al rispetto dei trattati, alla pace e alla tranquillità.

Nel caso che gli italiani residenti in Harar, corressero pericolo, ella, d'accordo con le autorità inglesi, dovrà adoperarsi perché essi non siano molestati, e, anche contro gli ordini di Menelik, non siano espulsi. Se ciò non potesse attenersi, ella dovrà fare sapere a ras Makonnen che attende a Zeila, con una nave da guerra, la loro liberazione e l'invio alla costa.

La S.V, che non ignora quali siano le mire del Governo italiano su Zeila, dovrà coordinare la sua azione al conseguimento del nostro scopo, mantenendo la massima cordialità di rapporti con le autorità inglesi di Zeila e di Aden, e, con molto tatto e prudenza, investigando le idee personali di coteste autorità britanniche sull'eventualità in cui ci occorresse di avere aperta la strada di Zeila per l'interno senza modificazione allo stato politico di Zeila stessa, ella dovrà pure, senza destare le suscettibilità delle autorità locali, tenersi in buone relazioni con le tribù indigene, delle quali la S. V., per la sua lunga permanenza allo Harar, ha, del resto, sufficiente conoscenza, per sapersi regolare nel trattare con esse.

A tal uopo, ella potrà avanzarsi nell'interno, e se le circostanze lo consigliano, recarsi anche ad Aden a conferire col residente britannico. Su queste istruzioni, ella regolerà la linea generale della sua condotta. Occorrendo, altre le ne saranno impartite, volta per volta. Le raccomando, intanto, la maggiore secretezza sulla sua missione.

248 1 Cfr. n. 250.

250

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL RE D'ITALIA, UMBERTO I

T. S.N. Vienna, 31 luglio 1895.

Votre Majesté me demande une chose que je ne me sens plus capable de faire 1 . Ma santé et mon age ne me permettent plus le séjour de Pétersbourg. Camme le

temps de ma retraite définitive approche, je mets dès à présent le poste que j'occupe à la disposition du Ministère. Mais en quittant Vienne je ne pourrai plus accepter d'autre poste.

250 1 Risponde al n. 248.

251

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 2565/725. Parigi, 31 luglio 1895 (per. il 2 agosto).

Mentre il signor Billot, nel prendere commiato da V.E., ha sostanzialmente confermato il linguaggio qui tenutomi dal signor Hanotaux prima di partire per Vichy, da qualche giorno gli articoli dei giornali russi, riprodotti nei telegrammi della agenzia Havas, accennano, con una intonazione crescente, ad una intesa della Russia con la Francia, secondo la quale la cooperazione delle due Potenze, rivolta principalmente a contrastare la posizione dell'Inghilterra in Egitto, avrebbe pure per iscopo immediato la creazione di uno stabilimento russo in Mar Rosso. Nell'affare della missione russa in Abissinia non si dovrebbe vedere altro che un prodromo dello sviluppo imminente di un siffatto piano politico. Accenno a queste cose acciocché V.E. conosca che io le ho presenti sebbene non abbia mezzo di misurare quanto di consistente possa essere nelle pubblicazioni dei giornali di un Paese dove la stampa non è libera.

Scrissi a V.E. il18 luglio (n. 2400/681)1 circa la questione della delimitazione di Obock. Quel mio rapporto riferisce la posizione che per tale questione risultava, a quella data, dai miei colloqui con il signor Hanotaux. Le conclusioni del mio rapporto erano che questo signor ministro, al suo ritorno in Parigi, avrebbe la scelta di riprendere il corso di quelle conversazioni o di non più parlarmi del soggetto delle medesime, poiché io non mi sarei tenuto autorizzato alla iniziativa della ripresa di esse prima di aver conosciuto esattamente le disposizioni del Governo di Sua Maestà. Mi propongo attenermi a questo contegno a meno che l'E.V. che ha in mano gli elementi di buon giudizio sovra l'insieme delle cose, non mi indichi un'altra condotta da seguire.

Non è da escludersi infatti, che, dopo la partenza del signor Hanotaux da Parigi, il quale, benché assente, conservò la direzione e la firma del ministero, siano state fatte qui delle pratiche, o delle comunicazioni da Pietroburgo dove sembra che, seguendo l'antica sua usanza, il signor di Montebello si sia segnalato, anche in questi ultimi giorni, come personalmente ostile agli interessi italiani. Nella assenza del barone di Morenheim tiene la reggenza dell'ambasciata il signor de Giers, figlio del defunto ministro degli affari esteri dello czar, e la sua frequentazione al Quai d'Orsay, dove il signor Nisard, direttore generale per gli affari politici, non ha altra autorità che di ascoltare e riferire, lascia supporre che delle comunicazioni verbali di una certa urgenza siano corse recentemente fra i Gabinetti dei due Paesi. L'Abissinia non è certa

mente il solo tema sul quale questi possono, nella situazione presente politica, sentire il bisogno di intendersi e di tenersi in quotidiano contatto. La loro intimità si estende per certo non soltanto alle cose dello Estremo Oriente, per le quali fu apertamente proclamata, ma anche alle questioni dell'Impero ottomano le quali da sole basterebbero forse a dare spiegazione di una speciale attività di scambi di idee fra la Russia e la Francia.

251 1 Non pubblicato; ma cfr. n. 234.

252

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 2568/727. Parigi, 31 luglio 1895 (per. il 3 agosto).

Autorizzato da V.E. con il dispaccio delli 19 luglio corrente1 a dare al r. console generale in Nizza talune direzioni circa il miglior contegno da tenere di fronte alla agitazione tenuta viva in quella città principalmente per opera di alcuni giornali, ho indirizzato a quel r. funzionario la lettera della quale qui unisco copia 2• Essa è scritta nel senso del mio rapporto diretto alla E.V. il dì 8 di questo mese 3 . Attenendomi allo stesso, seguo le istruzioni contenute nel precitato dispaccio ministeriale.

Parmi osservare che negli ultimi giorni si sia risvegliato in Francia un senso di inquietudine rispetto alle cose di Nizza il quale si rivela nelle più singolari pubblicazioni della stampa periodica. Sebbene il concetto di opporre alle manifestazioni italiane di Nizza quelle di una pretesa Francia irredenta che si troverebbe sotto il dominio italiano, sia talmente bizzarro da non poter essere preso sul serio, tuttavia io stimo opportuno segnalarlo in questo mio carteggio ufficiale come un sintomo da non trascurarsi dello stato singolare in cui da taluni si cerca di mantenere e spingere il sentimento pubblico di questo Paese. Unisco a questo rapporto alcuni stralci di giornale che emettono questa peregrina idea che tutte le valli alpine del Piemonte appartengono etnograficamente alla Provenza ed alla Francia. All'infuori del Soleil, al quale si accorda generalmente una ispirazione orleanista, gli altri giornali che scrissero queste cose, appartengono a quella categoria che, priva di ogni autorità e di sufficiente diffusione, subisce ogni momentanea influenza che porti alla amministrazione qualche concorso per sostenere la vita. Non credo calunniosa la supposizione mia che gli effetti di siffatte influenze siano stati negli ultimi tempi assai più frequenti benché sia per certo cosa presso che impossibile il precisare in favore di quali interessi esse siano state esercitate.

In qualunque ipotesi a questo lavorìo inteso a seminare reciproche diffidenze, a risvegliare rancori appena assopiti, a cercare nuovi germi di discordia fra Italia e la

2 Non si pubblica.

3 Cfr. n. 211.

Francia, è mio dovere di opporre, con le piccolissime forze mie, ogni possibile resistenza. Sarebbe cosa sommamente contraria al ben inteso interesse italiano il non rendersene conto ed il non opporre alle insensate o calcolate provocazioni, il contegno riservato che solo risponde a quell'alto senso di dignità e di decoro dal quale non si diparte chi è forte nel suo diritto. Né vorrei dire con ciò che propriamente siano stati gli articoli del Pensiero di Nizza quelli che inspirarono il linguaggio dei precitati giornali. Questi però se ne sono serviti come pretesto ed in ciò certamente il giornale nizzardo non può vantarsi di avere servito la causa nostra.

252 1 Cfr. n. 236.

253

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 2569/728. Parigi, 31 luglio 1895 (per. il 2 agosto).

Con il dispaccio delli 24 di questo mese1 , V.E. mi ha fatto conoscere ciò che, in un colloquio del mattino di quel giorno, era stato detto fra lei ed il signor Billot circa i nostri rapporti con la Francia e particolarmente circa quelli che nascono dal contatto in Africa. In quella occasione codesto ambasciatore della Repubblica, parlando degli ostacoli che l'opinione pubblica del suo Paese oppone allo stabilimento di rapporti migliori con l'Italia, ricordò che nel 1891, mentre egli non aspettava che un'autorizzazione telegrafica di firmare la delimitazione concordata per Obock, erano sopravvenute circostanze politiche ad impedire la sottoscrizione dell'accordo. In sostanza il signor Billot, riferendosi alla situazione di quel tempo confermava la verità di ciò che il signor Develle, nel 1893, avea narrato al r. ambasciatore in Parigi. Ma, se non erro, oggi poco interessa l'accertamento di questo fatto dopo che, nel memoriale consegnato l'llluglio corrente alla E.V., dallo stesso signor Billot2 , sta scritto:

«Si la négociation n'a pas abouti en 1891, la cause principale en doit ètre attribuée à ce que, durant l'examen de ce dernier projet, une difficulté s'est produite en ce qui concerne le point d'intersection de la ligne proposée par la France avec la ligne résultant de l'arrangement franco-anglais 25 février 1888: ... c'est cette divergence de vue qui a empèché l'accord de s'établir: il est inutile d'en rechercher d'autres raisons». Dappoichè attualmente il Governo francese sconfessa, con questa dichiarazione, la esistenza di una ragione diversa di quella d'indole topografica, relativa al percorso della linea di demarcazione, per non con chiudere con noi l'accordo di delimitazione, mi pare che la ricerca dei motivi che in passato hanno potuto determinare il suo contegno, rivesta il carattere di una indagine circa una situazione trascorsa.

Non vorrei che recenti incidenti che si collegano con l'atteggiamento assunto dalla Russia, venissero a portare mutamento nello stato di cose che esisteva quando

il memoriale fu presentato. Ad ogni modo conservo la fiducia nella sincerità del linguaggio del signor Billot esprimente la speranza che dall'opinione pubblica non sia indefinitamente ostacolato il miglioramento delle nostre relazioni con la Francia e che, fra un termine non lungo, possa avere risoluzione soddisfacente la vertenza di delimitazione.

253 1 Cfr. n. 241. 2 Cfr. n. 218, allegato.

254

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 2089/6191 . Vienna, 31 luglio 1895 (per. il 3 agosto).

Nei circoli ufficiali, come nelle colonne dei giornali più accreditati di Vienna le dichiarazioni di V.E. e quelle dell' on. presidente del Consiglio, sono accolte con vera soddisfazione. Fra altri giornali il Tageblatt, che è l'organo democratico liberale il più esteso, applaudiva ieri alle affermazioni confermanti con tanta autorità il saldo mantenimento della Triplice Alleanza. D'altro lato la Correspondance politique, di cui è noto il carattere ufficioso, registra una corrispondenza di Parigi in cui sono molto apprezzati il tuono di moderazione e le dichiarazioni pacifiche pronunciate da V.E. alla Camera dei deputati.

Gli indizii di un più stretto riavvicinamento tra l'Italia e l'Inghilterra sono pure seguiti qui con interesse simpatico, e il conte Goluchowski mi ha detto oggi che le dimostrazioni amichevoli a cui diede luogo la visita della flotta italiana in Inghilterra avevano recato la più viva soddisfazione all'imperatore Francesco Giuseppe; il che sono lieto di riferire a V.E.

Ho trovato il conte Goluchowski preoccupato degli ultimi incidenti occorsi, e specialmente delle possibili conseguenze della missione bulgara in Russia. Egli mi confessò che non è ancora in grado di prevedere queste conseguenze. Ma in ogni caso egli è deciso a mantenere nel Principato la politica fin qui seguita, che consiste nel non pretendere alcuna ingerenza in Bulgaria, e nel non ammettere che altra Potenza ne eserciti una speciale ed esclusiva. Bisognerà vedere, disse egli, l'impressione che sarà prodotta in Bulgaria dalle relazioni dei membri della missione tornata da Pietroburgo, e il riflesso che esse avranno sulle decisioni del principe Ferdinando, di cui si ignorano qui le intenzioni attuali. Il conte Goluchowski è propenso a credere, in seguito alle affermazioni del principe Lobanoff, che il Governo russo non ha punto l'intenzione di risollevare in questa occasione la questione bulgara, né quella di accreditare ora un agente ufficiale presso il principe Ferdinando. Ma bisogna pensare che il Governo russo e il ministro russo degli affari esteri non sono sempre, o non vogliono essere, in grado di imporre le loro volontà alla specie di Governo occulto panslavista e ortodos

so che si impone sovente all'uno e all'altro. L'affare del prestito giapponese fu stabilito all'infuori del ministro russo degli affari esteri, e contrariamente alle dichiarazioni da lui fatte otto giorni prima a Berlino. Il ricevimento per parte dell'imperatore della missione bulgara fu opera del Pobedonoscev, e opera di lui e del clero ortodosso fu l'accoglienza della missione abissina.

Il conte Goluchowski nell'ultima sua gita a Ischl non riuscì ad incontrarsi col cancelliere germanico principe di Hohenlohe, che si trovava impegnato in una partita di caccia in montagna. Ma ha preso convegno con lui per la prossima settimana, durante la quale il ministro austro-ungarico si recherà di nuovo a Ischl. Questi si riservò di farmi parte delle sue impressioni al suo ritorno in Vienna, che avrà luogo alla fine della settimana prossima.

254 1 Annotazione a margine: <<Fu comunicato in copia al ministro della Rea! Casa, a S.E. Sonnino, a S.E. Boselli 6 e 7 agosto 1895>>.

255

IL RE D'ITALIA, UMBERTO l, ALL' AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA1

T. S.N. Roma, l° agosto 1895.

St. Pétersbourg ne vous convenant pas 2 n'en parlons plus. Mais soyez bien persuadé qu'il n'est venu à personne l'idée de vous éloigner de Vienne où vous rendez les services les meilleurs et les plus appréciés.

256

IL REGGENTE IL CONSOLATO AD ADEN, BIENENFELD, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

R. 321/77. Aden, l° agosto 1895.

In questi giorni la ditta francese C. Tian incassò un buono inviatogli da ras Makonnen sopra una casa indigena di Aden per il valore di talleri 71000. La notizia data dal cavalier Felter riguardo all'ordine di 20000 fucili è quindi esatta ed i 71000 talleri dovranno servire per un primo versamento per l'acquisto dei medesimi1 .

Non credo ammissibile che ras Makonnen acconsentirà mai a staccarsi dall'imperatore, al contrario io sono persuaso ch'egli non vorrà col ribellarsi mettere a

2 Cfr. n. 250. 256 1 La notizia, fornita da Felter, era stata trasmessa a Roma da Arimondi con T. 1340 del 27 luglio, e dallo stesso Bienenfeld con R. 319/76 del 24 luglio, non pubblicati.

repentaglio la grande probabilità che ha di ereditare il trono legalmente alla morte di Menelik.

Makonnen insisterà per avere i fucili sequestrati in Aden, ma in cambio non ci offrirà che belle parole ed appena potesse averli li farebbe proseguire per lo Scioa o li userebbe contro l'Aussa.

Se le intenzioni di Menelik fossero realmente pacifiche, non sarebbe stato questo il momento in cui le sue finanze lasciano tanto a desiderare di incontrare una nuova spesa di circa talleri 300.000 che potranno costargli i 20000 fucili e relative munizioni. È evidente quindi che si vuoi lasciar passare le piogge e guadagnare il tempo necessario per attaccarci poi con maggior forza. Se fosse possibile non dargli il tempo di armarsi maggiormente, ma sorprenderlo mentre si sente ancora debole, credo sarebbe la cosa la più consigliabile; si avrebbe anche il grandissimo vantaggio di risparmiare alla nuova missione russa la fatica di prestare ajuti morali e materiali ai suoi fratelli abissini. I russi in Africa, potranno certamente contrariare Ia·nostra politica creandoci ostacoli, ma col tempo poi costituiranno un perpetuo tormento e pericolo per gli inglesi che oltre doverli sorvegliare in Asia dove tutti i giorni gli creano tanti guai dovranno pensare a tenerli in freno in Africa.

Se l'Inghilterra volesse rendersi esatto conto delle brutte eventualità future, troverebbe di assoluta sua convenienza assistere l'Italia in tuti i modi onde riesca ad impedire al russo di mettere piede fermo in Africa e ciò si potrebbe ottenere colla cessione di Zeila da dove l'Italia potrebbe marciare su Harar mentre attirerebbe l'attenzione dello Scioa dalla parte del Tigré da dove si sentirebbe minacciata.

Occupato l'Harar dall'Italia, Francia e Russia si ritirerebbero come per incanto, ma sino che l'Harar resterà nelle mani scioane non cesseranno gli intrighi franco-russi.

Mohamed Loheta, dalle ultime notizie, si sarebbe recato a Gibuti con diversi capi per assistere alla scarcerazione di Mohamed Abubeker che dovrebbe aver luogo in questi giorni.

255 1 Ed. in C. RICHELMY, Lettere inedite di Costantino Nigra, in <<Nuova Antologia», 1928, vol. 262, p. 155.

257

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1388. Parigi, 2 agosto 1895, ore 19,10 (per. ore 21,35).

Ministro degli affari esteri mi disse che il modo col quale V.E. aveva parlato delle relazioni nostre colla Francia aveva prodotto non solo in lui, ma in generale, la migliore impressione e che questo ci faciliterà altre cose nell'interesse delle relazioni stesse 1 .

257 1 Annotazione a margine: <<Fu comunicato in copia al ministro della Rea! Casa, a S.E. Sonnino, a S.E. Boselli 6 e 7 agosto 1895>>.

258

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, D'ASPREMONT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 2151 . Tangeri, 4 agosto 1895, ore 10,10 (per. ore 12,45).

Fez 29 luglio. Mi riferisco memorandum segreto2 . Gran visir e visir Garnit mi incaricano dichiarare a V.E. in loro nome che nessun accordo è intervenuto fra Marocco e Francia lesivo indipendenza e integrità quest'Impero 3 .

259

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL REGGENTE IL GOVERNO DELL'ERITREA, ARIMONDI

T. PERSONALE S.N. Roma, 4 agosto 1895, ore 12,35.

Decifri ella stessa. Comunicare soltanto a Persico. Missione russo-scioana tornerà via Gibuti-Harar. Importa impedirle arrivo agendo verso Errer1•

260

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, A COWES

T. S.N. Roma, 6 agosto 1895, ore 12,45.

Per tua informazione destineremo prossimamente ambasciatore a Pietroburgo, probabilmente Maffei, e a Costantinopoli probabilmente Pansa. Speriamo Nigra c'informerà degli accordi tra i due cancellieri circa Balcani dove è evidente il ritorno della Bulgaria all'influenza russa1 . Baratieri è d'accordo con noi per pura difesa, e pacificazione Colonia che sarebbe facilitata da condominio a Zeila. Potremmo così liberamente consacrarci nel Mediterraneo agli scopi comuni della Triplice e dell'Inghilter

2 Cfr. n. 238, allegato.

3 Cfr. n. 262. 259 1 Cfr. il seguente passo del T. 1570 di Arimondi del 4 settembre: <<Missione russa partita da Aden 29 agosto per Gibuti; mancano ulteriori notizie. Persico ritiene difficile operare verso Errer>>. 260 1 Cfr. n. 265.

ra. Suppongo potrai far rapporto segreto senza riguardi circa nostra questione militare dal punto di vista inglese e germanico. Io dovrò partire giovedì per cura necessaria a Aix. Dimmi se credi venire Chambéry 2 .

258 1 Il telegramma trasmette notizie comunicate a d'Aspremont da Gianatelli Gentile.

261

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO PERSONALE 116. Cowes, 6 agosto 1895, ore 17,32 (per. ore 22,10).

Ho letto con piacere tuo telegramma odierno 1 nelle sue linee generali. Prego accordarmi congedo due mesi per importanti affari privati e per recarmi solita cura Carlsbad, e fermerommi quanto occorre Chambéry per scambio d'idee. Oggi, ho parlato con Salisbury che mi ha fatto intendere essere venuto tempo vacanze, essendo ormai partiti quasi tutti gli ambasciatori. Prima di partire, intendo, però, aver con lui serio e lungo colloquio preparatorio per l'avvenire. Ti sarei grato pronta risposta 2 .

262

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, D'ASPREMONT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 604/215. Tangeri, 6 agosto 1895 (per. il 14).

Ho l'onore di riferirmi al mio rapporto del 23 luglio u.s. n. 572/2001 .

A conferma di quanto ebbi a comunicare in esso all'E.V. intorno alle proposte che il ministro di Francia avrebbe di recente fatto al Governo sceriffiano perché il Marocco accettasse la protezione della Repubblica; da indagini eseguite e da informazioni attinte a fonti attendibilissime, mi risulta che effettivamente furono fatti dal signor di Monbel seri tentativi per decidere il Makzen ad addivenire alla conclusione di un accordo col quale il Marocco si obblighi a non trattare alcun affare con altre Potenze senza il previo consenso del Governo francese, il quale per parte sua prenderebbe l'impegno di difendere il Marocco da qualsiasj aggressione o da qualunque azione spiegata contro di esso.

2 Blanc accordò il congedo con T. 1281 del 7 agosto, non pubblicato. 262 1 Cfr. n. 239.

I tentativi del signor di Monbel andarono falliti fino ad ora e l'offerta protezione è stata rifiutata. Non conviene però perdere di vista che esistono nel Marocco elementi i quali, o scontenti dello stato attuale delle cose o speranzosi di lauti guadagni e grandi vantaggi, propenderebbero perché quest'Impero si mettesse sotto la protezione di una Potenza estera. Altri poi, spaventati da certi avvenimenti e timorosi che il Marocco perda totalmente la sua autonomia, preferirebbero vedere limitata l'indipendenza di questo Paese piuttostoché completamente perduta. Su tali elementi fonda forse in parte la Francia le sue speranze.

260 2 Per la risposta cfr. n. 261. 261 1 Cfr. n. 260.

263

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 342191708. Roma, 7 agosto 1895.

Informazioni attendibili dall'Barar recano che nell'ultima settimana del mese di giugno scorso vi giunsero da Gibuti 300.000 cartucce Remington, le quali, con una velocità insolita in quei Paesi, ripartirono per lo Scioa il giorno stesso del loro arrivo.

Tali notizie sono in contraddizione con le dichiarazioni a lei fatte dal signor Banotaux 1'8 aprile u.s., e da V.E. telegrafatemi nello stesso giorno\ e con le disposizioni che in linea di fatto egli si diceva disposto a prendere affinché non avesse luogo il transito delle armi e delle munizioni per Obock.

Risulta parimenti a questo ministero, che i casi ultimamente occorsi all'ingegnere Capucci allo Scioa2 debbano attribuirsi alla malevolenza dei francesi colà residenti.

Con egual sentimento si regola la missione lazzarista, in mano della quale sta la posta per Barar e Gibuti. Non solo le corrispondenze dei sudditi italiani residenti allo Scioa ed all'Barar inoltrate per quella via sono, senz'altro, soppresse, ma la missione lavora, benché finora infruttuosamente, a chiudere ad esse anche la via di Zeila.

264

IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI, AL REGGENTE IL CONSOLATO A GERUSALEMME, BERNABEI

T. RISERVATO 207. Roma, 8 agosto 1895.

Decifri ella stessa. Vigili perché presenza missione scioana che, rimpatriando, passa per costà, non influisca menomare neanche agli occhi del pubblico valore recen

ti dichiarazioni protettorato codesti monaci abissini. Procuri, se possibile senza compromettersi, far avvicinare Ato Joseph, interprete missione, a noi non avverso, per averne utili informazioni. Riferisca per telegrafo1 .

263 1 Cfr. n. 17. 2 Capucci era stato espulso dallo Scioa.

265

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 2202/651. Vienna, 8 agosto 1895 (per. l' 11).

Ho visto oggi il conte Goluchowski di ritorno da Ischl e da Aussee, dove si era incontrato col principe di Hohenlohe, cancelliere dell'Impero germanico. Il conte Goluchowski mi disse che il soggetto dei discorsi tenuti col principe cancelliere era stato principalmente la situazione della Bulgaria. Il ministro austro-ungarico espose al cancelliere germanico il suo modo di vedere che è il seguente: l'Austria-Ungheria non ha alcuna pretesa di esercitare nel Principato bulgaro un'azione speciale o preponderante. Ma desidera che nessun altro Stato vi eserciti una tale azione. La sua politica nel Principato bulgaro consiste esclusivamente nel lasciare che esso si sviluppi pacificamente e senz'altra dipendenza che quella stabilita dal Trattato di Berlino verso la Potenza sovrana, che è la Turchia. Nel caso in cui te cose della Bulgaria si guastassero al segno da rendere necessario un intervento per ristabilirvi l'ordine pubblico, questo intervento non potrebbe esercitarsi che dalla Turchia. A questo programma, conforme al diritto pubblico in tal materia, il cancelliere germanico diede la sua piena approvazione. Il conte Goluchowski mi incaricò di comunicar ciò a V.E. nella fiducia che anche il Governo del re vi darà eventualmente il suo assenso.

Il ministro austro-ungarico mi disse poi che si era anche intrattenuto col principe di Hohenlohe circa gli accordi colla Spagna, e che questi era pure d'accordo con lui in questo programma, cioè: che convenga limitarsi a chiedere al Governo spagnuolo che rinnovi gli antichi impegni puramente e semplicemente, la quale cosa si ha ogni ragione di credere che sarà ottenuta. Il principe Hohenlohe, d'accordo col conte Goluchowski, pensa che non si può ottenere di più e perciò è inutile il chieder altro, e che d'altra parte è molto molto importante di legare la Spagna alle Potenze della Triplice Alleanza con qualsiasi vincolo anche meno stretto, per impedire che essa non si veda forzata a gettarsi interamente nelle braccia della Francia. I due ministri furono pure d'accordo nel pensare che non è possibile l'ottenere dalla Spagna un'intesa che non sia strettamente segreta, perché la Spagna e il suo Governo, pur non avendo predilezioni per la Francia, non si disporranno però mai a compromettersi pubblicamente contro di essa.

Infine il conte Goluchowski mi partecipò che lord Salisbury gli aveva fatto dare l'assicurazione delle sue speciali simpatie verso l'Austria-Ungheria e gli altri membri della Triplice Alleanza.

Quanto alla visita dei sovrani di Rumania a Ischl, il conte Goluchowski mi disse, ciò che già ben pensavo, che cioè non fu questione tra i monarchi dell'Impero austroungarico e della Rumania di alcun nuovo impegno, per la ragione che gli impegni attuali sono considerati come sufficienti.

264 1 Cfr. n. 269.

266

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CONFIDENZIALE 989/165. Bucarest, 9 agosto 1895 (per. il 15).

Mi riferisco al mio rapporto confidenziale 6 corrente n. 974/1621 .

Vidi ieri questo ministro degli affari esteri venuto da Sinaia a passare qui una giornata. Egli non aveva ricevuto negli ultimi giorni informazioni di rilievo circa la situazione in Bulgaria e Macedonia. In quest'ultima regione l'agitazione pareva calmarsi, ed il signor Lahovary mi poneva in guardia contro le notizie pessimiste a scopo tendenzioso propalate da certa stampa. Sono stati arrestati e espulsi dalla Rumania parecchi emissari bulgari. Non si scoperse nessun russo. Ma, aggiungeva il ministro, siccome nè bulgari nè macedoni hanno abbastanza denaro per pagare la propaganda, è probabile gli emissari siano sovvenzionati dai comitati panslavisti. S.E. non crede ad un'azione diretta della Russia ufficiale, nè che il Governo dello czar voglia spingere le cose agli estremi, ma che esso lasci fare, volendo far sentire alla Turchia, agli Stati balcanici ed all'Europa la Russia essere sempre arbitra della pace e della tranquillità in Oriente.

Il signor Lahovary mi parlò poscia con visibile soddisfazione dell'accoglienza fatta a Ischl ai suoi sovrani, e alludeva al tuono ostile che tale incontro ispira alla stampa francese «che presto -dicea egli -ci tratterà come tratta l'Italia». Colsi il destro per osservare che le presenti circostanze sono di natura a far meglio sentire ed apprezzare ai rumeni i vantaggi, anzi la necessità dell'amicizia e dell'appoggio delle Potenze della Triplice Alleanza. «La presenza in essa -continuai dell'Italia, legata alla Rumania da vincoli di sangue, dall'analogia della situazione politica internazionale, e che le diede molteplici prove di sincera simpatia ed amicizia, è una guarentigia delle leali intenzioni della Triplice a suo riguardo, e dovrebbe ispirarle fiducia. Di ciò, permettetemi di dirlo, dovreste tener maggior conto che noi facciate, stare in più stretta relazione coll'Italia, appoggiarvi moralmente su essa».

Il signor Lahovary s'affrettava a riconoscere come il contegno dell'Italia verso la Rumania fosse sempre stato improntato ai sentimenti della più schietta amicizia, protestando che il suo Paese ne ha conoscenza e ce ne serba sincera gratitudine. Ammetteva che le presenti circostanze sono propizie infatti a far meglio comprendere alla Nazione i vantaggi d'appoggiarsi alla Triplice Alleanza. Vi contribuirà probabilmente anche il tuono della stampa francese, che sembra far carico alla Rumania di non volersi lasciar divorare dalla Russia. Ma è mestieri procedere con prudenza, e non conviene «andarlo a gridare sui tetti come fa il signor Carp». Purtroppo, continuava il ministro, la questione delle nazionalità in AustriaUngheria costituisce il lato debole della Triplice Alleanza. E siccome io esprimevo l'opinione che il congresso delle nazionalità indetto per domani a Pest cadesse proprio in mal punto, e la speranza che di parte e d'altra prevalesse la moderazione, S.E. conveniva nel mio dire, aggiungendo però che i magiari dovrebbero cominciare a mostrarsi più equi verso le altre nazionalità. Non trattarsi d'irredentismo, ma di razze che si vogliono annientare e che lottano per l'esistenza. La Rumania non potere quindi negare la propria simpatia ai suoi fratelli di sangue. Questo Governo trovasi per conseguenza in una posizione difficilissima; assai più difficile che non quello di Roma, essendoché la proporzione degli italiani sudditi austriaci è ora minima in confronto della popolazione del Regno, mentre sonvi in Ungheria due milioni di rumeni, pari cioè al terzo della popolazione del Reame di Rumania.

Tornando alla situazione nei Balcani, il mio collega d'Austria ricevette dai consoli imperiali a Giurgevo e Rustciuk dei rapporti confermanti lo sbarco in Bulgaria di volontari russi per la Macedonia. Secondo quei rapporti i detti volontari sarebbero giunti in bande separate ed in numero molto superiore a quello enunciato dal signor Lahovary (vedi mio rapporto 6 corrente già citato). Indipendentemente da questo fatto che dimostra il doppio giuoco della Russia, l'agitazione macedone -sul punto d'altronde di spegnersi -passa affatto in seconda linea, secondo il conte Welsersheimb, di fronte a quanto sta preparandosi in Bulgaria. Qui si continua a preoccuparsene seriamente, mentre a Vienna si vedrebbero le cose molto tranquillamente; troppo anzi, nell'opinione del mio collega. Egli ebbe informazioni da Vienna circa l'ottima impressione della visita del re Carlo a Ischl ma non ha ancora particolari sulle questioni politiche che formarono il tema dei colloqui dei due sovrani.

L'E.V. avrà visto come certi giornali francesi si siano divertiti a annunziare che il Governo rumeno è in cattivi termini con quello dello czar, che il signor Lahovary trattò scortesemente questo ministro di Russia, e che si stia concentrando un corpo d'esercito nella Dobrugia, dalla quale sarebbero stati espulsi 150 sudditi russi. Tutto ciò è falso e venne smentito il 7 corrente per mezzo di un telegramma dell'agenzia Havas da Bucarest, il quale aggiunge «che le relazioni di questo ministro degli affari esteri col signor Fonton non sono soltanto improntate alla correttezza ufficiale richiesta dalle eccellenti relazioni tra i due Paesi, ma presentano pure il carattere d'una amicizia personale nata durante il soggiorno del signor Fonton a Bucarest». I fogli d'opposizione, i quali cercano farsi arma di tutto contro il Gabinetto, lo accusano oggi di duplicità perchè mentre da un lato si riavvicina alle Potenze della Triplice Alleanza ed il re va a Ischl, dall'altra parte esso protesta della sua amicizia per la Russia. L'accusa sembra tuttavia mal fondata, essendo dovere di questo Governo di rettificare false notizie della sorta, e non avendo presentemente la Rumania motivo di assumere un contegno provocante verso la Russia e d'irritarla, anche essendo decisa a riempire i suoi doveri internazionali e volendo procedere d'accordo colle Potenze centrali, delle quali non seconderebbe d'altronde le intenzioni pacifiche se ciò facesse.

266 1 Non pubblicato.

267

L'AMBASCIATORE DI TURCHIA A ROMA, MAHMUD NEDIM, AL MINISTERO DEGLI ESTERI

COMUNICAZIONE VERBALE. Roma, 10 agosto 1895.

Veuillez porter les faits suivants à la connaissance de M. le ministre des affaires étrangères et prier S.E. de renouveler auprès du Gouvernement de Sofia ses démarches précédentes.

Malgré les assurances formelles du Gouvernement bulgare les bandes armées ne discontinuent pas de dépasser la ligne de démarcation et de porter la désolation parmi les populations paisibles des environs1 . Ainsi nous apprenons qu'une de ces bandes a attaqué le village de Yanakly et a incendié les 300 maisons dont il se compose et a massacré tous les habitants.

268

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, RIVA

D. 35595/125. Roma, 12 agosto 1895.

Questo ambasciatore di Turchia mi ha dato oggi comunicazione d'un telegramma della Sublime Porta dal quale risulta che, secondo voci insistentemente corse, specialmente a Belgrado e a Vienna, all'arrivo del principe Ferdinando a Sofia, che deve aver luogo il12 corrente, sarebbe per tener dietro, il giorno 14, la proclamazione dell'indipendenza del Principato.

Nel darmi di ciò notizia, S.E. mi richiedeva, a nome del suo Governo, che fossero impartite istruzioni a Vossignoria acciocché si invitasse il Governo principesco a rinunziare a progetti dei quali la gravità è evidente. ·

Nessuna notizia mi è giunta che confermi i rumori ai quali allude la comunicazione dell'ambasciatore; né credo sia il caso ch'io dia, riguardo ad essi, speciali istruzioni alla S.V. L'atteggiamento di lei per ogni evenienza è chiaramente indicato dalle istruzioni anteriori, ed in ultimo dal mio telegramma del l o luglio p.p. 1•

267 1 In Macedonia.

269

IL REGGENTE IL CONSOLATO A GERUSALEMME, BERNABEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1454. Gerusalemme, 14 agosto 1895, ore 6,52 (per. ore 18,05).

Ricevuto telegramma in cifra1 . Ho saputo da fonte sicura che Menelik avrebbe richiesto Governo russo assumere protezione abissina in Turchia. Governatore locale attende istruzioni Costantinopoli circa ricevimento missione scioana. Monaci tigrini seguiranno stesse istruzioni. Ho disposto perché monaci a noi fedeli diffidino protettorato anche simpatia russa tendente spossessare loro conventi vicino Santo Sepolcro. Custodia, patriarcati meco vigilano onde fallisca progetto nascosto Governo russo. Riferirò dopo arrivata missione 2 .

270

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, BOLLATI 1 , AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 218. Costantinopoli, 14 agosto 1895, ore 18,40 (per. ore 19,05).

Persona che assicura avere avvicinato interprete missione scioana durante breve fermata Costantinopoli, riferisce che missione conduce seco certo numero sottufficiali russi destinati istruttori esercito Menelik, nonché armi, munizioni in casse indirizzate ministro di Russia a Pechino e Tokio, le quali saranno trasbordate in Egitto su vapore diretto Estremo Oriente che toccherà Obock o Tajura. Missione partita ieri a bordo vapore russo «Tchihatchew». Debbo avvertire che non sono in grado di garantire esattezza queste informazioni. Segue rapporto.

268 1 Cfr. n. 189. 269 1 Cfr. n. 264. 2 Bemabei riferì con R. 179/60 del 20 agosto, non pubblicato. 270 1 L'ambasciatore Catalani era morto improvvisamente il 28 luglio.

271

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

L. PERSONALE. Vienna, 15 agosto 1895.

Ho fatto al Pleyoult la dichiarazione com'ella mi scrisse.

Mi rincrebbe vivamente di non aver potuto accettare la proposta di riprendere il posto di Pietroburgo 2 . Per poter riacquistare colà la posizione che io vi avevo sedici anni fa, sarebbe bisognato che io avessi avuto la salute e l'età di allora e che avessi potuto aggiungere 50 mila lire annue all'assegno attuale, cose materialmente impossibili. Inoltre la mia nomina a quel posto non avrebbe mancato di sollevare di nuovo le diffidenze ingiuste del Times. A mio giudizio ci vorrebbe all'ambasciata di Pietroburgo un uomo nuovo che sappia rappresentarvi fortemente l'Italia. L'aver lasciato quel posto disoccupato ci nocque, com'ella vede. Ma chi mandare? Al posto di lei, io non esiterei a mandarci il generale Morra, che fu già a Pietroburgo due o tre volte, accompagnandovi i nostri principi in viaggio; ovvero qualcuno dei nostri patrizii intelligenti, che possano tenere casa rispettabile in quel Paese, dove da qualche tempo già non vi è più casa per l'ambasciata d'Italia. Il nuovo ambasciatore dovrebbe avere con sè una ambasciatrice che possa controbilanciare l'influenza della contessa di Montebello. Non si potrebbe, per esempio mandare il Grazioli, che, se non sbaglio, si pronunziò in favore del Ministero?

Fra gl'inviati attualmente in servizio, prendo la libertà di segnalarle il Pansa, che è senza dubbio il migliore, e che aiutato da una moglie distinta e per bene, renderebbe i più preziosi servizii a Costantinopoli. Ora è al Cairo in un campo inferiore al suo merito.

Dico queste cose a lei confidenzialmente e da amico, nel solo intento di contribuire a porla in grado di suggerire a Blanc due buone scelte per i posti così importanti di Pietroburgo e Costantinopoli.

Le fo i miei sinceri complimenti per la splendida riuscita delle elezioni e della breve ma importante campagna parlamentare.

Ella fu ed è sostenuta dal Parlamento con molto vigore, e quello che più monta, dalla volontà ben decisa del Paese. Coraggio adunque e perseveri.

272

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. RISERVATISSIMO S.N. Roma, 17 agosto 1895, ore 11,15.

Decifri ella stessa. Questo incaricato affari di Francia mi ha letto e rimesso nota denunciante in nome bey trattato italo-tunisino 1868. Nell'assenza del barone Blanc e d'accordo col presidente del Consiglio prego V.E. informame confidenzialmente lord Sali

sbury e chiedergli se mantiene dichiarazioni fatte il 23 novembre 1894 da lord Kimberley al conte Tomielli come da rapporto di codesta ambasciata 24 novembre 1894 n. 5241 .

271 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi. 2 Cfr. n. 248.

273

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO S.N. Londra, 17 agosto 1895, ore 16,15 (per. ore 18,15).

Conversazione avuta mercoledì con Salisbury argomento trattato commercio, egli confermò incidentalmente, ma in modo anche più esplicito, dichiarazione Kimberley al Tomielli 1; ma ora che si tratta di fatto compiuto, cercherò ottenere dichiarazione. Salisbury essendo in campagna, sir Sanderson mi ha informato che fin da jeri ambasciatore di Francia aveva annunziato denuncia trattato italo-tunisino e scandagliato terreno sulla opportunità modificare trattato anglo-tunisino. Sanderson promisemi risposta per domani o posdomani mattina circa intenzioni lord Salisbury.

274

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, SALVAGO RAGGI

D. 35657/206. Roma, 17 agosto 1895.

Le due recenti encicliche del sommo pontefice riguardanti i coptil hanno, com'ella non ignora, determinato fra i copti scismatici d'Egitto un largo movimento d'adesione alla Chiesa cattolica.

I prelati ed i missionari, che, qui ed in Egitto, si adoperano per riunire la Chiesa d'Alessandria al cattolicismo, pensano di far venire a Roma e presentare al pontefice, nella prima decade del prossimo ottobre, una numerosa deputazione di copti cattolici con la speranza che i membri di essa, ritornando in patria, cooperino a propagare e ad accelerare il movimento religioso ora avviato.

Per ragioni, che torneranno ovvie alla S.V., il R. Governo intendendo assecondare questo movimento copto-cattolico desidera intanto che ella scriva al r. agente consolare di Luxor, signor Ghattasc Andraus che è, egli stesso, un cattolico copto, interessandolo ad agire nel senso suindicato.

273 1 Risponde al n. 272. 274 1 Dell'll giugno e del21 luglio.

La prego inoltre di rivolgersi allo stesso scopo al nostro connazionale commendator Tito Figari così zelante degl'interessi italiani, affinché influisca nello stesso senso presso Kabis bey, avvocato del suo studio e cattolico copto egli pure, il quale è al corrente dei passi fatti da un benemerito prelato suo amico nell'interesse di tale causa politico-religiosa.

Questo ministero, dal canto suo, ha iniziato trattative con la Società di navigazione generale italiana per ottenere riduzioni di prezzo pel trasporto dei membri della deputazione copto-cattolica da Alessandria a Napoli in conformità di quanto con lo stesso fine farà il Governo austro-ungarico a mezzo di piroscafi del Lloyd.

Mi riservo di farle conoscere la risposta della Società di navigazione generale e di indicarle la persona con la quale ella dovrà intendersi per le ulteriori disposizionV

272 1 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 695. Per la risposta di Ferrero cfr. n. 273.

275

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1924/812. Therapia, 17 agosto 1895 (per. il 21).

Il signor Apostolo Margaritu mi ha fatto conoscere le disposizioni che egli si propone di prendere, in esecuzione degli accordi stati conchiusi col r. ambasciatore, la sostanza dei quali era contenuta nel rapporto qui contro indicato1 . Egli desidera che le seguenti sue dichiarazioni siano sottoposte all'approvazione dell'E.V.:

«Nel mese di settembre prossimo, l'insegnamento obbligatorio dell'italiano sarà introdotto nel liceo di Monastir, nel ginnasio di Giannina, e nelle scuole di Berat e Genridje, centri importanti albanesi. I professori d'italiano del liceo di Monastir e della scuola di Genridje, avranno uno stipendio mensile di cento franchi almeno, da prelevarsi sul sussidio concesso dal R. Governo. A Giannina ed a Berat l'insegnamento dell'italiano verrà affidato a professori locali che conoscono la nostra lingua: si cercherà, in tal guisa, di risparmiare la spesa di nuovi insegnanti.

Una scuola commerciale sarà fra breve istituita a Salonicco, ed una scuola primaria a Durazzo. In entrambe l'insegnamento dell'italiano sarà obbligatorio.

Un certo numero di alunni di queste varie scuole, scelti fra i più assidui ed intelligenti, saranno specialmente preparati per seguire studi superiori nelle università e nelle scuole commerciali d'Italia. Siccome importa però che quei giovani abbiano prima acquistata una certa famigliarità colla lingua italiana, così converrà ritardare fino al principio del1896 la loro partenza per l'Italia.

Per il primo anno questi studenti saranno in numero di sei: due si dedicheranno agli studi legali, due alla medicina, e due agli studi economici e commerciali.

È indispensabile che i giovani siano collocati in una scuola-convitto, in modo da poter seguire, almeno per due anni, i corsi universitari, senza godere di una libertà che riuscirebbe dannosa. Occorre, in special modo, impedire che essi abbiano contatto con troppe persone e sopratutto con greci, e prevenire così indiscrezioni che avrebbero per conseguenza di sollevare inopportunamente quistioni d'ordine politico, tali da compromettere gravemente la causa sostenuta dal prof. Margaritu.

Il signor Margaritu crede di avere, in questo modo, formulato il maximum delle proposte che si conciliano colla prudenza richiesta da un progetto di indole tanto delicata. A suo avviso, l'azione dei dragomanni ai consolati di Monastir e Giannina, l'insegnamento dell'italiano in alcune scuole valacche, l'invio di giovani in Italia, offrono già al R. Governo un campo d'azione abbastanza esteso per il primo anno».

Ho trascritto tali e quali le comunicazioni che mi fece fare il signor Margaritu. L'E.V. giudicherà quale accoglienza esse meritino. Forse alcune delle sue proposte non saranno di molto facile attuazione. Non so vedere, per esempio, come sia possibile collocare in una scuola convitto giovani che si dedicano agli studi universitari. Le poche istituzioni di questo genere che, a mia conoscenza, esistono in Italia, come il collegio Ghislieri a Pavia, il collegio Caccia a Torino, il collegio di Spagna a Bologna, non sono aperte che a giovani originari di una data provincia o di un dato Paese e che riuniscano speciali condizioni. Si potrebbe forse destinare i nuovi studenti ad università del Regno, situate non già in grandi città, come Roma, Napoli o Torino, ma in piccoli centri come Parma, Modena o Siena, dove essi condurrebbero un'esistenza tranquilla senza essere esposti ai pericoli che paventa il signor Margaritu 2•

274 2 Cfr. il seguente passo di una lettera del 29 agosto di Sal vago Raggi a Pansa che si trovava in Italia (Carte Pansa): <<Ora spira un'aura religiosa. Nelle scuole femminili sarà messo l'insegnamento religioso. Primo Levi poi si è dato alla teologia ha preso specialmente a cuore la conversione dei copti al cattolicismo. Mi ha poi mandato un suo manualetto di teologia per dimostrare la differenza fra la religione copta e la ortodossa, perché io lo diffonda e lo faccia tradurre in arabo. Per ciò fare non so dove dar del capo, giacché il buon Maurino è assolutamente incapace, ma in qualche modo farò. Mi hanno fatto scrivere all'agente consolare di Luxor perché si adoperi a favorire la conversione dei copti al cattolicismo (il ministero dice che quell'agente è copto cattolico -sarà vero, speriamo!) e dovevo poi mettermi per la stessa ragione in comunicazione con Figari. La posizione sarebbe stata carina: io, per ordine di Primo Levi, ebreo, in trattative col capo della massoneria di Egitto che sudavamo tutto il giorno perché i copti si convertissero al cattolicismo>>. 275 1 Cfr. n. 29.

276

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI

T. RISERVATO S.N. Roma, 18 agosto 1895, ore 11,40.

Non dia atto notifica1 né faccia passo qualsiasi prima di avere ricevuto istruzionF.

276 1 Con nota del 17 agosto Riffault aveva comunicato a Machiavelli la denunzia del trattato italo-tuni sino dell'8 settembre 1868 (R. 2140/480 de120 agosto, non pubblicato).

2 Cfr. n. 291.

275 2 Cfr. n. 301.

277

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO S.N. Londra, 19 agosto 1895, ore 12,20 (per. ore 15,35).

Trattato anglo-tunisino. Salisbury mi ha ripetuto che non ha per il momento intenzione alcuna di alterare clausola Nazione più favorita e che non crede che alcun Gabinetto inglese lo vorrebbe fare. Aggiunse che però egli non può rifiutare di discutere proposte di revisione trattato essendo ciò appositamente contemplato nell'articolo 40 del trattato. Egli è in tutti i casi pronto a comunicare al Governo italiano qualunque proposta possa venirgli fatta e ad informarlo di ogni cambiamento che Governo inglese potesse essere eventualmente disposto a fare.

278

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CONFIDENZIALE 1055/173. Bucarest, 19 agosto 1895 (per. il 4 settembre).

Ho l'onore di segnar ricevuta del pregiato dispaccio a margine citato!, col quale l'E.V. -prendendo appiglio dal rapporto del cav. Melegari in data 12 luglio u.s.

n. 834/1442 , relativo all'aggiudicazione dei lavori di costruzione del porto di Costanza alla casa Hallier di Parigi -ben volle richiamare l'attenzione di questa legazione sul dispaccio cifrato del 20 gennajo 1895, n. 2494/103 . A tal proposito, mi sta a cuore l'assicurarla che ho cercato di penetrarmi dello spirito che dettò le direzioni in quel dispaccio tracciate, e che nulla trascurerò per conformarvi la mia condotta, oso in pari tempo esprimere la speranza che l'E.V. approverà il linguaggio da me tenuto al signor Lahovary nel colloquio riferito nel mio rapporto 9 corrente n. 989/1654 .

In quanto al fatto speciale che formava argomento del citato rapporto del cav. Melegari, senza escludere interamente che questo ministro dei lavori pubblici, signor Olanesco, nutra particolare simpatia per i francesi, ho tuttavia motivo di credere che se la «Società Veneta» non fu fin da principio invitata a partecipare al concorso per l'aggiudicazione dei lavori del porto di Costanza, ed incontrò qualche difficoltà ad esservi

ammessa, ciò sia stato dovuto più che altro al fatto che questo Governo volle chiamare al concorso stesso soltanto imprese di provata competenza in materia di opere portuali, e che il signor Olanesco aveva dapprima ricevuto dall'Italia -secondo dissemi l'ingegnere Marin, rappresentante qui della «Società Veneta» -informazioni inesatte che lo fecero appunto dubitare della competenza della società predetta in simili opere. Più tardi, in seguito a ulteriori informazioni, egli riconobbe d'essere stato mal ragguagliato la prima volta e si scusò presso l'ingegnere Marin di non averlo invitato al concorso. Fece invero tuttora difficoltà a chiamarvi formalmente la «Società Veneta», obbiettando che la lista degli inviti essendo già chiusa e l'aggiudicazione dovendo aver luogo fra pochi giorni, era troppo tardi per ammettere altre case. Egli propose però all'ingegnere Marin di presentare ciò nondimeno una offerta, promettendo d'appoggiarne in Consiglio dei ministri la presa in considerazione. Essendo io giunto qui nel frattempo, volli fare ancora un tentativo, ed in assenza del signor Olanesco partito in congedo, mi recai dal presidente del Consiglio, signor Catargi, che diede prova del miglior buon volere e, esaminato senza indugio l'affare, fece tosto invitare la «Società Veneta» al concorso. Se poi questo, al quale parteciparono pure case tedesche e olandesi, fu vinto dalla casa Hallier, lo si deve, dissemi lo stesso ingegnere Marin, allo straordinario ribasso da essa offerto (21%); ribasso che nessuna altra impresa credette di poter fare, e che -sempre secondo l'ingegnere Marin-lascia appena il margine sufficiente a un tenue interesse, esclude la possibilità d'un guadagno qualunque, e non tiene neppure in conto i rischi. A quella offerta eccezionalmente vantaggiosa al Governo, e che per conseguenza non poteva non ottenere la preferenza su tutte le altre, la casa Hallier sarebbe stata indotta da un lato dal desiderio d'impiegare un suo personale e materiale considerevole attualmente disponibile, e dall'altro dalla speranza d'aprirsi l'adito alla concessione di altri lavori pubblici in Rumania, dove spiega per la prima volta la sua attività. Del resto la «Società Veneta», che ha presentemente in corso parecchi lavori per questo Governo, ottenne ancora di recente l'aggiudicazione per la fornitura del materiale in ferro e montatura di varii ponti pel valore d'oltre un milione di franchi. Al relativo concorso era pur stata invitata a partecipare la casa Miani e Silvestri di Milano.

In generale le imprese e i molti italiani impiegati in lavori governativi o privati in Rumania vi godono meritatamente stima e considerazione, e vengono trattati con riguardo. Non tralasciai d'accertarmene conversando con parecchi di essi, e tutti si espressero nello stesso senso. È innegabile che i francesi sono riputati qui i primi nelle costruzioni metalliche, e in genere nel campo scientifico-tecnico. Sarebbe tuttavia esagerato il dire che essi sul terreno pratico, nelle esecuzioni cioè dei lavori, siano considerati come superiori alle altre Nazioni e oggetto di speciali preferenze. Anzi, per molti lavori sono preferite le imprese e ingegneri italiani. Per la mano d'opera poi, hanno senza contrasti il vanto i nostri operai che si recano qui in gran numero nella primavera e sono ricercatissimi.

Allo scopo di stabilire un confronto tra i lavori pubblici di qualche importanza dei quali furono concessionari in quest'ultimi anni gli italiani e le altre Nazioni, sto raccogliendo dati che avrò l'onore di sottoporre all'E.V. se riescirò ad averli un po' completi. Da quanto appresi da alcuni nostri distinti ingegneri qui residenti, risulterebbe fin d'ora che la partecipazione degli italiani nella esecuzione di lavori pubblici e privati in Rumania è attualmente abbastanza importante, e -quel che riesce ancor più confortante -tende sempre a aumentare.

In quanto poi alle tendenze prevalenti sul terreno della politica estera in questi circoli dirigenti e nella società, l'E.V. sa meglio di me che mentre il partito liberale nazionale e i giunimisti si orientano già da tempo verso le Potenze della Triplice Alleanza, fra i conservatori dominavano le simpatie francesi e non mancavano anche simpatie russe; tantocché, quando nel1889 il signor Lascar Catargi formò un Ministero di conservatori puri, esso venne accolto a Roma, come a Vienna e Berlino, con ben giustificata diffidenza. Le circostanze, l'entrata del signor Carp nel Gabinetto, e forse più di tutto l'influenza che il re sa esercitare sui suoi ministri nella politica estera, modificarono in seguito le cose. Oggidì, se alcuni dei consiglieri della Corona non hanno cessato dal nutrire personali simpatie per la Francia, credo tuttavia il Ministero attuale sia oramai conscio della necessità d'appoggiarsi alle Potenze centrali. Le preoccupazioni poi che desta la situazione in Bulgaria e Macedonia son ben fatte per risvegliare, non solo nei governanti ma anche nella società e le classi intelligenti in generale, il sentimento che dalla Russia e dal panslavismo vien il pericolo per la Rumania, e che in un dato momento questa potrà trovar salvezza soltanto nella amicizia e protezione di quelle Potenze.

L'essersi d'altra parte la Francia posta a rimorchio della Russia, il tuono poco benevolo, per non dir altro, della sua stampa verso la Rumania, non sono per incoraggiare le simpatie che essa vi godeva e gode ancora, le quali ebbero le radici loro principalmente nel fatto che gran parte della gioventù rumena era educata a Parigi, considerata qui come la metropoli del mondo civile e riportava in patria costumi, idee e tendenze francesi. Poco per volta però tal uni hanno principiato a inviare di preferenza i figli loro a completare gli studi nel Belgio, nella Svizzera, anche in Italia e in Germania, dove acquistano maggiore ponderatezza e serietà di carattere. Il contegno della Francia nel momento attuale per quanto m'è parso accorgermi nel breve tempo dacché tornai dal mio congedo-non è senza cominciar a produrre qualche effetto. Può darsi sia soltanto passeggiero. Perdurando tuttavia qui le preoccupazioni, riguardo a ciò che sarà per fare la Russia in Oriente, e continuando la Francia a favorire in tutto la sua politica e le sue aspirazioni, ritengo le simpatie rumene per la «Grande Nation» (che non sono poi così grandi come me lo figuravo prima di venir qui) andranno poco a poco raffreddandosi sensibilmente.

Già al dì d'oggi -secondo diceami ieri conversando meco famigliarmente il direttore politico presso questo Ministero degli affari esteri -in grazia al procedere della Francia, che poco si cura di ferir le legittime suscettibilità e l'amor proprio nazionale degli Stati più deboli, ed alla mancanza di tatto dei due predecessori immediati del suo rappresentante attuale conte d'Aubigny, qui da poco tempo, di tutti i ministri delle Grandi Potenze a Bucarest, quello di Francia vi eserciterebbe la minore influenza. Sono anzi portato a credere che la politica d'una stretta amicizia colle Potenze della Triplice Alleanza, avrebbe acquistato ben maggior numero d'aderenti in tutte le classi sociali, se i magiari avessero cercato di risolvere la quistione dei rumeni d'Ungheria con qualche ragionevole concessione, e non soltanto colla forza. In questo senso si esprimono gli uomini politici di tutti i partiti; così diceami non ha guari il ministro degli esteri Lahovary (mio rapporto del 9 corrente n. 989/165), e ripetevami ultimamente a un dipresso il capo dell'opposizione nazionale-liberale, signor Demetrio Stourdza. Questi, scagionandosi dell'accusa di fomentare l'irredentismo, sostiene di rendere servizio alla causa comune avendo il coraggio di proclamare altamente la verità, di alzar la voce in favore dei fratelli oppressi d'Ungheria, che sentendosi abbandonati finirebbero per buttarsi in braccio agli slavi. Egli ne parlò, dissemi, parecchie volte tempo fa francamente coll'imperatore Francesco Giuseppe e col conte Kalnoky, coi quali vi sarebbe stato modo d'intendersi. Ma a Pest non vogliono vedere, udire, né capir nulla. Il signor Stourdza poi rimprovera acerbamente ai governanti rumeni attuali di non osar dire una parola a Vienna e farsi sempre piccoli davanti il Governo austro-ungarico, ma viceversa poi di incoraggiare sotto mano l'agitazione rumena. È difficile appurare cosa possa esservi di vero in ciò. Convien però non dimenticare che le clamorose dimostrazioni dell'anno scorso in favore dei rumeni di Transilvania furono inscenate dallo stesso signor Stourdza per farsene arma contro il Gabinetto, e che l'agitazione cessò appena si lasciò intravedere a quell'uomo politico la prospettiva d'un prossimo ritorno al potere. Le passioni sono attualmente talmente eccitate che conservatori e liberali si scagliano reciprocamente e giornalmente alla testa ogni specie d'accusa, anche le più ingiuste. Cosicché è mestieri accoglierle con molta riserva. In questo momento, per esempio, il signor Lahovary è violentemente preso a partito e tacciato di duplicità da certi fogli d'opposizione a proposito del telegramma di rettifica circa le relazioni colla Russia di cui è parola nel mio rapporto 9 corrente, e una pretesa intervista che il Gil Blas de15 narra avrebbe avuto un suo redattore con un «alto funzionario» della legazione di Rumania a Parigi, signor Bibesco, in assenza del ministro allora in congedo. Secondo il redattore del Gil Blas il signor Bibesco avrebbe detto tra le altre cose: «on parle d'une adhésion a la Triple Alliance! Mais, je vous le demande, qu'irions nous faire dans cette galère? Quel intérèt pourrait nous guider? A quels mobiles obéirait-on pour nous solliciter d'entrer dans des combinaisons où nous n'avons que faire? Franchement cela ne vaut mème pas l'honneur d'un démenti. Pour prèter à M. Lahovary semblable attitude, il faut complètement méconnaitre le caractère du ministre des affaires étrangères de Roumanie». I fogli d'opposizione predetti, premettendo che il signor Bibesco è in posizione di parlare a nome del Governo rumeno e che per esprimersi come sopra deve esservi stato autorizzato, tirano la conclusione che il signor Lahovary fa per conto proprio della politica contraria alla Triplice Alleanza, poiché nel Consiglio dei ministri tenutosi sotto la presidenza del re poco prima della partenza sua per Ischl, la quistione ha pur dovuto essere dibattuta, e la Maestà Sua non si è certamente recata colà per esporre all'imperatore d'Austria e al cancelliere dell'Impero germanico che la Rumania nulla ha a vedere «dans cette galère» che si chiama la Triplice Alleanza, e nemmeno ha incaricato il signor Lahovary di dichiararlo personalmente o per mezzo d'un suo subordinato. Ora è da notare in primo luogo che il signor Bibesco, anzicché alto funzionario, è soltanto secondo segretario presso la legazione rumena a Parigi. Egli poi, a quanto mi si narrò a questo Dicastero degli esteri, si difende energicamente dall'aver tenuto quel linguaggio.

Debbo aggiungere per amor del vero, che -fatta anche astrazione dalla quistione dei rumeni d'Ungheria -il mio collega tedesco non crede alla possibilità di ottenere dalla Rumania più di quanto siasi già ottenuto, ed è persuaso non sia da attendersi più dai liberali che dal Governo attuale, e le Potenze centrali debbono accontentarsi d'assicurarsi la neutralità della Rumania in caso di conflitto colla Russia.

Circa il convegno d'Ischl non ho ancora potuto avere particolari. Jeri questo ministro dei lavori pubblici, che regge il Dicastero degli esteri durante l'assenza del signor Lahovary attualmente in congedo, disse mi che sin ora il suo sovrano non ha ragguagliato il ministero intorno ai colloqui avuti coll'imperatore Francesco Giuseppe e gli uomini di Stato presenti ad Ischl, ma si limitò ad informarlo della sua piena soddisfazione per l'accoglienza fattagli. Il signor Olanescu aggiungeva che certamente anche la situazione nei Balcani era stata oggetto di quei colloqui, ma non aver ragione d'essere l'importanza che vuoi attribuire la stampa francese a quel convegno, che era deciso prima dei torbidi in Macedonia e degli ultimi avvenimenti in Bulgaria. Nello stesso senso s'espresse meco il mio collega austriaco, che esso pure non ha particolari circa il convegno.

Secondo le istruzioni dell'E.V., l'azione del r. rappresentante in Rumania deve esercitarsi d'accordo coi suoi colleghi d'Austria e di Germania al fine di far penetrar qui sempre più la persuasione che l'interesse della Rumania esige la sua unione alla Triplice Allenza, la quale ha di mira soltanto la conservazione della pace in generale, il mantenimento dell'autonomia e indipendenza, il tranquillo e regolare sviluppo degli Stati balcanici. In pari tempo il r. rappresentante dovrà adoperarsi a far sentire di quale vantaggio sia per la Rumania il tenersi in stretta relazione coll'Italia, la cui presenza nella Triplice Alleanza porge ad essa una guarentigia delle leali e amichevoli intenzioni di questa; far sì in una parola che l'Italia eserciti qui l'influenza che le spetta. A questo risultato tuttavia gioveranno più di tutto l'opera di ristaurazione finanziaria e economica con tanta energia proseguita dal Gabinetto di cui fa parte l'E.V., e la sua politica estera ferma e dignitosa; Nazioni e Governi essendo naturalmente tanto più rispettati ed ascoltati in quanto sono più forti e potenti. Al r. rappresentante rimane il compito d'acquistarsi la fiducia personale dei governanti, di crearsi numerose relazioni e simpatie in tutte le classi della società, per essere meglio in grado di riempire il mandato affidatogli. Per ciò è d'uopo qui più che altrove pagar di persona. L'E.V. può star sicura che non risparmierò cura né fatica per riuscire; ma convien procedere cautamente e senza troppa fretta. L'accoglienza fatta qui in generale, non alla mia persona, ma al nuovo ministro d'Italia, mi lascia sperar bene. In quanto ai colleghi tedesco e austriaco, entrambi antiche mie buone conoscenze, non potrebbero mostrarsi più cordiali meco, facendosi una amichevole premura di comunicarmi le notizie di qualche importanza delle quali vengono informati. Lo stesso debbo dire del ministro inglese, sir Hugh Wyndham.

Jeri, giorno anniversario dell'imperatore Francesco Giuseppe, il conte Welsersheimb m'invitò non solo a colazione con alcuni altri diplomatici e funzionari indigeni, ma volle poi che «Come facente parte della stessa famiglia politica», partecipassi la sera col collega tedesco al banchetto della colonia austriaca, durante il quale portò un brindisi al re Umberto ed all'imperatore Guglielmo «i buoni amici ed alleati del suo sovrano»; brindisi al quale il conte Leyden ed io rispondemmo ringraziando e propinando alla salute di S.M. Apostolica.

Sarei grato all'E. V. di volermi segnar ricevuta del presente rapporto che, in mancanza d'altro mezzo sicuro, spedisco al r. console a Galatz acciò lo faccia pervenire a destinazione, raccomandandolo, per mezzo del postale della nostra Società di navigazione generale 5•

278 1 D. 33771/95 del l o agosto, non pubblicato. 2 Non pubblicato. 3 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 854. 4 Cfr. n. 266.

278 5 Si pubblica qui un passo di una lettera personale di Beccaria a Blanc dello stesso 19 agosto: << ••• mon impression est que l'influence française est ici beaucoup moins grande qu'on le croit à Rome et que je me le figurais avant mon arrivée. Elle se traduit surtout dans !es gouts, !es modes, !es habitudes sociales, un penchant particulier pour la littérature française, une grande admiration pour la culture française en général et pour Paris. Je ne prétends pas que cela n'entraine point des sympathies, une certaine prédilection pour nos voisins de l'ouest. Mais ces sympathies sont plutòt superficielles, platoniques pour ainsi dire, et elles ne me paraissent pas exercer grande influence à l'égard de la politique étrangère. C'est aussi l'avis de mon collègue allemand, intelligent, très observateur, et de plus -par parenthèses -un parfait collègue, de méme que l'autrichien d'ailleurs>>.

279

IL SOTIOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 36913/751. Roma, 20 agosto 1895 1.

Con nota in data delli 15 agosto, rimessa lo stesso giorno nelle mie mani, questo incaricato d'affari di Francia mi ha notificato la denuncia del trattato di amicizia, commercio e navigazione conchiuso 1'8 settembre 1868 tra l'Italia e la Tunisia.

Come V.E. rileverà dalla lettura di quel documento, che le invio qui unito in copia2 , il Governo della Repubblica dichiara di procedere a tale denuncia in nome di Sua Altezza il Bey in virtù del trattato sottoscritto a Kassar-Said il 12 maggio 1881. A tale riguardo mi occorre avvertire essere bensì vero che, con nota del9 giugno 1881, il signor Roustan portava a notizia dell'agenzia e consolato generale d'Italia in Tuoisi il trattato di Kassar-Said; ma che di tale comunicazione non fu da noi preso atto e nemmeno segnata ricevuta.

Epperò mentre fole più ampie riserve in merito all'argomento cui si riferisce la nota del signor di Lavaur, prego V.E. di significare, verbalmente per ora, a codesto Governo le eccezioni del Governo del re al procedimento seguito.

280

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 1489. Parigi, 21 agosto 1895, ore 17,45 (per. ore 20,25).

Ministro degli affari esteri mi disse che la clausola di riconduzione tacita per 28 anni non gli lasciava, per così dire, libera scelta di condotta, e gli imponeva di denunziare il trattato italo-tunisino perché nessuno presentemente acconsente a lasciare impegno per così lunghi periodi. Fortunatamente, egli soggiunse, previdenza dei negoziatori di quel trattato ci lascia un anno di tempo, durante il quale avremo tempo scambiare insieme molte idee, e di vedere insieme il miglior assetto da dare alle cose. Il ministro non suppone che in Italia il Governo abbia potuto attribuire alla denunzia del trattato un effetto diverso di quello che è nell'intenzione del Governo francese di darvi, cioè, di un atto reso necessario eventualità clausola di riconduzione anzidetta;

2 Non si pubblica. 280 1 Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, Diario e Documenti ordinati da T. Palamenghi -Crispi, Milano, Fratelli Treves Editori, 1913, pp. 64-65.

ma egli tiene ad escludere che altri concetti abbiano guidato il Governo francese in questa occasione. Dissi che io non aveva ricevuto istruzioni a tale riguardo, e che avrei trasmesso a V.E. questa dichiarazione.

279 1 Un'annotazione sulla minuta avverte che il dispaccio fu spedito il 22.

281

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1106/436. Berlino, 21 agosto 1895 (per. il 25).

Da lungo tempo il Gabinetto di Berlino va ripetendo, che se nelle varie questioni europee e coloniali segue una politica di costante opposizione all'Inghilterra, lo fa collo scopo di persuadere quella Potenza dei danni dell'isolamento e di condurla per tal modo verso la Triplice Alleanza.

lo dubito che in ciò vi sia un inganno. La Germania non vuole l'alleanza dell'Inghilterra né per noi né per la Triplice, la crede inutile ed impossibile. Non la vuole per noi, perché l'Italia, nella sua qualità di Potenza non saturata (per servirmi di una espressione del principe di Bismarck) rappresenta già nella Triplice un elemento pericoloso, e lo diverrebbe maggiormente se unita all'Inghilterra si mettesse a far una politica coloniale od orientale più attiva.

Non la vuole per la Triplice perché intralcerebbe il lavoro che la Germania compie di rappacificarsi colla Francia e di acquistare l'amicizia della Russia, lavoro che ha per mezzi una serie di concessioni quasi tutte dannose all'Inghilterra.

La crede inutile, perché deve avere prove in mano che l'accordo franco-russo non la tocca (la Germania), date certe circostanze.

La crede infine impossibile perché in opposizione coi sentimenti nazionali tedeschi, perché trattandosi di Potenza come l'Inghilterra che non ha confini da guarentire, la sua partecipazione alla Triplice non può essere ottenuta che mercè guarentigie relative ai suoi possedimenti, ad aspirazioni orientali o coloniali, guarenzie queste che non potrebbero essere date se non con una limitazione della espansione coloniale germanica o di quella della Russia e della Francia. Ora la prima è uno dei maggiori scopi della Germania moderna e la causa di un sempre crescente antagonismo coll'Inghilterra e le seconde sono i mezzi di cui conta servirsi per addormentare l'odio della Francia e procacciarsi l'amicizia della Russia. Ad illustrare questo punto della inimicizia della Germania per l'Inghilterra, già trattato in altro rapporto, unisco la traduzione d'un recente articolo del Deutsches Wochenblatt1 che dà la giusta misura delle tendenze della Germania.

Non mi dilungherò altrimenti: a me basta l'aver posto il sospetto. L'E.V. deve ormai avere in mano tale copia di fatti da poter decidere esattamente se io m'apponga

al vero o se m'inganni, se nella sua azione verso l'Inghilterra si siano palesati aperti aiuti o se abbia incontrato celati ostacoli.

Per parte mia ho osservato (e di ciò diedi tosto l'allarme) che appena corse voce di negoziati anglo-italiani e si vide la nostra squadra andare a Portsmouth, i giornali posero innanzi tutta una lista di condizioni e di pretese coloniali come prezzo dell'alleanza inglese, si agitò la questione del Transwal ed una corrispondenza molto sospetta fece balenare una ripresa della questione d'Egitto, cosicché le relazioni prontamente si inasprirono.

Tale non è il contegno di chi cerca un'alleanza, bensì di chi vuoi provare che un accordo coll'Italia non basta a tutelare l'Inghilterra, e che uno colla Triplice non si potrà conseguire.

Voglia l'E.V. tener presente, che la possibilità che la Germania cerchi nelle alleanze il mezzo di ridurre la Francia a Potenza di second'ordine, più non esiste per chi vede le cose da vicino e s'addentra nello studio di questo Paese; come pure non esiste la possibilità d'una guerra preventiva, o dell'adesione attiva della Germania a qualunque nostro atto da cui possa scaturire una guerra.

A ciò si oppongono il carattere dell'imperatore, la tendenza ed i bisogni di tutto il Paese.

Dacché la Germania ha abbandonato l'idea di distrurre la sua nemica, anche la nostra alleanza ha perduto di peso. Che l'ostilità fra Italia e Francia si mantenga abbastanza viva da potervi essere, alla scadenza del trattato, probabilità di guerra fra noi e la vicina Repubblica (ed a ciò penserà l'ambasciatore a Parigi ed il fondo pei rettili): che conseguentemente vi sia sicurezza che l'Austria non sarà aggredita da noi e la Germania guarderà l'avvenire con occhio sicuro.

Anzi perdurando l'attuale indirizzo politico è prudente il credere che, di fronte alla possibilità di una tal guerra noi saremmo tenuti a bada fino all'ultimo e poi abbandonati. Imperocché la Germania non ignora che la ferita di cui soffre la Francia è sopratutto ferita d'amor proprio e che sanata quella con una guerra fortunata non esisterebbe forse più una quistione d'Alsazia-Lorena.

Il generale Lanza ha qui una ottima influenza, l'E.V. inspira un salutare timore, il Paese ci ama -ma le linee direttive della Germania contrastano coi nostri interessi al pari che con quelli dell'Inghilterra, di cui si vuol distruggere il primato sul mare.

E più precisamente la politica germanica soffoca, in pro dell'Austria, della Francia e della Russia, tutte le nostre aspirazioni; ci chiude tutte le strade per !asciarne una sola aperta, quella di una guerra da soli colla Francia 2•

281 1 Non si pubblica.

281 2 Si pubblicano qui due passi di un rapporto di Tornielli del 23 agosto: «Nella opposizione agli interessi inglesi in Mrica, la Francia continua a trovare nella Germania il migliore appoggio, né io crederei infondata la supposizione che fra la gente sensata di qui si speri assai più dal contrasto degli interessi africani della Germania con quelli dell'Inghilterra, che dalle simpatie russe, le quali in Mrica non trovano alimento ed appoggio in serii e permanenti interessi propri della Russia. In questa speranza di rivolgere, a profitto proprio, contro l'Inghilterra, la politica coloniale tedesca, si fonda certamente quella che il signor Hanotaux va gradatamente, ma con insistenza, spiegando dacché tiene il portafogli degli affari esteri del suo Paese ... ciò che in questo rapporto mi preme di mettere in luce è che l'indole della politica francese e dell'uomo che oggi la dirige, ci deve far avvertiti che lo stadio di preparazione lento ma continuo, destinato a condurre a maturità la questione egiziana viene qui proseguito e che tutte le probabilità sono nel senso che soltanto quando tale preparazione sarà completa, l'azione diplomatica sarà ripigliata>>.

282

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 942/412. Londra, 21 agosto 1895 (per. il 26).

In più occasioni, ho espresso l'opinione che difficilmente il Governo inglese sarebbe stato disposto ad intraprendere in breve una spedizione nel Sudan egiziano1 . Il Foreign Office, sotto il precedente Ministero, si mostrava decisamente contrario ad una guerra in quelle regioni, specialmente per le condizioni finanziarie dell'Egitto. Esso faceva, del resto, assegnamento sulla progressiva consunzione del mahdismo, che col tempo avrebbe potuto rendere superflue, o poco difficili, le operazioni militari.

In tale stato di cose, diventava ozioso il discutere di una cooperazione militare dell'Italia e dell'Inghilterra. Ma si verificarono posteriormente alcuni avvenimenti di cui bisogna ora tener conto studiando il medesimo argomento.

Anzitutto, il cambiamento di Ministero. Il nuovo Gabinetto, presieduto da un uomo di çarattere, avrebbe già in se stesso gli elementi per esplicare una politica estera più forte, se anche non avesse per di più la fortuna di essere sostenuto da una potente maggioranza.

In secondo luogo, una serie di avvenimenti in Europa e nell'Estremo Oriente che hanno messo in evidenza i pericoli inerenti ai rapporti intimi della Russia con la Francia, specialmente per l'Inghilterra. Inoltre, ciò che accade in Abissinia per opera dei russi e l'evidente intenzione dei francesi di sottrarre con l'aiuto dei russi lo Scioa all'influenza italiana per sostituirvi la propria. Che, se questo si realizzasse, un'altra base di operazione sarebbe nelle mani dei francesi per far penetrare la loro influenza sull'alto Nilo, a discapito dell'Inghilterra.

Infine, l'evidente tendenza dei francesi di girare dal Congo la regione occupata dai mahdisti nel Sudan egiziano per stabilirsi nell'alto Nilo, al cui possesso aspirano evidentemente gli inglesi, invano per ora, a causa dell'ostacolo presentato dai mahdisti.

Da ciò risulta che la politica indecisa e temporeggiante di lord Rosebery, non ha più ragione di essere, sia per il carattere dell'attuale Governo inglese, sia per le mutate circostanze.

Un eccessivo ritardo posto dall'Inghilterra a dare l'ultimo colpo al mahdismo farà sussistere per essa l'ostacolo che si oppone alla sua espansione verso il Nilo medio e superiore, a vantaggio dei francesi, e, forse, anche dei tedeschi che per altre vie possono penetrare in quelle regioni.

Un certo risveglio nelle sfere politiche e militari non mancherà di prodursi. Se noi sapremo cogliere il momento opportuno, forse giungeremo ad accordi di comune utilità. Ritengo, però, che non sia il caso di uscire da quella dignitosa riserva che abbiamo tenuta col precedente Ministero, fino a tanto che il Ministero attuale non abbia scelto il proprio orientamento. Mi è parso di comprendere che lord Salisbury

desidera di impiegare le prossime vacanze parlamentari per raccogliersi, e studiare una situazione politica che per l'Inghilterra non si presenta molto semplice.

Non ho, però, creduto di uscire dai limiti della riserva necessaria, esponendo a lord Salisbury, nelle private conversazioni, le mie idee su parecchie delle questioni che interessano ad un tempo la Gran Bretagna e l'Italia, e mi è parso di riconoscere che all'epoca della ripresa dei lavori parlamentari si potrà incominciare, da parte nostra, un lavoro diplomatico di qualche utilità, sia dal punto di vista speciale delle questioni africane, sia dal punto di vista delle questioni più vitali che interessano direttamente l'Europa.

Ma credo utile di esprimere il parere che nulla sia più contrario al carattere di questi uomini di Stato, ed al nostro stesso interesse, quanto il chiedere gratuitamente delle concessioni che potranno scaturire naturalmente da accordi più importanti.

Frattanto, lord Salisbury mi ha fatto riflettere che per almeno due mesi egli non ha intenzione di trattare questioni di qualche entità, né coll'Italia né con altri Stati, ad eccezione di quella della Cina che presenta carattere d'urgenza sotto il punto di vista della dignità nazionale offesa nei recenti eccidi.

282 1 Cfr. n. 242.

283

IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI, ALLE AMBASCIATE E ALLE LEGAZIONI IN EUROPA

Roma, 24 agosto 1895.

Trasmetto a V.E. (o a V.S.) due esemplari a stampa di una memoria nella quale sono indicate le principali differenze esistenti fra la religione cristiana etiopica e quella russa ortodossa.

Ella vorrà, con le dovute cautele e coi mezzi che sono a sua disposizione, adoperarsi affinché di tali differenze si abbia a rilevare l'importanza e diffondere la conoscenza il più largamente possibile.

284

IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI, AL REGGENTE LA RESIDENZA IN HARAR, FELTER

D. RISERVATISSIMO 36685/294. Roma, 24 agosto 1895.

Col suo rapporto del 24 luglio u.s., n. 90/351 , ella riferiva a S.E. il governatore dell'Eritrea sul contegno ambiguo (rilevatosi specialmente nella questione dei fucili fermati a Zelia per ordine del Governo britannico) di ras Makonnen, il quale, mentre

rifugge dallo assumere qualsiasi impegno verso di noi, lascia intravedere che non abbandona la speranza di essere aiutato dall'Italia nella eventuale soluzione definitiva della questione etiopica.

Niuno è in grado di rendersi conto della attuale situazione e di scegliere risolutamente il partito più dignitoso e insieme più sicuro, meglio di ras Makonnen, che è venuto in Italia a portar la parola dell'Etiopia, ed ha solennemente giurato al nostro sovrano quella fede che Menelik ha tradito. Egli, che è stato ricevuto dall'Italia come amico tra amici, conosce oramai, per prova, come essa sappia trattare chi della amicizia italiana si mostra degno, e, per recente esperienza di altri capi etiopi, non ignora come sappia e con quale fulminea potenza colpire i nemici, inesorabilmente.

Dipende dunque da lui, da lui solamente, il non essere dimenticato non solo, ma anzi l'avere l'appoggio dell'Italia, nel definitivo assetto dell'Etiopia, appoggio che gli sarà o negato assolutamente, o accordato, in più o meno larga ed aperta misura, a seconda del contegno che si deciderà ad adottare.

Né è più tempo da indugi. Egli nulla ha da sperare dallo Scioa, mentre ha le prove della malafede di Menelik e dei cattivi consigli dai quali Menelik è circondato; ed è pure, d'altro lato, convinto (come ha recentemente dichiarato a lei) che, in un conflitto con l 'Italia, Menelik avrebbe la peggio. L'avrebbe per la sua inferiorità di fronte all'Italia, e per lo scarso appoggio che finirebbe coll'avere dal suo stesso Paese.

Tra chi, calpestando i patti giurati, si ribella alla Potenza che gli ha dato il trono, e, rinnegando la religione degli avi, cerca fuori del suo regno la forza che non trova nel suo popolo, e chi, forte del suo diritto e della causa della giustizia, si adopera a ricondurre l'ordine dove regnano l'intrigo e il tradimento non è difficile la scelta.

La S. V. è autorizzata a far presente tutto ciò a ras Makonnen, in quella forma più opportuna che le sarà suggerita dalle circostanze locali di cui ella è il miglior giudice.

283 1 Analogo dispaccio fu inviato in pari data a Massaua (D. riservato 36656/469). 284 1 Non pubblicato; ma cfr. n. 256.

285

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 220. Parigi, 25 agosto 1895, ore 13,05 (per. ore 15,25).

Dispaccio col quale r. ministero mi comunica nota francese di denuncia trattato TunisF era partito prima che giungessero miei rapporti 18 e 21 corrente2• Se avessi

ricevuto prima le istruzioni relative alle riserve verbali da fare avrei avuto occasione naturale di esporle nel colloquio col ministro degli affari esteri del giorno 21 3• Questi mi disse che dimorando egli fuori di Parigi non stessi io ad aspettare di vederlo nei giorni consueti di udienza ebdomadaria, ma gli facessi sapere se e quando desideravo abboccarmi con lui. Questa circostanza rende delicata l'esecuzione delle istruzioni di

V.E. perché io dovrei chiedere al ministro di ricevermi e poi fargli verbalmente la riserva nascente dal non aver l'Italia neppure accusato ricevuta della comunicazione del Bardo; la forma che questa dichiarazione prenderebbe ne aggraverebbe singolarmente il carattere mentre che probabilmente è nell'intenzione del Governo che la riserva sia fatta piuttosto in forma di occasionale osservazione. Prego pertanto V.E. di farmi conoscere se per fare le riserve verbali ordinate nel dispaccio di V.E. in data del 20 corrente debba chiedere un convegno a questo ministro degli affari esteri oppure se io debba aspettare di incontrarlo in un giorno d'udienza ebdomadaria che potrebbe essere alquanto ritardata 4•

285 1 Cfr. n. 279. z Non pubblicati.

286

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 2211 . Parigi, 28 agosto 1895, ore 18,55 (per. ore 21,30).

Oggi giorno di udienza ebdomadaria mi recai dal ministro degli affari esteri al quale ho fatto la verbale comunicazione prescrittami col dispaccio di V.E. del 20 corrente2 circa la denuncia del trattato italo-tunisino. S.E. senza dimostrare sorpresa o malumore, si limitò ad osservare che l'applicazione incontestabile del Trattato del Bardo dura da circa 20 anni e fa sentire i suoi quotidiani effetti nei rapporti dei varii Governi colla Tunisia, i quali fanno e ricevono le comunicazioni per il tramite del residente francese, che funge da ministro degli affari esteri del bey. Soggiunse che la denuncia preveduta in un trattato, quando si verifichi, riveste carattere di atto unilaterale e non trasse alcuna deduzione da quest'ultima sua osservazione. Egli si astenne dal ripetere in questa occasione le cose dettemi nel colloquio del 213 circa le trattative che potrebbero occorrere entro l'anno, cose da me in quel giorno riferite a V. E. Della conversazione d'oggi spedisco relazione per posta4 .

4 Adamoli rispose con T. riservato 208 del 28 agosto: <<Aspetti udienza ebdomadaria purché avvenga prima del ventinove settembre». 286 1 Lo stesso telegramma fu protocollato anche nella serie ordinaria col n. 1526.

2 Cfr. n. 279.

3 Cfr. n. 280.

4 Cfr. n. 287.

285 3 Cfr. n. 280.

287

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

ANNESSO CIFRAT01 . Parigi, 28 agosto 1895.

L'intonazione del linguaggio del signor Hanotaux dimostra oggi proposito deliberato di !asciarci prendere la via, che più ci accomoda nell'affare del trattato italotunisino. Egli si astenne conseguentemente dal fare la più lontana allusione alle dichiarazioni fattemi il 21 corrente 2 tanto circa il carattere e l'intenzione dell'atto di denunzia quanto circa le trattative che potrebbero seguire tra i due Governi durante l'anno che ci separa dalla scadenza. L'osservazione fatta da questo ministro circa l'essere la denunzia, preveduta nel trattato, un atto unilaterale, mi pare indicare l'intenzione sua di non fare altri passi e di aspettare oramai l'iniziativa nostra.

Da quanto è occorso qui dopo la denunzia per ora resta acquisito che la Francia ha accompagnato questo atto con dichiarazioni intese a togliere al medesimo ogni carattere di ostilità, ed ha lasciato intendere la possibilità di nuovi accordi in surrogazione degli antichi: dichiarazione che, naturalmente, non ha più ripetuto in seguito alla riserva nostra relativa al Trattato del Bardo. Questa riserva, che pare intesa a riaprire da parte nostra la questione del protettorato francese sopra la Tunisia, avrà probabilmente per effetto di mettere in prima linea la questione politica, nella quale il Gabinetto francese si sente sostenuto dalla unanimità dell'opinione pubblica francese, e non sembra temere l'opposizione di nessuna altra Potenza. Ed è da prevedersi che si vorrà qui fare dipendere l'accomodamento degli interessi commerciali italiani in Tunisia da una formale risoluzione della questione politica da noi sollevata 3 .

288

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

L. PERSONALE. ...31 agosto 1895.

Avendo una vera difficoltà a scrivere, tanto fu grande la mia stanchezza, mi permetta di pregarla di far fare dalla sua lettera del 21 agosto un estratto che ella poi unirà alla mia lettera qui acclusa al commendator Stefani, facendola impostare raccomandata, prima che Carlotti giunga a Venezia.

2 Cfr. n. 280.

3 Annotazione a margine: «Non si comunichi ad alcuno. D'ordine Maissa>>.

Il corriere mi reca una lettera di Adamoli che mi conferma la non necessità della mia presenza; e nella sugosa e completa relazione privata di lei osservo non trattarsi, per quanto ci può riguardare in Consiglio, se non del personale, riguardo al quale il presidente del Consiglio, in base ai concerti appositamente presi da me con lui, ha ogni facilità di far le proposte in quistione in mio nome. Spero dunque ancora che in giornata io riceva da lui una dispensa telegrafica dall'obbligo veramente duro di interrompere una cura ed un riposo necessari.

Grazie per i discorsi al Senato.

Aderisco pienamente, come le telegrafai, al progetto di nota di Machiavelli1 .

Calvi constata che vi è intelligenza fra l'Austria e la Russia; è un anno che lo dico, e che Nigra lo tace. Che poi anche la Germania tenga conto del fatto che non solo non vogliamo essere armati nella misura delle nostre risorse, ma spendiamo inutilmente per avere un'apparenza di esercito che sia ostacolo ad averne la realtà, è cosa che è naturalissima e basta da sé a porci fuori delle intelligenze serie tra alleati. Reputo vano insistere su quell'argomento, non avendo più l'illusione di farmi ascoltare. Anche la politica che fa Nigra compie l'opera di distruggere la possibilità che i due Imperi considerino seriamente la nostra posizione nella alleanza.

Siamo d'accordo su tutto il contenuto delle sue care lettere del26 e del 29 agosto. Si dovrebbe mettere subito da parte anche Peiroleri, nel modo tecnico più acconcio.

Benissimo per la cornice del quadro di Michetti; le sarò grato di ordinaria.

Ed ora, mi auguro di non dovere accompagnare di persona la presente!

[P.S.] Il re Leopoldo mi ha fatto sapere che avrebbe accettato un invito al Chaney, ma il Consiglio a Roma sconcerta il simpatico progetto.

287 1 Al R. 2929/825, non pubblicato.

289

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 519/322. Pietroburgo, 3 settembre 1895 (per. il9).

Sono in grado di riferire a V.E. l'impressione concorde di questi ambasciatori di Germania, d'Austria Ungheria e d'Inghilterra, che sia probabile la riconciliazione fra il principe Ferdinando e il Governo imperiale, sulla base della conversione all'ortodossia del giovane principe ereditario e d'altre grandi concessioni da farsi alla Russia. Il principe Lobanow, da loro interrogato affetta la più assoluta ignoranza e nega che siano in corso negoziati qualsiasi; non si presta però alcuna fede alle sue parole.

È certo che l'attitudine piuttosto equivoca presa dal Governo bulgaro nella questione macedone di faccia alle Potenze centrali ed all'Inghilterra, significa che esso ubbidisce già ad ordini segreti avuti da Pietroburgo, o quanto meno confida con quel

suo contegno di far cosa gradita alla Russia. Risulta pure che l'agente francese a Sofia si agita molto in questi giorni e tiene col suo Governo una continua e copiosa corrispondenza di telegrammi. Ed è noto che la Francia ha servito da intermediaria alle trattative indubbiamente iniziate tra il principe Ferdinando ed il Governo imperiale1 .

288 1 Cfr. n. 291, allegato.

290

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, D'ASPREMONT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1566. Tangeri, 4 settembre 1895, ore 12,40 (per. ore 15,45).

Circa reclami nostri ed affare «Bascir» Mohammed Torres mi ha dichiarato essere persuaso che nulla otterremo dal Governo marocchino se non spiegando azione energica. Mi ha chiesto se Gianatelli Gentile torna oppure segue sultano del Marocco nel suo viaggio. Non essendo ancora pervenute istruzioni circa «Bascir» prego telegrafarmi quali istruzioni debbono darsi Gianatelli Gentile eventualità partenza sultano Fez1 .

291

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI

D. 35190/4881 . Roma, 5 settembre 1895.

Con rapporto del 20 agosto 1895 n. 2140/4802 Vossignoria mi ha inviato copia della nota direttale il 17 dello stesso mese dal signor Riffault per denunciare il Trattato di amicizia, commercio e navigazione conchiuso 1'8 settembre 1868 tra l'Italia e la Reggenza.

Mi pregio di inviarle qui unito il testo della nota che ella si compiacerà di inviare al ministro degli affari esteri di S.A. il Bey di Tunisi per dargli atto di tale denuncia. Eseguite le presenti istruzioni Vossignoria me ne darà avviso telegrafico indicandomi ad un tempo la data che sarà da lei apposta alla nota.

confidato principe Ferdinando nel Consiglio dei ministri prima di partire ha dichiarato sapere da sicura fonte comunicato russo dove chiamato usurpatore essere stato dettato dallo stesso Lobanow. Considerarsi perciò additato al fanatismo omicida dei russofili qual primo ostacolo al compimento loro programma>>. 290 1 Per la risposta cfr. n. 292. 291 1 Sic, ma il numero di protocollo generale è probabilmente errato.

2 Non pubblicato; ma cfr. n. 276, nota l.

ALLEGATO

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI TUNISINO, MILLET

Tunisi, ... settembre 1895.

A mezzo della nota che Vossignoria si è compiaciuta di dirigermi il 17 dello scorso agosto, il Governo di S.A. il Bey mi ha notificato la denuncia del Trattato di amicizia, commercio e navigazione conchiuso 1'8 settembre 1868 tra l'Italia e la Tunisia.

Nel dare atto al Governo di Sua Altezza dell'avvenuta denuncia, fo', a nome e per incarico del mio Governo, le più ampie riserve per il modo della denuncia stessa, e per i diritti, i vantaggi e le immunità che le capitolazioni e gli usi 4 assicurano ai cittadini italiani, al nostro commercio ed alla nostra navigazione, non esclusi quei diritti, vantaggi ed immunità che furono temporaneamente sospesi dal protocollo sottoscritto a Roma il 25 gennaio 1884 dal r. ministro degli affari esteri e dall'ambasciatore della Repubblica francese.

Il Governo del re ricorda inoltre al Governo di Sua Altezza come, anche dopo scaduto il trattato ora denunciato, rimangono in vigore i trattati anteriormente conchiusi fra i cessati Stati italiani e S.A. il Bey di Tunisi, i quali sono senza limite di durata, e che il trattato del 1868 non ha fatto che riconfermare. E giova a tale riguardo fare menzione speciale del Trattato di pace conchiuso il lO luglio 1822 dal granduca di Toscana, del Trattato di amicizia e commercio conchiuso il 22 febbraio 1832 dal re di Sardegna, e del Trattato di commercio stipulato il 17 novembre 1833 dal re del Regno delle Due Sicilie, con S.A. il Bey di Tunisi.

289 1 Ma cfr. quanto aveva comunicato Riva con T. 1535 del 30 agosto: <<Ministro degli affari esteri mi ha

292

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE A TANGERI, D'ASPREMONT

T. 1535. Roma, 6 settembre 1895, ore 13,15.

Governo del re intende che impegni presi per il «Bascir» siano mantenuti senza ritardo1 . Ordini a Gianatelli di far comprendere chiaramente al Governo sceriffiano per questa e per tutte le altre questioni pendenti che è venuto il momento per esso di scegliere fra un'Italia sinceramente ed efficacemente amica ed un'Italia che si ritenga sciolta da ogni riguardo nelle vertenze che il Marocco possa avere colle altre Potenze.

4 In un secondo tempo fu qui aggiunto: <<e gli statuti della Reggenza>>. (T. riservato 212 di Adamoli d eli' 8 settembre). 292 1 Risponde al n. 290.

Fatte dichiarazioni risolute in tal senso Gianatelli torni a Tangeri quando il sultano parta da Fez.

291 3 Annotazione a margine di Levi: <<Letto ed approvato dal presidente del Consiglio il giorno 29 agosto 1895>>.

293

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, SALVAGO RAGGI

D. 38530/931. Roma, 7 settembre 1895.

Mi riferisco al suo rapporto del l? agosto u.s., n. 472/1931 .

Nell'ultimo pro-memoria, riservatissimo 2 , ella troverà le istruzioni annunziatele nel mio telegramma odierno 3 e alle quali la S.V. vorrà strettamente attenersi nel trattare la questione di delimitazione verso Ras Casar con codesta agenzia britannica.

Nessun impegno dovrà essere da lei preso in proposito e nessun passo dovrà essere fatto, senza avere prima informato questo ministero telegraficamente o per posta, a seconda dell'urgenza del caso.

A tale proposito attendo da lei qualche spiegazione circa il telegramma spedito dal colonnello Rundle al governatore di Suachin, per l'invito alle tribù di scegliere tra la sovranità italiana e la egiziana (lettera della S.V. al comm. Levi 21 agosto u.s.)l, essendo stato stabilito con l'art. 2 del protocollo del giugno-luglio 1895 quali fra le tribù seminomadi di frontiera debbano considerarsi come dipendenti dal Governo egiziano e quali come dipendenti dal Governo dell'Eritrea.

2 Se ne pubblica solo la conclusione: <<Finora, in tutto il negoziato di delimitazione, non si è parlato che di territori posti a sud della linea convenzionale del 1891 (ossia di territori assicurati all'Italia dal protocollo del15 aprile di quell'anno). E però, fino a che si rimane su queste basi, non si tratta affatto di compensi reciproci nel senso voluto dallo stesso Kitchener pascià, senso che deve essere applicabile praticamente, se si deve e si vuoi venire ad un accordo. Che, se si preferisse di offrirei compensi dalla parte della frontiera occidentale, piuttosto che al nord della linea del 1891, noi saremmo disposti a trattare, su queste nuove basi, con quello spirito di arrendevolezza che ci ha sempre guidati nella presente questione di delimitazione. Sulle considerazioni di ordine generale, svolte nel presente pro-memoria, la r. agenzia al Cairo è autorizzata a richiamare, in via amichevole, l'attenzione dell'agenzia britannica, alla quale certamente non sfuggirà la considerazione della responsabilità che si impone al Governo eritreo per i territori di confine occupati da tribù poste sotto la nostra sovranità. Una cessione di territorio a favore di tribù straniere e a danno di tribù a noi soggette produrrebbe impressione sfavorevole per la nostra dignità e pel nostro prestigio tanto sulle une quanto sulle altre. Se l'Italia si proponesse di cedere, senza compensi, territori all'Egitto, mentre i suoi soldati vincono ad Agordat e a Cassala ed in Abissinia, sarebbe per loro cosa incomprensibile e verrebbe da esse attribuita ad una inferiorità che non può essere ammessa. Siccome poi la cessione avverrebbe con lesione dei diritti tradizionali di tribù a noi soggette, si verrebbe con ciò piuttosto che a diminuire, ad aumentare gli attriti di frontiera con danno di tutti. Dell'incidente degli Habab il Governo di Massaua ha recentemente intrattenuto questo ministero, insistendo sulla necessità che sia proceduto al disarmo del ribelle ex-Cantibai, che mantiene contegno ostile, impedendo il ritorno, nella Colonia, degli Habab. La r. agenzia al Cairo farà poi presente al signor Rodd, questo stato di cose anormale, nel comune intento di evitare conflitti fra tribù, alla frontiera>>.

3 T. 1538, in realtà del 6 settembre, non pubblicato.

293 1 Non pubblicato.

294

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1184/480. Berlino, 9 settembre 1895 (per. il 13).

Ho potuto vedere oggi, al mio ritorno dall'Italia, solo un momento il segretario di Stato al Dipartimento degli esteri, partendo egli appunto oggi per un nuovo congedo fino al termine del corrente mese. Avendogli detto che sarebbe stata mia intenzione, ove non l'avessi trovato in procinto di partire, di pregarlo accordarmi a suo agio un'ora di udienza per intrattenerlo, o meglio, esser da lui messo al corrente delle varie questioni politiche all'ordine del giorno delle quali ero poco informato stante la mia assenza da Berlino, il barone Marschall dissemi che avrebbe di buon grado incaricato il sottosegretario di Stato, barone Rothenan di fornirmi tutte le spiegazioni ed informazioni che desiderassi. «Una cosa solo, soggiunse testualmente il barone Marschall, voglio dirvi a rettifica di apprezzamenti comunicativi altra volta; ed è che mi sono, pare, completamente sbagliato sui sentimenti che attribuivo prima della vostra partenza al nuovo ministro degli esteri russo, principe Lobanoff: egli si dimostra ed è tutt'altro che amico nostro, dell'Austria e dell'Italia. Quali siena gli scopi che egli si prefigge, a quali influenze sia soggetto il giovane czar, è tutt'ora un enigma. Pericoli seri, finché noi tre saremo uniti, non esistono, ma dobbiamo tenere gli occhi aperti».

Vedremo quali impressioni recherà da Pietroburgo il cancelliere principe Hohenlohe che domani passa colà nel suo ritorno da una escursione nei possedimenti russi di sua moglie. Sarà probabilmente ricevuto dallo czar e conferirà naturalmente con il principe Lobanoff.

295

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 1620. Parigi, 11 settembre 1895, ore 19,45 (per. ore 22,10).

Ho fondato motivo di credere che il Ministero francese veda con dispiacere la polemica dei giornali suscitatasi intorno agli articoli del Don Marzio e troverebbe assai più confacente agli scopi, che gli interessi politici e commerciali dell'Italia e della Francia designano, una castigata spiegazione fra i due Paesi. Le disposizioni per un conveniente assetto della questione commerciale italo-tunisina sono qui tuttora favorevoli, e se ne prenderebbe la iniziativa dopo che delle comunicazioni relative alla denunzia del trattato, si fosse da parte nostra accusato ricevuta. Ritengo si desideri evitare la discussione politica; ci si domanda: nè di proclamare l'esistenza del Trattato del Bardo, n è di negare l'esistenza dello stato di cose stabilito in Tunisia, che praticamente ammettiamo in fatto, quando ci indirizziamo al presidente francese, come ministro del bey, quando sappiamo che le condanne a morte degli italiani sono commutate dal presidente della Repubblica. Il signor Hanotaux mi domandò oggi se io avessi notato la polemica dei giornali, la quale agitando l'opinione pubblica non facilita il modo di risolvere le difficoltà, e, se io non credessi al pari di lui che sarebbe assai meglio che i due Governi si accostassero e parlassero insieme di quest'interesse. Risposi che dopo le riserve da me espresseglil, io nulla aveva più saputo delle idee del Governo, e che dovevo interpretare il silenzio come l'espressione del desiderio che non avessi ad interloquire qui intorno a questi affari. Raccomando però all'attenzione del Governo di Sua Maestà ciò che ritengo potere dire circa gli intendimenti conciliativi dei quali finora il ministro francese si dimostra animato; debbo aggiungere che il Parlamento qui di solito si riunisce verso la metà d'ottobre e che se è nell'intenzione del Governo di non suscitare un incidente politico malagevole a risolversi, sarebbe meglio non aspettare che le discussioni parlamentari vengano ad accrescere le difficoltà di una spinosa vertenza.

296

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAISSA, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, SALVAGO RAGGI

T. 1601. Roma, 12 settembre 1895, ore 17,50.

Spedite istruzioni Ras Casar1 . Cionondimeno sospenda trattative con codesta agenzia britannica e attenda lettera generale Baratieri che si metterà corrispondenza con Sirdar 2•

2 Cfr. il seguente passo di una lettera di Salvago Raggi a Pansa del 21 settembre (Carte Pansa): <<La mia speranza che il generale Baratieri si fermasse è andata in fumo. Qui tutti lo credevano tanto che il Sirdar mi telegrafò di pregare il generale di andare ad alloggiare da lui. Invece seppi da Siciliani -reggente a Por! Said -che il generale passò senza fermarsi. Io dal 12 ho un telegramma da Roma che mi dice di sospendere ogni trattativa per la delimitazione giacché Baratieri tratterà direttamente col Sirdar. Questi venne da me a dirmi che era dolentissimo di non aver visto il generale perché voleva dirgli che era spiacente di queste stiracchiature e lungaggini per la penosa impressione che fanno. 'Tanto noi inglesi che voi italiani, mi disse, vogliamo essere d'accordo per cose ben più serie che non il delimitare da Ras Casar al Barka e se non abbiamo combinato niente si è per le esitazioni del mio Governo. Non è il modo di deciderlo quello di far vedere a Londra che non possiamo metterei d'accordo su una questione di 50 krn. quadrati. Certo a Londra diranno che non è possibile far qualcosa di serio insieme quando vedranno che cominciamo a bisticciarci per delle piccolezze'».

295 1 Cfr. n. 286. 296 1 Cfr. n. 293.

297

IL REGGENTE IL GOVERNO DELL'ERITREA, ARIMONDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

T. 1637. Massaua, 13 settembre 1895, ore 3,20 (per. ore 15,10).

Nerazzini telegrafa Menelik chiamò Makonnen Entotto con truppe per muovere fine mese corrente contro noi. Makonnen propose Menelik far pace basata attuali occupazioni nostre 2 . Attende risposta Harar. Nerazzini chiede istruzioni caso Makonnen gli faccia proposte.

298

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 3136/865. Parigi, 13 settembre 1895 (per. il 16).

Stimo meritevole di attenzione un articolo recentemente comparso nella Revue du commerce extérieur circa il ristabilimento fra l'Italia e la Francia di un trattato di commercio.

La premessa dell'articolo, che la cessazione del regime convenzionale fra i due Paesi ebbe carattere di un fatto politico, è qui generalmente ammessa anche da coloro che in questa materia dovrebbero avere la maggiore competenza. Nè fa meraviglia che l'autore dell'articolo ripeta la leggenda che l'interruzione di quel regime sia stata l'opera del primo Ministero presieduto da S.E. Crispi. Malgrado le numerose e frequenti smentite, anche questa è una credenza radicata con singolare tenacità in Francia. Segnalo la pubblicazione della Revue du commerce extérieur non per il merito della esattezza di ciò che essa contiene, ma perché se ne può avere norma per conoscere ciò che qui pensano le persone che si occupano della questione dei rapporti commerciali francoitaliani. Vi sono certamente fra queste delle eccezioni. Non manca anche fra i francesi chi meglio di così conosce e giudica le cose; ma la corrente generale dell'opinione in Francia è tutt'ora fatta nel senso e sovra le nozioni che sono esposte nell'articolo sovrariferito, e finché questa opinione non si modifichi, bisogna avere presente che l'opera di coloro che si accingessero ad introdurre un mutamento sostanziale nei rapporti commerciali franco-italiani, rischierebbere di andare ad infrangersi contro il cumulo di preconcetti, di erronei e di falsi giudizi che hanno tutt'ora corso in Francia.

2 Sull'atteggiamento di Makonnen aveva riferito anche Felter con R. riservato 101/39 del 30 agosto, non pubblicato.

297 1 Ed. in LV 92, p. 100 e in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 181.

299

IL REGGENTE IL GOVERNO DELL'ERITREA, ARIMONDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 2889. Asmara, 13 settembre 1895 (per. il 27).

Sono giunti i 250 esemplari della memoria relativa alle differenze esistenti fra la religione etiopica e la moscovita. Invio ad Aden, Assab ed Harar il numero di esemplari indicatomi dalla E.V. con relative istruzioni 1 , e gli altri faccio distribuire fra i comandi ed uffici della Colonia perché sia data alla memoria come desidera l'E.V. la più ampia diffusione.

In seguito alle nostre insistenze l'ecceghiè Teofilo si è indotto a fare egli stesso sul mercato di Adua un bando, di cui trasmetto copia 2 , intorno ai pericoli che per opera di Menelik e della Russia sta correndo la religione copta. In Adua il bando dell' ecceghiè produsse ottimo effetto. Il bando fu fatto ripetere in tutte le chiese del territorio da noi dipendente e si procurerà di diffonderlo il più possibile anche oltre confine.

Credo però di dover segnalare all'E.V. che per ora la questione religiosa lascia piuttosto indifferenti capi e clero, i quali non si scuoteranno se non quando effettivamente per parte della Russia si faranno nell'Etiopia stessa degli atti che più non lascino dubbio sulle intenzioni dei moscoviti di acquistare col mutamento di religione influenza politica perché solo allora il clero si preoccuperà oltre che dei danni morali, anche di quelli materiali che deriverebbero alle chiese ed ai conventi oggi dominatori assoluti in Abissinia.

300

COLLOQUIO FRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, IL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI, IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, E IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

APPUNTO. Napoli, 14 settembre 1895.

l) Bilancio 1895-96. Si concedono tre milioni oltre i 10.000.000 che già figurano nel bilancio di previsione. 2) Libertà di azione al governatore ... fino ad An tal o.

299 1 Cfr. n. 283, nota l. 2 Non si pubblica.

301

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAISSA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, BOLLATI

D. RISERVATISSIMO 39779/485. Roma, 14 settembre 1895.

In risposta al rapporto 17 agosto 1895 n. 1924/8121 autorizzo Vossignoria a dichiarare al signor Margaritu 2 che il R. Governo accetta le sue proposte, eccezione fatta per la scuola commerciale da istituirsi a Salonicco.

Riguardo a questa converrà che ella inviti il signor Margaritu a studiare se, affine di evitare una inutile dispersione di forze, non gli convenga invece di valersi per i suoi fini degli importanti istituti d'istruzione che il R. Governo mantiene in quella città, sottoponendoci anche quelle modificazioni che egli ritenesse necessarie all'uopo.

Per ciò che riguarda i sei giovani da inviare in Italia, si troverà il modo di soddisfare i desideri del signor Margaritu; ma importa che questi giovani non conoscano la provenienza del denaro col quale essi faranno fronte alla spesa del loro soggiorno in Italia; ché altrimenti non si eviteranno le indiscrezioni, le polemiche che, più ancora che al signor Margaritu, a noi preme per ora d'evitare 2 .

302

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, BOLLATI

D. 39822/490. Roma, 16 settembre 1895.

Richiamo l'attenzione della S. V. sul rapporto che in data del 20 agosto le ha spedito il reggente il r. consolato a Gerusalemme1 relativamente alla questione di protezione italiana sulle comunità etiopiche in quella città.

Risulta da quel rapporto che, secondo lettere pervenute dallo Scioa ai capi del convento del sultano, Menelik avrebbe richiesto il Governo russo di assumere la protezione dei sudditi abissini in Turchia 2 e avrebbe intenzione di mandare di nuovo come capo degl'istituti etiopici in Palestina Mehmer Wolda Samaut (Abba Ghirghis) noto per i suoi sentimenti russofili.

2 Cfr. sulla figura di Margaritu il severo giudizio di Millelire (R. 233/97 del 2 novembre): <<La propaganda fra i valacchi puri fu tentata con esito infelice dall'avventuriero Apostolo Margaritu; costui, valacco di Macedonia, tentò questa propaganda a nome della Rumania non per spirito di patriottismo, ma piuttosto per scopo di lucro e per crearsi una posizione della quale andava in cerca con mezzi leciti ed illeciti da molto tempo. Io sospetto che il Margaritu, d'accordo cogli agenti austriaci, profittando della circostanza che il compianto commendator Catalani era parente di un principe rumeno, toccando la sua corda patriottica, non abbia carpita la sua buona fede>>. 302 1 Non pubblicato; ma cfr. n. 269.

2 Con R. confidenziale 219/73 del 30 ottobre il reggente il consolato a Gerusalemme, Bernabei, comunicò: << .. .la Russia si sarebbe rifiutata di assumere la protezione degli interessi abissini in Turchia, pretestando aver essa altre difficoltà a sciogliere riguardo ai luoghi santi>>.

Desidero che la S.V., tenendo presente l'attuale nostra situazione di fatto e di diritto nella questione del monastero di Deir-es-Sultan, ricordi, in via del tutto privata ed amichevole, nel modo e nel tempo che crederà più opportuni, a codesto ministro degli affari esteri il dovere della Porta di non crearci imbarazzi e di non turbare a nostro danno lo statu quo per quanto si riferisce alla questione di protezione italiana sulle comunità etiopiche in Palestina.

Ella non ignora che i monaci abissini cattolici ed il gruppo scioano di quelli scismatici hanno formalmente riconosciuta la protezione italiana; rimarrebbe da guadagnarsi alla nostra causa il gruppo tigrino dissidente. A tale intento ho impartito speciali istruzioni al r. consolato a Gerusalemme e gli ho inviato il sunto qui unito di un recentissimo proclama dell'ecceghié Teofilo, capo temporale e disciplinare del clero etiopico perché se ne valga presso i monaci abissinP.

301 1 Cfr. n. 275.

303

IL DOTTOR NERAZZINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 5. Zeila, 16 settembre 1895 (per. il 5 ottobre).

Fino dai primi colloqui avuti in Aden con quelle autorità inglesi, mi feci un concetto preventivo sul contegno che si sarebbe assunto in Zeila a mio riguardo, concetto che esposi a V.E. con rapporto da Aden1 , e che non ho ragione di modificare, essendo stato pienamente confermato al mio arrivo sul luogo.

La mia condizione di privato fu in Zeila presa talmente alla lettera, che allo sbarco nel porto ebbi tutte le vessazioni e fiscalità doganali compatibili con un viaggiatore qualsiasi e sconosciuto: ciò che nulla mi avrebbe interessato personalmente se questo contegno così diverso dal solito, anche nelle più elementari consuetudini applicate ad un europeo che sbarca ad ora tarda in un porto dove non esistono nè alberghi nè ricoveri di sorta, non avessi temuto che potesse essere rilevato dagl'indigeni; e ciò a detrimento di quel prestigio e di quella sembianza di accordo, che assolutamente necessita far credere a tutti, e dimostrare che realmente vi sia.

Ed a complemento di questa attitudine fui anche richiesto di sottoscrivere una dichiarazione colla quale assicuravo che i 6 fucili Wetherly e due da caccia, di mia proprietà, erano per uso mio personale, e non per essere passati nelle mani degl'indigeni. Non mi parve opportuno suscitare il minimo incidente su ciò: soltanto nella visita fatta a questo residente, immediatamente dopo il mio arrivo, misi subito in scherzo la dichiarazione richiestami, rallegrandomi con lui di tutte le pratiche che sapeva escogitare per darmi in tutta l'estensione del termine la qualifica di privato.

l'agenzia in Egitto, di indurre il patriarcato copto di Alessandria a scomunicare Menelik. 303 1 R. 2 del 3 settembre, non pubblicato.

Il residente mi affermò allora che egli aveva ordine di considerarmi come tale, che era dolente di non poter far nulla di speciale per me, e che ufficialmente non poteva stabilirsi fra noi uno scambio di rapporti qualsiasi.

Ritenendo allora che della mia doppia posizione in Zeila, privata e confidenziale, preventivamente accettata dal Governo di Londra, rimanesse soltanto nella più completa rigidezza la forma privata restando esclusa la confidenziale, aspettai alcuni giorni per poi dimandare a questo residente in modo esplicito quali erano le istruzioni precise che aveva ricevuto a mio riguardo dal residente di Aden, onde io potessi riferirne al mio Governo.

Egli allora mi confermò che aveva istruzioni di considerarmi come privato, ma eziandio di aiutarmi per conseguire lo scopo per il quale ero venuto in Zeila. Gli feci immediatamente riflettere che tali parole significavano anche potermi dare in via confidenziale qualche informazione su ciò che avveniva nell'interno e che interessasse la politica italiana: nè il residente potè negarlo, ma soggiunse subito che egli in genere aveva pochissime informazioni dall'interno, e forse meno importanti di quelle che io stesso ero in grado di ottenere coi mezzi di cui posso disporre.

Così stando le cose, non ho creduto d'insistere sull'argomento, tanto più che conosco per prova come in Zeila il servizio d'informazioni fatto dal Governo inglese sia trascurato, ciò che ripetutamente ho avuto luogo di far notare nei miei rapporti al ministero.

Mi permetta ora l'E.V. alcune considerazioni generali, che possono servire di commento a questo stato speciale di fatti.

Il Governo delle Indie da cui Zeila e Aden dipendono, che si regge con una completa autonomia amministrativa, rappresenta come una specie di sub-affitto degl'interessi politici e commerciali inglesi. Nell'andamento di questa amministrazione rimane ancora come forma tradizionale il metodo di governo dell'antica Compagnia, informato al più stretto interesse locale, al gretto egoismo di conseguire vantaggi materiali, e al timore di vederli contrastati o diminuiti per qualsiasi intervento eterogeneo. Nei primi anni della nostra occupazione di Assab avemmo dalle autorità locali di Aden prove continue di poco gradimento al nostro vicinato, asteggiandosi in ogni maniera il progredire della nostra piccola colonia con mezzi anche non leciti, quali il volere impedire la partenza di operai e di materiali da costruzione da Aden per Assab. La tradizione si mantiene inalterata, e si spiegano così tutte quelle multiple difficoltà che il nostro Governo ha incontrato finora quando ha cercato di risolvere la questione di Zeila. Zeila, che gl'inglesi tengono per puro spirito di tenere, ma non perché essi possano annettere a Zeila un valore effettivo, non avendo, oltre a Zeila un hinterland che possa interessarli e che quindi abbiano il dovere di tutelare.

Quando ragioni di politica generale varranno a persuadere il Governo di Londra a fare della cessione di Zeila all'Italia una questione di pura politica internazionale, allora la questione di Zeila si risolverà con o senza l'assentimento del Governo di Bombay.

In attesa di ciò, credo che convenga tutelare i nostri interessi in Zeila senza troppo dimandare, quale amichevole concessione, quello che in qualche modo ci spetta come Potenza che ha un hinterland oltre Zeila consentito dal protocollo anglo-italiano del maggio 1894, e di cui le autorità locali ignorano l'esistenza.

Il precipuo scopo da attenersi subito colla presenza di un funzionario italiano in Zeila, è quello di estrinsecare un'azione di minacciosa sorveglianza verso l'Harar. Il rapporto del cavalier Felter in data 8 settembre 2 basta per far rilevare a V. E. quale effetto abbia prodotto sulle decisioni di ras Makonnen la sola voce corsa della presenza di una nostra nave sulle acque di Zeila. Vedremo cosa succede quando saprà il resto.

Se prevarrà il concetto della guerra e se ras Makonnen dovrà partire dall'Harar per lo Scioa con tutte le truppe per rinforzare Menelik in una eventuale campagna contro il Tigrè, allora tutta l'azione si concentra nel nord dell'Etiopia, e dalla rada di Zeila non si può altrimenti esercitare influenza di sorta: ma se ras Makonnen, indeciso ed incerto, temporeggia e rimane in Harar, allora è necessario senz'altro che una nave nostra stazioni nelle acque di Zeila, non preoccupandosi se ciò possa essere o no di gradimento alle autorità inglesi locali.

Mi permetto, Eccellenza, di ripetere anche una volta che non sarà mai col consenso e colla persuasione delle autorità dipendenti dal Governo delle Indie, che noi potremo risolvere favorevolmente la questione di Zeila.

302 3 Con D. riservatissimo 39387/242 del 21 settembre furono date istruzioni a Salvago Raggi, reggente

304

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1660. Parigi, 18 settembre 1895, ore 13,20 (per. ore 16,35).

Principe di Lobanow, che si trova Contrexeville per cura, ha accettato assistere grande rivista esercito francese che sarà passata 19 corrente dal presidente della Repubblica accompagnato presidente Consiglio e dal ministro degli affari esteri. Sebbene Contrexeville si trovi a molta prossimità campo rivista, il fatto è molto commentato, e per certo sarebbe puerile nasconderne importanza, principalmente se lo si considera in relazione col viaggio cancelliere tedesco Pietroburgo durante la presenza imperatore d'Austria-Ungheria manovre Stettino.

305

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO 1

CIRCOLARE. Roma, 20 settembre 1895.

Il Governo italiano, lasciando al Parlamento l'iniziativa di statuire che fosse riconosciuto ufficialmente alla data del 20 settembre quel carattere di festa civile che essa aveva assunto sin dal 1870, e sempre poi conservato in tutta Italia, ha voluto che

305 1 Così il titolo. Si tratta di una minuta a stampa con ampie correzioni di mano di Blanc, la cui spedi zione è però incerta. Cfr. in proposito E. SERRA, La questione tunisina da Crispi a Rudini ed il «colpo di timone>> alla politica estera dell'Italia, Milano, Giuffrè, 1967, pp. 205-206.

risultasse chiaramente la spontaneità popolare di una deliberazione, la quale non faceva che dare sanzione legislativa alla espressione costante ed unanime del sentimento nazionale. E, approvata la proposta dalla grande maggioranza delle due Camere, dopo una discussione in cui si chiarivano nobilmente i patriottici sensi anche di alcuni oppositori, il Governo ha sottoposto con sicura coscienza la legge alla maestà di quel re, che -sempre, quando occorra, fedele e sintetico interprete dell'anima italiana -già aveva definito Roma intangibile, e, di recente, chiamando gli eletti dai popolari comizi a un fecondo lavoro, evocava il giubileo della al fin raggiunta unità.

Perché l'indipendenza italiana e la unificazione dell'Italia politica possano essere considerate aver mantenuto la promessa di essere in Europa una garanzia della pace, per volontà concorde di re, di Governo e di popolo, occorreva che fosse costituita l'Italia in Potenza militarmente efficace; così solamente poteva venir meno negli altri Stati la dannosa tentazione della sua conquista, fomentatrice di guerre dieci volte secolari.

Sicché oggi l'Italia non si compiace soltanto di una sua festa nazionale, né solo si vanta d'aver saputo finalmente, con senno garante di stabilità, dare forma di Stato all'ideale dei tempi; ma, insieme, di possedere, anche a questo solenne proposito, il fausto privilegio che delle sue gioie possano compiacersi insieme quanti hanno equità nell'animo, fede nell'avvenire del progresso umano.

Questa fu, fin dall'inizio del nostro risorgimento, la ragione prima del nostro successo, insieme all'eroismo ed allo spirito di sacrificio; questa è la ragione che fa bella la glorificazione dell'opera nazionale, a un quarto di secolo dal suo compimento.

Il 20 settembre fu la liberazione del Papato, insieme, e di Roma. E, infatti, mentre la legge detta delle guarentigie, pone la persona del sommo pontefice e le sue attribuzioni all'infuori e al disopra della legge comune, riconoscendogli una sovranità di cui non vi ha in terra né la maggiore, né l'uguale, dotandolo non solo dei mezzi di esercitarla, ma dandogli anche, quando egli lo voglia, la possibilità di farne visibile pompa; non vi fu più, né vi è pel Papato la possibilità di subire forza di legge interna o internazionale, mentre non solo colla gerarchia a lui sottoposta, ma anche colla diplomazia sua, gli rimane il potere di suscitar conflitti coi poteri civili e politici degli altri Stati, prendere parte non dissimulata negli aggruppamenti di alleanze, ed assumere i vantaggi offertivi senza i rischi della parte di pretendente militante ad acquisti territoriali.

Se alcuni anni or sono, un Governo amico poté accennare alle gravi responsabilità che incontrava l'Italia nell'assicurare l'impunità ad atti d'ostilità del Papato contro di lui, simile ostilità non esiste più per parte del Vaticano se non contro l'Italia sola, contro il solo Governo italiano e per la ragione stessa dei benefici che al Vaticano stesso son derivati! Né son valsi a distornerlo la saggezza personale di un pontefice illuminato; il suo senso dei tempi, la sua coscienza che la grandezza del Papato deve ormai solo consistere nella cura dell'anima delle cose; il suo studio e la sua preoccupazione dei nuovi problemi condotti al punto da volere inaugurare un socialismo di Chiesa, come altrove si tentò un socialismo di Stato; la mente larga e comprensiva, per cui egli cerca abbracciare e stringere, in una sola opera sua, in un solo loro ossequio, le genti più varie e lontane, e comporre tutte quante le dissidenze religiose. Non è valsa tutta quest'azione, di cui può dirsi non si vide mai la maggiore dopo Ildebrando; non ne son valsi gli effetti efficaci, a convincere la Curia della vanità e del pericolo di una lotta che, quando accennasse anche soltanto lontanamente al successo, riuscirebbe funesta al Papato non solo, ma alla Chiesa medesima, e piomberebbe il Vaticano in tali imbarazzi, che non saprebbe uscirne senza rovina dell'apostolato religioso e delle sue stesse speranze politiche.

Ed è così che, dall'alto della gerarchia ecclesiastica come dall'imo della milizia politica vaticana, la diurna battaglia si combatte e con la parola e con le opere, in tutti i gradi, in tutti i modi; e, mentre all'interno, persino qualcuno di quei principi della Chiesa ai quali sarebbe assegnato dalla legge un posto così elevato nella vita pubblica italiana, crede poter spingersi tranquillamente sino a promettere la pace fra il Papato e l'Italia, purché questa tradisca i suoi doveri verso la Monarchia redentrice, e si adagi a Repubblica; in questo ed in ogni altro senso si prosegue la propaganda all'estero contro le istituzioni che l'Italia liberamente si è data e alle quali deve l'essere suo, e si tenta di compromettere, non solo partiti, ma Governi, ed alto in tutto il mondo si fa risuonare il grido di guerra.

L'Italia non ha raccolto quel grido, ed alla guerra non ha opposto né armi né freno. Illimitata è qui rimasta, come in nessun altro Stato, la libertà spirituale del pontefice, altrove contenuta, o da concordati o da saltuarie rappresaglie; intatta è rimasta la sua sovranità, non religiosa soltanto, e un doppio ordine di rappresentanze diplomatiche, vaticana all'estero, estera in Vaticano, ne è espressione e strumento; e, mentre alle iniziative pontificie è sempre aperta ogni via, sicché esse si esercitano in ogni campo della vita politica e sociale in ogni Paese, e il prestigio anche politico della istituzione non urta nel suo corso ascendente contro nessun ostacolo italiano, si è liberamente lasciato all'interno che il Vaticano penetrasse nelle amministrazioni locali; e da esso soltanto dipende il penetrare, coi suoi rappresentanti, nelle stesse assemblee parlamentari, e il tentar così di deviare l'indirizzo naturale della vita nazionale.

Questa calma, che ha potuto sembrare ed anche essere inerzia, è stata suggerita all'Italia, anzitutto dalla coscienza di quella forza, che essa deduce e trae dal proprio diritto.

Da questa politica, che forma ormai la nuova tradizione nazionale verso il romano Pontificato, non ha certo volontà di allontanarsi il Governo del re -vuole anzi ora allontanarsi meno che mai. Ma il Governo italiano può chiedersi se esso abbia, come verso il papa ed il Papato, sempre adempiuto, di fronte ad essi, ai suoi doveri verso sé, verso l'integrità inalienabile della sovranità nazionale, verso la sicurezza interna ed esterna della quale è responsabile davanti al Paese.

A ciò, chiunque lo rappresentasse al potere non potrebbe oggi con certezza dare affermativa risposta. Si è forse troppo presunto dalla spirituale virtù spontanea di un Paese, che, troppo premuto da urgenti e molteplici necessità politiche e materiali, non poteva da solo dirigersi nella via delle certezze superiori, delle sublimi incertezze. Ai progressi della scienza -mirabili non meno in Italia che altrove -non ha forse interamente e praticamente corrisposto l'intento di volgerli ad educazione ideale delle masse. La naturale virtù di un popolo, che è tra i più felicemente dotati, quell'istinto dell'amor patrio che fu in esso la stessa natura, ed è ancora, sempre, ad onta della nuova propaganda sovvertitrice, hanno supplito alle deficenze che han potuto avvertirsi a questo proposito nell'azione governativa. Ma, là ove veramente il popolo italiano ha visto, e senza rimedio, noncurate le sue aspirazioni e le sue iniziative, fu quando fece appello ad un sacerdozio che non fosse in ira alla patria, in contraddizione con essa.

Né in quelle aspirazioni e in quelle iniziative, il popolo italiano contraddiceva alla religione dei padri, e mirava a scismi, che oggi sarebbero un anacronismo. Più elevato e più semplice, più pratico e più efficace esso sentiva che gli sarebbe bastato allo scopo il tornare alle origini, essendo in quelle origini bene soltanto ed amore; e, senza suggestione come senza comando, per semplice effetto di una inspirazione spontanea, pensò di estendere a tutta Italia l'uso conservatosi in parte di essa, di scegliersi dai credenti i propri pastori, come la Chiesa stessa un tempo dettava, e come né oggi, né mai, glie ne può togliere il diritto; pastori, umili come esso, dai quali gli venisse un linguaggio tale da poter essere compreso e seguito; che lasciasse in pace la sua coscienza, fra il desiderio della vita futura e il compimento dei presenti doveri terreni; che ristabilisse infine quell'alleanza fra la religione e la patria, la quale già fu l'essenza della vita italiana, ed alla quale noi dobbiamo le glorie nostre più belle e più pure, da quella della libertà a quella dell'arte.

Or, non intende certamente il Governo del re, farsi, contro alla guerra dichiaratagli dalla Curia, promotore di una riforma ecclesiastica. Ma può venire per esso la necessità di considerare se gli convenga trascurar sempre quella parte dei suoi doveri verso la società italiana, nel cui compimento può anche trovare mezzo di difesa contro quanti negano oggi patria e istituzioni, famiglia e società. E può essere indotto a considerare tale necessità, tanto più tranquillamente, che quella parte della legge delle guarentigie la quale non fu ancora da esso applicata, gli darebbe, oltre il dritto scritto e sancito, i mezzi materiali di provvedere alle esigenze pratiche di quei doveri, e alla sorte di quanti divenissero elementi della loro applicazione.

Ma ciò può essere studio di un avvenire più o meno prossimo, a seconda che sarà più o meno imposto dalle circostanze.

303 2 R. 103/40, non pubblicato.

306

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 3235/880. Parigi, 20 settembre 1895 (per. il 25).

La affermazione della esistenza di una alleanza fra la Francia e la Russia, pronunciata dai ministri Ribot e Hanotaux durante l'ultima sessione parlamentare e non contraddetta dalla cancelleria di Pietroburgo, è confermata da quest'ultima nelle manifestazioni di una ostentata intimità e di una fratellanza militare che apparisce tanto più singolare, se si pensa non essersi gli eserciti dei due Paesi incontrati mai altrimenti che come nemici sui campi di battaglia. Nel mio carteggio registrai parecchi fatti i quali considerati isolatamente sembrano avere poco più che un'importanza di cronaca, ma che nel loro insieme costituiscono una condizione di cose nuova, la quale non può essere dimenticata.

Dacché infatti la Francia poté affermare pubblicamente di essere sortita dallo isolamento, la posizione sua nel concerto europeo si andò rapidamente modificando a tutto suo vantaggio. Se questa non è completamente restaurata, è in buona via per esserlo e di essa già si sentono gli effetti nelle maggiori quistioni d'interesse generale, agitatesi negli ultimi mesi. L'azione del Gabinetto di Parigi va acquistando un carattere che da venticinque anni essa avea perduto in grazia di una politica di corta vista che, preponendo ad ogni altro il suo intento speciale, toglieva alla Francia il posto che tuttavia le spetta nel concerto degli interessi generali delle Grandi Potenze. Benché nessuno pensi che i francesi abbiano rinunciato alle idee di rivendicazione territoriale, l'obbiettivo della azione diplomatica della Francia è visibilmente mutato. Questo mutamento è la naturale conseguenza dell'intesa franco-russa e l'atteggiamento de' vari Governi in riguardo a quello della Repubblica deve avere persuaso quest'ultimo che della nuova situazione ora trattasi di ricavare il migliore partito. Questo stato di cose ha determinato la minore tensione dei rapporti con la Germania, preparata già dalla persuasione che ormai è trascorso il tempo in cui l'intimidazione colle armi avrebbe potuto fermare od impedire la ricostituzione della potenza francese.

Delle congetture di ciò che l'avvenire riserva non è compito mio di scrivere a

V.E. Neppure mi arrogherei di chiamare l'attenzione del Governo di Sua Maestà sovra cose che toccano all'indirizzo della politica estera di altri Paesi, se non mi occorresse di informarlo della opinione che qui se ne ha e che costituisce un non trascurabile elemento della presente posizione della Francia.

Questo Paese attualmente si acquieta nella parte che nelle alleanze spetta a chi è relativamente il meno potente. Ma l'indole della Nazione non muta e questa si ribella ad ogni subordinazione. Non mi sembrerebbe pertanto infondata la supposizione che questa sarà per durare soltanto finché al Gabinetto di Parigi si presenterà il destro di rendere necessaria la sua cooperazione alla Russia. Finché la parte direttiva della alleanza non passerà alla Francia, questa non potrà rivolgerla al conseguimento dei suoi fini.

Fin d'ora però dalla nuova sua posizione questo Paese acquista una sicurezza di sé che prima non avea. La stessa moderazione di forma che il Gabinetto di Parigi affetta nella trattativa di questioni d'interesse particolare, ne è sintomo significativo. Sono apparenze queste che stanno alla superficie delle cose e non converrebbe illudersi che esse indichino il desiderio di appia~are anche a costo di sacrifizi le difficoltà che quelle questioni creano. Sarà meglio l'avere preveduto che la diplomazia francese darà prove di fermezza e tenacità dalle quali sarà reso penoso e difficile l'esito di qualunque negoziato speciale.

È di manifesta evidenza che all'arte che spiegherà la diplomazia francese per levare ogni carattere d'interesse generale alle questioni che le importa trattare separatamente con i singoli Governi, questi avrebbero un mezzo efficace di togliere ogni probabilità di riuscita se ciascuno di essi non sembrasse timidamente isolarsi e rifuggire dallo impegnarsi dove un interesse vitale proprio non corre immediato e diretto pericolo. Non è da augurarsi a noi che di tale politica altri abbiano a pentirsi o prima

o poi. Ma penso che da noi se ne debba tenere conto. E finché le cose stanno come a me pare di vederle chiaramente, esse c'impongono delle considerazioni che, appena pochi mesi or sono, non avrebbero avuto fondamento.

Noi abbiamo con la Francia tre principali questioni aperte. Quella della delimitazione di Obock alla quale si connette il tacito riconoscimento della posizione nostra in Etiopia; quella delle relazioni di commercio e di navigazione e finalmente quella che la denuncia del trattato italo-tunisino ha fatto rinascere. Ignoro se e fino a qual punto può essere riuscito alla diplomazia francese di assicurarsi che nelle tre vertenze essa ci troverà soli a trattare. Non vorrei neppure che le osservazioni che io ho fatte in questo rapporto venissero interpretate in senso tale da mettere in dubbio le disposizioni favorevoli ad accordi speciali con noi del signor Hanotaux. Non può essere dubbio il desiderio suo di risolvere una ad una le difficoltà internazionali del suo Paese. Mi spingo anzi fino a ritenere che egli possa desiderare specialmente l'appianamento delle divergenze con l'Italia ed un prossimo rivolgimento nelle correnti della pubblica opinione francese che renda possibile il risolverle. Ma questa mia opinione si fonda principalmente sovra la persuasione che questo ministro degli affari esteri indirizzi ormai tutta l'opera propria a riconquistare alla Francia la pienezza della posizione sua di Grande Potenza. Nei successi parziali della sua politica egli cercà il completamento di quanto per opera di lui già fu conseguito.

A me non spetta di esprimere un parere, non richiesto, circa le conseguenze che dalla condizione di cose che osservo potrebbero derivare anche nella scelta di un indirizzo nostro nei rapporti con il Governo della Repubblica. Mi preme soltanto di segnalare in tempo ciò che determina la posizione presente della Francia e quella che essa va rapidamente riacquistando nel concerto europeo.

307

IL DOITOR NERAZZINI AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTEITORATI, LEVI

L. PERSONALE. Zeila, 21 settembre 1895.

Siamo alla così detta guerra grossa, che così chiamavo nella mia relazione dopo l'occupazione di Adua e di Axum. Le proposte di Makonnen1 non sono state accettate. Oggi stesso (21) partono da Harar i quattro it~iani ivi residenti cioè Felter, Rosa, Ricci e un cameriere di Felter, spero che verranno bene e senza incidenti fino alla costa: ma sarebbe stato bene che in questo momento una nostra nave da guerra fosse rimasta in Zeila.

Temo che il Governo inglese, richiesto dal console francese di Aden sulla natura della mia presenza in Zeila, per evitare imbarazzi, abbia risposto che io ero qui in forma affatto privata ed innocua: dico questo perché mi consta che a Makonnen, molto impressionato da prima sulla mia venuta in Zeila, siena poi arrivati da Gibuti commenti e schiarimenti confortanti. In questo caso il Governo inglese, per evitare imbarazzi a sé, non ci avrebbe recato un buon servizio.

Mi si scrive da Harar da persona degna di fede che le truppe che Makonnen può mandare allo Scioa non superano i cinquemila. Di più, mentre al residente di Zeila si assicura che Harar rimarrà in consegna ali' antico emiro Abdullahi (quello che fece massacrare la spedizione Porro) a me si scrive che rimarrà in Harar con parte di truppe il garasmac Wolde Emanuel. Credo più alla mia versione, che non mi viene dalla parte di Felter, ma da un'altra via mia particolare. Mi raccomando, signor commen

datore, che a Massaua sieno bene preparati, perché se Menelik muove contro il Tigré verrà grosso di truppe e vorrà giuocare l'ultima carta. Bisogna esserci preparati. Era logico che l'occupazione di Adua e di Axum doveva far muovere Menelik, a meno che non fosse stato una pecora.

Non ho ancora ricevuto nessuna lettera né privata, né di ufficio: solo le cattive notizie arrivano presto, e lei sa quale disgrazia e quale sventura mi sia capitata appena arrivato in Zeila 2 .

Si accerti, caro commendatore, che ho sofferto tanto e poi tanto. Il sentimento del dovere mi dà coraggio e mi rende più forte contro i colpi della sventura.

Veda che per nessuna ragione il generale Arimondi possa essere rimosso dal campo dell'azione: si assicuri che le truppe nostre hanno una grande fiducia in lui: più non posso dirle per sentimento di delicatezza, ma lei mi comprende di volo.

La prego dei miei ossequi per S.E. e di tanti affettuosi saluti al generale Dal Verme, quando lo vede. Credo necessario, almeno per i primi giorni, che io debba pensare all'ospitalità di quegli italiani che vengono dall'Harar. Mi si assicura che l'ingegner Capucci sarà fatto partire per la costa dopo la festa del Mascal. Tanti saluti al cavalier Agnesa e al capitano Perini: mi scriva, quando può, e mi conservi l'amicizia di cui mi onora.

307 1 Cfr. n. 297.

308

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 39392/834. Roma, 22 settembre 1895.

Ho ricevuto il suo rapporto dell'H settembre, n. 3120/8601 , con cui V.E. richiama la mia attenzione sopra un telegramma dell'agenzia Havas, secondo il quale il capitano Persico promuoverebbe un movimento nei danakil contro il mezzogiorno dell'Etiopia, e fornirebbe d'armi quelle popolazioni persino entro il territorio della Colonia francese d'Obock.

Tengo ad informar subito l'E.V. che l'azione del capitano Persico non si svolge al di là dei confini del nostro protettorato, né eccede i limiti delle legittime attribuzioni di quell'ufficiale.

A questo proposito ricordo e confermo a V.E. il mio telegramma del 29 aprile 2 , in cui le dicevo che nessun transito d'armi era permesso per Assab, se non per armamento regolare d'indigeni nella sfera di protettorato e d'influenza italiana, per la difesa nostra e loro, contro Menelik.

Di quanto precede ella potrà liberamente servirsi con cotesto signor ministro per gli affari esteri, nell'eventualità, da lei accennatami come probabile, che egli la intrattenga delle notizie pubblicate dall'Havas, notizie di cui è evidente il carattere tendenzioso.

307 2 Allude a un lutto familiare. 308 1 Non pubblicato. 2 Cfr. n. 76.

309

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 1245/5131 . Berlino, 22 settembre 1895 (per. il 26).

Il cambiamento di Governo in Inghilterra, il linguaggio di certi giornali tedeschi e inglesi, le vicende balcaniche, il flirt franco-russo, le visite del cancelliere di Germania a Ischl e a Pietroburgo, le rivalità coloniali e altri simili fatti hanno dato luogo ad apprezzamenti, a congetture, a giudizii sulle tendenze di questa o quella Potenza, di cui non disconosco il valore, ma che importa esaminare più da vicino colla scorta dei dati di fatto.

Si volle segnatamente, e di ciò è mio dovere anzitutto occuparmi, attribuire alla Germania l'intenzione di fare sistematicamente una politica ostile all'Inghilterra con danno degli interessi nostri, di cercare di procedere d'accordo colla Russia e colla Francia per abbandonare noi, fors'anche l'Austria-Ungheria, alla nostra sorte.

È fuor di dubbio che S.M. l'Imperatore Guglielmo ha sperato, alla morte dello czar Alessandro, di aver la Russia, governata dal giovane nuovo czar, in sua mano; e nulla ha trascurato di poi per raggiungere quell'intento, o per lo meno per mantenere relazioni intime cordiali con Pietroburgo. Se egli vi fosse pienamente riuscito, se fosse riuscito a distaccare completamente la Russia dalla Francia, eravi certo il pericolo che la Germania potesse poscia, un giorno o l'altro, non dico abbandonare i suoi alleati ma non dar più alla Triplice Alleanza e specialmente alle relazioni dell'Inghilterra colle Potenze centrali quell'importanza ch'essa vi attribuì fino ad ora per il mantenimento della pace e noi ne avremmo avuto in avvenire danno grave, rimanendo abbandonati a noi stessi. Se non che ora come ora questo pericolo non esiste; l'azione della Germania verso la Russia ha avuto risultati ben diversi da quelli che si speravano; l'accordo franco-russo è sempre fiorente; l'intromissione stessa della Germania fra Francia e Russia nella questione giapponese, non ha portato che disillusioni alla cancelleria imperiale e nulla autorizza ad affermare che, coi tentativi di avvicinamento alla Russia, la Germania avesse altro scopo che di isolare la Francia. Tali essendo i fatti non havvi motivo, finché non mutino (e non è probabile che mutino così presto) di preoccupazione per parte nostra. Potremo, dobbiamo anzi, anche verso la Germania tenere gli occhi aperti, ma non dobbiamo fin da ora sospettare della sincerità della sua

amicizia, non dobbiamo sovratutto lasciar dubitare che tal sospetto abbia potuto sorgere in noi. Conosco ormai a fondo il carattere, la suscettibilità dell'imperatore e di quei ch'è uso chiamare suoi consiglieri, e un tal dubbio potrebbe avere conseguenze fatali. Già l'ambasciata germanica a Roma deve avere, in questi ultimi tempi, non so con qual fondamento, riferito che la presenza a Pietroburgo del principe Hohenlohe aveva inquietato la Consulta: ciò fece un'impressione meno buona, che ho tosto procurato di distruggere. In quella visita del cancelliere a Pietroburgo ho motivo di ritenere che non siena realmente state trattate altre questioni fuorché quelle da me accennate col rapporto del 17 corrente n. 1222/4992• Aggiungerò che il principe Hohenlohe il quale trovavasi in Russia per affari privati non aveva intenzione di fermarsi a Pietroburgo; egli cedé solo alle insistenze dell'ambasciatore principe di Radolin, il quale opinava che l'astensione ~ dopo che in circostanze analoghe, trovandosi in Austria, Sua Altezza aveva conferito col conte Goluchowski ed era stato ricevuto dall'imperatore Francesco Giuseppe -avrebbe potuto essere male interpretata. Del resto se non furono trattati concreti gravi argomenti negli abboccamenti avuti collo czar e col principe Lobanoff dal cancelliere imperiale, mi consta che questi è ritornato dalle rive della Neva: l) coll'impressione che lo czar, se non dimostra alcuna energia nel governo del vasto suo Impero, non vi reca l'impronta della sua volontà, in una cosa sembra aver propositi fermi, nel desiderio, cioè, che la pace non venga turbata; 2) colla persuasione che l'Inghilterra non potrà mai andare ad un tempo e sempre d'accordo colla Russia e colla Francia, circostanza di gran valore per le relazioni dell'Inghilterra colla Germania e colla Triplice Alleanza, finché Francia e Russia fanno una cosa sola. «Ciò stante la Germania -parlava meco in questi giorni un autorevole personaggio -ciò stante la Germania può senza commuoversi lasciar che la Francia faccia a suo talento mostra dei suoi ospiti russi, aspettare che lord Salisbury, abbandonati gli ozi di Dieppe, sveli la via che intende seguire, e guardare in faccia, se non con piena fiducia almeno con perfetta calma, l'avvenire, senza mutar le grandi linee della politica fin qui seguita».

309 1 Annotazione a margine: <<A Londra e Vienna>>.

310

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 498/238. Cairo, 22 settembre 1895 (per. il 28).

Il giorno 18 corrente mese ricevevo da Alessandria un telegramma del sirdar che m'informava dell'arrivo a Port Said di S.E. il generale Baratieri e si rivolgeva a me perché qualora questi venisse al Cairo, lo pregassi di accettare ospitalità in casa sua.

Quando si seppe che aveva invece proseguito per Aden, S.E. Kitchener pascià si recò da me e mi disse aveva creduto alla notizia data dalla agenzia Havas che il governatore dell'Eritrea si sarebbe fermato qui per parlare con l'agente britannico e con lui. Egli mi aggiunse sarebbe stato lieto di ciò perché capiva come a voce avrebbe potuto convincerlo della convenienza reciproca di intendersi con sollecitudine sulla questione della frontiera e di togliere «ai malevoli la speranza che gli italiani e gli inglesi non concluderanno mai nulla di serio insieme, perché non possono andar d'accordo nemmeno sui più piccoli dettagli».

«Sono convinto, soggiunse, che il generale desidera quanto me di non rendere impossibile che i soldati italiani e gli inglesi lavorino un giorno assieme per un'impresa ben più importante che non sia quella di dividerci qualche chilometro di pascolo; ed è perciò ch'io non dubito ci si sarebbe intesi certamente in modo da dimostrare ai nostri Governi il buon accordo esistente fra noi ed allontanare il dubbio che il giorno in cui dovessimo lavorare assieme la disunione diminuisca le nostre forze. lo ci terrei a far vedere a Londra quanta buona armonia esista fra il comando di Massaua e noi, ed io credo avrei convinto il generale Baratieri come ciò sarebbe utile anche al vostro avvenire in Africa. Ci si sarebbe intesi, continuò ridendo, di riserbarci a discutere per il giorno in cui fossimo arrivati a dover stabilire il confine fra voi e noi verso il Nilo».

Notò poi che a Londra «non potevano ricevere buona impressione» al vedere la nostra «lentezza per deciderci a definire i confini di territori che l'Egitto ci aveva in addietro gratuitamente ceduti» 1•

Io, non dovendo, secondo le istruzioni avute dall'E.V. col telegramma del12 corrente2, ricominciare alcuna trattativa non volli entrare nel merito della questione e mi limitai ad osservargli il ritardo esser dovuto probabilmente al fatto che S.E. il governatore si trovava ora in congedo e che il R. Governo desiderava forse attendere un suo rapporto dall'Eritrea prima di prendere una decisione, aggiunsi esser convinto della ferma intenzione, non solo del R. Governo, ma anche del generale Baratieri, di continuare le cordiali relazioni esistenti fra le autorità italiane e le inglesi, ma ciò sembrarmi non dovesse escludere che ognuna difendesse i propri interessi.

Questa conversazione la quale, come ebbe a dichiararmi il sirdar, non aveva nessun carattere ufficiale sembrami rispecchiare l'animo di Kitchener pascià il quale, come tutto l'elemento militare inglese, spera in future cooperazioni dell'Italia nel Sudan essendo convinto che la possibilità di un'azione comune contribuirebbe a decidere il Governo britannico a far la spedizione da essi vivamente desiderata. Sembrami quindi sincero il timore del sirdar che quel Governo sia poco invogliato ad intendersi con noi da ciò che egli chiama la nostra «poco pratica cura dei piccoli dettagli che ci fa dimenticare gli interessi maggiori»; ed è per ciò che ho creduto mio dovere riferire testualmente all'E.V. le parole di Kitchener pascià.

Nel comunicare a S.E. il generale Baratieri l'invito che gli era stato fatto dal sirdar ho creduto doverlo informare, confidenzialmente, per sua norma, di quanto questi mi disse.

309 2 Non pubblicato.

310 1 Annotazione a margine: <<Noi possiamo dir lo stesso». 2 Cfr. n. 296.

311

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 2985/7881 . Vienna, 24 settembre 1895 (per. i/27).

Nella Neue Freie Presse di stamani si leggono le considerazioni seguenti a proposito della questione del non inalberamento delle bandiere da parte delle rappresentanze estere per le feste del20 settembre: «Il fatto che l'ambasciata austro-ungarica in Roma non ha imbandierato il palazzo dell'ambasciata, il20 settembre, continua a fornire ai giornali italiani e alla popolazione romana il pretesto per violenti attacchi contro il Governo austroungarico. Però tutte le accuse che vengono sollevate in questo senso debbono essere considerate come ingiustificate anzi come assurde. Ad eccezione dell'ambasciata inglese, neppur una delle rappresentanze estere ha messo fuori le bandiere, e la inglese lo ha fatto solo perché il palazzo dell'ambasciata inglese sta nella vicinanza immediata di Porta Pia.

A Roma si pretende che questa omissione si possa in modo speciale rinfacciare all'Austria-Ungheria come alleata dell'Italia; ma però anche l'alleata Germania ha parimenti omesso di inalberare la bandiera. È una singolare pretensione l'esigere dall'AustriaUngheria in nome dell'alleanza una dimostrazione alla quale non si determinò nessuna altra Potenza, nemmeno la Francia, la Spagna e il Belgio. Il Governo italiano stesso si è messo dal punto di vista che il 20 settembre non era una festa nazionale ma una festa civile. L'ambasciata austro-ungarica non poteva quindi procedere diversamente da tutte le altre ambasciate ed è un assurdo il pretendere appunto dalla rappresentanza austro-ungarica che essa dovesse.dipartirsi dalla linea di condotta combinata in comune da tutte le Potenze».

Ho creduto bene di riferire all'E.V. questo brano, perché esso riproduce il sentimento generale dei circoli governativi di qui e della stampa liberale.

312

IL REGGENTE IL GOVERNO DELL'ERITREA, ARIMONDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. URGENTE 1694. Massaua, 25 settembre 1895, ore 9,30 (per. ore 9,20) 2.

Felter informa Menelik respinse proposte Makonnen; insiste guerra; ordinata espulsione immediata italiani Harar 3 . Probabile attacco contro Aussa. Mangascià tiene radunate truppe sud Antalo. Dicono prossimo arrivo aiuti Amhara-Lasta. Baratieri giungerà domani.

311 1 Annotazione a margine: <<Al presidente del Consiglio d'ordine Maissa>>. 312 1 Ed. in LV 92, p. 101 e in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 185. 2 Sic. Ma in questo come in altri successivi telegrammi l'apparente contraddizione fra l'ora di partenza e quella di arrivo è dovuta, con ogni probabilità, al differente fuso orario. 3 Analoghe notizie Felter aveva inviato a Blanc con R. 104/41 del16 settembre, non pubblicato, che giunse a Roma il 5 ottobre. Cfr. anche il n. 307.

313

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, FRIOZZI DI CARIATI

Roma, 25 settembre 1895, ore 19,45.

Credo che Sua Maestà quando il re di Portogallo venga in ltalia 2 si recherà in Roma per riceverlo.

314

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 258/1241 . Monaco, 25 settembre 1895 (per. il 27).

Da tutta la stampa liberale bavarese è stato accolto con calde parole di plauso e di ammirazione il discorso pronunziato da S.E. il presidente del Consiglio in occasione della inaugurazione del monumento eretto in Roma a Giuseppe Garibaldi. Quel discorso è ritenuto qui come un solenne manifesto politico, col quale il capo del Governo di Sua Maestà traccia i limiti della sfera d'azione dello Stato e della Chiesa in Italia, assegna a ciascuna delle due Podestà i diritti che rispettivamente loro competono e rivendica in prò di ciascuna la libertà e l'indipendenza, che guarentiscono l'azione dell'una e dell'altra. Mentre il presidente del Consiglio ripudia con dignità e fermezza le aspirazioni e le tendenze del Vaticano nocive agli interessi dell'Italia e riafferma l'intangibilità dei diritti dello Stato di fronte alla Chiesa, dichiara al papa che la autorità del pontefice pel governo della Chiesa è non meno intangibile. È questa, come dicono i maggiori giornali bavaresi, la attuazione pratica del principio della separazione dello Stato e della Chiesa, è questa la sola base, su cui potrà avverarsi la conciliazione delle due Podestà in Italia. Col suo risoluto linguaggio, S.E. Crispi ha fatto intendere che saprà combattere da sé i partiti sovversivi e che non è disposto a stringere compromessi colla Curia mercé concessioni indecorose per l'Italia. Ormai il Vaticano deve comprendere la necessità di rinunciare alle sue pretese ed alle sue aspirazioni o persuadersi che esso, per ciò che concerne la sfera strettamente religiosa, troverà negli uomini di Stato italiani i devoti figli della Chiesa.

La stampa clericale bavarese, com'era naturale, ha aspramente censurato il tenore del discorso, che, secondo essa, contiene un cumulo di provocazioni e di offese contro il papa e tutti i cattolici del mondo. Ma è da notare che, in generale, i giornali cle

2 La notizia del viaggio del re del Portogallo era stata data da Cariati con T. 1682 del 23 settembre, non pubblicato. 314 1 Annotazione a margine: <<Al presidente del Consiglio d'ordine Maissa».

ricali bavaresi, tanto in questa occasione, quanto durante le recenti feste del XX:Vo anniversario di Roma, malgrado le consuete intemperanze di linguaggio contro l'Italia, non han troppo insistito, come per l'addietro, nello aizzare contro di noi le popolazioni cattoliche. In varie riunioni clericali gli oratori han parlato in modo da mostrare ch'essi avevano principalmente in animo di risvegliare lo zelo dei cattolici per la situazione del papato. Zelo che oggi loro sembra diminuito presso le popolazioni, preoccupate in gran parte dagli interessi materiali; e che le loro proteste non dovevano turbare, per altro, le relazioni sorte per effetto della Triplice Alleanza fra l'Italia e la Germania.

313 1 Minuta autografa.

315

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, FRIOZZI DI CARIATI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 214. Roma, 27 settembre 1895, ore 19,15.

Oggi si presentò in Monza a S.M. il Re ministro di Portogallo per esprimere, desiderio suo sovrano visitare in forma ufficiale re d'Italia escludendo Roma1 . In seguito alla risposta fatta dal nostro augusto sovrano a quella comunicazione visita annunziata non avrà più luogo.

316

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 3323/902. Parigi, 27 settembre 1895.

Le feste del25o anniversario della entrata delle truppe italiane in Roma hanno fornito il soggetto di una quasi unanime esplosione di sentimento avverso all'Italia nella stampa francese. Da principio la nostra commemorazione coincidendo con quelle delle vittorie della Germania, fu da molti giornali segnalata come dimostrazione diretta contro la Francia. Durante le feste l'iracondia crebbe ed in molti giornali la veemenza del linguaggio non ebbe limiti. Si segnalarono, nello adoperare un linguaggio di trivio contro il nostro Paese, le nostre istituzioni, il re ed i suoi ministri, le gazzette radicali superando, se pur era possibile, la violenza di alcuni diari del partito ultramontano.

Presentemente la parte della stampa che ancora ripercuote l'eco delle feste di Roma, ne trae motivo per insistere sovra quegli incidenti che, a suo dire, indicano l'isolamento dell'Italia, l'esistenza di una questione romana o pontificia tutt'ora aperta ed altre cose simili.

In nessun altro Paese, io credo, più che in Francia la stampa si è occupata delle feste romane. Qui per parecchi giorni non vi fu giornale che alle medesime non consacrasse un largo spazio delle sue colonne. E probabilmente in nessun altro Paese l'intonazione generale fu altrettanto ostile ed astiosa quanto lo fu qui. Ma mentre in Spagna, in Belgio, in Olanda ed in Austria e perfino nelle parti cattoliche dell'Impero tedesco, si ebbero manifestazioni e proteste collettive dell'alto clero e dei fedeli in Francia, all'infuori di qualche riunione nelle chiese per innalzare preci in favore del papa, e di quella degli ex-zuavi pontifici al castello del de Charette, tutto si ridusse ai mandamenti di alcuni vescovi i quali rimasero atti separati e personali di ciascuno dei prelati che li emisero.

Non mi sono pervenute notizie che accennino a disturbi incontrati dagli italiani che nelle varie città francesi festeggiarono la commemorazione della entrata nostra a Roma e, malgrado l'eccitamento che dai giornali si sarebbe voluto creare, bisogna riconoscere che la massa del popolo francese non si è lasciata commuovere dalle esagerazioni della stampa periodica più che dalle lettere pastorali dei vescovi.

Non ebbi recente occasione d'incontrarmi con il signor Hanotaux. Egli non mi tenne, quando l'ho veduto l'ultima volta, parola delle allora già prossime feste di Roma.

315 1 T. riservato 227, pari data, di Ponzio Vaglia, non pubblicato.

317

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, FRIOZZI DI CARIATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 311/166. Lisbona, 28 settembre 1895 (per. il 5 ottobre).

Al mio ritorno dal real palazzo di Ajuda, ove le Loro Maestà hanno quest'oggi ricevuto le felicitazioni del corpo diplomatico in occasione del comune loro genetliaco, mi è stato consegnato il telegramma riservatissimo1 con cui V.E. mi partecipa che fu abbandonata la progettata visita del re don Carlos alla nostra Corte, avendo Sua Maestà manifestato il desiderio, da noi inaccettabile, che il suo ricevimento non avesse luogo nella capitale del Regno.

Già sin dal colloquio che ebbi mercoledì scorso, 25 corrente, col nuovo ministro degli esteri, dubitai che la quistione del luogo da stabilirsi per il ricevimento del re di Portogallo avrebbe suscitato qualche difficoltà. Infatti, il signor de Soveral, parlandomi del prossimo viaggio del re e dell'epoca in cui Sua Maestà poteva giungere in Italia, disse incidentalmente ritenere che a quella data la nostra Corte si troverebbe ancora a Monza. Siccome io ignorava del tutto se già esistessero o meno accordi, e quali, tra le due Corti in relazione alla contemplata visita, mi astenni dal rilevare in alcuna maniera l'osservazione del signor de Soveral.

L'indomani, però, capii, dal telegramma che V.E. mi dirigeva in data 26 corrente2, che la quistione del ricevimento non aveva ancora avuto alcuna soluzione e mi resi conto della possibilità di una grave divergenza di vedute in proposito. Mi affrettai perciò a telegrafarle pregandola d'informarmi se era suo desiderio che facessi cenno al Governo portoghese delle intenzioni di S.M. il Re, nostro Augusto Sovrano3 . La mia situazione diventava, infatti, alquanto delicata e mi sarebbe stato grato possedere qualche indicazione della E.V. per poter meglio regolare e la mia condotta e le mie parole. Di una siffatta indicazione avrei quest'oggi sommamente apprezzato tutta l'utilità giacché, nel ricevimento al palazzo di Ajuda, il re stesso, quando si avvicinò a parlarmi, sollevò improvvisamente la quistione del suo viaggio e mi disse di avere ricevuto ieri sera un telegramma dal nostro augusto sovrano in cui Sua Maestà gli esprimeva il desiderio di riceverlo a Roma. «Ella capirà -soggiunse il re -quanto sia difficile per me accontentare in questo mio zio». Mi guardai naturalmente dal fare qualsiasi commento a tale osservazione e, siccome il re non aveva detto nulla che accennasse all'abbandono del suo viaggio in Italia, mi limitai a chiedergli se era fissata la data della sua visita, avendo io avuto informazioni contraddittorie in proposito. Sua Maestà mi rispose allora che il giorno non era ancora definitivamente stabilito, ma che riteneva sarebbe uno degli ultimi del mese di ottobre. Giova rilevare che, al momento in cui il re mi parlava, doveva essere già da ventiquattr'ore abbandonato il progetto della sua visita alla nostra Corte.

Ritengo che quando questo mutamento dell'itinerario del viaggio reale sarà noto al pubblico e se ne conoscerà in pari tempo il motivo, l'impressione sarà profonda e poco favorevole alla Corte ove si nota sempreppiù il predominio di personaggi conosciuti per le loro opinioni esageratamente retrive ed oltramontane. Né può il Ministero sottrarsi dalla sua parte non lieve nella responsabilità della decisione presa dal re, decisione che sarà certamente deplorata dalla grandissima maggioranza della Nazione portoghese, nella quale la religione non è mai trascesa alle esagerazioni caratteristiche della vicina Spagna e che, nelle quistioni politico-religiose, ha dato prova ognora di eccezionale fierezza ed indipendenza d'animo.

317 1 Cfr. n. 315.

318

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1708. Parigi, 29 settembre 1895, ore 12,55 (per. ore 14,55).

Ho motivo di credere Governo francese ha aperto pratiche a Londra per la revisione trattato anglo-tunisino. La revisione è di diritto per le due parti contraentP.

3 T. riservato 228 del 27 settembre, non pubblicato. 318 1 Questo telegramma fu comunicato da Maissa all'ambasciata a Londra con T. 1707, pari data.

317 2 Cfr. n. 313.

319

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1713. Londra, 29 settembre 1895, ore 22,53 (per ore 6,30 del 30).

Mi terrò al corrente pratiche francesi trattato di commercio anglo-tunisino1 . Situazione rimane tuttora quale risulta dal rapporto riservato 944/4132 . Salisbury promise categoricamente avvertirebbe Governo italiano delle proposte francesi e delle eventuali modificazioni che il Governo inglese potesse essere disposto a fare.

320

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, A NAPOLI, E AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, A VENEZIA

T. RISERVATO S. N. Roma, 30 settembre 1895, ore 11,55.

Baratieri telegrafa 1 che Mangascià rafforzato dai tigrini di ras Oliè minaccia i nostri posti avanzati e che è necessario imporsi al nemico prima dell'arrivo dei soccorsi scioani annunciati da varie parti.

321

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, FRIOZZI DI CARIATI

T. 1724. Roma, l° ottobre 1895, ore 22,30.

Il ministro di Portogallo mi ha oggi annunziato ufficialmente che S.M. il Re di Portogallo verrà far visita in Roma al nostro augusto sovrano.

2 Non pubblicato; ma cfr. n. 277. 320 1 T. 1712, pari data, non pubblicato.

319 1 Risponde al n. 318, nota l.

322

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CIFRATO 648/401. Pietroburgo, l° ottobre 1895 (per. il 6).

Mi viene adesso riferito da buona fonte che Leontiew invece di tornare in Russia come gli era stato ordinato, è andato a Parigi dove si adopera a costituire una compagnia francese per l'Abissinia insieme ad un altro avventuriero russo, certo Natovich pubblicista.

Il Governo imperiale irritato sembra certo gli farà le tre intimazioni di ritorno prescritte dalla legge; dopo di che lo priverà della cittadinanza russa e degli ordini equestri.

323

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1733. Costantinopoli, 2 ottobre 1895 ore 23,35 (per. ore 6,30 del 3).

Atti di brutalità contro gli armeni si sono ripetuti nella notte, in alcuni luoghi anche dei sobborghi. Diritto d'intervento prodotto veri massacri. In seguito ad accordi presi dagli ambasciatori il dragomanno d'Austria-Ungheria ha fatto alla Sublime Porta la seguente comunicazione cui si sono associati tutti i suoi colleghi delle Grandi Potenze:«L'ambasciatore di Austria-Ungheria e suoi colleghi hanno ricevuto notizie certe, in parte da testimoni oculari, dei fatti che si sono prodotti a Stamboul ieri e ieri l'altro, cioè:

l) che privati hanno percosso e ucciso prigionieri condotti da agenti di polizia senza che questi vi si opponessero; 2) che si sono prodotti attacchi di privati contro persone assolutamente inoffensive;

3) che prigionieri feriti furono uccisi di sangue freddo nelle corti della polizia e nelle prigioni. Ambasciate, temendo che continuazione simili eccessi diventi pericolo per la sicurezza pubblica e per gli interessi che sono loro confidati, credono doversi richiamare la più seria attenzione del Governo imperiale e raccomandargli, poiché appartiene solo all'autorità incarico della repressione disordini, di non permettere ai privati prendere parte alla repressione, né succedersi eccessi, e prendere misure necessarie per il più pronto ristabilimento ordine evitando inutile effusione sangue».

324

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, FRIOZZI DI CARIATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 1736. Lisbona, 3 ottobre 1895, ore 15,11 (per. ore 16,40).

Mi consta da fonte sicura ed in via strettamente confidenziale, che il nunzio apostolico ritiene che la Santa Sede romperà probabilmente le sue relazioni diplomatiche col Portogallo in conseguenza della visita del re a Roma, ove Sua Santità ricuserà, in ogni caso, di riceverlo.

325

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1744. Parigi, 4 ottobre 1895, ore ... 1 (per. ore 21,45).

Ho fatto uso, conformemente istruzioni ricevute 2 , delle notizie relative transito armi per Obock. Ministro degli affari esteri mi ha detto che esse gli riescono nuove, assumerebbe informazioni in proposito. Mi rinnovò dichiarazioni di aver dato e mantenuto ordine per il divieto. Misi in sodo che gli ordini non erano eseguiti; il ministro mi ricordò di avermi da più tempo parlato dell'armamento da noi fatto degli indigeni danakil e aussiani. Nella Colonia di Obock se ne concepì seria inquietudine; egli spera che i nostri ufficiali terranno quella gente, d'indole assai infida, ed i loro capi bene in mano; ma nel caso avvenissero incursioni nel territorio incontestabilmente appartenente alla colonia francese, sarebbero prese subito e vivamente misure per difenderlo. Egli mi esortò a informarne Governo del re senza indugio. Gli domandai se avesse fatto dire qualche cosa in proposito dall'ambasciatore di Francia a Roma; mi rispose negativamente, aggiungendo che finora aveva parlato solamente con me di questo timore. Era mestieri che il mio Governo fosse informato che doveva mettere, innanzi ogni altra considerazione, quella della sicurezza della colonia francese. «Da parte nostra si vegliasse a non cagionare disturbi che da indigeni armati potrebbero essere recati ~Ila medesima». Osservai che da parte nostra in mancanza di una delimitazione convenzionale avevamo qui dichiarato che avremmo considerato come stabilita la linea del1891. Ministro convenne che praticamente questa linea poteva servire per la determinazione dei rispettivi territorii. Il solo punto di questione rimasto allora insoluto, soggiunse ministro, è se la linea deve mettere capo alla frontiera o alla città di Harar.

324 1 Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., p. 192. 325 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza. 2 D. 39824/825 del 16 settembre, non pubblicato.

326

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1755. Therapia, 6 ottobre 1895, ore 0,55 (per. ore 11,50).

In seguito nota patriarcato armeno1 ebbe luogo oggi riunione ambasciatori alla quale ho assistito. Benché in questi due giorni non si siano più prodotti fatti gravi, pure perdura eccitazione popolazione musulmana. Si temono per domani nuove manifestazioni armeni, e colonie europee si mostrano inquiete. È stata quindi decisa presentazione alla Sublime Porta di una nota verbale collettiva nella quale insistendo sulla gravità degli avvenimenti passati, si chiede al Governo ottomano quali misure conta prendere per calmare agitazione musulmana ed armena, prevenire ritorno deplorevoli incidenti e proteggere cristiani e stranieri da eventualità pericolose; le ambasciate reclamano quindi inchiesta severa ed immediata alla quale si dichiarano pronte a concorrere ed a fornire elementi, informazioni. Nota sarà rimessa domani dragomanno austro-ungarico assistito da tutti i suoi colleghi. Ambasciatori hanno inoltre risoluto inviare stazionari domani in città, in vista urgenza situazione. Data unanimità ambasciatori, e scopo di questi passi intesi a proteggere popolazione cristiana e colonie europee, ho creduto dovermi associare senza aspettare istruzioni di V.E., ma le sarò grato volermene impartire come regola della linea di condotta che dovrò seguire in caso di ulteriore svolgimento dell'azione delle ambasciate2 .

327

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, FRIOZZI DI CARIATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 1756. Lisbona, 6 ottobre 1895, ore 15 (per. ore 17,05).

Il ministro degli affari esteri, col quale ho avuto una conversazione, mi ha confermato2 poc'anzi che la visita del re del Portogallo a Roma sarebbe certamente seguita dal richiamo del nunzio il che avrà conseguenze gravissime per questo Paese. «Il Governo portoghese, egli ha detto, è pronto a tutto per compiacere al re ed al Governo italiano, ma non può considerare senza grave apprensione una simile eventualità che l'Italia stessa non può desiderare giacché, invece di creare un precedente favore

2 Cfr. n. 338, nota l. 327 1 Ed., con data 5 ottobre, in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 192-193.

2 Cfr. n. 324.

vole, non farebbe che precludere definitivamente ogni ulteriore possibilità di visita di sovrani cattolici a Roma. È nell'interesse del Governo italiano di lasciare questa questione impregiudicata tanto più nel caso presente essendo ben noti i sentimenti di profonda affezione che legano le due Corti e le simpatie tradizionali delle due Nazioni» 3 .

326 1 Bollati aveva comunicato con T. 1747 del4 ottobre: <<Patriarcato armeno manda oggi ambasciate circolare che descrive stato di cose intollerabile per la popolazione armena, e chiede intervento per adozione misure necessarie ristabilire realmente ordine pubblico>>.

328

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1760. Parigi, 7 ottobre 1895, ore 12,15 (per. stesso giorno) 1.

Ministro degli affari esteri mi disse ieri che da notizie arrivate ai giornali sembravano incominciate operazioni militari del generale Baratieri alle quali egli augura sinceramente i più pronti e completi successi.

329

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1761. Parigi, 7 ottobre 1895, ore 12,15 (per. ore 14,25).

S. A. R. il duca d'Aosta, di cui conobbi venuta Parigi soltanto nel pomeriggio di sabato, è arrivato qui ieri mattina. Nella giornata vi erano le corse del gran premio della città, ed il presidente della Repubblica vi aveva invitato il re del Portogallo, il granduca e la granduchessa Costantino di Russia, ed il principe di Grecia. Era impossibile che la presenza del duca d'Aosta rimanesse ignorata e se principe italiano si fosse astenuto dallo andarvi si sarebbe aperto adito alle più storte interpretazioni. Ho dunque consigliato a Sua Altezza Reale di accettare invito del presidente, se le veniva fatto ed ho informato presidente arrivo del duca d'Aosta. L'invito fu immediatamente mandato. La presenza di Sua Altezza Reale nella tribuna presidenziale in mezzo alle altre persone reali riuscì di sorpresa, ma fu benissimo interpretata dal Governo. Presidente del Consiglio, i ministri degli affari esteri, della guerra, dell'interno, tutti i generali presenti nella tribuna domandarono espressamente essere presentati a Sua Altezza. Ministro degli affari esteri mi disse che egli cercherà in tutti i modi di mettere in evidenza ottimo effetto che la presenza nostro principe produceva. Sua Altezza Reale deve visitare oggi presidente.

Chambéry. 328 1 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

327 3 Questo telegramma fu comunicato da Maissa con T. 1760, pari data, a Crispi, a Napoli e a Blanc, a

330

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Napoli, 7 ottobre 1895.

Il nuovo Ministero austriaco clericale ed anti-italiano nei vari suoi membri potendo segnare un mutamento nella politica dell'Impero, desidero sapere all'uopo la di lei opinione1 .

331

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAISSA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 1774. Roma, 8 ottobre 1895, ore 13,15.

L'articolo del giornale La Tunisie française da lei inviato col rapporto del23 settembre1 ha fermato la speciale attenzione del presidente del Consiglio2• S.E. osserva che quell'articolo è un vero libello famoso che può creare costì un'artificiosa agitazione a danno degli italiani stabiliti nella Reggenza. La pubblicazione assume speciale gravità per il fatto che il giornale suddetto è di sua natura ufficioso, ed ella dovrebbe reclamare contro le premeditate menzogne.

332

IL REGGENTE IL MINISTERO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, A NAPOLI

T. CONFIDENZIALE RISERVATO S.N. Monza, 8 ottobre 1895, ore 18,05 (per. ore 22,30) 1 .

S. M. il Re m'incarica di porgere i suoi ringraziamenti alla E.V. e riferirle quanto segue: tre giorni sono ministro Vasconcellos espresse appunto a S. M. il Re le difficoltà sollevate dalla nunziatura a Lisbona circa il viaggio in Italia di S. M. il Re di Portogallo le quali consigliavano a rinunziare a fare la sua visita a Roma. S.M. il Re ripeteva al mini

2 T. 1758 del 6 ottobre di Crispi da Napoli, non pubblicato. 332 1 Annotazione a margine: <<Comunicato al Ministero degli affari esteri da S.E. il presidente del Consiglio 10 ottobre 1895».

stro che annunzio della visita di S. M. il Re di Portogallo eragli riuscito altrettanto gradito quanto inaspettato e confermava non potere detta visita aver luogo altrove che a Roma. Ciò tanto più dopo l'avviso ufficiale dato al Governo italiano e dopo che fin dal primo colloquio le difficoltà ora insorte erano state prevedute da S. M. il Re e dallo stesso ministro Vasconcellos il quale le aveva comunicate al suo Governo che, nonostante, passò oltre. Ieri ministro Vasconcellos ritornò a Monza e dava conoscenza a S. M. il Re sia dei telegrammi giunti dal suo Governo che indicavano farsi la situazione a Lisbona sempre più difficile, sia delle risposte da lui trasmesse, le quali provano come ministro Vasconcellos siasi perfettamente reso conto fin dal principio delle condizioni speciali dell'Italia. Delle comunicazioni ricevute S. M. il Re ringraziava, confermando sempre la primitiva sua decisione. Frattanto S. M. il Re di Portogallo mandava telegramma per la prima volta a nostro sovrano. Eccolo: «(Confidenziale). Vengo di ricevere in questo momento dispaccio confidenziale del mio ministro degli affari esteri che mi dice che il Santo Padre considererebbe come una rottura di relazioni con la Santa Sede la mia andata a Roma. Come re questa rottura mi cagionerebbe gravissime difficoltà nel mio Paese. Sareste abbastanza buono per volermi ricevere incognito a Monza? Vi arriverei in tal caso il 24

o il25 per ripartire il30 o 31 per Berlino, se così ben lo volete. I miei omaggi a zia Margherita. Carlos». Congedato il ministro Vasconcellos S. M. il Re rispondeva col telegramma seguente a S. M. il Re di Portogallo: «Avuta comunicazione tua visita da tuo ministro ci eravamo fatti un piacere di riabbracciarti presto. Il tuo telegramma di ieri mi .•.2 non essendomi possibile acconsentire a riceverti incognito ed altrove che a Roma, tanto più dopo la partecipazione ufficiale del tuo arrivo nella mia capitale, dopo che, come sai, avevo fatto cenno al tuo ministro delle difficoltà che potevano sorgere. Non dubito che saprai sortire da queste in modo conveniente per te e per noi, ma non posso che deplorare la leggerezza del tuo Governo in questa circostanza. La regina Margherita ed io ti abbracciamo di cuore. Tuo affezionatissimo zio Umberto». Edotta così V.E. di ciò che si è passato a Monza, S. M. il Re desidera conoscere il di lei avviso in proposito e sapere se sia conveniente fare altri passP. L'augusto sovrano le porge i suoi affettuosi saluti.

330 1 Per la risposta cfr. n. 334. 331 1 Non pubblicato.

333

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1771. Therapia, 8 ottobre 1895, ore 22,45 (per. ore 6,30 de/9).

Situazione in città tuttora grave. Parecchie centinaia di armeni essendosi ricoverati nelle chiese, dove la polizia non permette più oggi introduzione di viveri ambasciatori di Francia e di Inghilterra mi hanno proposto invio telegramma al Ministero

degli affari esteri per chiamare attenzione sopra possibili conseguenze ed offrire buoni uffici ambasciate onde risolvere difficoltà, chiedendo frattanto sospensione misure; accertatomi adesione tutti ambasciatori ho consentito proposta; debbo ripetere quest' oggi V.E. impartirmi istruzioni per il caso di eventuali dissensi fra i rappresentanti delle Grandi Potenze che procedettero finora in perfetto accordo 1 .

332 2 Gruppo indecifrato. 3 Cfr. n. 337.

334

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, A NAPOLI

T. S.N. Vienna, 8 ottobre 1895.

Il nuovo Ministero austriaco non è considerato più clericale dei tre ultimi1 . I suoi membri, come quasi tutti i governanti di questo Paese, sono cattolici convinti. Uno solo, quello d'agricoltura, passa per clericale dichiarato, ma non lo è di più che parecchi suoi predecessori, come Falkenhayn e Schonborn. Certo né l'imperatore né i suoi ministri si presteranno mai a manifestazioni contro il papa, ma non è a credere che essi adottino ora una politica antiitaliana. Il nuovo ministro degli affari esteri mi diede le più positive assicurazioni che non solo la politica austriaca verso l'Italia non è mutata ma che i legami politici tra i nostri due Paesi debbono mantenersi ora tanto più stretti quanto più significativi e frequenti sono i sintomi dell'alleanza franco-russa. Il nuovo ambascatore austro-ungarico Pasetti le confermerà fra breve queste convinzioni.

335

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, A NAPOLI

T. S.N. Vienna, 8 ottobre 1895.

A conferma del mio precedente telegramma 1 chiamo l'attenzione di V.E. sul discorso pronunziato jeri a Lemberg dal ministro presidente Badeni, nel quale egli condanna con severissime parole il movimento antisemita che è capitanato come ella sa dai clericali di Vienna.

333 1 Cfr. n. 338, nota l. 334 1 Risponde al n. 330. 335 1 Cfr. n. 334.

336

IL MINISTRO A BERNA, PEIROLERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 2099/375. Berna, 8 ottobre 1895 (per. i/12).

Tosto che pervenne a mie mani il pregiato dispaccio riservato del 10 luglio ufficio per l'Eritrea e i protettorati n. 29485/176 e di posizione 1281, non frapposi indugio ad intrattenere il signor Lachenal della poco soddisfacente impressione costì prodotta dalle dichiarazioni da esso emesse nell'occasione in cui faceva nota la domanda nuovamente pervenuta da Menelik, per mezzo del signor Ilg, al Governo federale, intesa ad ottenere la sua ammissione a far parte dell'Unione postale.

Il signor Lachenal mi rispose che si riservava di meglio studiare la questione, e di farmi quindi conoscere più tardi le decisioni del Consiglio federale. Trascorse alcune settimane ritornai sull'argomento, e valendomi delle giuste considerazioni svolte nel trasmessomi memorandum, procurai di dimostrare in ogni miglior modo al capo del Dipartimento degli affari esteri come fossero pienamente fondate le nostre domande, e come fosse ormai giunto il momento di dare alle medesime quella completa soddisfazione che mi aveva sempre fatto sperare, e che era del resto intieramente conforme ai veri interessi dei due Stati. Il signor Lachenal mi confermò le buone disposizioni a soddisfarei, ma si mantenne nella precedente riserva per non aver peranco bene studiata la delicata questione, per lo scioglimento della quale del resto egli riteneva non esservi urgenza alcuna.

Vedendo infine che, malgrado il tempo abbastanza lungo lasciato al signor Lachenal per completare i suoi studi, non mi riusciva di avere alcuna decisiva risposta, gli diressi una lettera per dargli ufficialmente comunicazione del Trattato di Uccialli e della convenzione addizionale, e per richiamare in special modo la sua attenzione sulle prescrizioni dell'articolo XVII del trattato, persuaso che il Governo federale non mancherebbe in avvenire di tenerne conto nelle sue eventuali relazioni con l'Etiopia. In pari tempo gli consegnai una copia in francese del memorandum trasmessomi.

Passarono nuovamente alcune settimane, durante le quali il signor Lachenal fu spesso assente parecchi giorni, e già mi disponevo a sollecitare ancora una volta una sua risposta, quando mi giunse la lettera, di cui rimetto copia 2 , e con la quale, riferendosi alla succitata mia comunicazione, mi informava che il Consiglio federale, in recente sua adunanza, aveva, per quanto riguardava la domanda dell'Etiopia di entrare nell'Unione postale universale, deciso di attenersi al disposto dell'articolo 24, comma secondo della convenzione del 4 luglio 1891, e poiché tale domanda non era pervenuta al Governo svizzero in via diplomatica, già erasi dalla Cancelleria

federale restituita la lettera reale al signor Ilg, il quale non è accreditato presso il Consiglio federale in qualità di agente diplomatico, informandolo che la comunicazione non poteva essere accolta, non essendo avvenuta nelle forme prescritte dalla convenzione del 1891.

lo mi affrettai allora a replicare che, con la mia comunicazione del 22 agosto, avevo trasmesso copia del Trattato di Uccialli e di altri documenti, e chiesto che me ne fosse dato atto, esprimendo pure la speranza che il Governo federale avrebbe tenuto conto in avvenire delle prescrizioni del trattato. Ma subito dopo, accortosi della dimenticanza commessa, il signor Lachenal si faceva premura di indirizzarmi un'altra lettera, di cui pure rimetto copia, assicurandomi che il Consiglio federale aveva preso atto della mia cortese comunicazione del Trattato di Uccialli, e della convenzione addizionale, e pregandomi di ringraziare il R. Governo.

Dopo ciò ebbi ancora un lungo colloquio col signor Lachenal, nel quale riassumendo le ragioni che giustificano le nostre domande e gli argomenti che dimostrano la convenienza ed il dovere nella Svizzera di accoglierle, cercai di ottenere, almeno verbalmente, una soddisfacente risposta. Ma a nulla valsero, né le ragioni, né gli argomenti di fronte al partito preso dal capo del Dipartimento federale degli affari esteri di volersi riservare intiera la libertà di risoluzioni per l' avvenire circa la via da seguire nelle eventuali relazioni della Svizzera cogli Stati africani. Egli mi rinnovò l'assicurazione che nulla si farà che possa dispiacerci, ma, nella moltiplicità dei casi che potrebbero offrirsi, il Governo federale non vuole fin da ora vincolarsi all'esclusivo intermediario dell'Italia per le comunicazioni o risposte che si avessero a ricevere od a dare al sovrano d 'Etiopia. Il signor Lachenal accennò, a cagion d'esempio, al caso in cui la Francia o la Russia si incaricasse di chiedere l'ammissione di Menelik a far parte dell'Unione postale. In tal caso, egli mi disse, seguendosi la prescritta via diplomatica come si giustificherebbe il rifiuto da parte della Svizzera a dar seguito alla domanda, e noi dovremmo !imitarci ad informare l'Italia dell'apertura fattaci, perché s'intenda col Governo che se ne incaricò. Ed alla mia osservazione che l'articolo XVII del Trattato di Uccialli già affida all'Italia simile incarico che non può più essere da altri assunto3 , il signor Lachenal mi rispose che non trova nel diritto delle genti alcuna prescrizione la quale imponga ad un terzo Stato di uniformarsi alle prescrizioni di un trattato conchiuso fra altri due.

Allo stato attuale delle cose non parmi pertanto né opportuno né conveniente d'insistere ulteriormente per smuovere il signor Lachenal dalla decisione ripetutamente manifestataci, tanto più che io ritengo potersi contare sulla fatta promessa che nulla si farà dalla Svizzera che possa recarci danno o pregiudicare i nostri interessi in Africa.

Del resto il nuovo ministro della Confederazione ha ora fatto ritorno in Roma, e poiché egli conosce perfettamente la questione ed è certamente informato dei precisi intendimenti del suo Governo relativamente alla medesima, potrà occorrendo confermare direttamente all'E.V. le cose che sono venuto qui esponendo a disimpegno dell'affidatomi incarico.

336 1 Cfr. n. 216. 2 Gli allegati non si pubblicano.

336 3 Annotazione a margine: <<Bene>>.

337

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL REGGENTE IL MINISTERO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA 1

T. S.N. Roma, 9 ottobre 1895, ore 10,45.

Il contegno del nostro augusto sovrano2 non poteva essere che quello che da Sua Maestà m'ero atteso. Noi non abbiamo bisogno di questo minuscolo re di Portogallo, il quale non ha importanza alcuna in Europa. Se egli non può venire in Roma, che resti a casa sua -e siccome il pentimento suo e del suo Governo indica una manifestazione di principii a noi contraria, ritireremo il nostro ministro da Lisbona, come risposta alla sua condotta. La prego di voler rassegnare a Sua Maestà i miei devoti omaggi.

338

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A VIENNA, NIGRA

T. 1786. Roma, 9 ottobre 1895, ore 16,40.

Per gli affari d'Armenia ho dato istruzione al r. incaricato d'affari a Costantinopolil di procedere d'accordo cogli ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Germania nella fiducia che a Vienna come a Berlino si riconoscerà ora il carattere europeo della questione.

339

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1777. Therapia, 9 ottobre 1895, ore 23 (per. ore 6 del 10).

In seguito invito rivoltoglil, ministro degli affari esteri venne oggi conferire con i rappresentanti Grandi Potenze riunite. Egli assunse, in nome del Governo, impegno formale che gli armeni rifugiati chiese potranno uscirne senza essere arrestati né mole

2 Cfr. n. 332. 338 1 T. 1787, pari data, non pubblicato. 339 1 Cfr. n. 333.

stati. Ambasciate accettarono incarico intervenire presso armeni persuaderli uscire. Dragomanni andranno domani prendere accordi in proposito con il patriarcato armeno e fabbricerie chiese. Si spera evitare così imminenti pericoli per sicurezza e salute pubblica.

337 1 Ed. in CRJSPI, Questioni internazionali, cit., pp. 193-194.

340

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

L. PERSONALE. Chambéry, 9 ottobre 1895.

Alla diffidenza dimostrata confidenzialmente dallo Stato Maggiore germanico circa la tecnica non solo, ma le tendenze della nostra politica militare, il collega Mocenni mi aveva dimostrato personalmente ogni buona intenzione di rispondere con provvedimenti simili a quegli eccellenti presi da Morin per la marina. Aveva inoltre promesso di sostituire subito il Zuccari coll'addetto ora accreditato a Costantinopoli; aveva considerato poi come ampiamente soddisfacente che io supplissi alla metà di stipendio persa dai generali Lanza e Ferrera per una posizione di disponibilità, e tanto più aveva gradito che io poscia facessi passare Lanza nei nostri ruoli nella stessa posizione che Menabrea e Robilant ebbero a loro tempo.

Ma le solite influenze persistono a prevalere sulle buone intenzioni che egli, lealmente, non ne dubito, mi ha espresse. Il ministro degli esteri porta il peso delle diffidenze persistenti a Berlino e a Londra per la nostra politica militare intangibile; in una questione di addetto militare, simile a quella sollevata nel 1866 per il colonnello Avet, si rinnovano errori che furono disastrosi a quell'epoca, e dei quali fui allora come ora sono impotente testimonio; i nostri ambasciatori a Berlino e a Londra, fatti bersaglio ad un mal volere che non è più dissimulato, non solo furono dichiarati nell'ultimo Consiglio dei ministri, dal collega Mocenni, non poter più contare aver comandi militari quando finiscano le loro missioni, ma sono passo per passo esclusi dal vario trattamento che passo per passo sono venuto concertando con Mocenni a loro riguardo.

Sarebbe colpevole leggerezza la mia se non mi rendessi conto della certezza d'insuccessi della politica estera preparati a noi da una così costante ed invariabile ostilità della guerra e dello Stato Maggiore, ostilità che non può essere casuale, agli interessi della politica d'alleanza con Germania ed Inghilterra. Si riesce a metterei in una condizione d'isolamento nella diffidenza degli amici e nel disprezzo dei nemici. E le cose ingrossano in Oriente, mentre ci riduciamo militarmente alla situazione europea della Spagna.

Come posso tacere di tutto ciò in Consiglio dei ministri? E, per contro, con che coraggio posso io creare al presidente imbarazzi a proposito del Ministero della guerra? La mia coscienza è tormentata tra doveri che purtroppo sembrano contraddittorii.

Per gli eccidii di Costantinopoli e di Trebisonda la nostra stampa può trovare nel mio discorso al Senato un tema da trattarsi utilmente e dignitosamente. La questione delle riforme in Armenia, non solo, ma in Macedonia ed in Creta, s'impone anche al mal volere di chi, nel Congresso di Berlino applicò alla Turchia la perfida opera di spartimento che ora sta prendendo ufficiale gravità nei procedimenti francesi in Tunisia. L'Austria per la sua situazione in Bosnia ed Erzegovina, ha mancato ai doveri imposti dai trattati alle Potenze per la sicurezza degli armeni, dei macedoni, dei cretesi, ed ha assecondato indirettamente quel co-partageant che pregiudicava gl'interessi d'Italia in Africa e nel Mediterraneo; l'Inghilterra si è coperta colla menzognera cooperazione franco-russa per gli affari armeni; e l'imperatore di Germania, che calcola le forze, vedendoci anche sotto Crispi vincolati di fatto alla poiitica della voluta impotenza, fa il proprio giuoco e ci lascia in disparte. Intanto si aggravano le condizioni dell'Oriente tutto.

Ora Inghilterra e Austria dovranno ricorrere all'Europa per gli affari armeni; e dopo quanto abbiamo dichiarato al Senato abbiamo il diritto, quando sia venuto il momento, di porre noi la vera questione come l'ho formulata al Senato, congiungendola anche forse colla questione tunisina. Ma bisogna anzitutto che Baratieri abbia finito la sua campagna, -e poi, e poi torna la questione della impossibilità di muovere i nostri dodici cavalli che non hanno biada se non per otto!

La questione pontificia si è aggravata col movimento dei clericali nelle elezioni municipali; e forse non sarà irrilevante che il portoghese segua l'esempio dell'austriaco. In quanto al movimento municipale e regionale dei clericali, esso non può, secondo me, essere vinto se non sul proprio loro terreno, col far porre cioè da qualcuno la questione già trattata da Ricasoli, della restituzione ai fedeli, quando ed ove lo domandino, l'elezione dei pastori e forse perfino l'amministrazione dei beni della Chiesa [sic]. I veri clericali non possono voler ciò, che sarebbe ribellione alla Curia, e la Curia vedrà che sulla via della guerra civile, essa cammina alla rovina dell'attuale gerarchia vaticanesca. In quanto alla scuola di sfregi che da Vienna si vuol estendere a Lisbona ed altri luoghi, essa potrebbe indurre l'opinione pubblica a riconsiderare se sia un gran Paese, un Paese indipendente, padrone in casa propria, godente la pienezza della sovranità nazionale, quello che guarentisce simili sconvenienze e dopo uno schiaffo tende la guancia ad un secondo, se gli verrà inflitto dalla diplomazia pontificia, che è riuscita a rendere le ambasciate presso il Vaticano più importanti di quelle presso il Quirinale. Ma per quella come per le altre questioni, non giova l 'usato ripiego di curar i sintomi e non il male, di mettere empiastri mal applicati su piaghe costituzionali. Bisogna risalire alle cagioni del male ed opporre loro non rimedii empirici, ma altri elementi vitali e sani che operino da sé.

Fra pochi giorni riprenderemo i nostri lavori. Ma non perdiamoci più oltre nelle fatiche dei dettagli, delle carte e dei protocolli e précis. Le circostanze vogliono serenità, altezza di concetti e di risoluzioni, e libertà di ponderarle.

Ho dettato questo a Burdese. Lo rimando a Roma. Veda se occorra mandarmi Voltattorni. Speriamo, speriamo da C[rispi] un impulso vigoroso per le quistioni essenziali!

341

IL MINISTRO AD ATENE, PISANI DOSSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 571/208. Atene, 9 ottobre 1895 (per. il 16).

I giornali locali non lasciano passare occasione per accennare alle presunte aspirazioni dell'Italia sull'Albania. Quando S.A.R. il principe di Napoli, nella sua recente gita nelle acque elleniche, si partì da Corfù per recarsi a caccia nelle coste albanesi, la stampa d'Atene, riportando tale notizia, ricordò le vecchie intenzioni dell'Italia sull'Albania, dove si fa proseliti colle scuole, ecc. Oggi poi, a proposito del movimento consolare che si sta preparando presso questo Ministero degli esteri, gli stessi giornali richiamano la speciale attenzione del Governo sui consoli da destinarsi in Macedonia, in Epiro e in Albania, dove l'ellenismo corre grandi pericoli. «Gli italiani -così si scrive -lavorano immensamente a danno nostro e la loro lingua fa progressi e la loro religione si propaga. Finora i governanti della Grecia nulla hanno fatto per le comunità greche in Epiro e in Albania, e solo si deve alle scuole di Zappa, se la lingua greca in quei paesi tanto o quanto si salva».

342

IL MINISTRO AD ATENE, PISANI DOSSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. SEGRETA. Atene, 9 ottobre 1895.

Benché assuefatta, fin dalla sua prima risurrezione politica, al fallimento, la Grecia, o a meglio dire, il Governo greco si trova in questo momento in uno stato d'inquietudine. Non è certamente la preoccupazione di dover pagare: questa preoccupazione la Grecia non l'ebbe mai, ma è quella di non poter fare altri debiti. Le quistioni macedone ed armena, oggi risollevatesi, hanno acuito il suo desiderio e il suo bisogno di allargarsi, e la Grecia, come altri Stati, spera di avere la sua boccata nella dilacerazione della Turchia: capisce però che non potrebbe presentarsi al convito senz'armi né credito come oggi si trova: cerca quindi denaro per dirugginire le sue armi e rattoppare le sue navi. Chi gliene presterà? La Grecia, come Fausto, è pronta a vendere l'anima al miglior offerente, e forse l'ha già venduta: ciò, a giudicare da molti indizi, frasi sfuggite, indiscrezioni di giornali, concomitanza di fatti.

Su tutto questo non ho ancora dati abbastanza solidi per comporre un rapporto ufficiale: ho però l'ombra e l'eco di avvenimenti che stanno per compiersi o sonosi appena compiuti. Re Giorgio in Francia, col concorso di Nicola Deljanni suo amico personale, e la regina Olga in Russia, debbono avere recentemente assai lavorato e intrigato colla doppia mira di una alleanza all'estero e di un eventuale colpo di Stato all'interno. Se Francia e Russia fpar. ill. ], come sembra, il componimento coi creditori della Grecia e faciliteranno a questa la via a nuovi debiti (nel che ci sarà anche pel re ed il suo ministro a Parigi la probabilità di un buon affare personale) il Governo greco finirà interamente al servizio ed agli stipendi dell'intesa franco-russa. Rinunzierà senza difficoltà alle velleità costantinopolitane e si assicurerà a momento opportuno Creta, tutto l'Epiro, parte dell'Albania e un po' di Macedonia.

Ripeto, non ho a mia disposizione dati, come si suol dire, di fatto per affermare quanto scrivo, ma sospetti. Anche i sospetti, però, hanno un peso nelle previsioni politiche: ho quindi creduto dovere mio d'informarne confidenzialmente V.E., affinché ella possa cimentare le mie supposizioni colle notizie e gli indizii pervenutile d'altra parte1 .

343

IL REGGENTE IL MINISTERO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI

T. S.N. Monza, 10 ottobre 1895, ore 21,40 (per. ore 23) 1.

D'ordine di S.M. il Re, onoromi trasmettere seguente telegramma a V.E. ricevuto questa mattina da S.M. il Re di Portogallo: «Ricevo vostro dispaccio insieme ad uno di Lisbona, dicendomi che il papa considererebbe la mia visita a Roma come un insulto personale che condurrebbe ad una rottura di relazioni. Comprenderete molto bene che sovrano fedelissimo e cattolico, non posso in alcun modo esporre il mio Paese a questa rottura, grave per noi. D'altra parte voi non volete ricevermi incognito. Mi vedrei quindi col mio più profondo rincrescimento obbligato ad abbandonare il mio progetto di viaggio in Italia, ciò che mi cagionerebbe viva pena. Bacio la mano a zia Margherita. Vostro nipote e fratello Carlos». S.M. il Re ha risposto quanto segue: «S.M. Re Portogallo. Vedo con rincrescimento dal tuo telegramma che dovrò rinunziare al piacere di abbracciarti. Non posso dissimularti la penosa impressione che mi fece una frase di esso. Tu dici che non voglio riceverti incognito e ciò a me che previdi queste difficoltà ora insorte e ne feci informare a tempo dal tuo ministro, il tuo Governo, a me che non pote

vo aspettarmi la tua visita e ... 2 soltanto dopo l'avviso ufficiale dato dal tuo Governo della tua venuta a Roma. Riflettendovi non potrai a meno di comprendere come in ogni caso, ma specialmente dopo la partecipazione fatta, non mi è possibile riceverti altrove che a Roma, senza venir meno a quel che debbo al mio Paese. È ora indispensabile che altra partecipazione del tuo al mio Governo annunzii e spieghi il cambiamento sopravvenuto nelle tue determinazioni, alle quali io rimasi e rimarrò perfettamente estraneo. La regina ed io ti abbracciamo. Tuo affezionatissimo zio Umberto».

342 1 Si pubblicano qui due passi di una L. confidenziale di Pisani Dossi a Blanc del 10 ottobre: «Quali i suoi cittadini, tale il Governo ellenico. L'Europa ha molto male abituata la Grecia. Sembra un assurdo, eppure è una verità assiomatica. La Grecia è oggi, moralmente, più forte di tutte le Grandi Potenze messe assieme, perché tutte hanno un morboso rispetto della sua debolezza. Essa ben conosce il vantaggio della sua posizione e ne abusa. Perfettamente sicura che quand'anche i reclami verso di essa si trasformassero in minacce, queste rimarrebbero innocue sulla carta, non cede mai di un solo palmo il terreno, e, a corto di argomenti, diventa muta ... Ciò essendo, a che sprecare carta ed inchiostro in dissertazioni giuridicodiplomatiche che, da un lato e dall'altro, si è certi non condurranno ad alcun risultato? A che mantenere, con spesa ingente, una legazione in Atene, la cui sola missione debba essere quella di un principe spodestato, reclamare sempre e non ottenere mai nulla?>>. 343 1 Annotazione a margine: <<Comunicato al Ministero degli affari esteri dalla Presidenza del Consiglio il 14 ottobre 1895>>.

344

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1790. Berlino, 11 ottobre 1895, ore 15,23 (per. ore 16,15).

Governo germanico, molto preoccupato piega questione di Armenia, vorrebbe evitare se ne facesse questione europea, timore venga sul tappeto questione di Egitto e sue conseguenze1 . Esso attende conoscere attitudine Inghilterra, e nutre fiducia Salisbury trovi il modo di sortirne senza complicazioni come si crede qui sia suo vivo desiderio.

345

IL MINISTRO AD ATENE, PISANI DOSSI, AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

L. PERSONALE. Atene, 12 ottobre 1895.

Ho scritto particolarmente al nostro ottimo ministro, sovra due argomenti importantil, e ti sarei grato, se, almeno per mezzo tuo, S.E. mi favorisse un accenno circa le istruzioni generali che gli domando sui vari affari che noi abbiamo pendenti, da anni, colla Grecia (Pireo-Larissa, Mili-Kalamata, Baggiani) e circa i quali non c'è da sperare alcuna vantaggiosa conclusione, finché si continui a trattarli col sistema dei processi civili. Il greco è sempre un popolo, per sua natura, di pirati. Costretto dali 'Europa ad abbandonare il mare, l'attuale pirata esercita la sua industria in terra, e precisamente stando al Governo, sotto forma di usurpazioni di proprietà fondiarie (com'è nel caso Baggiani) di furto di pagamenti e mercede ad appaltatori ed operai stranieri (come nel caso della Pireo-Larissa e della Mili-Kalamata) di defraudamento di credi

tori dello Stato (come nella faccenda della rendita greca) sia di creditori privati (come in quella delle barche italiane «San Ciro» e «Gesù N azareno») e via dicendo.

So che il ministero ama assai poco il dare istruzioni. Fino ad un certo punto e dove si tratti di dettagli, ha ragione. Ma la mia è una domanda di massima che invoca una risposta, pure di massima.

Fra pochi giorni avremo qui la povera signora Catalani col suo figliolo. Vanno a stabilirsi a Firenze. Da notizie indirette, parrebbe che la Consulta abbia rimborsato alla vedova qualche vecchia anticipazione fatta da Catalani quand'era a Copenaghen e già contestatagli dal ministro della lesina. Se la notizia è esatta, avreste fatto opera buona, oltreché giusta.

343 2 Gruppo indecifrato. 344 1 Risponde al n. 338. 345 1 Cfr. n. 342 e nota l allo stesso.

346

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI

T. PERSONALE S.N. Parigi, 14 ottobre 1895, ore 14,40 (per. ore 16,35) 1.

S.M. il Re di Portogallo desidera che V.E. sia informata di una conversazione che egli volle avere oggi con me, la quale necessariamente ebbe carattere assolutamente privato e segreto. Dalla medesima risulta che Sua Maestà ha intrapreso il viaggio per alte ragioni di Stato che la conducono in Germania ed in Inghilterra per desiderio espresso dell'imperatore di Germania 2• Il re viaggerà in forma ufficiale, entrando nel territorio tedesco. Egli non avrebbe voluto uscire dal suo Paese senza visitare la famiglia della sua augusta madre, né avrebbe voluto che il suo viaggio in Italia si effettuasse con solennità minori di quelle che avrà la sua visita alla Corte di Berlino, ma un complesso di circostanze, per chiarire le quali occorrerebbe assai più tempo che non consentano l'urgenza degli affari determinanti il viaggio e la brevità della possibile assenza dal Regno costringono Sua Maestà ad aggiornare la sua andata a Roma. Sua Maestà ha ripetutamente insistito sopra il carattere temporaneo della sua risoluzione. Egli mi ha ripetutamente espresso il suo vivo rincrescimento. Nel timore di adottarla, Sua Maestà desidera preavvisare V.E. per il tramite mio, in forma privata e riservatissima, intanto che dal Governo di Lisbona saranno date al nostro le più amichevoli spiegazioni. Benché Sua Maestà non abbia esplicitamente sviluppato il suo pensiero, mi rimane l'impressione che egli attribuisca in gran parte gli inconvenienti prodottisi al mutamento avvenuto nel suo Ministero in seguito alla morte subitanea del ministro degli affari esteri e, qualunque siano le ragioni che determinano la sua decisione, gravissimo è il dispiacere che egli ne prova e grande del pari è il desiderio suo

che non abbia a nascere fra i due Governi un incidente doloroso per le due famiglie sovrane. Il senso in cui si è espresso il re denota la sua volontà di non compromettere alcuna questione di massima e di riservare l'avvenire 3•

346 1 Annotazione a margine: <<Comunicato al Ministero degli affari esteri da S.E. il presidente del Consiglio il 19 ottobre 1895». · 2 Si trattava di ottenere da Germania e Inghilterra la garanzia della integrità delle colonie portoghesi in Africa.

347

IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

D. 42963/534. Roma, 14 ottobre 1895.

Come V.E. rileverà dal documento che le trasmetto qui unito1 si sono recentemente impartite alla r. agenzia al Cairo istruzioni tendenti ad ottenere il concorso del patriarca copto d'Alessandria nelle questioni cui potrebbe dar luogo il disegno di Menelik di sottrarre alla nostra protezione le comunità etiopiche in Palestina.

Riferisce il reggente al Cairo che il patriarca, vuoi per la grave età, vuoi pel poco credito di cui gode in seno alla comunità alessandrina, poco potrebbe servirei all'uopo, oltre che, tutti i tentativi fatti per avvicinarlo sono finora rimasti vani.

Si chiede il nostro rappresentante al Cairo se forse non si raggiungerebbe più sicuramente la meta facendo in modo che i copti del Tigrè prendano essi l'iniziativa d'un appello al patriarca contro il minacciante intervento della chiesa ortodossa e contro le usurpazioni di Menelik nel dominio ecclesiastico.

Questa proposta parmi potrebbe essere presa in esame, ed avere pratica attuazione; specialmente dopo l'atteggiamento assunto dall'ecceghiè Teofilo. Pregherei quindi V.E. di adoperarsi nel senso indicato.

348

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1823.. Berlino, 15 ottobre 1895, ore 15,23 (per. ore 16,15).

Aumenta qui disapprovazione, nè si sa spiegare contegno Inghilterra in Turchia. Un giornale serio qualifica stamane idiota la politica inglese. Ritienesi probabile Salisbury speri che la Germania prenda l'iniziativa azione tutte Potenze ed egli possa uscire da difficile posizione senza però fare passo alcuno e compromettersi di fronte a comitato armeno. La storia solita dei marrons du feu. Anche Lobanoff si duole molto condotta Inghilterra che, dopo scatenato incendio, non aiuta spegnerlo, è un imbroglio in cui Italia, a mio avviso, deve procedere guardinga per non ferire Inghilterra, pur non separandosi da Ger

mania e Austria come V.E. saviamente diede ordine r. rappresentante Costantinopoli1 . Hohenlohe, Lobanoff lodano sforzi Turchia per tentare impedire propagazione disordini.

346 3 Per la risposta cfr. n. 349. 347 1 Cfr. n. 302, nota 3.

349

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI 1

T. S.N. Roma, 15 ottobre 1895, ore 16,20.

Le notizie ch'ella mi dà col suo telegramma di ieri 2 non sono segrete: esse furono contemporaneamente mandate col telegrafo ai giornali di Roma. Ringrazio S.M. Fedelissima delle comunicazioni di cui l'ha incaricata. Ma non posso nascondere che ciò che è accaduto è abbastanza deplorevole e non sarebbe avvenuto se il Governo portoghese avesse ben valutato il progetto del viaggio del re in Italia, ed avesse saputo prevederne le conseguenze. La spiegazione che Sua Maestà ha voluto dare del mancato viaggio, se testimonia della sua personale delicatezza e del suo desiderio di evitare penose impressioni in Italia, dopo le polemiche delle quali da dieci giorni sono pieni i giornali di tutta Europa, non può contentare la pubblica opinione in Italia. E fatalmente, ieri stesso, dal Gabinetto di S.M. il Re Carlo, usciva una conversazione, riferita dai giornali di qui, che la spiegazione sovrana mette un po' in dubbio 3 . Un complesso di circostanze, come si espresse Sua Maestà di Portogallo, ma tutte all'infuori di noi, hanno reso la posizione assai difficile. Per quanto personalmente deferente alla persona di re Carlo io devo preoccuparmi della pubblica opinione del mio Paese, la quale, nello sgradevole incidente, non può vedere offeso il sentimento nazionale.

350

IL REGGENTE IL MINISTERO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI

T. ASSOLUTAMENTE PERSONALE S.N. S. Anna di Valdieri, 15 ottobre 1895, ore 21 (per. ore 23) l.

S.M. il Re m'incarica riferire a V.E. quanto segue: è venuta ieri una lettera, in data 5 corrente, colla quale S.M. la Regina Maria Pia si raccomanda caldamente perché le conseguenze della rinunzia al viaggio in Italia di S.M. il Re di Portogallo non

2 Cfr. n. 346.

3 Cfr. in proposito il n. 354. 350 1 Annotazione a margine: <<Comunicato al Ministero degli affari esteri da S.E. il presidente del Consiglio il 25 ottobre 1895».

siano tali da recare danno al prestigio del re nel suo Paese. La regina si rendeva perfettamente conto delle difficoltà alle quali avrebbe dato luogo il passo fatto a Lisbona dal nunzio apostolico, dopo la partenza del re di Portogallo e suggeriva, per diminuirle, parecchi temperamenti, che, purtroppo non è ora più possibile adottare. In un telegramma in cifra, arrivato questa mattina, S.M. la Regina Maria Pia rinnova sue raccomandazioni a S.M. il Re di adoperarsi presso l'E.V., affinché voglia accogliere con benevolenza le spiegazioni che sarà per darle il ministro di Portogallo in Roma, e che non sono state comunicate al nostro augusto sovrano, il quale gradirebbe che nella risposta a darsi al Governo di Portogallo, il quale, in questo affare, agì con leggerezza imperdonabile si facesse in modo da lasciar fuori la persona del re di Portogallo. Sua Maestà invia all'E.V. i suoi affettuosi saluti.

348 1 Cfr. n. 338, nota l.

349 1 Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 194-195.

351

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, FRIOZZI DI CARIATI

T. RISERVATO 215. Roma, 15 ottobre 1895, ore 22,30.

Alla comunicazione direttale da S.E. il sottosegretario di Stato in data 10 ottobre1 circa al viaggio di codesto sovrano, ella può aggiungere che dopo il linguaggio tenuto da lui al nostro ambasciatore in Parigi 2 e da codesto ministro degli esteri a lei3, non ci resta che a compatire le condizioni in cui si trova il Portogallo e da augurargli che recuperi la propria indipendenza. Intanto, l'incaricato d'affari presso il Governo portoghese si limiterà alla trattazione degli affari correnti.

352

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI

APPUNTO. Roma, 15 ottobre 1895.

Il sottosegretario di Stato declinerà di ascoltare altre spiegazioni sul viaggio e altri discorsi politici di Vasconcellos, pregandolo di limitarsi agli affari correnti come ebbe ordine di fare Cariati1 .

2 Cfr. n. 346.

3 Cfr. n. 327. 352 1 Annotazione a margine: <<Comunicare a Londra Parigi Vienna Berlino il dispaccio ed il telegramma a Cariati>> [n. 351 e nota l allo stesso].

351 1 D. 42336, non pubblicato.

353

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO A BERNA, PEIROLERI

D. 43144/267. Roma, 15 ottobre 1895.

Mi riferisco al di lei rapporto dell' 8 corrente 1 .

A noi basta che il Consiglio federale abbia preso atto della comunicazione da lei fatta al signor Lachenal del Trattato itala-etiopico del 2 maggio 1889 e della susseguente convenzione addizionale.

Il diritto internazionale vigente a proposito di simili trattati non lascia dubbio sul contegno che debbono tenere le Potenze a cui vengono comunicati o notificati; e dobbiamo ritenere che il Governo federale non voglia a quegli obblighi venir meno, quantunque non abbia partecipato agli Atti di Berlino e di Bruxelles, tanto più tenuto conto delle condizioni della Svizzera, di Stato neutrale, e della ribellione di Menelik.

V.S. avrà quindi cura di far risaltare alla prima occasione come le di lei insistenze presso il signor Lachenal per una dichiarazione esplicita di massima sul futuro eventuale contegno della Svizzera verso Menelik, avessero semplicemente il carattere di un amichevole riguardo personale verso il signor Lachenal stesso senza che per questo ella ritenesse meno che impegnativa la dichiarazione di presa di atto fattale con la nota in proposito del Dipartimento federale degli affari esteri a lei diretta, e di cui la prego di comunicarmi la data.

P.S. Il signor Carlin non essendo organo nostro presso il Governo federale non può essere incaricato da noi di comunicazioni che in ogni caso debbono passare pel tramite di codesta r. legazione.

354

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL REGGENTE IL MINISTERO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA

T. S.N. Roma, 16 ottobre 1895, ore 13,36 1.

Ringrazio Sua Maestà della comunicazione che per suo mezzo volle farmi col suo telegramma di ieri sera2 . La prego di comunicare a Sua Maestà la corrispondenza tra il conte Tomielli e me sullo stesso argomento 3 . Sua Maestà Fedelissima volle avere un colloquio col conte Tomielli per far conoscere a me che non fu malanimo se ha dovuto sospendere il suo viaggio in Italia. È singolare intanto il fatto che quasi contemporanea

354 1 Annotazione a margine: <<Comunicato dal presidente del Consiglio al Ministero degli affari esteri il 19 ottobre 1895>>.

2 Cfr. n. 350.

3 Cfr. nn. 346 e 349.

mente alle comunicazioni di S.M. il Re di Portogallo una intervista avveniva a Parigi tra il corrispondente della Tribuna, l'ambasciatore di Portogallo ed il segretario particolare di Sua Maestà. Dall'insieme delle cose dette trapela che la ragione addotta da re Carlo di non poter prolungare la sua assenza dal Regno, per giustificare la non venuta in Roma, non è che un semplice atto di convenienza. Pare che il nunzio a Lisbona abbia comunicato ai giornali cattolici di quella capitale che S.M. il Re di Portogallo non viene in Italia, per non dispiacere al papa. Risposi ieri mattina al conte Tornielli, incaricandolo di ringraziare Sua Maestà delle comunicazioni e delle spiegazioni che ha voluto dare del mancato viaggio in Italia, le quali se testimoniano della personale delicatezza del re e del suo desiderio di evitare penose impressioni, dopo le polemiche delle quali da vari giorni tutti i giornali d'Europa sono pieni, non potevano contentare la pubblica opinione in Italia e facendo notare l'inopportunità della intervista del corrispondente della Tribuna soggiungevo che un complesso di circostanze tutte all'infuori di noi avevano reso la posizione difficile. Concludevo testualmente: «Per quanto deferente alla persona di re Carlo, io devo preoccuparmi della pubblica opinione del mio Paese, la quale nello sgradevole incidente non può non vedere offeso il sentimento nazionale». Come il nostro augusto sovrano potrà vedere mi ero già ispirato a quello che dovevo ritenere suo desiderio nel manifestare per re Carlo sentimenti di deferenza. Sia cortese di rassegnare i miei devoti omaggi a Sua Maestà ed ella gradisca cordiali saluti.

353 1 Cfr. n. 336.

355

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A PARIGI, TORNIELLI

Roma, 16 ottobre 1895, ore 16,55.

Le mando documenti circa incidente viaggio re di Portogallo. L'E. V. troverà certamente modo di scusarsi di non intervenire ai ricevimenti offerti al re stesso costì 2 .

356

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1837. Parigi, 16 ottobre 1895, ore 19,45 (per. ore 22,10).

I ricevimenti per il re di Portogallo ebbero luogo nei primi giorni suo arrivo\ e quando presidente della Repubblica fece un invito serale in occasione del desinare offerto a Sua Maestà, io mi trovai fuori da Parigi.

355 1 Minuta autografa. 2 Per le risposte cfr. nn. 356 e 368. 356 1 Risponde al n. 355.

357

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 1836. Parigi, 16 ottobre 1895, ore 19,50 (per. ore 21,50).

Ministro degli affari esteri mi ha detto parlando della partenza di Lagarde, avere egli stesso dato al medesimo istruzioni più formali e positive di osservare di fatto strettamente il contegno di neutralità, soggiungendo che se i fornitori di armi non ne erano contenti s'indirizzassero qui al Ministero degli affari esteri.

358

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAISSA, AL MINISTRO DEL PORTOGALLO A ROMA, CARVALHO Y VASCONCELLOS

L. Roma, 16 ottobre 1895.

Il barone Blanc m'incarica di far noto a V. E. che egli è impegnato per tutta la giornata, e che, con suo rincrescimento, non gli è possibile di darle per oggi un appuntamento alla Consulta.

Il ministro prega inoltre V. E. di volergli fare per iscritto la comunicazione della quale ella si compiacque di dargli l'annuncio a mezzo del signor Monteverde.

359

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 1357/571. Berlino, 16 ottobre 1895 (per. il 19).

Il principe Lobanoff scambiò, jeri e jeri l'altro, visite col cancelliere, col barone Marschall, nonchè con qualche ambasciatore, e quindi anche con me venendo personalmente (egli pel primo s'intende) a trovarmi. In questo scambio di visite potei conferire qualche momento da solo col principe Lobanoff, ed ebbi nuova conferma della sfavorevole impressione che fece a Pietroburgo l'invio, dopo il richiamo del barone Marochetti, di un apposito incaricato d'affari. «Noi credevamo che voleste proprio rompere le relazioni con noi» mi disse Lobanoff. Ed alla mia osservazione che non

sapevo comprendere potesse essere sorto tale dubbio, egli ribatteva che esso era però ben naturale, quando il cav. Silvestrelli era stato inviato appositamente da Roma, senza che si parlasse di prossima nomina di un nuovo ambasciatore; e sopraggiungeva essere lieto che ormai quel dubbio fosse stato tolto con la nomina del marchese Maffei.

Si venne poscia a parlare del signor Vlangali, che doveva, a mio credere, aver tenuto il Gabinetto di Pietroburgo al corrente delle vere intenzioni del R. Governo, e il principe Lobanoff, descrivendolo come persona le cui condizioni di salute non consentono più serie occupazioni, mi lasciò intravedere prossimo il suo richiamo. «Non voglio far danno ad un vecchio amico, mi disse il principe, ma già l'ho invitato a consultare le sue forze e prevenirmi se non si sentisse più in grado di sopportare il peso delle sue funzioni. S'egli dovrà lasciare Roma, ne troveremo un altro che vi sia gradito, come ci è gradito il Maffei».

La conversazione, condotta in forma cortesissima mi permise non tralasciare di fare qualche accenno alla missione abissina ricevuta con tanta ostentata cortesia a Pietroburgo ed avrei desiderato portare il discorso più in là su questo argomento delle relazioni russo-abissine, senonchè il principe Lobanoff si dimostrò alquanto imbarazzato a rispondermi, con la stessa franchezza con cui io gli parlavo.

E desideroso di non seguirmi su questa via, si contentò di osservarmi che egli, nominato allora ministro degli esteri, aveva saputo della missione abissina quando questa era già in viaggio, quasi volesse indicare ch'egli personalmente non approvava (del che dubito però) quel che si era fatto a Pietroburgo e che egli accettò come un'eredità non gradita1 .

357 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 350.

360

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1843. Berlino, 17 ottobre 1895, ore 18,54 (per. ore 21,35).

Turchia si è rivolta alla Germania perché intervenga a Londra allo scopo di fare modificare taluni punti del proposto programma riforme armene. Gabinetto di Berlino si è rifiutato. Barone Marschall mi disse che la Germania è sempre disposta ad agire con altre

Potenze per il mantenimento dell'ordine, ma che, fedele sua politica, non intende occuparsi particolarmente questione armena. Lobanoff ebbe assicurazioni da Inghilterra che questa non aspira costituzione Armenia autonoma che la Russia non potrebbe ammettere.

359 1 Si pubblica qui la parte finale del R. riservato 1364/576 di Lanza del 18 ottobre: <<Tutti i discorsi del principe Lobanoff lasciano vedere la sua animosità verso l'Inghilterra, colla quale prevede di avere ancora più d'una lotta da sostenere, lotte nelle quali egli naturalmente spera e conta di trionfare coll'aiuto della Francia. E qui appunto si paleserà la solidità dell'accordo delle due Potenze, la vantata preponderanza presa dalla Russia sulla Francia, giacchè gli interessi di ciascuna non potranno certo sempre collimare. L'Inghilterra ad ogni modo si trova esposta al pericolo di aver di fronte Francia e Russia unite. 'Noi -mi diceva ieri il barone Marschall -non lasceremo all'evenienza soccombere l'Inghilterra, ma è deplorevole che la tradizione non consenta a lord Salisbury come lo consiglierebbe l'attuale raggruppamento delle Potenze, di unirsi realmente a noi'».

361

IL DOTIOR NERAZZINI AL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI 1

L. RISERVATA. Zeila, 17 ottobre 1895.

Le avrei scritto molto prima, se non avessi creduto di disturbarla mentre lei era occupato alle grandi manovre ed ai ricevimenti per le feste del 20 settembre. Un'altra circostanza mia personale mi ha tenuto per un mese quasi paralizzato la perdita cioè della mia cara madre, che io seppi improvvisamente nei primi giorni del mio arrivo in Zeila. Dirle quanto ho sofferto, quale martirio è stato per me il pensiero di non poter dare un ultimo addio alla mamma, che amavo più di me stesso, è cosa che non sono buono ad esprimerle per lettera. La lontananza, il completo isolamento, l'impossibilità di avere una parola di conforto da un amico di fronte a tanta sventura, mi hanno fatto sentire doppiamente il dolore, ed ho avuto dei momenti in cui credevo di perdere la testa. Il forte sentimento del dovere mi ha tenuto al mio posto e mi ha dato coraggio per sopportare questa durissima prova; ma le forze morali e fisiche hanno avuto un fiero attacco.

Come sarà già informato, tutti gl'italiani residenti in Harar sono stati espulsi per ordine di Menelik. Ras Makonnen ha molto tergiversato nell'eseguire I' ordine, ma finalmente ha dovuto ubbidire, giacché non ha un animo forte da resistere, non il coraggio di fare atto qualsiasi da rendersi indipendente e raggiungere più alti destini, come forse sogna nel segreto dell'animo suo. In Makonnen non vedo l'uomo sul quale si possa fare serio assegnamento: egli per ora si mantiene sempre ligio ed ossequioso verso il suo imperatore. Fortunatamente i nostri italiani sono arrivati bene alla costa e ciò si deve molto al contegno amichevole che fino all'ultimo momento ha tenuto Makonnen verso di loro, giacché un'espulsione in questi Paesi è sempre pericolosa. Per 15 giorni ho sentito tutto il peso e tutta la responsabilità di avere questa gente in strada: per buona sorte le tribù che dovevano traversare sono più proclivi verso l'autorità nostra che verso quella etiopica, e anelano tutte e sospirano il momento di una nostra occupazione di Harar, convalidati in questa speranza dalla mia presenza in Zeila; altrimenti il passaggio dall'Harar alla costa non poteva essere così facile.

Sembra che Menelik sia deciso alla guerra; e questa decisione sarebbe confermata dal fatto che mentre Makonnen era partito dall'Harar per lo Scioa onde persuadere l'imperatore a chiedere la pace, e perciò era partito senza truppe, giunse in Harar un ordine per il quale la massima parte delle truppe del ras sono partite da Harar il 3 ottobre per raggiungere Makonnen allo Scioa. I soldati partiti saranno non più di 5.000, ma

bene armati e bene munizionati. Però non è da credere che Makonnen si lasci indurre ad abbandonare l'Harar ]asciandolo sfornito totalmente di soldati giacché le popolazioni già rumoreggiano ed al primo insuccesso delle armi scioane l'Harar sarà perduto, e, perdendo l'Harar, l'Abissinia perde la sua vera risorsa e la fonte delle proprie forze. In ogni modo bisogna stare con gli occhi aperti, perché l'eventuale intervento di Menelik nell'azione porta un cambiamento assoluto nel preventivo di guerra e nelle forze bilanciate ora nell'Eritrea; giacché per il minimo di soldati che Menelik possa condurre in campo, non bisogna mai calcolare meno di un 30.000 fucili.

Le ripeto che non credo troppo all'intervento di Menelik. Egli forse muoverà con forti masse di truppe verso Burmieda, probabilmente per arrestarsi in minacciosa osservazione su quanto accade nel Tigré. Se poi le forze scioane comparissero all'altezza di Socota e del lago di Ascianghi, allora non vi può essere più dubbio sulle intenzioni di Menelik e bisogna essere preparati a sostenere la guerra con ben altre forze di quelle che non siano i 7 battaglioni indigeni e i 3 italiani che sono oggi nell'Eritrea.

Lei conosce il mio modo di pensare contrario alle facili occupazioni (facilità temporafie) e specialmente alle occupazioni di Adua e di Axum, che costituiscono essenzialmente una provocazione, a meno che la provocazione non possa essere sentita da un'anima femminile come quella di Menelik: ma in questo stato di cose, e nel senso di rafforzare la difesa, credo che se il generale Baratieri potrà sollecitamente e prima delle mosse scioane fortificare Makallè, sarà un atto strategicamente e politicamente opportuno.

Nell'agosto mi recai sull'altipiano per conferire col generale Arimondi, e mi trattenni con lui circa una settimana. Mi parve preoccupato, ed a ragione, per il difetto di equipaggiamento. Coll'equipaggiamento di cui potevano disporre allora, non si fanno né si possono fare delle rapide marce in avanti: occorrono molti e buoni muli, con adatte bardature per poter seguire facilmente le colonne mobili; ed allora si era ben lontani dal possedere quel materiale. Speriamo che da allora ad oggi sia stato provveduto, perché le fortune di Coatit possono non ripetersi così facilmente. Del resto lo spirito delle truppe e lo slancio degli ufficiali era eccellente. Negli ufficiali, come è naturale, esiste una vera voluttà di guerra, ma queste voluttà di guerra bisogna che qualche volta sieno temperate, e si adattino alle condizioni dei bilanci e alle esigenze della politica e della diplomazia.

Un sentimento di disciplina, a cui debbo sempre informarmi, non mi permette di fare considerazioni sull'operato dei superiori: una cosa sola non posso fare a meno di dire a lei colla massima riservatezza: se fosse vera la notizia pubblicata da qualche giornale, che il generale Arimondi deve essere richiamato in Italia e sostituito da un colonnello credo che sarebbe un errore, capace di produrre anche non liete conseguenze. Non mi azzardo di dire di più: gli antichi romani, che hanno insegnato a tutti il modo di fare la politica coloniale, avrebbero fatto dei generali Baratieri e Arimondi due consoli a vita nei possessi africani. Io non dico questo, perché augurerei a quei signori una brutta vita: ma rimuovere al momento dell'azione un generale che ha vinto la battaglia di Agordat, e che ha sulle truppe un ascendente speciale, non mi sembra cosa prudente; né vi può essere ragione personale che debba prevalere sulla ragione di pubblico interesse.

La politica inglese a nostro riguardo in Mar Rosso è sempre la stessa: compiacente ammirazione, accettazione dei fatti compiuti, ma non un atto che accenni all'idea di attiva cooperazione, o di decisioni esplicite le quali significhino una perfetta comunanza d'interessi, anche se questo atteggiamento potesse urtare la suscettibilità di altre Potenze. Spira sempre il solito vento di tradizionale egoismo e di scrupolosa conservazione dei propri interessi, anche dei meno significanti. È molto poco per una Potenza che nelle gravi questioni mediterranee è sostenuta solamente e con molta lealtà dall'Italia. Spero che l'azione diplomatica del Governo nostro troverà il modo di cambiare in meglio questo stato di cose.

Mi permetto di pregarla a voler tenere questa mia lettera per lei solo, giacché è di carattere abbastanza delicato. Se per caso volesse onorarmi di qualche sua lettera, per evitare perdita di tempo servendosi del tramite di Massaua, la prego di mandarla al seguente indirizzo: «(via Brindisi) presso il consolato d'Italia, Aden».

Mi perdoni se così lungamente mi sono permesso d'intrattenerla, e mi conservi quella benevola amicizia e quella stima di cui mi sento tanto onorato.

361 1 Da Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'esercito.

362

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. RISERVATISSIMO 215 bis. Roma, 18 ottobre 1895, ore 16,30.

Decifri ella stessa. Voglia tosto telegrafarci intieramente i suoi apprezzamenti circa la situazione prodotta nello Scioa dallo stato di Menelik 2 e circa il partito da trarne per parte nostra soprattutto con trattative coi pretendenti alla successione, e specialmente con Makonnen, col quale si potrebbero fare i patti più larghi, tenendo per noi il Tigrè, ma sussidiandolo al bisogno come re dell'Harar e dello Scioa sotto il nostro protettorato. Aspetto suo parere circa opportunità telegrafare Nerazzini affidandogli missione presso Makonnen 3 .

363

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, FRIOZZI DI CARIATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1846. Lisbona, 18 ottobre 1895, ore 18,40 (per. ore 24).

In un colloquio che ho avuto testè col ministro degli affari esteri gli ho esposto il modo di vedere del R. Governo circa la visita del re di Portogallo a Roma1 facendogli presenti conseguenze dell'abbandono di quella visita dopo l'annunzio ufficiale dato. Il signor Soveral si è mostrato assai impressionato e mi ha detto che ne avrebbe

2 Con T. 1847 dello stesso 18 ottobre Baratieri aveva comunicato: <<Menelik avrà paralizzata lingua seguito colpo fulmine».

3 Per la risposta cfr. nn. 374 e 376. 363 1 Cfr. n. 351.

conferito coi suoi colleghi. Egli ha soggiunto che sperava ancora in una soluzione soddisfacente, l'abbandono del viaggio a Roma non è deciso e nessuna dichiarazione in tal senso è stata fatta dal Governo portoghese alla Santa Sede 2•

362 1 Ed.inLV9J,p.45.

364

IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, SALVAGO RAGGI

D. 43494/289. Roma, 18 ottobre 1895.

Mi riferisco al suo rapporto dell'8 corrente1 .

La realizzazione del progetto di codesta comunità copta d'inviare una missione a Menelik per esortarlo a perseverare nella religione degli antenati ed a resistere alle blandizie degli ortodossi riuscirebbe senza dubbio utile ai nostri interessi. Però anche più utile sarebbe il potere ottenere dal patriarcato qualche solenne enunciazione contro le tendenze di Menelik all'eresia.

Gioverebbe che fosse noto in Africa ed in Europa come il capo della chiesa etiopica disapprovi e condanni pubblicamente le tendenze eretiche di Menelik. Così si riuscisse a farlo scomunicare!

Risulta però dal suo rapporto che, dato l'irragionevole timore del patriarca di compromettersi non sarà facile d'ottenere allo stato attuale delle cose ch'egli si pronunci pubblicamente ed in forma solenne contro Menelik. Potrebbesi quindi tentare di raggiungere l'intento per altra via, cioè per mezzo della suaccennata missione. Però occorrerebbe che l'invio fosse fatto in modo da non lasciar dubbio che è misura presa nell'interesse della chiesa etiopica dal patriarca di Alessandria, contro le tendenze eresiarche di Menelik. In questo caso, sempre quando la somma sottoscritta dai notabili della comunità alessandrina non fosse sufficiente e quando ella credesse di avere garanzie sullo spirito e gli intendimenti veri degli inviati (coi quali ella dovrebbe cercare di avere rapporti indiretti) non saremmo alieni dal concorrere, in limiti ben inteso assai modesti, alle spese occorrenti.

Nel suo rapporto ella m'informa poi d'essere stato assicurato che il patriarca avrebbe intenzione d'inviare un vescovo copto a Gerusalemme per porre in guardia quei monaci abissini contro le eresie professate dagli ortodossi e contro gli intrighi dei russi. Se il patriarca darà seguito a questo suo progetto la cosa ci tornerà utile; perciò s'ella ne ha modo si adoperi perchè si realizzi.

Sarebbe vieppiù utile che all'inviato del patriarca fosse data istruzione di controbilanciare l'azione contraria agli interessi della religione copta dell'Abba Ghirghis,

non pubblicato. 364 1 R. 529/257, non pubblicato.

ligio a Menelik e, a quanto ci viene riferito, di sentimenti russofili, in modo da rendergli impossibile il suo soggiorno ulteriore nel convento di Deir-el-Sultan; dovrebbe poi quell'inviato ottenere dal gruppo tigrino di quei monaci ch'esso, come già ha fatto il gruppo scioano, chiegga d'essere posto sotto il protettorato nostro. Solo quando si ottengano questi due risultati avrebbe per noi valore pratico la missione del vescovo copto a Gerusalemme.

Quanto al progetto che avrebbero alcuni dei copti costì residenti d'iniziare una campagna nei giornali indigeni contro l'atteggiamento di Menelik non si può che incoraggiarlo e facilitarlo.

363 2 Il contenuto di questo telegramma fu esposto con maggiori particolari nel R. 324!175 del 17 ottobre,

365

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 3577/952. Parigi, 18 ottobre 1895 (per. il 27).

Ho ricevuto il dispaccio di V.E. in data delli 10 ottobre corrente\ con il quale vengo informato che il signor Billot, tornato a Roma dal congedo passato in Francia, ha tenuto un linguaggio che dinota nel suo Governo sentimenti amichevoli verso l'Italia ed una tendenza a risolvere in modo conciliativo alcune fra le principali quistioni che ne inaspriscono le relazioni 2•

Di ciò non mi meraviglio poiché l'intonazione del linguaggio che V.E. ha udito dal signor Billot corrisponde a quella che quasi costantemente ebbero le parole del signor Hanotaux nei nostri colloqui. La mia corrispondenza ne fa fede e se all'apertura di formali trattative questo ministro per gli affari esteri non avesse ognora posto la preliminare condizione che la pacificazione del sentimento pubblico nei due Paesi permetta la fiducia che i negoziati abbiano a giungere a compimento, per certo molte difficoltà, sussistenti nei rapporti fra i medesimi, avrebbero dovuto essere a quest'ora appianate e composte a comune soddisfazione.

Codesto signor ambasciatore di Francia ha fatto cenno delle buone disposizioni che incominciano a manifestarsi in questo Paese per ristabilire sovra basi convenzionali i rapporti commerciali con l'Italia. Delle stesse cose conversò meco più volte il signor Hanotaux quando fu conchiusa la convenzione franco-svizzera ed anche posteriormente. Erano però conversazioni che, al dire di questo ministro degli affari esteri, non doveano avere valore e carattere ufficiale; né io avrei potuto scambiarle per entrature costituenti una iniziativa da parte sua a trattare. Bisognava che l'opinione pubblica facesse ancora qualche passo dippiù per distaccarsi dal sistema protezionista ad oltranza e bisognava inoltre che un sufficiente periodo di pacificazione degli animi nei due Paesi escludesse il pericolo di veder intralciato dalle manifestazioni di reciproca

animosità politica il corso degli utili negoziati. L'interruzione di questi peggiorerebbe la situazione ed il signor Hanotaux non vorrebbe, dice egli, esporre le relazioni dei due Stati a siffatto pericolo.

Anche durante l'ultima sessione parlamentare un nucleo si era costituito per fare prevalere concetti più liberali nella politica commerciale della Francia. Il signor Léon Say, col quale ebbi a parlarne, mi assicurava che egli ed i suoi amici aveano deliberato di pigliare ormai un'iniziativa vigorosa per far ritornare il Paese ai concetti da loro sempre difesi contro la grande maggioranza aderente alle idee del signor Méline. Ma, o sia perché questi, in occasione della convenzione con la Svizzera, preferì transigere piuttosto che perdere la direzione di quella maggioranza, o sia perché veramente questa non accenna ancora ad abbandonare i concetti del protezionismo, il certo si è che la sessione del Parlamento si è chiusa senza che si siano veduti gli effetti manifesti dell'azione del signor Say e degli amici suoi. Potremmo aspettarci dippiù nel periodo della prossima sessione parlamentare che incomincia fra pochissimi giorni? Intanto le parole dell'ambasciatore francese a Roma significano che nel Governo attuale il signor Hanotaux professerebbe volontieri una politica commerciale diversa di quella che da parecchi anni è prevalsa in Francia.

Più importante, perché di più immediata applicazione, trovo essere la dichiarazione del signor Billot rispetto alla convenzione commerciale italo-tunisina. Al signor Hanotaux che dolevasi meco della interpretazione che l'opinione pubblica italiana e la stampa più seria del nostro Paese aveva voluto dare alla denunzia del trattato dell868, io avea, in una privata conversazione, fatto osservare che se, invece di avere fatto seguire alla denuncia le spiegazioni sue amichevoli, trasmesse per mezzo mio al R. Governo, egli avesse fatto quelle precedere alla medesima, il procedimento sarebbe forse stato più efficace e da noi se ne sarebbe probabilmente potuto tenere maggior conto. Quando il signor Billot venne a vedermi qui, prima di far ritorno al suo posto, io gli feci questa stessa osservazione ed è probabile che egli ne abbia da parte sua parlato con il signor Hanotaux sicché da questi gli saranno state impartite istruzioni per rinnovare quelle concilianti dichiarazioni.

In tutto il contegno tenuto dal Gabinetto di Parigi relativamente alla denunzia del trattato italo-tunisino, pare a me non potersi vedere altro che il desiderio da parte sua di evitare le discussioni che potrebbero inutilmente esacerbare i rapporti fra la Francia ed il nostro Paese. La stipulazione di una convenzione commerciale applicabile ai rapporti fra l'Italia e la Reggenza, in sostituzione di quella che fu denunciata, è, stando alle apparenze, fin qui desiderata dal signor Hanotaux. E parmi cosa notevole che di tale desiderio suo egli continui a fare cenno dopo le riserve di massima fatte da noi le quali tenderebbero a stabilire che con la Francia non vogliamo trattare di una nostra nuova convenzione tunisina.

In occasione di una mia visita recente al signor Hanotaux, gli dissi che dal mio Governo io era stato informato del linguaggio tenuto a Roma dal signor Billot e delle reciproche nostre buone disposizioni delle quali quell'ambasciatore della Repubblica era stato assicurato. Questo signor ministro degli affari esteri si compiaceva di sentire che il signor Billot si era affrettato di eseguire le istruzioni avute. Riunito che sia qui il Parlamento, soggiungeva il signor Hanotaux, egli potrà meglio indagare le prevalenti disposizioni dell'Assemblea ed è da sperarsi che queste permetteranno di occuparsi con profitto della questione degli interessi commerciali fra i due Paesi. Sarebbe presentemente prematuro il decidere se già sia venuto il momento di condurre a buon fine ciò che a quegli interessi si attiene. Non gioverebbe parlarne per ora. Conviene anzi nasconderne il pensiero per non risvegliare intempestivamente l'attenzione di oppositori accaniti che tutto metterebbero in opera per far fallire il progetto. Pur troppo, osservava il ministro, non ne mancano nei due Paesi. Poscia egli dolevasi che in alcuni diari italiani si proseguisse a parlare dell'affare del trattato tunisino in termini di una assoluta intransigenza. Era troppo chiaro che senza il concorso della Francia il bey di Tunisi non potrebbe stipulare una nuova convenzione. Perché dunque inasprire la questione con polemiche di tal fatta? Tutto ciò mi era detto con l'accento di una conversazione non ufficiale sicché io ne riferisco a V.E. non perché si abbia a prendere nota delle parole con le quali ho qui riprodotto il pensiero del ministro, o si 'abbia ad argomentare sulle medesime; ma soltanto per averne occasione di attestare una volta dippiù che il linguaggio del ministro degli affari esteri della Repubblica corrisponde ad un proposito di conciliare i divergenti interessi della Francia con l'Italia.

365 1 D. 42747/930, non pubblicato. 2 Billot aveva avuto anche un colloquio con Crispi il 12 ottobre, sul quale cfr. DDF, XII, cit., n. 171.

366

IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI, AL REGGENTE IL CONSOLATO AD ADEN, BIENENFELD, E AL DOTTOR NERAZZINI, A ZEILA

Roma, 19 ottobre 1895.

Il Messaggero, giornale di Roma, pubblica, sul numero 287 del 16 ottobre, il seguente telegramma: «Parigi, 15 (nostro telegramma). Le Matin annunzia che si intraprenderanno prossimamente grandi lavori per fare di Gibuti un porto commerciale per l'Harare lo Scioa». Prego V. S. di assumere informazioni in proposito e di riferirmele con cortese sollecitudine.

367

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA

D. RISERVATO 43987/131. Roma, 20 ottobre 1895.

Giovedì scorso (18 corrente) al consueto ricevimento ebdomadario del sottosegretario di Stato, questo incaricato d'affari di Rumania annunciò a S.E., per incarico del suo Governo, che il cambiamento di Ministero avvenuto a Bucarest non avrebbe conseguenza alcuna per la politica estera dello Stato.

S.M. il Re di Rumania, disse il signor Zamfiresco, aveva richiesto in proposito assicurazioni formali al signor Stourdza prima di affidargli la direzione della pubblica cosa. Ciò era stato tanto più necessario in quanto che il signor Stourdza aveva avuto difficoltà personali col conte Goluchowski allorché questi era stato ministro di S.M. Apostolica a Bucarest, difficoltà che il signor Stourdza assicurò essere ora appianate.

Il signor Zamfiresco soggiunse che sarebbero certo mutati i rappresentanti della Rumania a Pietroburgo ed a Parigi perché troppo vincolati col precedente Governo; e che probabilmente sarebbe dato anche un successore in Roma al signor Lahovary.

Di ciò informo V.S. per sua personale notizia, pregandola di volermi informare, a suo tempo, del significato da attribuirsi al mutamento della rappresentanza estera della Rumania, quale fu annunciato dal signor Zamfiresco1 .

366 1 Il dispaccio fu inviato al consolato ad Aden col n. 42836 e a Nerazzini col n. 42837. Bienenfcld rispose con R. 319/189 del 6 novembre che i lavori al porto di Gibuti erano fatti non per conto del Governo francese ma per conto delle Messageries Maritimes.

368

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 1375/584. Berlino, 20 ottobre 1895 (per. il 23).

Ho ricevuto stamane il documento annunziatomi da V.E. col telegramma del 16 corrente1 circa l'incidente del viaggio del re di Portogallo. Il giudizio che da esso emerge sulla condotta del Governo portoghese è pienamente conforme a quello emesso da questo Governo, allorché ricevette relazione dell'accaduto dall'ambasciata imperiale a Roma. *Il barone Marschall si espresse, fin d'allora, meco in termini sdegnosi per l'incapacità, la debolezza, del resto ben note, del Gabinetto di Lisbona. S.M.

Fedelissima arriverà qui il l o novembre; essa aveva fatto chiedere di anticipare di una settimana il suo arrivo, ma S.M. l'Imperatore rispose che non poteva riceverlo prima di quell'epoca, già precedentemente fissata. Di feste a Corte non si parla finora e Sua Maestà non farà col re Carlos, che si tratterrà qui pochi giorni, molti complimenti, tanto più dopo l'incidente del viaggio a Roma 2 . * Non mi riuscirà quindi, suppongo, difficile di corrispondere al desiderio espressomi da V.E. col telegramma succitato, di trovar modo cioè di scusarmi di non prendere parte alle feste che si faranno in onore del giovane sovrano estero. È però possibile, sebbene non probabile, qualche pranzo sia a Corte con invito a tutti gli ambasciatori, sia alla legazione di Portogallo. Con questa non esiterei a scusarmi con una improvvisa indisposizione o pregando in precedenza il ministro portoghese di non mandarmi invito. A Corte ciò mi sarebbe meno facile, senza scortesia verso l'imperatore, non parendomi naturalmente conveniente nè opportuno mischiare in certo qual modo ufficialmente Sua Maestà al nostro dissenso. Troverò ad ogni modo mezzo di uscirne; ma gradirei, per il caso non potessi farne a meno, di essere autorizzato da V.E. ad assentarmi da Berlino per pochi giorni. Ne approfitterei per fare una corsa a Parigi o altrove 3 , (se V.E. non creda addirittura chiamarmi a Roma) per affari privati 4•

367 1 Beccaria aveva riferito sul nuovo Gabinetto rumeno con R. riservato 1401(218 del 18 ottobre, che giunse a Roma il 23, di cui si pubblicano alcuni passi: <<Dalla presenza dei liberali al potere credo infatti non avremmo nulla a perdere. Non solo il signor Stourdza ed il signor Fleva, che fece parte dei suoi studi a Napoli, hanno molta simpatia per l'Italia e gli italiani, ma questo sentimento si riscontra in generale più nel campo dei liberali che in quello dei conservatori. Così pure non credo errare dicendo che mentre i signori Catargi e Lahovary, quantunque convertiti dalla ragione di Stato e dall'influenza del re alla politica d'intimità colla Triplice Alleanza, non hanno cessato dal nutrire in fondo del cuore una propensione personale verso la Francia, il signor Stourdza ed i suoi colleghi seguiranno invece quella politica con molta maggiore convinzione. I miei colleghi di Germania e d'Austria ebbero essi pure assicurazioni soddisfacenti al riguardo dall'attuale presidente del Consiglio. Il solo punto nero stava nell'atteggiamento assunto dal signor Stourdza nella quistione dei rumeni di Ungheria e nei discorsi aggressivi da lui pronunciati in proposito. Il conte Welsersheimb si sforzò di fargli capire, ed anche il re gliene tenne parola, che se egli, il conte Goluchowski, come pure l'imperatore, sono persuasi delle sue leali intenzioni, era però necessaria una sua dichiarazione in una forma qualsiasi per dileguare l 'impressione sfavorevole prodotta, in Ungheria specialmente, dal suo arrivo al potere e che troverebbe un eco non solo nella stampa, ma anche in Parlamento. Anche questo punto fu appianato, avendo il signor Stourdza promesso d'inserire in un discorso nel quale egli esporrà prossimamente a Jassy il suo programma di governo, un passo di natura a acquetare pienamente l'opinione pubblica in Austria-Ungheria ... Stourdza apprese oggi con viva soddisfazione dal re il rinnovamento degli accordi colla Triplice Alleanza che egli ignorava, e che nel passato Gabinetto erano noti soltanto ai signori Catargi, Lahovary e Carp». 368 1 Cfr. n. 355.

369

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL REGGENTE IL MINISTERO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA

T. S.N. Roma, 21 ottobre 1895, ore 13,16 1.

Ministro di Portogallo ha diretto oggi in data di ieri al ministro degli affari esteri una nota con cui il suo Governo annunzia essere aggiornata indefinitamente la visita di re Carlo a Roma, pretestando l'assenza da Roma del nostro augusto sovrano e l'impegno di re Carlo di trovarsi a giorno fisso presso altra Corte. La verità invece essendo ormai nota in tutta Europa per comunicazioni ufficiali ed ufficiose fatte a Parigi ed a Lisbona, ho creduto dover far pubblicare, a salvaguardia della responsabi

3 L'autorizzazione fu concessa da Blanc con T. 1971 del 26 ottobre, non pubblicato.

4 Si pubblica qui un passo del R. riservato 328/179 di Cariati del 18 ottobre: « ... già corre voce che, avendo la Germania fatto sentire in modo non equivoco la sua disapprovazione della condotta del Governo portoghese nella quistione del viaggio a Roma, il re rinunzierebbe, oltre che alla sua andata in Italia, anche alla sua visita a Berlino. Il re, intanto -aspettando forse che qualche deus ex machina appiani le difficoltà sempre più fitte che gli si ergono dintorno -guadagna tempo prolungando indefinitivamente il suo soggiorno in Francia ove, terminata la parte ufficiale del suo viaggio, passa le sue giornate in feste e cacce, circondato esclusivamente dall'alta aristocrazia monarchica troppo felice di così insperata occasione per un simulacro di Corte, per una resurrezione per quanto effimera essa si sia della etichetta di Versailles. È lecito chiedersi quanto possa piacere al Governo della Repubblica questo affichage del suo ospite reale coi meno conciliabili aristocratici del Faubourg Saint Germain>>. 369 1 Annotazione a margine: <<Comunicato al Ministero degli affari esteri da S.E. il presidente del Consiglio il 22 ottobre 1895>>.

lità e dignità del Governo italiano, dall'agenzia Stefani breve telegramma in data di Lisbona, in cui senza mettere in causa persona re Portogallo, si rimettono le cose a posto, annunciando che nostro incaricato di affari, ha avuto ordine di limitarsi alla trattazione degli affari correnti. La prego di rassegnare al nostro augusto sovrano gli omaggi miei devoti.

368 2 Il passo fra asterischi è ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., p. 203.

370

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PERRERO

T. 1927. Roma, 21 ottobre 1895, ore 19,10 1.

Dopo la sospensione dei nostri rapporti politici col Portogallo c'interessa essere informati da codesta ambasciata di quanto concerne i progetti di visita di re Carlo a codesta Corte e le accoglienze ufficiali che gli verranno fatte 2 .

371

IL REGGENTE IL MINISTERO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERN0, CRISPI

T. S.N. Monza, 21 ottobre 1895, ore 21,21 (per. ore 9 del 22) 1.

S.M. il Re ha preso conoscenza dei telegrammi dell'E.V. in data di oggi e di quelli spediti il 10 e 15 ottobre dal ministro degli affari esteri al nostro incaricato d'affari a Lisbona, e del telegramma di questi in data 20 corrente 2• Considerando, nonostante, che quest'ultimo telegramma accenna alla rinunzia assoluta al viaggio in Italia di S.M. il Re di Portogallo, mentre era condizionata quella partecipata all'E.V. dal suo ministro in Italia, ed in presenza dei violenti attacchi contro il Governo da parte della stampa italiana in questa circostanza, pare a S.M. il Re che potrebbe esser utile di far sapere al pubblico come si sono precisamente svolti i fatti; ossia come sin dal principio abbia manifestato all'E.V. l'assoluta sua volontà che la visita di S.M. il Re di Portogallo avesse luogo a Roma e non altrove, come venisse questa condizione accettata e

2 La risposta da Berlino del 22 ottobre (T. 1877) e quella da Londra del 28 ottobre (T. 1910) non si pubblicano. Cfr. per il seguito della questione il n. 396. 371 1 Annotazione a margine: <<Comunicato al Ministero degli affari esteri da S.E. il presidente del Consiglio il 22 ottobre 1895>>.

2 Cfr. nn. 351 e 369. Il T. 1866 del 20 ottobre di Cariati :.un è pubblicato.

la visita a Roma ufficialmente annunziata al Governo dal ministro di Portogallo, come, insorti preveduti ostacoli per parte della nunziatura a Lisbona, abbiano S.M. il Re ed il Governo tenuto fermo alle condizioni stabilite e finalmente in quali termini siasi dal Governo del Portogallo rinunziato alla annunziata visita a S.M. il Re. Sua Maestà desidera conoscere il parere di V.E. sulla opportunità dell'indicata pubblicazione3, che, in caso affermativo, verrebbe da lei fatta eseguire nei modi e nei termini giudicati i migliori e mi incarica porgere intanto i suoi affettuosi saluti.

370 1 A Londra il telegramma arrivò il 28 ottobre.

372

IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI, AL GOVERNO DELL'ERITREA

T. 1936. Roma, 22 ottobre 1895, ore 18,55.

Bienenfeld telegrafa1 che suo corrispondente Zeila scrive eccitazione Harar, vociferasi Menelik morto. Gibuti conferma notizia. Comunichi immediatamente al governatore2 .

373

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL REGGENTE IL MINISTERO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA

T. S.N. Roma, 22 ottobre 1895, ore 20.

Ringrazio Sua Maestà per avere voluto confortare l'operato del Governo col suo autorevole giudizio1 , ma parmi che bastino per ora la risposta fatta a Lisbona e il telegramma della «Stefani» 2• Aspettiamo gli ulteriori svolgimenti della questione fra i due Paesi per decidere se convenga fare una più esplicita esposizione delle cose avvenute. Del resto il Parlamento non può restare muto in questa occasione ed il Ministero saprà narrare i fatti. Ieri sera è venuto da me il ministro Vasconcellos3. Era dolentissimo, ed io gli risposi che come ministro del Portogallo non potevo riceverlo, né trattare di affari; lo ricevevo come vecchio amico, che avevo conosciuto fin dal 1859. Gli dissi, come amico, che il suo Governo aveva agito con molta leggerezza; che una volta annunziata ufficialmente la visita del suo sovrano non doveva ritirarsi e che, innanzi ali' Europa, il

2 Per la risposta cfr. n. 376. 373 1 Cfr. n. 371.

2 Cfr. n. 369.

3 Su questo colloquio esiste in ACS, Carte Crispi, un appunto, che non si pubblica.

Portogallo ha manifestato di avere preferito il papa al re d'Italia. Tra noi e il Vaticano è guerra, guerra interna, ma il Portogallo, col suo contegno, ha dato carattere internazionale alla questione del potere temporale. Ne viene per conseguenza che il Governo italiano, che tiene alla sua dignità ed al suo prestigio non può lasciare passare in silenzio quello ch'era avvenuto. Soggiunsi che per ora non sarà nominato il ministro d'Italia a Lisbona vedremo dappoi ciò che converrà fare. Il Vasconcellos era afflittissimo e fece appello alla nostra antica amicizia perché io trovassi una soluzione. Risposi che non ne vedevo alcuna possibile pel momento. Ci congedammo con parole di affetto. La prego di reiterare a Sua Maestà i sentimenti della mia profonda devozione.

371 3 Per la risposta di Crispi cfr. n. 373. 372 1 T. 1875, pari data, non pubblicato.

374

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

R. RISERVATO 3308. Adua, 22 ottobre 1895 (per. il 10 novembre).

Mi pare indispensabile esaminare brevemente la situazione creata dagli ultimi avvenimenti militari, cioè dalla dispersione delle forze di Mangascià nella frontiera meridionale dei suoi antichi possedimenti e dall'occupazione nostra permanente di Macallè, resa necessaria da motivi così militari come politici.

Da canto nostro abbiamo certo guadagnato in prestigio ed abbiamo sottratto una forza ragguardevole ad un'eventuale invasione scioana, forza che già travasi in paese proprio, in posizione forte ed all'avanguardia. Le nubi che, come avevo previsto fino dal giugno scorso, si sarebbero addensate al sud durante la stagione delle piogge, furono dissipate, ed abbiamo imposto ad amici od incerti e ad avversari col rapido spiegamento di forze.

Ma le felici operazioni di guerra che obbligano a sempre maggiore espansione territoriale per quanto giovino non bastano a riempire le grandi lacune che si manifestano nelle nostre truppe costrette a stare da Cassala a Macallè contro due nemici, relativamente all'Africa, davvero formidabili. In argomento mi riferisco al mio precedente rapporto del 15 corrente da Antalo 2 .

*l dervisci sono tenuti in rispetto dalla occupazione di Cassala, senza della quale essi dopo Agordat avrebbero rifatta sul Gasc la loro base di operazione contro la Colonia. Ma pur bisogna fronteggiarli con un mille cinquecento uomini, numero che non potrebbe senza imprudenza venire diminuito, anche se per supposizione assurda si volesse abbandonare Cassala, numero che è al disotto del minimum dei più arretrati e fortificati presidì inglesi verso il Sudan. E poi, per quanto

2 Cfr. LV 92, pp. 107-108.

terribile sia stato il colpo dato colla presa di Cassala al mahdismo, sarebbe follia il trascurare le più elementari precauzioni contro un eventuale, sia pur fugace, ridestarsi di esso.

Sulla frontiera sud, verso l'Etiopia, a tanta distanza dalla frontiera ovest che vi entrerebbe metà dell'Italia, fra monti aspri ed elevati, con pochi e malagevoli sentieri è pur necessario più che mai essere preparati a grossa guerra.* Credo che la marcia nostra rapidissima e con forze relativamente numerose insieme al combattimento di Debra Ailà abbiano scombussolato il piano nemico e forse paralizzato, almeno per ora, alla Corte di Menelik il partito di azione. Ma ancora non possiamo sapere quali effetti abbia prodotto, massime se si considera il carattere impressionabile e mobile degli abissini, i quali agiscono piuttosto d'impulso che in seguito a mature considerazioni.

Uno dei Regni di Etiopia -il Tigrè -colla città santa di Axum è in mano nostra: e francesi e russi soffiano nel fuoco, forniscono armi e magari denari e sono larghi di promesse, forse tanto più ampie ed incondizionate quanto meno sono in grado di mantenerle. D'altronde gli scioani, checchè se ne dica, non penano molto a fare la guerra -solleciti poi a ritirarsi dopo avere sterminato il paese.

Dunque dobbiamo essere pronti alla guerra in modo da prevenire qualsivoglia scacco, che scemerebbe alle nostre forze la splendida aureola della vittoria, la quale rende ora meno sensibile la grande sproporzione di numero. Ma si può continuare a lungo su questa difensiva con tante preoccupazioni e con tante spese, sempre in procinto di mobilizzare le nostre forze, richiamare bande e milizie e concentrare truppe ad Adigrat o a Macallè? E le minacce potrebbero crescere coll'andare del tempo perché Francia e Russia forse sarebbero indotte ad intervenire più efficacemente: e la Francia potrebbe per avventura dopo la guerra del Madagascar profittare delle circostanze per occupare più saldamente ed estendere verso l'interno la sua colonia di Obock, dando così un appoggio indiretto ed una spinta alle ostilità dello Scioa contro la Colonia.

Vero è che da tempo io apparecchio dovunque posso ogni difesa ed ogni controffesa. Scek Thala coi suoi musulmani è pronto a secondarci; i galla sono certo proclivi ad un movimento che li liberi dagli scioani; il sultano di Aussa è nelle nostre mani; parecchi capi d'oltre la nuova frontiera sono attratti nell'orbita nostra da ambizioni, speranze e gelosie. Ma questa macchina complessa non si muove se non viene dato l'impuso dall'Eritrea e se noi non siamo in grado di venire ai ferri corti. E tutto ciò costa molto danaro, molte cure e prolunga indefinitamente il tempo di dare assetto alla Colonia a vantaggio della colonizzazione. Finché minaccia la guerra non si può procedere risolutamente colle bande, coi capi feudali e col clero, e non si può trarre partito di sorta dal fertile paese.

*Dunque tutto ci spinge a cercare di uscire da una situazione spinosa per poter al più presto dare all'Italia una davvero fertile e promettente Colonia. E naturalmente due modi si presentano: o la pace, e la guerra. Per me sotto ogni rispetto, massime di fronte alla Nazione, è di gran lunga preferibile la pace. Ma un accomodamento durevole è esso possibile sia diretto col negus neghesti, sia indiretto innalzando al trono di Etiopia uno dei ras, per esempio ras Makonnen?*

A me è più difficile rispondere alla domanda che non alla E.V. perché codesto ministero da anni ha trattato col negus di Etiopia ed ha a di lui disposizione persone che lo conoscono da presso e perché più del Governo dell'Eritrea può vedere od indovinare le molle segrete e l'importanza dei maneggi russi e francesi allo Scioa. Da canto mio io non potrei trattare con Menelik senza far sospettare debolezza: e naturalmente il sospetto potrebbe condurre a meta diametralmente opposta.

Del resto io non ho mai trattato con lui ed egli ha sempre considerato come avverso il Governo (come egli suo l dire) di Massaua.

L'accomodamento con ras Makonnen, circa il quale mi telegrafa V.E. 3 , potrebbe per avventura condurre allo scopo quando si confermassero le vaghe voci che corrono circa la morte di Menelik e fosse aperta la lizza alla di lui successione. Allora Makonnen potrebbe apprezzare il gagliardo aiuto che gli verrebbe dalla vittoriosa Eritrea, relativamente vicina e padrona di così grande e bella parte di Etiopia; e potrebbe magari rassegnarsi ad accettare il Trattato di Uccialli sulle basi dell 'uti possidetis, e con esclusione di francesi e di russi.

Ma mi pare difficile (direi impossibile) che ras Makonnen si induca a qualche cosa di determinato e di positivo massime mentre è in vita Menelik ed attende il frutto che matura sull'albero: non è né dell'indole sua nè dell'ambiente che lo circonda assumere un impegno decisivo se non costretto dalla immediata necessità. Egli ci sarà largo di molte promesse e poi cercherà di tenersi in bilico fra noi e gli altri. Ad ogni modo Makonnen sa da Felter, e sino dall'anno scorso, che se egli sarà con noi avrà intero il nostro appoggio: e sa di poter fare assegnamento sopra di me.

*Makonnen si è già offerto come mediatore di pace: e sebbene egli per natura sua sia molto infido, pure in ciò pel momento ed in attesa dell'avvenire potrebbe essere sincero come credono Felter e Nerazzini.

Per conto mio credo debbasi tentare ogni via per un accomodamento ed una pace dignitosa sulle basi dei confini al sud di Macallè e del protettorato d'Italia in tutta l'Etiopia *4 . Non saprei suggerire il modo di concludere la pace; pure nel caso mi adoprerei con ogni cura ed impegno per giungere ad un risultato pratico.

Ma è d'uopo non perdere di vista la probabilità d'una guerra offensiva.

Badiamo però che essa esige ben altri preparativi, altre forze e ben altre spese che quelle impegnate fino ad ora perché è necessario spingerla a fondo senza correre pericolo di scacchi, siano pure parziali; e condotta la guerra a fondo, bisogna essere pronti ad organizzare saldamente il paese conquistato contro ogni eventualità. Certo che un atto vigoroso di questa natura darebbe all'Italia una grande Colonia la quale, dopo qualche anno, sicura da qualsiasi nemico esterno, potrebbe divenire singolarmente prospera ed utile sotto ogni rispetto; certo, questo della guerra sarebbe a lunga scadenza, il metodo più economico perché ci toglierebbe un pericolo permanente colle relative spese; ma i preparativi sono lunghi e dispendiosi perché una punta di quella natura non potrebbe essere fatta che coll'appoggio immediato di truppe bianche, e quindi con servizi che siamo ben lontani di avere. Converrebbe quindi risolversi presto per poter entrare in campagna a stagione propizia, cioè ai primi del

4 Nota del documento: <<Si potrebbe del resto anche essere larghi di concessioni territoriali quando si potesse formare un cuscinetto di capi interessati a mantenersi sotto l'egida sicura e potente della colonia italiana».

venturo ottobre. Alcuni mesi di calma preparazione non sarebbero certo soverchi per coordinare a quello scopo armi e politica e dare conveniente sviluppo alle nostre truppe ed ai nostri trasporti.

*Ad ogni modo credo mio dovere di insistere presso V. E. perché il Governo di Sua Maestà esamini da ogni suo lato la grave quistione. Elementi per un giudizio ve ne sono molti da parte del Governo della Colonia e presso il Ministero degli esteri; mi pare necessario che sieno esaminati in confronto delle condizioni politiche, diplomatiche, finanziarie etc. etc. del nostro Paese e sia presa una determinazione alla quale, conformandosi in tutte le opere sue, il governatore dell'Eritrea possa meglio corrispondere alla fiducia del ministero ed al proprio dovere nella più ardua, complicata e difficile delle missioni.*

374 1 Ed. in L V 92, pp. 111-114. I passi fra asterischi sono ed. anche in BARATIERl, Memorie d'Africa, cit., pp. 200-202.

374 3 Cfr. n. 362.

375

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, FRIOZZI DI CARIATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1886. Lisbona, 23 ottobre 1895, ore 15,57 (per. ore 6,30 del 24).

Mi consta che sarà dato al signor Carvalho y Vasconcellos un congedo indefinito, rimanendo il segretario della legazione incaricato della trattazione degli affari correnti. Il ministro degli affari esteri mi ha pregato di esprimere all'E.V il suo profondo rammarico per la situazione creata fra i due Paesi ed i suoi voti perché essa non abbia a prolungarsi, date le simpatie del Portogallo per il nostro Paese e le relazioni di parentela fra le due Corti. Il tuono della stampa portoghese è perfettamente conforme alle asserzioni del signor de Soveral. I giornali usano termini pieni di riguardo per l'Italia, la nostra Real Casa ed il Governo di Sua Maestà.

376

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 230 bis. Massaua, 23 ottobre 1895.

Adua, 23. Notizie dallo Scioa non confermano paralisi o morte Menelik2 . Senza ciò parmi impossibile indurre Makonnen trattavive basate uti possidetis protettorato

italiano in Etiopia. Ricordo trattative già iniziate da Felter. Parmi prematuro invio Nerazzini, anche perché Makonnen trovasi Scioa. Impossibile conoscere impressione fatta nello Scioa da nostro avanzarsi.

376 1 Ed. inLV91, p. 46 e inLV92, p. 114. 2 Risponde ai nn. 362 e 372.

377

IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI, AL MINISTRO AD ATENE, PISANI DOSSI

L. PERSONALE. Roma, 23 ottobre 1895.

Non ho risposto ancora alle molte tue lettere\ per ragioni che facilmente immaginerai: anzitutto, per mancanza di tempo; poi, per una quantità di preoccupazioni che mi tenevano sospeso (purtroppo ora ci si aggiungono quelle sulla salute di mamma mia, la quale soffre terribilmente per malattia di cuore); infine, perché gli avvenimenti ti andavano man mano rispondendo per me.

Approfitto di una momentanea assenza del ministro per scriverti queste due righe; tanto più che egli desidera ringraziarti per mio mezzo dei tuoi rapporti confidenziali2, di cui ascoltò da me la lettura col massimo interesse.

Anch'egli divide il tuo parere che con codesti signori non ci sia nulla da fare. Non so se l'esempio del contegno che teniamo ora col Portogallo potrà fare effetto in Grecia, ed indurre codesto Governo a più onesti consigli: probabilmente, no. Comunque poiché le cose si vanno intorbidando in Oriente, non è momento in cui la legazione d'Atene possa essere o vacante o soppressa. Chissà che non venga anche pei greci, date grosse complicazioni, il giorno del giudizio. Intanto un linguaggio che, senza voler essere minaccioso per niente, li faccia un po' pensare, potrebbe forse produrre, non molto, ma qualche effetto. E a te non manca, insieme all'occasione, anche la capacità di tenerlo, magari mettendo anche a profitto la tua virtù letteraria. Non so che cosa valgano intellettualmente codesti ministri, ma, se tu hai rapporti personali con essi, ti potrebbe servire la tua coltura, sia facendoli vergognare, sia col mettergli el didù sotto alla coa. Almeno, per le piccole cose. In quanto alle grosse non c'è da pensarci. È troppo evidente che la Grecia è un'appendice dell'accordo franco-russo. A meno che ... (come sono quelle principessine?).

Circa a quanto hai scritto sul vescovo, parmi necessario mettere un po' d'acqua nel tuo vino cattolico. Vedi come si mettono qui le cose col papa, e una certa armonia deve pur esservi in fatto di politica ecclesiastica tra l'interno e l'estero. lo sono tutt'altro che un mangiapreti, come direttore dell'Ufficio Mrica, faccio a monsignor Sogaro e a tutti i nostri missionari un mondo di cortesie e di piccoli benefici; sono anche convinto che i preti italiani sono fuori d'Italia assai migliori che in Italia: ma

non bisogna che essi contino più di noi, dei nostri rappresentanti ufficiali; e tu, se vuoi. puoi mettere benissimo il vescovo ai secondi e terzi posti, e far sentire in Grecia che prima viene l'Italia, poi, caso mai, se ed in quanto, il Vaticano. Dovessi pure, occorrendo, mettere per questo la mano in scarsella faresti sempre opera, non solo buona, ma utile a te. Tu devi lasciar traccia notevole e lodevole nella carriera, anche se intendi abbandonarla presto; e giacché la carriera stessa ti ha indirettamente messo in condizione di possedere i mezzi, cioè i bezzi, non devi dimenticarlo: qualche sacrificio che tu possa farle sarà una restituzione; e in ogni modo dimostrerai di essere, oltre che ricco, signore, cosa che non spiacerà ai tuoi figli, se avranno talento, anche se troveranno per ciò l'asse ereditario alquanto men pingue. In Grecia poi hai tanti modi di spendere con intellettuale godimento tuo, oltre che con onore della legazione!

Non ti domando perdono della franchezza. Sai che ti ho sempre detto la verità, anche se ti pareva dura, e più d'una volta hai convenuto che così ti avevo reso servigio. Non t'avrai certo a male se ora non muto.

Gradirò sapere, confidenzialmente, le ragioni del ritorno di Contarini, anche per sapermi regolare. Gigi è a Milano da giorni, dopo essere stato a Ferrara con me a vedere la povera mamma.

L'on. Crispi sta bene. Pel Traversi, ho dovuto dare io duemila lire sui fondi di questo ministero. Alla Boggiari ho dato l'altro ieri un sussidio di cinquanta lire. Eoni è ormai tutta cosa col nostro ministro, il quale col suo aiuto sta costruendo una villa deliziosa a Sant'Agnese. E così via.

Ossequiami la tua egregia signora, scrivimi, non ti formalizzare del mio silenzio ...

377 1 Cfr. n. 345. 2 Cfr. n. 342 e nota l allo stesso.

378

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 726/458. Pietroburgo, 23 ottobre 1895 (per. il 29).

Vengo adesso informato che Leontieff è stato giudicato da un tribunale segreto e relegato indefinitamente nelle proprietà di sua madre, poste nel governo di Cherson, con privazione dei diritti civili.

Il prefetto di Pietroburgo, generale de Wahl, si sarebbe espresso nei giorni scorsi in termini molto violenti contro di lui, ed avrebbe aggiunto che, se all'arrivo degli abissini egli non fosse stato in congedo, le cose si sarebbero passate diversamente.

Come V.E. rileverà dall'articolo della Gazzetta della borsa da me trasmesso oggi, l'azione recisa che abbiamo fatto prendere nella questione religiosa all'ecceghiè Teofilos, è stata un colpo da maestro che ha qui molto impressionato tutta questa gente e messo in una falsa e sgradevole posizione il metropolita ed il Santo Sinodo.

Sarebbe desiderabile che l'ecceghiè Teofilos eccitasse una simile reazione contro gli intrighi russi, anche nelle altre regioni dell'Abissinia.

379

IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA E PARIGI, ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, E AL GOVERNO DELL'ERITREN

D. RISERVATO 44356. Roma, 24 ottobre 1895.

Chiamo l'attenzione di V.E. (V.S.) sul rapporto qui unito in copia a stampa 2 , col quale il r. console a Tripoli riferisce alla r. ambasciata in Costantinopoli esser giunto in Bengasi il colonnello Sadek bey, aiutante in campo del sultano, addetto al Mabein, incaricato da S.M. il Sultano di una speciale missione presso lo sceik dei senussi.

Due altri messi segreti sarebbero stati inviati dal sultano, uno nell'Hedgiaz e l'altro nell'India.

L'invio di queste missioni, e specialmente di quella presso lo sceik dei senussi, autorevole per la persona e per il grado dei suoi componenti, potrebbe infatti avere relazione indiretta coi fatti d'Armenia e di Costantinopoli e mirare ad una generale riscossa del fanatismo musulmano.

380

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAISSA, AL MINISTRO DI PORTOGALLO A ROMA, CARVALHO Y VASCONCELLOS

L. Roma, 24 ottobre 1895.

Sono stato or ora all'albergo di Roma per dirle che, nelle attuali circostanze, il barone Blanc preferirebbe di ricevere scritta ogni comunicazione che V.E. credesse di fargli.

381

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA 1

T. RISERVATO 2162 . Roma, 25 3 ottobre 1895, ore 11,25.

Quando secondo le nostre previsioni risulti di fatto inefficace o non sinceramente applicata la soluzione degli affari armeni negoziata dalle tre Potenze, confi

2 Del 12 ottobre, non pubblicato. 381 1 Pansa, nominato ambasciatore a Costantinopoli con decreto del 15 settembre, aveva raggiunto la sede il 24 ottobre.

2 Minuta autografa.

3 Nel registro dei telegrammi riservati in partenza la data è 24 ma la minuta è del 25.

diamo che si riprenderà la questione in modo più conforme agli interessi degli armeni e dell'Italia. V.E. può in via riservatissima far intendere ciò al patriarca Izmirlian e mantenersi in intelligenze con lui.

379 1 Il dispaccio fu inviato anche al <<rappresentante a Zeila» Nerazzini.

382

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, PANSA, E A LONDRA, PERRERO

T. 1958. Roma, 25 ottobre 1895, ore 16,30.

L'ambasciatore di Germania mi ha comunicato verbalmente essere state date istruzioni al rappresentante germanico in Costantinopoli che nella nuova fase dei disordini ora ricominiciati colà, egli debba unirsi a quel che crederanno fare l'italiano e l'austriaco per appoggiare il loro collega inglese.

383

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL REGGENTE IL MINISTERO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA 1

T. S.N. Roma, 25 ottobre 1895, ore 20.

Decifri personalmente. Voglia informare S.M. il Re che ieri alle ore 16 fu tenuta sotto la mia presidenza una riunione dei ministri Blanc, Mocenni, Sonnino e del generale Primerano 2• Furono constatate le condizioni critiche della difesa nazionale; furono indicati i provvedimenti necessari per migliorare lo stato dell'esercito, la costruzione delle nuove artiglierie e tutto ciò che giovi alla facile e rapida locomozione delle truppe ed alle comunicazioni telegrafiche in caso di guerra. Dovettimo però sospendere ogni deliberazione in quanto all'attuazione per le ristrettezze del bilancio. Ho pregato Sonnino di farne oggetto dei suoi studii. Non le nascondo che sono molto preoccupato del grave argomento e che per ora non ho che a pregare Iddio che allontani la guerra dal nostro Paese. Ho incaricato il Mocenni di voler esaminare le condizioni dei nostri generali per proporre a Sua Maestà i nomi di coloro che dovranno comandare l'esercito in caso di guerra.

383 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi. 2 Cfr. n. 389, allegato.

384

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 231. Therapia, 25 ottobre 1895, ore 20,40 (per. ore 21,45).

Tre ambasciatorF hanno preso atto con leggere riserve della comunicazione loro fatta del regolamento per le riforme in Armenia. Con ciò si intende chiuso periodo dell'azione a tre. D'accordo con ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Germania, ho parlato ufficiosamente oggi con questo ministro degli affari esteri, affinché sia fatta a noi pure analoga comunicazione, in base a che sei Potenze si troveranno sullo stesso terreno per sorvegliare esecuzione riforme. Continuando giungere notizie inquietanti da diversi punti Asia Minore, abbiamo reiterato passi presso la Sublime Porta per chiedere pronte misure atte prevenire nuovi eccessi. Nel caso che situazione si aggravi terrò conto del cenno contenuto nell'ultimo telegramma di V.E. 2 .

385

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO 1

L. RISERVATA. Roma, 25 ottobre 1895.

Io non so quali impressioni siano rimaste nell'animo vostro dalla conferenza d'ierF. Io non posso nascondervi, che ne sono rattristato. Furon costatati i pericoli che correrebbe l'Italia in caso di guerra e l'impotenza del mio Governo a prevenirli.

Vi sarà guerra? Nissun dubbio. Soltanto è incerto il giorno nel quale scoppierà. Le Grandi Potenze sono pronte al terribile evento, e non possiamo credere che le medesime ci attenderanno per esserlo al pari di loro.

Il povero nostro Paese, dopo avere speso tesori, è in condizioni peggiori di quelle in cui era 30 anni addietro. È esposto ogni giorno ad una invasione straniera; e per opporre una difesa -l'avete sentito ieri dal Mocenni -ha bisogno di 21 giorni, perché tanto è il tempo necessario per raccogliere il nostro esercito.

Abbiamo fatto il pareggio; e sia pure. Siamo però in balìa delle altre Nazioni, e ci è quindi minacciato un disastro. E questa volta non sarà come al 1866, che, anche perdendo, ci fu data la Venezia. Oggi si tratta della nostra esistenza.

Aggiungete, che coadiutori del nemico esterno sono gli anarchici ed i clericali.

Rifletteteci, mettete in opera tutto l'ingegno vostro per provvedere ai casi nostri.

Voi siete giovane, e ci va dell'onor vostro3 .

2 Cfr. n. 382. 385 1 Dà Archivio Sonnino; ed. in SoNNINO, Carteggio 1891-1913, cit., p. 153.

2 Cfr. n. 383.

3 Per il seguito cfr. la lettera di Sonnino del 25 ottobre citata al n. 387, nota 2.

384 1 D'Inghilterra, Francia e Russia.

386

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 1401/595. Berlino, 25 ottobre 1895 (per. il 28).

La stampa tedesca si è occupata, come era naturale, dell'incidente della mancata visita del re di Portogallo alla Corte dei nostri augusti sovrani. La condotta del Governo portoghese, come V.E. avrà potuto rilevarlo anche dagli articoli che ho avuto già l'onore di inviarle, è giudicata, qui, generalmente con molta severità.

Trasmetto oggi, qui unito, un nuovo articolo della Kolnische-Zeitung1 , del quale mi permetto di segnalarle in modo speciale la fine.

Il fatto che le relazioni attuali tra Quirinale ed il Vaticano sieno tuttora come erano 25 anni fa, viene attribuito a colpa anche dei principi cattolici. Se essi avessero consacrato, col visitare il re, nella sua capitale, il riconoscimento del presente stato di cose in Italia, la Curia indubbiamente si sarebbe adattata già da tempo al fatto storico ed avrebbe riconosciuto il cambiamento politico in Roma come essa ha fatto in Francia ed altrove.

La Kolnische-Zeitung riflette generalmente il modo di vedere del Governo imperiale: nel caso presente posso assicurare V.E. che il commento del giornale è all'unisono coli' opinione di questi circoli dirigenti.

387

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO 1

L. PERSONALE. Roma, 26 ottobre 1895.

Lo studio sui mezzi per la difesa nazionale non sarebbe degno di voi, se non fosse difficile 2 .

Nissuno può affermare, che sia incerta e lontana la guerra; e però non si può attendere e rimandare a più tardi il lavoro di preparazione. Non mancano in Europa le esche dell'incendio; e tutti lo prevedono, e son pronti a prevenirlo, o, scoppiato, a spegnerlo.

stampa». 387 1 Da Archivio Sonnino; ed. in SoNNINO, Carteggio 1891-1913, cit., p. 157.

2 Risponde alla lettera di Sonnino del 25 ottobre, ore 20 (Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi; ed. in SoNNINO, Carteggio 1891-1913, pp. 153-157), di cui si pubblica qui solo la prima parte: <<Rispondo alla sua cortese lettera di oggi. Anch'io mi preoccupo spesso della nostra situazione militare, e fo ogni sforzo per sollecitare quel movimento di ripresa nelle entrate del bilancio, che, quando vada unito ad un rigorosissimo freno nella spesa di tutti gli altri servizi pubblici, potrà dare una maggiore risorsa ai nostri armamenti. Ma non è possibile mettersi, senza che nulla accenni ad una guerra immediata, sopra un piede di spesa militare che ora non potremmo sostenere e che ci riporterebbe nel disavanzo».

Noi abbiamo trovato, in tutti i versi, una posizione deplorevole, e sentiamo le conseguenze degli errori e delle dilapidazioni dei nostri predecessori. Abbiamo riparato in parte all'edifizio governativo con la restaurazione delle finanze, ma la nostra missione è incompleta, e non sarà durevole l'opera nostra, se non avremo assicurato al Paese l'integrità nazionale. Or questa integrità è sempre minacciata, finché non avremo assicurato la difesa dello Stato.

Ci vogliono generali che comandino; e l'altro giorno li chiesi al Mocenni. Ma quando li avremo avuti, i generali saranno inutili, se i tre milioni di uomini validi, che abbiamo, non avranno armi e mezzi di locomozione per correre rapidi sul luogo del pericolo.

Non è colpa nostra, se sono inefficaci le fortificazioni delle nostre frontiere. Ma sarà colpa nostra, se avvedutici del male, non vi avremo provveduto. Risparmiando oggi al Paese nuovi sacrifizii, correremo il rischio, che i sacrifizii saranno maggiori in caso di una guerra disastrosa. Rifletteteci, mio buon amico ... 3 .

386 1 Non si pubblica. Annotazioni a margine di Maissa: <<Al presidente del Consiglio». <<Cenno per la

388

IL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

L. PERSONALE. Roma, 26 ottobre 1895, ore 18.

La ringrazio della sua lettera di oggi 2•

Il punto fermo per me è questo: non spendere più di quel che ci fornisce l'entrata effettiva, cioè non rimetterei nel debito e sul falso. È possibile aumentare l'entrata? Oggi lo credo difficile, avendo da risolvere due grosse questioni: quella delle varie casse ferroviarie; e l'altra, assai più temibile, del catasto, che, se si lasciassero andare avanti le cose per la china, cagionerebbe la rovina del bilancio.

Tra un anno potremo forse creare nuove risorse per l'entrata, ma ora conviene lasciare riprendere fiato al Paese, dopo lo sforzo fatto. Data questa condizione di cose, ogni aumento attuale delle spese militari suonerebbe, a mio sentire, rovina certa, politica e finanziaria.

Ma come dunque rendere più efficace la nostra difesa, dentro il limite dei nostri mezzi e data la possibilità se non la probabilità di una guerra? La Svizzera ha mezzi minori dei nostri, ma il suo esercito darebbe da pensare a chi volesse offenderla; come dunque trarre dai nostri mezzi un'efficacia maggiore?

Primo: col migliorare, senza ulteriori indugi la qualità dell'alto personale militare.

Quindi, col concentrare i nostri mezzi attuali e i nostri sforzi, con l'obiettivo di ottenere un esercito di combattimento più pronto e maneggevole di quel che non sia

388 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi; ed. in SONNINO, Carteggio 1891-1913, cit., pp. 158-159.

2 Cfr. n. 387.

ora, e una maggiore preparazione di uomini e d'armi (per ora non di fortificazioni, perché ci vorrebbe troppo tempo) sulla frontiera più esposta, pel giorno stesso in cui scoppiassero le ostilità.

Con questo secondo mezzo, muniti meglio i corpi che stanno a difesa delle Alpi, difenderemo meglio per qualche giorno i passi non completamente fortificati. Col primo, avremo in mano uno strumento più utile, e affideremo i nostri alleati, che quel tanto che loro possiamo prestare di uomini e d'armi è veramente efficace e sarà dato in tempo. Meglio 100 e anche 80 mila uomini pienamente in assetto di guerra, che non cinque corpi d'armata troppo gonfi e non completamente organizzati. In sostanza anche la valle del Po si dovrà quasi certamente difendere sui Vosgi o sul Giura o forse sul Reno.

A quanto ci dice il ministro degli esteri, che ho di nuovo veduto stamane, la difesa dell'Italia meridionale può organizzarsi, senza pericolo, più lentantamente dopo dichiarate le ostilità, perché ad essa provvederà soprattutto la marina nostra e sperabilmente anche quella inglese. I nostri alleati ci chiedono pochi aiuti, ma quelli molto pronti e alla mano. Non vogliono la nostra cavalleria, che noi insistiamo a voler mandar loro, perché essa intralcerebbe la loro mobilitazione.

Dunque: l) concentrazione maggiore dei nostri mezzi militari verso i detti due scopi più immediati ed urgenti, senza un aumento di spesa che il bilancio non può sostenere; e 2) scelta, più ardita e risoluta, di coloro che dovranno condurre gli eserciti al fuoco. Promettiamo agli alleati non 5 ma soli 2 corpi d'armata, in pieno assetto di guerra entro il minimo tempo possibile; e. indicando fin da ora i due comandanti che dovranno guidarli.

Se i nostri ordinamenti militari si prestano poco a questa maggiore preparazione di alcuni reparti militari di fronte agli altri, sarà questione di studiare quali riforme si possano introdurvi con qualche sollecitudine.

È vano il parlare di 3 milioni di soldati sulla carta. Importa soprattutto, in realtà, di avere fin dal primo giorno delle ostilità o immediatamente dopo, i corpi a difesa delle Alpi e almeno due o tre corpi d'armata più pronti e muniti che non tutto il resto. Non deve essere questo un problema poi tanto insolubile. E con 230 milioni e più di spesa annua ci si dovrebbe arrivare. Ma per arrivarci bisogna spazzar via gl'incapaci e gl'inerti.

387 3 Per la risposta di Sonnino cfr. n. 388.

389

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PERRERO

D. GAB. RISERVATISSIMO PERSONALE1 . Roma, 27 ottobre 1895.

In via affatto segreta e personale credo dover mio acchiuderle alcuni appunti da me presi circa una conferenza tenuta testé, cui intervennero con me il presidente del Consiglio, i ministri della guerra e del tesoro ed il capo dello Stato Maggiore Genera

le. L'argomento delle nostre condizioni militari, in essa trattato, è di tale gravità per il Paese che ella consentirà meco sulla grave responsabilità che verrebbe incorsa da noi se trascurassimo di preparare più sincere e più complete che sia possibile le intelligenze eventuali 2 tra codesto Governo ed il nostro sulle condizioni pratiche ed effettive d'una eventuale cooperazione rapida ed efficace anche per parte nostra, qualunque sia la quantità di forze che ad una data azione colle nostre attuali risorse, si possano senza indugio adoperare. Mi affido all'alto sentimento che l'E.V. ha, come militare e come diplomatico, dei comuni doveri nostri verso il re e verso il Paese perché senz'alcuna considerazione che non sia quella suprema dei doveri stessi, ogni più schietto schiarimento ed ogni più intima intelligenza d'ordine pratico tra codesta ambasciata ed il R. Ministero degli esteri scongiuri il rischio di attuali malintesi o di eventuali sconcerti le cui conseguenze sarebbero incalcolabili.

ALLEGATO

PROMEMORIA3

Dato che l'esercito italiano non è considerato a Berlino e a Londra essere in istato di sufficiente preparazione\ si tratta di esaminare le misure da prendersi.

Queste misure sono limitate dall'assoluta necessità del pareggio del bilancio assicurato in questo esercizio. Però si è d'accordo di portare nei bilanci della guerra e della marina le economie che si possono fare negli altri ministeri specialmente all'istruzione pubblica e all'agricoltura e commercio; e il ministro del tesoro considerando essere impossibile oggidì di aumentare la spesa normale, fa voti perché essa sia meglio erogata, s'impegna a non diminuirla in nulla e promette di destinare alla guerra e alla marina tutto il sopravanzo che risulterà nei successivi bilanci dall'aumento degli introiti delle imposte o dalla riduzione delle spese negli altri ministeri. È vivamente raccomandato al ministro della guerra e al capo dello Stato Maggiore di fare ogni economia sulle immobilizzazioni, come sarebbero le fortificazioni e gli altri elementi di difesa locale e passiva, che non possono essere soddisfacenti se non con tempo e spese maggiori di quel che non lo consentano le attuali circostanze, e d'impiegare ogni somma disponibile, come fa il ministro della marina, per l'efficacia e la rapidità della forza combattente e del materiale di guerra che deve trovarsi pronto.

Il ministro degli affari esteri crede perfino che la nostra posizione politica sarebbe migliore se noi avessimo 300.000 uomini in perfetto stato d'istruzione, d'approvvigionamento e di rapidità d'azione controffensiva alla frontiera, e se considerassimo il resto dell'esercito come destinato alla difesa nazionale in seconda linea5; ad ogni modo egli considera almeno come indispensabili due punti:

l) che si faccia un inventario esatto delle risorse attualmente esistenti per una eventuale guerra, e che l'attribuzione di queste risorse sia concentrata su un numero di corpi d'e

sercito da determinarsi, dovendo questo numero dipendere precisamente dalle risorse che non si possono improvvisare come personale capace di comando, come forza istruita, e come materiale disponibile;

2) che a prevenire ogni possibile equivoco tra gli Stati Maggiori destinati a cooperare, si stabilisca che a tempo opportuno il ministro degli affari esteri inviterà il ministro della guerra e il capo di Stato Maggiore a conferire confidenzialmente colla persona eventualmente delegata dallo Stato Maggiore tedesco per concertare tutto il procedimento tecnico relativo a un'azione comune in prima linea.

Intanto resta convenuto che le amministrazioni della guerra indicheranno quanto prima le soluzioni possibili delle difficoltà constatate.

389 1 Il dispaccio fu inviato a Ferrero col n. 5 e a Lanza col n. 6.

389 2 La parola <<eventuali>> fu omessa nel!' esemplare del dispaccio trasmesso a Berlino. 3 Ed. in francese in SONNINO, Carteggio 1891-1913, cit., pp. 160-162, da una copia inviata da Blanc a Sonnino. 4 L'originale del promemoria reca a questo punto: <<siccome è stato spiegato al presidente del Consiglio dai generali Ferrera e Corvetta, la riunione presente ha per iscopO>>. 5 L'originale del promemoria reca qui: <<ma siccome questo desideratum incontra una persistente opposizione>>.

390

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL MINISTRO DEL TEROSO, SONNINO 1

L. RISERVATA. Roma, 27 ottobre 1895 2 .

La vostra d'ierP mi giunse ad ora tarda. L'ho letta, e mi accorgo che è inutile discutere.

L'Italia deve correr la sorte; e saremo impotenti a prevenire il male che le sovrasta.

Lo stato delle cose è questo:

alla frontiera francese, da Nizza a Besançon, sono 300.000 uomini d'ogni arma, muniti di tutto, pronti a marciare. Se pur domani avessimo un generale intelligente, esperto, valoroso, esso sarebbe vinto, perché, quando il nemico sarà entrato in Italia, nulla potrebbe apporvi pel corso di 21 giorni. E in 21 giorni i francesi avranno occupato le nostre maggiori città.

Tre sono i punti che ci dividono:

Le armi, la cui fabbricazione vorreste sospesa.

La locomozione, che non può essere rapida e la quale non si può, avvenendo il bisogno, improvvisare. L'aumento, in tempo di pace, degli uomini nelle compagnie, ed i quali vuolsi che rimangano quanti sono al presente. La guerra, voi dite, si farà ai Vosgi, e là si decideranno i destini della Francia e degli alleati.

A parte la mia convinzione, che la guerra si farà anche ai piedi delle Alpi, stando agli attuali armamenti -e noi per la nostra debolezza non possiamo impedirla ai Vosgi non potremmo giungere, perché i corpi di esercito nostri non sarebbero pron

2 Sull'originale Sonnino ha annotato: «ricevuta alle 21».

3 Cfr. n. 388.

ti a marciare sin là, ed, ove pronti, mancherebbe nelle nostre ferrovie il materiale mobile per trasportarveli.

E se la guerra si facesse senza di noi, giusta la promessa data da due dei nostri predecessori, il vincitore, chiunque esso fosse, sarebbe compensato a spese del nostro Paese, siccome sempre avvenne nei tempi in cui l'Italia non poteva esercitare la sua volontà.

Ed avvertite, che ai giorni nostri i vinti sono condannati a cedere una parte dei loro territorii ed a pagare miliardi d'indennità. Altro che imposte nuove allora. Qui mi fermo e rimando la discussione ad un altro congresso, con intervento di alcuni dei nostri colleghi.

390 1 Da Archivio Sonnino; ed. in SoNNINO, Carteggio 1891-1913, cit., pp. 162-163.

391

IL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

L. PERSONALE. Roma, 28 ottobre 1895, ore 23.

Non per prolungare la discussione scritta, ma per rettificare un punto dove temo di essere stato frainteso, mi preme soggiungere che se ho parlato di soppressione di varie fabbriche d'armi, non è punto pel desiderio di sospendere la fabbricazione o di ridurla, ma invece di attivarla maggiormente e concentrandola tutta a Terni, dove con eguale spesa si otterrebbe una produzione molto maggiore e migliore di quel che non si ottenga ora nelle varie fabbriche disseminate; ciò secondo le stesse dichiarazioni del ministro della guerra.

392

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI E VIENNA

T. 1993. Roma, 29 ottobre 1895, ore 14.

Baratieri telegrafa1 che da Gibuti continua importazione armi francesi per Scioa e per Somalia.

391 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi; ed. in SONNINO, Carteggio 1891-1913, cit., p. 163. 392 1 T. 1911 del 28 ottobre, non pubblicato.

393

IL CAPO DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, PRIMERANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

L. PERSONALE. Roma, 29 ottobre 1895.

Parlando stamane col ministro Mocenni si ricadde sulla quistione del deficientissimo bilancio della guerra. I corpi di truppa sono veri scheletri! Se non si provvede a rinforzarli tornerà in campo la proposta di ridurre il numero dei corpi d'armata, e questa volta si realizzerebbe il desiderio del Ricotti. Voi solo potete scongiurare questo fatto, che senza produrre vera economia, sconvolgerebbe tutto il nostro sistema di mobilitazione e sarebbe un vero disastro materiale e morale all'interno ed all'estero. È mai possibile che tutti i ministri si rifiutino di rinunziare temporaneamente a qualche parte secondaria del loro programma per venire in aiuto dei bilanci militari, mentre esercito ed armata sono il solo vero e reale puntello del nostro edifizio, minato all'interno dai partiti estremi radicali rossi e neri, inviso all'estero a molti, e poco apprezzato dagli alleati?

E si può lesinare sui bilanci militari quando tutta Europa, compresi gli Stati neutrali da 25 anni si apparecchia alla inevitabile conflagrazione generale che è sospesa a debol filo? È superfluo dire questo a voi lo so, ma crederei tradire il mio dovere se non vi manifestassi tutta la preoccupazione che mi cagiona questo stato di cose. Accordatemi o meglio continuatemi la vostra protezione e benevolenza.

394

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 3290/897. Vienna, 30 ottobre 1895 (per. il 1° novembre).

Benché i movimenti di Macedonia siansi calmati, e quel Paese si trovi ora in uno stato di relativa pacificazione, tuttavia il Gabinetto di Vienna non si tiene rassicurato, se si lascia passare il tempo utile per ottenere dalla Porta quelle concessioni, che sono riputate le più indispensabili. Il conte Goluchowski mi disse oggi che egli teme, che se la Porta rimane nella solita inazione, i movimenti abbiano a rinnovarsi in primavera, rendendo allora più difficile ogni concessione, e creando colà una situazione piena di pericoli per la pace d'Oriente. Il ministro imperiale non m'indicò quali dovessero essere queste concessioni, limitandosi a dirmi che basterebbero, per dare alle popolazioni la necessaria soddisfazione, poche riforme circa l'istituzione di giudici e altre d'ordine amministrativo.

Secondo il pensiero del conte Goluchowski, le Grandi Potenze dovrebbero profittare del prossimo inverno e dell'attuale quiete in Macedonia, per spingere la Sublime Porta a fare queste concessioni, sulla cui entità gli ambasciatori a Costantinopoli avrebbero a concertarsi, per poi suggerirle, non collettivamente, ma in senso identico, al Governo del sultano, dopo averne avuto l'ordine dai rispettivi Gabinetti.

Il ministro i. e r. degli affari esteri si riserva di fare ai vari Governi una comunicazione a questo proposito, e spera che, trattandosi d'un interesse generale, come è quello della pace in Oriente, tutte le Potenze si troveranno concordi in queste vedute.

Intanto egli mi diede incarico di ragguagliare di tutto fin d'ora l'E.V., nella fiducia di averla consenziente, quando la proposta le sarà sottomessa1 .

393 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi.

395

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 1918. Parigi, 31 ottobre 1895, ore 12,37 (per. ore 15,10).

Nuovo Gabinetto presieduto da Bourgeois è ormai costituito con Hanotaux agli esterP. Se non nascono difficoltà ultimo momento, Ministero sarà annunziato stasera

o domattina. Nella nuova combinazione presidente e alcuni principali suoi amici sono considerati come animati di buoni sentimenti verso l'Italia.

396

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 1920. Berlino, 31 ottobre 1895, ore 16,25 (per. ore 17,10).

Segretario di Stato Dipartimento esteri quasi volendo scusare ricevimento re del Portogallo, mi disse ierisera confidenzialmente che, stante incidente viaggio Roma, feste sono state ridotte stretto limite convenienza, non vi sarà ricevimento ufficiale

Berlino, ma solo al Neuen Palast a Potsdam ove re del Portogallo alloggia. Sabato pranzo a Potsdam senza invito corpo diplomatico. Domenica Loro Maestà interverranno Opera ove avrà luogo non la così detta rappresentazione di gala, ma soltanto teatro paré. Giornali parlano appena arrivo re del Portogallo. *Non credo necessario di assentarmi*.

394 1 Per la risposta cfr. n. 453. 395 1 Cfr. quanto comunicava Tornielli a proposito di Hanotaux con R. riservato 3700/992 dello stesso 31 ottobre: <<La singolare posizione extra parlamentare fatta a questo ministro, gli permette di rimanere in un Gabinetto che nelle questioni della politica interna e finanziaria professerà principii in molte cose assai diversi di quelli che erano adottati dalla precedente amministrazione. Questa singolarità, od anormalità, vuoi essere considerata come una concessione che l'opinione generale del Paese fa alla Russia, o, per dire meglio, al desiderio presso che unanime in Francia di vedere continuata la politica che s'impernia sulla alleanza con quell'Impero». 396 1 Ed., con l'omissione della frase fra asterischi, in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 203-204.

397

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PERRERO, E A VIENNA, NIGRA

D. GAB. SEGRET01 . Roma, 31 ottobre 1895.

Col mio dispaccio del 4 maggio 2 , informavo V. E. come il Governo spagnuolo avesse lasciato passare senza rinnovamento la scadenza degli accordi politici segreti precedentemente esistenti tra l'Italia e la Spagna.

Col mio successivo dispaccio del 16 giugno 3 , recavo a notizia dell'E.V. che l'ambasciatore di Spagna, conte di Benomar, mi aveva dichiarato di essere munito d'istruzioni per negoziare nuovi simili accordi; aggiungevo le ragioni per le quali un rinnovamento puro e semplice era giudicato dal Governo del re non corrispondente alla realtà delle cose, né giovevole allo scopo comune; e conchiudevo come mi proponessi di offrire al Governo spagnuolo, in cambio della sua ufficiale proposta, la scelta di una eguaglianza di posizione con quella in cui si trovano reciprocamente la Germania e l'Austria-Ungheria per impegni pubblicati; oppure con quella in cui si trova l'Italia verso i due Imperi per accordi di tenore segreto, ma di esistenza ufficialmente riconosciuta; od, infine, con quella esistente tra noi e l 'Inghilterra per interessi comuni, cui le due Potenze si riservano di provvedere con opportuni concerti, secondo le eventualità.

Nel corso dei miei colloqui col conte di Benomar, per maggiore precauzione contro ogni equivoco, io comunicai confidenzialmente a S. E. un sunto di osservazioni circa la politica seguita dalla Spagna, mentre gli accordi segreti ora scaduti erano in vigore; e di questi appunti inviai copia a V. E. col mio dispaccio segreto del 4 luglio 4 .

Il 28 corrente, mi fu fatta dal conte di Benomar la comunicazione che risulta dal rapporto da lui diretto al suo Governo in data del 29 ottobre, del quale egli si compiacque di darmi copia. V. E. troverà qui unita la traduzione di quel documento, dal quale risulta altresì il senso della risposta da me fatta all'ambasciatore spagnuolo.

va in congedo.

2 Cfr. n. 84.

3 Cfr. n. 164.

4 Cfr. n. 200.

Mi auguro che l'intelligenza di massima 5 , così stabilita, possa condurre la Spagna nelle sue relazioni con noi ad una comunanza di propositi e di pratico indirizzo più effettiva che non sia stata pel passato, e che lo sviluppo ulteriore di quelle intelligenze possa realmente collegare la Spagna alla Triplice Alleanza.

Prego l'E. V. di voler comunicare confidenzialmente a codesto Governo: l) copia del presente dispaccio; 2) copia del sunto di osservazioni annesso al mio dispaccio a V. E. del 4 luglio; 3) la traduzione del rapporto diretto dal conte di Benomar al suo Governo,

quale è annessa al presente dispaccio 6 .

ALLEGATO

L'AMBASCIATORE DI SPAGNA A ROMA, BENOMAR, AL MINISTRO DI STATO SPAGNOLO, TETUAN 7

Roma, 29 ottobre 1895.

In adempimento delle istruzioni di V.E., ed uniformandomi ad esse, ho fatto oggi al signor barone Blanc, ministro degli affari esteri, le seguenti dichiarazioni:

<<Ho trasmesso puntualmente ed esattamente al duca di Tetuan quanto V.E. mi ha esposto nei nostri colloqui, ed il duca, tenendo le dichiarazioni di lei nella dovuta considerazione, mi ha comunicato le sue istruzioni:

Il Governo spagnuolo, come ebbi l'onore di dichiararlo a V.E. nel nostro colloquio de124 di giugno, si trova ora nella stessa situazione in cui si trovava il 4 maggio 1891, allorché fu firmata la rinnovazione del patto segreto; e, con patto o senza patto, esso procederà in perfetto accordo coll'Italia, la Germania, e l'Austria in tutto ciò che si riferisce al sostegno del principio monarchico, ed alle altre questioni nelle quali i loro interessi sono comuni.

In questo concetto, e desiderando di mantenere questa buona intelligenza, nella forma che il Governo italiano giudica oggi più adeguata e conveniente, per la conservazione delle buone e cordiali relazioni colla Spagna, il duca di Tetuan entra nell'ordine di idee che V.E. mi espose nel nostro abboccamento del 24 giugno e mi ripeté in quello del 3 luglio, che, cioè, ella credeva miglior consiglio lasciare le cose come stanno, e !imitarci ad addivenire per ogni singolo caso ad un accordo speciale, come fa l'Italia coll'Inghilterra.

Il duca di Tetuan desidera che, nel fare a V.E. le precedenti dichiarazioni, io l'assicuri che, per gli accordi ulteriori speciali i quali potranno aver luogo, V.E. troverà in lui il desiderio più sincero d'intenderei, come pure egli mi ordina in ispecial modo che io affermi a V.E., senza qualsiasi riserva, come la politica di franca e leale amicizia, che mantenne col Governo italiano nel precedente periodo ministeriale, sia quella stessa alla quale si ispira e si ispirerà il duca

6 I documenti da comunicare a Vienna vennero così modificati in un secondo tempo: «l) copia del dispaccio da me diretto a V.E. in data del 16 giugno 1895 con il promemoria annesso al medesimo; 2) copia del dispaccio da me diretto a V.E. in data del4 luglio 1895 e del sunto di osservazioni annesso al medesimo; 3) copia del presente dispaccio e del suo annesso» (D. s.n. di Maissa a Nigra del19 novembre).

7 Ed. in spagnolo in CURATO, La questione marocchina, cit., pp. 641-644.

di Tetuan, nell'attuale periodo, a tal punto che, con accordi o senza accordi segreti, l'Italia non avrà amico più leale e le mie pubbliche manifestazioni come ambasciatore non saranno meno espansive ed ostensibili nelle occasioni che si presenteranno e delle quali io potrò valermi, di quelle che Mandas abbia potuto fare a Parigi. Il duca di Tetuan sarà lieto di mantenersi in costante intelligenza e scambio di impressioni con il barone Blanc in tutti gli affari che possono interessare le due Nazioni.

A tutte le osservazioni che V.E. fece in diverse occasioni, riferentisi pressoché tutte ad atti del precedente Ministero, il duca ha risposto in modo dettagliato e soddisfacente. Il giorno che V.E. stimerà opportuno che le esaminiamo, V.E. riceverà le spiegazioni convenienti. La importanza dell'affare che oggi ci occupa fa sì, che, a mio avviso, sia per ora preferibile non entrare in particolari.

Fedele alla linea di condotta che, fin dal principio, si è tracciata, il Governo spagnuolo nutre verso la Germania e l'Austria gli stessi sentimenti e gli stessi propositi dai quali esso è animato verso l'Italia.

Il duca di Tetuan mi ha incaricato di dichiarare, in suo nome, a V.E. che sin quando egli rimarrà ministro di Stato, non abbisognano patti pubblici o segreti, perché l'Italia conta il Governo spagnuolo tra i suoi migliori e più <<sinceri amici>>.

Il signor barone Blanc rispose ringraziandomi per queste dichiarazioni ed affermandosi interamente d'accordo con le indicazioni di V.E., poiché credeva che la cosa migliore e più conveniente era di creare, fra i due Governi, una situazione di assoluta fiducia addivenendo, in ogni caso, come farà l'Italia coll'Inghilterra, *quando sia opportuno* 8 , ad accordi parziali sopra le questioni che interessano le due Nazioni, comunicandosi inoltre le proprie impressioni ed informazioni intorno alle medesime.

S.E. aggiunse che il nuovo ambasciatore barone De Renzis, avrà istruzioni in questo senso.

Il signor barone Blanc m'annunziò che comunicherà questo nostro accordo ai Gabinetti di Berlino e di Vienna, per la qual cosa teneva pronto un corriere di Gabinetto ed aggiunse che ci aiuterà a far scomparire le difficoltà che esistono con alcuna di quelle Potenze, poiché considera interesse di tutti che la fiducia assoluta che ora si crea tra la Spagna e l'Italia, si estenda agli alleati di questa.

S.E. raccomandò in modo speciale la conservazione delle buone relazioni che la Spagna mantiene oggi coll'Inghilterra, per il quale scopo converrebbe che l'ambasciatore di Spagna a Londra si mantenesse in rapporti col suo collega di Italia, il generale Ferrera, che gode di tutta la fiducia del re e che, per le sue condizioni personali, merita speciale considerazione.

Riguardo alle osservazioni che mi fece tempo addietro, e che io comunicai a V.E., il signor barone Blanc crede miglior partito, e me lo dichiarò in termini cortesi, di !asciarle per più tardi, sperando, tuttavia, che la parte attendibile di esse, quntunque si riferisca ad atti del precedente Ministero, sarà presa da V.E. in considerazione per ulteriori accordi.

Il signor barone Blanc mi incaricò, in termini molto affettuosi, che io trasmettessi a V.E. la espressione dei suoi sentimenti di vera amicizia.

Nel porre fine al nostro colloquio, abbiamo ambedue constatato che, con questo accordo, si crea tra la Spagna e l'Italia una posizione di reciproca e cordiale fiducia, la quale si svolgerà a mezzo di ulteriori accordi speciali>>.

Per essere sicuro di trasmettere a V.E. con esattezza le importanti dichiarazioni di questo signor ministro degli affari esteri, gli ho dato comunicazione della minuta di questo rapporto e

S.E. l'ha approvata.

397 x Le parole fra asterischi furono aggiunte da Blanc sulla minuta sottopostagli da Ben ornar per l'approvazione.

397 1 Il dispaccio fu inviato col n. 7 a Londra, col n. 8 a Berlino e col n. 9 a Milano, dove Nigra si trova

397 5 Secondo il testo spagnolo del rapporto di Benomar ed. in allegato e secondo Curato si trattava di un <<accordo verbale>>.

398

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 3699/991. Parigi, 31 ottobre 1895 (per. il 3 novembre).

I sintomi di un ravvicinamento significativo fra Parigi e Madrid si fanno ancor più frequenti dacché il partito conservatore ha ripreso il potere in !spagna. Pochi giorni or sono la regina reggente decorava il signor Ribot del gran collare di Carlo III ed oggi si conferisce al presidente della Repubblica il tosone d'oro. Nessun fatto noto spiega queste dimostrazioni le quali non debbono passare inosservate. Ho l'impressione, non fondata sovra prove, che fra Parigi e Madrid si sia passato qualche cosa negli ultimi tempi e che questo qualche cosa non sia in armonia con la posizione della Spagna rispetto all'Italia ed ai suoi alleati.

399

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1926. Parigi, 10 novembre 1895, ore 12,50 (per. ore 14,50).

Hanotaux non essendo riuscito a imporre a nuovo Gabinetto accettazione del trattato del Madagascar senza revisione, si è ritirato dalla nuova combinazione. È annunziato come suo successore Decrais che fu ambasciatore a Roma, Vienna e Londra, uomo di temperamento mite e di scarsa iniziativa personale. La prevalenza del concetto che dare soddisfazione agli interessi della Potenza protettrice non bastano le clausole trattato Madagascar, non è di buon augurio per gli accomodamenti che la condizione nostra a Tunisi farebbe desiderare.

400

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

L. PERSONALE. Roma, 1° novembre 1895.

Le scrivo oggi per pregarla di mandarmi d'urgenza il suo progetto definitivo per la colonizzazione. Il motivo determinante dell'urgenza è che nell'ultimo Consiglio dei ministri, riconosciutosi che al malessere di parte delle popolazioni sofferenti, specialmente in Sicilia, si debba rimediare anche coll'emigrazione e colonizzazione dell'Eritrea, venne deciso che io avrei d'urgenza proposto un progetto concertato coi colleghi, Sonnino, Ferraris e Barazzuoli, in base alle proposte di lei.

Malgrado l'impressione prodotta da certe polemiche, ed anche dall'opuscolo non privo di merito dello Scarfoglio, confido che non si riuscirà dagli avversari della politica coloniale a far prevalere il concetto che essa sia ora intralciata per mancanza di chiari intendimenti sul da farsi. Pareva a me che qualunque potessero essere le determinazioni di lei in quanto alla convenienza o possibilità di operazioni militari ulteriori, presenti o future, fosse il caso di mirare attualmente ad un'azione diplomatica o politica sui capi, e specialmente su Makonnen, e le telegrafai in tal senso\ non per darle suggerimenti dei quali non ha certo bisogno, essendo miglior giudice sui luoghi, ma per assicurarla dell'appoggio del ministero in tale via. Dopo la sua risposta, seguita da notizie non ancora chiarite circa l'oscura condizione di cose dello Scioa, aspettiamo con fiducia in lei, e non senza -desiderio di conoscerli appieno, gli apprezzamenti suoi sulla situazione e sulle risoluzioni ch'essa possa consigliare; quanto ella crederà di potermi scrivere al riguardo anche in via confidenziale e personale, se lo stimerà del caso, sarà da me utilizzato colla eventuale riservatezza ch'ella possa volere, e col più vivo proposito di assecondarla nei limiti del possibile materiale e morale.

È comune interesse del Governo dell'Eritrea e del Ministero che all'apertura del Parlamento si possa procedere d'accordo col Parlamento stesso e con cognizione di causa. Le sarò dunque grato di ogni utile indicazione che ella ben voglia senza indugio dirigermi.

401

COLLOQUIO FRA IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, E L'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A ROMA, PASETTI

APPUNTO. [Roma,] 2 novembre 1895.

Il 2 novembre S.E. il barone Pasetti fece nel pomeriggio la sua prima visita al barone Blanc.

Nel lungo colloquio che egli ebbe col ministro manifestò, oltre agli intendimenti più amichevoli, l'intenzione di procedere ad accordi pratici in tutte le questioni più importanti del giorno, e specialmente nelle orientali.

Ammise che il conte Kalnocky non aveva mostrato di voler dare carattere pratico alla alleanza in tali questioni, ed aggiunse che il conte Goluchowski vede invece le cose in modo conforme al linguaggio tenuto da esso Pasetti al ministro.

400 1 Cfr. n. 362.

402

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 1133/513. Londra, 2 novembre 1895 (per. il 6).

Mi riferisco al rapporto da me diretto a V.E. il 24 agosto scorso n. 959/4221 .

Non avevo creduto opportuno, giusta quanto esponevo alla E.V. in quell'occasione, di rivolgere formali domande a questo Governo per una cessione anche parziale del porto di Kisimayo che ero persuaso non avrebbero avuto favorevole accoglienza nelle attuali circostanze. In conversazioni avute col Foreign Office avevo però accennato a questa questione in modo da preparare il terreno a futuri accordi quando speciali evenienze li potessero per avventura rendere possibili.

Gli argomenti da me esposti sono stati presi in considerazione da lord Salisbury, il quale mi ha testè diretto la nota che qui unisco in copia2 , colla quale si offrono all'Italia speciali facilitazioni per usufruire del porto di Kisimayo in modo di compensarla della mancanza nei suoi possessi del Benadir di un porto propizio al suo commercio con quel Paese.

È questa una prova del buon volere e dell'amicizia di questo Governo verso di noi che non voglio tardare a far nota all'E.V. Per potermi pronunziare in merito al valore della offerta fattaci mi mancano per ora i dati topografici necessari ed una conoscenza di quelle località che potrò soltanto formarmi quando avrò ricevuto da questo Ministero degli esteri gli schizzi di carte e gli appunti di cui mi fu già fatta promessa. Avrò quindi l'onore di riscrivere in proposito fra breve a V.E. Mi limiterò per ora a ringraziare verbalmente lord Salisbury della sua comunicazione, riserbandomi di rispondere alla sua offerta quando mi saranno note le intenzioni del R. Governo3 .

403

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 3728/1002. Parigi, 4 novembre 1895 (per. l' 8).

Nell'ultimo colloquio che ebbi il mattino del 31 ottobre con il signor Hanotaux, questi sembrava persuaso che le condizioni da lui poste alla sua permanenza al Ministero per gli affari esteri sarebbero accettate dal signor Bourgeois e dagli amici e, prendendo in considerazione questa ipotesi, egli osservava che le simpatie che il nuovo

2 Non si pubblica.

3 Per il seguito della questione cfr. n. 553.

presidente del Consiglio ed alcuni dei suoi autorevoli amici professano per l'Italia, faciliterebbero quelle intese intorno alle quali più volte avevamo conversato insieme. In questa stessa occasione il signor Hanotaux mi disse credere egli che il signor Bourgeois fosse in rapporti personali con S.E. Crispi e che erano note le simpatie del signor Lockroy per il nostro Paese e le relazioni sue con il gruppo d'uomini politici che in Italia ed in Francia cooperano alla buona intelligenza fra le due Nazioni.

Mi sembrò che, rettamente interpretate, le parole del signor Hanotaux potessero voler dire che, ove egli rimanesse ministro degli affari esteri nel Gabinetto Bourgeois, non avrebbe incontrato, per la risoluzione delle questioni interessanti le relazioni dell'Italia con la Francia, le opposizioni con le quali forse egli o avea già dovuto contare, od avrebbe dovuto contare più tardi da parte di alcuno fra i componenti del precedente Ministero. lo ebbi infatti ognora l'impressione che, a trattenere il signor Hanotaux dal dare seguito alle sue idee di componimento delle questioni aperte con l'Italia, intervenissero ostacoli che partivano da quelli principalmente fra i suoi colleghi che avendo contatto con il Parlamento, al quale egli non apparteneva, opponevano alle sue buone disposizioni la difficoltà che queste s'avessero a trovare all'unisono con quelle delle Camere francesi. Non mi accorsi mai che nell'animo suo albergasse il pensiero che la tensione dei rapporti con la Francia fosse un mezzo di indebolire le forze italiane, concetto che invece predominava per certo nella mente del signor Ribot e di qualcuno dei colleghi suoi.

Queste indicazioni retrospettive mi sembrano opportune per precisare ciò che per il miglioramento dei nostri rapporti con la Francia avremmo potuto ragionevolmente aspettarci dalla passata amministrazione e ciò che oggi è possibile prevedere circa i rapporti stessi.

A mio avviso, le simpatie che alcuni dei ministri entrati ieri in carica professano per l'Italia, non sono di quelle che favoriranno gli accordi ed i componimenti necessari per impedire che dal contrasto di interessi speciali sia mantenuto allo stato acuto il dissenso politico disgraziatamente esistente fra questo Paese ed il nostro. Eglino, se io non erro, hanno sognato e sognano un'Italia pronta a ripudiare le sue alleanze, a subordinare alle esigenze dell'amicizia francese i più vitali interessi. Non attribuiranno alla Nazione od al popolo italiano lo stato presente delle relazioni itala-francesi. Ne daranno anzi colpa al solo Governo nostro, alla sua forma, ecc. Ma basta lo aver fatto cenno di ciò per poter conchiudere con quasi assoluta certezza che di assai scarso beneficio ci saranno tali simpatie quando dovremo con i nuovi ministri affrontare le difficoltà inerenti alla situazione da anni esistente fra l'Italia e la Francia. Vorrei che così non fosse e mi adopererò nel miglior modo che saprò e potrò perchè così non sia; ma al presente è dover mio il non lasciare nascere alcuna illusione al riguardo.

Non era certamente il signor Hanotaux in grado di vincere le preconcette ripugnanze di alcuni de' suoi colleghi e di debellare tutte le opposizioni parlamentari; ma la di lui posizione cresceva di giorno in giorno e l'indole sua tenace non si sarebbe smentita nel compito che certamente egli si era prefisso, di fare scomparire almeno le principali questioni che tengono vivi i dissidii fra il suo ed il nostro Paese. Io non mi affido, nello entrare in relazione col nuovo Ministero francese, di trovare disposizioni migliori. La presenza del Viger, uno dei più caldi fautori del protezionismo, al Ministero dell'agricoltura, la marcata tendenza di tutto il Gabinetto a sostituire ai protettorati le annessioni, non sono circostanze che ci permettano di prevedere un facile com

ponimento delle nostre questioni aperte con la Francia ed io stimo che il Governo di Sua Maestà non dovrebbe perder di vista questo stato vero di cose ancorchè l'avvenimento al potere in Francia di uomini che destano personali simpatie fra un buon numero di italiani, fosse da quest'ultimi salutato come un evento felice.

Resterebbe che alcuna cosa io dicessi delle previsioni che si formano circa la durata del Ministero radicale. Ma in queste previsioni entrano molti elementi di assai difficile e mal sicuro apprezzamento ed ogni valutazione è fatta con i calcoli delle simpatie e degli interessi delle infinite frazioni dei varii partiti, sicchè un giudizio mio non mi sarebbe possibile e non avrebbe molto valore la citazione che io facessi delle opinioni d'altri. Un effetto considerevole della evoluzione verso il radicalismo puro si è già prodotto fino dal primo insediamento del Gabinetto Bourgeois. Esso riguarda la -compagine delle forze militari della Francia profondamente scossa dallo aver veduto con quale e quanta facilità l'esercito e l'armata possono essere lasciati, nel sistema presente di governo, in balia dei politicanti del Parlamento. Di questo effetto non avremmo noi a dolerci se teniamo conto soltanto di una delle conseguenze più dirette ed immediate della esperienza che Felice Faure tenta in questo momento con il partito radicale. Molti hanno creduto che la chiamata del Bourgeois all'Eliseo significasse una soddisfazione voluta dare ad un nucleo d'uomini importanti per valore individuale, ma incapaci di costituirsi in Governo. Se il Bourgeois avesse fallito anche questa volta nella prova di formare il Gabinetto, il capo dello Stato a buon diritto avrebbe potuto trascurare i clamori di questa frazione parlamentare e procurare la formazione di una amministrazione solida mediante l'unione di frazioni conservative. Ora se una coalizione di voti disparati non viene subito a rovesciare il nuovo Ministero, questo troverà il tempo di inaugurare nel governo interno della Francia tutto un programma di profonde innovazioni e di arrischiati mutamenti. L'influenza che i rivolgimenti di questo Paese hanno ognora esercitato sul nostro, ci deve far considerare con attenta cura la evoluzione che l'avvenimento del Ministero Bourgeois sembra destinata a segnare nelle istituzioni della Francia: e questo, a parer mio, è il lato più importante e grave delle cose succedute qui negli ultimi giorni1 .

402 1 Non pubblicato.

404

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2042. Roma, 5 novembre 1895, ore 13,20.

Sin dal suo primo colloquio con codesto ministro degli affari esteri esponga chiaramente che Italia dopo presa posizione la più schietta e conciliante nella questione commerciale e nei rapporti di vicinato in Africa, aspetta tuttora contegno corrispon

dente dalla Francia. Sarebbe degno dell'illustre scienziato Berthelot adempiere le promesse risultate vane del suo predecessore, e fondare relazioni più sincere sopra interessi comuni dei due Stati nelle questioni di libertà e di pace. Se persino l'attuale Gabinetto francese continuasse la politica di ostilità di fatto contro la sicurezza esterna ed interna del nostro Paese l'opinione in Italia perderebbe ogni fiducia nella possibilità di rapporti migliori.

403 1 Annotazione a margine: <<alla Presidenza del Consiglio>>.

405

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. 2055. Roma, 5 novembre 1895, ore 17,40.

I sei ambasciatori in Costantinopoli fanno oggi alla Porta serie rimostranze sui pericoli che minacciano cristiani ogni nazionalità in tutto l'Impero ottomano1 . Il Gabinetto di Vienna ci dimostra il desiderio d'intendersi specialmente con noi per consigli al sultano circa riforme in Macedonia. Non sappiamo se si debbano considerare abbandonate le intelligenze prese nel 1887 tra Italia, Inghilterra e AustriaUngheria per gli interessi comuni in Oriente 2• È strana ad ogni modo l'indifferenza dell'Inghilterra verso gli impedimenti che può recare alla nostra libertà d'azione il fatto, confermato da Baratieri, che saremo sempre esposti ad aggressioni dal sud contro l'Eritrea, sinchè la porta del nostro protettorato sullo Scioa e sull'Harar ci sarà chiusa a Zeila.

406

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1947. Berlino, 5 novembre 1895, ore 17,50 (per. ore 18,15).

Barone Marschall mi assicurò oggi che dai rapporti avuti da Londra gli risulta Salisbury decise ormai rientrare nella linea della sua antica politica per statu quo in Oriente e per riavvicinamento Triplice Alleanza 1 .

405 1 T. 1939 da Therapia del 4 novembre, non pubblicato. 2 Per la risposta cfr. n. 421. 406 1 Questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Londra con T. 2066 del 6 novembre.

407

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. RISERVATA. Milano, 5 novembre 1895 (per. il 7).

Ricevo qui il suo dispaccio del 31 ottobre 18951 relativo agli affari di Spagna, consegnatomi quest'oggi dalla prefettura di Milano.

Se io avessi potuto prevedere questa comunicazione, avrei ritardato la mia partenza di qualche giorno, per fare personalmente al conte Goluchowski la commissione di cui ella mi incarica. Ora, siccome vorrei profittare del mio congedo, non posso fare questa commissione in persona subito. Bisognerà farla altrimenti. Io le propongo una di queste tre vie: l) comunicazione fatta da me per iscritto dall'Italia; 2) comunicazione fatta dal marchese Cusani, r. incaricato d'affari interinale a Vienna; 3) comunicazione fatta da lei al barone Pasetti in Roma.

Io le raccomando specialmente quest'ultimo mezzo, come il più efficace. Ella farebbe fare le copie dei documenti da comunicarsi, e le consegnerebbe al Pasetti accompagnandole colle debite osservazioni, le quali sarebbero tanto più autorevoli, venendo da lei. Pasetti è, dopo l'imperatore ed il suo ministro, il meglio informato della politica estera austro-ungarica, ed è molto ascoltato alla Ballplatz. Una comunicazione fatta a lui e trasmessa da lui, come primo affare importante che tratta, è tanto più indicata, in quanto, com'ella sa, il Ministero degli affari esteri austro-ungarico si è sempre pronunziato per il rinnovamento puro e semplice. Le considerazioni che il Pasetti trasmetterebbe a nome di lei non andrebbero perdute. Inoltre questo primo atto di fiducia da lei mostrato al nuovo ambasciatore sarebbe da lui sicuramente molto apprezzato.

Io ben inteso farò quello che lei mi dirà. Ma la prego di pensare a questo modo di procedere. E forse ella ci avrà pensato prima di me, e sarà stato trattenuto dalla considerazione che Pasetti non ha ancora presentato le sue credenziali. Ma nel caso presente si può passare sopra tale formalità, tanto più che l'ambasciata austroungarica, per ordine espresso del conte Goluchowski, fu già consegnata in sue mani da Bruck.

In attesa adunque delle sue istruzioni, non mi resta che di esprimerle la fiducia di vederla presto in Roma ...

P.S. Se ella si decide per la comunicazione al Pasetti, sarà bene che si assicuri di vederlo ancora prima che torni a Vienna. La circostanza che egli tornerà nella capitale austriaca, è particolarmente favorevole, perchè potrebbe rimettere egli stesso i documenti a Goluchowski, e commentarli secondo le di lei personali e verbali spiegazioni.

La prego di farmi mandare da Maissa un breve cenno di ricevuta della presente lettera che confido alla posta. Il mio indirizzo sarà a Monza sino a sabato inclusivamente; poi a Milano al Continentale 2•

407 1 Cfr. n. 397.

408

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

T. 2060. Roma, 6 novembre 1895, ore 13,20.

Visti i risultati della nostra inchiesta indipendente sui casi d'Armenia ed in vista dei diritti e dei doveri risultanti per noi dall'articolo 61 del Trattato di Berlino la prego d'intendersi coi suoi colleghi di Austria-Ungheria e di Germania per chiedere formalmente alla Porta comunicazione ufficiale delle riforme che il sultano intende attuare in Armenia 1 .

409

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1954. Parigi, 6 novembre 1895, ore 15,33 (per. ore 17,40).

Nuovo ministro degli affari esteri ha rimesso alla settimana ventura le udienze per affari. Egli vorrà probabilmente mettersi al corrente dello stato delle pratiche in corso. Non mancherò di tenergli il linguaggio prescrittomi da V.E.1; però debbo far osservare che la dichiarazione del Gabinetto al Parlamento toglie ogni speranza che i presenti ministri s'abbiano a dimostrare più liberali dei predecessori nelle questioni commerciali, e ritengo sia un equivoco il credere che i radicali di Francia siano più favorevoli dei moderati per l'Italia. L'animosità contro il nostro Paese è nelle classi che il radicalismo francese lusinga in tutti i modP.

408 1 Per la risposta cfr. n. 411. 409 1 Cfr. n. 404.

2 Cfr. n. 413.

407 2 Blanc seguì il consiglio di Nigra e il giorno 7 consegnò a Pasetti i documenti di cui al n. 397, nota 6.

410

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1957. Londra, 6 novembre 1895, ore 17,56 (per. ore 20).

Conversazione generale avuta con Salisbury nel ricevimento ebdomadario odierno conferma quanto barone Marschall disse Lanza1•

411

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 19601 . Therapia, 6 novembre 1895, ore 20,30 (per. ore 6 del 7).

D'accordo coi colleghi d'Austria-Ungheria e di Germania abbiamo rinnovato alla Sublime Porta dichiarazione verbale che il testo delle riforme armene deve essere a noi ufficialmente notificato in base Trattato di Berlino. Gran visir ha assicurato ieri chiedere immediatamente iradé imperiale per poter eseguire tale notificazione. Ci riserviamo tuttavia di dirigere in proposito alla Sublime Porta nota formale identica.

412

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D.GAB. 11. Roma, 6 novembre 1895.

Nel momento in cui le sei ambasciate a Costantinopoli fanno serie rimostranze alla Porta, pei pericoli da cui cristiani d'ogni nazionalità sono minacciati in tutto l'Impero ottomano, ed in cui il Gabinetto di Vienna ci fa presentire l'opportunità di intelligenze con noi per riforme, che prudenza consiglia in Macedonia, rimaniamo nell'incertezza se debbano considerarsi abbandonati gli accordi del 1887 dell'Austria Ungheria coll'Italia e coll'Inghilterra, tanto più dopo che il Gabinetto di Vienna, sembrando dimenticare la situazione regolare affidatagli dall'Europa nella Bosnia-Erzegovina, accennò di considerare come eguale alla propria la posizione della Francia a

Tunisi, e di disinteressarsi, benché esso pure abbia un trattato con quella Reggenza, dalla situazione, importante per gl'interessi comuni mediterranei, in cui si trovano Italia ed Inghilterra in seguito alla denuncia del trattato italo-tunisino1 .

410 1 Cfr. n. 406. 411 1 Risponde al n. 408.

413

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 20771. Roma, 7 novembre 1895, ore 12,20.

Noi non abbiamo voglia di chiedere favori né illusione di trovare i radicali meglio disposti ma importa confermare contegno nostro inattaccabile e porre dalla parte del torto chi non vi corrisponde 2•

414

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. S.N. Napoli, 8 novembre 1895, ore ... 1 (per. ore 12,30).

Giova nello stato attuale della Turchia la nostra flotta vada a Costantinopoli 2•

415

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, A NAPOLI

T. 2091. Roma, 8 novembre 1895, ore 16,40.

Sono in comunicazione con sir Clare Ford e Perrero circa situazione Turchia1 e invio nostra flotta Oriente 2•

412 1 Per la risposta cfr. n. 428. 413 1 Minuta autografa. 2 Risponde al n. 409. 414 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza. 2 Per la risposta cfr. n. 415. 415 1 Risponde al n. 414. 2 Cfr. n. 416.

416

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. 2092. Roma, 8 novembre 1895, ore 16,45.

Ieri rispondendo ad una comunicazione di sir Clare Ford, nel confermare le informazioni sue sulla situazione pericolosa in Costantinopoli, gli scrissi che siamo pronti ad intenderei particolarmente coll'Inghilterra per la protezione dei nostri comuni interessi e per il compimento dei nostri doveri verso i rispettivi connazionali. Oggi poi il presidente del Consiglio mi telegrafa da Napoli sua impressione che nello stato attuale della Turchia la nostra flotta non dovrebbe essere tanto lontana da Costantinopoli1 . Mi telegrafi suo apprezzamento sulle disposizioni inglesF.

417

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

T. RISERVATISSIMO 2094. Roma, 8 novembre 1895, ore 17,20.

Decifri ella stessa. Impressione varie Potenze è che situazione in Turchia assai grave. Voglia senza consultare alcun collega telegrafarmi riservatamente sua opinione *personale* 1 sulla opportunità che nostra flotta si avvicini a Besika Bay *essendoché in caso di dimostrazione qualsiasi noi dobbiamo essere in prima linea* 2•

418

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, RIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1976. Sofia, 8 novembre 1895, ore 20 (per. ore 0,15 del 9).

In occasione imminente nuovo parto principessa, sarebbe mia intenzione issare bandiera nazionale per associare Italia esultanza popolo bulgaro, astensione verrebbe interpretata troppo sfavorevolmente, e aumenterebbe devozione [ sic] che russofili nutrono verso le Potenze Triplice Alleanza. Situazione sembrami ora diversa dal gen

naio 94, sia perché non si tratta erede trono, sia perché relazioni tra la Russia e le popolazioni bulgare sono mutate, dopo invio deputazione Pietroburgo. Prego telegrafarmi se approva proposta 1 .

416 1 Cfr. n. 414. 2 Per la risposta cfr. n. 421. 417 1 La parte fra asterischi è di mano di Blanc. 2 Per la risposta cfr. n. 422.

419

IL DOITOR NERAZZINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

Aden, 9 novembre 1895, ore 8,45 (per. ore 20,30).

Menelik partito mezzo ottobre pel Tigré con numeroso esercito, accompagnato da Makonnen. Truppe Makonnen accampate fra l'Harar e Auasc in osservazione. Notizia seriamente confermata.

420

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

T. 2106. Roma, 9 novembre 1895, ore 12,50.

Opinione pubblica eccitata notizie pervenute giornali da Massaua circa pericolo avanzata dervisci e grandi preparativi guerra imminente Menelik. Pregola porci in grado di dare frequenti esatte informazioni contro effetti notizie allarmanti.

421

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1983. Londra, 9 novembre 1895, ore 18,36 (per. ore 21,20).

Da conversazione avuta con Salisbury ritengo che Inghilterra considera sempre in vigore accordi 1887, considerati invece come lettera morta da Ministero Rosebery1 . Verso Italia, poi, questo Governo mi pare sempre più amichevole e disposto anche in

Austria>>. 419 1 Ed. inLV92, p. 123 e in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 205.

2 Lo stesso telegramma fu inviato da Nerazzini anche a Baratieri. 421 1 Risponde al n. 405.

date speciali prossime evenienze, profittare nostra collaborazione. Riguardo movimenti nostra flotta 2, credo prudente soprassedere qualunque decisione, fino a che situazione sia meglio delineata, tanto più che nulla indica qui idea di un'azione immediata non avendo questo Governo dato ordini formali flotta britannica Salonicco. Non può nascondersi che esista una reciproca diffidenza delle Potenze specialmente questione d'Oriente. La comparsa inaspettata di flotta italiana potrebbe suscitare preoccupazione nella opinione pubblica già troppo eccitata. Si aspetta discorso Salisbury Mansion-house per questa sera.

418 1 Blanc rispose con T. 2104 del 9 novembre: <<Si regoli come rappresentanti Inghilterra, Germania,

422

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. PERSONALE S.N. Pera, 9 novembre 1895, ore 22 (per. ore 21).

Credo che momento non è opportuno per invio isolato nostra squadra1 la cui venuta potrebbe accrescere eccitazione e forse precipitare eventi. Disaccordo latente fra le Potenze non si disegna qui finora in modo da farmi temere imminente alcuna azione separata mentre in presenza del pericolo comune siamo anzi per adesso in una fase di pieno accordo il quale potrà durare fino a che situazione tocchi alla sua crisi che nessuno prevede quale potrà essere. Mi riservo ad ogni modo tenere V.E. informata nel senso delle sue intenzioni. Prego dirmi quanti giorni preavviso accorrerebbero per l'invio della squadra 2 .

423

IL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI, AL DOTTOR NERAZZINI 1

L. PERSONALE. Monteroni d'Arbia, 9 novembre 1895.

Ho ricevuto qui dove mi trovo per affari di famiglia e per pochi giorni -sarò il 12 volgente di ritorno a Roma -la sua carissima lettera in data Zeila 17 ottobre ultimo2. E gliene sono infinitamente grato e le sono riconoscentissimo di aver rivolto a me questo pensiero in mezzo alle sue cure, alle sue fatiche, ai suoi strapazzi.

Riceva anzitutto le mie più amichevoli e cordiali condoglianze per la irreparabile perdita da lei fatta di sua madre.

2 Per la risposta cfr. n. 429. 423 1 Da Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'esercito.

2 Cfr. n. 361.

Nessuno più di me può apprezzare tanto dolore, giacché purtroppo io mi trovai in analoghe circostanze, quando, trovandomi nel nord della Svezia, ebbi io pure la disgrazia di sapere che la mia cara madre si era spenta, me lontano.

Nell'affetto della famiglia, nell'amore al nostro Paese, nei servigi pericolosi ed intelligenti che ella presta continuamente da tanti anni, trovi conforto all'animo suo esulcerato e lena per continuare nella sua vita operosa ed intelligente.

Divido per quanto so e per quanto leggo la sua opinione circa Makonnen; ma credo che egli sarebbe più propenso per noi, se in noi, invece di sole promesse e di dolci lusinghe, sperasse un reale e più valido aiuto. Qui corrono notizie vaghe ed incerte circa le decisioni di Menelik alla guerra; i feriti, fatti prigionieri nell'ultimo combattimento, assicurano che a metà dicembre, egli con un grosso esercito, con molti fucili e con molte munizioni aggredirà le posizioni nostre nel Tigré; altre notizie portano che egli tergiversi e non abbia volontà di attaccarci, per timore di vendette delle tribù tanto crudelmente trattate da lui ora è qualche mese, della azione ostile del re del Goggiam e del sultano dell' Aussa. Io credo che se Menelik non ci attacca adesso, ciò sia per pericoli che egli tema nel momento, o per non esser egli pronto a guerra imminente; ma egli deve necessariamente attaccarci appena che può, giacché se a quanto abbiam fatto egli non risponde, agli occhi delle popolazioni sue decadrà, come sovrano imbelle e pauroso.

Quindi io mi aspetto la guerra, ed a me pare che non possiamo affidarci a lunga speranza di pace. Per la natura dell'animo mio e per la vecchia massima che chi attacca meglio si difende, io inclinerei a farla finita con grossa guerra a fondo che non mettesse in dubbio la vittoria, ma la facesse sicura. Ma a questa bisogna occorrono uomini, armi, munizioni, vettovaglie, trasporti ingenti e soprattutto denari e denari. Questi ultimi mancano e la madre patria vedrebbe compromesso l'esercito suo già tanto stremato di forze numeriche e compromesso col piano finanziario, ora già a buon punto, ogni sperato e più riposato avvenire.

Bisogna dunque attendere; ma anche l'attesa non è lieta, giacché non è quella di chi si sente sicuro e può disarmare per coltivare i suoi campi e accudire ai commerci; ma piuttosto è l'attitudine di chi, impotente all'offesa, è costretto ad essere sempre parato agli attacchi, in avamposto, coll'arme al piede, ma colle polveri asciutte. Ella saprà a quest'ora che si erigono fortificazioni, ad An tal o, posto avanzato, a Makallé ad Adua. Era per il momento quanto di meglio si poteva fare. Mi hanno chiesto 600 bardature per muli; evidentemente Baratieri ed Arimondi vogliono prepararsi a creare delle colonne di trasporto; ho spedito altri 8 cannoni da montagna, molte munizioni.

Organizzano un settimo battaglione di indigeni e un mezzo dell'ottavo. Sono stato sempre contrario all'artiglieria indigena, giacché temo che gli scolari, col tempo, divengano maestri pericolosi. E vorrei che almeno i cacciatori e gli altri tre battaglioni italiani fossero tenuti a numero, sia perché una volta si trovino essi pure al fuoco, sia per la ragione che le dissi ed ora ripeto: truppe mercenarie possono godere e meritare tutta la nostra fiducia finché vincono; ma quando fossero battute, chi può garantirci se non una forza italiana?

Ritengo che Arimondi sia scontento e scontentato e che egli stesso voglia lasciare l'Eritrea. Persuaso che ciò sia un male, ho fatto quanto ho potuto onde egli resti ed è restato. Non so quanto i miei sforzi potranno bastare.

Il nostro Governo persevera nella sua amicizia coll'Inghilterra; ma questa continua in quella condotta politica di sola simpatia che ella così bene conosce e descrive. Aggiungasi che è vecchia tradizione britannica non risolvere le questioni politiche che una sola alla volta; ed ora l'Inghilterra che ha sulle braccia la Cina e la Turchia, ne ha anche di troppo per darsi della pena per l'Mrica.

Quando ella può mi scriva liberamente; le sue lettere mi sono sempre graditissime.

Mia moglie la ringrazia della sua buona memoria e le contraccambia i suoi saluti. Da qualche tempo non sta bene ed io ne ho pena grande, soffre di stomaco e di dolori poli-artritici.

Viva sano. Si conservi per il nostro Paese e per gli amici suoi, tra i quali, e non tra gli ultimi, per il bene che le vuole, va annoverato ...

421 2 Cfr. n. 416. 422 1 Risponde al n. 417.

424

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO PERSONALE 1450/622. Berlino, 9 novembre 1895 (per. il 13).

Ringrazio l'E.V. d'avermi posto nell'occasione, col dispaccio al quale rispondo\ di esprimere la mia opinione su un argomento che tanto ci sta a cuore, come quello delle nostre condizioni militari e sul quale non avrei osato, se non invitatovi, interloquire, tanto debole sento sia per riuscire la mia voce. Ma poiché V.E. mi tiene parola della recente conferenza riunitasi a Roma presso il presidente del Consiglio, con intervento dei ministri degli esteri, della guerra e del tesoro e del capo di Stato Maggiore Generale della quale avevo solo avuto sentore dai giornali, e poiché soprattutto V.E. è tanto e sì giustamente preoccupata delle conseguenze che trarrebbe seco il minor conto in cui possa esser tenuto il nostro esercito pel caso di una eventuale cooperazione coll'esercito tedesco, mi fo ardito dir francamente quel che ne penso.

Esiste tra noi e la Germania una convenzione militare: non me ne è noto il testo preciso non essendomi stata comunicata, ma so che essa prevede il numero di corpi d'armata che devono cooperare insieme coll'esercito tedesco in caso di guerra, le modalità con cui deve eseguirsene il trasporto sul sito di concentramento, chi deve assumerne il comando etc. etc. Quella convenzione, conclusa quasi contemporaneamente al trattato d'alleanza, fu oggetto di successivi ritocchi d'accordo fra gli Stati Maggiori dei due eserciti ed è ancor oggi in pieno vigore né mai sorse il dubbio che noi non potessimo corrispondere a quanto in essa è stipulato. Quel dubbio non sorse, ch'io mi sappia, neppure dopo le economie che alta ragion di Stato c'impose di introdurre nel bilancio della guerra: ma che dopo quelle economie, quando le compagnie di fanteria furono ridotte a 35 uomini, si desse ai corpi d'armata che ci impegnammo di mettere a disposizione della Germania, lo stesso valore di prima sarebbe follia il crederlo. Noi

abbiamo in Parlamento e fuori sempre sostenuto che le riduzioni fatte nel bilancio della guerra non intaccano per nulla la solidità dell'esercito. Nessuno qui checché ne pensasse si permise meco di mettere in dubbio quel nostro asserto; e devo aggiungere, ad onor del vero, che questo Governo spinse anzi la delicatezza al punto di non mai toccare con me né coll'addetto militare quell'argomento. Da parte mia però non mancai, presentandomisi l'occasione in colloqui privati, di accennare alla provvisorietà dei provvedimenti presi, persuaso come ero che appena le condizioni finanziarie lo consentissero si sarebbe provveduto a rimettere gli effettivi nostri sotto le armi sul piede almeno in cui erano quando fu conclusa la convenzione militare colla Germania.

Insisto su questo punto degli effettivi, della forza cioè dei reparti di truppa sotto le armi, giacché questo, a mio avviso, è il nodo della questione. Non solo qui in Germania, dove questa questione fu oggetto di tanti studi e provvedimenti ma anche in Austria ed in Francia, si tende sempre più a diminuire la differenza del piede di pace al piede di guerra delle compagnie di fanteria. E con ragione, a mio modesto parere, chè un effettivo di pace elevato agisce in doppio senso sulla solidità dell'esercito: esso permette di incorporare in caso di mobilitazione nell'esercito di prima linea poche classi, le più giovani, e mantiene alto il morale degli ufficiali. Quale può essere il morale d'un capitano che ha la maggior parte dell'anno 35 uomini da comandare? Quale non sarà realmente la differenza di solidità fra una compagnia, come la tedesca che per passare al piede di guerra abbisogna di incorporare una classe sola di soldati, tutti baldi, giovani ancora e pienamente istruiti, ed una compagnia italiana che dovrà incorporare uomini di 4, 5 classi, già padri di famiglia e mediocremente istruiti? Rispetto l'opinione di chi predilige gli eserciti a tipo svizzero, ma per poter introdurre da noi un tipo simile occorrerà un'educazione militare del Paese che siamo lungi dal possedere, e ci è forza, se vogliamo esser tenuti in qualche conto nel concerto europeo, d'avere dei gros bataillons. Ben a ragione V.E. opina, come rilevo dagli appunti che accompagnano il dispaccio al quale rispondo, che ben altra sarebbe la nostra posizione politica se avessimo 300.000 uomini pronti ad entrare in campagna!

Questa lunga digressione, che V.E. scuserà, mi era necessaria prima di toccare più particolarmente gli argomenti che formano oggetto degli appunti ora indicati che ella si compiacque trasmettermi. Ella mi permetterà d'esser breve, e per maggior brevità mi riferisco alle conclusioni di quegli appunti.

l) lo stimerei dannosa, per l'effetto che produrrebbe all'estero -tratto sempre la questione sotto l'aspetto in cui mi fu da V.E. presentata-ogni modificazione del nostro ordinamento militare che tenda a diminuire il numero dei corpi d'armata. Sarà stato un male l'averli aumentati, ma dichiarare che non possiamo né ora né poi mantenerli nel numero stabilito, equivarrebbe a una dichiarazione pubblica della nostra debolezza e sarebbe di poca serietà. Nulla d'altra parte ci è più nocivo di questa continua messa in discussione, della mancanza d'ogni stabilità, del nostro ordinamento militare. L'esercito italiano aveva 12 corpi d'armata prima che si pensasse alle grandi dolorose economie introdotte nel bilancio della guerra: dagli appunti trasmessimi risulta che in breve saranno accresciuti i mezzi di cui dispone il ministro della guerra, ed io ho ferma fiducia che qualche cosa di più si potrà fare in seguito. Consideriamo adunque la crisi attuale come temporanea e procuriamo solo di rimetterei al più presto nelle condizioni in cui eravamo prima. Il semplice annunzio dato dai giornali -non so con qual fondamento -che la recente conferenza a palazzo Braschi aveva deciso di portare da 35 a 50 uomini la forza delle compagnie di fanteria ha fatto qui buona impressione e rialzato le azioni del nostro esercito. Se prima del mese di maggio p.v. (V.E. sa perché cito questa data) 2 noi potessimo dire che quella forza è di nuovo portata a 110 uomini, questo fatto varrebbe più di ogni qualsiasi altro provvedimento. Che se poi fosse assolutamente impossibile giungere a questo risultato, anziché toccare il numero dei corpi d'armata, rimettere tutto in questione, modificare la convenzione militare esistente colla Germania (giacché a ciò dovrebbe condurre il provvedimento accennato alla seconda delle conclusioni degli appunti trasmessimi); anziché, dico, toccare il numero dei corpi d'armata, io preferirei ridurre provvisoriamente ognuno di essi di un reggimento di cui si manterrebbero solo i quadri per ricostituirlo in tempo di guerra o quando le condizioni finanziarie lo consentano. Sebbene mi ripugni richiamarmi al parere di autorità estere, siena pur tedesche, non devo tacere che a siffatto provvedimento accennò in passato questo stesso ministro della guerra in una conversazione privata che a suo tempo ho riferita a codesto ministero.

2) Io non credo conveniente, per ora, un invito a conferenze confidenzali fra rappresentanti degli Stati Maggiori italiano e tedesco. Sono persuaso che qualunque discussione si volesse intavolare e dalla quale potesse apparire che mettiamo in seconda linea l'esercito destinato alla nostra difesa nazionale, com'è detto negli appunti, verrebbe declinata non volendo il Governo imperiale nemmeno indirettamente parere di farsi, dirò così, complice di sacrifizi che noi crediamo imporci per fatto dell'alleanza.

La Germania accetta, sulle basi convenute, la nostra cooperazione militare quale gliela daremo e noi soli dobbiamo dimostrare con i fatti che quella cooperazione ha un valore reale. Maggiore sarà questo valore e tanto migliore sarà la nostra posizione nella Triplice Alleanza, la nostra condizione politica in generale.

424 1 Cfr. n. 389.

425

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 1452/623. Berlino, 9 novembre 1895 (per. il 13).

Ho puntualmente ricevuto il dispaccio segnato in margine 1 , trasmessomi a mezzo del colonnello Zuccari, col quale V.E. m'invita a chiamare l'attenzione di questo Governo imperiale sul fatto che, mentre il R. Governo si fece finora fedele guardiano della libertà del conclave, di cui è pur d'uopo prevedere l'eventualità, la Francia già adesso fa circolare nel Sacro Collegio avvertimenti precisi sui candidati alla cui elezione il Governo francese opporrà il suo veto.

Il Governo del re, soggiunge V.E., ha il diritto, anzi il dovere di considerare se quella libertà del conclave, da noi custodita, non sia una pura finzione, e se a quella

425 1 D. 44191!125 del 21 ottobre, non pubblicato in quanto riassunto da Lanza nel presente documento.

finzione esso possa prestarsi di fronte ali' esercizio del diritto di veto posto da una Potenza che non dissimula l'interesse suo a fomentare per mezzo del Vaticano difficoltà alla pace interna ed esterna del Paese alleato della Germania.

L'argomento era troppo delicato ed importante perché io potessi conferirne di sfuggita con questo segretario di Stato al Dipartimento degli esteri, in uno dei consueti nostri incontri. Segnalai pertanto al barone Marschall il desiderio che avevo di intrattenerlo, con agio, su tale argomento affinché volesse studiare la questione e fissarmi poi un apposito convegno. Questo ebbe luogo oggi e mi fo dovere riferirne qui di seguito il risultato.

Era prima di tutto necessario stabilire bene come e da chi si eserciti il diritto di veto e quale sia la sua ragione di essere. Senza entrare perciò nella lunga storia dei fatti, dai quali ebbe origine quel diritto, siamo venuti, e spero cotesto Governo assentirà, in primo luogo, a queste conclusioni:

l) Il diritto di veto può essere esercitato dall'Austria, dalla Francia, dalla Spagna. È contestato se anche il Portogallo lo possegga: esso non lo ha mai reclamato né esercitato, ma la sua influenza in un futuro conclave non è, ad ogni modo, da disprezzarsi.

2) Ognuna delle Potenze, ora dette, può, in conclave, escludere un sol candidato al pontificato e questa esclusione può venir reclamata (in modi stabiliti) solo prima che la votazione definitiva sia avvenuta.

3) Il diritto di veto è un diritto consuetudinario il quale, sebbene sia in opposizione col principio dell'indipendenza della elezione pontificia e colla libertà della Chiesa, sancita perfino nel giuramento prestato dai cardinali allorché entrano in conclave, non fu mai contestato dalla Santa Sede (tranne, salvo errore, da Gregorio XV-1621).

Non è escluso che possa venir contestato in avvenire, ma si può quasi con certezza asserire che ciò non accadrà mai. Da questa apparente limitazione della loro indipendenza, i cardinali, riuniti in conclave, ricavano infatti il vantaggio che l'eletto fra essi acquista maggior libertà nel reggimento del potere ecclesiastico, ch'egli assume non contestato ufficialmente da alcuna Nazione.

4) Più che col veto l'influenza delle Potenze cattoliche sull'elezione pontificate si eserciterà sempre con l'agire prima del conclave sull'animo dei cardinali della propria nazionalità, ai quali l'arte dell'intrigo per far riescire il proprio candidato è ben nota.

Ciò premesso ogni tentativo di mettere in questione il diritto di veto tornerebbe non solo inutile ma dannoso nelle condizioni attuali. Ché se la Francia può escludere un candidato alla tiara, perché non favorevole alla politica francese, altrettanto possono fare l'Austria e la Spagna rispettivamente verso un candidato favorevole a quella politica. Difficilmente, quindi, la Francia si deciderà a esercitare il suo diritto se non d'accordo colle due Potenze ultime nominate.

Anziché agire apertamente sollevando una questione sul diritto di veto, o declinando ogni responsabilità della materiale libertà del conclave, sembra a questo Governo imperiale che convenga agire a Vienna ed a Madrid, perché quei Governi adoperino la loro influenza nel Sacro Collegio a prò di candidati non apertamente favorevoli alla politica francese.

Questo risultato si può certamente ottenere a Vienna ed il barone Marschall crede sapere che da tempo il Gabinetto austro-ungarico abbia rivolta la sua attenzione a questa questione. A Madrid spero che presto saremo sicuri di non trovare ostacoli.

Oltre che sull'influenza dei Gabinetti esteri, bisogna poi contare sulle divergenze d'opinione dei membri del Sacro Collegio, sui reciproci loro antagonismi e, somme toute, non crede questo segretario di Stato al Dipartimento degli esteri, che alla Francia possa riescire tanto facile avere un'azione preponderante nel futuro conclave.

Il barone Marschall si è dimostrato meco pienamente conscio dell'importanza dell'argomento trattato m eco, egli trova ben giustificate le preoccupazioni del R. Governo e volendo, per quanto sta in lui, aiutarci a raggiungere lo scopo che ci prefiggiamo, mi ha intanto promesso di ordinare subito al ministro di Prussia presso la Santa Sede, che in questi ultimi tempi non pare sia occupato dall'eventualità d'un conclave, a trasmettergli un rapporto sulle correnti d'idee che esistono nel seno del Sacro Collegio2 .

424 2 Rinnovo della Triplice.

426

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 1986. Pera, 10 novembre 1895, ore 8 (per. ore 20,15).

Sublime Porta è impressionata per notizia oggi ricevuta dal suo ambasciatore in Parigi secondo la quale Governo francese avrebbe deciso invio squadra del Mediterraneo nelle acque ottomane1 .

427

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 3788/1013. Parigi, 10 novembre 1895.

Il r. console generale a Nizza mi ha informato di avere trasmesso a V.E. copia del rapporto che egli mi diresse il 6 corrente 1 relativamente alla istanza che alcuni colleghi suoi gli facevano perché fossero da lui, come decano del corpo consolare, presen

ha nessun valore da paragonarsi, non dico al veto francese, ma alla assoluta preponderanza politica della Francia sulla maggioranza del Sacro Collegio la quale non aspetta che dalla rivincita francese la restaura zione della sovranità territoriale nella capitale di una federazione repubblicana>>. 426 1 Questo telegramma fu ritrasmesso alle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi e Vienna con T. 2120 dell' 11 novembre. 427 1 R. 3194, inviato in copia a Roma con R. 3195/329 dello stesso 6 novembre, non pubblicato.

tate certe osservazioni circa le precedenze ai componenti del medesimo accordate nelle pubbliche cerimonie. Tali osservazioni tenderebbero ad assicurare a quei signori consoli un migliore trattamento nella circostanza delle feste del primo centenario della annessione di Nizza alla Francia alla fine del secolo passato.

Codesto r. ministero conosce le direzioni da me date al signor commendator Simondetti fino dal 30 luglio ultimo 2 in riguardo al contegno da osservarsi in ciò che concerne la celebrazione di quell'avvenimento storico. Confesso che la di lui domanda di istruzioni speciali in vista delle istanze fattegli da alcuni suoi colleghi, mi ha recato qualche meraviglia, mentre mi pareva che un funzionario provetto e di non comune sagacia come ha fama di essere il r. console generale a Nizza, non poteva avere dubbio alcuno circa il mio modo di vedere in ordine al contegno sovra detto. Non misi quindi alcuna esitazione a rispondergli nei termini che risultano dalla copia qui allegata 3 del mio dispaccio di ieri e mi lusingo che V. E. approverà tale mia risposta.

Questo scambio di lettere con il r. console generale a Nizza mi suggerisce però di sottoporre a V.E. taluni riflessi sovra i quali la prego di portare fin d'ora l'attenzione.

Lo stato degli animi a Nizza non dà guarentigia che incidenti d'indole delicata possano colà svolgersi in un ambiente calmo. Non conviene aggiungere altri motivi o pretesti alla cresciuta irritazione dei due elementi italiano e francese che colà stanno in presenza. Non crederei cosa prudente il lasciar venire la vigilia delle feste centenarie di cui trattasi, ed ancor meno il lasciar annunziare ufficialmente il viaggio del presidente della Repubblica (di cui si parla di nuovo) per quella occasione, senza esserci spiegati qui chiaramente ed amichevolmente in proposito. L'annessione di Nizza, conseguenza degli avvenimenti del 1859 fondata sul diritto plebiscitario col quale si è fatta l'unità nostra, non è messa da noi in discussione; ma la violenta occupazione di quella città alla fine del secolo scorso è da noi considerata come una spoliazione di cui furono vittima i reali di Sardegna e conseguentemente come uno di quei fatti alla commemorazione dei quali i rappresentanti ufficiali del Governo italiano non solo non debbono intervenire, ma neppure debbono essere invitati a partecipare. Una dichiarazione chiara, calma e fatta in tempo, potrà prevenire complicazioni e difficoltà ed è mio dovere di suggerirla nell'interesse dei buoni rapporti fra i due Paesi. Né io credo che dopo di esserci qui espressi nel senso anzidetto, alcuno potrebbe trovare a che dire se da noi si facesse sentire ai Gabinetti amici ed alleati la sconvenienza che vi sarebbe se i loro consoli a Nizza figurassero alle cerimonie e feste del centenario. Nessuno ha mai contestato ad un Paese di festeggiare gli avvenimenti storici. Ma sarebbe cosa assolutamente insolita che agenti esteri partecipassero a feste commemorative di fatti bellici o di annessioni territoriali che costituiscono spoliazione subita da uno Stato amico. Mi pare che queste cose dovrebbero essere facilmente intese a Berlino ed a Londra, daddove potrebbero essere date ai rispettivi consoli a Nizza delle opportune istruzioni4•

3 Non si pubblica.

4 Per la risposta di Blanc cfr. n. 503.

425 2 Annotazione a margine di Blanc: «Non si tien conto a Berlino che il veto di Vienna e di Madrid non

427 2 Cfr. n. 252.

428

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CONFIDENZIALE S.N. Monza, 10 novembre 1895 (per. l' 11).

Ricevo qui a Monza comunicazione del dispaccio dell'E.V. del 6 corrente\ nel quale ella mi partecipa che «rimane nel dubbio se debbano considerarsi abbandonati gli accordi del 1887 dell'Austria-Ungheria coll'Italia e coll'Inghilterra, tanto più dopo che il Gabinetto di Vienna, sembrando dimenticare la situazione regolare affidatagli dall'Europa nella Bosnia-Erzegovina, accennò di considerare come eguale alla propria la posizione della Francia a Tunisi, e di disinteressarsi, benché esso pure abbia un trattato con quella Reggenza, della situazione, importante per gli interessi comuni mediterranei, in cui si trovano Italia ed Inghilterra, in seguito alla denuncia del trattato tunisino».

Trovandomi lontano da Vienna non potrei rispondere ora ufficialmente al dispaccio precitato. Avrò cura di rispondervi quando sarò di ritorno al mio posto e dopo che avrò parlato col ministro degli affari esteri austro-ungarico; non senza aver però chiesto prima all'E.V. qualche spiegazione sul vero significato del dispaccio stesso. Importa cioè che io sappia se il Governo del re crede che la questione del denunciato trattato italo-tunisino sia fra quelle contemplate nell'accordo del1887.

Argomentando dal precedente della questione delle fortificazioni di Biserta, si ha luogo di credere che i Gabinetti di Londra e di Vienna non si tengono obbligati da quell'accordo nemmeno in quanto riguarda il trattato italo-tunisino. Questo modo di vedere, in quanto spetta al Governo austro-ungarico, fu fatto presentire prima dal conte Kalnoky, e poi dal conte Goluchowski, i quali non si vollero impegnare a fare ufficii diplomatici tendenti a impedire il Governo francese dal cangiare la legislazione internazionale vigente in Tunisia in forza delle capitolazioni antiche e dei trattati. Finora non ci fu data in proposito alcuna risposta definitiva. Ma ci si lasciò prevedere che probabilmente sarebbe nel senso ora accennato. Il Governo austro-ungarico fonda la sua eventuale astensione, non già sulla eguaglianza giuridica della sua situazione in Bosnia-Erzegovina con quella della Francia in Tunisia, ma sopra una parità di fatto nella questione speciale dell'abolizione delle capitolazioni.

E siccome il Governo del re, come appare dal dispaccio di V.E. del 6 corrente, sembra portato alla convinzione, che la questione del trattato italo-tunisino tocchi quegli interessi comuni mediterranei ai quali si riferisce l'accordo del 1887, è da prevedersi il caso in cui i Gabinetti di Roma e di Vienna si trovino in dissenso circa l'interpretazione e l'applicazione di quell'accordo, che il Governo austro-ungarico non mostrò mai di voler abbandonare. È adunque importante che questo punto sia ben chiarito. E sarebbe pure utile che io sapessi se il Gabinetto di Londra vede la questione sotto il medesimo aspetto che il Governo di Sua Maestà, e se, e fino a qual limite esso intenda sostenere questo modo di vedere.

Al mio prossimo arrivo in Roma, mi permetterò di chiedere questi ragguagli all'E.V. e di invocare dalla sua benevolenza un supplemento d'istruzioni.

La prego di considerare il presente come un rapporto confidenziale in risposta al precitato dispaccio del 6 corrente.

P.S. Sarò grato a V.E. se vorrà farmi preparare una copia di questo rapporto 2 , non avendo io avuto il tempo di copiarlo.

428 1 Cfr. n. 412.

429

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA

T. PERSONALE RISERVATISSIMO 2124. Roma, 11 novembre 1895, ore 17,15.

Rispondo suo telegramma1 . La squadra è pronta. Non provocheremo occasioni ma non ne mancheremo alcuna.

430

L'AMBASCIATORE A MADRID, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 945/382. Madrid, 11 novembre 1895 (per. i/20).

È già da qualche tempo che io avrei dovuto segnalare a V.E. un nuovo e rilevante passo della Francia nel suo persistente lavoro di pene trazione nell'oasi di Tuat e di Figuig e più precisamente nel Gurarà. Ma ero in congedo quando le prime notizie di quel movimento mi pervennero. Di poi le soverchie occupazioni cagionate dal mio trasloco a Pietroburgo ed il desiderio che avevo d'occuparmi di quella questione a fondo, m'impedirono ben mio malgrado d'intrattenerne l'E.V.

Trovandomi, ormai, alla vigilia della mia partenza, se non potrò diffondermi in questo rapporto con tutta l'ampiezza che avrei voluto, m'incombe però chiamare l'attenzione di V.E., sui dati giunti a mia cognizione.

Cito a V.E. un articolo del Matin che senza velo alcuno, rende conto dei risultati ottenuti dalla colonna d'esplorazione spedita la primavera scorsa dal Sud-Oranais sotto la guida del comandante Godron, direttore del Bureau arabe di Géryville, il quale, mercè l'appoggio d'un influente capo indigeno, Sidi-Kadour-Ben-Harnza, riuscì ad attraversare tutte le oasi del Gurarà ricevendovi le più festose ed amichevoli accoglienze.

riere di Gabinetto il 3 dicembre 1895>>. 429 1 Cfr. n. 422.

Oltre agli interessanti particolari rivelati dal precitato giornale parigino, è degno di nota il modo pieno di candore col quale si discorre di tutte le oasi del Sahara, di cui s'erano sì profondamente commosse le cancellerie diplomatiche europee, come di territori legittimamente spettanti al dominio del Governo della Repubblica.

A V.E., che segnalavami nel passato gennaio non esser più i francesi se non a poche marcie da Tuat, quanto ho l'onore di esporre non è, certo, di natura a recare meraviglia; ma, nel porre in sodo un fatto, debbo eziandio aggiungere alcune circostanze, le quali ne aumentano il significato.

Sidi-Kadour-Ben-Hamza non è il primo venuto. V.E. rammenterà un mio rapporto del 20 luglio 18941, nel quale parlavo della missione che, precisamente al momento della ambasciata straordinaria del maresciallo Martinez-Campos, dai punti più remoti del Sahara era stata mandata a Muley-Hassan, per implorare il suo aiuto, contro la minacciata invasione della Francia. Or bene, tale missione, di cui, non si sa per qual motivo, sì poco trapelò nel pubblico, era stata formata ad iniziativa dello stesso Sidi-Kadour, che la guidò a Marakesch, ove fu a prosternarsi davanti al sultano.

Lascio a V.E. apprezzare l'insegnamento che offre la trasformazione a così breve scadenza di quel fanatico patriota in un volgare e mercenario agente del conquistatore, al cui cospetto tutto piegar deve.

Siccome ho accennato nella mia corrispondenza, con la sua andata a Tombuctù, la Francia avendo conseguito di circuire interamente il Marocco, può attendere sicura che l'opera del tempo eseguisca il resto. Pel completamento del suo piano ambizioso, essa abbisogna d'uno sbocco sulla costa occidentale; i suoi incessanti intrighi nelle regioni del Sus e del Nun finiranno per essere coronati da felice esito. Tale risultato, in conformità di quanto ho pure indicato con rapporto delli 15 maggio scorso n. 477/208 2 , è divenuto più probabile ancora, dopo che l'Inghilterra abbandonò l'importante fattoria del capo Jubi ad un Impero che, come il Marocco, è in procinto di sfasciarsi, e dalla cui rovina il Gabinetto di Parigi saprà sempre ricavare la parte del leone.

428 2 Annotazione a margine di Maissa: <<Gli fu mandata con una mia lettera particolare a mezzo di cor

431

COLLOQUIO FRA IL PRESIDENTE l)EL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E L'AMBASCIATORE DI SPAGNA A ROMA, BENOMAR1

APPUNTO. [Roma,]12 novembre 1895, ore 11,30.

Giusta la mia lettera d'ieri alle 11,30 giunge il conte di Benomar.

Il conte di Benomar è venuto a ripetermi le dichiarazioni fatte al barone Blanc.

2 Non pubblicato. 431 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi.

Gli accordi del 1887, tra la Spagna e l'Italia, si ritengono in vigore dal Ministero spagnuolo per la difesa delle istituzioni monarchiche e la pace di Europa. La Spagna aderisce alla Triplice ed è con l'Inghilterra. Se fosse necessario sarebbero pronti a firmare una convenzione che confermi il patto del 1887. Per loro basta la dichiarazione verbale. Ne ha scritto in tali termini, al suo ministro, ed ha fatto leggere la minuta della sua lettera al barone Blanc2 .

L'ho ringraziato. L'Italia ritiene, che basti questo scambio verbale di dichiarazioni dei due Governi. Nel Mediterraneo abbiamo interessi comuni da difendere. È nostro interesse comune di sostenere le istituzioni monarchiche, contro le quali comune è l'avversario.

Abbiamo parlato delle condizioni dell'Oriente, dei pericoli, della incertezza nella quale ci troviamo.

Mi parlò della insurrezione cubana, e dei giornali che con false notizie turbano l'opinione pubblica. La Spagna ha 120.000 uomini in Cuba e 45 navi da guerra. Nel dicembre, quando sarà terminato il raccolto dello zucchero riprenderanno l'offensiva, e son sicuri di schiacciare la rivoluzione. Chiede l'aiuto della stampa italiana.

Dietro scambio di cortesie e la ripetizione di dichiarazioni di amicizia, il conte di Benomar si congeda.

430 1 Non pubblicato nel vol. XXVI della serie II.

432

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2003. Pera, 12 novembre 1895, ore 11,47 (per. ore 11,10).

Sebbene armeni siano qui per il momento tranquilli, e la situazione locale non riveli pericolo immediato, siamo tutti d'accordo nel ritenere che in vista crescente malcontento dei turchi, e di qualche possibile catastrofe a Palazzo, non è esclusa eventualità ulteriori disordini a Costantinopoli, che questa volta minaccerebbero anche gli europei. Prego V.E. di farmi conoscere se potrebbe essere mandato qui un secondo stazionario con equipaggio di centocinquanta uomini trattandosi poter sbarcare alla occorrenza sufficiente numero di marinai~. Tutti gli ambasçiatori fanno analoga richiesta ai rispettivi Governi; e frattanto abbiamo dato istruiioni neèessarie ai comandanti.

432 1 Blanc rispose con T. 2135 pari data, non pubblicato, che la nave <<Stromboli» era in partenza per Besika.

431 2 Cfr. n. 497, allegato.

433

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. 2126. Roma, 12 novembre 1895, ore 13,20.

Situazione essendo giudicata a Berlino sempre più grave 1 e squadra francese partendo da Tolone per Levante 2 , non vediamo perché nostra squadra non sarebbe gradita là dove c'è la squadra inglese pacificamente e side by side 3•

434

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2127. Roma, 12 novembre 1895, ore 13,25.

Salisbury dimostra considerare come tuttora in vigore gli accordi del 1887 tra Inghilterra Italia e Austria-Ungheria1 . Siamo d'accordo con codesto Gabinetto nel considerare situazione sempre più grave. Partenza della squadra francese in tali frangenti non può da noi essere presa alla leggera. A Vienna e a Roma sono assenti i rispettivi ambasciatori e non posso consultare Goluchowski. Non vediamo però perché la squadra italiana non dovrebbe ad ogni buon fine trovarsi pacificamente in vicinanza della squadra inglese. Si esprima personalmente in questo senso.

435

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2005. Berlino, 12 novembre 1895, ore 17,26 (per. ore 18,45).

Barone Marschall mi ha fatto vedere ora telegramma ambasciatore di Germania Costantinopoli che partecipa avviso unanime ambasciatori circa opportunità aumentare le navi colà stazionarie di ciascuna Nazione per protezione nazionali. Egli esita molto aderire; ma credo che si deciderà proporre approvazione all'imperatore di cui cancelliere prende domani ordini.

2 T. 1999 di Tornielli dell'l! novembre, non pubblicato; ma cfr. n. 426.

3 Per la risposta cfr. n. 441. 434 1 Cfr. n. 421.

433 1 T. 1992 di Lanza dell'l! novembre, non pubblicato.

436

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI

T. 2139. Roma, 12 novembre 1895, ore 19,25.

Tutti gli ambasciatori a Costantinopoli hanno chiesto ai loro Governi d'inviare colà un secondo stazionario per l'eventuale protezione contro temuti disordinP. Qualche Governo sta anche contemplando eventuale necessità di una dimostrazione tutelare e di carattere europeo. Procuri tenersi informato almeno dai colleghi amici circa le disposizioni di codesto Governo2 .

437

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA E VIENNA

D. CIFRAT01 . Roma, 12 novembre 1895.

L'incaricato d'affari d'Austria-Ungheria è venuto oggi a far appello alle relazioni di piena fiducia che il conte Goluchowski desidera intrattenere con noi, e m'ha chiesto, in nome del suo Governo, la mia opinione sull'anarchia che minaccia l'Impero ottomano e sul da farsi. Gli ho detto aver io veduto con soddisfazione come dalle ingerenze isolate nella quistione armena si fosse ritornato a provvedimenti più regolari delle sei Potenze, e che avevo aderito al pensiero del conte Goluchowski, che convenga all'Austria-Ungheria e a noi di suggerire al sultano riforme indispensabili per prevenire l'agitazione in Macedonia. Ma, aggiunsi io, mentre il consigliar quelle riforme è ad ogni modo un dovere urgente, può darsi peraltro che i passi delle sei Potenze vengano troppo tardi per frenare l'agitazione, e che il sultano non sia forse più in grado di seguire liberamente i nostri consigli. In una situazione così grave, in cui una cannoniera russa è già comparsa a Trebisonda, in cui reggimenti russi possono essere sbarcati a Yildiz da un momento all'altro dalla flotta volontaria, ed in cui la squadra francese parte da Tolone, forse per la Siria ove sono annunziati disordini, è mia opinione che, in virtù delle intelligenze che consideriamo esistenti tra Austria-Ungheria, Italia e Inghilterra, prudenza vorrebbe che fossimo

2 Per le risposte cfr. nn. 445 e 446. 437 1 Il dispaccio fu inviato a Londra col n. 47015/421, a Berlino col n. 47016/452, a Vienna col

n. 47205/870 e a Costantinopoli col n. 47815/625.

pronti a venire ad una dimostrazione tutelare della pace, recandosi la nostra squadra e quella dell'Austria-Ungheria in prossimità della squadra inglese ad ogni buon fine, per non l asciarci oltrepassare dali' azione altrui, lo stesso fatto che sembriamo non osare farci vedere insieme potendo incoraggiare altre Potenze ad azioni isolate o pericolose per la pace.

Avendomi il signor d'Eperjesy chiesto se non credevo necessario che a noi si aggiungesse la Germania, gli dissi che noi siamo tanto sicuri di avere la Germania politicamente con noi, e tanto convinti che essa può giovare di più in seconda linea alla causa comune, da considerare fuor di luogo invocarne l'azione, e necessario invece di essere ostensibilmente e irrevocabilmente coll'Inghilterra.

436 1 Cfr. n. 432.

438

IL DOTIOR NERAZZINI AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETIORATI, LEVI

L. CONFIDENZIALE. Zeila, 12 novembre 1895 (per. il 25).

La sua lettera1 mi è giunta in special modo gradita, perché desideratissima, e la ringrazio di essersi ricordato tanto amichevolmente di me.

Sono certo di averle scritto qualche cosa in forma privata circa l'impressione avuta da ras Makonnen per il mio arrivo in Zeila2; in ogni modo completo oggi le informazioni che in proposito ella desidera. Sull'azione politica e sull'assegnamento che possiamo fare sopra ras Makonnen, ho già scritto la settimana scorsa al cav. Agnesa con preghiera di far leggere a lei il mio biglietto. Le ripeto che Makonnen è un opportunista modello, educato alla scuola di Menelik; egli è timoroso di perdere la sua ricca posizione all'Harar, che gli è molto invidiata; egli è ligio all'imperatore, ed anzi sfoggia con lui del più affezionato interesse per riparare alla guerra sospettosa che gli viene fatta dalla regina Taitù, la quale vorrebbe vederlo decaduto dal potere; Makonnen ha un animo più inclinato all'ascetismo che all'energia battagliera e ai concetti di ribellione; egli non ha carattere intraprendente, e non è capace di ardite imprese; il dubbio e l'incertezza dell'esito lo paralizzano. Ras Makonnen comprende, che prima

o poi, una Potenza europea dovrà incatenare le sorti dell'Abissinia; egli sa valutare gl'intrighi e le sorde aspirazioni della Francia e della Russia; e dovendo subire per forza l'influenza di una Nazione europea, preferirà che questa sia l'Italia. Ma fino a tanto che Menelik sarà vivo (pur troppo il fulmine non ha colto bene il bersaglio), Makonnen non farà nulla contro il suo re, ed, anche di mala voglia, lo ubbidirà.

Appena che io arrivai in Zeila scrissi con un corriere speciale del mio arrivo al cav. Felter con preghiera di annunziare anche la venuta di una nave da guerra. Ras Makonnen ebbe la notizia 24 ore prima di Felter; lo mandò a chiamare, lo interrogò sulle ragioni della mia venuta, e se ne dimostrò molto insospettito. Felter non potè allora rispondere nulla; e quando ricevè la mia lettera, si recò dal ras, confermò il mio arrivo, contemporaneamente ad una nave italiana e ad una inglese, ma disse, con apposita aria di mistero, che non sapeva lo scopo. L'allarme e la preoccupazione crebbero per tre giorni, fino a che giunse un corriere governativo da Gibuti, che fece ritornare subito la calma e la tranquillità. Ogni preoccupazione, dopo la lettera di Gibuti, scomparve; ed il ras non si mostrò più troppo curioso di sapere quello che io ero venuto a fare a Zeila. Solo insisté presso Menelik per non mandare le sue truppe allo Scioa; e tanto seguitò ad insistere, che riuscì a partire per lo Scioa senza soldati, rimandandoli ai loro accantonamenti dopo di averli tenuti per qualche tempo raccolti in Harar. Il resto le è noto dai miei telegrammi e dai miei rapporti ufficiali: cioè, prima che Makonnen giungesse allo Scioa, ebbe ordine di richiamare a sè le truppe; le quali, rimaste fino alla metà di ottobre in osservazione a mezza strada, pare che abbiano avuto ordine di proseguire per lo Scioa, come risulta da informazioni giunte ieri da Harar.

In tutto questo contegno traspariscono due fatti essenziali: l) che noi non abbiamo più a che fare con le sole menti abissine, le quali facilmente si lasciano sopraffare da avvenimenti inaspettati, li giudicano a modo loro, e perdono spesso la via retta per ragionare; 2) che in Harar e allo Scioa si è informati bene e con misura di quello che facciamo, e della giusta portata delle nostre azioni. Questo servizio di informazioni parte ufficialmente da Gibuti; e ne è prova, che le autorità francesi seppero e poterono tranquillizzare Makonnen, sulla presenza mia e di navi italiane in Zeila, ancorché non avessero ricevuto spiegazioni dal Governo inglese di Aden, col solo far valere opportunamente la forza che ai francesi stessi è concessa dalla convenzione anglo-francese del 1888, illustrando convenientemente la portata dell'art. 4 di quella convenzione.

Così la Francia ha il mezzo facilissimo e convincente per smascherare, e paralizzare nei suoi effetti, qualsiasi finta manovra politica, che noi tentiamo di entrinsecare in Zeila. Non so se gli ordini per l'esecuzione di questa politica così offensiva degli interessi italiani vengano da Parigi: sono inclinato a credere che vi sia molta iniziativa locale; e che gli ordini generici venuti da Parigi sieno eseguiti a Gibuti con eccesso di zelo.

Stando le cose in questi termini, al mio arrivo in Zeila non credei opportuno di precipitarmi a scrivere a ras Makonnen, col quale da qualche tempo ero silenzioso e a cui dal Governo dell'Eritrea non si era voluto che fosse consegnata una mia lettera scritta, come lei sa, da Roma nel gennajo decorso. Avrei potuto scrivere con comodo, e meglio ancora in risposta a qualche lettera dello stesso ras, giacché lo scrivere io per il primo, e subito appena arrivato, poteva interpretarsi in Harar come un bisogno nostro di venire a trattative; ed in tale ipotesi io avrei rappresentato una specie di zimbello mandato in Zeila per attirare il ras in questo giuoco. Quasi subito è venuta meno l'opportunità di scrivere o la possibilità di ricevere lettere, perché avvenne in quello stesso mese l'ordine di espulsione di tutti gli italiani da Harar, imposta a Makonnen da Menelik e motivata dal ras colla circostanza dello stato di guerra esistente fra l'Italia e l'Etiopia.

Quello di cui sono persuaso è che Makonnen ha fatto ogni sforzo, ed in buona fede, per consigliare Menelik alla pace; che per sei mesi ha resistito agli ordini ripetuti di cacciare gl'italiani dall'Barar; che quando l'ordine è venuto, tassativo e perentorio, lo ha eseguito circondando gl'italiani del massimo rispetto fino all'ultimo momento. Se non fosse stato così, e se il ras non vi avesse energicamente provveduto, la partenza degli italiani da Barar e il loro viaggio sino alla costa non potevano effettuarsi in modo così quieto e tranquillo.

È impossibile mantenere corrispondenza con qualche capo abissino in Barar; non è riuscito a Felter, e molto meno può riuscire a me che manco da due anni da quel paese. Del resto capi abissini in Barar non ve ne sono rimasti, eccettuato uno, il garasmac Banti, che guarda l'Barar con cinque o seicento soldati, e che è un'anima dannata di Menelik. Abbiamo in Barar un nostro interprete arabo, stipendiato dal Governo fino dai tempi miei, e che Felter, valendosi molto opportunamente del consenso del ras, ha lasciato a custodia della sua casa e dei suoi affari commerciali. Questo è l'unico tramite rimasto per avere notizie. I negozianti greci temono di compromettersi a scrivere, e temono più degl'indigeni stessi. D'altra parte Barar è in stato d'assedio con rigore immenso per la gente che vi entra e che ne sorte. Si afferma oggi sempre più quello che ho scritto nel mese decorso: se Menelik con Makonnen si portano a Borumieda ed oltre verso il Tigrè, notizie in Barar ne giungeranno ben poche; anche meno ne giungeranno in Zeila, perché non possono giungervi che in modo incerto e talmente tardivo, da non essere che una lontana eco di quello che si può più presto sapere per la via del Tigrè. Anco Gibuti non avrà miglior sorte, essendo Borumieda ed il Lasta troppo lontani, e mancando vie di comunicazione rapide e sicure.

A proposito d'informazioni, ieri mi chiamò il residente inglese per farmi leggere un rapporto che mandava al proprio Governo, affermando ancora la morte di Menelik, che riteneva per sicura, essendogli stata confermata da un indiano proveniente dallo Scioa. Ma ugualmente ieri veniva a noi un corriere mandato dal nostro interprete di Barar, che assicurava essere tale notizia una menzogna, che ci avvertiva di stare in guardia e non crederla, confermando che Menelik con Makonnen erano partiti con tutto l'esercito per Borumieda, Ed io mi attengo alla nostra versione. Lo stesso residente inglese mi domandò se potevo dargli qualche appunto sulle informazioni che avevo raccolto circa il traffico di armi fra Gibuti e l'interno; io credei opportunissimo di soddisfarlo, e ieri sera gli consegnai un estratto di tutto quanto avevo scritto al mio Governo circa il passaggio d'armi e munizioni nei possedimenti francesi limitrofi.

Mentre le annunzio con piacere che i miei rapporti colle autorità inglesi si sono fatti ottimi, le segnalo una circostanza che serve a dimostrare quanto poco si pensi dal Governo indo-britannico a un'eventuale cessione di Zeila. Certi progetti di lavori in questa città, approvati più volte e sempre sospesi e che da tre anni rimanevano allo stato di gestazione, procedono ora alacremente e fra tre mesi potranno dirsi compiuti. Questo è un sintomo molto più eloquente di qualsiasi dichiarazione scritta o verbale, giacché per sua regola gl'inglesi non spendono una sterlina se non sono convinti di sfruttarla a tutto loro benefizio.

Ciò non toglie che il nostro Governo debba arrestarsi dal mirare sempre a quell'obiettivo, e sono certo che non si lascerà sfuggire nessuna occasione politica che possa giungere propizia per definire favorevolmente queste trattative. Il protocollo del 1894 2 è già una vittoria diplomatica molto più importante e seria di quello che i profani possano giudicare, ed il ministro Blanc può tenersene. Io spero che s'imponga un vincolo maggiore d'interessi mediterranei fra l'Italia e l'Inghilterra, e che questa finisca coll'essere moralmente obbligata a una concessione tanto desiderata. Il ghiaccio è già rotto col protocollo del 94, che paralizza in gran parte la gravità dell'art. 4 della convenzione anglo-francese 1888. Si potrebbe tentare una permutazione con qualche tratto di costa poco proficuo a noi, come sarebbe la zona dei migiurtini (pessima gente) nell'Oceano Indiano. Credo che anche il generale Dal Verme, il quale ha avuto la fortuna e l'abilità di ottenere nelle delimitazioni ciò che certamente ad altri non sarebbe riuscito, non dovrebbe disapprovare questa idea.

Però rammenti quello che le scrivo oggi con maggiore cognizione di causa: per i bisogni nostri e per esercitare un'azione di fatto sull'Harare sullo Scioa, occorre una misura completa e non, come suol dirsi, una mezza misura. Quindi, o cessione completa di Zeila, o niente. La concessione di un consolato o di un residente qui con bandiera italiana, mentre ci caricherebbe di obblighi verso l'Inghilterra come se ci avesse dato gran cosa, non equivarrebbe per l'Abissinia che a una prova di fatto qualmente non possiamo andare più in là di questo; ed in tal caso, esprimendo ciò una quota fissa e determinata di quanto abbiamo potuto ottenere dal nostro accordo coll'Inghilterra, è più proficuo l'indefinito, cioè non ottenere niente, lasciando le cose nell'incertezza attuale. In Abissinia sono abituati a sapere che consoli e bandiere estere possono trovarsi da per tutto, senza alcuna minaccia o diminuzione di autonomia per le Potenze che li accettano. Con le spiegazioni, con gli incoraggiamenti, che vengono oggi dal Governo francese di Gibuti inviati allo Scioa e all'Harar, tanto vale che le cose rimangano come sono, che vedere un console e una bandiera italiana a Zeila. Quale azione vera e seria potrebbe ciò estrinsecare nell'interno? Nessuna. Dunque, o cessione o niente; perché la cessione significa avere in mano le chiavi di casa dell'Harar, ed essere padroni di mandarvi soldati quando e come si voglia. Questo si chiama vero mezzo di esercitare influenze!

Chiudo questa mia lunga lettera, rammentandole che se Menelik viene avanti, credo necessario che partano dall'Italia dei rinforzi, giacché qui dicono che l'esercito suo è numerosissimo. Così potremo finirla una buona volta, e con qualche milione speso in quest'anno, si potrebbe risparmiarne qualche diecina per l'anno avvenire. È però possibile un evento. Se Menelik mentre è in marcia sente l'arrivo di altre truppe nostre a Massaua, moltiplicate nel numero dall'immaginativa abissina, niente più facile che si arresti e dimandi subito la pace. Ed in tal caso non saprei dire se convenga o no accettare una simile proposta. Solo aggiungo, che avendo i mezzi pronti per mitragliarli, ogni diecina di abissini che passa all'eternità sono diecine di ore quiete e traquille che ci aspettano per l'avvenire.

La prego farmi sapere di aver ricevuta la mia presente lettera, che vorrei leggesse con calma, giacché rispecchia le mie più ferme convinzioni personali. Voglia presentare i miei ossequi a S.E. il signor ministro ...

438 1 Non pubblicata. 2 Cfr. un accenno nel n. 307.

438 2 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 264.

439

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 2011. Massaua, 13 novembre 1895, ore 9,15 (per. ore 10,15).

Fino da novembre 1894 il generale Arimondi risolveva chiedere rimpatrio. Tardò per sollecitazioni ministro guerra. In aprile presentò domanda ufficiale che, con suo consenso, tenni sospesa, prima causa situazione offerta mio richiamo, poi per mia assenza Colonia. Ora Arimondi rinnova domanda. Gravi ragioni consigliano accettarla subito. Esperienza dimostrò incompatibile tempo guerra coesistenza Colonia comandante truppe e governatore con poteri militari. Non potendo rinunziare tali poteri, propongo comandante truppe venga sostituito con colonnello o tenente-colonnello capo di Stato Maggiore, cui possa lasciare tempo ordinario larghe attribuzioni. *Prego interpellare in ordine precedenza colonnelli Valenzano e Zanelli Bonaventura, tenenti-colonnelli Valleris e Baratieri* 2 .

440

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2015. Berlino, 13 novembre 1895, ore 12,21 (per. ore 13,35).

Oggi avrà luogo Potsdam presso imperatore conferenza affari Oriente. Questa sera conferirò a mia volta con barone Marschall, e saprò cosa egli pensa della annunziata partenza squadra francese. Credo conveniente sospendere ogni deliberazione su movimento squadra italiana, di cui è questione suo telegramma di iersera1 , e che giornali annunziano già deciso, fino a che io possa presentire quale impressione ciò farebbe qui. Telegraferò questa sera 2 .

439 1 Ed. in LV91, p. 48, in LV92, p. 124 e, con l'omissione del passo fra asterischi, in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 215. 2 Per la risposta cfr. n. 442. 440 1 Cfr. n. 434. 2 Cfr. nn. 443 e 444.

441

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2022. Londra, 13 novembre 1895, ore 17,43 (per. ore 20,33).

Nulla per ora renderebbe indispensabile immediata partenza nostra flotta per Oriente1; ma se squadra francese muovesse, sarebbe opportuno nostra flotta facesse subito altrettanto. Tale è anche il parere Salisbury. Si conferma opinione che il sultano sia completamente demente.

442

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 218. Roma, 13 novembre 1895, ore 17,45.

Nell'incertezza delle operazioni contro il nemico accettazione rimpatrio Arimondi 2 potrebbe suscitare dubbii ostili contro Governo Massaua e politica coloniale. Fo appello al patriottismo di entrambi per indugiare qualche tempo ancora, di guisa che il ritorno di Arimondi non dia luogo ad alcun commento spiacevole.

443

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2019. Berlino, 13 novembre 1895, ore 18,40 (per. ore 19,15).

Barone Marschall mi fece vedere in questo momento telegramma Biilow che gli annunzia partenza «Galileo» e invio per ora squadra italiana soltanto sud della Sicilia. Egli si dimostra lieto di questo provvedimento, e mi ripeté, scusandosi del consiglio, il suo solito parere che se vuolsi ottenere qualche cosa dall'Inghilterra non bisogna prevenire troppo i suoi desiderii.

441 1 Risponde al n. 433. 442 1 Ed. inLV91, p. 48 e inLV92, p. 124. 2 Risponde al n. 439.

444

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2020. Berlino, 13 novembre 1895, ore 18,40 (per. ore 19,25).

Germania invia per ora soltanto nave scuola «Moltke» che travasi al Pireo a Smirne non avendo altre navi disponibili e più adatte. Avendo parlato con Marschall nel senso indicato da V.E. 1 ho creduto comprendere che egli consente in massima con il nostro modo di vedere circa movimento squadra italiana; egli però apina prudente non venga inviata accanto squadra inglese per evitare apparenza vera dimostrazione navale.

445

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2024. Parigi, 13 novembre 1895, ore 19,45 (per. ore 23).

Ministro degli affari esteri ha risposto all'ambasciatore di Francia a Costantinopoli di procurare di stabilire una intesa con i suoi colleghi delle altre Potenze circa l'invio un secondo stazionario. Se dall'ambasciatore suddetto sarà quindi telegrafato che l'accordo esiste in senso affermativo, è probabile che si daranno gli ordini per l'invio di un altro legno leggero nel Bosforo. Governo francese desidera procedere d'accordo con gli altri e non prendere iniziativa a questo riguardo. Ministro degli affari esteri nel dirmi ciò che precede soggiunse che se io fossi informato di ciò che deciderà di far mio Governo egli desidererebbe esserne tosto da me informato. Parmi sarebbe utile da un punto di vista generale assecondare questo desiderio. Gabinetto di Vienna ha fatto fare qui ieri dal suo ambasciatore una comunicazione tendente a stabilire uno scambio di viste direttamente da Gabinetto a Gabinetto sovra ciò che nell'interesse comune della pacificazione potrebbe essere fatto dal concerto delle Potenze. Ministro degli affari esteri deve avere dato oggi una risposta al mio collega d'AustriaUngheria; ma ciò che il ministro stesso disse a me mi lascia l'impressione che tale risposta debba essere stata poco concludente. In linea generale si può ritenere che si seguirà passo a passo la Russia, né si prenderà per ora almeno iniziative; se se ne prendessero queste sarebbero volute dal Gabinetto di Pietroburgo.

444 1 Cfr. n. 434.

446

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2027. Pietroburgo, 13 novembre 1895, ore 22,40 (per. ore 24).

Secondo che mi viene assicurato confidenzialmente dai colleghi amici, Lobanow ha autorizzato Nelidow intendersi con gli altri ambasciatori circa secondo stazionario, ma Nelidow ancora non lo crede necessario. Lobanow si mostra inquieto politica inglese e dice non comprenderla. Di progettate dimostrazioni dice aver notizie solo dai giornali; aggiunse non comprendere a che menerebbero essendo impossibile occupare intiere provincie ottomane come sarebbe necessario per ristabilire efficacemente ordine. Ritiene lasciando da solo Governo ottomano e limitandosi dargli consigli, tutto potrà aggiustarsi purché Potenze abbiano tutte intenzioni sincere arrivare soluzione pacifica. Conforme alle istruzioni non ho parlato a Lobanow e mi mantengo rapporti confidenziali intimi colleghi amici.

447

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DESTINATO A RIO DE JANEIRO, MAGLIANO 1

D. 46935/398. Roma, 13 novembre 1895.

L'azione dell'attuale rappresentanza a Rio Janeiro essendosi dimostrata insufficiente ad ottenere la definizione dei numerosi nostri reclami verso il Governo del Brasile2 , il Governo del re ha determinato di affidare tale incarico alla S.V. nella speranza che l'esperienza da lei acquistata in lunghi anni di servizio diplomatico presso le Repubbliche americane possa condurre ad una soluzione soddisfacente della vertenza.

2 Si pubblicano qui due passi del lungo R. riservato 972/275 del15 novembre con cui De Martino giustificava il suo operato: <<È penosa la perplessità nella quale rimango; e, cioè, se io abbia demeritato perché fui troppo lento oppure troppo sollecito nello eseguire le istruzioni datemi dalla E.V. con l'ossequiato suo dispaccio (n. 35005/206) delli 13 agosto scorso: 'Impegno la responsabilità della S.V. perché... o il Governo brasiliano soddisfaccia ai reclami per troppo tempo tenuti sospesi, o V.S. insista in via d'ultimatum per l'accettazione d'un arbitrato generale ... Ma il redigere contratti soddisfacenti, e lo stipulare guarantigie di altro genere, non basta. Perché sieno rispettati ed eseguiti, giova sradicare dalla coscienza dell'universale e delle autorità ed agenti del Governo la persuasione che i nostri concittadini vengano a surrogare agli antichi schiavi e, come costoro, non abbiano diritti; e che vane proteste e reclami sieno gli atti più energici a cui ci possiamo risolvere per ogni oltraggio alle leggi umane e divine'>>.

Per i negoziati che a tale scopo ella dovrà intavolare non le occorrono speciali istruzioni: esse emergono dal Libro Verde ultimamente pubblicato riguardo ai reclami italiani3 .

Quando questi negoziati che costituiscono un ultimo tentativo di amichevole e diretta transazione, non approdino, ella porrà come «ultimatum» la proposta di deferire tutti i reclami in massa all'arbitrato d'una Potenza amica, cioè degli Stati Uniti, con mandato di determinare quali tra quei reclami siano di diritto internazionale e debbano quindi essere definiti dall'arbitrato stesso, quali invece sieno di diritto interno e debbano essere definiti dalla giustizia locale senza ulteriore ingerenza del Governo italiano.

Quando la proposta d'arbitrato non venga accettata entro un termine da apprezzarsi e da fissarsi da Vossignoria, ella è autorizzata a consegnare la legazione di Sua Maestà ad un incaricato d'affari dichiarando al Governo brasiliano che per ristabilire le relazioni politiche fra i due Stati l'Italia invocherà la mediazione degli Stati Uniti.

La S.V. potrà disporre della r. nave «Lombardia» salvo a chiedere un supplemento di forza navale, quando fosse del caso.

447 1 Il dispaccio fu inviato a Torino dove si trovava Magliano.

448

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO 1

L. PERSONALE. [Roma,] 13 novembre 1895.

Tra il tesoro e l'esercito ci è un'antinomia che può essere fatale al Paese nelle attuali circostanze. È necessario risolverla.

Fortificar l'esercito senza aumentar la spesa è cosa ritenuta a Berlino facilissima, se non riducendo i corpi d'armata come l'ha invano consigliato l'imperatore al re (e Dio voglia che la Germania non si prevalga, alla resa dei conti, della nostra renitenza ai suoi consigli!), almeno coll'avere per ogni reggimento di fanteria nove compagnie forti invece di dodici compagnie scheletri, e per ogni reggimento di cavalleria cinque squadroni per farne in guerra, invece di sei a centoquarantacinque cavalli per aversi a centoventi cavalli in guerra; e inoltre evitando le spese assurde come quella dei richiami di milizie territoriali per dieci giorni, ecc. E perché non incorporare nei dodici corpi d'esercito quei due altri corpi, che fanno in realtà in tutto quattordici, costituiti dai sette reggimenti d'alpini e dai dodici reggimenti di bersaglieri? Sarebbe la riduzione dei corpi senza che apparisse, con economia per il tesoro e maggior forza per l'esercito.

degli affari esteri (Blanc), Brasile, Reclami italiani, seduta del 6 dicembre 1894, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1895. 448 1 Da Archivio Sonnino; ed. in SoNNINO, Carteggio 1891-1913, cit., pp. 163-164.

Attualmente è impossibile in tempo di guerra di aver uomini istruiti per portar le compagnie a 250 uomini come debbono essere; ci è impossibile pure avere gli squadroni in guerra a 120 cavalli. Mancheremo ai nostri impegni; in realtà inganniamo sulla merce fornita.

Ma con Mocenni non v'ha rimedio a ciò, e non sono disgraziatamente competente a discutere quelle questioni con lui oggi. Però su due questioni politiche più che militari, ove la nostra condotta eccita stupore· a Berlino e a Londra, intendo parlare schiettamente per la mia responsabilità.

l) Le basi dell'esercito vengono scosse per due anni, che saranno di confusione e di impotenza, dalla distruzione dell'organizzazione dei distretti che dopo 25 anni dava frutti ed era accetta al Paese, mutamento che porterà una grave spesa immediata oltre alla paralizzazione, durante quel lungo periodo di transizione, della nostra Schlanchtfertigkeit.

2) Mocenni è il primo dei ministri della guerra che non abbia designato e nominato i comandanti d'esercito destinati ad operare, due nell'Italia del nord, uno in Germania, uno nell'Italia centrale, onde in caso di guerra quei comandanti improvvisati non avranno studiato il loro compito, né conosceranno il loro capo di Stato Maggiore ed il loro capo d'intendenza, né insomma saranno in grado di operare con onore né con successo.

Su questi due punti la condotta di Mocenni è assolutamente ingiustificabile nelle attuali circostanze d'Europa, e ritengo mio assoluto dovere di chiamar seriamente nella conferenza d'oggi la sua attenzione sulla tremenda responsabilità che assume 2•

447 3 Si tratta del Libro Verde 85, Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano dal ministro

449

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R.I. Parigi, 13 novembre 1895 (per. il 16).

Il signor Berthelot ha rimesso fino ad oggi il suo primo ricevimento degli ambasciatori, sicché non ho potuto, prima di questo giorno, eseguire le istruzioni impartitemi da V.E. con il telegramma del 5 corrente2• Mi sembrò che il chiedere al nuovo ministro francese degli affari esteri una speciale, anticipata udienza per tenergli il linguaggio prescrittomi, avrebbe potuto dare alla mia comunicazione un colore alquanto diverso di quello che il R. Governo ha intenzione di attribuirle.

449 1 Poichè il testo che si pubblica è a «stampa riservata» manca il numero di protocollo.

2 Cfr. n. 404.

Presi dunque argomento al mio dire dalla espressione del compiacimento che io provavo nello entrare in relazione di affari con una persona che aveva in Italia molti ammiratori e numerosi amici, i quali, all'annunzio della sua nomina, si erano rallegrati come di un evento felice che favorirebbe l'opera comune di far cessare quel non so che di anormale, che da parecchi anni ha influito sovra le relazioni dell'Italia con la Francia. A determinare questa condizione di cose aveano principalmente contribuito due questioni: quella, cioè, dei rapporti commerciali e quella dei contatti africani. Ed io esposi per sommi capi lo stato delle due questioni appoggiando sui due fatti capitali che nella prima di queste questioni il Governo del re dopo di aver abolito di propria iniziativa e senza compenso di sorta le tasse doganali di rigore, che colpivano l'importazione francese, si spinse, or sono circa due anni, sino a lasciar intendere qui che egli era disposto ad un accordo sovra la base del trattamento della Nazione più favorita, e che nell'altra questione l'intesa per la delimitazione negoziata nel 1891 fu lasciata senza firma unicamente perchè il Gabinetto di Parigi interruppe allora le trattative. Queste cose premesse, feci osservare al signor Berthelot che, dopo quanto da noi si era fatto per la questione commerciale, era cosa naturale che il mio Governo si aspettasse a qualche atto da parte del francese che dimostrasse in quest'ultimo una buona volontà; ma finora l'iniziativa da noi presa con la abolizione del trattamento di rigore non avea provocato da parte della Francia alcun provvedimento, che potesse considerarsi come un corrispettivo e le entrature nostre di due anni or sono erano rimaste senza risposta e senza seguito. Noi non avevamo alcun mezzo per rimediare alle conseguenze, che uno stato di cose lesivo di tanti interessi privati nei due Paesi produceva e non dovea recare sorpresa ad alcuno che ne fosse mantenuto nella opinione pubblica un risentimento di cui forse non tutti coloro che lo provano, conoscono esattamente le cause e sanno di queste definire la responsabilità.

Per la situazione in Africa noi avevamo parimenti fatto tutto quanto era in poter nostro per evitare ogni attrito. Interrotto che fu il negoziato di delimitazione e dopo che erano trascorsi anni senza che questo fosse ripigliato, ci eravamo attenuti al partito il più semplice e naturale ed io avea dichiarato qui, in nome del mio Governo, che l'Italia osserverebbe e rispetterebbe la linea di demarcazione in ultimo intesa nel1891, conformemente alle dichiarazioni fatte a Roma dall'ambasciatore della Repubblica. Io dovea in verità riconoscere che negli ultimi mesi il signor Hanotaux avea in modo non formale conversato più volte con me della ripresa di quella trattativa, ma egli vi poneva talune condizioni di opportunità di tempo, che pare non si dovessero verificare mai, sicchè le cose ne erano rimaste anche in questo affare alla dichiarazione nostra di considerare come esistente l'intesa che era risultata dal negoziato del 1891.

Il signor Berthelot comprese evidentemente lo scopo di questo mio linguaggio e, rimasto silenzioso durante tutto il tempo della mia esposizione dei fatti, mi rispose, quando ebbi finito, che senza voler contraddire alle cose che io avea dette, egli dovea formolare sovra di esse le sue riserve. Egli non avea ancora avuto il tempo di esaminare le cose precedenti, alle quali io mi riferiva; dovea però notare che in Francia esisteva una opinione che tendeva a fare ricadere la responsabilità della situazione da me esposta, sovra una mancanza di buona volontà da parte dell'Italia. Egli credeva che nei rapporti dei due Paesi esistessero dei malintesi, che era nostro debito reciproco di chiarire ed eliminare. Vi si applicherebbe con tutta la cura e l'interesse possibile. Io potevo stare sicuro che dal canto suo vi si impiegherebbe con la simpatia che il nostro Paese gli avea sempre inspirato.

Replicai che della esattezza e precisione dei punti di fatto sovra i quali io avea esposto la condizione, quale è, delle relazioni fra l'Italia e la Francia, gli sarebbe facile accertarsi prendendone cognizione egli stesso. A questo scopo io non avea voluto frapporre indugio nel chiamare la sua attenzione sovra le due principali questioni, sovra le quali s'innestano altre minori che ne sono però la conseguenza diretta e servono a mantenere nella opinione dei due Paesi disposizioni non in armonia con ciò che l'interesse ben inteso dei medesimi richiederebbe. Una di queste questioni avea negli ultimi tempi dato motivo a frequenti mie comunicazioni al signor Hanotaux. Era questa relativa al passaggio delle armi e munizioni da guerra dirette all'Abissinia e che, contrariamente alle ripetute dichiarazioni fatte a me qui e da me mandate al mio Governo, non era cessato mai, sicchè i fatti, dei quali eravamo informati, dimostravano che mentre il ministro degli affari esteri dava degli ordini, altre amministrazioni disponevano in senso contrario. A questa conclusione io era venuto ripugnandomi di sospettare la buona fede con la quale mi era stato promesso che, lasciando in disparte la discussione di diritto, in linea di fatto il transito delle armi e munizioni dirette ali' Abissinia sarebbe proibito nella Colonia di Obock. Negli ultimi scontri, come nei precedenti, le armi abbandonate dagli abissini erano francesi e queste circostanze, non ignorate dal pubblico, eccitavano un risentimento facile a concepire. Io dovea pregare il signor Berthelot di considerare questo affare come urgente e di volerne conseguentemente prendere nota speciale per prendere i provvedimenti che le presenti circostanze richiedevano.

Anche intorno a ciò il nuovo ministro si disse non informato e promise di esaminare come stanno le cose.

Molto cortese nella forma il signor Berthelot, si palesò assai riguardoso e cauto. La parola riserva prende quasi forma d'intercalare nella esposizione del suo pensiero. Egli parlò delle sue simpatie per il nostro Paese, del suo e mio dovere di appianare le difficoltà e di eliminare i malintesi; ma in sostanza il suo linguaggio mancò di quella cordialità che si palesa nella impressione generale, che una conversazione prolungata può lasciare in chi vi prese parte 3 .

448 2 Cfr. n. 455.

450

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2151. Roma, 14 novembre 1895, ore 11,15.

Squadra va nelle acque ottomane per non essere troppo in ritardo in paragone di altri; si terrà a portata _del telegrafo; non ha destinazione fissa; non ha alcuna istruzione di stare accanto a squadra inglese a Lemnos o altrove.

449 3 La sostanza di questo rapporto fu trasmessa da Tornielli con T. 2026 dello stesso 13 novembre, non pubblicato.

451

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2152. Roma, 14 novembre 1895, ore 11,15.

Saremmo ben disposti ad informare il Governo francese dei nostri intendimenti circa movimenti stazionari od altre navi in ricambio di quelle che crederà di favorirci avendo esso preso iniziativa di fatto coll'invio della sua squadra nel Levante.

452

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMMIRAGLIO ACCINNI

ISTRUZIONI RISERVATISSIME. Roma, 14 novembre 1895.

Il desideratum che le forze navali italiane ed inglesi agiscano all'occorrenza side by side esige che, per ora, evitiamo ogni apparenza di voler spingere e precipitare le cose. Oltre che, nel momento attuale, e fino a nuove indicazioni che la situazione politica si sia modificata, conviene che le nostre navi non appariscano ricercare la vicinanza delle navi inglesi, non essendo opportuno, per ora, dare un qualsiasi carattere collettivo, anche ristretto a due Potenze, ad una dimostrazione nostra che ha per iscopo di non lasciarci precedere di troppo tempo da altre squadre.

Ma il compito della squadra è di tenersi nelle acque ottomane, a portata del telegrafo, pronta a quanto può richiedere la protezione dei nostri nazionali e dei rappresentanti del R. Governo. Essa potrà agir sola, ed anche senza domandare istruzioni, nei casi in cui vi sia necessità urgente di esercitare un dovere incontestabile di protezione sugli italiani ed agenti medesimi. Sarà pronta pure a corrispondere, anche senza istruzioni speciali, in caso d'urgenza, ad ogni invito che le venisse fatto d'una cooperazione qualsiasi per parte di navi· da guerra britanniche, o austro-ungariche, o germaniche.

Istruzione è stata data al r. ambasciatore di chiedere il firmano per l'entrata negli stretti dello stazionario «Archimede». Quando vi fosse ritardo o rifiuto del firmano, il comandante la divisione della squadra procederebbe in conformità di quanto venisse richiesto dal r. ambasciatore in Costantinopoli.

Le località in cui la squadra potrà incrociare, sia Smirne che Lemnos, od altrove, sono lasciate, salvo nuove istruzioni, all'apprezzamento del comandante, il quale deve far noto, anche indirettamente, al pubblico che non ha una destinazione determinata pittostoché un'altra nelle acque ottomane.

453

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. URGENTE 47200/869. Roma, 15 novembre 1895.

Il Governo del re è concorde nel pensiero espresso da codesto Governo1 che, benché i movimenti di Macedonia siansi calmati e quel Paese si trovi ora in uno stato di relativa pacificazione, tuttavia sia imprudente lasciar passare il tempo utile per ottenere dalla Porta quelle concessioni che sono riputate più indispensabili. Non si può disconoscere come sia a temersi che, se la Porta rimane nella solita inazione, i movimenti abbiano a rinnovarsi in primavera, rendendo allora più difficile ogni concessione e creando colà una situazione piena di pericoli per la pace d'Oriente. Voglia assicurare S.E. il conte Goluchowski che siamo disposti a dare istruzione al nostro ambasciatore a Costantinopoli di concertarsi coi suoi colleghi circa la sostanza e la forma dei suggerimenti che, dopo avere ricevuto l'ordine dai rispettivi Gabinetti, essi avrebbero a comunicare al Governo del sultano.

454

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA E VIENNA

Roma, 15 novembre 1895.

L'incaricato d'affari d'Austria-Ungheria è venuto oggi a chiedermi se, di fronte alla presente complicazione in Oriente, io divida il parere qui appresso, del conte Goluchowski.

Riassumo: nella previsione che possa accadere a Costantinopoli qualche movimento anarchico, mettendo in pericolo la vita o la proprietà degli stranieri ivi domiciliati, i Governi dovrebbero preparare delle squadre. Bisognerebbe ciò nondimeno lasciare la decisione agli ambasciatori delle Potenze che prenderebbero le misure necessarie, dopo essersi antecedentemente messi d'accordo fra di loro. Potrebbero così domandare eventualmente in soccorso un numero eguale di navi d'ogni Nazione, da levarsi dalle rispettive squadre. Non si dovrebbe, in questo caso, fermarsi dinnanzi alle proteste che la Porta farebbe per non permettere l'entrata delle navi da guerra nei Dardanelli. Le Potenze dovrebbero anzi, in caso contrario, mettersi d'accordo per

454 1 Il dispaccio fu inviato a Berlino col n. 47392/456, a Costantinopoli col n. 47393/618, a Londra col

n. 47394/424 e a Vienna col n. 47395/874.

far cessare la resistenza della Porta. Sarebbe però prudente di non far avvicinare, per ora, le squadre mandate nelle acque del Levante, troppo vicino ai Dardanelli; ciò potrebbe essere interpretato come una minaccia diretta ed accrescere ancora più l'eccitamento degli spiriti a Costantinopoli. Sarebbe pure da desiderarsi di evitare, per ora, il raggruppamento delle squadre, a seconda delle alleanze esistenti, per far risaltare anzi tutto la unanimità di azione delle Potenze europee.

Ho risposto al barone d'Eperjesy che le istruzioni date il 14 corrente al comandante della prima divisione della squadra italiana in partenza per il Levante 2 , erano già identiche ai termini della comunicazione ora fattami, nella quale consentivo pienamente, felicitandomi della intiera coincidenza del modo di procedere dei due Governi alleati.

453 1 Cfr. n. 394.

455

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

L. PERSONALE. Roma, 15 novembre 1895.

Dovrei all'occorrenza insistere come ministro degli esteri perché non si dia seguito al progetto di riforma dei distretti che paralizzerebbe per un tempo più o meno lungo le basi dell'esercito, e perché si nominino senza indugio i comandanti d'eserciti. Sono due cose capitali.

456

MANIFESTO DELLA SOCIETÀ NAZIONALE ALBANESE 1

Pallagorio, 15 novembre 1895.

In Italia siamo centomila albanesi sparsi per le ubertose terre di Sicilia e delle altre provincie del Mezzogiorno; le nostre colonie, da oltre quattro secoli, vivono qui vita prospera e tranquilla; i nostri padri profughi poveri furono, con disinteressata materna cura, accolti da questa sacra Italia quando erano da tutti quasi scacciati e tenuti in sospetto; sebbene eglino avean saputo tener fronte all'islamismo, minacciante la civiltà dell'Occidente.

455 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi. 456 1 Il manifesto, inviato al Ministero degli esteri dove pervenne il 25 novembre, è firmato dal vicepre sidente Anselmo Lorecchio.

E da quell'epoca ci sentiamo orgogliosi di essere cittadini di questa seconda patria.

Noi parliamo lo stesso idioma dei nostri fratelli di là dall'Adriatico; quell'idioma che parlavano i pelasgi, abitatori della terra di Grecia, prima ancora che fosse invasa dagli elleni, provenienti dall'Asia.

Parliamo lo stesso idioma: ma eglino scrivono in una maniera, e tra noi, i pochi dotti, in altra.

A rievocare i ricordi gloriosi di nostra passata grandezza, ch'è pure indubbiamente grandezza ellenica e latina, è necessità poterei intendere anche a mezzo della scrittura.

Con sì fatto intendimento abbiamo fondato la Società Nazionale Albanese; ed a questo scopo noi costantemente ed esclusivamente miriamo.

Se non che la forza degli eventi politici, svolgentisi con vertiginosa rapidità in questi giorni, ci distrae per poco dalla opera nostra; e nella tema di una imminente e nuova configurazione degli Stati nell'Oriente di Europa, noi leviamo il nostro grido di dolore al pari di quello che gli italiani divisi e servi dello straniero fecero pervenire al cuore del gran re Vittorio Emanuele Il, nel 1859.

Noi chiediamo a questa potente e gloriosa Italia; chiediamo all'onore ed alla lealtà delle Potenze del mondo civile, che siena rispettati, anche per l'Albania, quei principii di nazionalità, che sono sostrato e fondamento dello Stato moderno.

Nessuno può vantare diritti legittimi su di essa; a meno che non siena quelli della forza: e l'Albania deve essere libera padrona dei proprii destini.

Che se per avventura l'equilibrio europeo, sempre pericolante quando non sia stabilito sulla base delle nazionalità, richieda che l'Albania non debba rimanere indipendente, noi osiamo altamente affermare che solo l'Italia, nostra disinteressata e prodiga seconda patria, può vantare quei diritti: e i cuori dei nostri fratelli di là dell'Adriatico, anche in questo, battono all'unisono coi nostri.

454 2 Cfr. n. 452.

457

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO AD ATENE, PISANI DOSSI

T. 2174. Roma, 16 novembre 1895, ore 11.

Informi se è vero Grecia pretenda prendere parte dimostrazioni eventuali Potenze in Turchia. Faccia intendere all'occasione al Governo greco quanto migliore sarebbe sua posizione se coi riguardi dovuti agli interessi legittimi dei sudditi italiani si fosse assicurato l'appoggio dell'Italia ritornando ad antiche comunanze di politica ormai troppo dimenticate in Atene 1•

457 1 Per la risposta cfr. n. 478.

458

COLLOQUIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, CON IL VICEAMMIRAGLIO ACCINNI E IL CAPITANO DI VASCELLO BETTOLO 1

APPUNTO. [Roma,] 16 novembre 1895, ore 11.

Il viceammiraglio Accinni ed il capitano di vascello Bettolo sono venuti a congedarsi. Essi conducono la flotta italiana in Oriente2 .

Mi domandano quale dovrà essere il loro contegno coi francesi.

-Piena cordialità.

Tra noi e la Francia per ora non è alcun dissidio. Le sei Grandi Potenze, ed in queste è la Francia, procedono concordi a Costantinopoli. Spero, che l'accordo sarà mantenuto, e con questo accordo spero sarà mantenuta la pace. Facciamo il dover nostro, e teniamo alta la bandiera d'Italia. Del resto, nelle istruzioni datevi dal ministro degli affari esteri troverete le norme pel contegno da seguire.

Ho piena fede in voi. La bandiera nazionale è affidata in buone mani.

Il Bettolo allor mi domandò:

-Nel caso di un riparto dell'Impero ottomano, dove a noi tocca di andare. Quale sarà la provincia che dovremmo occupare. -Tripoli! Accinni allora riprese: -Noi partiamo pieni di fede. Il Bettolo ieri, essendo alla Camera, fece il suo testamento. Disse ai deputati, ch'eran riuniti nella sala di lettura:

-Vogliate tener saldo il Ministero. Con Crispi al Governo ci sentiamo sicuri, e vinceremo in caso di guerra. Cancellate il 1866. Dopo uno scambio di cortesie, si congedano, e li accompagno sino alla porta. -Iddio vi benedica. Sono nelle vostre mani le sorti della patria nostra. La par

tenza della flotta doveva essere alle 4 di sera.

459

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2051. Pera, 16 novembre 1895, ore 12,30 (per. ore 23,50).

Alcuni ambasciatori non avendo ancora avviso venuta loro stazionari, abbiamo unanimamente convenuto aspettare che tutti lo abbiano ricevuto per potere domandare simultaneamente firmano passaggio. Inquietudine in Costantinopoli alquanto calmata permette tale ritardo vantaggioso in vista dell'effetto salutare, di una domanda simultanea, sulla Sublime Porta.

2 La flotta era composta delle navi seguenti: <<Umberto>>, <<Etruria>>, <<Partenope», <<Stromboli>> e <<Andrea Doria>>.

458 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi.

460

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA

T. 2187. Roma, 16 novembre 1895, ore 18.

Quando vi sia difficoltà per il firmano di ammissione dell' «Archimede» V.E. insisterà senza nuove istruzioni, facendo intendere che con nostro dispiacere anche senza firmano l'«Archimede» dovrà recarsi a Costantinopoli. Se per parte di una Potenza qualsiasi si procedesse ad uno sbarco di marinai V. E. senz'altro e se è possibile contemporaneamente farà sbarcare i nostri.

461

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2049. Londra, 16 novembre 1895, ore 19,24 (per. ore 23,05).

Salisbury ha telegrafato soltanto oggi ordine inviare il secondo stazionario a Costantinopoli. Ha telegrafato parimenti all'incaricato di affari inglese a Costantinopoli per autorizzarlo, quando lo creda necessario, fare partire una nave da Salonicco per Alessandretta. Squadra inglese continua rimanere Salonicco. Cancelliere austroungarico ha espresso opinione che le diverse squadre dirette nel Levante debbano evitare aggrupparsi secondo le alleanze, e Salisbury ha trovato la cosa ragionevole. Si fa strada l'idea di una possibile dimostrazione navale di tutte le flotte a Costantinopoli, se il raddoppiamento degli stazionari non può garantire sicurezza europei.

462

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. RISERVATO PERSONALE S.N. Napoli, 16 novembre 1895, ore 22.

Nel mio precedente telegramma2 io miravo ad impedire impressioni sgradevoli in Italia da un richiamo del generale Arimondi. Duolmi ch'ella gli abbia dato un significato diverso3 . Ed ora aggiungo che se la permanenza di detto generale costà susciti

2 Cfr. n. 442.

3 Cfr. in proposito BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 215.

attriti, saprò provvedere d'accordo coi miei colleghi degli esteri e della guerra. Il desiderio del Governo è che costà regni un accordo che solo può essere fecondo di buona fortuna. Pertanto feci appello al di lei patriottismo. Del resto l'unità dei servizi non ne può essere scossa, tutti i [poteri] civili e militari essendo concentrati nel governatore dell'Eritrea.

462 1 Ed. inLV91, p. 49 e inLV92, p.l25.

463

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 2054. Pera, 17 novembre 1895, ore 13,10 (per. ore 18).

Sublime Porta ha ricevuto dal suo incaricato d'affari a Berlino telegramma, il quale riferisce avergli barone Marschall detto che le Potenze preparavano dimostrazione navale, ma che imperatore memore dell'amicizia del sultano se ne asterrà. Barone Marschall raccomandando vivamente ristabilimento tranquillità avrebbe pure accennato all'incaricato d'affari possibilità che talune Potenze approfittassero della situazione per qualche fine esclusivo. L'arrivo di questo telegramma alla Sublime Porta è positivo ma non potendo garantire ugualmente verità del suo contenuto, prego fare uso riservatissimo della presente informazione. Ambasciatore di Germania qui procede del resto in perfetto accordo coi colleghi ed anzi propugna altamente unione.

464

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2065. Berlino, 17 novembre 1895, ore 11 (per. ore 20,35).

Governo imperiale [telegrafò] suo ambasciatore Costantinopoli far sentire Porta che la mancanza secondo stazionario tedesco dovuta ragioni speciali servizio marittimo, ma non implica menomamente mancanza accordo colle altre Potenze. Non mi stupirebbe che, dopo tutto, imperatore si decidesse mandare squadra; ad ogni modo, come osserva giustamente V.E. nella chiusa dispaccio cifrato 4521, giuntomi oggi, posso assicurare che la Germania è, politicamente, sicuramente con noi e AustriaUngheria.

464 1 Cfr. n. 437.

465

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA

T. 2199. Roma, 17 novembre 1895, ore 12,25.

Dividiamo il parere espressoci dal Governo britannico che il più presto sarà il meglio per la domanda dei firmani. Prego indicare sempre nei suoi telegrammi quali ambasciatori, specialmente se Francia e Russia, si dividano dagli altri o per mancanza d'istruzioni o altrimenti.

466

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

Roma, 17 novembre 1895, ore 14.

Oggi Biilow è venuto ad esprimermi soddisfazione particolare dell'imperatore per il linguaggio da me tenuto a d'Eperjesy il dodici corrente, inviato a V.E. in cifre per posta 2 .

467

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

T. SEGRETO PERSONALE 2202. Roma, 17 novembre 1895, ore 14,25.

Ad ogni buon fine sin da ora raccomando al suo studio i piani ventilati in analoghe circostanze nell'87 e 88 e sui quali Cangià ha ricordi personali. Mi affido alla perspicacia di V.E. per non trovarci né impegnati inopportunamente né impreparati politicamente laddove alti interessi di avvenire italiano sono da tener presenti. La nostra adesione al contegno collettivo non esclude preoccupazione legittima degli interessi nazionali finora sagrificati negli spartimenti dell'Impero e nelle preponderanze a

Costantinopoli. Ad ogni modo poi quando fosse in causa specialmente la sicurezza dei nostri agenti e nazionali, V.E. non potrebbe esimersi dal provvedere anche senza speciali istruzioni in caso d'urgenza all'imprescindibile dovere di protezione anche colle forze della squadra.

466 1 Minuta autografa. 2 Cfr. n. 437. Sull'argomento cfr. più diffusamente GP, 10, cit., n. 2512.

468

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

T. SEGRETO PERSONALE 2203. Roma, 17 novembre 1895, ore 17,25.

Abbiamo espresso al Gabinetto di Vienna il parere che se Austria, Inghilterra e Italia appariscono non osare farsi vedere insieme, ciò può incoraggiare Francia e Russia in azioni o isolate o pericolose per la pace1 . Il Gabinetto di Vienna preferisce per ora evitare che squadre si aggruppino secondo le alleanze2• V.E. deve sempre approfittare senza dirlo di ogni occasione per rendere il più difficile possibile ali'Austria ogni suo tentativo di sottrarsi alla comunanza d'azione coll'Inghilterra e coll'Italia, comunanza stipulata negli accordi dell'87 circa l'Oriente. V.E. non deve mai menar buona la scusa dell'Austria che la Germania non ci accompagni ostensibilmente, giacché è· convenuto che la Germania ci è più utile quando essa rimane in seconda linea.

469

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2067. Pera, 18 novembre 1895, ore 1,05

(per. ore 7).

Sultano, in seguito probabilmente al citato telegramma di Berlino1 , ha mandato oggi dall'ambasciatore di Germania per chiedere consiglio dichiarandosi pronto a qualunque misura atta soddisfare Potenze. Ambasciatore di Germania rispose dover Sua Maestà arrestare ad ogni costo effusione sangue, punire colpevoli, assoggettarsi agli unanimi voleri dell'Europa ugualmente divisi dalla Germania, quando anche questa non mandi propria squadra. Mia udienza dal sultano fissata per domani.

2 Cfr. n. 454. 469 1 Cfr. n. 463.

468 1 Cfr. n. 437.

470

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 22071 . Roma, 18 novembre 1895, ore 11,35.

Il desiderio di Goluchowski di evitare agglomerazione flotte austriaca, inglese e italiana è stato notato a Londra2 . Intanto r. console a Salonicco ci telegrafa3 che ammiraglio inglese vorrebbe sapere quando arriverà colà squadra italiana onde dislocare proprie e preparare nostre navi conveniente ancoraggio. Non credo conveniente porre ostacolo alla libertà di movimenti lasciata all'ammiraglio Accinni dalle sue istruzioni e mi limito ad informarlo del desiderio dell'ammiraglio inglese.

471

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 2212. Roma, 18 novembre 1895, ore 14,15.

Situazione è la seguente: abbiamo espresso opinione che se gli alleati appariscono non osare mostrar squadre insieme, ciò può incoraggiare Francia e Russia ad azioni isolate o a contegno pericoloso per la pace. Ma per deferenza al desiderio del conte Goluchowski di evitare ogni aggruppamento secondo le alleanze abbiamo aderito senza riserva alla sua comunicazione alle Grandi Potenze. Nessun ambasciatore ha ancora chiesto firmano per entrata secondi stazionari perché vorrebbesi unanimità ed alcuni non hanno annunzio del rispettivo invio. L'ambasciatore di Russia è venuto ora a dirmi che il suo Governo ritiene l'arrivo delle squadre a Costantinopoli potrebbe precipitare gli avvenimenti e sarebbe quindi pericoloso. Ambasciatore di Francia lasciando scorgere impressioni consimili circa invio squadre a Costantinopoli non mi ha dissimulato che la Siria sarebbe uno dei primi obbiettivi delle navi francesi. Noi abbiamo lasciato libertà di movimenti nelle acque ottomane alla nostra squadra che eviterà per ora Besika bay. Notizie nuove stragi continuano nell'Asia Minore.

2 T. 2064 del 17 novembre, non pubblicato.

3 T. 2069 del 18 novembre, non pubblicato.

470 1 Analogo telegramma fu inviato in pari data a Londra col n. 2206.

472

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL CONSOLE A SALONICCO, FINZI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 2222. Roma, 18 novembre 1895, ore 18,50.

Benché colloquio dell'ammiraglio inglese con lei circa assistenza truppe italiane per i forti degli Stretti non abbia alcun carattere ufficiale V.S. può nella stessa forma privata dirgli che per tale assistenza tostoché desiderata dal suo Governo sarebbero subito pronti 50.000 uominP.

473

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA

T. 2225. Roma, 18 novembre 1895, ore 19,35.

Russia rifiuta proposta austriaca di dimostrazione a Costantinopoli. Voglia l'E.V. invitare Accinni a raggiungere senza altro la squadra inglese.

474

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. 2226. Roma, 18 novembre 1895, ore 19,35.

Ambasciatore di Russia mi ha notificato l'opposizione del suo Governo alla proposta austriaca di una dimostrazione negli Stretti. Se l'Inghilterra vorrà passar oltre siamo disposti a fornire navi e truppe1 .

474 1 Per la risposta di Perrero cfr. n. 480.

472 1 Cfr. nn. 486 e 548.

475

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 3442/941. Vienna, 18 novembre 1895 (per. il 21).

Con dispaccio del6 novembre corrente\ l'E.V. mi ha marcato che il Governo del re rimane nell'incertezza se debbano considerarsi abbandonati gli accordi del1887 tra l'Italia e l'Inghilterra, ai quali l'Austria-Ungheria fece accessione nel dicembre di quell'anno2• Avendo parlato oggi di ciò col conte Goluchowski, questi mi diede l'assicurazione che l'Austria-Ungheria considerava tali accordi in pieno vigore, benché la situazione della Turchia non fosse ora quella che era contemplata in quegli accordi, e aggiunse che anche il marchese di Salisbury era dello stesso avviso, che cioè l'Inghilterra intendeva mantenerli quali erano.

Siccome poi nel precitato dispaccio di V.E. era espressa una connessione tra quegli accordi e il trattato italo-tunisino, chiesi di nuovo al conte Goluchowski se l'Italia potesse contare sopra una cooperazione diplomatica dell'Austria-Ungheria in tale questione. Il ministro imperiale e reale degli affari esteri si espresse con me al riguardo con molta franchezza. Egli non ammette che l'Austria-Ungheria si sia vincolata, né col trattato di alleanza, né coll'accordo del1887, a qualsiasi azione comune in Africa in generale e a Tunisi in particolare.

Circa la questione del trattato tunisino, mi dichiarò di nuovo che il Gabinetto di Vienna, il quale aveva abolito le capitolazioni in Bosnia e nell'Erzegovina, si trovava perciò appunto in una situazione tale, da non credere conveniente di sollevare pretese od opposizioni per la denuncia eventuale del trattato che la Reggenza aveva conchiuso coll'Austria-Ungheria.

476

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 3492. Massaua, 13-18 novembre 1895.

Ho seguito con vivo interesse, sui documenti che l'E.V. mi ha fornito, il corso delle conversazioni avvenute fra il conte Tornielli e il signor Hanotaux intorno alle due questioni relative al commercio delle armi in Oboe e Gibuti ed alla distribuzione di armi fatta da questo Governo alle popolazioni dancale.

Le notizie fondate e sicure che ci giungono continuamente non lasciano alcun dubbio che nonostante le ripetute promesse e dichiarazioni del ministro degli esteri della Repubblica, il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni dal possedimento francese di Oboe verso l'interno e verso la costa arabica, se non ha vaste proporzioni, è però continuo. Non di rado, ma in misura maggiore durante le ultime operazioni, i nostri informatori portano campioni cartucce per Gras, Remington egiziano, Remington italiano e Vetterly, le quali si vendono liberamente sui mercati abissini a prezzi non molto elevati. Le cartucce per Remington italiano e Vetterly sono evidentemente fabbricate alla macchia perché sul fondello non portano alcuna indicazione delle nostre fabbriche. Io non affermerò che siano fabbricate in Francia, ma le notizie che abbiamo sono troppo insistenti e precise per mettere più in dubbio che penetrano nell'interno dal possedimento francese.

Il contegno delle autorità di Oboe, per lo meno colpevoli di negligenza, assume tanto maggiore gravità nel momento attuale di aperta ribellione armata del re dello Scioa contro di noi. Quasi settimanalmente da Zeila, da Aden e da Assab vengono segnalate forniture d'armi per Gibuti a chi è contro di noi in aperta ribellione.

L'E.V. non ha mancato d'insistere presso il conte Tornielli per far rilevare al signor Hanotaux la non perfetta correttezza delle autorità di Oboe e giova sperare che quel signor ministro vorrà riconoscere come sia nel nostro diritto di attenderci dalla Francia, come da tutte le Nazioni civili, se non benevola cooperazione, almeno intera neutralità.

In precedenti mie relazioni ho accennato alla convenienza di richiamare riservatamente l'attenzione delle Potenze più interessate, quali l'Inghilterra, l'Egitto e la Turchia, sui pericoli che potrebbero derivare dalla continuazione del commercio clandestino di armi e munizioni che si fa nel possedimento di Oboe. E mi pare che ora tanto più converrebbe di assicurarsi l'appoggio di quei Governi per un'azione comune diplomatica presso la Francia. Ella, signor ministro, sa quanto il Governo dell'Eritrea sia stato contrario sempre alla concessione di armi e munizioni alle popolazioni indigene anche quando si trattava di capi che erano posti sotto il nostro protettorato ed aventi diritto a godere speciale trattamento per aver fatto adesione, per nostro mezzo, all'Atto generale di Bruxelles e come si sia subito conformato ed abbia applicato rigorosamente lungo la costa del Mar Rosso le clausole della convenzione internazionale. Il sultano Mohamed Anfari in ripetute circostanze, a cominciare dalle sue relazioni col conte Antonelli, si è rivolto al nostro Governo per ottenere armi da fuoco. Ma malgrado la proclamazione da lui fatta, nella convenzione stipulata nel luglio 1887, dell'abolizione della schiavitù sul territorio dancalo, le sue istanze rimasero insoddisfatte e solo ebbe in regalo personale qualche fucile da caccia. Ci era noto tuttavia che una certa quantità d'armi e munizioni i dancali avevano potuto procurarsi svaligiando qualche carovana transitante sul loro territorio e specialmente facendone acquisto clandestino in Oboe.

Sul finire del 1892 questo Governo, informatone in tempo, poté sequestrare in Raheita una partita di circa duecento Remington egiziani con abbondanti cartucce provenienti da Oboe e destinati con ogni probabilità all' Aussa.

Avemmo per quelle armi frequenti ed insistenti preghiere di restituzione per parte del sultano Mohamed Anfari, ma ad esse opponemmo sempre il più reciso rifiuto talché armi e munizioni trovansi ancora nelle armerie della Colonia.

Non volemmo nemmeno concedere aiuto di armi e munizioni quando lo scorso anno l'Aussa fu minacciata di invasione da parte di ras Makonnen il quale si spinse fino tra i Bado donde fu obbligato a ripiegare per le gravi perdite toccate.

Ma dopo l'aperta ribellione di negus Menelik e le ripetute minacce verbali e scritte fatte ai dancali se continuavano a mantenersi nella protezione del Governo italiano, e più ancora dopo i concentramenti minacciosi fatti su tutte le frontiere dell' Aussa, non poteva questo Governo non venire in qualche modo in aiuto dei suoi protetti senza venir meno ai suoi obblighi ed alle sue promesse e senza correre il rischio di vedere l'Aussa gettarsi definitivamente nelle braccia di Menelik. Fu allora deciso, col consenso del Governo centrale, di distribuire soltanto ai dancali dell' Aussa direttamente comandati dal sultano un certo numero di Vetterly, circondando la concessione delle maggiori cautele per premunirei che non ne fosse fatto un impiego diverso dalla difesa dell'integrità del territorio. La presenza intermittente .di nostri ufficiali all' Aussa e la dimora permanente tra i dancali del nostro agente Abd-el-Rahman, la cui civiltà per lungo contatto con noi è molto superiore a quella consueta degli altri capi indigeni, ci sono forti garanzie che i dancali non abuseranno delle armi loro concesse.

Mantenere col possedimento francese di Oboe le più schiette e cortesi relazioni fu per noi desiderio costante ed a questo ci inspirammo anche ultimamente limitando come ho detto la concessione delle armi alle sole popolazioni dell' Aussa, e negandola alle tribù dancale prossime alla frontiera, non ancora definita, tra l'Eritrea e il possedimento di Oboe.

Le preoccupazioni espresse dal signor Hanotaux per una possibile violazione di territorio è desiderabile influiscano sulla ripresa delle trattative per la delimitazione delle nostre rispettive zone d'influenza, perché solo dopo la determinazione di queste sarà possibile di far cessare quello stato, non certo di ostilità, ma di opposizione latente tra le popolazioni delle due Colonie, il quale certo non giova a tenere alto il prestigio di entrambe verso gli indigeni.

A me pare che la Francia nulla possa trovare di men che corretto in quanto ha fatto fin qui il nostro Governo e tanto meno nella distribuzione fatta con tutte le cautele e militarmente sorvegliata di armi ai nostri protetti a scopo di difesa del territorio proprio che è territorio della Colonia.

Non mi nascondo che qualche avvisaglia potrà avvenire sui confini del possedimento francese e magari in territorio dipendente dalla Francia, perché tali fatti si sono ripetuti tutti gli anni specialmente per provocazione degli issasomali, i quali se non ricevono armi e munizioni dalle autorità francesi, sono in grado di procurarsene abbondantemente in Oboe e Gibuti. Ma a tali fatti il Governo della Repubblica saprà attribuire il giusto valore affine di evitare nuove cagioni di attriti che potrebbero avere conseguenze gravissime.

Da parte nostra saranno rinnovati con maggior calore ordini tassativi alle popolazioni da noi dipendenti i quali avranno certamente l'effetto desiderato purché non avvengano da parte delle tribù protette dalla Francia gravi provocazioni.

18 novembre.

P.S. Il ministro di Francia governatore di Oboe e Gibuti, signor Lagarde, in occasione dell'apertura del cavo sottomarino a Gibuti, mi invia il cortese saluto che oggi

475 1 Cfr. n. 412. 2 Nigra fa qualche confusione fra l'accordo italo-austro-britannico del dicembre 1887 e l'accordo italo-britannico del febbraio precedente, cui l'Austria fece accessione nel marzo.

(18) ho telegrafato a V.E. Il telegramma Lagarde potrebbe per avventura avere una portata maggiore che un semplice saluto considerando che il Lagarde viene di Francia ed è intimo del presidente della Repubblica, che mai una sol volta si sono scambiate fra noi cortesie di buon vicinato, che anzi i rapporti sembravano alquanto tesi sia per l'armamento dei dancali da parte nostra, sia pel favoreggiamento o tolleranza francese di importazione d'armi verso l'interno.

477

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, E A PIETROBURGO, MAFFEI1

Roma, 19 novembre 1895, ore 9,45.

Rispondendo ad obiezioni di Vlangaly contro la proposta austriaca ed a dichiarazioni di Billot contro dimostrazioni isolate, ho confermato il nostro desiderio che sia mantenuta l'unione degli ambasciatori che sono giudici in Costantinopoli del pericolo da essi unanimemente segnalato e dei provvedimenti di protezione da essi concordemente invocati. Voglia l'E.V. suggerire quanto ritenga opportuno per parte nostra allo scopo sempre da noi promosso dell'accordo delle sei Potenze 3 .

478

IL MINISTRO AD ATENE, PISANI DOSSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2086. Atene, 19 novembre 1895, ore 11 (per. ore 11,25).

Questo Governo spera ricevere invito Potenze partecipare eventuale dimostrazione collettiva; afferma però sua corazzata pronta principalmente per proteggere numerosi greci Turchia. Ministro Austria-Ungheria ebbe istruzioni scoraggiare velleità Grecia. Parlai senso indicato V.E.1 . Squadra francese arrivata ieri Pireo dove attendesi squadra austro-ungarica.

2 Minuta autografa.

3 Per le risposte cfr. nn. 494 e 502. 478 1 Cfr. n. 457.

477 1 Maffei giunse a Pietroburgo proprio il19 novembre.

479

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2098. Pera, 19 novembre 1895, ore 12,05 (per. ore 23,40).

Conformemente intervenuto accordo, ambasciatore d'Austria-Ungheria ha dato ministro affari esteri risposta attesa dal sultano suggerendo: l) pubblicità di un hat; 2) sostituzione funzionari riconosciuti inetti; 3) punizione autori eccidi. Egli avvertì però che con questo non intendevamo assumere responsabilità appartenente esclusivamente alla Sublime Porta per immediata cessazione massacri nelle provincie; guarentigia ordine in Costantinopoli. Tutti questi punti furono ammessi da Tewfik il quale nemmeno obbiettò contro raddoppiamento stazionari, chiedendo soltanto se questo prevenirebbe invio delle squadre nei Dardanelli, al che Calice rispose che, a meno di nuovi pericoli per le colonie, ciò non era probabile. Sultano è ora molto impaurito per le dichiarazioni dell'ambasciatore di Germania il quale disse fra altre cose al suo segretario che se non si provvedesse immediatamente al ristabilimento dell'ordine Sua Maestà si esponeva perdere trono.

480

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 232. Londra, 19 novembre 1895, ore 12,37 (per. ore 14,35).

Salisbury non sarà qui che domani e posso perciò ritardare comunicazione del contenuto del telegramma di V.E. di ieri sera1 . Sarebbe urgente, prima di assumere impegni, sapersi dal Ministero della guerra e dal capo di Stato Maggiore in quanto tempo si può imbarcare e spedire all'estero anche un solo corpo d'armata, e quanti altri corpi d'armata dovrebbero essere guastati per questo scopo, mettendo probabilmente il Paese nella impossibilità di mantenere a suo tempo gli obblighi inerenti alleanze ed alla difesa della patria2•

480 1 Cfr. n. 474. 2 Per la risposta cfr. n. 483.

481

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, PANSA, A LONDRA, PERRERO, E A VIENNA, NIGRA

T. 2241. Roma, 19 novembre 1895, ore 14,45.

Ho detto oggi all'incaricato d'affari d'Austria-Ungheria che io rispondendo ieri ad obiezioni di Vlangaly contro la proposta austriaca e a dichiarazioni di Billot contro intelligenze italo-inglesP ho confermato nostro desiderio che sia mantenuta l'unione degli ambasciatori, ed ho osservato che essi sono i migliori giudici in Costantinopoli del pericolo da essi unanimemente segnalato e dei provvedimenti di protezione da essi concordemente invocati. Ho aggiunto all'incaricato d'affari d'Austria-Ungheria che tocca anche al r. ambasciatore in Costantinopoli giudicare se col dimostrarsi le Potenze nell'impossibilità d'intendersi per esercitare insieme davanti a Costantinopoli la protezione navale che esercitano separatamente a Beirut, Alessandretta o (Costantinopoli e Vienna) altrove, (Londra) Trebisonda, non si accresce il doppio pericolo dell'anarchia nel centro dell'Impero e delle azioni isolate nelle provincie.

482

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2090. Vienna, 19 novembre 1895, ore 15,40 (per. ore 17,55).

Apprendo da sorgente inglese che l'imperatore di Germania ha fatto dare premurosi consigli al sultano affinché reprima energicamente agitazione in tutte le parti Impero, ma nello stesso tempo gli ha fatto sapere che per amicizia per lui la Germania si sarebbe astenuta dal prendere parte alla dimostrazione navale1•

483

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. 2245. Roma, 19 novembre 1895, ore 17,45.

I miei telegrammi a V.E. sono per sua informazione e norma eventuale del suo linguaggio personale; V.E. non è tenuta a fame comunicazioni quando non lo indico espres

samente1 . Nel caso presente come negli anteriori è chiaro che non ci conviene fare offerta di cooperazione, ma ho voluto che V.E. sapesse che può accoglierla e riferire.

481 1 Cfr. n. 477. 482 1 Cfr. n. 484.

484

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 2091. Vienna, 19 novembre 1895, ore 19 (per. ore 20,05).

La notizia della comunicazione fatta dall'imperatore di Germania al sultano da me telegrafata oggi1 viene dal Foreign Office e pervenne oggi stesso al ministro degli affari esteri austro-ungarico. lo non rispondo della sua esattezza. Ambasciatore di Germania m'assicura che il suo Governo ha dato la sua approvazione alle proposte austro-ungariche, ma intende procedere colla massima prudenza.

485

IL CONSOLE A JANINA, MILLELIRE, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA

R. CIFRATO 255/33. Janina, 19 novembre 1895 1.

L'eco del telegramma di S.E. Crispi diretto agli albanesi di Corigliano Calabro, nel quale il presidente del Consiglio si dichiarava albanese e di sangue e di cuore, si è vivamente ripercossa in questi Paesi.

I giornali ellenici l'Imera di Trieste e l'Acropoli di Atene, nel mentre hanno voluto destare l'attenzione del Governo e delle popolazioni elleniche su quel telegramma, hanno però servito per propagare quella notizia. Negli albanesi musulmani quelle parole hanno fatto vibrare la corda sensibile ed hanno destato un entusiasmo tale che ha persino superato le mie aspettative.

Da Prevesa, da Margariti, da Paramitia e da Argirocastro, da Vallona, sia per mezzo degli agenti consolari, sia per mezzo di amici intermediari, fra i quali un nostro amministrato, il dottore Fanti, naturalizzato italiano e nativo di Argirocastro, quei bey nel presentarmi le loro felicitazioni e la gratitudine a S.E. per quelle parole, mi tempestano di domande.

Da Margariti e Paramitia mi si chiede quando darò ad essi il segnale della rivolta, da Argirocastro mi si assicura che i nostri saranno ricevuti colle braccia aperte e molti bey di Vallona e Janina vogliono sapere quando noi andremo colà, per poterei preparare un

484 1 Cfr. n. 482. 485 1 Il rapporto venne inviato in copia al Ministero degli esteri, dove pervenne il 25 novembre.

fraterno ricevimento; ormai non v'è più dubbio, Eccellenza, queste popolazioni musulmane albanesi sono tutte in nostro favore. In mezzo a quest'onde d'entusiasmo, in risposta a tutti, io ho soprattutto raccomandato agli albanesi la calma, di mantenersi tranquilli, onde non aggravare pel momento la situazione della Turchia, con danno evidente di tutti; ciò nullameno nei distretti albanesi regna una certa eccitazione e gli occhi di tutti sono a noi rivolti, perché le parole di S.E. furono da tutti ritenute come una rivelazione che finalmente il nostro Paese abbia ascoltato i gridi di dolore degli albanesi; per parte mia non avendo avuto speciale istruzione, non ho né incoraggiate, né respinte le ovazioni albanesi ed evitando qualsiasi affermazione in qualunque senso, non ho mai cessato un momento di raccomandare la calma, che reputo essere la cosa più indispensabile 2•

483 1 Risponde al n. 480.

486

IL CONSOLE A SALONICCO, FINZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2099. Salonicco, 20 novembre 1895, ore 7,20 (per. ore 8,39).

Ho eseguito puntualmente ordini di V.E. contenuti nel telegramma in cifra1 . Ammiraglio inglese si è mostrato perplesso sulla portata mie parole ringraziandomi però molto e l asciandomi supporre che intendeva riferir! e suo Governo 2 •

487

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. URGENTE 2250. Roma, 20 novembre 1895, ore 11.

Lanza telegrafa 1 Russia ha fatto riserva circa eventuale entrata navi nei Dardanelli, ma credesi che alla occorrenza accetterà per non disturbare accordo tutte Potenze. Barone Marschall spera che l'intesa completa esisterà sempre fra noi Austria

2 Per il seguito cfr. n. 548. 487 1 T. 2093 del 19 novembre, non pubblicato perché riassunto nel presente telegramma.

Ungheria e Inghilterra, intesa che potrà forse scongiurare ulteriori catastrofi. Noi persistiamo a credere più utile all'azione tutelare in Oriente d'Inghilterra, Italia e AustriaUngheria che la Germania del cui appoggio siamo sicuri rimanga in seconda linea.

485 2 Cfr. due passi del R. 780/258 di Pisani Dossi, datato Atene, 20 dicembre: <<In risposta al manifesto dell'associazione albanese (o come qui dicono, sedicente albanese) delle Calabrie [cfr. n. 456], in cui dichiaravasi che l'Albania, qualora non dovesse formare uno Stato autonomo, preferirebbe unirsi all'Italia, la Unione albanese di'Atene ha diramato e fatto pubblicare, nei giornali ateniesi d'oggi, una dichiarazione della quale trasmetto il testo che qui appresso riassumo: ...A noi basta concludere che il disinteresse dell'Italia la quale procede dissimulatamente e a passo lento, ha per iscopo l'assimilazione dell'intera Albania, cosicché, se i fratelli albanesi non si affrettano ad opporsi al progresso del disinteresse italiano, non resterà fra breve dell'Albania che un nome, finché qualche dotto latino non proverà che la parola Albania, tradotta, voglia significare Italia. Respingiamo, quindi, con tutte le nostre forze l'idea dell'unione della nostra sospirata patria con una Nazione che da lunga pezza cospira contro la nostra lingua e la nostra religione>>. 486 1 Cfr. n. 472.

488

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, PANSA, E A VIENNA, NIGRA

T. 2251. Roma, 20 novembre 1895, ore 12.

L'imperatore di Germania si è degnato farmi esprimere personali ringraziamenti ed approvazione per la dichiarazione da me fatta all'incaricato di affari d'AustriaUngheria che siamo tanto sicuri del leale appoggio della Germania per azione tutelare in Oriente di Italia, Austria-Ungheria e Inghilterra da ritenere più utile pei nostri comuni interessi che Germania rimanga in seconda linea 1 . Lanza telegrafa 2 Russia ha fatto riserva circa eventuale entrata navi nei Dardanelli ma credesi che alla occorrenza accetterà per non disturbare accordo tutte Potenze. Barone Marschall spera che l'intesa completa esisterà sempre tra noi Austria-Ungheria e Inghilterra, intesa che potrà forse scongiurare ulteriori catastrofi.

489

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2252. Roma, 20 novembre 1895, ore 12.

Nigra mi telegrafa ripetutamente 1 che secondo il suo collega di Germania l'imperatore germanico intende procedere colla massima prudenza verso i passi proposti dall'Austria-Ungheria, cui del resto ha dato la sua approvazione, e che anche da fonte inglese gli risulta che l'imperatore germanico ha fatto sapere al sultano che per amicizia per lui la Germania si sarebbe astenuta dal prender parte alla dimostrazione navale. Io continuo a confermare a Nigra e a Ferrero 2 che noi sicuri dell'appoggio della Germania crediamo più utile agli accordi dell'87 che Germania rimanga in seconda linea.

2 Cfr. n. 487, nota l. 489 1 Cfr. nn. 482 e 484.

2 Cfr. nn. 487 e 488.

488 1 Cfr. n. 437.

490

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, FERRERO

T. 2256. Roma, 20 novembre 1895, ore 13,40.

Il generale Baratieri telegrafa1 che a Voroielu al campo di Menelik sono stati notati europei con cannoni.

491

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. PERSONALE 2112. Londra, 20 novembre 1895, ore 17,56 (per. ore 20).

Salisbury, mostrandosi vivamente preoccupato di quanto potrebbe avvenire in Portogallo, qualora nel Parlamento italiano qualche interrogazione intorno al noto inèidente della visita suscitasse espressioni vivaci, mi ha chiesto caldamente di pregare il R. Governo di evitare possibilmente ogni interpellanza al riguardo nella Camera. Egli giunge perfino a temere che il contraccolpo nel Parlamento portoghese potrebbe condurre alla caduta di quella dinastia.

492

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 2116. Parigi, 20 novembre 1895, ore 18,10 (per. ore 21,20).

Circa traffico di armi per Abissinia, il ministro degli affari esteri mi ha detto che furono dal nuovo ministro della guerra rinnovate misure per impedire assolutamente ogni alienazione di materiale da guerra di proprietà dello Stato e che le ultime mie lagnanze erano state portate al Ministero delle colonie da dove erano state emanate istruzioni per impedire il transito da Obock2•

491 1 Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., p. 204. 492 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, ci t., p. 350.

2 Questo telegramma fu comunicato a Baratieri con T. 2270 del 21 novembre.

490 1 T. 2102, pari data, non pubblicato.

493

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2118. Parigi, 20 novembre 1895, ore 18,10 (per. ore 21,20).

Nell'abboccamento d'oggi, ministro degli affari esteri senza prendere in esame alcuna speciale base di miglioramento dei rapporti di commercio tra l'Italia e la Francia mi ha espresso interesse che il Ministero di cui egli fa parte annetterebbe a conseguirlo soggiungendo però che in questo affare è mestieri tenere conto disposizioni Parlamento, ma che appena queste lo consentissero potrei fare conto sulla buona volontà sua e dei colleghi suoi.

494

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2115. Parigi, 20 novembre 1895, ore 18,12 (per. ore 21,20).

Mi sono espresso oggi con prudenza ministro degli affari esteri nel senso telegrafatomi della risposta di V.E. al signor Billot circa mantenimento dell'intesa degli ambasciatori a Costantinopolil. Il mio interlocutore manifestò il più vivo interesse perché questa sia conservata; [è] negli intendimenti della Francia, disse egli, di adoperarsi il meglio possibile per la conservazione dell'Impero ottomano non tanto per ciò che esso vale quanto per evitare i pericoli di competizione europea. S.E. mi disse che per ora non è questione di invio d'altre forze francesi in Levante; la divisione già spedita basta a dare prova materiale del fatto dell'accordo esistente fra le Potenze. Se l'ambasciata francese a Costantinopoli segnalasse nuovi pericoli e chiedesse invio di maggiori forze, si delibererebbe sul da farsi sempre in accordo con tutte le Potenze.

S.E. non fece con me alcun cenno della proposta austriaca, ma so che all'ambasciatore di Turchia ha detto che la Francia non era disposta accettarla nella parte relativa al passaggio degli Stretti da una squadra combinata di tutte le Potenze. Credo che simile risposta sarà data oggi all'ambasciatore d'Austria-Ungheria. Me ne accerterò domani. Riferendomi dispaccio cifrato per posta del 16 2 da me ricevuto questa mattina, debbo rettificare l'informazione in esso contenuta, nel senso che questo ministro degli affari esteri non prese alcuna iniziativa per notificare all'ambasciatore di Turchia l'invio della divisione navale in Levante; fu invece l'ambasciatore che, avuta contezza dell'ordine dato a quelle forze navali, si recò al Ministero degli affari esteri per sapere se la notizia fosse vera, e ne ebbe la conferma accompagnata da parole che toglievano al fatto ogni carattere di malevolenza verso il sultano ed il suo Governo.

494 1 Cfr. n. 477. 2 Non pubblicato.

495

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2119. Berlino, 20 novembre 1895, ore 22,30 (per. ore 3,03 del 21).

Mi riferisco telegramma V.E. d'oggi1 . Qui temesi che noi e Austria-Ungheria possiamo essere trascinati da Inghilterra a passi troppo gravi che turbino accordo Potenze. In tal senso deve a parer mio intendersi prudenza dall'ambasciatore di Germania a Vienna giustamente consigliata verso proposta Goluchowski, tanto più dopo riserve fatte da Russia. Saurma telegrafa ottimo effetto ai colleghi suo linguaggio a Porta, di cui mio telegramma di jeri2 e soggiunge che mai parole così gravi furono rivolte al sultano sul quale produssero grande impressione. Può essere che in queste parole siasi da Saurma accennato a astensione invio navi tedesche nel senso in cui giunse notizia a Vienna da buona fonte inglese 3; non posso accertarmene oggi. La verità è che il Governo imperiale non vuole nella questione d'Oriente rompere colla politica seguita da Bismarck che ha ancora tanti aderenti in Paese. In seconda linea però possiamo, ripeto, contare su appoggio Germania. Questa è anche la convinzione mio collega austriaco; e risulta da tutti i discorsi Marschall cancelliere e imperatore stesso.

496

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, FRIOZZI DI CARIATI

D. 47971/71. Roma, 20 novembre 1895.

Ho ricevuto il suo rapporto dell'8 novembre n. 354/2001•

Il Governo del re non intende punto modificare l'atteggiamento che gli fu imposto dai procedimenti di codesto Governo; Vossignoria dovrà porre ogni cura

2 T. 2092 non pubblicato. Per il linguaggio di Saurma cfr. n. 499.

3 Cfr. n. 482. 496 1 Se ne pubblicano due passi: «Privo, quale da gran tempo mi trovo, di alcun cenno dell'E.V., ignoro se il Governo di Sua Maestà abbia sino ad ora contemplato l'eventualità di una ripresa delle nostre relazioni normali col Portogallo e, soprattutto, se si sieno già determinate le condizioni alle quali potremmo accettare una riconciliazione in vista di cui è probabile che questo Governo tenti fra breve di negoziare, sia direttamente a Roma, sia per l'intermediario di una Potenza amica ... Il desiderio che ha questo Governo di venire ad una pronta riconciliazione col Governo di Sua Maestà mi sembra -come ho già avuto l'onore di tiferire-incontestabilmente sincero, Né potrebb'essere diversamente, troppe essendo le ragioni che gli consigliano di por termine pronto e soddisfacente al deplorevole conflitto>>.

perché il suo contegno costì sia in piena armonia con tali intenzioni, e limitarsi a riferire all'occorrenza come il Portogallo creda di poter uscire dalla falsa posizione in cui si è messo.

495 1 Cfr. n. 489.

497

COLLOQUIO TRA IL RE D'ITALIA, UMBERTO I, E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

APPUNTO. [Roma,] 21 novembre 1895.

Andammo a ricevere i reali alla stazione, provenienti da Monza. Alle ore 9 e 15 minuti giunge il treno. Dopo gli scambii di cortesie, il re m'invita di andar da lui al Quirinale.

Erano le 10 sono introdotto nel Gabinetto reale. Espongo al re lo stato delle cose in Oriente. Le Potenze sono d'accordo nella loro azione sulla Porta ottomana.

Il passo dell'Austria verso la Russia fu inopportuno. Non era possibile che la Russia permettesse il passaggio dagli Stretti alle flotte europee. Essa non poteva permettere il temporaneo condominio del Mar Nero. Doveva quindi rifiutarsi. Il rifiuto però non ha rotto gli accordi.

La posizione del sultano è grave. È tra due fuochi: il fanatismo musulmano, e la volontà dell'Europa decisamente espressa. È gran fortuna, per lui e per le Grandi Potenze, se giungerà a ristabilire l'ordine nel suo Impero.

La nostra flotta è a Smirne. Il viceammiraglio Accinni ebbe ordine di esser cortesissimo coi francesF. *Feci partire la squadra dopoché ebbi l'avviso della partenza della squadra francese da Tolone. Fu un caso, che i francesi non ci abbiano preceduto. Uscendo da Tolone, ebbero l'incaglio di tre navi nelle isole d'Hyères, che loro impedì di procedere oltre.*

L'ammiraglio Seymour offrì alla nostra squadra un comodo ancoraggio a Salonicco3. Non ne abbiamo usato ancora.

Lord Salisbury dichiarò, che egli tiene in vigore gli accordi del 1887. Dichiarò che vuoi procedere d'accordo con noi, e che in caso di occupazione dei Dardanelli, sarebbe all'Italia l'occupazione delle fortezze turche.

Spero nella pace. Ho prevenuto il possibile caso di una guerra. *Mocenni mi promise, che in 5 giorni può darmi 35.000 uomini senza toccare i tre corpi di armata delle frontiere. Faremo la leva il 5 dicembre, e non in marzo.*

rischi, in CRISPI, Questioni internazionali, cit., p. 253.

2 Cfr. n. 458.

3 Cfr. n. 472.

497 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi; ed., con varianti e l'omissione dei passi fra aste

498

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2127. Parigi, 21 novembre 1895, ore 13,30 (per. ore 17).

Delle tre proposte fatte qui successivamente dall'Austria-Ungheria ebbero favorevole accoglienza le due prime, cioè la preliminare circa l'intesa fra le sei Potenze, e quella relativa all'invio del secondo stazionario. Circa la terza, quella cioè relativa alla facoltà da darsi agli ambasciatori di chiamare in caso di pericolo a Costantinopoli una squadra composta la quale eventualmente forzerebbe il passaggio dei Dardanelli, la Francia ha risposto jeri che il pericolo non sembra imminente; che sarebbe eccessiva la facoltà che si darebbe agli ambasciatori; che la rapidità dei mezzi di comunicazione permetterebbe ai Gabinetti di intendersi prontamente qualora si dovesse provvedere alla sicurezza di Costantinopoli; che il forzare i Dardanelli sarebbe fare la guerra alla Turchia ciò che la Francia non è disposta fare. Secondo avviso francese è già in viaggio per Costantinopoli. I giornali dicono che la «Flèche» è partita per rinforzare divisione Levante.

499

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2126. Berlino, 21 novembre 1895, ore 14,45 (per. ore 16).

Faccio seguito mio telegramma di questa notte1 . Barone Marschall mi ha fatto leggere istruzioni date a Saurma per ulteriori sue comunicazioni alla Sublime Porta. In queste è accennato ricordo di avere imperatore soggiornato a Costantinopoli e amicizia dimostratagli dal sultano; ma vi si indica chiaramente che l'assenza nave tedesca dalle acque ottomane, non deve dare illusione al sultano e che imperatore appunto come amico crede doverlo prevenire che la pazienza tutte Potenze europee è giunta al suo estremo limite eccetera. Barone Marschall mi incarica ringraziare V.E. per la fiducia dimostrata nel Governo imperiale e corretta, intelligente interpretazione sue intenzioni in base accordi del1887 con Inghilterra 2 .

499 1 Cfr. n. 495. 2 Cfr. n. 489.

500

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2129. Berlino, 21 novembre 1895, ore 16,10 (per. ore 17,25).

Barone Marschall mi ha fatto leggere ora telegramma Hatzfeldt in cui questi dice che, avendo chiesto a Salisbury che cosa intendeva fare se l'accordo Potenze non avveniva su proposta Goluchowski e occorresse agire, il primo ministro si strinse nelle spalle e rispose semplicemente non saperlo. Barone Marschall è persuaso che se squadra germanica fosse accanto a nostra e austriaca e occorresse provvedere Inghilterra tentennerebbe e ci lascerebbe in presenza gruppo squadre Duplice Alleanza. Non essendovi squadra germanica, Inghilterra volere o no dovrà prendere una deliberazione e noi e Austria-Ungheria potremo seguirla previ patti ben chiariti.

501

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA E VIENNA

T. 2272. Roma, 21 novembre 1895, ore 16,50.

Desiderando accompagnare l'Austria-Ungheria e l'Inghilterra anche nel loro contegno riservato circa qualsiasi aggruppamento di squadre abbiamo invitato la nostra squadra a rimanere per ora a Smirne1 .

502

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2130. Pietroburgo, 21 novembre 1895, ore 17 (per. ore 18,10).

Ho fatto oggi la mia prima visita a questo ministro degli affari esteri il quale mi accolse con marcata cordialità. La nostra conversazione, durata oltre un'ora, ebbe la più amichevole impronta. Circa le questioni sollevate a Costantinopoli, avendogli io esposto desiderio espressomi nel telegramma di V.E. in data del 19 corrente\ principe mi ha assicurato esser anche lui favorevole perfetto accordo degli ambasciatori, ma

non poter associarsi ad una politica di coercizione e non avere per questo accettata proposta austriaca. Egli ignorava dichiarazione Billot.

501 1 T. 2262 del 20 novembre, non pubblicato. 502 1 Cfr. n. 477.

503

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. RISERVATO 47991/1016. Roma, 21 novembre 1895.

Segno ricevuta del rapporto riservato del 10 novembre corrente n. 3788/1013 1 nel quale l'E.V. mi riferì le istruzioni impartite al r. console generale in Nizza, per traedargli il contegno più indicato durante i preparativi delle feste centenarie per la prima annessione di Nizza alla Francia.

Approvo il tenore di queste istruzioni ed apprezzo le considerazioni che lo scambio di lettere avvenuto tra V.E. ed il comm. Simondetti le ha suggerite. Autorizzo quindi l'E.V. a fare a codesto Governo la dichiarazione da lei proposta, lasciando al suo criterio di farla come e quando le parrà opportuno. Ed il R. Governo farà le pratiche del caso presso i Gabinetti amici 2 .

504

IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

T. PERSONALE 2292. Roma, 22 novembre 1895, ore 21,45.

Grazie lettera. Scrivo1 . Nerazzini ha ordine corrispondere con lei. Il ministro non è alieno in massima concludere accordo delimitazione secondo ella m'informa, se compensi le sembrano convenienti. Affettuosi ossequi.

2 D. riservatissimo pari data a Berlino (48110/462), Londra (48111/429) e Vienna (48112/888), non pubblicato. 504 1 È una lettera del 23 novembre della quale è stato trovato un sunto nelle Carte Levi. Se ne pubblica qui la prima parte: <<l suoi rapporti hanno posto magistralmente la questione sul da farsi in Etiopia e ne hanno singolarmente agevolato la soluzione. Procedendo come si è fatto finora, facendo, cioè, i passi secondo la cassa, passando man mano alle occupazioni dirette e indirette, secondo le circostanze, si potrà andare innanzi bene, senza pericoli di sorprese. Occorreranno, forse, maggiori spese, ma si correranno minori rischi, tanto più che la situazione europea sconsiglia dall'impegnarsi eccessivamente in Africa. Il Baratieri, del resto, ha saputo così bene finora costringere gli avvenimenti che anche per l'avvenire si renderà padrone di essi. Punto debole della situazione è il sud-est: danakil. Se quei nostri alleati non agiranno così efficacemente, da render vani i tentativi francesi in Harar, possono però venirci vantaggi dal sud dove la spedizione Bottego giungendo a Lug però dopo la razzia amarica, può suggerirei qualche espediente non disprezzabile che colpisca la fervida fantasia abissina. Zeila. Nerazzini ha ordine di corrispondere con Baratieri. Fra qualche mese rimpatrierà. Ras Casar. Il cambio proposto, per la delimitazione, è accettabile>>.

503 1 Cfr. n. 427.

505

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2139. Berlino, 22 novembre 1895 (per. stesso giorno) 1.

Avendo avuto oggi occasione parlare con cancelliere, questi mi espresse sua soddisfazione vedere da noi rettamente interpretata condotta Germania ed elogiò molto saggia, prudente politica seguita da V.E. in questo frangente. Da fonte inglese giunsero notizie torbidi Arabia. Qui nulla consta finora; anzi oggi non v'è notizia alcuna degna di nota.

506

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA

Roma, 22 novembre 1895.

In seguito alle insinuazioni di certa stampa straniera circa una pretesa tendenza dell'Italia a trascinare altre Potenze ad iniziative imprudenti, vennero pubblicate all'estero notizie allarmanti circa una supposta rottura dell'accordo delle sei Potenze, accordo che noi invece abbiamo fiducia si possa mantenere, riservando al momento opportuno le decisioni da prendersi secondo il giudizio degli ambasciatori sui pericoli eventuali e sui rimedi possibili.

Il contegno di fiducia e di calma del R. Governo emergeva dal mio linguaggio agli ambasciatori di Russia e di Francia, al quale corrisposero espressioni di buon volere dei Gabinetti di Pietroburgo e di Parigi; ma nello stesso tempo si pubblicavano da certi giornali all'estero telegrammi allarmanti che a noi risulterebbero non spediti da Roma a quei giornali nel modo pubblicato, e perfino una pretesa riproduzione d'un articolo pessimista di un giornale di Roma, articolo che quel giornale non ha mai pubblicato. Su questi fatti, insieme alle manovre di borsa, sembrano cooperare interessi politici diretti a spargere diffidenza tra le Potenze.

506 1 Il dispaccio fu inviato a Berlino col n. 48316/464, a Costantinopoli col n. 48317/636, a Londra col

n. 48318/430, a Parigi col n. 48319/1029, a Pietroburgo col n. 48320/154 e a Vienna col n. 48321/891.

Mentre le ambasciate unanimi a Costantinopoli stanno insistendo per vincere le resistenze del sultano alla ammissione di nuovi stazionari, ci è annunziato che continua in Costantinopoli il pericolo, benché non imminente; che le condizioni delle provincie continuano disastrose; e che vi è luogo a dubitare che le istruzioni emanate alle autorità per la repressione dei colpevoli di ogni nazionalità siano, ora come per il passato, contraddette da istruzioni segrete del Palazzo, tendenti a risparmiare i musulmanF e a far cadere sui cristiani soli la repressione energica alla quale il sultano si crede autorizzato non solo, ma incoraggiato dalle vive insistenze delle Potenze perché l'ordine venga tosto ristabilito. In una riunione degli ambasciatori tenuta il 20 corrente, l'ambasciatore di Russia disse aver riferito al proprio Governo tutto l'orrore della situazione, senza poter indicare rimedi, che sarebbero troppo gravi. Il r. console a Trebisonda ci telegrafa3 che nuove stragi sono avvenute in Amasia e nelle città vicine; che Samsun è in preda al panico e che quel console di Russia aspetta l'invio di un bastimento da guerra russo, unica speranza di efficace tutela per quelle popolazioni. Nuove stragi risultano alle ambasciate in Costantinopoli essere temute a Zeitun; gli armeni di quella località che hanno preso le armi sono ben !ungi, contrariamente a quel che la Porta aveva affermato, di voler arrendersi, sembrano anzi risoluti a difendersi; passi, finora inefficaci, vengono fatti presso il sultano per ottenere la grazia di quegli armeni i quali sono in situazione di legittima difesa, conseguenza delle stragi precedenti.

Le nostre informazioni da Beirut non sono meno dolorose. La situazione neiI'Hauran diventa sempre più grave. I drusi hanno aggredito e saccheggiato i villaggi musulmani di Teibe e Khel, uccidendo una ventina di persone. Il paese è in completa anarchia e si teme che il saccheggio si estenda sempre più. Sono stati spediti quattro squadroni di cavalleria all'Hauran, mentre alcuni battaglioni sono pronti a partire. I redif chiamati sotto le armi formeranno, dicesi, dodici battaglioni pronti a marciare contro i drusi. Nei vilayet di Aleppo e di Adana si trovano già venti battaglioni di redif.

A Damasco regna viva preoccupazione e sfiducia nell'opera dei governanti. I notabili ricevettero un numero delle Nouvelles d'Orient in cui è detto che la Francia occuperà necessariamente la Siria, se i turchi non metteranno a posto i drusi. A Beirut sono stati chiamati sotto le armi cinque battaglioni di redif, essendo probabile anche una levata di scudi dei drusi del Libano, giacché i drusi sono tutti solidali fra di loro. Anche a Beirut vi è un forte panico. Intanto le truppe turche interpretano l'insistenza della Porta pel mantenimento dell'ordine come un'autorizzazione a repressioni spietate contro i cristiani.

Delle precedenti informazioni, alle quali questo ministero non lascia dare alcuna pubblicità, V.E. può giovarsi nei suoi colloqui con codesto ministro degli affari esteri (Per Costantinopoli) con i suoi colleghi, allo scopo costantemente da noi voluto della efficace continuazione dell'accordo delle sei Potenze.

505 1 Manca l'indicazione delle ore di partenza e di arrivo.

506 2 Queste notizie erano state comunicate da Pansa con T. 2152 del 21 novembre, non pubblicato. 3 T. 2124 del 21 novembre, non pubblicato.

507

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PERRERO, E A VIENNA, NIGRA

D. RISERVATISSIMO 1 . Roma, 22 novembre 1895.

Credo utile informare in via riservata l'E.V. del linguaggio che ho tenuto in sostanza all'ambasciatore di Germania e all'incaricato d'affari d'Austria-Ungheria nei colloqui confidenziali che ebbi con essi alla Consulta, in questi ultimi giorni.

Con essi, come già cogli ambasciatori di Russia e di Francia, mi sono espresso nel senso del comune interesse delle sei Potenze di non esagerare la gravità del dissenso, per ora teorico, e forse destinato a sparire secondo nuove circostanze, cui avevano dato luogo le proposte accettate da noi e dall'Inghilterra del conte Goluchowski. Noi abbiamo provato sincera soddisfazione nel vedere, anche dopo ciò, l'accordo delle sei Potenze confermato in massima ed attuato nella pratica coll'insistenza fatta presso la Porta per l'ammissione dei secondi stazionari. Ma non ero in grado di pronunziarmi sull'interrogazione fattami, quale potesse essere l'effetto sul sultano del dissenso dell'opposizione non dissimulata a Pietroburgo e a Parigi contro qualsiasi atto di coercizione anche collettiva. Gli ambasciatori in Costantinopoli, specialmente il nostro, potevano soli giudicare se, col dimostrarsi le Potenze nell'impossibilità d'intendersi per esercitare insieme davanti a Costantinopoli la protezione navale che qualsiasi Potenza esercita separatamente a Beirut, Alessandretta ecc. e che la Russia sola può esercitare sulle coste ottomane del Mar Nero, non si accresce il doppio pericolo dell'anarchia nel centro dell'Impero e delle azioni isolate nelle provincie. Non potevo disconoscere che il rifiuto della Russia e della Francia unite, ed il contegno riservato delle altre Potenze che si studiano di evitare ogni aggruppamento fra le loro squadre, dà al sultano una nuova prova che nel fatto la sua capitale dipende intieramente da un'eventuale azione della Russia, che la guarentisce contro ogni pressione dall'Occidente, nonostante le intelligenze che in altri tempi risultavano al sultano stabilite tra Italia, Austria-Ungheria ed Inghilterra. Se fossimo meno desiderosi di camminare di pari passo colle due Potenze alleate e coll'Inghilterra, anzi colle cinque Grandi Potenze, in uffici diplomatici dettati da sentimenti d'umanità e da interessi di pace, potremmo esaminare se sia praticamente utile, anzi se sia del tutto conveniente dal punto di vista della nostra coerenza continuare rimostranze e richieste alla Porta ed al sultano circa stragi cui non possiamo opporre alcun efficace impedimento, e circa repressioni di cui non possiamo controllare il carattere minaccioso, dappoiché hanno luogo in località ove sola la Russia può esercitare un'azione navale, interdetta, per comune accordo di Russia, Francia e Turchia alle altre Potenze. Ma, convinti della necessità per l'Europa di mantenere anche l'apparenza dell'unione delle sei Potenze, continueremo a quello scopo solo ad unirei alla loro azione diplomatica a Costantinopoli. Non abbiamo però sufficienti illusioni sull'efficacia di quei negoziati

n. 48324/892. Copia ne fu trasmessa in pari data alle ambasciate a Costantinopoli, Parigi e Pietroburgo.

colla Porta per prendere qualsiasi posizione avanzata dalle mosse delle sei Potenze; e, più che mai alieni dal prender noi iniziative che sembrano destinate a rimanere inefficaci, ordiniamo ora alla nostra squadra di rimanere in Smirne, invece di ricercare altri contatti che potrebbero essere inesattamente interpretati.

507 1 Il dispaccio fu inviato a Berlino col n. 48323/465, a Londra col n. 48322/431 e a Vienna col

508

IL MINISTRO A BELGRADO, A VARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 924/309. Belgrado, 22 novembre 1895 (per. il 27).

Il contegno tenuto dal Governo austro-ungarico verso la Serbia durante la recente vertenza de' suini, nonché i danni considerevoli che ne ridondarono pel commercio di questo Paese hanno finito per alienargli gli animi di coloro stessi che per tradizione o per sentimento personale consideravano tuttora l'amicizia col vicino Impero come il perno della politica estera della Serbia.

Il solo partito politico che nutriva veramente in Serbia simpatie per l'AustriaUngheria era il partito progressista che travasi di presente al potere. Ma questo partito quantunque siasi adoperato durante le ultime vicende a mantenere, non astante la viva irritazione esistente nel Paese, le relazioni politiche de' due Stati sopra un piede amichevole, ha dovuto anch'esso convincersi del poco assegnamento che su queste potevasi fare, ed ha conseguentemente riconosciuto la necessità di emancipare una volta per sempre la Serbia dalla specie di soggezione politica e commerciale in cui travasi di fronte all'Austria-Ungheria.

Il nuovo indirizzo dato alla politica estera della Serbia dal signor Novakovitch, di cui feci cenno all'E.V. col mio rapporto n. 832/277 del23 ottobre u. s. 1 , mira infatti a raggiungere questo scopo.

Ma se la vertenza de' suini può dirsi essere stata in certa guisa la causa determinante di questo cambiamento nella linea di politica estera del Gabinetto attuale, altre circostanze e non meno importanti hanno contribuito ad effettuarlo. Gli avvenimenti svoltisi nella scorsa estate in Macedonia coll'attirare l'attenzione della Serbia sulle pretese accampate dalla Bulgaria su quella provincia dell'Impero ottomano, hanno dato un nuovo impulso alle sue aspirazioni nazionali verso la vecchia Serbia.

È opinione radicata in questi uomini politici che la Serbia non troverà mai nell'Austria-Ungheria quell'appoggio di cui potrebbe aver bisogno per effettuare la realizzazione di tali aspirazioni. Anzi si considera come a queste l'Austria-Ungheria sia in massima contraria, giacchè sarebbero, secondo che si afferma, in opposizione alle mire che le si attribuiscono di nuove espansioni nella penisola balcanica. La diffidenza quindi che ne consegue pel vicino Impero, consiglia la Serbia a svincolare la propria politica da quella dell'Austria-Ungheria e .a seguire una linea di condotta la quale,

508 1" Non pubblicato.

pur tutelando la propria indipendenza, possa procacciarle in date eventualità quell'appoggio che le sarebbe necessario pel conseguimento de' suoi fini.

Quest'appoggio lo si crede poter trovare nella Russia a cui la Serbia si sente legata da vincoli di sangue e di fede. Ond'è che verso la Russia si rivolgono di preferenza le simpatie della maggioranza di questo Paese che scorge in essa la naturale protettrice dei proprii interessi. È in tal senso che si esprimono, all'eccezione dei giornali governativi, tutti i periodici della capitale sì radicali che liberali. Essi propugnano come necessario per la Serbia, nella presente circostanza della penisola balcanica, un riavvicinamento colla Russia, additandolo quale l'unico mezzo per impedire che le quistioni che possono interessarla siano risolute senza il suo intervento ed in un senso ad essa sfavorevole.

Nonostante la riserva tenuta al riguardo dal Governo, si osserva come il signor Novakovitch si sia studiato fin dal primo momento in cui assunse il potere a dissipare le prevenzioni che contro il Governo attuale sussistevano in Russia, ove il partito progressista era considerato come avente sentimenti ad essa avversi e ligi ali' AustriaUngheria. I suoi sforzi in tale direzione, favoriti dalla partenza da Belgrado del signor Persiani, già ministro di Russia presso questa Corte e dall'azione più conciliante esercitata dal suo successore, barone di Rosen, non sembra siano rimasti del tutto infruttuosi. Di ciò farebbe fede il linguaggio più moderato anzi amichevole che da qualche tempo tiene verso la Serbia e verso gli uomini del Governo attuale, la stampa russa che dapprima si esprimeva a loro riguardo in modo invero poco lusinghiero. Questa anzi, come già riferii all'E.V. col mio rapporto n. 833/278 del 23 ottobre ultimo 2 , si è adoperata a sfruttare l'ultima vertenza de' sùini per cattivarsi l'opinione pubblica in Serbia e convincerla dell'utilità d'un avvicinamento alla Russia.

D'altro lato le cortesie di cui la Corte e lo stesso signor Novakovitch sono larghi verso la legazione di Russia e verso il suo titolare, sono considerate come sintomi d'una tendenza a migliorare sempre più le relazioni politiche della Serbia colla grande Nazione sorella a fine di poter ritrarre da essa profitto il giorno in cui si dovessero risolvere le varie quistioni balcaniche.

È bensì vero che il signor Novakovitch negò in uno degli ultimi colloqui ch'ebbi seco lui che vi fosse nel Governo l'intenzione di dipartirsi dalla linea di condotta da esso adottata per operare un avvicinamento alla Russia. E a questo proposito S.E. accennò al poco favore che durante le varie vicende svoltesi pel passato nella penisola balcanica, avevano trovato presso quella Potenza gl'interessi della Nazione serba e come ai medesimi essa avesse posposto quelli della Bulgaria e finanche dell'AustriaUngheria, gli uni in occasione del Trattato di S. Stefano, gli altri col permettere l'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina.

Ma nonostante tali dichiarazioni, che farebbero intravedere nel signor Novakovitch una certa qual diffidenza verso la Russia, è indubitato che il Governo serbo, in previsione di probabili e prossimi avvenimenti nella penisola balcanica, cerca di preparare il terreno ad un avvicinamento alla Russia. Questo avvicinamento che comincia ora appena a delinearsi, potrà divenire un fatto concreto se al partito radicale partigiano dichiarato della Russia riuscirà di assumere il potere mercè l'appoggio della regina Natalia, il cui arrivo in Belgrado è annunziato per i primi del prossimo dicembre.

508 2 Non pubblicato.

509

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2150. Pietroburgo, 23 novembre 1895, ore 18,50 (per. ore 21,40).

Ventiquattro ore dopo di averne fatta domanda, czar mi accordava udienza per la presentazione credenziali, verificatasi oggi a Tsarkoe-Selo con la consueta solennità. Questa inusitata prontezza per abilitarmi assistere battesimo neonata granduchessa martedì, è da tutti considerata come prova alto favore. Effettivamente Sua Maestà mi ha trattato con somma cortesia rammentando antica conoscenza in Copenaghen ed assicurandomi sua benevolenza.

510

IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

D. RISERVATO 48510/610. Roma, 23 novembre 1895.

Il ministero ebbe sempre cura di tenere informata V.E. delle pratiche fatte presso il Governo francese per denunciare il continuo transito d'armi, per Obock e Gibuti, in Etiopia, e le comunicò, altresì, le assicurazioni replicatamente date al r. ambasciatore in Parigi dal signor Hanotaux e recentemente anche dal signor Berthelot (vedi telegramma del 21 corrente )1 circa le istruzioni impartite, per impedire quel traffico, alle autorità del possedimento della Repubblica sulla costa del Mar Rosso.

Penso, ora che V.E., prendendo occasione dal telegramma testé direttole dal signor Lagarde 2 , per inviarle un «sincero saluto di buon vicinato», potrebbe porsi con lui in corrispondenza e fargli sentire come le sue cortesi parole siano in aperta contraddizione col fatto, a noi ben noto, del continuo passaggio d'armi da Gibuti e da Obock in Etiopia, nonostante tutte le istruzioni d'impedirlo, che il Governo della Repubblica ci ha dichiarato di avergli ripetutamente impartite.

Noi non speriamo molto che il signor Lagarde si converta. Ma in ogni modo non sarà inutile che egli sappia che V.E. é, al pari di questo ministero, esattamente informata di quanto avviene, a danno nostro, nel possedimento francese.

510 1 Cfr. n. 492, nota 2. 2 Cfr. n. 476.

511

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 3489/957. Vienna, 23 novembre 1895 (per. il 26).

Il conte Goluchowski mi ha dato notizia della risposta fatta dal Governo francese alle sue proposte. Il Gabinetto di Parigi esprime la sua adesione ai concetti espressi nella comunicazione austro-ungarica, relativamente alla convinzione che le Potenze debbano procedere d'accordo nella presente crisi orientale, nonché al suggerimento che le Potenze abbiano a rinforzare gli stazionarii a Costantinopoli e ad inviare nelle acque del Levante le loro squadre. Ma, al pari del Gabinetto di Pietroburgo, esso esclude la proposta di accordare fin d'ora agli ambasciatori a Costantinopoli la facoltà di far entrare le squadre negli Stretti. Vi è però una certa differenza nelle ragioni invocate dai due Gabinetti a sostegno di una tale riserva. Mentre il Governo russo invoca l'intangibilità dei trattati che vietano l'entrata negli Stretti delle flotte estere1 , il Governo francese si limita ad accennare agli inconvenienti che potrebbe produrre per l'avvenire il precedente di un'infrazione a quelle disposizioni internazionali.

Il conte Goluchowski mi ha detto che sir Philip Currie, al suo passaggio in Vienna, gli portò l'assicurazione di lord Salisbury, che il Governo britannico era in pieno accordo coll'Austria-Ungheria circa la convenienza di un procedere unanime delle Potenze presso il Governo ottomano, la quale assicurazione concordava del resto con quella di tutte le Grandi Potenze. L'impressione lasciata da sir Philip Currie sia a me, che a tutti i personaggi politici con cui fu qui in contatto, fa supporre che il Gabinetto inglese non solo non intenda esercitare a Costantinopoli un'azione speciale od esclusiva, ma che conta sul concorso di tutti ed è disposto ad agire per parte sua con tutta la calma e ponderazione desiderabili.

512

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2160. Pera, 24 novembre 1895, ore 20 (per. ore 22,15).

Questione degli stazionari assume proporzioni più gravi che non attendesse ambasciatore di Russia quando la propose. Sultano temendo che l'invio nuove navi tenda preparare la sua deposizione, ha respinto deliberazione Consiglio dei ministri per la concessione dei firmani. Risultandoci, d'altronde, i passi ordinati agli amba

sciatori di Turchia per indurre Potenze alla desistenza, ci riuniremo domani' per determinare mezzi atti ad imporre concessione da noi tutti ritenuta indispensabile. Ambasciatore d'Inghilterra proporrà notificazione alla Sublime Porta di un ordine del giorno nel quale i cinque stazionari riceverebbero ordine di entrare con o senza firmano. Anche Cambon essendo favorevole a tale proposta, è probabile che questa od altra simile misura energica verrà accettata salvo approvazione rispettivi Governi. Rimane dubbio soltanto circa istruzioni ambasciatore di Russia il cui stazionario dovrebbe, ad ogni modo, entrare separatamente dal Mar Nero.

511 1 T. 2079 di Nigra del 18 novembre, non pubblicato.

513

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 3493/959. Vienna, 24 novembre 1895 (per. il 27).

Ringrazio V.E. dei due dispacci del 22 corrente nn. 48321!891 e 48324/892 relativi agli affari di Turchia 1 .

Appare da questi documenti come il Governo del re, nella presente crisi orientale, non tenda e non agisca se non all'unico scopo di giungere al ristabilimento della pubblica tranquillità nel territorio ottomano, col mezzo dell'accordo di tutte le Grandi Potenze. È di fatto importante che sia ben constatato, che anche in questa circostanza la politica dell'Italia è essenzialmente pacificatrice e contribuisce, per quanto dipende da essa, all'accordo fra i grandi Gabinetti europei. L'E.V. dichiara saggiamente nel secondo di questi dispacci che l'Italia non intende prendere qualsiasi posizione avanzata nelle mosse delle sei Potenze e che è più che mai aliena dallo assumere iniziative inopportune. A noi che desideriamo sinceramente l'accordo europeo in Oriente, non spetta il segnalare e tanto meno esagerare gli screzii che potrebbero manifestarsi tra le Potenze, ma piuttosto abbiamo a mostrare la nostra buona volontà e il nostro vivo desiderio di evitarli.

La questione, secondo il mio personale avviso, fu male impegnata fin da principio. Il Governo inglese, spinto dai comitati armeni e dall'opinione pubblica inglese, volle esigere in una parte dell'Impero turco riforme, che il sultano è portato a considerare come equivalenti alla diminuzione se non alla distruzione della sua autorità nell'Impero, giacché dopo l'Armenia verrà il turno della Macedonia e poi delle altre provincie. Due altre Grandi Potenze si aggiunsero all'Inghilterra, ad esclusione delle altre, in quest'affare delle riforme armene, e si diede così al Governo turco lo spettacolo di due campi europei, in apparenza separati. Questo sistema produsse l'effetto che era da aspettarsi. I torbidi si continuarono e si accrebbero. In tale stato di cose, il Gabinetto di Vienna prese l'iniziativa di proposizioni concrete, che furono accolte soltanto in parte. La

T. 2167 del 26 novembre, non pubblicato. 513 1 Cfr. nn. 506 e 507.

Francia e la Russia, pur mostrandosi disposte ad accettare ed eseguire gli altri punti delle proposte, si rifiutarono ad accordare fin d'ora l'entrata eventuale delle flotte europee negli Stretti. Il Gabinetto di Pietroburgo obbiettò le relative stipulazioni internazionali ben note. Ma inoltre fece comprendere come, a suo avviso, non sia conveniente di adoperare le minacce e di affievolire così la sola forza esistente dell'Impero turco, cioè il Governo del sultano, se lo si vuol mantenere. In conseguenza l'Europa si trova ora nella condizione seguente. Una specie di anarchia regna in varie parti dell'Impero ottomano. Tutte le Potenze sono animate dal desiderio sincero di farla cessare e di mantenere lo statu quo in Oriente. Per giungere a questo risultato, le Potenze, dietro proposta dell' Austria-Ungheria, hanno consentito che convenisse appoggiare i consigli unanimi da esse date al sultano con certi provvedimenti che hanno un'apparenza coercitiva, cioè accrescere il numero degli stazionari nel Bosforo e fare una dimostrazione navale.

La Russia e la Francia, pur consentendo a questi provvedimenti, si rifiutarono, per ora almeno, a spingerli oltre certi limiti. Presso i Gabinetti di quei due Paesi, e forse anche presso quello di Berlino, sembra prevalere il concetto che se si vuol riuscire a mantenere in piedi l'Impero ottomano e conservare lo statu quo in Oriente, invece di dimostrazioni che abbiano qualche cosa di minatorio, le Potenze dovrebbero piuttosto appoggiare apertamente il sultano, e dargli così la forza che gli è necessaria per ricondurre l'ordine e la tranquillità nel Paese.

Tale m'appare la situazione in questo momento. L'Europa si trova in uno strettoia da cui deve uscire. A me non spetta il pronunziare giudizi né far proposte; ma all'E.V. posso liberamente esprimere il mio concetto. Ora, sembra a me che solo una forza organizzata e disciplinata può ricondurre l'ordine nelle provincie ottomane in preda all'anarchia. Questa forza non deve essere di tale o di tale altra Potenza europea

o di tutte assieme; giacché un simile intervento condurrebbe probabilmente allo sfascio dell'Impero ottomano e alla guerra generale. Esclusa la forza europea, non resta che quella del Governo ottomano, cioè l'esercito turco. Questo avrà tutti i difetti che si vuole. Ma è soggetto a disciplina e presenta alcune almeno delle guarentigie indispensabili; e poi non può essere sostituito da altro. La sua opera non sarà come quella di un esercito europeo. Ma varrà sempre meglio che l'anarchia. Infine ha il vantaggio di essere sul luogo o di poter esservi mandato subito. La soluzione, per tal modo, può essere immediata ed è pratica. I passi fatti finora dalle Potenze, la loro unanimità nell'accettare una parte almeno delle proposte austro-ungariche, e infine il linguaggio pubblicamente tenuto dal marchese di Salisbury, hanno prodotto una salutare impressione sull'animo del sultano e lo hanno convinto essere per lui una questione vitale il reprimere l'anarchia nel suo Impero efficacemente e rapidamente. Le Potenze si mettano d'accordo per dargli l'appoggio morale indispensabile e trovino modo di fornirgli anche l'ajuto materiale di cui ha bisogno, e che non rappresenterebbe somme considerevoli. E, fatto l'accordo, lord Salisbury, per convertire l'opinione pubblica inglese, che è la più imperiosa, lo annunzii in uno di quei discorsi che hanno tanta azione sopra di essa. La lettera direttagli dal sultano, e inspirata da un sentimento evidentemente sincero, gliene fornirebbe propizia occasione. Gli ambasciatori a Costantinopoli veglino poi al pronto invio delle truppe turche nei paesi insorti e al bisogno le facciano accompagnare dagli addetti militari rispettivi. Così, secondo che parmi vedere, potrebbe forse mettersi fine ad una situazione intollerabile e grave di pericoli per la pace d'Europa.

512 1 Le deliberazioni prese dagli ambasciatori nel senso indicato nel testo furono trasmesse da Pansa con

514

IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. 2316. Roma, 25 novembre 1895, ore 18,45.

*Nerazzini riceverà entro dicembre ordine ritornare*. Principe abissino Gugsa, figlio a ras Darghiè quindi cugino a Menelik ora in Svizzera con Ilg si è rivolto a noi. Egli giungerà in Roma ai primi di dicembre. Se V.E. ritiene potersene servire utilmente come bandiera contro Menelik credo potremmo indurlo facilmente a recarsi a Massaua a sua disposizione 2 .

515

IL DOTTOR NERAZZINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 232 bis2 . Aden, 25 novembre 1895.

Makonnen scrive da Debac 25 ottobre aver avuto ordine di recarsi Tigrè per conferire con governatore generale dell'Eritrea. Menelik intanto resta con truppe nei Wollo Galla senza attitudine ostile per esito trattative. Makonnen raccomanda Governo italiano non tentare atteggiamento ostile da parte di Zeila e desidera Felter accompagni governatore generale dell'Eritrea.

516

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI

L. PERSONALE. Roma, 25 novembre 1895.

Per le responsabilità sue il ministro degli esteri desidera vivamente che S.E. il presidente del Consiglio stimi di poter recare in via personale e riservatissima, a notizia del ministro della guerra, del capo di Stato Maggiore Generale, e del primo aiu

2 Per la risposta cfr. n. 521. 515 1 Ed. inLV91, p. 50, inLV92, p. 131, in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 227 e in francese in BILLOT, La France et l'Italie, cit., p. 258.

2 Questo telegramma fu ritrasmesso da Levi a Baratieri con T. riservatissimo 218 bis, pari data, ore 20,40.

tante di campo di Sua Maestà, gli uniti appunti che risultano al Ministero degli esteri circa le nostre condizioni militari in relazione colla politica estera.

ALLEGATO

APPUNTO SEGRETO. 20 novembre 1895.

Presso Governi amici vennero raccolte, circa le nostre condizioni militari, opinioni espresse in via affatto riservata, non potendosi domandare né ricevere consigli e neppure pareri in via sia ufficiale che ufficiosa, per ovvie considerazioni di convenienza.

Si considera imprudente e dannoso nelle circostanze attuali toccare all'ordinamento dell'esercito oramai costituitosi in 12 corpi; ma si crede che potrebbero e dovrebbero almeno rientrar nei 12 corpi in un modo qualunque, e non più fare per così dire un 13° e un 14° corpo di fanteria, i 7 battagliçmi di alpini ed i 12 battaglioni di bersaglieri; oltreché sono ancora in soprappiù ai 12 corpi le 12 batterie di montagna.

Mentre non abbiamo evitato spese che alla Schlachtfertigkeit sono inutili, come le chiamate delle milizie territoriali ed altre simili, l'opinione competente trasmessa da Berlino dal generale Lanza 1 è che non possiamo fornire la cooperazione effettiva cui siamo impegnati verso gli alleati, non avendo abbastanza uomini istruiti per portare le compagnie in guerra a circa 250 uomini, oltreché non possiamo con 6 squadroni a 145 cavalli per reggimento di cavalleria, avere in guerra 120 cavalli per squadrone. Il rimedio compatibile colle condizioni del nostro bilancio sarebbe stato di portare il numero delle compagnie nei reggimenti da 12 compagnie scheletri, a 9 compagnie forti, ed i reggimenti di cavalleria da 6 squadroni a 5, per farne quattro in tempo di guerra. Ma non è forse più tempo.

Nella scadenza che ci permetterebbe di denunziare nel maggio la Triplice Alleanza, le condizioni nostre per ottenere patti migliori saranno assai diverse, osserva il generale Lanza, se le nostre compagnie in pace saranno a 110 uomini anziché a 35, cifra questa che distrugge il morale e l'istruzione non solo dei soldati, ma degli ufficiali.

Ed appunto perché non bisogna toccare all'ordinamento del!' esercito nelle attuali circostanze, apparisce alle Potenze amiche necessità abbandonare apertamente per ora perfino la preparazione del progetto di sconvolgere l'ordinamento dei distretti, di sottrarre cioè da essi la mobilitazione per attribuirla ai reggimenti; ponendo così per un lungo periodo di transizione l'esercito nella confusione e nell'incognito, con allontanamenti dei reggimenti dai loro depositi, con cambi di guarnigione ecc. ecc. e conseguenti spese gravi ed attuali, cui fa dubbio compenso una futura ipotetica economia. I distretti si sono consolidati da 25 anni, e oramai funzionano bene; il Paese vi è avvezzo; ogni soldato conosce il suo distretto. La situazione europea non permette in questo momento quello sconvolgimento.

Venne proposto in una recente conferenza riservata in Roma che si facesse dal ministro della guerra un inventario: l) degli elementi immediatamente disponibili come materiale nei magazzini, 2) del personale di bassa forza istruito, e 3) del personale adatto al comando. Questi sono tre argomenti sui quali le più alte convenienze impediscono ogni verificazione di concerto con l'alleato; tanto maggiore è la responsabilità che pesa su di noi, specialmente per l'omissione inesplicabile della designazione dei comandanti degli eserciti in cui saranno ripartiti i 12 corpi; designazione che non era stata omessa da nessuno dei Ministeri precedenti; mentre il presente Ministero si è esposto a dover domani forse nominar improvvisa

mente comandanti di eserciti che non conosceranno né i loro capi di Stato Maggiore né i loro capi d'intendenza, che non avranno studiato il compito affidato loro, né avuto possibilità di assicurarsi personalmente dei mezzi necessarj a compierlo. È noto che ai comandi dell'Italia superiore sono preposti generali che la commissione competente ha escluso dai comandi di corpo d'esercito. ~

In una condizione militare che ha dato luogo a sospetti anche pubblicamente manifestati, gli ostacoli che incontra la conciliazione pur possibile del bilancio attuale coli' esistenza d'una forza rispettabile, sono difficili a spiegare chiaramente e quella difficoltà stessa impedisce che possa attuarsi l'altra proposta fatta nella ricordata conferenza, che cioè il ministro degli esteri possa invitare all'occorrenza gli Stati Maggiori germanico ed italiano ad intime e tecniche intelligenze per la realtà della impegnata cooperazione. Più gravi che mai sono perciò le preoccupazioni che può cagionare la possibilità di equivoci e di sconcerti militari, che sarebbero disastrosi per la politica estera.

Gli ultimi incidenti della politica internazionale avendo dato occasione ad un ammiraglio inglese di porre, in via affatto personale e confidenziale un'altra questione, quella della possibilità eventuale di uno sbarco di truppe italiane in Oriente2 , ed avendo il ministro degli esteri fatto le dovute investigazioni segrete circa l'opinione dei nostri amici sulla cooperazione che essi abbiano eventualmente in mente per parte del nostro esercito, gli venne la dichiarazione seguente: È urgente e indispensabile anzitutto che il ministro degli esteri sappia dal Ministero della guerra e dal capo di Stato Maggiore in quanto tempo si potrebbe eventualmente, in caso di accordi sicuri colle Potenze amiche, imbarcare e spedire all'estero anche un solo corpo d'armata e quanti altri corpi d'armata dovrebbero essere guastati per questo scopo, mettendo probabilmente il Paese nella impossibilità di mantenere a suo tempo gli obblighi inerenti alle alleanze e alla difesa della patria 3 .

Dalla possibilità di una nostra cooperazione con forze di terra in Oriente in caso d'azione austro-inglese dipende la cooperazione navale dell'Inghilterra alla difesa delle nostre coste meridionali. Il problema militare per l'Italia è dunque doppio, e apparisce agli alleati essere compromesso dall'attuale riordinamento a base regionale. È stretto dovere del ministro degli affari esteri richiamare, a scanso di gravi responsabilità, tutta l'attenzione del ministro della guerra e del capo di Stato Maggiore Generale sul vitale argomento.

514 1 Ed., con l'omissione della frase fra asterischi, in LV 92, p. 131.

516 1 Cfr. n. 424.

517

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2172. Berlino, 26 novembre 1895, ore 23,10 (per. ore 0,05 del 27).

Mio collega Austria-Ungheria ed io abbiamo d'accordo richiamato attenzione barone Marschall sulle esagerate, ripetute voci in giro anche stampa tedesca relativamente sentimenti espressi da imperatore al sultano circa dimostrazione navale. Ieri

l'altro in particolar modo la Hamburger Korrespondenz pubblicava telegramma da Costantinopoli in cui dicevasi imperatore di Germania aver dichiarato non approvare dimostrazione navale e ciò essere stato accolto con riconoscenza da Sublime Porta. La Nord-deutsche Allgemeine Zeitung di questa sera smentisce ogni simile dichiarazione di Sua Maestà. Segue rapporto1 .

516 2 Cfr. n. 472. 3 Cfr. n. 480.

518

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

T. RISERVATO 23281 . Roma, 27 novembre 1895, ore 16,40.

L'ammiraglio inglese in Salonicco insistendo nell'invito alla nostra squadra, il ministro della marina ha autorizzato ammiraglio Accinni ad usare della sua libertà di movimenti per recarsi a Salonicco colla squadra.

519

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2181. Berlino, 27 novembre 1895, ore 17,55 (per. ore 19,05).

Facendo seguito al mio telegramma ultimo notte scorsa, informo V.E. che il sultano si è rivolto direttamente allo czar per sospensione invio secondo stazionario, e che czar stesso ha fatto conoscere qui suo desiderio aderire. Malgrado quell'alto intervento, che dimostra sempre più attitudine presa da Russia di protezione verso il sultano, questo Governo imperiale ha fatto risposta da me segnalata 1 . Anche oggi barone Marschall, cui comunicai risposta da V.E. data a domanda ambasciatore di Turchia 2 ,

518 1 Minuta autografa. 519 1 Con T. 2173 del 26 novembre, non pubblicato, Lanza aveva comunicato: <<Barone Marshall rispose ritenere necessario accordo completo fra le Potenze tanto più che gli ambasciatori a Costantinopoli sono unanimi ritenere necessario invio; consigliava, in ogni caso, rivolgersi a Vienna da cui partì iniziativa>>.

2 Cfr. quanto Blanc aveva comunicato con D. riservatissimo 48526 del 24 novembre alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Parigi, Pietroburgo e Vienna: <<Ho risposto lasciare al nostro ambasciatore sul luogo, che ha istruzioni d'intendersi sempre coi suoi colleghi, ogni apprezzamento di fatto, sui pericoli e sui rimedi; e che l'accordo che vogliamo continuato fra le sei Potenze, non mi permette di rispondere alla domanda della Porta senza concerto con gli altri Gabinetti. Ho posto l'ambasciatore in guardia contro le tendenze di certi pubblicisti a far apparire provenienti da Roma esagerazioni inopportune circa le difficoltà che le Potenze si studiano di sormontare>>.

mi ripeté grande elogio politica nostra prudente, intelligente, moderata; essa non ha certamente poco contribuito a decidere Germania interessarsi cose orientali, come mai fece in passato, e potrà molto giovarci in avvenire.

517 1 Non pubblicato.

520

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2195. Pera, 28 novembre 1895, ore 10, 10 (per. ore 22,35).

Oggi nuovo tentativo del ministro degli affari esteri, che, accompagnato dall'ex gran vizir Said pascià, venne in persona da ciascun ambasciatore domandare, in nome sultano, rinunzia alla chiamata secondo stazionario. Nella nostra riunione questa sera, ambasciatori di Francia e di Russia dissero non avere ancora istruzioni rispettivi Governi circa proposta fissazione di un termine perentorio per la concessione firmano ma si impegnarono sollecitare pronta risposta. Se questa implicasse una ritirata, sarebbe a temersi per l'accordo a sei, che ci siamo finora adoperati a mantenere, e del quale lo stesso Calice comincia un poco a dubitare. Ogni conclusione è, però, pel momento, prematura 1 .

521

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 2191. Massaua, 28 novembre 1895, ore 17,30 (per. ore 17,50).

V.E. può inviare Massaua principe abissino 2 . Makonnen non fece verun tentativo intendersi con me. Credo sua lettera a Nerazzini 25 ottobre 3 dettata timore nostre vittorie scopo evitare qualche colpo contro sguarnito Harar. Ordinai però agevolare eventuali aperture. Invio fin d'ora «Curtatone» a Gibuti e Zeila.

novembre. 521 1 Ed. in L V 92, p. 132.

2 Risponde al n. 514.

3 Cfr. n. 515, nota 2.

520 1 Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Londra e Vienna con T. 2338 del 29

522

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2193. Berlino, 28 novembre 1895, ore 18 (per. ore 19,50).

Governo imperiale preoccupato specie di scacco che subirebbe iniziativa Goluchowski di fronte Russia, se questione secondo stazionario non è risolta favorevolmente, fa oggi ripetere Sublime Porta insistenti consigli cedere 1 .

523

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 1199/540. Londra, 28 novembre 1895 (per. il 4 dicembre).

Mercoledì 27 ho fatto a lord Salisbury la consueta visita settimanale. L'ho trovato meno tranquillo ed indifferente di quello che suole essere.

L'impressione sfavorevole prodotta dal contegno del sultano rispetto alla questione dei secondi stazionari da ammettersi nel Bosforo è stata aggravata dal fatto che questo ambasciatore russo è andato a nome del proprio Governo da lord Salisbury per sostenere il sultano nella sua resistenza, cosa tanto più strana inquantoché la iniziativa della misura proposta era partita dallo stesso ambasciatore russo a Costantinopoli.

È evidente che la resistenza passiva del sultano non si potrebbe spiegare se il medesimo non si sentisse sostenuto moralmente dalla Russia e dalla Francia.

La tendenza della Russia ad impedire una dimostrazione navale collettiva dinanzi a Costantinopoli è spiegabilissima; ma mi è parso che lord Salisbury in date evenienze non sarebbe alieno dal forzare il passaggio. Ciò mi ha dato l'opportunità di comprendere che sarebbe apprezzata la nostra cooperazione al momento e nel modo opportuno.

L'Austria-Ungheria dimostra un disinteresse che assolutamente non ha. Al primo passo della Russia verso l'Armenia l'Austria invaderà la Macedonia senza contrasto.

I buoni rapporti esistenti attualmente tra gli imperatori di Germania e Russia danno da pensare. La Germania non è così direttamente interessata nella questione d'Oriente per non esser disposta a lasciar libera la Russia di agire in Armenia e nell'Asia Minore.

Se i russi non intraprenderanno per il momento nella penisola balcanica nulla che possa giustificare il casus foederis per la Triplice Alleanza, essi non saranno disturbati nella loro invasione in Armenia e non si opporranno all'avanzarsi degli austriaci verso il Mar Egeo. Essi avranno tutto da guadagnare, nulla da perdere.

La Francia potrà intraprendere tutto quello che vorrà ad eccezione di quello che potrebbe far nascere il casus foederis per le Potenze della Triplice Alleanza. La sola preoccupazione della Francia sarà di non indebolirsi tanto con le sue spedizioni da diventare troppo vulnerabile sui Vosgi e sulle Alpi. Ma non sarebbe impossibile che la Germania si mantenesse spettatrice per un certo tempo e conservasse le sue immense forze per il momento opportuno.

Che cosa faranno l'Inghilterra e l 'Italia? Conviene a questa di partecipare attivamente alla politica della Gran Bretagna oppure adottare un sistema simile a quello della Germania ed in accordo con essa?

È difficile di stabilire quale sia il grado di fiducia che si può accordare agli alleati ed agli amici quando si tratta di così grandi interessi; ma è parere anche di lord Salisbury che appena la stagione lo consentirà è probabile che a questo periodo di tergiversazione seguirà un periodo di azione.

In tale stato di cose non rimane altro da fare che tenerci pronti per terra e per mare e qui mi permetto di richiamare rispettosamente l'attenzione di VE. sulla necessità di espedienti militari atti ad utilizzare nel miglior modo possibile le forze di cui disponiamo, sia per combattere verso la nostra frontiera come in qualche spedizione oltre il mare. Se realmente gli avvenimenti potranno indurci ad agire, due o tre mesi di tempo per prepararci sarebbero a nostra disposizione.

522 1 Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Vienna e Londra con T. 2337 del 29 novembre.

524

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA E VIENNN

Roma, 29 novembre 1895, ore 17.

Siamo più che mai convinti che non attuandosi gli accordi dell' 87, solo mezzo di assicurare la pace e la preponderanza di influenza tutelare in Oriente, andiamo incontro a pericoli di anarchia in Turchia e di guerre europee a base di riparti territoriali. E manifestiamo confidenzialmente tale convincimento a scanso di responsabilità3 .

2 Minuta autografa.

3 Per le risposte cfr. nn. 525 e 528.

524 1 Ed. in francese in GP, 10, cit., n. 2555.

525

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2205. Vienna, 30 novembre 1895, ore 13,15 (per. ore 14,10).

Gabinetto di Vienna è pur esso preoccupato dei pericoli accennati da V.E. nel suo telegramma di jeri1 ed è appunto allo scopo di scongiurarli che presentò all'Europa la sua proposta e insiste sull'accordo delle Potenze.

526

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2206. Vienna, 30 novembre 1895, ore 13,15 (per. ore 14,10).

Lobanow ha fatto informare questo ministro degli affari esteri ambasciatore di Russia a Costantinopoli era stato autorizzato a insistere per ottenere firmano, ma espresse convincimento che ottenuta ammissione secondo stazionario, le Potenze dovevano seguire verso il sultano non più un sistema di intimidazione, ma d'incoraggiamento, di appoggio perché possa ricondurre ordine in Turchia 1•

527

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 2360. Roma, l o dicembre 1895, ore 21,45.

Col suo primo telegramma di ieri1 V.E. mi annunciava essere il Gabinetto di Vienna preoccupato dei pericoli da me accennati e aver cercato di scongiurarli col proporre all'Europa l'invio di stazionari e coll'insistere sull'accordo delle Potenze. Ora dal secondo telegramma di V.E.2 risulta che anche per gli stazionari è tolta ogni indole di pressione sul sultano. Rimane così vieppiù esclusa ogni efficacia d'azione nostra comune sul Governo ottomano lasciato alla protezione franco-russa, e questa

526 1 Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Londra e Berlino con T. 2352, pari data. 527 1 Cfr. n. 525.

2 Cfr. n. 526.

rimarrebbe la base di fatto del concerto europeo, in perfetta contraddizione delle proposte Goluchowski, da noi strenuamente appoggiate. Non potendo esporre le nostre forze navali a fare dimostrazioni derisorie, saremmo grati al Gabinetto di Vienna, dopo le nostre sincere dimostrazioni di comunanza d'interessi e di condotta, di farci comprendere chiaramente quali sieno ora i suoi intendimenti 3 .

525 1 Cfr. n. 524.

528

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2218. Berlino, 2 dicembre 1895, ore 14,41 (per. ore 15,30).

Mi riferisco telegramma di V.E. 29 novembre1 che ho comunicato barone Marschall. Se pure si riuscirà sormontare crisi attuale, mantenendo parvenza accordo fra Potenze, non vi ha dubbio che attitudine Russia e con essa Francia giustifica pienamente preoccupazione V.E. e convinzione sia necessario concretare, in vista eventualità future, accordi di massima stabiliti 1887 con Inghilterra e Austria. Tale è pure opinione Marschall. Qui ignorasi completamente pensiero Salisbury, e aspettasi con impazienza arrivo nuovo ambasciatore di Inghilterra annunziato per il 6 corrente. Ho motivo di credere che ogni nostro passo a Londra d'accordo con Vienna per concretare accordi suddetti troverà appoggio Governo imperiale 2 .

529

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 233. Massaua, 2 dicembre 1895, ore 15,55 (per. ore 16,20).

Scioani ingrossano Ascianghi. Chiamo milizia mobile; riunisco sette battaglioni, due batterie da montagna, bande. Makonnen data 26 novembre da Alomata mi offre convegno affinché non scorra sangue cristiano. Dubito sincerità sua. Consento. Domani parto per Asmara-Adigrat.

pari data. Per la risposta di Nigra cfr. n. 531. 528 1 Cfr. n. 524.

2 Questo telegramma fu inviato in copia alle ambasciate a Londra e Vienna con dispaccio del 3 dicembre (49578/441 per Londra, 49579/917 per Vienna). 529 1 Ed. in LV91, p. 51 e in LV92, p. 134.

527 3 Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli e Londra con T. 2361,

530

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1672/377. Sofia, 2 dicembre 1895 (per. il 5).

Si parla con molta insistenza di pratiche iniziate da questo Governo per mandare a Pietroburgo una commissione incaricata di trattare la riconciliazione colla «Potenza liberatrice».

Nella visita da me fatta sabato scorso, insieme al commendator Riva, al presidente del Consiglio, S.E. ripeté le dichiarazioni fatt{} alla Sobranie e riferite nel giornale La Bulgarie del 23/11 u.s., circa le istruzioni date alla missione bulgara che si recò a Pietroburgo nel luglio passato. Tre erano i punti della questione: la posizione del principe; i fatti compiuti di questi ultimi dieci anni; la conversione all'ortodossia dell'erede del trono. Sui due primi punti era impossibile di transigere; sul terzo invece il principe ed i suoi ministri desideravano ed avevano deciso il cambiamento di religione del principe Boris. Il principe Ferdinando dopo il capo d'anno farebbe un viaggio all'estero per appianare le difficoltà coi parenti della principessa Maria Luisa; la conversione era stabilita in via di massima, ma richiedeva ancora qualche tempo e dei ménagements prima di divenire un fatto compiuto. Senza mutare la costituzione del Principato, il passaggio all'ortodossia dell'erede del trono avrebbe per risultato di dare alla Bulgaria una dinastia ortodossa. La cosa si faceva per ragioni di politica interna, ma il Governo russo doveva considerare quel passo come un pegno di riconciliazione. Si parlava a Pietroburgo, aggiunse il signor Stoiloff, di generali e di commissari russi che verrebbero incaricati di controllare questa amministrazione civile e militare: tali voci dipendevano sopratutto dalla convinzione invalsa in Russia che il principe e il suo Governo si trovassero in condizioni disperate (aux abois) e pronti a cedere su tutto. L'autonomia del Paese non soffrirebbe per certo di tali diminuzioni. Il signor Zankoff andava al di là e voleva lasciar prendere alla Russia in Bulgaria la stessa posizione tenuta dagli inglesi in Egitto: queste non erano le disposizioni del Governo.

A me sembra molto importante la confessione del signor Stoiloff che la missione di monsignor Clemente ebbe istruzioni di trattare col Governo russo ed è evidente che il primo ministro si sarebbe mantenuto a tale riguardo nella negativa assoluta adottata a Pietroburgo se i negoziati non fossero tuttora in corso e non avessero probabilità di riuscire. Siccome la Russia non si contenterà del solo cambiamento di religione del giovane Boris, il Governo dev'essere disposto ad altra e grande concessione per addivenire alla desiderata conciliazione; e che il principe Ferdinando sia pronto a tutto lo mostra il fatto, per me inesplicabile, d'aver ceduto sulla conversione del figlio. È chiaro dunque che il programma del signor Zankoff finirà per essere praticamente adottato, e la Bulgaria diverrà in sostanza una provincia dell'Impero russo.

Io lasciai Pietroburgo coll'impressione che dinanzi a tale situazione la Germania avrebbe tenuto un contegno assolutamente passivo, e che l'Austria-Ungheria si vedeva costretta a seguire la stessa politica per l'impossibilità d'impedire l'evoluzione che si compie adesso in questo Paese. Speravano tuttavia a Vienna che nuove prepotenze e nuove imprudenze degli agenti russi che verranno mandati in Bulgaria, finiranno per provocare una reazione e per risvegliare in queste popolazioni dei sentimenti d'indipendenza, adesso purtroppo assopiti.

In tale mia impressione mi confermò un lungo colloquio che S.E. il conte Nigra volle avere gentilmente con me nella decorsa settimana sull'importante argomento.

531

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2223. Vienna, 3 dicembre 1895, ore 9,35 (per. ore 11).

Io comunicai a V.E.1 le informazioni da me avute dall'ambasciatore di Russia, secondo le quali Gabinetto di Pietroburgo fece sapere qui che esso consente a che sia chiesto il firmano, raccomandando nello stesso tempo riguardi verso il sultano. Suppongo che V.E. avrà informazioni più ufficiali dalla r. ambasciata a Pietroburgo. lo non credo che spetti a noi segnalare per i primi le divergenze delle Potenze, se ci sono. Ove l'azione delle medesime avesse a mutarsi, il Governo del re sarebbe naturalmente interpellato. Finora ciò non mi risulta. Qui la situazione rimane invariata. Ministro degli affari esteri austro-ungarico, per quanto so, prese atto del consenso della Russia per secondo stazionario, e diede a Calice istruzione di insistere. Appena vedrò ministro degli affari esteri saprò dirle altro. Desidero sapere, per mia norma, se il contenuto dell'ultimo suo telegramma2è conforme ai sentimenti dei Gabinetti inglese e germanico3. Fino a nuove istruzioni mi asterrò da ogni comunicazione che possa cambiare l'attitudine tranquilla e corretta presa da V.E. con elogio generale.

532

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 219. Roma, 3 dicembre 1895, ore 17,40.

Il mio ultimo telegramma1 è conforme ai sentimenti del Governo germanico, e mi dorrebbe che non fosse conforme ai sentimenti dei Gabinetti di Vienna e di Londra2. Stante la prossimità del termine di conferma o denunzia della Triplice Alleanza,

2 Cfr. n. 527.

3 Per. la risposta cfr. n. 532. 532 1 Cfr. n. 527.

2 Risponde al n. 531.

non può rimanere a lungo sospesa per noi la questione di sapere se sia definitivamente una illusione fare appoggiare la Triplice Alleanza sull'Inghilterra, e se dobbiamo considerarla come inevitabilmente orientata ormai verso la Russia. Questa sera parte corriere di Gabinetto con istruzioni 3 .

531 1 Cfr. n. 526.

533

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, FERRERO, E A VIENNA, NIGRA 1

D. GAB. RISERVATISSIM0 2 . Roma, 3 dicembre 1895.

Abbiamo prestato il leale ed aperto appoggio, che ci veniva domandato, alle proposte del Gabinetto di Vienna per la protezione navale degli interessi europei nell'Impero ottomano; ed ho avvalorato colle mie dichiarazioni al Parlamento del 28 novembre la politica che sola potrebbe, secondo noi, assicurare la pace e l'influenza tutelare delle Potenze colla presenza delle squadre riunite in quelle turbate regioni. Ma due delle sei Potenze hanno scemato, se non annullato, per ora, l'efficacia di quella presenza; sia coll'aver già escluso formalmente che le squadre potessero esercitare un'azione qualsiasi a favore dell'ordine, presentandosi eventualmente davanti alla capitale, ove è il focolare dell'anarchia che regna nelle provincie; sia col dichiarare ultimamente che le Potenze non debbono più seguire verso il sultano un sistema detto d'intimidazione, bensì incoraggiarlo ed appoggiarlo perché possa ristabilire la sua autorità.

L'accordo delle sei Potenze risulta dopo ciò fondato sulla esclusione della Triplice Alleanza e dell'Inghilterra da ogni mezzo efficace d'influenza sul Governo ottomano, posto virtualmente sotto la protezione della Russia.

In tale condizione di cose lo statu quo politico convenzionale è viziato nella sua essenza. Vi è preponderanza sul sultano di due Potenze i cui agenti, addetti alla sua persona, riducono ad una pura apparenza l'autorità della Porta e ad una delusione i nostri negoziati con essa; mentre una di quelle due Potenze è sola ammessa ad esercitare i doveri di protezione navale, nei luoghi precisamente ove si hanno a lamentare le stragi.

Delle autonomie locali stabilite dai trattati, delle riforme stipulate nei trattati stessi, dell'indipendenza della Turchia, custode d'interessi europei importanti, non è neppur ammessa la trattazione. La libertà degli Stretti non esiste che per le truppe russe, che vi sfilano con armi e bandiere a bordo della flotta volontaria; la Turchia non è guardiana degli Stretti e del Mar Nero se non contro di noi e contro le altre Potenze

(D. 49757/440) e Vienna (D. 49756/486). 533 1 Ed. in traduzione tedesca in GP, 10, cit., n. 2557, allegato e in traduzione francese in E. WALTERS, Lord Salisbury "s Refusal to Renew the Mediterranean Agreements, in <<The Slavonic Review», 1950, set tembre, pp. 271-272.

2 Il dispaccio fu inviato a Vienna col n. 13 e a Londra col n. 14. Ne fu inviata copia a Berlino in pari data con D. 15.

occidentali; la condotta della Turchia porta il carattere persistente di complicità e di connivenza a quegli interessi stranieri che mantengono apertamente uno stato di cose tanto contrario ad ogni legalità, sia d'ordine interno che d'ordine internazionale; è frustrato del tutto, e tanto più ostentatamente dopo la vittoria vantata a Costantinopoli contro le recenti proposte austro-ungariche, lo scopo delle intelligenze stabilitesi nel 1887 tra Italia, Inghilterra ed Austria-Ungheria, colla partecipazione della Germania.

I Gabinetti di Vienna e di Londra, hanno sembrato sin qui esitare davanti alla riservatezza colla quale utilmente, secondo noi, la Germania ci appoggia in seconda linea; sono apparsi non solo rinunziare ad ogni azione intesa a richiamare ed associare la Turchia stessa ai principii testè ricordati, ma astenersi perfino da qualsiasi aggruppamento, per conservare l'apparenza dell'accordo a sei, ottenuta a costo dell'implicito ritiro delle proposte austro-ungheresi appoggiate dall'Inghilterra e da noi.

Noi abbiamo dimostrato costantemente ai Gabinetti di Vienna e di Londra la più sincera comunanza d'interessi e di condotta; ma dobbiamo ormai preoccuparci della situazione delle nostre forze navali, esposte ad apparire compromesse in dimostrazioni derisorie; e della situazione equivoca in cui ci pone, in presenza dei nostri impegni verso i due Imperi da una parte e verso l'Inghilterra dall'altra, la difficoltà troppo prolungata di riunire effettivamente le tre Potenze mediterranee in effettivi e pratici accordP.

*Abbiamo già espresso a Londra e a Vienna il profondo convincimento che, non attuandosi in circostanze così decisive gli accordi dell'87, solo mezzo, secondo noi, di assicurare la pace e la tutela della tranquillità in Turchia, andiamo incontro a pericoli di anarchia nell'Impero ottomano, e di guerre europee a base di riparti territoriali 4 . Crediamo ora adempiere ad un dovere di lealtà col sottoporre all'Inghilterra e all'AustriaUngheria, a scanso di responsabilità diventate gravi, il parere che sia più che tempo di procedere, con reciproca fiducia e sincerità, a chiarire il rispettivo apprezzamento delle tre Potenze sui provvedimenti da prendere per ristabilire l'indipendenza della Turchia.

Confidiamo che l'Inghilterra e l'Austria-Ungheria, coll'adesione già data dalla Germania agli accordi del 1887, potranno così insieme a noi impedire che sia mancato, all'ultima ora, lo scopo di pace mantenuto dalla Triplice Alleanza con successo da tanti anni.

Ella vorrà dunque, signor ambasciatore, proporre a codesto Governo che lo scambio di comunicazioni, previsto nel 1887 per eventualità, ora, secondo noi, verificatesi, abbia luogo prima fra le tre Potenze mediterranee, poi anche colla Germania, per concretare, in vista degli effetti inevitabili dell'atteggiamento della Russia e della Francia, l'attuazione degli accordi stabiliti in massima nel 1887 tra noi, l'AustriaUngheria e l'Inghilterra* 5 .

4 Questo periodo era già stato trasmesso per telegramma alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra e Vienna (cfr. n. 524). 5 Per le risposte da Vienna e Londra cfr. nn. 558 e 577.

532 3 Cfr. n. 533. Questo telegramma e il n. 531 furono comunicati in pari data alle ambasciate a Londra

533 3 A Costantinopoli fu inviato in pari data il D. riservatissimo 50374/667, identico nella prima parte, ma in cui il passo fra asterischi è sostituito dal seguente: <<Abbiamo espresso già a Londra ed a Vienna il profondo convincimento che andiamo incontro a pericoli di anarchia nell'Impero ottomano, e di guerre europee a scopo di riparti territoriali. Noi avendo dimostrato costantemente ai Gabinetti di Vienna e di Londra la più sincera comunanza d'interessi e di condotta, e la più ferma fiducia nell'appoggio leale della Germania, non possiamo che declinare la responsabilità, diventata sempre più grave, dello stato di cose sopra definito>>.

534

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

L. PERSONALE. Roma, 3 dicembre 1895.

Forts de la situation où le sud de l 'Ethiopie est placé par la fermeture de Zeila à l'ltalie, les gens du Scioa vont nous attaquer de nouveau, et Baratieri doit leur faire face. A ce service que nous rend la noncuranza anglaise, s'ajoute la situation presque ridicule où place l'Autriche et nous la reculade anglaise dans l'affaire des propositions Goluchowski qu'elle a pourtant appuyées avec nous.

Dans des circonstances si décisives, si la vieille Angleterre est bien morte, si son entente avec la Triple Alliance était de ma part une illusion, je ne pourrai la continuer; et la Triple Alliance, dont la dénonciation peut avoir lieu le 6 mai prochain, ne pouvant s' appuyer sur l'Angleterre, je la isserai à un autre conseiller du roi de venir la confirmer en la faisant reposer sur le Kaiserbund, ce à quoi se montre prèt Rudinì, et qu'en tout cas pourra faire Tornielli; tout cela, bien entendu, avant mai prochain.

De mème que j'ai fai t entendre aux ambassadeurs d' Allemagne et d' AutricheHongrie que la question se pose désormais inévitablement ainsi, à toi aussi, je dis le fond de ma pensée ici en t'envoyant une dépèche d'instructions finales 1 que tu peux interpréter mème vis-à-vis de lord Salisbury dans l'esprit de la présente lettre personnelle. Cette dépèche est adressée dans ces termes à Vienne, et communiquée à Berlin, où l'on attend comme décisif et final ce qu'apportera de bon ou de mauvais l'ambassadeur d'Angleterre attendu le 6 2•

Je t'envoie le texte des 9 points du 87 3 à la rédaction desquels se conforme précisément ma dite dépèche.

Je résiste avec peine à prendre la mème position quel'Allemagne dans l'affaire des stationnaires, qui est devenue une mauvaise plaisanterie. Nous sommes très tranquilles, mais nous ne voulons pas ètre joués. Dis moi si tu crois opportun de faire éloigner l'escadre de Salonique, où Accinni ne l'a conduite que sur l'insistance de lord Seymour.

Ci-joint un mémoire militaire que j'ai envoyé à Crispi avec trois exemplaires sous enveloppes adressées à Mocenni, à Primerano età Ponzio Vaglia4 . Crispi, quoique prié par moi pour décharge de ma responsablité ne les remettra peut-ètre pas.

Envoie les notes de dépenses de réception acquittées, on les remboursera; et comme nous ne pouvons payer un loyer dans la Cité, faute de fonds au budget, choisis un consul honoraire qui s'en charge.

Mille amitiés. Le moment est sérieux.

2 Cfr. n. 528.

3 Cfr. serie II, vol. XXI, n. 409, allegati.

4 Cfr. n. 516.

534 1 Cfr. n. 533.

535

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 3097/699. Tunisi, 3 dicembre 1895 (per. il 7).

Il r. console in Tripoli mi ha gentilmente riferito che, ad insaputa e con grave sorpresa delle autorità turche del vilaiet, commissari francesi si sono recati alla frontiera tripolo-tunisina per farne la delimitazione.

Nessuna notizia mi è giunta in proposito da altra fonte, forse perché l'agente consolare nell'isola di Gerba, il quale ha mezzi di procacciarsi informazioni sulle cose della frontiera, giace da parecchi dì infermo. Faccio quest'osservazione per ispiegare come sia potuto accadere che io non abbia avuto altro sentore del fatto, non per contestare l'esattezza di cui il cavalier Motta si mostra sicuro.

Del resto non è cosa per sé inverosimile che le difficoltà fra cui si sta dibattendo la Sublime Porta siano sembrate offrire buon destro a compiere, per opera d'una sola delle parti, le formalità d'una delimitazione che la Dépéche tunisienne pretendeva, in un recente numero, essere già eseguita in sostanza per merito del comandante Rebillet collo stabilire di fatto i confini dell'Dadi Mokta dopoché la commissione mista, riunitasi nel 1893 a Zuara, si era sciolta senza venire a conclusione alcuna.

Ammesso anche che il tratto compreso fra l'Uadi Fessi e l'Uadi Mokta abbia scarso valore, come dichiarava, or sono quasi tre anni, il signor Drummond-Hay reduce da un viaggio fin presso la frontiera tripolina (rapporto del l o marzo 1893 n ...... 1) non sarebbe men vero che il procedere spiccio della Francia e l'impotenza della Turchia a preservare il proprio territorio in Tripolitania, potrebbero esser materia di seria considerazione per le Potenze interessate a che non accadano nuove perturbazioni nell' equilibrio del Mediterraneo.

536

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2233. Pera, 4 dicembre 1895, ore 1,45 (per. ore 4,15).

Ambasciatori di Francia, Russia non hanno ancora istruzioni circa proposte di cui telegramma del 25 novembre1 relativo stazionari. D'accordo con ambasciatore

d'Inghilterra credo che qualora Gran Bretagna, Italia e Austria-Ungheria risolvessero agire in quel [senso] sopra tutto se coli' appoggio morale della Germania anche la Russia e la Francia ci seguirebbero o almeno quest'ultima essendovi Cambon personalmente favorevole. Calice col quale mi sono apertamente spiegato in proposito, esita appoggiare simile iniziativa presso il proprio Governo, ma riconosce che il prolungarsi di questo dualismo ci crea situazione difficile a sostenere e se una soluzione non interviene entro due o tre giorni egli probabilmente si deciderà a pronunciarsi a Vienna.

535 1 Il numero manca nell'originale. II rapporto non è pubblicato nel vol. XXV della serie IL 536 1 Cfr. n. 512, nota l.

537

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

Roma, 4 dicembre 1895, ore 14,10.

Dietro desiderio dell'ammiraglio Accinni il ministro della marina autorizza l' «Archimede» a raggiungere la squadra a Salonicco. Sarà tuttavia al bisogno a disposizione di V.E. ma sarà più dignitoso intanto non apparisca aspettare tanto tempo e tanto vicino agli Stretti ormai evidentemente chiusi alle Potenze occidentali dalla Russia protettrice dichiarata del sultano.

538

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 234. Vienna, 4 dicembre 1895, ore 15,50 (per. ore 16,50).

Interrogato da me sul quid agendum ministro degli affari esteri austro-ungarico mi disse che per ora credeva che gli ambasciatori a Costantinopoli dovessero persistere energicamente ad esigere i firmani.

537 1 Minuta autografa.

539

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, PARIGI E PIETROBURGO

T. 23791 . Roma, 4 dicembre 1895, ore 16,20.

Ambasciatore di Francia è venuto a chiedermi quale decisione crediamo Potenze debbano prendere verso persistente rifiuto della Porta di ammettere stazionari. Ho risposto !asciarne giudice il nostro ambasciatore unito ai suoi colleghi aggiungendo che non sono disposto a proporre che s'insista senza aver preveduto il da farsi in caso di nuovo rifiuto.

540

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 235. Massaua, 5 dicembre 1895, ore 10,15 (per. ore14,05).

Grande campo Scioa ed Amara estendesi qualche chilometro sud Aiba. Vi sarebbero tutti i capi meno re Goggiam. Si aspetterebbe Menelik giunto in Eggiù. Lettera Makonnen dice essere inviato da Menelik in Tigrè per definire e conferire con me. Desiderabile presenza Felter, che verrà subito con «Curtatone». Scrive che Capucci non ebbe alcun male. Riunisco forze Macallè. Colonia tranquilla.

541

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PERRERO

T. RISERVATO 2201 . Roma, 5 dicembre 1895, ore 13,10.

Continuano forti invii d'armi e munizioni da Anversa e Marsiglia per Harar e Scioa. Gli scioani sono spinti a guerra immediata da nuove spedizioni di denari da Parigi. Makonnen forte della posizione mantenuta contro di noi dall'Inghilterra a Zeila

540 1 Ed. in LV91, p. 52 e in LV 92, p. 134. 541 1 Minuta autografa.

e sicuro così per l'Harar viene con grandi forze a trattare con Baratieri di pace o guerra. Se sarà guerra l'indifferenza dell'Inghilterra verso un tale tentativo di paralizzarci in Oriente finirà d'illuminarci sul valore degli accordi del 1887.

539 1 Minuta autografa.

542

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 2211 . Roma, 5 dicembre 1895, ore 12,45.

Non faccia menzione a Salisbury della scadenza della Triplice ricordata nella mia lettera particolare per corriere 2•

543

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATO 2221 . Roma, 5 dicembre 1895, ore 12,45.

Benché costì affari d'Africa non interessino informo ad ogni buon fine V.E. che con nuovi invii d'armi munizioni e denari è stato preparato nello Scioa un prossimo attacco per paralizzare l'appoggio che avremmo potuto dare ali' Austria in Oriente.

544

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 2231 . Roma, 5 dicembre 1895, ore 12,45.

Procuri informarsi se sia probabile la notizia pervenutaci essere stata firmata dal sultano la convenzione segreta di protezione che Nelidow aveva preparata e promesso al defunto czar di poter ottenere dal sultano al primo pericolo d'intervento occidentale 2•

2 Annotazione a margine: <<Non fu consegnata minuta al Gabinetto». La L.p. è il n. 534. 543 1 Minuta autografa. 544 1 Minuta autografa.

2 Per la risposta cfr. n. 551.

542 1 Minuta autografa.

545

IL SOITOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 49926/1076. Roma, 5 dicembre 1895.

Col suo rapporto del 20 corrente, n. 3928/1054\ l'E.V. mi conferma le buone intenzioni da cui codesto Governo si dice animato ogniqualvolta gli si muovono rimostranze sul transito d'armi per l'Etiopia traverso il territorio d'Obock.

Se realmente gli ordini che il Governo francese afferma avere impartiti fossero eseguiti dalle autorità d'Obock gli speculatori non continuerebbero ad inondare lo Scioa d'armi e di munizioni d'ogni genere e d'ogni provenienza. E ne è prova quanto è avvenuto in Aden. Per quella via pure, prima che il R. Governo avesse attirato sul fatto l'attenzione delle autorità britanniche, passavano armi e munizioni dirette in Etiopia; da quando però quelle autorità misero il veto a quel traffico siffatti invii sono cessati, e il porto di Aden è ora disertato dagli speculatori i quali trovano sempre aperta la via a Gibuti, ove le autorità locali continuano a non vedere, o a fingere di non vedere quanto accade sotto i loro occhi.

Eppure il Governo francese non si stanca dal protestare della sincerità delle sue intenzioni e dice che impartisce ordini di divieto ad Obock, e lo stesso governatore di questo possedimento in occasione dell'inaugurazione del cavo di Gibuti non si peritò d'inviare un telegramma di saluti di buon vicinato al governatore dell'Eritrea.

Questa strana contraddizione tra le dichiarazioni ufficiali del Governo francese, e quanto notoriamente avviene a Gibuti ed in Obock, già tante volte segnalata in questa corrispondenza, l'E.V. vorrà tenerla presente ed anche accennarvi all'occasione, nei suoi ulteriori colloqui con codesto ministro degli affari esteri su questo spinoso argomento del transito d'armi e di munizioni per l'Etiopia traverso il territorio d'Obock e di Gibuti.

546

IL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

N. RISERVATA 7518. Roma, 5 dicembre 1895 (per. il 6).

Ho esaminato con molta attenzione il rapporto riservato del governatore della Colonia Eritrea n. 3488/1, in data 4 novembre 2 , comunicatomi in copia dall'E. V. con la lettera controdistinta3 , ed apprezzo le ragioni che hanno determinato il Governo

2 lvi, pp. 117-121.

3 D. 49052 del 27 novembre, non pubblicato.

della Colonia a non oltrepassare, dopo la vittoria di Debra Ailà, la frontiera degli antichi Stati di Mangascià, ed a prendere in merito alle operazioni le altre decisioni indicate nel rapporto stesso.

Sento però il dovere di richiamare l'attenzione dell'E.V. sulla eventualità di una azione offensiva decisiva, alla quale accenna S.E. il governatore nella chiusa della sua lettera\ giacché non si può pensare ad una guerra di questo genere senza essere sicuri della vittoria, e per ottenere una tale sicurezza è indispensabile una forza ragguardevole ed una notevole quantità di mezzi, che rappresentano una spesa molto rilevante.

545 1 Non pubblicato; ma cfr. n. 492. 546 1 Ed. in LV 92, p. 134.

547

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 4085/1103. Parigi, 5 dicembre 1895 (per. il 7).

Il signor Mesureur, ministro del commercio, ha presieduto ieri il banchetto della «Alleanza sindacale del commercio e dell'industria». Il presidente della Repubblica vi era rappresentato da un suo uffiziale. Il presidente della associazione, signor Pinard, ha espresso, in un brindisi di benvenuto al nuovo ministro, i sentimenti antiprotezionisti della associazione stessa e, ricordando che il Gabinetto precedente ha assicurato l'accordo franco-elvetico, ha manifestato la speranza che dall'attuale Ministero sarà procurato l'accordo franco-spagnuolo.

Mentre è notevole che il signor Pinard abbia ristretto il desideratum al solo accordo con la Spagna, apparisce, per questa stessa circostanza, ancor più rimarchevole che, nella risposta, il signor Mesureur abbia adoperato un linguaggio meno esclusivo. Le informazioni date dall'agenzia Havas recano che questo signor ministro si sarebbe espresso così: «L'accordo da stabilirsi con la Spagna e con altri Paesi vicini incontrerà forse maggiori difficoltà di quelle che incontrò l'accordo con la Svizzera; ma la difficoltà non farà indietreggiare il Governo e gli effetti ottenuti circa i certificati di origine già attestano la sua volontà di appianare la difficoltà stessa».

Benché si debba tener conto che questo linguaggio, tenuto in una riunione di libero-scambisti, non potrebbe considerarsi come un impegno preciso della politica commerciale che il Gabinetto Bourgeois intende seguire, mi parve tuttavia che esso

meritasse una speciale menzione nel carteggio ufficiale di questa r. ambasciata perché ne risulta una indicazione abbastanza esatta dello stato di spirito qui predominante in riguardo alle relazioni con l'Italia. Sono persuaso che il signor Pinard non meno che il signor Mesureur come pure la grande maggioranza dei commercianti ed industriali intervenuti al banchetto fecero, in cuor loro, voti per il ristabilimento dell'accordo commerciale con l'Italia; ma il nome del nostro Paese non fu pronunciato perché purtroppo lo trattenne sulle labbra il timore di parere non abbastanza patriota. Così è. Nelle democrazie moderne si producono situazioni anormali della opinione pubblica che incutono una specie di rispetto umano che impedisce di professare altamente il vero ed il buono solo per non sembrare meno d'altri ossequiente alla corrente delle idee prevalenti nel momento.

546 4 Baratieri scriveva « ... confido di tranquillare e consolidare le nostre provincie e di creare intorno ad esse un ambiente favorevole come già all'antica colonia; e così, e con le truppe regolari indigene che si devono crescere, si avrà modo, sia di affrontare il nemico, ove egli avanzi per una invasione, sia di rompere gli indugi uscendo da uno stato di crisi dispendiosa e penosa con una guerra offensiva, la quale (come ho scritto anche nel mio precedente rapporto) va decisa presto e preparata con le cautele necessarie per lasciare il margine minore possibile ai capricci della fortuna ed alle sorprese etiopiche>>.

548

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL CONSOLE A SALONICCO, FINZI

Roma, 6 dicembre 1895, ore 15,50.

V.S. non era autorizzato prevalersi con chicchessia di autorizzazione ministeriale per linguaggio privato che poteva tenere per proprio conto a Seymour2 . Ora la prego di dichiarare anche a Accinni aver visto da lettera per posta che vi era stato errore di cifre e non accennavasi punto a numero di truppe qualsiasi e neppure a previsioni di azione probabile.

549

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2256. Pera, 6 dicembre 1895, ore 21,45 (per. ore 7,25 del 7).

Ambasciatore di Russia ha ricevuto oggi autorizzazione associarsi ai suoi colleghi circa fissazione di un termine per l'ammissione stazionari, con ordine però dell'imperatore di esortare previamente sultano, in suo nome, ad accettare misura ritenu

ta necessaria da tutte le Potenze. Nelidow domandò udienza particolare per adempiere incarico possibilmente domani.

548 1 Minuta autografa. 2 Cfr. n. 472. Sull'argomento cfr. SERRA, La questione tunisina, cit., p. 257.

550

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

D. CIFRATO 50173/4461 . Roma, 6 dicembre 1895.

Ringrazio del rapporto del 28 2 .

Presidente del Consiglio si preoccupa seriamente della questione militare. È altrettanto evidente, quanto deplorevole che l 'Inghilterra non è disposta agire in questa stagione ove l'Austria non avrebbe nulla a temere dalla Russia.

V.E. giudicherà se condizioni militari siano più favorevoli nell'estate. La Provvidenza offre per un momento all'Inghilterra l'assistenza della Triplice, guidata da ministri favorevoli. Non guarentisco che sarà così fra qualche mese, e credo che questo momento storico deciderà dell'avvenire dell'Inghilterra se alla rettitudine d'idee lord Salisbury non aggiunge la prontezza e chiarezza di colpo di occhio e la facoltà di risolversi.

551

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2257. Pera, 7 dicembre 1895, ore 12,08 (per. ore 12,50).

Protezione che l'ambasciatore di Russia cerca in ogni occasione di esercitare in favore del sultano, non lascia dubbio che egli agisca dietro precise istruzioni dell'imperatore. Da qualcuno anzi si _;;tfferma che egli abbia tempo fa rimesso al sultano una lettera dell'imperatore che l'assicura di tale protezione; sulla quale circostanza mi riservo comunicare a V.E. risultato delle indagini iniziate. Ma, fino a prova contraria, ritengo improbabile esistenza convenzione firmata1 .

550 1 Minuta autografa su cui Blanc ha annotato: <<Cifre per posta stasera». 2 Cfr. n. 523. 551 1 Risponde al n. 544.

552

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PERRERO, E A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO 222 bis1 . Roma, 7 dicembre 1895, ore 18,45.

Gli scioani dopo aver finto di voler trattare la pace per mano di Makonnen avanzano in numero di trentamila. Nel loro campo sono stati segnalati europeiZ.

553

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

D. RISERVATISSIMO 50390/448. Roma, 7 dicembre 1895.

Mi riferisco ai rapporti di V.E. del2 e dell'11 novembre segnati rispettivamente coi numeri 1133/513 e 1152/523 relativi alla questione di Kisimaio 1 .

Dalla nota che lord Salisbury le dirigeva il 30 ottobre u.s. e che travasi unita al primo dei citati rapporti, risulta evidente il buon volere del Governo britannico di farci cosa grata, indicandoci, in una forma che non potrebbe essere più cortese, il modo di dare pratica attuazione alle disposizioni contenute nel protocollo itala-britannico del 24 marzo 1891 il quale al § 3° stabilisce: «Il y aura dans la station de Kismayou et son territoire égalité de traitement entre sujets et protégés des deux Pays, soit pour leurs personnes, soit à l'égard de leurs biens, soit enfin en ce qui concerne l'exercice de toute sorte de commerce et industrie».

Tra i vantaggi assicurati all'Italia da questa clausola è quello di ottenere, occorrendo, facilitazioni pel passaggio in franchigia a traverso il territorio britannico, da Kisimaio alla riva sinistra del Giuba, delle merci in transito destinate ad essere vendute o consumate nelle stazioni italiane dell'Oceano Indiano; vantaggio che era già, in linea generale, guarentito all'Italia dall'Atto generale di Berlino del 26 febbraio 1885 (art. l, 2, 3 e 4), sotto le cui disposizioni travasi il protettorato britannico dello Zanzibar, e dalla dichiarazione annessa ali' Atto generale di Bruxelles del 2 luglio 1890, tra i cui firmatari figura il sultano di Zanzibar, poiché i territori nei quali sarebbero impor

tate e trasportate, secondo il sistema suggerito dal Governo britannico, e vendute o consumate le merci, sono compresi nella zona libera stabilita dall'art. l(§ 3) del primo dei citati atti 2 .

Ma, anche a prescindere dalle disposizioni degli Atti generali di Berlino e di Bruxelles e del protocollo itala-britannico del 24 marzo 1891, le merci importate nel Benadir dovrebbero sempre passare in franchigia a traverso il territorio britannico, poiché altrimenti pagherebbero doppio dazio, contrariamente a quanto è tassativamente stabilito dalla convenzione italo-zanzibarese del 12 agosto 1892 al terzo capoverso dell'art. 8 così concepito:

«Mais il est bien entendu que le Gouvernement de S.H. le Sultan de Zanzibar ne réclamera pas deux fois les droits d'importation et d'exportation sur le commerce des villes du Benadir.. ... et que le Gouvernement de S.M. le Roi d'Italie ou ses représentants auront le droit de réclamer un drawback pour le montant des droits de douane qui seraient payés directement au Gouvernement de S.H. le Sultan de Zanzibar sur toutes les marchandises d'importation au Benadir ou d'exportation des ports du Benadir3 ... ».

E questa clausola, che sancisce un principio universalmente riconosciuto, potrebbe essere naturalmente invocata anche da commercianti britannici che importassero mercanzie nel Benadir per esempio da Mombasa o da Kisimaio.

Dette mercanzie dovrebbero essere considerate in transito in quei due porti e dovrebbero pagare il dazio al solo punto di effettiva importazione (Benadir). Ma, la recente dichiarazione del Foreign Office, mentre ci dà, per così dire, una interpretazione pratica autentica della succitata clausola terza del protocollo del 24 marzo 1891, risponde, insieme, alla ragione essenziale per cui il Governo del re ha sempre volto la sua attenzione a Kisimaio.

Questa ragione consiste nella necessità di essere sicuri nelle nostre stazioni del Benadir durante il lungo periodo in cui esse sono chiuse alla navigazione.

V.E. non ignora che i somali della costa (e codesto Governo ne ha purtroppo dura e recentissima esperienza) sono irrequieti tanto che potrebbero ben facilmente aver ragione dei nostri piccoli presidi. Siamo riusciti finora ad imporci più che con la forza, con la influenza morale esercitata dai nostri agenti; ma è certo cagione di debolezza e fonte di pericolo per noi il fatto che quelle popolazioni, pronte agli entusiasmi e alle defezioni, sanno di poter ribellarsi sicure che noi per parecchi mesi dell'anno ci troviamo nella materiale impossibilità di far sbarcare soccorsi per difendere la nostra Colonia.

Né basta.

3 Nota del documento: <<Per l'esercizio delle dogane del Benadir il Governo italiano corrisponde a quello di Zanzibar una somma annua di 160.000 rupie (Convenzione italo-zanzibarese del 12 agosto 1892, art. 8)».

Minuta autografa del documento n. 550

Gli amhara, dopo aver fatto il deserto nei paesi attigui all'Harar ed allo Scioa, spingono ora le loro razzie più a sud, e appunto in questi giorni ci è giunta notizia 4 che un partito di tali devastatori si è spinto nel settembre scorso, (quando, pel monsone di sud-ovest, sono chiusi i porti del Benadir) fino a Lug, nella sfera dell'influenza italiana, mettendolo a sacco ed uccidendovi, fra gli altri, due figli del sultano, nostro protetto, che alla testa di alcuni animosi, benché muniti di sole armi bianche, avevano tentato di opporsi alla invasione.

E contro la eventuale e probabile ripetizione di fatti così gravi, le condizioni nautiche dei nostri porti ci rendono per buona parte dell'anno impotenti.

Da tutto ciò risulta urgente per noi sia la necessità di avere in Kisimaio, consenziente l'Inghilterra, oltre che un centro di azione commerciale, che ci è già assicurato, dal protocollo del 24 marzo 1891, una base sufficiente a porci in grado di parare a qualsiasi pericolo che corressero le nostre stazioni del Benadir, quando esse, pel monsone di sud-ovest non sono accessibili; e ad aprirci la via dell'interno nella sfera d'influenza a noi assegnata.

Ora, a raggiungere questo scopo, pur facendo astrazione da una cessione di Kisimaio, anche mediante un accordo di ordine generale che abbracciasse pur altre questioni pendenti, in Africa, con l'Inghilterra, o da una forma qualsiasi di condominio o di affitto (lease), basterebbe, pel momento, che codesto Governo consentisse almeno a cederci una zona di terreno, che, dal porto di Kisimaio, dove impianteremmo una stazione di rifornimento e di deposito di carbone per i nostri presidi e pel nostro stazionario dell'Oceano Indiano, ci desse modo di comunicare con la stazione di Giumbo da noi recentemente occupata e nella quale, secondo il desiderio testé espresso dal residente britannico in Zanzibar al reggente il r. consolato, invieremmo un residente.

Potendo l'incrociatore che noi teniamo nell'Oceano Indiano stazionare a Kisimaio come punto di rifornimento, la base della sua azione sarebbe molto vantaggiosamente per noi spostata da Zanzibar e ravvicinata di circa 400 miglia alla costa italiana della Somalia.

Sono queste le considerazioni delle quali desidererei che V.E. intrattenesse ancora amichevolmente lord Salisbury, ringraziandolo a nome del Governo del re delle benevole disposizioni da cui si mostra animato nella questione di Kisimaio, disposizioni che speriamo sieno ora per entrar nel campo pratico; e non tacendo questo: che le nostre insistenze debbono essere benevolmente interpretate dal Governo britannico, come quelle che derivano, non dal desiderio di arrotondare, comunque, i nostri possedimenti; ma sibbene dalla imperiosa necessità in cui ci troviamo di procurarci i mezzi di conservarne la integrità.

Ciò posto, io spero che potremo, per Kisimaio, concordare con codesto Governo un accomodamento che gioverà anche alla tranquillità dei territori britannici della riva destra del Giuba, così frequentemente funestati dalle sollevazioni degli indigeni5 .

552 1 Il numero scritto in lettere è stato apposto a questo e ad altri telegrammi inseriti in un secondo tempo nella serie. 2 La notizia era stata comunicata da Baratieri con T. riservato 235 bis, pari data, non pubblicato. 553 1 Cfr. n. 402. Il R. 1152/523 de li'11 novembre non è pubblicato.

553 2 Nota del documento: <<È la zona convenzionale stabilita dali' Atto della conferenza di Berlino e nella quale il commercio di tutte le Nazioni gode di una completa libertà. I territori appartenenti a detta zona, bagnati dall'Oceano Indiano, si estendono dal quinto grado di latitudine nord fino alla foce dello Zambesi, comprendendo quindi anche il litorale di Kisimaio fino a quasi sessanta chilometri da Obbia. V. The Map ofAfrica by treaty, by Sir Edward Hertsler K. C. B., vol. l, p. 246 <<Map of centrai Africa shawing the free t rade zone».

553 4 Rapporto di Filonardi del 25 ottobre da Mogadiscio, non pubblicato. 5 Molti punti di questo dispaccio riprendono le osservazioni formulate da Cecchi in una lettera personale a Blanc, datata Roma, 9 novembre 1895, non pubblicata.

554

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Londra, 8 dicembre 1895, ore 15,30 (per. ore 18,05).

La corrispondenza portata da corriere1 proverebbe Governo di Sua Maestà essere preoccupato dall'inerzia Governo inglese. La titubanza di Salisbury dipende dalla incertezza di giudizio comune del resto a tutti i Gabinetti verso Italia. Suo buon volere è indiscutibile; parlando della eventualità che la Russia invadesse Armenia e l'Austria la Macedonia egli disse che quello sarebbe il segnale dello smembramento dell'Impero ottomano e che non ci saranno allora contesi adeguati compensi. Ricevo ora telegramma riferentesi colloquio Nigra con GoluchowskF.

555

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2413. Roma, 8 dicembre 1895, ore 17.

Recenti informazioni recano Chefneux aver contrattato con Menelik fornitura armi, e essersi recato Parigi, ove ora si troverebbe, per ottenere 40.000 fucili Gras1 . Contratto avvenuto d'accordo col governatore di Obock2 .

556

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2267. Parigi, 8 dicembre 1895, ore ... 1 (per. ore 21 ).

In risposta al telegramma di oggi 2 , mi riferisco al mio rapporto riservato 29 novembre3 . Aggiungo che mercoledì scorso il ministro di grazia e giustizia, il quale

2 T. personale riservatissimo 241 deli'S dicembre, non pubblicato, che comunicava un T. riservatissimo s.n. di Nigra del 7 dicembre. Sul colloquio Nigra-Goluchowski cfr. n. 558. Per la risposta di Blanc al presente telegramma cfr. n. 560. 555 1 La minuta del telegramma recava qui il seguente periodo, poi cancellato: <<Invio armi nostri nemici continua con colpevole complicità autorità coloniali francesi».

2 Per la risposta cfr. n. 556.

interim rimpiazzava il collega degli affari esteri, ed al quale avevo fatto rimettere preventivamente il memoriale, di cui è cenno nel citato rapporto, mi disse che sui fatti da me esposti si farebbero opportune investigazioni e che se il Governo della Repubblica fosse stato impotente in qualche circostanza ad impedire cosa contraria nostri interessi, ciò nondimeno del suo buon volere non doveva quello del re dubitare. Non posso portarmi garante della sincerità di questo Governo, ma posso guarentire fedeltà con la quale ho riferito linguaggio dell'attuale ministro degli affari esteri, del suo predecessore e del collega, che lo rimpiazzava nei giorni passati.

554 1 Cfr. nn. 533 e 534.

556 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza. 2 Cfr. n. 555. 3 Non pubblicato.

557

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 2268. Pietroburgo, 8 dicembre 1895, ore 21,30 (per. ore 22,10).

Ambasciatore d'Austria-Ungheria ha potuto oggi persuadere questo ministro degli affari esteri della gravità che assumerebbe rifiutando l'ultimatum proposto dal Gabinetto austriaco per vincere resistenza Turchia. Principe Lobanoff ha dunque telegrafato a Nelidoff di associarsi ai suoi colleghi nel dichiarare che Potenze hanno diritto a reclamare il firmano e che passeranno oltre se non l'avranno. Nelidoff ha avuto incarico inoltre di far appello personale presso il sultano a nome czar. Sono lieto informare VE. che il principe Lobanoff ha approvato molto risposta da VE. data ambasciatore di Francia, di cui era cenno nel suo telegramma 4 corrente 1 e se ne è anzi valso dicendo che adesso si poteva agire perché tutti d'accordo sul da farsi in caso ulteriore rifiuto Sublime Porta.

558

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 3664/10101 . Vienna, 8 dicembre 1895 (per. il 16).

Ho fatto verbalmente a S.E. il conte Goluchowski la comunicazione di cui V.E. volle incaricarmi col suo dispaccio riservatissimo del3 corrente (Gabinetto n. 13)2 . La comunicazione fu fatta in questi precisi termini:

«Il Governo italiano esprime ai Gabinetti di Vienna e di Londra la sua convinzione che se, nelle circostanze presenti, gli accordi conchiusi nel 1887, per assicurare la

558 1 Questo rapporto fu comunicato alle ambasciate a Berlino e Londra con D. riservatissimo del 16 dicembre (per Berlino 51500/506, per Londra 51505/457).

2 Cfr. n. 533.

pace in Oriente e la tranquillità in Turchia, non avranno l'applicazione che richiedono, si andrà incontro al pericolo dell'anarchia nell'Impero ottomano e di una guerra europea a base di riparti territoriali. Per mettere in salvo la propria responsabilità e per adempiere nel tempo stesso ad un dovere di lealtà, il Governo italiano crede dover sottomettere ai Gabinetti di Londra e di Vienna il parere che sia tempo di procedere, con fiducia e sincerità reciproche, a chiarire l'apprezzamento delle tre Potenze circa i provvedimenti da prendersi per ristabilire l'indipendenza della Turchia. Il Governo italiano spera che l' Austria-Ungheria e l'Inghilterra, coll'adesione già data dalla Germania agli accordi del 1887, potranno così, insieme con esso, impedire che venga a mancare all'ultimo momento lo scopo di pace mantenuto finora con successo dalla Triplice Alleanza. Esso propone, in conseguenza, al Governo imperiale e reale che lo scambio di comunicazioni contemplato nel 1887 per eventualità che sembrano adesso verificarsi, abbia luogo prima fra le tre Potenze mediterranee (Italia, Inghilterra, Austria-Ungheria), e poi colla Germania, allo scopo di concertare, in vista delle conseguenze dell'atteggiamento della Russia e della Francia verso la Turchia, l'applicazione degli accordi stabiliti in massima tra l'Italia l'Inghilterra e l'Austria-Ungheria, coll'adesione della Germania».

Il conte Goluchowski rispose che prendeva ·nota della comunicazione, riservandosi di esaminarla coll'attenzione che merita e di consultarsi coi Gabinetti di Londra e di Berlino. Soggiunse che avrebbe incaricato il barone Pasetti, il quale partiva la stessa sera per Roma, di dire a V.E. che anzitutto conveniva attendere la soluzione, che sperava prossima, della fase attuale della questione degli stazionari delle Potenze nelle acque di Costantinopoli, ma che poi egli credeva che fosse necessario precisare meglio gli accordi, e ottenere che l'Inghilterra e la Germania prendessero impegni più positivi. La difficoltà d'indurre il Gabinetto britannico a impegni concreti costituendo l'ostacolo principale per l'esito di questi negoziati, ed essendo d'altronde d'importanza capitale che tali impegni siano assunti in modo obbligatorio, il conte Goluchowski pensa che la sede dei relativi negoziati, quando sarà giunto il momento opportuno per intavolarli abbia ad essere in Londra.

Della comunicazione, e della risposta del conte Goluchowski ebbi cura di dare a

V.E. un cenno sommario col mio telegramma d'ieri 3 .

557 1 Cfr. n. 539.

559

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 222 ter. Roma, 9 dicembre 1895, ore 12,15.

La guerra fomentata in Etiopia con aiuti stranieri che hanno libera la via del sud ci crea serii imbarazzi. Colonna maggiore Toselli che con cinque compagnie e una batteria da montagna formava nostra estrema avanguardia è stata circondata e distrutta il

giorno sette ad Amba Alagi al sud di Macallé1 . Abbiamo contro di noi tutto lo sforzo etiopico, comprese truppe Harar, il sud essendoci chiuso 2•

558 3 T. s.n. del 7 dicembre, non pubblicato.

560

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 226 sette 1. Roma, 9 dicembre 1895, ore 12,15.

La titubanza di lord Salisbury ad unirsi alla Triplice Alleanza ed a porre fine ad uno stato di cose nocivo a noi in Zeila non può spiegarsi con incertezze contro le quali sarebbe facile all'Inghilterra ed agli alleati concertare assolute guarentigie 2 . Inghilterra perde occasioni che non ritroverà. Intanto la guerra fomentata in Etiopia con aiuti stranieri che hanno libera la via del sud ci crea serii imbarazzi. È strano che l'Inghilterra non veda che i suoi come i nostri interessi sono minati dall'azione franco-russa in Etiopia precisamente perché abbiamo ripudiato la teoria francese di una comunanza d'azione franco-italiana verso la valle del Nilo. Siamo male ricompensati della nostra lealtà e mi auguro che il nostro Paese non ne prenda insegnamento per battere altra via 3 .

561

IL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. S.N. Roma, 9 dicembre 1895, [mattina].

Ricevuta dolorosa notizia 2• In nome del Governo del re le dichiaro che il grave insuccesso non diminuisce la sua fiducia in lei e nelle sue truppe. Da lontano non posso dare consigli a lei che vede e giudica sul posto, ma confido in sua prudenza perché siano evitate sorprese. Preparo rinforzi ma intanto voglia dirmi in quale specie e misura le occorrono. Governo darà anche mezzi finanziari occorrenti. Dia frequenti notizie e possibilmente segnali anche quale situazione si delinea sull' Atbara3 .

2 Per la risposta cfr. n. 562. 560 1 Minuta autografa.

2 Cfr. n. 554.

3 Per la risposta cfr. n. 563. 561 1 Ed. in LV91, p. 53 e in LV92, p. 136.

2 Cfr. n. 559, nota l.

3 Per la risposta cfr. n. 564.

559 1 La notizia era stata comunicata da Baratieri con T. riservato 236 ter dell'S dicembre, non pubblicato.

562

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 236 quater. Berlino, 9 dicembre 1895, ore 18,18 (per. ore 20,35).

Non dubito Baratieri sia grado prontamente ottenere rivincita strage Toselli e valorosi compagni gloria onore esercito italiano. Procuro impedire notizia venga propagata e esagerata prima che sia pubblicata versione ufficiale nostra. Sarei grato tenere informato stato attuale negoziati Londra per Zeila.

563

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Londra, 9 dicembre 1895, ore 18,36 (per. ore 22,10).

Malgrado la gravità delle informazioni dell'odierno telegramma1 mi permetto di rispettosamente pregare V.E. di non trarre argomento di rimpianto per linea di condotta seguita. Oso sperare che ulteriori notizie dall'Etiopia valgano a confortare gli animi. Dove sono Baratieri Arimondi un primo successo del nemico potrebbe convertirsi per lui in disastro. Ad ogni modo con la calma saremo superiori agli eventi. Prego telegrafarmi se in via privata e confidenziale posso tenere informato Salisbury 2 .

564

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI 1

T. URGENTISSIMO S.N. Massaua, 9 dicembre 1895, ore 20,50 (per. stesso giorno) 2.

Adigrat, 9. Ringrazio S.M. il Re e Governo per conferma fiducia 3 . *Non posso determinare quante e quali truppe possano occorrere non conoscendo intenzioni invasore cui forze possono anche arrivare a quarantamila fucili con bande. Frattanto incominci invio qualche battaglione e pajo batterie montagna e munizioni fanteria, artiglieria.* Prego comunicare esteri.

2 Per la risposta cfr. n. 565. 564 1 Ed. in L V 91, p. 54 e in L V 92, p. 137. Il passo fra asterischi è ed. anche in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 380.

2 Manca l'indicazione del!' ora di arrivo. 3 Cfr. n. 561.

563 1 Cfr. n. 560.

565

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. RISERVATISSIMO 2417. Roma, 10 dicembre 1895, ore 11,15.

Governo, Parlamento, Paese considerano con assoluta calma e fermezza avvenimenti Africa1; ma situazione è quella definita mio precedente telegramma 2 , del cui tenore V.E. può liberamente fare tema conversazione con Salisbury. A Berlino si desidera essere informati dello stato attuale negoziati nostri per Zeila3 .

566

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T.2278. Pera, 10 dicembre 1895, ore 16,40 (per. ore 17,20).

Il ministro degli affari esteri è venuto testè annunziare alle ambasciate concessione degli iradè imperiali per gli stazionari. Ne ho subito avvisato a Salonicco per il caso che squadra con «Archimede» non avesse già salpato per Smirne.

567

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PERRERO

T. 2430. Roma, 10 dicembre 1895, ore 19,15.

L'ambasciatore d'Inghilterra avendomi chiesto informazioni sui fatti d'Africa 1 , ho risposto privatamente 2 che faremo fronte con calma e fermezza alla riunione contro le nostre truppe delle forze dell'Harar e dello Scioa, avendo noi da un pezzo preveduto ed annunziato tale conseguenza del fatto che ci è chiuso l'accesso naturale per mare alla parte meridionale del nostro protettorato. Ho aggiunto ringraziamenti per simpatie espressemi.

Cfr. n. 562. 567 1 L. pari data di Ford, non pubblicata. 2 L. pari data di Blanc a Ford, non pubblicata.

565 1 Risponde al n. 563. 2 Cfr. n. 560.

568

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2434. Roma, 11 dicembre 1895, ore 13,10.

Le continue spedizioni dalla Francia d'armi e munizioni introdotte poi per Obock e Gibuti, malgrado ogni ordine contrario, sono più che mai segnalate confidenzialmente da agenti anche d'altri Governi. Voglia avvisarne amichevolmente il Governo francese con fiducia nella lealtà delle sue dichiarazioni1 .

569

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

T. 2283. Berlino, 11 dicembre 1895, ore 14,44 (per. ore 15,30).

Non ho mancato e non manco occasione fare rilevare gravi danni che ci procura mancanza accesso dal mare da parte meridionale nostro protettorato Abissinia 2• Hatzfeldt incaricato di scandagliare terreno Londra in proposito; appena ricevuto notizia ultimi fatti telegrafò avergli Salisbury detto che Stato Maggiore inglese considera forte posizione Baratieri e per nulla compromessa nostra situazione.

570

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 2287. Parigi, 11 dicembre 1895, ore 15,40 (per. ore 18,10).

Mi sono occupato e mi occupo come meglio posso per la questione del passaggio delle armi da Obock1 . I convogli di cui finora mi fu segnalato il passaggio sono evidentemente quelli partiti dal Belgio dove da molti mesi gli speculatori hanno portati fucili allora venduti dalla Francia. Ricorderà il r. ministero che se fossi stato autorizzato a qui dichiarare lo stato di guerra dell'Italia coll'Etiopia il Governo francese

avrebbe dichiarato la sua neutralità e ne sarebbero nati gli impegni a tale stato inerenti. Veda il R. Governo se nella condizione di cose presenti non converrebbe autorizzarmi a dichiarare qui che la guerra esiste fra l'Italia e l'Abissinia2 .

568 1 Per la risposta cfr. n. 570. 569 1 Ed., con data errata 11 novembre, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 311. 2 Risponde al n. 567. 570 1 Cfr. n. 568.

571

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. RISERVATISSIMO 2437. Roma, 11 dicembre 1895, ore 19,30.

Da Suakin segnalano a Massaua intenzione dervisci attaccare Cassala. Comandante Hidalgo non ne ha sentore, ma non sarebbe strano dervisci si muovessero, ritenendo nostra posizione difficile.

572

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2438. Roma, 11 dicembre 1895, ore 21,55.

Non posso supporre che V.E. suggerisca un passo dal quale la Francia possa credersi autorizzata a considerare nostro protettorato contestabile, Menelik indipendente e ribelli belligerantP. L'Europa ci ha riconosciuti guardiani degli atti europei contro la schiavitù rappresentata da Menelik il quale si è posto fuori del diritto delle genti. Sarebbe contrario al diritto pubblico e alla civiltà che la Francia continuasse ad applicargli un miglior trattamento che se egli fosse in regolare guerra con noi. V.E. eviterà discussioni teoriche, ma constaterà che le armi, da qualunque parte provengano, entrarono ed entrano da Obock e Gibuti, a cognizione anche di altri Governi.

573

IL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

T. PERSONALE. [Roma,] 11 dicembre 1895.

Il generale Baldissera è qui. lo gli ho parlato e credo che sarebbe bene che ella lo vedesse, giacché è uomo che conosce bene l'Africa.

Egli considera la situazione come abbastanza grave. Crede che bisogni mandare rinforzi superiori a quanto Baratieri accenna2 .

Se dobbiamo mandare 20.000 uomini e se per questo invio non vogliamo guastare tutto l'esercito, occorre richiamare una classe. Ma questo mio consiglio tecnico implica un atto politico. Quindi mi rimetto a lei.

Possiamo telegrafare al governatore di proclamare il blocco delle nostre coste? In tal caso Morin mandi le navi occorrenti.

570 2 Per la risposta cfr. n. 572. 572 1 Risponde al n. 570. 573 1 Da ACS, Carte Crispi.

574

IL MINISTRO AD ATENE, PISANI DOSSI, AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

L. PERSONALE. Atene, 11 dicembre 1895.

Ieri ho ricevuto la lettera del nostro presidente ed oggi l'ho consegnata in proprie mani al presidente ellenico signor Deliannis.

Deliannis dice di ricordarsi perfettamente di Crispi ed ha di lui -almeno a parole -simpatia ed ammirazione, come di antico filelleno. Egli m'incaricò di fargli pervenire i suoi ossequi (del che prego te) e mi promise che avrebbe preso in mano lui stesso la questione; che in questa ultima era pure interessato -malheureusement -come creditore al pari di Chirico un suo parente per circa 200.000 dracme; che non poteva darci nessun affidamento prima di avere esaminata la cosa, ma che potevamo riposare sicuri sul suo spirito di equità. Né escluse la possibilità di un arbitraggio.

Chirico, dal canto suo, ha fatto e fa passi in armonia co' miei, e spera. Io però cammino assai guardingo colle speranze. Il momento è sfavorevolissimo (e davvero non fu mai buono da una ventina d'anni a questa parte) per condurre a buon fine qualsiasi affare fra noi e la Grecia. La Grecia è invidiosa dell'Italia, che, entrata, dopo di essa fra gli Stati indipendenti, fu tosto annoverata fra le Grandi Potenze europee mentre la Grecia non fece che progressi archeologici e anche questi per opera e a spese di scienziati non greci. Attualmente poi ci sospetta di mire «usurpatrici» sull'Albania, le isole Jonie, Candia e non so che altro. Una recente corrispondenza di Scarfoglio pubblicata dalla Tribuna e velenosa per la Grecia, fu tradotta da questi giornali e commentata con altrettante insolenze al nostro indirizzo. Insomma, un reciproco amor da fratelli, che fa rima con coltelli.

Presenta i miei figliali ossequi all'illustre presidente e i miei rispetti all'ottimo nostro ministro ...

573 2 Cfr. n. 564.

575

IL GENERALE DAL VERME AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

L. PERSONALE. [Roma,] 11 dicembre 1895.

Son venuto avantieri sera, ma non l'ho trovata. Non vengo per non frastornarla in questi difficili momenti. Ma mi permetta di chiederle una cosa sola.

Ho riletto ieri le ultime due lettere di Nerazzini, quella che lei ha visto, del 31 ottobre e l'altra del 12 novembre che non le ho comunicato, perché l'amico mio mi diceva di avere telegrafato qui e a Massaua ciò che mi scriveva, ripeto il 12 novembre.

Ora egli aveva telegrafato ai primi di novembre che Menelik è in marcia contro il Tigrè con poderosissimo esercito 1 . Come mai, chieggo io, il governatore non tenne alcun conto di una notizia così precisa, un mese prima della catastrofe? E come ha lasciato là una avanguardia così distaccata, così lontana, mentre sapeva che s'avanzavano le orde scioane? Ed egli se ne stava a Massaua? Mi duole di non essere intervenuto a fare le stesse pressioni dell'anno scorso per i rinforzi, anche non richiesti.

Baratieri ha addosso oggi una terribile responsabilità che può cancellare i molti trionfi suoi. In guerra si vincono e si perdono le battaglie. Ma il lasciarsi venire addosso un esercito segnalato un mese prima e non prendere nessun provvedimento, assolutamente nessuno, è tale una enormità che oltrepassa i limiti del comprensibile.

Io attraverso i telegrammi della Stefani veggo di peggio. Ora ci vogliono altro che due battaglioni e una batteria!

576

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2289. Parigi, 12 dicembre 1895, ore 0,25 (per. ore 1,50).

Oggi ministro degli affari esteri per motivi salute rimandò ad altro giorno consueto ricevimento ebdomadario. Ho presentato perciò al direttore generale affari politici un pro-memoria relativo al transito di armi per Obock. Egli mi disse che un

Paese, il quale aveva fresca la memoria del disastro di Tombouctou, non poteva non sentirsi dolorosamente commosso per le notizie recenti di Abissinia e che sopra tutto nella circostanza presente alle cose da me esposte si darebbe la massima attenzione; soggiunse espressioni molto amichevoli per il contegno, che qualificò di esemplare, del Parlamento nostro in questa circostanza. Il ministro della guerra ha mandato da me il suo ufficiale d'ordinanza per esprimere il rincrescimento suo per il fatto d'Africa. Dal signor Hanotaux, che incontrai casualmente, ebbi pure espressioni della più viva simpatia.

575 1 Cfr. n. 419.

577

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 236. Londra, 12 dicembre 1895, ore 11,56 (per. ore 14,45).

Jeri Salisbury ha convenuto con parere di V. E.\ essere utile addivenire presto allo scambio d'idee previsto dalla convenzione dell'87, ma soggiunse non convenire farlo immediatamente essendo difficile secondo lui tenere nascosta una riunione a Londra che aumenterebbe i sospetti di cui è oggetto l'Inghilterra specialmente per parte della Russia. Ha confermato opinione che in primavera è temibile la guerra e ne sembra preoccupato. Jeri ebbe luogo all'ammiragliato lungo Consiglio dei ministri per cui Salisbury ha avuto poco tempo per la solita visita ambasciatori.

578

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. PERSONALE S.N. 1 . Roma, 12 dicembre 1895, ore 13.

Tu come soldato potresti dire a lord Salisbury che avremo guerra interminabile con scioani e hararini finchè sapranno che l'Inghilterra non ci concede a Zeila neppure un lease che non toccherebbe per nulla le comunicazioni francesi. Nell'esercito e nella marina perde terreno la fiducia che possiamo essere coll'Inghilterra side by side.

577 1 Cfr. n. 533. 578 1 Minuta autografa.

579

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO 1

T. RISERVATISSIMO 223. Roma, 12 dicembre 1895, ore 16,30.

Baratieri telegrafa: «Credo produrrebbe grande effetto sopra Makonnen se nostre truppe potessero rimanere, sbarcare a Zeila, anche soltanto per qualche giorno. Tengo 'Curtatone' 'Scilla' pronti partire Zeila» 2• Noi crediamo preferibile un rifiuto definitivo dell'Inghilterra all'illusione che essa divida la solidarietà che abbiamo affermata con essa con danno esclusivamente nostro e delle nostre relazioni colla Francia. Voglia far dunque subito comunicazione testuale del telegramma del generale Baratieri a lord Salisbury, e pregarlo di una schietta risposta. Aggiungo per informazione di V.E., che in questi giorni ci piovono da Parigi e da Obock attestazioni di simpatia e informazioni circa gli scioani 3 .

580

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 2296. Parigi, 12 dicembre 1895, ore 17,25 (per. ore 18,20).

La questione transito armi fu posta qui nei termini prescritti dal Governo di Sua Maestà. Ho ottenuto, mettendo appunto in disparte le questioni teoriche 1 , prima la promessa che si farebbe a Obock ciò che gli inglesi fanno a Zeila, poscia le dichiarazioni relative all'impedimento di fatto del transito. Ogni volta che ebbi notizia di infiltrazioni le comunicai al signor Hanotaux che confermò costantemente le sue dichiarazioni. Questo ho messo in sodo fin dalle prime mie comunicazioni col nuovo ministro al quale reclamai per i fatti anteriori e per quelli in corso. Credo che ho eseguito con precisione e coscienza le istruzioni del Governo e di avergli esattamente ogni cosa riferito.

2 T. 2291, pari data, ed. in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 328.

3 Questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Berlino con T. riservato 224, pari data. Per la risposta di Ferrera cfr. n. 585, per quella di Lanza cfr. n. 587. 580 1 Cfr. n. 572.

579 1 Ed. in L V 92, p. 297.

581

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PERRERO, E A PARIGI, TORNIELLI

T. 2447. Roma, 12 dicembre 1895, ore 18,10.

Barati eri telegrafa 1: «Secondo Lagarde, governatore Obock, Menelik disporrebbe novantacinquemila fucili».

582

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

L. PERSONALE. [Roma, 12 dicembre 1895]1.

Mocenni e Morin desiderano che da Nerazzini (?) da Aden, da Cecchi (sic) si faccia spargere, senza compromettere il Governo, la voce di una grossa spedizione contro l'Barar.

583

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2301. Berlino, 13 dicembre 1895, ore 15,50 (per. ore 18).

Dettagli combattimento Amba Alagi giunti ieri per telegrafo eccitano qui generale simpatica ammirazione. Barone Marschall mi espresse or ora con parole eloquenti questi sentimenti a nome Governo imperiale. È molto lodata calma Governo, Paese, Camera in questa dolorosa circostanza.

582 1 Il documento è privo della data che è stata aggiunta a margine da altra mano.

581 1 Con telegramma del 10 dicembre al ministro della guerra.

584

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. PERSONALE S.N. 1 . Roma, 13 dicembre 1895, ore 20.

Domani grave discussione Africa in Parlamento. Dimmi subito quel che potrei rispondere a preveduti rimproveri a noi e all'Inghilterra per Zeila 2•

585

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 238. Londra, 13 dicembre 1895, ore 20,08 (per. ore 23,30).

Già da qualche tempo avevo tentato inculcare a Salisbury utilità, per truppe italiane, di operare da Zeila. Oggi, avendogli dato conoscenza telegramma BaratierF, egli mi ha fatto intendere che sarebbe disposto a concedere passaggio truppe per Zeila anziché permanenza e che in quel senso si metteva in relazione coll'India Office, promettendomi pronta risposta che io ho motivo sperare favorevole. Avendo io espresso dubbio che Inghilterra esitasse talvolta secondare nostri desideri per non offuscare Potenze avversarie, mi ha detto che nostra buona amicizia non era e non doveva essere mistero per nessuno.

586

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Londra, 13 dicembre 1895, ore 22,34 (per. ore 1,15 dell4).

Ti ho telegrafato questa sera circa passaggio per Zeila ed amicizia Inghilterra1 . Questo Governo è stato legato dalla convenzione con Francia del1887-88 concernente Harar. Esso non può essere fatto responsabile dell'introduzione armi, denaro ed altri

aiuti allo Scioa, giacché non passarono per porti suo protettorato. In quanto alle facilitazioni che siamo per avere dall'Inghilterra a Zeila, non conviene parlarne prematuramente per non mettere sull'avviso la Francia, e per essa l'Abissinia. Credo poi questione di convenienza diplomatica troncare ogni discussione intorno condotta di Potenza straniera e specialmente di Potenza amica notoriamente come Inghilterra, oltre alla considerazione che accanto alla questione africana ci sono gravi questioni europee.

584 1 Minuta autografa. 2 Per la risposta cfr. n. 586. 585 1 Ed. in LV 92, p. 297 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 311-312. 2 Cfr. n. 579. 586 1 Cfr. n. 585.

587

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 237. Berlino, 13 dicembre 1895.

In via confidenziale ho comunicato barone Marschall telegramma Baratieri circa Zeila da V.E. trasmesso mi ieri 1• Barone Marschall mi chiese se credevo potesse telegrafar! o Hatzfeldt per tenere eventualmente stesso linguaggio Ferrera. Risposi naturalmente che sì.

588

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1614/689. Berlino, 13 dicembre 1895 (per. i/16).

Autorizzatovi dal senso del dispaccio segnato in margine1 avevo creduto di ritardare di conferire con questo segretario di Stato al Dipartimento degli affari esteri delle feste che si preparano a Nizza per celebrare il centenario della sua unione alla Francia finché sull'argomento, sulla data e sul programma di quelle feste si sapesse qualche cosa di più positivo. Dai documenti diplomatici giuntimi oggi avendo rilevato che i miei colleghi di Londra e di Vienna hanno già fatto ai Governi presso cui sono accreditati le comunicazioni da V. E. desiderate2 , non ho voluto frapporre ulteriore indugio

588 1 D. 48110/462 del 21 novembre, non pubblicato.

2 Nigra aveva comunicato con R. 3504/967 del 26 novembre: «Il ministro i.r. degli affari esteri mi rispose subito che istruzioni in questo senso saranno spedite al console austro-ungarico a Nizza, perché serbi nella detta ricorrenza una completa astensione». Perrero aveva informato con R. 1200/541 del 28 novembre: << ••• il console inglese nella detta città riceverà a suo tempo istruzioni di astenersi dal prender parte in un modo qualsiasi alla celebrazione di quell'anniversario>>.

e ho intrattenuto stamattina stessa su quell'argomento il barone Marschall il quale, apprezzando al suo giusto valore il nostro pensiero sulla questione dell'intervento dei consoli delle Nazioni amiche alle feste di Nizza, prese nota della cosa per dare opportune preventive istruzioni al console tedesco, salvo a dare, se occorre, a tempo conveniente ordini definitivi. Il barone Marschall opina del resto che la Francia, messa da noi amichevolmente sull'avviso, si asterrà dall'invitare il corpo consolare ad assistere alle feste in questione, alle quali io non ritengo probabile che il presidente della Repubblica debba intervenire.

587 1 Cfr. n. 579, nota 3.

589

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 239. Berlino, 14 dicembre 1895, ore 14,36 (per. ore 15,20).

Hatzfeldt telegrafa in data di ieri sera avergli Salisbury detto che se non si mette in campo cessione di territorio sbarco e passaggio Zeila truppe italiane non potrebbe incontrare difficoltà, desiderando Governo inglese esserci utile. Spero questa risposta concordi con quella data a Ferrero 2 ed anzi siano ormai trattative condotte a termine. *Credo dover osservare che notizia di questa trattativa confidenziale è già stata stanotte telegrafata da Roma al Tageblatt*.

590

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. RISERVATISSIMO 225 bis. Roma, 14 dicembre 1895, ore 20.

Pel caso che ottenessimo passaggio truppe per Zeila mi telegrafi se crederebbe conveniente la semplice difensiva nel Tigrè ed una dimostrazione all'Harar2•

2 Cfr. n. 585. 590 1 Ed. inLV92, p. 298.

2 Per la risposta cfr. n. 596.

589 1 Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 312.

591

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. RISERVATO 51206/503. Roma, 14 dicembre 1895.

In relazione ai documenti diplomatici, concernenti la Tripolitania, già inviati a V.E., le trasmetto copia di due rapporti del r. console in Tripoli in data del 27 e 29 novembre, e due del r. agente e console generale in Tunisi in data del 3 corrente mese 1 .

Risulta da essi che le autorità francesi profittano dei gravi momenti che attraversa ora la Turchia per procedere ad una definizione arbitraria del confine tripolo-tunisino.

V. E. potrà richiamare l'attenzione di codesto Governo sulle notizie che, in via del tutto confidenziale, ci sono fornite dai rr. consoli in Tripoli e Tunisi.

592

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 4207/1136. Parigi, 14 dicembre 1895 (per. il 16).

I dolorosi eventi d'Africa hanno prodotto una viva emozione in Francia, dove il sentimento pubblico generale ebbe giusti apprezzamenti per il valore dei nostri soldati e per l'atteggiamento virile del nostro Parlamento e della Nazione italiana. Alcuni scrittori di giornali che, nella prima ora, non indovinarono l'esistenza di questo sentimento generale, modificarono subito il loro linguaggio, o ne fecero ammenda onorevole. Eccezione fatta di quei diari per i quali è pane quotidiano stillare veleno e seminare astio fra francesi ed italiani, il contegno della stampa fu di ammirazione per la condotta delle nostre milizie e di compianto per l'immeritato insuccesso. Dal signor colonnello Panizzardi r. addetto militare, fui assicurato che un uguale sentimento ha ispirato il linguaggio dei giornali militari francesi.

Ho segnalato a V. E. per telegramma 1 il cordoglio che, per la sventura di Amba Alagi, mi fece esprimere il signor Cavaignac ministro della guerra. Come di consueto la quasi totalità delle gazzette francesi si fa, anche in questa occasione, eco di ciò che pubblicano i giornali del nostro Paese di opposizione al Governo. Ma è mestieri riconoscere che malgrado l'incessante lavorio per mantenere nell'opinione popolare francese un sentimento di diffidenza e di ostilità contro l'Italia, ciò che si è potuto sin qui osservare nella presente occasione dimostra che, ben l ungi dal gioire di una nostra sventura, questo popolo ebbe per essa il rispetto che inspirano i valorosi, anche se abbandonati dalla fortuna.

Una nota, sotto forma di telegramma da Roma del 13 corrente, comparsa nei fogli dell'agenzia Havas, riferisce gli apprezzamenti di alcuni giornali italiani circa la parte che ebbero gli stranieri raccolti presso Menelik nella preparazione dei presenti eventi. «Ces

assertions gratuites, si souvent répétées, dice l'agenzia, et dédaigneusement repoussées, commencent malheuresement à prendre sérieusement racine dans l'opinion publique et produisent une impression fiìcheuse au détriment des bons rapports des deux Nations». In alcuni giornali parigini si fece già menzione di quegli apprezzamenti ai quali allude la nota dell'agenzia Havas; ma fin qui non ho veduto che vi sia stato chi vorrebbe qui mostrarsi disposto a dare punti di merito a coloro che contribuirono o cooperarono ad armare il negus abissino, sebbene si citino da alcuni pubblicisti le relazioni della Francia con l'Abissinia stabilite ab antiquo e si ricordino le relazioni amichevoli di Menelik coi francesi.

Mi pare utile riferire questo stato dello spirito pubblico francese affiché il R. Governo possa, se lo crede, tenerne conto.

591 1 Cfr. n. 535. Gli altri rapporti non sono pubblicati. 592 1 Cfr. n. 576.

593

IL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

L. PERSONALE. Roma, 14 dicembre 1895.

Che si sia potuto emanare un decreto reale che richiama sotto le armi 25 mila uomini e preparare una vera e propria spedizione in Africa senza che il ministro del tesoro ne abbia notizia, mi pare cosa non corretta in sé, pericolosa per l'andamento della cosa pubblica, non regolare di fronte alla persona di chi ha la prima e più diretta responsabilità del credito dello Stato.

Dato questo stato di cose, sento essere mio dovere di pregare l 'E. V. di rassegnare nelle mani di S.M. il Re le mie dimissioni da ministro del tesoro. Mentre l'assicuro che serberò sempre grata memoria della fiducia da lei dimostratami in questi due anni ...

594

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO 1

L. PERSONALE. Roma, 14 dicembre 1895.

Il ministro della guerra ha potuto aver mancato nella forma 2 , e fu provveduto non pubblicando il decreto reale nella Gazzetta. Nella sostanza egli ha ragione, e non ci è tempo da perdere. Non avrete dimenticato il nostro carteggio su gli armamenti 3 . Sentirete ora il peso delle osservazioni di allora.

pp. 165-166. 594 1 Da Archivio Sonnino; ed. in SONNINO, Carteggio 1891-1913, cit., p. 166.

2 Risponde al n. 593.

3 Cfr. nn. 385, 387, 388, 390 e 391.

Per mandare i rinforzi in Africa non bisogna aspettare che Macallè cada e che il nemico sia giunto al Mareb.

Voi, Mocenni, Baratieri vi concordaste sulle cose di Africa, e siete risponsabili, se provvedeste incompletamente all'esigenze della Colonia. Come uomo sono innocente di tutto ciò che è avvenuto; come presidente del Consiglio pago la colpa dei miei colleghi.

Ritirarvi oggi dal Ministero, non è degno di voi. Siamo nell'ardore della lotta, e non possiamo lasciare il campo. Sarebbe una viltà andarsene. Quando, dopo aver fatto il nostro dovere, avremo perduto, o vinto, saremo liberi di fare quello che individualmente a ciascuno di noi conviene. Ci va dell'onor nostro, e dinanzi il cannone nemico bisogna essere compatti.

593 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi; ed. in SoNNINO, Carteggio 1891-1913, cit.,

595

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 239 ter. Massaua, 15 dicembre 1895, ore 11 (per. ore 11,45).

Makonnen scrive da Maimesghi, 12 corrente avere egli scritto a me e pregato Toselli non spargimento di sangue cristiano, aveva chiesto avanzarsi perché sospinto truppe imperatore. Senza suo comando truppe attaccarono. Fu male. Prega evitare peggio. Scrive così perché conosce Italia. Chiede uomo fiducia per trattare. Rispondo tenendomi sulle generali per guadagnare tempo senza mostrar paura. Felter presente campo. Comandante nave «Dolphin» crede per il20 possibile attacco Cassala. Dallo Scirè informano dervisci si riunirebbero nel Ghedaref. Da Cassala nessun indizio d'ostilità2•

596

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 239 bis. Massaua, 15 dicembre 1895.

Credo dimostrazione fino Harar difficile, lunga, non potendo distogliere dalla Colonia truppe indigene. Da Zeila ad Harar corrono per bianchi dodici giorni tappe difficili. Parmi sufficiente allo scopo sbarcare Zeila per alcune giornate duecento

2 Cfr. n. 600. 596 1 Ed. in L V 92, p. 298.

uomini per diffondere per paese notizie accordo con Inghilterra e intenzione nostra occupare Harar. In ogni caso non rinunzierei eventuale offensiva nel Tigré e sarebbe preziosa concessione transito truppe da Zeila 2•

595 1 Ed. inLV91, p. 61 e inLV92, p. 146.

597

IL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

L. PERSONALE. Roma, 15 dicembre 1895, mattina.

Non accetto la sua teoria intorno alle responsabilità pei fatti d'Africa2 . lo concordai nel luglio che si spendesse in Africa quel che Baratieri, comandante locale e generale vittorioso, chiedeva come necessario per la difesa delle provincie che allora avevamo occupato. Se egli poi è andato più oltre, non è dipeso da me. Non da me è dipeso che si arrivasse alla vigilia dell'invasione della Colonia da un esercito sterminato senza che se ne avesse la menoma notizia attendibile. Né da me è dipeso l'avere il Baratieri lasciati a 150 chilometri di distanza duemila uomini soli a difendersi contro l'intero esercito nemico. Né illasciarne ora altri mille isolati a Macallè.

Ma di ciò non si tratta ora. Né si tratta del nostro carteggio intorno alle spese militari, nel quale non si discusse mai dell' Mrica. Maggiori spese che si fossero deliberate per le fortificazioni delle Alpi, alle quali non si sarebbe comunque potuto ancora mettere mano, non avrebbero mutata in alcun modo la situazione attuale.

Se io debbo essere tenuto responsabile del nostro credito e della nostra finanza debbo essere informato di quel che si fa e si prepara, o si decide di fare, e debbo via via o concordarlo o andarmene. Non si ha diritto di espormi al ridicolo della Camera ed alla taccia di volerla ingannare, facendomi chiedere pochi milioni di maggiore spesa, quando già ci s'impegna seriamente in una impresa che ne costerà 80; e tanto meno dopo che il Governo, per bocca sua e di Saracco a nome suo, assicurò il Parlamento che prima di entrare in una nuova via gliene avrebbe dato avviso, chiedendogli le necessarie facoltà.

Non si tratta, come lei mi scrive, di fuggire mentre tuona il cannone. A spendere qualche milione di più, non occorre che al tesoro ci sia l'uno piuttosto che l'altro ministro: tutti sono buoni a ciò. E chiunque sia al mio posto, si manderà sempre in Mrica quanto occorre per la difesa. Ma importa precisare che cosa s'intende con la parola «difesa».

597 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi; ed. in SoNNINO, Carteggio 1891-1913, cit., pp. 167-168.

2 Cfr. n. 594.

Le responsabilità per essere vere debbono essere apertamente e coscientemente assunte, ed io non posso accettare di essere responsabile di ciò che si fa senza che io ne abbia conoscenza e per l'attuazione di un programma che ignoro.

Non accetto tale posizione.

Senza una reciproca fiducia tra i membri di un Gabinetto non è possibile un Governo serio, e vedo e sento, da quest'ultimo incidente come da altri recenti, che io non ho oggi la sua fiducia.

Debbo quindi mantenere la mia domanda di essere esonerato dalla direzione del tesoro 3 .

596 2 Risponde al n. 590.

598

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO 1

L. PERSONALE. Roma, 15 dicembre 1895.

Quando mi diceste che voi e Mocenni vi eravate messi d'accordo con Baratieri sulle spese d'Africa, dovetti credere che avevate provveduto a quanto era necessario all'uopo.

Quando consigliai, che bisognava pensare all'esercito e migliorarne le condizioni per esser pronti agli eventi, intendevo toglierei dalle fatali condizioni in cui siamo di avere i battaglioni con 34 uomini per compagnia.

Io non vi do la risponsabilità degli ultimi combattimenti, né degli errori commessi da Baratieri, ma non è mia colpa, se ci troviamo in Africa sprovveduti di forze ed in Italia impotenti a mandare soccorsi colà senza aver prima chiamato una classe di leva.

Oggi bisogna provvedere e non polemizzare. II Paese non comprenderebbe una scissione nel Ministero, né approverebbe una crisi ministeriale, oggi che bisogna essere compatti.

Nissun atto mio, nissuna parola potete ricordare, che indichino io non aver fiducia in voi.

Del resto, l'azione vostra nel Ministero, il nissun controllo da parte mia, io presidente del Consiglio, in molti atti dell'amministrazione del tesoro, vi provano che non ho dubitato di voi.

Desistete adunque da una risoluzione, la quale voi stesso, ben riflettendoci, dovrete riconoscere inopportuna 2•

598 1 Da Archivio Sonnino; ed. in SoNNINo, Carteggio 1891-1913, cit., pp. 168-169.

2 Per la risposta cfr. n. 599.

597 3 Per la risposta cfr. n. 598.

599

IL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

L. PERSONALE. Roma, 15 dicembre 1895.

Cedo alle sue cortesi premure 2• Ma se vogliamo operare seriamente e non a salti e sbalzi dobbiamo pure intenderei su quel che il Governo si propone di fare.

Sono pronto a cooperare a tutto ciò che occorre per difendere Baratieri e rinforzarlo di fronte all'esercito invadente; a tutto quello che possa giungere in tempo a raggiungere tale intento.

Ma ritengo inopportuno, impolitico, pericoloso pensare oggi a spedizioni militari nell'interno dell'Abissinia per «rompere l'Impero etiopico».

Se ella non concorda in ciò, è meglio che, per liberarsi da un collega dissenziente, ella profitti della mossa da me fatta; se invece ella in ciò conviene, sono qua ad aiutarla, per tutto quello che posso.

600

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. URGENTE S.N. Roma, 16 dicembre 1895, ore l.

A Makonnen, che chiede un uomo di fiducia per trattare 2 , risponda che lo mandi lui al campo italiano, oppure che venga egli in un luogo neutrale, o ali' Asmara, per negoziare un accordo.

601

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 225. Roma, 16 dicembre 1895, ore 12.

Decifri ella stessa. Da Berlino ci si annunzia confidenzialmente1 che lo sbarco di truppe nostre a Zeila sarebbe già accordato, se non domandiamo cessione di territorio.

Baratieri ci telegrafa 2 che non progetta spedizioni all'Harar, bensì sola presenza duecento uomini Zeila per effetto morale. Urge non perdere un'ora per prevenire attacco in massa nel Tigrè. Lasci da parte questioni territoriali. Rammentiamo che ricorso ad India Office è solita forma dilatoria che ha equivalso sempre e ora tanto più equivarrebbe a rifiuto 3•

599 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi; ed. in SoNNINO, Carteggio 1891-1913, cit., p. 169. 2 Cfr. n. 598. 600 1 Ed. in LV92, p. 147 e in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., pp. 257-258. 2 Cfr. n. 595. 601 1 Cfr. n. 589.

602

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 2321. Parigi, 17 dicembre 1895, ore 14,45 1.

*Si è introdotto questa mattina da me, senza farsi annunziare per il suo nome il noto Leontiew. Egli offre la sua intromissione per ricondurre la pace e l'amicizia fra l'Italia e Menelik, spacciando la sua influenza con questo e con l'imperatrice, dai quali avrebbe avuto lettera recente. Risposi freddamente che io non aveva titolo di occuparmi dei rapporti di Menelik col mio Governo; a questo dovere Menelik dirigersi, se aveva proposte da far presentare, e che personalmente parevami che il tramite naturale fosse il generale Barati eri* 2 . Non interruppi, però, subito il colloquio, perché mi premeva che il Leontiew, persona assai scaltra, mi lasciasse indovinare che cosa vi era nella sua entratura. Egli si tenne in stretta guardia, ma non tanto da non permettermi di trarre questa conclusione: egli deve aver un incarico da Menelik, probabilmente egli doveva trattare qui qualche cosa e l'accoglienza che avrà avuto lo persuaderà che una trattativa con noi è preferibile. La conferma del Trattato di Uccialli, con qualche modificazione, si spinse egli a dire, potrebbe dare la base di un ristabilimento di cose, amichevolmente onorevoli per tutti. Alla mia domanda in quali termini egli si trovi col Governo russo, egli esitò a rispondere; ma mi accorsi che egli interpretò la mia interrogazione nel senso che io lo supponessi incaricato dalla Russia. Egli sarà a Pietroburgo fra cinque o sei giorni, ora parte per Nizza; e se il Governo italiano vuole valersi dei suoi servizi, il suo indirizzo a Pietroburgo potrà facilmente essere saputo colà. Ripetendogli io, che, se egli aveva incarico di parlare di pace in nome di Menelik, doveva indirizzarsi direttamente a Roma, rispose che la sua andata a Roma sarebbe stata un passo troppo spinto, e che avrebbe offeso l'amor proprio eccessivo degli abissini. Lo lasciai partire senza neppure dir

3 Questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Berlino con T. riservato 226, pari data. Lanza rispose con T. 2313 dello stesso 16 dicembre: <<Osservo ad ogni buon fine che anche con Hatzfeldt Salisbury esprimendo opinione favorevole sbarco truppe Zeila parlò anche dell'India Office di cui era necessario prima di tutto il consensO>>. 602 1 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

2 Il passo fra asterischi è ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 366.

gli che avrei informato V.E. della visita. Egli esaltò naturalmente le forze delle quali il negus dispone, le portò a 240.000 uomini. Insistette nel dire che, impegnandosi in una grossa guerra, che le toglierà almeno per un anno ogni potenza in Europa, l'Italia riuscirà a traversare il Paese, non a domarlo. Replicatamente egli disse essere la sola persona in questo momento in grado servire d'intermediario ascoltato con Menelik. A parer mio, questa entratura del Leontiew non deve farci ritardare di un'ora sola i provvedimenti militari che il Governo crede di prendere in Mrica, ma la entratura stessa deve essere da me riferita come informazione di somma urgenza. Se è vero che Leontiew va a Pietroburgo, dove il Governo potrà fargli parlare, fra cinque o sei giorni, molte delle cose in ultimo di là riferite a V. E. sul conto di lui potrebbero non essere vere 3 .

601 2 Cfr. n. 596.

603

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. URGENTE S.N. Roma, 17 dicembre 1895, ore 22,10.

Il momento è critico per te e per noi. Ti abbiamo mandato e mandiamo più di quanto hai domandato. Se per insufficienza di mezzi o per imprevidenza avvengono danni, la colpa non sarà nostra. *Il Paese è pronto a vendicare le vittime del 7 dicembre ed a tenere saldo il prestigio della nostra bandiera.*

604

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PERRERO

D. RISERVATISSIM01 . Roma, 17 dicembre 1895.

Ho detto oggi all'ambasciatore di Germania essere notorio in Abissinia che Makonnen si dice guarentito dalla Francia per la sicurezza dell'Harar, dal quale ha portato tutte le sue truppe contro Baratieri e constare pure che la Francia continua ad

603 1 Ed. in LV 92, p. 148, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 381-382, in R. BAITAGLIA, La prima guerra d'Africa, Torino, Einaudi, 1958, pp. 716-717 e, con l'omissione del passo fra asterischi, in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 263. 604 1 Il dispaccio fu inviato a Berlino col n. 51722/511 e a Londra col n. 51723/460.

opporsi a Londra al passaggio di truppe italiane per Zeila. Gli ho fatto osservare constarci da un rapporto ufficiale della r. ambasciata in Parigi che la delimitazione precisa, già convenuta nel 1891 tra noi e la Francia, era stata revocata dal Governo francese, per il motivo dichiarato che avevamo rinnovato la Triplice Alleanza; onde la Francia ha posto il casus frederis, del quale però non vogliamo prevalerci altrimenti presso i nostri alleati se non osservando che in altre circostanze bastò un loro contegno di ferme osservazioni alla Francia perché questa desistesse da atti che, nel presente caso, potrebbero essere qualificati di provocazione. Questo mio linguaggio ha avuto un carattere esclusivamente privato e confidenziale.

602 3 Il telegramma fu ritrasmesso all'ambasciata a Pietroburgo con T. 2545 del 25 dicembre.

605

IL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

L. PERSONALE. Roma, 17 dicembre 1895.

Le formule che scrissi ieri, e che mi chiedi sono all'incirca queste: «La presenza delle nostre truppe ad Amba-Alagi era effetto di una mossa militare per tenersi a contatto col nemico. A Macallè, dove è l'ultimo nostro forte, si era alzata già la bandiera italiana nel luglio.

E fin lì giunge la nostra occupazione.

Fin lì la manterremo; riservandoci naturalmente nella lotta ogni libertà di movimenti militari. Non miriamo ad estendere l'occupazione più oltre. Ma prenderemo tutti i provvedimenti che occorrono per difendere la Colonia

nel presente cimento». Grazie pel dispaccio Baratieri 2 . Vedo che egli chiedeva sei battaglioni, pregandoci di tenerne tre altri pronti, per la finale riscossa. Noi ne spediamo nove, e ne teniamo altri tre pronti. Onde non mi pare che si possa chiedere di più, a meno di mirare ad altri scopi. Non potrò, credo, venire al Consiglio, né uscire di casa oggi, perché mi sento troppo poco bene, e voglio evitare di fare una malattia.

Quindici milioni mi parrebbero sufficienti, in proporzione di quanto si spese pei rinforzi dopo Cassala e Coatit, nel 1894-95. Non mi oppongo, se le autorità militari dichiarano che ciò non basta per la difesa, che si vada fino a un totale di venti di maggiore spesa nel1895-96, compresi i tre già chiesti, e compreso quel che ci può volere per l'invio di una nave o due di guerra.

605 1 Ed. in SONNINO, Carteggio 1891-1913, cit., pp. 169-170. 2 Si tratta del telegramma di Baratieri a Mocenni del 13 dicembre ed. in LV 91, pp. 58-59.

606

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 239 quater. Londra, 18 dicembre 1895, ore 19,28 (per. ore 22,20).

Malgrado opposizione India Office, Salisbury accorda facoltà al nostro Governo far passare truppe per Zeila e confermò pienamente quanto io telegrafai il 13 corrente2, mantenendo opposizione contro qualunque fermata a Zeila che possa far sospettare nostra occupazione militare. Debbo lodarmi collaborazione Hatzfeldt. Per consolidare dichiarazioni verbali, prego V. E. volermi autorizzare telegraficamente scrivere a Salisbury nota ufficiale nel senso suddetto 3 .

607

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 2330. Parigi, 18 dicembre 1895, ore 19,50 (per. ore 21,45).

Ministro degli affari esteri che per la prima volta dopo tre settimane riceveva oggi corpo diplomatico, ha espresso rincrescimento del Governo francese per infortunio accadutoci in Africa, aggiungendo che in presenza di popoli barbari o semibarbari, le Nazioni incivilite dovevano sentirsi solidali. Egli mi diede in seguito lettura delle risposte pervenutegli in conseguenza delle mie rimostranze relative transito armi, munizioni. Dal Ministero delle colonie si scrive le più severe disposizioni essere state rinnovate a tutti arsenali e fabbriche d'armi per evitare che armi o munizioni vendute possano essere mandate dalla Francia in Abissinia e che a Obock autorità ha istruzioni di non permettere passaggio di materiali di guerra; dal governatore di Obock con data di jeri si telegrafa che, dopo il suo ritorno, i passaggi di armi e munizioni sono stati sospesi, sicché è derivato uno stato quasi di rottura con l'Etiopia. A causa dell'estensione delle coste e della facilità di sbarchi con barche indigene e dei pochi mezzi di sorveglianza il governatore non potrebbe tuttavia rispondere del contrabbando.

2 Cfr. n. 585.

3 Per la risposta cfr. n. 611. 607 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 350-351.

Ministro soggiunse che da altre informazioni era risultato che armi e munizioni erano anche passate da Zeila.

606 1 Ed. in LV 92, p. 298 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 312.

608

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2331. Pietroburgo, 18 dicembre 1895, ore 20,40 (per. ore 22,45).

Oggi questo ministro affari esteri mi ha letto un telegramma pervenutogli dall'ambasciatore di Russia in Berlino in cui si dice che Inghilterra continua a mostrarsi molto dura per la Sublime Porta. Currie a Costantinopoli insisterebbe sempre per un'efficace azione in favore degli armeni; Monson a Vienna reclamerebbe una nuova iniziativa del Governo austro-ungarico; Lascelles sarebbe giunto al suo posto con istruzioni di tenere analogo linguaggio, Marschall gli avrebbe risposto che la Germania non intende battere la stessa via, principe Lobanow è di parere che sarebbe ormai tempo di far comprendere all'Inghilterra che la sua aspra attitudine verso il sultano può mettere a rischio pace europea.

609

L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BILLOT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE CONFIDENZIALE. Roma, 18 dicembre 1895.

Un ami inconnu -il s'en trouve toujours pour de pareils services! -vient de m'envoyer les deux éditions que l'Italia militare e marittima a fait paraìtre avant hier (16-17 décembre).

Faites-vous représenter, je vous prie, l'artide d'en H~te.

Il est utile que vous sachiez ce que l'on pense de la France dans certains cerci es militaires de Rome. On me dit meme que l'Italia militare compte parmi ses rédacteurs des officiers du Ministère de la guerre.

Je ne me plains ni ne récrimine. Je tiens seulement à constater que nous avons tous deux quelque mérite à travailler, sans nous émouvoir, à l'entente des deux Pays1 .

609 1 Annotazione a margine: <<Risposto».

610

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL DOTTOR NERAZZINI, A ZEILA l

T. SEGRETISSIMO 227. Roma, 19 dicembre 1895, ore 3.

Nel caso che Governo inglese ci conceda passaggio truppe per Zeila, ma senza facoltà di fermata a Zeila che possa far sospettare nostra occupazione militare, mi telegrafi direttamente d'urgenza come potremmo approfittarne senza grossa spedizione, e se fuori Zeila vi sarebbe possibilità far sostare qualche compagnia 2 .

611

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 228. Roma, 19 dicembre 1895, ore 1,30.

Ad ogni buon fine autorizzo V.E. scrivere a Salisbury nota ufficiale per consolidare dichiarazioni verbalF. Telegrafi subito se posso dichiarare oggi Camera che quando ci convenga far passare truppe per Zeila non troveremo difficoltà Inghilterra3 .

612

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 229. Roma, 19 dicembre 1895, ore 3.

Avendo comunicato subito a Londra suo telegramma del 12 2 , Salisbury oggi ci dichiara accordare facoltà far passare truppe per Zeila, ma si oppone qualunque fermata a Zeila che possa far sospettare nostra occupazione militare. Prendiamo atto con nota ufficiale della dichiarazione di Salisbury ad ogni buon fine ulteriore. Intanto voglia telegrafarmi quale uso possiamo fare ora della concessa facoltà 3 .

2 Per la risposta cfr. n. 647. 611 1 Ed. in LV 92, p. 299 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 312-313.

2 Risponde al n. 606.

3 Per la risposta cfr. n. 613. 612 1 Ed. inLV92, pp. 298-299.

2 Cfr. n. 579, nota 2.

3 Per la risposta di Baratieri cfr. n. 616.

610 1 Ed. inLV92, p. 299.

613

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 242. Londra, 19 dicembre 1895, ore 16,10 (per. ore 19,45).

Salisbury è oggi in campagna, ma indipendentemente da quanto egli potrà consigliare2, parmi prudente non annunziare pubblicamente accordo per Zeila per evitare inconvenienti da parte della Francia che, messa sull'avviso dalla stampa, fece già opposizione qui.

614

IL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. S.N. Roma, 19 dicembre 1895, ore 16,40.

Preparo senza interruzione rinforzi e materiali che mi richiede 2 in seguito telegramma presidente Consiglio ministri 3 . A lei responsabile operazioni di guerra non manchi oculata prudenza, e sieno unica guida e la opportunità militare e la necessità di non impegnarsi a fondo e molto meno a rischio di nuovo insuccesso.

615

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. S.N. Roma, 19 dicembre 1895, ore 19,55.

Il Governo non intende far politica di espansione, né fare spedizioni militari nell'interno dell'Abissinia. Intende chiedere al Parlamento solo i mezzi occorrenti per difesa Colonia, respingendo nemico. Telegrafi Governo se, per questi soli obbiettivi,

2 Risponde al n. 611. 614 1 Ed. in LV91, p. 66 e in LV 92, p. 152. 2 T. del18 dicembre, ed. inLV91, p. 66 e inLV92, p. 151. 3 T. del 18 dicembre, ed. in LV 9l, p. 65 e in LV 92, p. 150.

occorrono altri rinforzi, oltre primi nove battaglioni e tre batterie da montagna, già in partenza, e quanti 2•

613 1 Ed. in LV 92, p. 300 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 318.

615 1 Ed. in LV 91, p. 68, in LV 92, p. 154, in 8ARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 260 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 383, dove si legge: <<redatto in Consiglio dei ministri dall'an. Sonnino».

616

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 241. Massaua, 19 dicembre 1895, ore 21,30 (per. ore 23,50).

Sono lieto facoltà concessa passaggio per Zeila 2; ma spedizione Harar non potrebbe farsi con meno di cinquemila bianchi. Dovendo partire Italia non potrebbe esservi prima dieci febbraio, distraendo forze notevoli teatro azione principale. Impianto a Zeila servizi militari, sbarco, approvvigionamento, *passaggio continuo truppe italiane per territorio inglese parmi concessione assai maggiore che permettere ora sbarco per qualche giorno 300 marinai dalle navi nostre di stazione a Massaua. Quindi insisterei per questa concessione* 3 .

617

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

L. PERSONALE. Adigrat, 19 dicembre 1895.

Ci è giunta addosso questa valanga di amahra e di scioani quando io certo meno la volevo. Ma prima il ritardo interposto da Nerazzini ha impedito che io trattassi a tempo con ras Makonnen, ciò che assai probabilmente avrebbe impedito la guerra; poi le mie istruzioni sono state stranamente oltrepassate e gli ordini non sono giunti a tempo come dovevano e potevano per prevenire un combattimento isolato, contro forze decuple ad ottanta chilometri al di là della posizione di concentramento.

ce dervisci» lo costringevano a richiedere ulteriori rinforzi. 616 1 Ed. in LV 92, p. 300.

2 Cfr. n. 612.

3 Il passo fra asterischi fu ritrasmesso a Ferrero con T. riservatissimo personale 230 del 20 dicembre con la seguente istruzione: <<Lascio V.E. giudice della convenienza di tale insistenza>>. Cfr. in proposito anche Die Grosse Politik der Europiiischen Kabinette 1871-1914, Band 11, Berlin, 1924, n. 2355.

Intorno al primo grave fatto allego un rapporto del cavalier Felter che travasi qui al quartier generale1 . Il secondo risulta chiaro dalla più succinta delle narrazioni e dai telegrammi.

Come si vede chiaro ora io avrei fatto a tempo a concentrare 10.000 uomini sulla posizione di Macallè appoggiati al forte: ed allora certo la battaglia a quest'ora sarebbe stata per noi una splendida vittoria.

L'insuccesso invece ha scombussolato i miei piani, ha rivolto in favore di Mangascià i paesi ultimamente occupati, ha sbandato i nostri alleati, ci ha sottratto una parte preziosa della forza regolare disponibile pel combattimento, ed ha ridotto me alla momentanea inazione. Fortuna che sono giunto a tempo a Adigrat e che ho potuto così riparare a molti altri mali.

Ora mio grande studio è pigliar tempo perché davvero sarebbe errore rischiare un combattimento prima che giungano forze italiane e togliere così ad esse la loro naturale avanguardia.

Del resto la Colonia ha risposto a dovere e così ho potuto istituire la milizia territoriale coloniale, forte oggi di oltre 5.000 uomini, utili per presidi, per guardie a trasporti, pei servizi indispensabili alle truppe bianche. E si sono presentati a dovere malgrado i lavori di campagna e malgrado il brutto principio che ha avuto la guerra.

Ringrazi il ministro pel suo discorso che ho letto con molto interesse. Si ricordi di me ...

615 2 Baratieri rispose con T. s.n. del 20 dicembre da Adigrat che «Contegno equivoco re Goggiam minac

618

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2342. Parigi, 20 dicembre 1895, ore 11,50 (per. ore 14,35).

*Jersera all'Eliseo presidente della Repubblica mi disse: «Le esprimo vivissimo cordoglio da me provato per le notizie dell'Eritrea. La Francia ne fu dolorosamente commossa. Qualunque possa essere la diversa tendenza della loro politica in Europa le Nazioni civili sentono il vincolo di solidarietà che le unisce nella lotta contro la barbarie*\ la Francia in questa lotta incontrò più volte simili sventure e quando altri Paesi ne soffrono e principalmente, poi, se questo Paese è l'Italia, essa le sente come se fossero [proprie]. *Voglia, signor ambasciatore, fare conoscere al re questi miei sentimenti e dica a Sua Maestà quanto fui afflitto*». Domani alle tre pomeridiane vedrò il presidente della Repubblica; prego dirmi risposta che piacesse al re far dare in suo nome 2 .

2 Per la risposta di Blanc cfr. n. 620.

617 1 Con L. dell'll gennaio Levi scriveva a Baratieri: <<Ho ricevuto la sua buona lettera del19 dicembre ma non il rapporto Felter a cui la lettera allude, mi preme di avvertimela per caso di smarrimento». 618 1 I passi fra asterischi sono ed., con varianti, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 329 e in BATTAGLIA, La prima guerra d'Africa, cit., p. 711.

619

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO 1

T. SEGRETO 2312 . Roma, 20 dicembre 1895, ore 16.

Osservi al Foreign Office che sinché saremo tenuti al segreto non si produrrà effetto morale su Makonnen e Menelik, e continuerà pericolo attacco forze riunite tutta Etiopia.

620

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI 1

T. RISERVATISSIMO 2510. Roma, 20 dicembre 1895, ore 18,40.

Riservandomi trasmetterle la risposta di S.M. il Re2 alle parole del presidente3 , crediamo che V.E. potrebbe fare osservare a codesto Governo che verrebbero consolidate le disposizioni a reciproche simpatie dimostrate in questo momento, con lo stabilire le relazioni di buon vicinato tra i rispettivi possedimenti in Mrica mediante firma accordo nota delimitazione, per la quale firma non mancò nel 1891, secondo dichiarò qui il signor Billot, se non un'ultima autorizzazione telegrafica da Parigi.

621

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. URGENZA ASSOLUTA 25171 . Roma, 21 dicembre 1895, ore 12,24.

S.M. il Re sensibilissimo alle cortesi espressioni del presidente della Repubblica2 prega V. E. di ringraziare nei termini che crederà più convenienti e di rendersi

2 Annotazione a margine di Levi: <<Letto da Primo Levi al presidente del Consiglio, e da questi approvato>>. 620 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 329.

2 Cfr. n. 621. 3 Cfr. n. 618. 621 1 II telegramma riproduce una lettera pari data di Ponzio Vaglia. 2 Cfr. n. 618.

interprete dei voti che la Maestà Sua forma per la prosperità della Francia e per quella personale del presidente.

619 1 Ed. inLV92, p. 301.

622

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 245. Parigi, 21 dicembre 1895, ore 17,55 (per. ore 22).

*Ho comunicato or ora al presidente della Repubblica la risposta di Sua Maestà 2 , dicendogli che il nostro augusto sovrano era molto sensibile alla espressione dei sentimenti che io era incaricato di trasmettergli, e, sopratutto, aveva apprezzato che fosse stata resa giustizia all'opera di civiltà per la quale l'Italia prende colle altre Nazioni civili la sua parte di responsabilità e di oneri. Espressi al presidente i voti che il re forma per la Francia e per il suo primo magistrato. Soggiunsi che il Governo italiano apprezzando assai la cordialità dei sentimenti manifestatisi in questa occasione in Francia, mi aveva segnalato il gran vantaggio che vi sarebbe nel condurre prontamente a termine la questione di limiti rimasta in sospeso nel 1891, quando i due Paesi si erano già concordati sul modo di risolverla. Certamente, intesa a questo riguardo, darebbe ailo scambio di sentimenti così cordiali la base più sicura e duratura. Il presidente mi disse che io poteva contare sopra tutto ciò che egli personalmente poteva fare nei limiti delle facoltà costituzionali per dissipare i malintesi e rinforzare l'amicizia coll'Italia. Insistette sopra questo pensiero con parole molto cortesi*. Poi mi disse che al Consiglio dei ministri di questa mattina era stata decisa la sua visita ufficiale a Nizza e ad altro dipartimento per il mese di marzo prossimo. Egli faceva questa visita con sentimento di buon vicinato dell'Italia, terrebbe un linguaggio del quale certamente noi non ci avremmo a dolere, e sperava che il re ed il Governo non vedrebbero in questo fatto nessuna intenzione di dispiacere all'Italia. Nulla risposi, facendo soltanto qualche cenno d'assenso quando il presidente indicò che il suo linguaggio sarebbe tale da non dispiacerci. Mercoledì prossimo parlerò al ministro degli affari esteri della questione di delimitazione, ma io debbo ripetere a V.E. che non credo accordo potrà concludersi se teniamo come imprescindibile condizione che la zona francese debbasi fermare a Gildessa. Non si può prescindere dal considerare che dal 1891 in poi le comunicazioni sono cresciute fra il possedimento francese e l'interno e che un Ministero francese che consentisse ad accettare immutata la linea tracciata nelle trattative di quell'anno, susciterebbe contro di sé una opposizione vivace nel Parlamento e nella stampa.

622 1 Il passo fra asterischi è ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 329-330. 2 Cfr. n. 621.

623

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 233. Roma, 22 dicembre 1895, ore 19.

Forse sarebbe utile che V.E. vedesse Chamberlain e cercasse ufficiosamente di interessarlo agli affari di Zeila, Harar e Cassala che hanno pure qualche relazione con affari colonialF.

624

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 246. Massaua, 22 dicembre 1895, ore 19 (per. ore 20,30).

Dietro ripetute istanze ras Makonnen e mio consenso, maggiore Galliano gli mandò tenente Partini per sentire proposte. Partini giunto qui dal campo del ras, riferì che ras Makonnen dopo consiglio segreto cogli altri ras e questi presenti, lo incaricò dirmi, a nome grandi capi abissini, volere pace con Italia, ma perciò essere necessario italiani tornino loro Paese. Rispondo, nell'intento guadagnare tempo, che proposte così gravi non possono essere fatte che da Menelik. Questi scriva, io telegraferò sua lettera in Italia e gli comunicherò risposta. Non mi lusingo poter guadagnare molto altro tempo nelle trattative intavolate. Mi si afferma Menelik, forse spinto da europei, deciso guerra più che suoi capi 2 .

625

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI l

T. URGENTE S.N. Roma, 23 dicembre 1895, ore 11,15.

Il pubblico si lagna vivamente che il Governo manchi informazioni che giungono normalmente per telegrafo ai giornali italiani ed esteri, e ci accusa di nascondere notizie, rifiutando di credere che ci mancano. Voglia disporre fare cessare questo

di generiche espressioni cordiali (R. 54/21 del 23 gennaio 1896, non pubblicato). 624 1 Ed. inLV91, p. 73 e inLV92, p. 160.

2 Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino e Londra con T. riservato 234 del 23 dicembre. 625 1 Ed. in LV 92, p. 161.

grave stato di cose che pone in diffidenza ed agita opinione pubblica. Il Governo, per soddisfare giuste esigenze Paese, deve poter dare giornalmente non solo informazioni generiche sulla situazione, ma dettagliate e complete. Voglia evitare che notizie ed apprezzamenti ufficiali giungano indirettamente al Governo del re e disporre perché qualsiasi notizia ed apprezzamento sui fatti giunga al Governo del re con precedenza di almeno 24 ore. Disponga al campo ed a Massaua perché queste precise istruzioni abbiano subito costante esecuzione 2 .

623 1 Ferrero incontrò Chamberlain a un banchetto nel corso del quale scambiò con lui un brindisi pieno

626

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PERRERO, E A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATO 2351 . Roma, 23 dicembre 1895, ore 13,25.

Ci dà da pensare la dichiarazione fatta dal presidente Faure a Torniellil che è stata decisa la sua visita ufficiale a Nizza e ad altro dipartimento per marzo prossimo; che farà questa visita con sentimento di buon vicinato dell'Italia; che terrebbe un linguaggio del quale certamente non avremmo a dolerci, e sperava che il re ed il suo Governo non vedrebbero in questo fatto alcuna intenzione di spiacere all'Italia. Tornielli non rispose nulla al presidente, facendo soltanto qualche cenno d'assenso quando dichiarò che il suo linguaggio sarebbe tale da non dispiacerci.

627

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATISSIMO 236. Roma, 23 dicembre 1895, ore 14.

Ho telegrafato a V. E.1 di fare osservare a codesto Governo come sarebbe opportuno dare carattere pratico alle simpatie dimostrateci ora definendo una buona volta la questione della delimitazione, perché è questo o mai più per esso il momento di dimostrare la sincerità dei suoi sentimenti. *Alle parole hanno infatti sinora contraddetto i fatti; e mentre Baratieri ci riconferma che Menelik si avanza deciso alla guerra perché

<<Credo notizie allarmanti e anteriori, o apprezzamenti partano da Massaua per posta e siano inviati da Aden ovvero Suakin per telegrafo, con esagerazioni e invenzioni. Emano ordini severi anche Massaua senso indicato V.E.>>. 626 1 Minuta autografa.

2 Cfr. n. 622. 627 1 Cfr. n. 620.

spinto da europeF; e mentre sappiamo che quegli europei presenti al campo di Menelik sono francesi, le rinnovate dichiarazioni fatte a V.E. circa le disposizioni prese ad Obock dopo il ritorno di quel governatore3 per impedire il transito delle armi e munizioni confermano implicitamente che le promesse anteriori non erano state mantenute 4•* Ora conviene ripetere che noi siamo disposti a concludere; discussione sul percorso della linea di delimitazione potrà venire quando si abbia risposta affermativa da codesto Governo. Del resto, non ho d'uopo ricordare a V.E. le dichiarazioni ripetutamente fattele in proposito dal signor Hanotaux e che ella mi riferiva col suo rapporto del18 luglio scorso 5 .

625 2 Baratieri rispose con T. del 24 dicembre (LV 92, p. 163) del quale si pubblica il passo seguente:

628

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI l

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Roma, 23 dicembre 1895, ore 17,45.

A quest'ora dovresti conoscere le [intenzioni] del nemico per poterti decidere se convenga fare una campagna offensiva o metterei sulla difensiva. Nel primo caso pensa che a noi è permesso il passaggio per Zeila senza però ivi fermarci. Pei due sistemi a seguire bisogna determinare il numero degli uomini a noi necessari. Per il caso di doverci limitare alla difensiva, giova stabilire la nostra Gibilterra. Deciditi; non perder tempo.

629

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PERRERO, E A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO S.N. 1 . Roma, 23 dicembre 1895.

Menelik si avanza con tutte le forze scioane ed hararine per farsi incoronare con rito ortodosso in Axum spinto da russi e francesi presenti al suo campo, mentre Russia conferma protezione religiosa sullo Scioa e Francia mantiene sua protezione politica a Makonnen per l'Harar. Inghilterra, dopo aver abbandonato Costantinopoli alla definitiva protezione russa, che interdice alle squadre occidentali ogni pressione anche fuori

3 Cfr. n. 607.

4 Il passo fra asterischi è ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 330.

5 Cfr. n. 234, nota 5. 628 1 Ed. in LV 92, pp. 161-162, in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 263 e in BAITAGLIA, La prima guerra d'Africa, cit., p. 717. 629 1 Il telegramma, il cui testo è tratto dalle Carte Blanc, non fu forse spedito dal momento che non risulta pervenuto né a Vienna né a Londra, né si sono trovate le risposte. Nel fondo ambasciata a Berlino non sono conservati registri di telegrammi di questo periodo.

degli Stretti, si trova, a quanto sembra, per l'incidente sopravvenuto in America, nell'impossibilità di sostenere gli interessi comuni a noi sul Nilo e sul golfo di Aden, e specialmente le sue dichiarazioni delS maggio '94, relative all'Harare allo Scioa. Prevediamo momenti gravi in cui la questione della pace dipenderà praticamente ed inevitabilmente da negoziati colla Russia. Voglia chiamare su questa grave situazione l'attenzione di codesto Governo e telegrafarmi personali impressioni di V.E. al riguardo.

627 2 Cfr. n. 624.

630

IL MINISTRO AD ATENE, PISANI DOSSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 787/265. Atene, 23 dicembre 1895 (per. il 27).

Questo ministro degli affari esteri, venuto oggi a farmi visita, entrò, non a caso, a discorrere della situazione di Creta, la quale, anche secondo le notizie pervenute al Governo greco dal suo console a Candia, si farebbe sempre più critica ed espresse l'avviso che i cinque nuovi battaglioni turchi, che si preannunciavano da Costantinopoli come destinati a rinforzare la guarnigione dell'isola, vi avrebbero, probabilmente, determinata una sollevazione generale. Tutti possono attestare -così diceva il signor Skousé -che il Governo greco, elemento d'ordine quant'altro mai, non solo non ha favorito l'insurrezione di Creta, ma l'ha sconsigliata nel modo più reciso, negando armi e denaro, e dissuadendo, anzi impedendo, ai fuorusciti di Candia in Atene, di tornare nell'isola. Il signor Skousé riteneva quindi dover suo di dichiarare sia a me, sia a' miei colleghi, che il Governo greco, la cui condotta era stata e sarebbe sempre corretta riguardo alle aspirazioni cretesi, respingeva ogni eventuale responsabilità per quanto potesse succedere in Creta in seguito all'arrivo delle nuove truppe ottomane.

Soggiunse di aver dato istruzioni ai rappresentanti ellenici in Europa di fare analoghe comunicazioni ai diversi Governi presso i quali sono accreditati. Mi limitai a rispondere che prendevo nota di ciò ch'egli avea detto e che ne avrei riferito a V. E.

631

IL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, A NAPOLI 1

L. PERSONALE. Roma, 23 dicembre 1895.

Le mando questa lettera per persona fidata. Anima viva non ne conosce il contenuto. Il latore ha ordine di attendere la sua risposta.

Ieri Baratieri ha chiesto almeno 80 quadrupedi per ciascun battaglione. Si tratta di muli e non di cannoni; ma chiedermeli oggi soltanto e non prima, chiedermeli quando parecchi scaglioni di rinforzo sono in mare, è prova che egli non vede che a intervalli la sua situazione e non la apprezza completa e chiaramente, come il momento critico impone.

Mi sono messo quindi a esaminare minutamente tutti i suoi telegrammi; e questa nuova lettura minuta, mi conduce a riflessioni dubbiose.

Dapprima persistente nell'indecisione, poi desideroso di conoscere per decidersi gli intendimenti del nemico che non sarà tanto buono da manifestarli a lui, accetta in ultimo rinforzi più imposti che desiderati. Quest'uomo non mi ispira più fiducia e mi pare che egli non abbia più fiducia in se stesso. Se si aggiunge che egli, colto, energico e coraggioso, è di carattere leggero, vi ha di che rimanere perplessi.

E si noti che giungono lettere private anteriori al fatto di Amba Alagi che fanno vedere scossa alquanto la fede nei suoi dipendenti; e qui nella stessa Roma molti chiedono se non sia opportuno sostituire il comandante nell'Eritrea.

Per parte mia torno a credere che questo sia un atto necessario e pregherei quindi V.E. a darmi il suo parere e consenso.

Consentendo non ha che da farmene cenno, perché io avrei subito un colloquio segreto colla persona prescelta. Questa potrebbe, con speciale passaporto imbarcarsi a Trieste col Lloyd austriaco, andare a Alessandria e a Aden e di là, con un ordine al nostro stazionario, farsi condurre a Massaua, ove dovrebbe giungere munito di un decreto reale che lo investa del governo e del comando, e di una lettera mia e delle istruzioni di V.E.

Il momento è g ·ave e parmi richieda gravi misure. Riflettendo ai vantaggi e ai danni della misura che propongo, credo che i primi sieno assai maggiori dei secondF.

P.S. Aggiungo che fu un grave errore privarsi in faccia al nemico di Arimondi, il solo generale là disponibile.

631 1 Da ACS, Carte Crispi.

632

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI l

L. PERSONALE. Napoli, 23 dicembre 1895.

Sono le 9, ed il treno per Roma partirà alle 10. Non ho tempo a scrivere una lunga lettera. Parta Baldissera, anche da Trieste, se lo credete 2• Aspetti in Alessandria le nostre istruzioni, che manderemo con persona di nostra fiducia.

2 Risponde al n. 631.

631 2 Per la risposta cfr. n. 632. 632 1 Da ACS, Carte Crispi.

633

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO 1

T. RISERVATISSIMO 237. Roma, 24 dicembre 1895, ore 12.

Prego telegrafarmi se è stato confermato per iscritto consentimento codesto Governo sbarco e transito nostre truppe Zeila2 .

634

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 248. Londra, 24 dicembre 1895, ore 12,38 (per. ore 15,25).

Essendo assente Salisbury e desiderando consegnargli io stesso nota2 per esercitare mia influenza e prevenire intervento ambasciatore di Francia, che potrebbe, coll'esigere limitazioni, rendere illusoria concessione non ho potuto ancora concludere. Sarò obbligato domandare colloquio Salisbury in campagna.

635

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 250. Parigi, 24 dicembre 1895, ore 15 (per. ore 21,40).

*Mi sono accertato che il ministro degli affari esteri è nelle migliori disposizioni per concludere il negoziato di delimitazione che potrebbe essere ripreso subito dopo il capo d'anno, e terminare in poco tempo; ma il ministro stesso, il quale si dice

2 Cfr. n. 634. 634 1 Ed. in LV 92, p. 301, con errori di decifrazione, qui corretti in base alla minuta del telegramma conservata nel fondo ambasciata a Londra.

2 La nota, datata 24 dicembre è ed. ivi, p. 304, e in Das Staatsarchiv, 59, p. 99.

disposto facilitare l'intesa circa l'Barar, a patto che sia convenuta la reciproca libertà dei commerci, crede che per rendere accettabile, gradito all'opinione pubblica e al Parlamento francese questo accordo con l'Italia, bisognerebbe contemporaneamente addivenire ad una intesa Tunisi *1 . Scomparirebbero insieme, in poche settimane, due cause d'irritazione nei rapporti dei due Paesi, e noi avremmo le mani libere nell'Barar. Queste cose mi furono dette in una conversazione priva di carattere formale, nel corso della quale il ministro chiaramente espose il suo pensiero circa l'intesa da lui desiderata per Tunisia, ma mi ha autorizzato a segnalare all'E.V. la disposizione di cui è animato. Nella ipotesi che l'intesa per Tunisi dovesse consistere nell'accettare che la trattativa del nuovo trattato si faccia col Governo francese, il quale agirebbe pel bey, e se, con questa implicita ricognizione di una situazione esistente da quindici anni incontestata da tutti gli altri Stati d'Europa, potremo togliere di mezzo le difficoltà relative all'Etiopia, mi pare che converrebbe entrare in trattative il più presto possibile. Ritengo che, per evitare che la Russia ci attraversi la via schiusa, sarebbe necessario condurre questo affare col massimo segreto. Come V. E. vedrà dai giornali, voci persistenti circolano sul prossimo ritiro del ministro degli affari esteri, ma, dalla conversazione avuta con lui, non mi rimase l'impressione che tale notizia sia, per ora, fondata 2 .

633 1 Ed. in LV 92, p. 301.

636

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 249. Pietroburgo, 24 dicembre 1895, ore 16,45 (per. ore 18,20).

È della più alta importanza che il R. Governo sappia aver Chefneux telegrafato ieri da Parigi Leontieff di raggiungerlo immantinenti colà; e da altra fonte mi viene confermato che quest'ultimo lavora per spedizione armi Abissinia2•

2 Il telegramma fu inviato in visione a Crispi, che si trovava a Napoli, con la seguente annotazione di Levi: <<Mi permetto esprimere avviso personale che converrebbe accettare. Se riusciamo a risolvere le difficoltà attuali potremo poi ristabilire anche la nostra situazione nel Mediterraneo. Intanto basterebbe assicurarci buone condizioni materiali nel nuovo regime commerciale con Tunisi. Prego V.E. di volermi telegrafare suo parere>>. (Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi). Per la risposta di Crispi, cfr. n. 643. 636 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 367.

2 Questo telegramma fu ritrasmesso alle ambasciate a Berlino, Londra e Parigi con T. riservato 238, pari data.

635 1 Il passo fra asterischi è ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 330-331.

637

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. RISERVATO PERSONALE 2401. Roma, 24 dicembre 1895, ore 21.

Debbo dirti mia impressione. Nella guerra alla moderna che Francia e Russia ci fanno nell'Eritrea senza che la Triplice ci assista in alcun modo l'indifferenza anche dell'Inghilterra non ci lascia altra alternativa che guerra a fondo con nostra impotenza in Europa o pace con protettorato francese sull'Harar e russo sullo Scioa2•

638

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 1670/711. Berlino, 24 dicembre 1895 (per. il 4 gennaio 1896).

Il nuovo ambasciatore inglese, sir Francis Lascelles, da poco tempo giunto a Berlino esprimeva in questi ultimi giorni al barone Marschall il suo dispiacere di vedere, di sentire una specie di diffidenza del Governo imperiale verso l'Inghilterra. Il barone Marschall gli rispondeva francamente che una certa diffidenza esisteva infatti e soggiunse che ciò era ben naturale, dappoiché, per non parlare che della grande questione all'ordine del giorno, la questione orientale, il Governo imperiale ignorava ancora oggi quali fossero realmente gli intendimenti del Gabinetto di Londra. In politica si possono bensì, osservò il barone Marschall far delle congetture, ma all'atto pratico occorre eziandio aver qualche dato positivo per paterne trar norme di condotta. La Russia per esempio ha solennemente dichiarato ai Gabinetti europei il suo desiderio che sia mantenuto lo statu quo in Oriente e finché non intervenga qualche fatto speciale il quale faccia ritenere meno sincero quel desiderio concorde cogli intendimenti suoi e dei suoi alleati per il mantenimento della pace, la Germania non ha il diritto di metterlo in dubbio e si regola in conseguenza.

Gli intendimenti invece dell'Inghilterra bisogna dedurli dai discorsi fatti or qui or là da Salisbury, dagli atti suoi, dalle manifestazioni che spesso si contraddicono, e tutto ciò non può non generare esitazione, incertezza nei Gabinetti che aspirano a procedere d'accordo con quello di Londra.

2 Per la risposta di Perrero cfr. n. 645.

In discorsi tenuti con me sir Francis Lascelles si dimostrò persuaso della convenienza di addivenire per parte dell'Inghilterra ad accordi concreti sulla base di quelli stabiliti con noi e con l'Austria-Ungheria in vista degli avvenimenti che possono sorgere in Turchia, ma potrà egli infondere simile persuasione al capo del suo Governo, se questo non toccherà con mano che ciò sta nell'interesse dell'Inghilterra stessa?

637 1 Minuta autografa. Telegramma identico, salvo la soppressione della prima fase, fu inviato a Berlino col n. 241. In pari data Blanc fece a Biilow una dichiarazione analoga (GP, 11, cit., n. 2756).

639

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI l

T. S.N. Napoli, 25 dicembre 1895, ore 0,30.

Non do consigli, perché solamente il generale il quale si trova sul luogo può decidere qual possa e debba essere l'azione che meglio a noi convenga. Posso però fare riflettere che per una guerra offensiva voglionsi forze maggiori di quelle delle quali al presente noi possiamo disporre. Sull'esercito abissino possiamo fare congetture soltanto, *ed in guerra vuolsi essere sicuri della posizione e del numero delle truppe nemiche per operare. E fin oggi nulla si conosce da Massaua per poter determinare il contegno che a noi possa giovare. Domandiamo ci istruisca del vero stato delle cose e ci assicuri quale sia e debba essere la tua condotta.* Non indugiare, perché il tempo corre a beneficio del nemico 2 .

640

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 2361. Parigi, 25 dicembre 1895, ore 0,40 (per. ore 6,40).

Leontieff partì di qua uno o due giorni dopo la visita fattami, di cui V.E. fu informata2 . Se egli mi disse il vero andava Nizza, e di là Pietroburgo, dove si metteva a nostra disposizione per trattative con Menelik. Entra nel suo giuoco il fare credere a noi pericoli gravissimi in caso continuazione ostilità; è probabile tuttavia che

p. 263 e in BATTAGLIA, La prima guerra d'Africa, cit., p. 718. 2 Per la risposta cfr. n. 642.

egli sia in relazione che Chefneux, e che entrambi si occupino di mandare soccorsi a Menelik. *Ma il linguaggio del ministro degli affari esteri e del presidente della Repubblica non consente che queglino presentemente trovino ascolto presso questo Governo.*

639 1 Ed. in LV92, p. 165 e, con l'omissione del passo fra asterischi, in BARATIERI, Memorie d'Africa, ci t.,

640 1 Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 367. 2 Cfr. n. 602.

641

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

T. S.N. Roma, 25 dicembre 1895, ore 18,10.

Voglia telegrafarmi se V.E. ha poi ricevuto i messi di ras Makonnen, quali erano le proposte che questi diceva voler trasmettere per mezzo di Felter, e se ella ha inviato o no Felter al campo scioano, come da suo telegramma del giorno venti\ che è l'ultimo da me ricevuto sopra tutto ciò 2 .

642

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, A NAPOLI

T. S.N. Massaua, 25 dicembre 1895, ore 18,45 (per. ore 20).

Situazione parmi chiara 1• Riunisco forze ad Adigrat, posiziOne strategicamente, tatticamente opportunissima, preparativi cominciando da aprile scorso. Non posso attaccare nemico ancora fuori portata e troppo numeroso. Se nemico si divide, conto attaccare una delle colonne e rovesciarla, se nemico porta una colonna verso Mareb, conto profittare circostanza per attaccarlo fianco. Frattanto comincia oggi sbarco Massaua battaglioni rinforzo. Credo attribuirsi principalmente a questo, contegno, esitazione, tardanza nemico. Credo indugio giovi a noi, non al nemico, perché scarsezza viveri obbligalo muoversi, cresce discordia latente, tra capi, scema entusiasmo vittoria. Comandante Macallé conta resistere fino a seconda metà febbraio.

2 In realtà Baratieri aveva inviato il 22 dicembre il n. 624. 642 1 Risponde al n. 639.

641 1 T. riservatissimo personale 244, non pubblicato.

643

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 251. Napoli, 25 dicembre 1895, ore 192.

Accetto le proposte di negoziazione con la Francia 3 , e, se possibile, cumulando la convenzione per l'Harar col trattato per Tunisi. *Vorrei conoscere, in quanto all'Harar, a quale punto rimasero le trattative al1891 *.

644

IL MINISTRO A BELGRADO, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 1034/350. Belgrado, 25 dicembre 1895 (per. il 30).

Il giornale di Belgrado Vìdelo pubblicò sotto il titolo «Rivista politica», un articolo in cui accenna ad una pretesa propaganda italiana nell'Albania ed al manifesto che sarebbe stato emesso da una società nazionale albanese istituitasi di recente in Italia1 .

Avuto riguardo al carattere ufficioso di questo giornale, credo mio debito di segnalare all'attenzione di V. E. il contenuto di tale articolo.

Dopo aver detto che da più tempo si parla d'una lega patriottica italiana in favore dell'Albania e della presenza di emissarii italiani in quella provincia, il Vìdelo dichiara che non gli consta «qual parte il Governo italiano abbia in quest'azione preparata dall'irredenta albanese, ma che è più che verosimile che a Roma si tolleri tale propaganda, la quale ha per iscopo di adescare gli arnauti all'idea dell'unione coll'Italia». Aggiunge che, secondo le affermazioni di persone versate negli affari arnauti, a quest'idea sarebbe propenso un buon numero di tribù cattoliche albanesi presso cui la propaganda italiana farebbe grandi progressi. Il giornale passa quindi a commentare il manifesto pubblicato dall'associazione albanese e nel rilevare l'affermazione in esso contenuta che l'Italia è la sola tra le Potenze estere chiamata ad unirsi all'Albania qualora questa non potesse essere costituita in uno Stato indipendente, osserva che quel manifesto è «un documento abbastanza chiaro per giudicare delle aspirazioni italiane relativamente ali' Albania».

Secondo il Vìdelo l'irredentismo italiano avrebbe ora rivolti, verso quella provincia gli sguardi in seguito al colpo terribile che subirono le sue aspirazioni verso Trieste e l'Istria dopo l'alleanza dell'Italia colle Potenze dell'Europa centrale.

2 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

3 Cfr. n. 635, nota 2. 644 1 Cfr. n. 456.

Il giornale conchiude dichiarando con ironia «che qualora le potenti armi italiane non fossero perseguitate dalla fatalità in tutte le spedizioni conquistatrici degli ultimi anni, la nuova irredenta potrebbe ancora far calcolo sopra un fine onorevole delle sue aspirazioni patriottiche. Così invece dovranno ancora per lungo tempo queste due patrie albanesi sospirare inutilmente un amplesso amichevole e duraturo».

643 1 Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 331.

645

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 254. Londra, 26 dicembre 1895, ore 9,13 (per. ore 12).

Ho pensato molto tuo telegramma avantieri 1 . In fondo hai in parte ragione; ma attualmente rispetto ai rapporti che sussistono tra noi ed altre Potenze nulla deve essere mutato se prima noi non abbiamo raddrizzato nostra falsa posizione in Mrica. A tal fine non occorre esagerare sacrifici a danno nostra potenza in Europa. Come soluzione provvisoria bisogna ritornare confini militari generale Baldissera regolando prossime operazioni militari sopra tale concetto. Temo che mondo politico italiano abbia torto considerare ultimi fatti Mrica come questione di onore da vendicare.

646

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 2375. Massaua, 26 dicembre 1895, ore 9,25 (per. ore 21,50).

Dopo telegramma giorno 20 2 , telegrafai giorno 22 3 notizia della risposta fatta a Makonnen mezzo messaggeri da lui mandati, senza inviare Felter, perché ciò avrebbe dimostrato troppa sollecitudine concludere. Secondo il Makonnen ostilità dovevano essere sospese fino a 23 sera da parte scioani, e lo furono infatti; anzi, essendosi gruppo nemico avvicinato Macallé, scopo predare, maggiore Galliano fece tirare qualche colpo di cannone e fece rimostranze a Makonnen che le trovò giuste. A tutto 25 nulla si è intrapreso da scioani. Se Makonnen risponde, risposta potrebbe giungere questa

2 Cfr. n. 641, nota l.

3 Cfr. n. 624.

sera o domani. Nel campo scioano si parla pace, anzi 24 sera correva voce mio convegno con Makonnen a Macallé. Credo Makonnen preoccupato per timore verso ras; mostra amicizia Italia per timore perdere Harar ed ogni potere Etiopia. Felter lo crede propenso pace. Impossibile però intenderei. A evitare gravi perdite tempo prego prendere visione giornalmente telegrammi che dirigo guerra. Invierò tuttavia a V.E. notizie politiche separate.

645 1 Cfr. n. 637.

646 1 Ed. inLV91, p. 77 e inLV92, pp. 166-167.

647

IL DOITOR NERAZZINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. SEGRETISSIMO 252. Aden, 26 dicembre 1895, ore 11,45 (per. ore 12).

Qualche compagnia può rimanere Toccoscia nove chilometri da Zeila 1• Spedizione più grossa con obiettivo Harar può scegliere per sbarco Dongareta due giornate da Zeila. In ogni caso necessita nave da guerra a sostegno e per comunicazione. Facile acquisto vettovaglie e cammelli. Accampamento truppe vicino Zeila produrrà impressione enorme, purché questo sia sollecito, essendo ora Harar sprovvisto guarnigione2•

648

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE URGENTE 242. Roma, 26 dicembre 1895, ore 13,55.

Nostro consenso a negoziare col Governo francese quale rappresentante del bey pel trattato italo-tunisino è concessione decisiva per noi e di alta importanza politica per la Francia, che ci creerà gravi difficoltà all'interno. Potremmo tuttavia deciderci, quando avessimo garanzie che non verrà danneggiata la nostra situazione commerciale in Tunisia. Ma prima di fare ufficialmente anzidetta concessione, occorre sia conclusa definitivamente la delimitazione italo-francese e riconosciuto esplicitamente il valore assoluto della presa d'atto senza riserve fatta dal signor Spuller del nostro protettorato su tutta l'Etiopia e dipendenze. Mi affido al suo tatto per condurre delicata trattativa.

647 1 Risponde al n. 610. 2 Questo telegramma e il n. 610 furono comunicati all'ambasciata a Londra con T. riservato 244 del 26 dicembre. Per la risposta di Ferrera cfr. n. 652.

649

IL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, A NAPOLI

T. RISERVATO 245. Roma, 26 dicembre 1895, ore 17,45.

Nerazzini telegrafa da Zeila: «(vedi telegramma arrivo n. 252 R. del 26 dicembre fino alla fine)» 1 . Abbiamo comunicato Londra. Richiamo sopra queste notizie attenzione VE. pregandola telegrafarmi sua impressione 2 .

650

IL MINISTRO AD ATENE, PISANI DOSSI, AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

L. CONFIDENZIALE. Atene, 26 dicembre 1895.

Sono triste, triste. A parte il mio strano malessere cerebrale e cardiaco, fatto insieme di orgasmi e di abbattimenti, penso all'Africa italiana che mi pare oggi più nera del solito. So che i giornali di qui mentono sfacciatamente, specialmente quando si tratta di dare addosso all'Italia, ma le notizie che essi divulgano, di Menelik e Makonnen che hanno già investito Macallé e marciano vittoriosi su Massaua, e dei dervisci che si levano in massa contro di noi, mi mettono in grave apprensione. Soffro come se un mio figliolo fosse in pericolo. Abbiate pietà di me e telegrafatemi qualche cifra. Ti ho già scritto su ciò: metti i telegrammi a mio conto.

Circa le cose d'Africa, il bravo Burdese, fattosi amico di un signor Taigny, zo segretario di Francia, ha potuto raccogliere qualche informazione interessante. Può essere che voi le possediate già d'altra parte, ma, in ogni modo, ve le riassumo. Il lago Assai sarebbe exploité da una compagnia fondata da Chefneux, della quale fanno parte Menelik e molti francesi, fra i quali il padre di Taigny. È lo stesso Menelik che incassa i profitti e fa i dividenti. Il dividendo dell'ultimo esercizio fu enorme. Il solo Taigny padre che ha una piccola azione si sarebbe preso 20.000 franchi. Il collega di Burdese accennò poi, come cosa da tutti conosciuta, che la Russia aveva fornito le armi e il denaro al negus neghesti.

Vorrei anche scriverti a lungo delle cose di Creta ma il tempo mi manca. Kelaidis continua a supplicarmi perché supplichi Crispi a non lasciare i candioti in balia dei turchi e degli ... inglesi. Questi ultimi accennerebbero a dare una mano -mano

pelosa agli insorti. Fin qui ebbero luogo due combattimenti favorevoli ai cretesi: Kelaidis, il quale viene di tempo in tempo da me sotto colore di interessarmi per una questione di certo fu Zambelli, italiano al quale si dovrebbe erigere un monumento in Creta contestato dal Governo locale, mi rimise l'estratto di un documento che qui accludo1 . È la delegazione del popolo cretese che chiede cartucce. Kelaidis indicherebbe come indispensabile un milione di capsule per fucili Chassepot e Gras. Ci scongiurerebbe, inoltre, di procurargli qualche esatta notizia sulla entità delle truppe turche spedite da Smirne o da Costantinopoli a Creta. Su questo punto non vi sarebbe difficile l'accontentarlo per mezzo mio. Diversamente, l'Italia libera, si mostrerebbe con i paesi in schiavitù, più esosa dell'antica sua tormentatrice, l'Austria. Perché non ordinare, come chiesi, al console alla Canea che mi fornisca telegraficamente le più importanti notizie della rivoluzione? Il ministro inglese le ha direttamente da Candia. Io debbo accontentarmi di riceverne, se pure, due mesi dopo, nelle stampe dei documenti diplomatici! Gli agenti di Sua Maestà all'estero sono costretti, in quasi tutte le questioni, a camminare nel bujo, a tastoni. Sfido io a non inciampare qualche volta!

Presenta ali' ottimo nostro ministro i miei rispetti e i miei fervidi auguri perché vinca la guerra non solo che gli abissini fanno all'Eritrea ma quella che gli invidiosi fanno a lui. E a me.

[P.S.] Ti prego di tener per te la fonte (taci soprattutto il nome di Taigny) delle notizie sul lago Assai. Ricevetti stasera una lettera del 21 da Perelli.

649 1 Cfr. n. 647. 2 Cfr. n. 655.

651

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 256. Pietroburgo, 27 dicembre 1895, ore 14,40 (per. ore 18,40).

Leontieff è qui tornato. Ringrazio l'E.V. importante notizia telegrafatamF. Sono di parere che converrebbe far mostra acconsentire trattare con lui. Mi si assicura che a Parigi abbia comprato d'accordo con Chefneux 30.000 fucili Gras come gli altri già forniti agli abissini; avrebbero, inoltre, ma invano, cercato noleggiare in Inghilterra bastimento per la loro spedizione3 .

2 Cfr. n. 602, nota 3.

3 Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Londra, Parigi e Vienna con T. riser

vato 247, pari data. Per la risposta di Blanc a Maffei cfr. n. 654.

650 1 Non si pubblica.

651 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 367.

652

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 255. Londra, 27 dicembre 1895, ore 15,18 (per. ore 17,30).

Consigli NerazzinF esigono controllo prima di compromettere qualsiasi decisione. Raccolgo io stesso elementi presso questo Stato Maggiore. Appena avrò ricevuto risposta mia nota Salisbury 3 l'accompagnerò con rapporto 4 .

653

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAISSA, _ AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, PERRERO, A PARIGI, TORNIELLI, E A PIETROBURGO, MAPPEI

T. IN CHIARO 2572. Roma, 27 dicembre 1895, ore 19,30.

Havas telegrafa a Stefani quanto segue: <<Aden. Avis Obock italiens cherchant soulever somalis contre abyssins devient nécessaire établir Djibouti corps police français pour prévenir attaque caravanes françaises. On demande détachement troupes allant ou revenant Madagascar soit affecté cette police au moins pendant durée hostilités italo-abyssines» 1 .

654

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAPPEI

T. RISERVATISSIMO 246. Roma, 27 dicembre 1895, ore 19,50.

Decifri ella stessa. Approvo faccia mostra trattare con Leontieff più a lungo possibile1 .

654 1 Risponde al n. 651. Per la risposta di Maffei cfr. n. 657.

652 1 Ed. in L V 92, p. 302. 2 Cfr. n. 647, nota l. 3 Cfr. n. 634, nota 2. 4 Cfr. n. 692, nota 3.

653 1 Per la risposta da Parigi cfr. n. 662.

655

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

T. S.N. [Napoli,] 27 dicembre 1895.

Resto inteso delle notizie date da Nerazzini1 sulle quali giova attendere la risposta da Londra 2 .

656

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

T. RISERVATO 257. Pietroburgo, 28 dicembre 1895, ore 12,20 (per. ore 12,45).

Leontieff, per mezzo di gentiluomo forestiero assolutamente rispettabile, amico mio, mi ha fatto esprimere desiderio vedermi offrendosi trattare pace coll'Abissinia. Egli avrebbe tenuto identico linguaggio che a Tornielli, predicendo gravissimi disastri se Italia persiste voler una guerra di lunga mano preparata da Menelik. Leontieff nega recisamente occuparsi adesso spedizione armi di cui oramai abissini sono abbastanza forniti.

657

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 259. Pietroburgo, 28 dicembre 1895, ore 16 (per. ore 16,35).

In conformità dell'autorizzazione di V.E.1 risponderò entratura di Leontieff ripetendogli ciò che già sappiamo. Egli aspetterà poi con impazienza risposta. In simile stato di cose sottometto giudizio V.E. se non sarebbe meglio farlo partire per Roma 2•

2 Per la risposta da Londra cfr. n. 652. 656 1 Ed. in CR!SPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 368. 657 1 Cfr. n. 654.

2 Cfr. n. 658.

655 1 Cfr. n. 649.

658

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI

T. RISERVATISSIMO 249. Roma, 28 dicembre 1895, ore 19.

Decifri ella stessa. V. E. accolga prime entrature Leontieff 1 come sua iniziativa personale. Ella potrà poi fargli comprendere che simili accordi non si possono stringere in un giorno specialmente dovendo egli ancora dimostrare suoi mezzi d'influenza. Escludo quindi per ora venuta di Leontieff a Roma.

659

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. RISERVATISSIMO 250. Roma, 28 dicembre 1895.

Avvenimenti d'Africa decideranno ormai nostra posizione anche in Europa, dando la misura della nostra potenzialità militare e morale e della nostra forza di resistenza ai tentativi avversari di diversione. Occorre quindi farvi fronte in modo che abbiano esito risolutivo. Essi non ci faranno mutare di punto in bianco politica, ma è certo che l'atteggiamento che tengono e terranno di fronte a quegli avvenimenti gli amici, sui quali tutta Italia credeva poter contare, influirà sul nostro indirizzo prossimo avvenire. E parmi di tutto ciò tu possa servirti liberamente.

660

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. RISERVATISSIMO 251. Roma, 28 dicembre 1895, ore 20,25.

Nuovi messi Makonnen a lei e a Felter potrebbero confermare supposizione che Makonnen abbia a dire a Felter cose che vuole ignorate da tutti gli abissini. Lascio

V.E. giudice dell'opportunità di aderire al desiderio di Makonnen, se questi domanda nuovamente invio di Felter presso di lui, desiderio di Makonnen potendo anche servirei per agire sopra animo suo *e tentare staccarlo da Menelik. *

660 1 Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in LV 91, p. 80 e in LV 92, p. 169.

658 1 Risponde al n. 657.

661

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 261. Massaua, 28 dicembre 1895, ore 22 (per. ore 22,50).

Lettera Makonnen 26 da Dolò cerca provare non aver avuto egli colpa dell'ostilità; si lagna non gli aver io mandato Felter, conclude: «Stando ella centro Tigrè non può far pace; ritirandosi Asmara potrà trattare con imperatore: in Adigrat impossibile. Da oggi io non mi immischio più; dove comanderà imperatore spargerò eroicamente mio sangue; non posso trattenere capi comandanti per la guerra perché non credono più sincerità nost\-e trattative. Nessuno però le impedisce di scrivere all'imperatore col quale potrà definire suoi affari». Termina coi consueti augurii per me ed esercito. Considero questa lettera come una rottura delle offerte pacifiche con proposte impossibili e come un'altra prova che Makonnen voleva giuocare doppia partita.

662

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 258. Parigi, 28 dicembre 1895.

Industria di privati di fabbricazione armi e munizioni non è né può essere sospesa in Francia, cosicché se Leontieff ha denari per comprarne prodotti, può essere vero che egli abbia fatto qui contratti per parecchie migliaia fucilP. Adopero un ingegnere che si occupa egli stesso di questo ramo d'industria per sapere mediante pecuniari compensi ciò che riuscisse a Chefneux di ottenere qui direttamente od indirettamente dal Governo o dai suoi stabilimenti. Ho saputo intanto che in occasione recentissima il presidente della Repubblica ha ripetuto spontaneamente all'ambasciatore di Germania ciò che disse a me relativamente alle cose nostre di Africa esprimendogli inoltre il dispiacere che gli cagiona il sapere che in Italia si possa credere che la Francia soccorra con armi e denaro l'Abissinia. Io conoscevo nota dell'agenzia Ha vas telegrafatami da codesto ministero 2 circa necessità di un presidio a Gibuti. Mi propongo parlarne con questo ministro degli affari esteri e mi premerebbe, per norma di linguaggio,

sapere se sia vera notizia defezione sultano Aussa e consegna agli abissini delle armi ricevute da noi. La presenza di una forza armata francese potrà prevenire sconfinamenti delle tribù poste sotto la nostra influenza e potrebbe servire a fare rispettare divieto del Governo centrale.

661 1 Ed. in LV91, p. 80 e in LV 92, p. 169. 662 1 Cfr. n. 651, nota 3. 2 Cfr. n. 653.

663

IL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

L. PERSONALE. [Roma,]28 dicembre 1895.

Leroy-Beaulieu dice cose giustissime riguardo alle colonie. Ma da noi la questione si complica con la difficoltà di trovare capitali nazionali e in mano di nazionali, e di non crearci dei padroni forestieri, pel tramite della Banca.

Riguardo a Tunisi, se i francesi ci dessero Obock in cambio di tutte le rinunzie, oramai assolutamente teoriche, accetterei.

Le ripetute lettere di Makonnen a Felter, e il desiderio di trattare con Felter personalmente non potrebbero fornire qualche apertura per trattare con Makonnen contro Menelik? Sono cose che andrebbero trattate direttamente da qualche nostro messo con Makonnen, senza interpreti. Perché Baratieri non gli manda Felter? Non gli si potrebbe suggerire 2? Sarà sempre un modo di guadagnare tempo; e se Felter sa parlare la lingua, può scandagliare molte cose.

[P.S.] Ti ritorno il numero della Revue.

664

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 2389. Bruxelles, 29 dicembre 1895, ore 11,20 (per. ore 14,55).

Console d'Italia Anversa, rappresentante Compagnia di navigazione Lloyd germanico, mi riferisce che armeno presentatosi ieri ufficio ha domandato se la Compagnia consentirebbe trasportare ogni mese venti o venticinque tonnellate di vecchi fuci

2 Cfr. n. 665. 664 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 351.

li, ed a fare scalo all'altezza porto Gibuti, dove nave accosterebbe piroscafo per imbarcare fucili. Gli fu risposto che la sua proposta sarebbe trasmessa Brema alla Compagnia di navigazione, la quale, secondo il parere del r. console, rifiuterà. Informerò domani questo Governo2 .

663 1 Ed. in SoNNINO, Carteggio 1891-1913, cit., pp. 171-172.

665

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI l

T. RISERVATISSIMO URGENTE 253. Roma, 29 dicembre 1895, ore 12,55.

Sarà difficile spiegare come abbiamo assunto responsabilità di rifiutare invio a Makonnen della sola persona con cui voleva trattare. Persisto nel ritenere che non invano Makonnen insistesse per parlare personalmente con Felter, il quale, anche per essere un semplice privato, potrebbe ancora aderire all'invito fattogli senza che si menomi la nostra dignità. Veda dunque V.E. se non è il caso di farlo, senza pregiudizio delle operazioni militari, tanto più che, secondo quanto ella telegrafa al Ministero della guerra2 , ella ha l'impressione che Makonnen non voglia impegnarsi a fondo nella presente lotta3 .

666

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, IMPERIALI

T. 2581. Roma, 29 dicembre 1895, ore 14,45.

Ricevuto rapporto 22 corrente n. 2411 . Ringrazi codesto Governo per cortese leale comunicazione circa Serkis Terzian. Verifichi se nella legislazione belga abbiavi disposizione autorizzante espulsione stranieri senza motivo specifico, come avviene Italia per semplice ordine pubblico. Caso affermativo, ella potrebbe delicatamente segnalare la cosa codesto ministro affari esteri. Espulsione noto armeno territorio belga avrebbe per noi, se non grande importanza pratica, certo alto significato morale e potremmo giovarcene presso altri Governi.

2 T. del28 dicembre, ed. in LV 91, p. 81 e in LV 92, p. 170.

3 Per la risposta cfr. n. 676.

664 2 Per la risposta cfr. n. 667.

665 1 Ed. in LV 91, p. 81 e in LV 92, p. 171.

666 1 R. riservato 416/241, non pubblicato, con il quale Imperiali aveva trasmesso una nota verbale del Governo belga circa Serkis Terzian, sospettato di spedire armi in Etiopia.

667

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, IMPERIALI

T. 2582. Roma, 29 dicembre 1895, ore 17,35.

Tentativo Terzian presso Lloyd germanico 1 giustifica pienamente da parte sua passo presso codesto Governo di cui mio precedente telegramma odierno 2 . Lo faccia quindi subito3 .

668

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2583. Roma, 29 dicembre 1895, ore 17,35.

La r. legazione a Bruxelles telegrafa: «Console d'Italia Anversa ecc. (vedi telegramma n. 2389)»1• V. E. vorrà adoperarsi perché si e no rispettate disposizioni emanate da codesto Governo contro traffico e trasporto armi per l'Etiopia 2 .

669

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 2622 . Massaua, 29 dicembre 1895, ore 19.

Felter risponde a Makonnen che dal momento che egli dimostra sì vivo desiderio, governatore gli permetterà andare campo, quando abbia guarentigie assoluta sicurezza personale.

667 1 Cfr. n. 664. 2 Cfr. n. 666. 3 Per la risposta cfr. n. 6 72.

668 1 Cfr. n. 664. 2 Per la risposta cfr. n. 674. 669 1 Ed. in LV 91, p. 81 e in LV 92, p. 170. 2 Risponde al n. 665.

670

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. 53030/1003. Roma, 29 dicembre 1895.

Dal promemoria che le trasmetto qui accluso 1 l'E.V. rileverà come l'istituto della delegazione apostolica in Egitto e la tradizione sinora costantemente seguitasi di chiamare a quella dignità un francescano italiano corrano pericolo di mutamenti per le insistenze della Francia. Prego l'E.V. di voler richiamare l'attenzione del conte Goluchowski su questo argomento e di chiedergli se egli non crederebbe opportuno di spiegare una qualche azione presso il Vaticano onde non sia turbato lo statu quo.

La avverto, ad ogni buon fine, che ho consegnato copia dell'unito documento al barone Pasetti, il quale promise di scrivere in proposito al proprio Governo 2•

671

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 263. Londra, 30 dicembre 1895, ore 11,53 (per. ore 14,20).

A nome Salisbury Sanderson mi prega domandare confidenzialmente quali passi richiederebbe Governo italiano da parte del Governo portoghese per nominare un rappresentante italiano a Lisbona. Giovedì avendo luogo colà discorso della Corona Governo portoghese è imbarazzato sul modo toccare argomento. Salisbury non ha potuto rifiutare buoni uffici chiesti da Governo amico. Prego V.E. mettermi in grado di rispondere con sollecitudine 1•

672

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2398. Bruxelles, 30 dicembre 1895, ore 14,53 (per. ore 17,35).

Ho eseguito puntualmente ordini di V.E. contenuti nel telegramma di ieri1• Segretario generale mi ha dichiarato avrebbe parlato con ministro di grazia e giu

2 Per la risposta cfr. n. 690. 671 1 Cfr. n. 679. 672 1 Cfr. n. 667.

stizia solo competente e che ho motivo di credere ostile espulsione per ragioni parlamentari2 •

670 1 Non si pubblica.

673

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 265. Berlino, 30 dicembre 1895, ore 16,10 (per. ore 16,50).

Governo imperiale, imperatore, che giornalmente si fa riferire su nostra situazione Africa e ammira entusiasmo nostre truppe, prendono vivo simpatico interesse nostre difficoltà. Avendo richiamata attenzione barone Marschall sopra mene francesi-russe a nostro danno, egli mi assicurò aver dato istruzioni ambasciatori Parigi, Pietroburgo tenerlo informato di tutto. Disgraziatamente mancano dati positivi per provare connivenza Governo francese negli incoraggiamenti morali materiali a Menelik, e Lobanoff continua dire che per lui non esiste questione abissina. Sarei gratissimo

V.E. fornirmi tutti dati certi che V.E. possiede e farmi conoscere linguaggio Lobanoff con MaffeF.

674

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 2397. Berlino, 30 dicembre 1895, ore 16,10 (per. ore 17,10).

Barone Marschall oggi farà telegrafare Brema, Anversa per impedire trasporto armi da Lloyd germanico di cui V.E. mi ha annunziato essere stata fatta domanda in Anversa a quella Compagnia di navigazione 1 e cercherà anche scoprire, se possibile, provenienza. Governo imperiale, volendo assicurarsi che non sia stato fatto traffico clandestino armi da Germania in quest'ultimo tempo, ordinò accurata inchiesta che diede risultato negativo. Sarebbe desiderabile che Francia Russia almeno pro forma facessero altrettanto.

opportuna l'espulsione di Serkis Terzian>>. 673 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 351-352.

2 Cfr. n. 675. 674 1 Cfr. n. 668.

672 2 Con rapporto del 15 gennaio, non pubblicato, Imperiali comunicò: « ... il Governo belga non ravvisa

675

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZN

T. RISERVATISSIMO 254. Roma, 30 dicembre 1895, ore 20.

V.E. ha ricevuto sempre comunicazione dati positivi venuti a conoscenza R. Governo circa quanto si è fatto da Marsiglia e da Obock per fornire armi e munizioni a Menelik e che Governo francese non poteva ignorare. Governo francese già da tempo ci assicurava a parole avere emanato disposizioni proibitive senza curarsi loro applicazione, fidando nel nostro apparente o reale isolamento in Africa. Esso sembra ora proibire sul serio, sia che riconosca essersi troppo compromesso, sia che ritenga Menelik sufficientemente armato. Siamo grati amichevole interessamento Governo imperiale2 , interessamento che quando fosse reso noto a Parigi potrebbe ancora riuscire efficace 3•

676

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Massaua, 30 dicembre 1895, ore 20,20 (per. ore 21,10).

Sebbene lo credessi perfettamente inutile, pure avrei inviato alla prima richiesta Felter da Makonnen se presidente del Consiglio non mi avesse dato direttiva col telegramma 162 ricevuto quando già Partini era al campo di Makonnen e se Partini per rientrare a Macallè con mie istruzioni, non avesse dovuto vedere Makonnen. Lo aggiunger Felter, dopo ingiunzione tornare al nostro Paese, poteva interpretarsi paura. Ora spargesi voce sbarco truppe italiane, nel campo nemico scema baldanza venire strette per vettovagliarsi. Parmi Felter possa meglio servire. Trascrivo telegramma presidente del Consiglio, e prego istruzioni ministeriali sieno concordi: «A Makonnen che chiede uomo di fiducia per trattare, risponda che lo mandi lui al campo italiano, oppure che venga egli in un luogo neutrale o all'Asmara per negoziare un accordo» 3 .

2 Cfr. n. 673.

3 Cfr. n. 681. 676 1 Ed. inLV91, p. 83 e inLV92, p. 173.

2 Cfr. n. 600.

3 Per la risposta cfr. n. 678.

675 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 352.

677

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 3838/1046. Vìenna, 30 dicembre 1895 (per. il 4 gennaio 1896).

È da tre giorni in Vienna Sua Altezza il principe Clovis di Hohenlohe, cancelliere dell'Impero germanico, qui venuto per vedervi suo fratello il principe Costantino, primo gran mastro della Corte dell'imperatore Francesco Giuseppe, da qualche tempo cagionevole di salute, e anche per restituire al conte Goluchowski la visita che questi gli fece ad Aussee nella scorsa estate. Ripartirà questa sera, o domani mattina, direttamente per Berlino.

Valendomi delle antiche relazioni di collega che ebbi con lui per vari anni, quando egli occupava il posto di ambasciatore germanico a Parigi, potei avere con lui due conversazioni di cui mi pregio di render conto, in via strettamente riservata, a V.E.

l) Impegni del1887. Informai il principe dei passi fatti fare dal Governo del re a Vienna e a Londra perché si procedesse allo scambio di comunicazioni previsto dall'accordo operatosi nel dicembre del1887 fra l'Italia, l'Inghilterra e l'Austria-Ungheria coll'approvazione della Germania, circa gli affari dell'Oriente ottomano, allo scopo di concretare l'attuazione degli impegni in esso stabiliti in massima. Riassunsi brevemente le ragioni di opportunità che avevano indotto il Governo del re a fare adesso una tale proposta, ragioni che V.E. aveva esposte nel suo dispaccio a questa r. ambasciata del 3 corrente 1• Dissi a Sua Altezza che io ignorava quale risposta fosse stata data dal Gabinetto di Londra, ma la ragguagliai di ciò che il conte Goluchowski mi aveva comunicato qui in proposito, cioè che egli si proponeva di consultare Londra e Berlino e credeva doversi attendere anzitutto che la fase, in cui si trovava la questione turca circa la di lui proposta, fosse risolta, ma che poi pur riservandosi di studiare attentamente la questione, pensava fin d'ora che si dovessero precisare e rendere più pratici gli accordi del 1887, tentando di ottenere impegni più positivi per parte dell'Inghilterra e possibilmente della Germania. Chiesi quindi al principe quali fossero al riguardo le sue idee e le disposizioni del Gabinetto di Berlino.

Il principe non parve interamente informato di questa fase della vertenza. Però mi disse che il Governo germanico avrebbe visto con soddisfazione che l 'Italia e l'AustriaUngheria ottenessero dall'Inghilterra impegni più positivi per gli affari d'Oriente e del Mediterraneo. La Germania vi avrebbe dato la sua approvazione. Ma egli perseverava a credere che la Germania in tali questioni doveva stare, anche per il futuro, in seconda linea e che così facendo essa avrebbe reso miglior servizio alle Potenze coalleate, che non prendendo impegni positivi. Circa tale concetto del Gabinetto di Berlino io veramente avrei da fare qualche riserva, e non lo lasciai ignorare al mio interlocutore. Ma il modo esplicito con cui egli si espresse, non permette guari di sperare che il Governo tedesco si lasci indurre con persuasioni in altra sentenza. Il principe si mostrò

d'altronde molto scettico rispetto all'Inghilterra. Egli non crede che il Governo britannico sia disposto ad entrare in una grossa guerra per gli affari di Turchia, e sembra persuaso che anche volendolo non si troverebbe in grado di sostenerla materialmente. Nell'esprimersi in tal modo, il principe Hohenlohe rifletteva evidentemente le idee e le convinzioni dello Stato Maggiore generale. Il suo linguaggio relativamente all'Inghilterra mi confermò nella credenza che a Berlino non si giudichino con equità le cose inglesi e l'attitudine del Governo inglese. Anche la condotta così dignitosa e così calma del Gabinetto di Londra, in presenza della provocazione diretta mossagli dal presidente degli Stati Uniti, non fu e non è apprezzata a Berlino nel suo vero carattere.

2) Affari di Turchia. Passando a parlare dei presenti affari di Turchia, chiesi al principe se aveva qualche cosa a dirmi che credesse utile il far comunicare per mio mezzo al Governo del re. Egli mi rispose che gli sembrava che questi affari fossero ora entrati in una fase di calma relativa. Non mi celò che ebbe, nel periodo passato, qualche inquietudine e temette che i Governi d;ltalia e di Austria-Ungheria, spinti dall'Inghilterra s'impegnassero troppo più oltre che non convenisse alla conservazione della pace. Ho creduto dover rassicurare il cancelliere su questo punto, osservando che il Gabinetto di Roma, e per quanto sapevo anche quello di Vienna, non avevano subìto nella loro azione alcuna spinta da Londra. Il principe, ad ogni modo, raccomandava la più gran prudenza in questi affari, e mostrò la sua soddisfazione dell'attitudine circospetta che l'Italia aveva tenuto al riguardo. Per ora, soggiunse il principe, il punto meno rassicurante è la Macedonia. L'Austria-Ungheria, e al pari di essa la Russia, si mostrano impensierite della possibilità di torbidi in quella provincia al sopraggiungere della primavera. L'ambasciatore di Russia presso questa Corte, conte Kapnist, probabilmente per istruzione del suo Governo, se ne aprì col conte Goluchowski, a fine di provvedere, con opportuni e seri consigli dati a Costantinopoli dall'un lato, e a Sofia dall'altro, al mantenimento della tranqùillità, e di prevenire nuovi moti in quella regione. Il cancelliere germanico mi sembrò disposto a concorrere per sua parte a tali consigli. Null'altro del resto egli aveva a dirmi circa questi affari, eccetto che consigliava a noi, come a tutti, la massima circospezione.

3) Scambi d'idee tra i Gabinetti alleati. Ho creduto dover profittare dell'occasione che avevo di intrattenermi col cancelliere tedesco per ricordargli l'impegno che obbliga i Gabinetti di Roma, di Berlino e di Vienna a procedere a uno scambio reciproco di idee sempreché sorga una questione politica di qualche entità che implichi gli interessi delle tre Potenze, in guisa che ciascuna di esse non si trovi impegnata in una data direzione prima di essersi consultata coi suoi alleati. Il principe Hohenlohe prese nota speciale di questo richiamo.

4) Feste di Nizza. Finalmente esposi al principe, che non me ne parve informato, il desiderio del Governo del re di ottenere che i Governi delle Potenze amiche e alleate mandino positive istruzioni ai loro consoli a Nizza, perché questi abbiano ad astenersi con cura dal prender parte alle feste del centenario della presa di Nizza per parte dei francesi nel secolo scorso, alle quali assisterà il presidente Faure nel prossimo mese di marzo. Feci notare a Sua Altezza, che una tale celebrazione feriva il sentimento italiano, e che il Governo del re non era senza una certa inquietudine sul modo con cui si sarebbe passata e sulle conseguenze comunque il presidente della Repubblica francese avesse fatto dare al Governo del re assicurazioni sul linguaggio corretto che avrebbe tenuto in tale circostanza 2• Ricordai poi che i Governi d'Inghilterra e d'Austria-Ungheria3 avevano dato al Governo del re la promessa d'inviare ai loro consoli istruzioni precise nel senso da noi desiderato, e che il barone Marschall aveva pure dato all'ambasciatore del re a Berlino assicurazioni nel medesimo senso. Ma soggiunsi che io credeva tuttavia dover chiamare la di lui attenzione su questo nostro legittimo desiderio, ed informarlo che contavamo anche in questa occasione sulla efficace amicizia della Germania per l'Italia. Anche di questo il principe cancelliere prese apposita nota, assicurandomi che avrebbe provveduto a seconda della nostra aspettativa.

Il conte Goluchowski, al quale ho riferito la sostanza di ciò che il principe di Hohenlohe mi aveva detto, e a cui chiesi se il linguaggio tenuto a lui dal cancelliere fosse conforme, mi disse che questi gli aveva parlato in un senso perfettamente identico, sia per gli affari d'Oriente in generale, sia per quanto riguarda le relazioni tra le Potenze alleate e l'Inghilterra, e che nessun altro affare era stato trattato nelle conversazioni del principe con esso lui, né nell'udienza accordata al principe dall'imperatore.

677 1 Cfr. n. 533.

678

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. RISERVATISSIMO PRECEDENZA ASSOLUTA 255. Roma, 31 dicembre 1895, ore 10,28.

Telegramma giorno 16 firmato CrispF era suggerito dalle circostanze del momento. Ora invece invio Felter potrebbe giovare come V.E. stessa mostra ritenere anche col suo telegramma del 29 corrente 3. Se lo crede opportuno lo mandi dunque, quando abbia guarentigie sicurezza personale.

679

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. RISERVATO 256. Roma, 31 dicembre 1895, ore 10,53.

Il contegno del Governo portoghese è stato tale, anche dopo l'incidente, che non spetta a noi indicargli il modo di trarsi d'impaccio 1 .

3 Cfr. n. 588, nota 2. 678 1 Ed. in LV91, p. 83 e in LV 92, p. 173. 2 Cfr. n. 600. 3 Cfr. n. 669.

677 2 Cfr. n. 622.

679 1 Risponde al n. 671.

680

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 2. Pietroburgo, 31 dicembre 1895, ore 19,30 (per. ore 0,20 del 1° gennaio 1896).

Leontieff ritenendosi sorvegliato, non vuole venire da me; bramerebbe incontrarmi in un ritrovo concertato dall'intermediario; ma io non vi accondiscenderò senza autorizzazione di V.E.1 . Suo movente è lucrare e dicesi che pure Chefneux lo animerà ristabilire pace essendo essa necessaria ai loro comuni scopi commerciali in Abissinia, ove credono trovare miniere d'oro. Leontieff spacciasi sempre per confidente di Menelik e della sua consorte mostrandone lettere e telegrammi anche recenti; egli assevera che la sua voce sarà ascoltata e che nello Scioa non vi sono né ufficiali, né fucili russi. *È qui rappresentante della ditta americana costruttrice delle mitragliatrici Hotchkiss il quale afferma che da molti mesi ne poté comprare ventisei in Inghilterra per conto degli abissinF. *

681

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 266. Berlino, 31 dicembre 1895 (per. stesso giorno) 1.

Riferendomi ultima parte telegramma di V.E. ieri sera 2 posso assicurarla che a Parigi non è ignorato interessamento Germania nostre difficoltà in Abissinia, me ne affida linguaggio sebbene misurato barone Marschall e più ancora linguaggio questo mio collega francese.

682

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

D. RISERVATISSIMO 53429/477. Roma, 31 dicembre 1895.

Il linguaggio del colonnello Slade, che è venuto dal Cairo e riparte per Londra, mi fa supporre che Kitchener pascià abbia ottenuto da lord Cromer un movimento di truppe anglo-egiziane verso Cassala che, secondo il protocollo del 15 marzo1 91, esse

2 Il brano fra asterischi è ed. in CRtSPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 368, con data 2 gennaio, giorno in cui questa parte del telegramma fu ripetuta (T. 17). 681 1 Manca l'indicazione delle ore di partenza e di arrivo.

2 Cfr. n. 675. 682 1 Sic, ma si fa riferimento al protocollo del15 aprile 1891 per il quale cfr. serie Il, vol. XXIV, n. 222, allegato.

avrebbero diritto di occupare. È evidente che, in tal caso, sorgerebbe una quistione di compensi per la sicurezza data per più d'un anno agli inglesi dalle nostre armi come attestava l'ultimo rapporto pubblico di lord Cromer; ma oltre a ciò potremmo osservare che un protocollo ne vale un altro; che il controllo effettivo dell'Italia sulle popolazioni entro la sfera d'influenza italiana delimitata dal protocollo del 5 maggio, controllo previsto dalla dichiarazione italo-inglese della stessa data, ci è impedito dal tenerci chiusa Zeila; che la facoltà concessa alle autorità britanniche, in difetto di quel controllo effettivo italiano, di prendere le misure temporanee che potessero essere necessarie per conseguire l'osservanza da parte di quelle popolazioni delle stipulazioni contenute nel protocollo, non solo non si è esercitata nell'interesse di comune sicurezza affermato in quella dichiarazione, ma ha lasciato, che ogni uomo valido nell'Harar partisse in guerra contro Baratieri; e infine che le autorità britanniche non hanno punto usato del diritto stabilito nella dichiarazione stessa di entrare in comunicazioni dirette colle autorità di Harar per lo scopo i vi specificato di assicurare l'osservanza delle stipulazioni stesse, ma si sono appagate che l'ordine fosse mantenuto nella propria sfera d'influenza mentre da Zeila ci impedivano di mantenere l'ordine nella nostra. In questa condizione di cose che mette a dura prova la fiducia della Nazione italiana nell'amicizia inglese, V E., astenendosi da ogni iniziativa circa la quistione di un'eventuale sostituzione degli anglo-egiziani a noi in Cassala, ben vorrà dirmi il proprio parere sul silenzio prolungato di lord Salisbury, il quale sembra tener in sospeso una dimostrazione anche puramente teorica d'amicizia per l'Italia nella questione di Zeila, come fu tenuta sinora sospesa la pubblicazione della dichiarazione, pur già notificata alle altre Potenze, del 5 maggio 18942; e ciò per il caso che qualche nesso esistesse per codesto Governo fra questi ultimi argomenti e quello eventualmente relativo a Cassala.

*Dopo il sangue versato per assicurare in Cassala la difesa della Colonia contro i sudanesi, non potremmo ammettere che una occupazione inglese a Cassala avesse, come a Zeila, l'effetto di esporci senza difesa ad aggressioni nemiche, delle quali potrebbero disinteressarsi, in Cassala come già in Zeila, le forze inglesi3 . *

680 1 Blanc rispose con T. riservatissimo 3 del l o gennaio: <<Autorizzo incontro in casa di terzi>>.

683

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC,

A ...

CONFIDENZIALE. [Roma,] ... dicembre 1895.

Presentemente, mentr'è più attiva che mai la politica della Santa Sede contro la Triplice Alleanza, Italia, Germania e Inghilterra non esercitano né intendono esercitare alcun diritto di veto o di esclusiva nella futura elezione pontificia.

3 Il passo fra asterischi è stato aggiunto da Blanc sulla minuta. Per la risposta di Ferrero cfr. n. 755. 683 1 Il documento, a stampa riservata, è privo di destinatario. Si tratta di un dispaccio o di un promemoria.

La Francia, invece, fa fin d'ora circolare nel Sacro Collegio avvertimenti precisi sui candidati ch'essa esclude, dichiarando che opporrà il suo veto ad ogni candidato papabile che non dia pegni alla politica della Francia come protettrice del cattolicesimo nel Mediterraneo e come sola Potenza cointeressata alle rivendicazioni pontificie in Italia.

La preponderanza ancora accresciuta alla Francia nel Sacro Collegio dalle ultime nomine cardinalizie rende vana la considerazione che la Repubblica francese non ha se non il diritto formale di escludere un solo candidato, e che l'Austria e la Spagna possiedono rispettivamente lo stesso diritto, e possono esercitarlo d'accordo con l'Italia: considerazione questa, in base alla quale i Gabinetti alleati hanno finora ritenuto inopportuno rivendicare, contro il diritto di veto, l'indipendenza della elezione pontificia e la libertà della Chiesa, che gli autori ecclesiastici approvati dalla Santa Sede hanno dichiarato incompatibile con l'esercizio del veto.

L'Italia non può non constatare che la libertà del conclave, della quale il R. Governo si è costituito fedele guardiano, è diventata una pura finzione nell'attuale condizione di cose.

È vero che non basterebbe la rinuncia dell'Austria-Ungheria e della Spagna alla facoltà di veto, per mutare in alcun modo le condizioni della elezione; è pur vero che la Francia non vi rinunzierebbe mai, e che quand'anche mai lo facesse, neppure la sua rinunzia scemerebbe la sua preponderanza nella elezione.

La questione del veto non sarebbe dunque che un mezzo d'introdurre la questione più vasta, della subordinazione della sovranità e della diplomazia pontificia, nonché dello stesso conclave, alla politica francese.

Ad ogni modo, il veto o l'esclusiva della Spagna e dell'Austria-Ungheria non possono interessare se non le questioni d'ordine interno delle due Potenze e le protezioni religiose in Oriente della seconda delle Potenze stesse. Non è in alcun modo una guarentigia per la Germania e per l'Italia, e tanto meno poi per l'Italia.

Anzi, dal punto di vista italiano, il veto o l'esclusiva non possono essere considerati se non come una di quelle facoltà di Stato, quali sono l'exequatur e altri simili, abbandonate già nei Paesi le cui istituzioni riposano sulla libertà delle Chiese.

Ma, per contrario, l'Italia, prescindendo da ogni quistione religiosa, e ammettendo anche in massima di poter consentire in date circostanze a non fare più uso neppure dell'exequatur verso i vescovi, ha motivo e dovere più di qualsiasi altra Potenza di preoccuparsi, dal punto di vista puramente politico, de' pericoli per lo Stato che sono dovunque la ragion d'essere delle facoltà di exequatur, di nomina de' vescovi, e di veto; pericoli che consistono per essa nella guerra civile, proclamata in permanenza, e nell'intervento straniero apertamente invocato dal vescovo di Roma, capo della Chiesa italiana.

Si può ammettere a rigore che il diritto di rifiutare o di ritirare l'exequatur non sia applicabile al vescovo di Roma; ma, in tal caso, converrebbe che, almeno, egli esercitasse le funzioni vescovili, anziché dichiarare con parole, con scritti divulgati fra l'orbe cattolico, e con un pratico sciopero, non poter esercitare quelle funzioni nella città dove i suoi predecessori furono sovrani. Onde, il Governo italiano si trova in presenza di una vedovanza della Chiesa vescovile di Roma.

E, non solo nel vescovado di Roma, ma in tutte le provincie d'Italia che furono dominio pontificio, il papa, per la stessa regione del potere temporale già posseduto, e del quale sembrano essere destinati a continuare indefinitamente gli effetti nocivi alla religione, si dichiara in isciopero come capo della Chiesa.

Non è dunque un vescovo di Roma, né un capo della Chiesa italiana, che il futuro conclave è chiamato ad eleggere: la lettera del papa al cardinale Rampolla, in data 8 ottobre 1895, ha confermato in termini assoluti, i quali non possono a meno d'impegnare il conclave (se non verranno autenticamente revocati dalla competente autorità ecclesiastica), che si tratterà di eleggere un pretendente politico ad una sovranità territoriale, incompatibile, qualunque ne sia l'estensione anche minima, con la sovranità nazionale e con l'unità d'Italia.

In tale stato di cose, la questione del come provvedere al servizio cattolico nel vescovato di Roma, sia per elezione del clero dai fedeli, come anticamente si praticava, sia per mezzo di vicari capitolari, come suole avvenire negli interregni pontifici, sia da chi venga designato dal papa assente, è questione delicata senza dubbio, ma non di assoluta gravità; è questione, ad ogni modo, d'ordine interno, che apparisce affatto secondaria in confronto dell'altra, puramente politica, quella, cioè, dell'elezione da farsi da principi della Chiesa, sia stranieri che italiani, d'un pretendente politico.

Ogni Stato secondo il diritto pubblico universale ha non solo il diritto, ma bensì il dovere, verso la pubblica tranquillità di cui è responsabile, di prendere i provvedimenti necessarii contro i pretendenti e i loro agenti. L'Italia può spingere la temerità fino ad affrontare indefinitamente, in tempo di pace, uno stato di cose che favorisce sempre più l'alleanza de' radicali coi gesuiti e mina a poco a poco le basi della Monarchia; ma essa si espone ad un pericolo finale e decisivo, in caso di guerra, non soltanto per la parte delle sue forze che sarebbero immobilizzate in Roma dalla presenza d'un sovrano alleato al nemico, ma per l'aiuto all'aggressore e gl'impedimenti alla difesa che, in un momento di mobilitazione delle forze di terra o di operazioni difensive della squadra, risulterebbero da una partenza solenne del papa e della sua Corte, tanto per la via di terra che di mare. E questo secondo caso, quello cioè della partenza del sommo pontefice, è da prevedersi inevitabile quando la capitale dovesse porsi in assetto di difesa, l'autorità militare non potendo allora lasciare ad alcuno in Roma libere le comunicazioni col nemico, e dovendo essa altresì sospendere la legge delle guarentigie, la cui base implicherebbe la perpetua neutralità dell'Italia.

La condizione di cose storica sulla quale riposavano i diritti di veto delle Potenze cattoliche, le quali, una dopo l'altra, rivendicarono sul papato i diritti di Costantino e di Carlomagno, è stata completamente distrutta dalla costituzione dell'Italia e della Germania in unità nazionali. Non possono perciò le due Potenze sottrarsi alla necessità di dare alla secolare questione una soluzione conforme alla legge suprema di propria conservazione per le due Monarchie.

682 2 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 264.

684

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 4. Parigi, r gennaio 1896, ore 16,15 (per. ore 18,45).

Al ricevimento di oggi il presidente della Repubblica mi ha incaricato di far conoscere a S.M. il Re la soddisfazione cagionatagli da vedere come fossero stati ben interpretati ed accolti i sentimenti che egli aveva avuto recentemente occasione di fare pervenire per mezzo mio1 . Il presidente della Repubblica formulando i migliori voti per noi in Mrica, ha pure espresso la convinzione che la cordialità dei rapporti fra il suo ed il nostro Paese si consoliderà facendo sparire i malintesi. Il presidente del Consiglio, in presenza del ministro degli affari esteri, mi disse che il Governo e la Francia ringraziavano il re per la cordialità dei suoi sentimenti 2 di cui era giunta qui graditissima l'espressione.

685

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

Roma, r gennaio 1896, ore 17,45.

Aspettiamo Fassati con plichi il tre gennaio 2 ma intanto ci perviene informazione indiretta che lord Salisbury ritiene dovremmo essere contenti della sua risposta per Zeila. Urge sapere quale sia obbiettivamente risposta fatta a V.E.3 . Ci riserviamo informarla del linguaggio che dovrà eventualmente tenere al Foreign Office al riguardo come pure riguardo agli argomenti della mia lettera privata del 304 .

686

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 7. Pietroburgo, l o gennaio 1896, ore 18,40 (per. ore 20,05).

Intermediario mi [comunica] in iscritto nuovo colloquio con Leontieff che per la sua importanza credo mio dovere riferire. «Leontieff mi ha detto che per il noto affare agirebbe precisamente in qualità di sensale ma con influenza veramente straordinaria al punto da garantire che entro un mese dalla sua partenza concluderebbe accomodamento perfettamente onorevole con gran risparmio di sangue e danaro. Non si dovrebbe però più parlare di protettorato. Ripete che Menelik lo considera proprio come un Dio. Non chiede nulla per ora, eccetto le leggere spese necessarie, fiducioso di poter reclamare più tardi il compenso adeguato al suo successo. Considera che in

2 Cfr. n. 621. 685 1 Minuta autografa. 2 Allude alla risposta di Salisbury, per la quale cfr. n. 692, nota 3. 3 Per la risposta cfr. n. 688. 4 Non rinvenuta.

una breve conversazione con S.E. Crispi lo convincerebbe tosto della bontà, agevolezza ed alta importanza internazionale futura di simile modo di agire. Egli brama incontrarsi se è possibile»1 .

684 1 Cfr. n. 618.

687

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI

T. RISERVATISSIMO 7. Roma, 2 gennaio 1896, ore 11.

Lasci parlare Leontieff1 . Aggiungo per lei solo: né spese né intervista in Roma.

688

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 16. Londra, 2 gennaio 1896, ore 13,25 (per. ore 15,50).

Non ho che da confermare miei telegrammi precedenti sopra permesso passaggio eventuale nostre truppe per Zeila. Ho presentato a Salisbury nota con lui stesso concertata alla quale quanto prima sarà data risposta. Ritengo per ora impossibile ottenere di più ma anche così questa concessione rappresenta una prova d'amicizia di questo Governo preoccupato di tante gravi questioni in tutte le parti del mondo.

689

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Berlino, 2 gennaio 1896.

Hier soir dans une conversation que je parviens parfois à avoir avec le baron Holstein, le chef de la section politique au Département des affaires étrangères et la ninfa Egeria du baron Marschall, du chancelier de l'Empire, de l'empereur mème dans ces affaires, j'exprimais mon vif mécontentement de voir l'Angleterre si indifférente, pour ne pas dire plus, à notre égard en Mrique, et donner si peu d'importance à l'amitié que nous lui avons cependant en toute circonstance démontrée. Le baron Holstein m'a obser

687 1 Risponde al n. 686. 688 1 Ed. in LV 92, p. 302 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 318.

vé qu'elle payait l'Allemagne de la mème monnaie, ne se souciait de personne et profitait au contraire des difficultés des autres pour agir dans son intérèt. «Il serait vraiment nécessaire -je résume les paroles du baron Holstein -que nous lui donnions une leçon, que nous lui faisions sentir qu'elle n'est pas seule au monde. A ce propos il me trotte depuis quelques jours une idée dans la tète: il est certain que aussi longtemps que nous, je veux dire la Russie et la France d'un còté, la Triple Alliance de l'autre, nous restons là à nous regarder comme chien et loup, l'Angleterre se croit tranquille et cherche de faire ses peti t es affaires sans s'occuper de nous ( témoin l'échauffourée du Transwaal). Maintenant l'Angleterre voudrait, il est vrai, pouvoir s'arranger avec la Russie dans les affaires de Turquie, mais elle n'y parviendra pas, car il y a la France entre eux. Que diriez-vous si l'Allemagne et l'Italie à leur tour cherchaient de s'accorder avec la Russie et la France sur certaines questions spéciales hors d'Europe? Le moment n'est peut-ètre pas encore venu de discuter ce projet, mais je vous prie d'y réfléchir».

J'ai répondu au baron Holstein que parla mode qui court d'aggroupements spéciaux de Puissances dans des buts déterminés, son idée pouvait avoir du bon, mais qu'il y avait ]es questions du nord africain sur lesquelles il me paraissait difficile et dangereux de s'entendre sans l'Angleterre, avec Iaquelle du reste l 'Italie avait des engagements. «Aussi, répliqua le baron Holstein, ces questions devraient ètre mises de còté; mais il y en a d'autres, graves, en Afrique -et pour l'Italie en premier lieu celles de l'Abyssinie-sur lesquelles on pourrait se mettre d'accord».

Je crois devoir porterà la connaissance de V.E. ces ouvertures du baron Holstein, quoiqu'elles n'aient, pour le moment, aucun caractère officiel. C'est mème pour ce motif que je vous écris par lettre privée. Comme cependant on pourrait revenir sur ce sujet, je tiendrais à savoir ce que vous en pensez, in massima.

Dans la suite de notre conversation le baron Holstein m'a dit qu'illui revenait de bonne source que certaines hautes personnalités italiennes (je crois qu'il voulait faire allusion à Tornielli) poussent à détacher l'Italie de Berlin pour la conduire sinon à Paris, du moins à Pétersbourg. Je lui répondis que cela ne me résultait pas, mais que par contre le doute que l'Allemagne veuille elle-mème aller à Pétersbourg e n abandonnant Rome, et peut-ètre Vienne, se fait souvent jour chez-nous. Sur quoi Holstein me dit: «Certes nous saurions trouver moyen de nous unir à la Russie, malgré la France, mais dans le cas seulement où nous y soyons contraints par votre abandon».

Le baron Holstein entra ensuite dans des considérations d'ordre élevé sur l'impossibilité pour l'Italie de s'accorder avec la France sans se mettre à ses pieds: sur l'existence d'un parti autrichien qui déplore la prépondérance prise par la Maison de Hohenzollern sur les Pays de race allemande et voudrait bien revenir au temps qui précéda 1866, renonçant à la politique inaugurée par l'Autriche depuis cette époque en Orient; sur le pape, qui dans toute combinaison où nous entrions sans l'Allemagne se mettrait de la partie à nostro danno, etc. etc. Le tout pour me démontrer les avantages pour l'Italie de la Triple Alliance, à la quelle, j 'en suis convaincu, l'Allemagne tient au fond autant que nous pouvons (et selon mon faible jugement nous devons) y tenir, à te l point que j'ose exprimer dès maintenant l'espoir que 6 mai prochain passera sans que, ni d'un còté ni de l'autre, on souffle mot1 .

686 1 Per la risposta cfr. n. 687.

689 1 Per la risposta cfr. n. 711.

690

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 22. Vienna, 3 gennaio 1896, ore 9,30 (per. ore 11,35).

Conte Goluchowski mi ha detto aver avuto dal Vaticano assicurazione che sarà mantenuto statu quo circa delegazione apostolica in Egitto1 .

691

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 27. Berlino, 3 gennaio 1896, ore 14,40 (per. ore 16,10).

Ultime notizie Transvaal accertano disfatta presa dottor J ameson e partenza del governatore del Capo Robinson per Pretoria per regolare incidente. Governo imperiale molto eccitato vuole garanzie e statu quo prevenire che incidente simile non avvenga nei suoi territori sud ovest africani. In questo momento havvi conferenza presso il cancelliere presente imperatore per decidere provvedimento da prendersi; sebbene Governo inglese abbia sconfessato già Jameson e deplorato fatti avvenuti, temo che stante eccitazione animi si vada più lontano del necessario.

692

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 30. Londra, 3 gennaio 1896, ore 22,04 (per. ore 23,40).

Giuntami ora nota Salisbury in risposta alla mia circa passaggio truppe Zeila, conferma quanto telegrafai 2 . La spedisco subito 3 .

2 Cfr. n. 688.

3 La nota di Salisbury, datata 2 gennaio, inviata da Ferrera allegata ad un rapporto del 4 gennaio, è ed. in LV 92, pp. 304-305, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 314-315 e in Das Staatsarchiv, vol. 59, p. 100.

690 1 Risponde al n. 670. Sulla questione della protezione dei cattolici in Levante cfr. anche un rapporto del console a Beirut, De Gubernatis del successivo 24 febbraio, cit. in D.J. GRANGE, l"Italie et la Méditerranée (1896-1911). Les fondements d'une politique étrangère, Ecole Française de Rome, 1994, p. 715. 692 1 Ed. in LV 92, p. 303 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 314.

693

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI l

T. RISERVATISSIMO URGENTE S.N. Roma, 4 gennaio 1896, ore 11,15.

Parmi utile dire a Makonnen che soltanto per riguardo a lui non ci siamo valsi sin qui della via di Zeila, che ci è aperta per Harar. Potremo valercene, quando dovremo persuaderei essere egli nostro nemico. Pensi momento decisivo per suo avvenire. Scelga tra Italia potente eterna, Menelik morituro 2 .

694

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI l

Roma, 4 gennaio 1896, ore 13,50.

Il primo corrente è partito da Marsiglia per Obock-Gibuti il piroscafo «Chandernagor» di bandiera francese, capitano Castelli, appartenente alla Compagnie Nationale de Navigation, con grande carico munizioni da guerra per Etiopia spedito da certo M. Putker. Non ho bisogno far rilevare a V. E. gravità di questo fatto in assoluta contraddizione con linguaggio codesto Governo 3 .

695

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 35. Berlino, 4 gennaio 1896, ore 15,47 (per. ore 15,50) 1.

Questa mattina né qui, né a Londra hannosi notizie da Pretoria, il che produce qualche inquietudine. Telegramma imperatore a presidente Transvaal fu deliberato conferenza di ieri presieduta da Sua Maestà per far conoscere mondo intero linguagr

2 Cfr. il seguente T. s.n. precedenza assoluta, inviato da Levi lo stesso 4 gennaio, ore 10,25, a Crispi, a Napoli:<<Parci utile Makonnen sappia essersi aperta via Harar per Zeila -potendo ciò contribuire staccarlo Menelik. Telegrafiamo questo senso a Baratieri>>. 694 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 352.

2 Questo telegramma fu comunicato in pari data alle rappresentanze a Berlino, Londra, Vienna e Cairo con T. 18. Analogo telegramma fu inviato a Baratieri col n. 19, con l'istruzione di informare Lagarde. 3 Per la risposta cfr. n. 701. 695 1 Sic.

gio tenuto da Germania a Londra che cioè a nessun costo Germania tollererà mutamento statu quo Sud Mrica. Barone Marschall ritiene sincere dichiarazioni Salisbury per impedire ripetizione fatti come quelli avvenuti; ma non possibile che egli ignorasse progetto tentativi capitanati da dottore Jameson e ne ritiene responsabile Inghilterra. Stampa tutti i partiti loda qui Governo per energia spiegata e tiene linguaggio irritatissimo contro Inghilterra. Barone Marschall spera esempio attuale persuaderà Inghilterra che non può più a lungo, per fare suo esclusivo utile, fidare su antagonismo due gruppi Potenze continentali e la condurrà a miglior consiglio se no occorrerà provvedere e la Germania ne prenderà iniziativa se sarà il caso2 .

693 1 Ed. in LV 92, p. 177 e in BARATIERI, Memorie d'Africa, ci t., p. 329.

696

IL SOTIOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PERRERO

Roma, 4 gennaio 1896.

Il barone Pasetti, venuto in questi giorni alla Consulta, ha dichiarato che il conte Goluchowski aveva dato istruzioni all'ambasciata d'Austria Ungheria in Parigi «di interessare il Governo francese a non creare difficoltà al Governo italiano in Abissinia ed a mostrarsi conciliante verso l'Italia, per quanto era possibile».

Comunico quanto precede a V.E. per sua particolare notizia.

697

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 24/5. Berlino, 4 gennaio 1896 (per. 1'8).

In un mio telegramma di ieri' io esprimeva il timore che sotto l'impressione dell'irritazione prodotta nel Governo imperiale dalla irruzione di bande del Transwaal, o meglio di truppe guidate dal dottor Jameson, la Germania stesse per prendere misure più gravi di quel che fosse necessario, dopo che il Governo inglese già aveva sconfessato l'operato degli agenti della Chartered Company e dato affidamento che simili fatti non si riprodurrebbero. Misure materiali, salvo l'invio di una seconda nave nella

696 1 Il dispaccio fu inviato a Berlino col n. 300/4 e a Londra col n. 301/2. 697 1 Cfr. n. 691.

baia di Delagoa non ne furono per verità prese; ma il telegramma di S.M. l'Imperatore al presidente della Repubblica del Transwaal, che ho riferito per telegrafo 2 è di natura da lasciar tracce profonde. Esso fu deliberato in conferenza presieduta da Sua Maestà, cui presero parte il cancelliere dell'Impero, il barone Marschall, il comandante in capo della marina imperiale, il segretario di Stato al Dipartimento imperiale della marina; non è quindi un atto dovuto all'impulso personale del sovrano, ma un vero e ponderato atto del Governo imperiale, e il linguaggio della stampa inglese non lascia alcun dubbio sull'impressione da esso prodotta a Londra.

Un'impressione non meno grande, in senso opposto, ha sollevato il messaggio imperiale in Germania, dove l'energia dimostrata dal Governo raccoglie l'approvazione di tutti i partiti, perfino dei socialisti, e dove il sentimento della protezione dei tedeschi all'estero, nelle terre più lontane, assicurata a qualunque costo dall'Impero, è uno degli elementi più validi, e sui quali il Governo fa largo assegnamento, dell'unità germanica.

Senza il telegramma dell'imperatore, senza quella dichiarazione solenne lanciata come una minaccia ali' Inghilterra, che il Transwaal può contare sulla protezione della Germania ritengo che l'incidente non avrebbe avuto conseguenze gravi, e il primo ministro inglese avrebbe potuto con qualche concessione calmare il furore della Germania. Ora ciò sarà ben difficile e per qualche tempo le relazioni tra i due Paesi, starei per dire l'andamento della politica estera europea, se ne risentiranno.

In quanto a noi che della attitudine dell'Inghilterra a nostro riguardo non abbiamo certo, specie in questi ultimi tempi, a lodarci, ma che d'altra parte non vogliamo, non possiamo interamente distaccarci da essa, la prudenza, nostra costante guida, ci è più che mai consigliata. Non è del resto escluso il caso, sebbene poco lo speri, che l'Inghilterra voglia e possa precisamente con qualche miglior procedimento verso l'Italia cercar dignitosamente di non distaccarsi per sempre dalla Germania.

Qui acclusa trasmetto una breve memoria sugli interessi tedeschi che sono ora rappresentati al Transwaal 3 .

695 2 Questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Londra con T. 20, pari data.

698

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 39. Pietroburgo, 5 gennaio 1896, ore 1,50 (per. ore 2,40).

Ho veduto Leontieff, il quale sul fondo della questione non mi ha appreso nulla di nuovo. Egli ripetè essere in grado di ristabilire pace a condizioni onorevoli tra

l'Italia e la Abissinia facendo anche prendere l'iniziativa da quest'ultima col recarsi presso il negus per la via di Harar, se ricevesse da noi un cenno; non ha alluso a compenso pecuniario. Interrogato sui mezzi che conta impiegare, ha risposto semplicemente essere la sua influenza illimitata sopra Menelik; ha quindi aggiunto che per una settimana si terrà a mia disposizione. Io non dissi se avrei o non telegrafato al R. Governo; in ogni caso prego V.E. di farmi conoscere qualche cosa per mia norma2 . Leontieff mi ha negato nuovo invio fucili dalla Russia; quasi tutto armamento dei nostri nemici sarebbe del sistema Gras oltre le mitragliatrici già da me segnalate. Ho potuto strappargli che con l'esercito abissino sono due ufficiali esteri in ritiro dei quali non volle rivelare nazionalità.

697 2 Cfr. n. 695. 3 Non si pubblica. 698 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 368-369.

699

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 44. Pietroburgo, 5 gennaio 1896, ore 15, 35 (per. ore 16,50).

Facendo seguito al mio telegramma di ieri sera2 aggiungo avermi Leontieff assicurato che sebbene non esista una regolare convenzione tra i dervisci e Menelik tuttavia si sono messi d'accordo per attaccarci se è possibile contemporaneamente3 .

700

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

L. PERSONALE. Londra, 5 gennaio 1896.

Tu vois que tous l es Pays, et surtout l'Angleterre, ont du fil à tordre. Mais ils sont plus calmes que le nòtre, qui est perdu par son impatience. Quelle que soit la

2 Cfr. n. 698.

3 Il telegramma fu ritrasmesso in pari data a Baratieri con T. 23. 700 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi; ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 315-317.

politique extérieure d'un Gouvernement il faut lui laisser le temps de se développer et ne pas prétendre que les événements historiques se présentent d'un moment à l'autre pour satisfaire à l'ambition des hommes politiques et à l'impatience aveugle des peuples. Par exemple, pour ce qui concerne l'alliance avec l'Angleterre, qui est foncièrement bonne et utile aux deux Pays, déjà il y a une tendance à l'abandonner à cause de circonstances de second ordre, non inhérentes aux Pays eux-mèmes, mais à certaines qualités particulières de leurs hommes d'Etat. Il est évident quel'Angleterre comme peuple a la plus vive sympathie pour nous et que son Gouvernement compte sur nous pour certaines circonstances; mais lord Salisbury, aussi bien que son prédécesseur, a le tort d'ètre trop compliqué dans ses vues, trop indécis dans sa conduite, surtout par le sentiment qu'il a de sa fausse position et du besoin de se soustraire aux difficultés, lesquelles en revanche ne font qu'augmenter par le manque de caractère de ces hommes d'Etat.

Par exemple, la manière de se conduire dans l'affaire de Zeila revèle la préoccupation de plaire à l'ltalie sans déplaire à la France; mais cela risque de mécontenter les uns sans contenter les autres. Ceci les conduit à des tergiversations qui font douter de leur bonn e foi et augmentent l es causes de ce t isolement don t souffre l'Angleterre par leur seule et unique faute.

Il résulte de cela que tout enne changeant pas notre orientation politique nous devons nous abstenir de ces manifestations de confiance et d'amitié dont on abuserait. Le moment pour l'Angleterre est des plus critiques. Cela peut nous conseiller une certaine indulgence pour la conduite vacillante envers nous de ces hommes d'Etat, mais en mème temps de notre part une réserve qui nous fasse désirer davantage. Ici l'on compte sur nous, le mot d'alliance et d'amitié a plusieurs fois été prononcé par lord Salisbury dans ses conversations avec moi; mais à cause de la méfiance que m'inspire l'ensemble de sa conduite, je ne me laisse pas emballer. Dans ces ètres importants et solennels il y a quelque chose de féminin dont il faut tenir compte. Du reste, sauf une plus profonde étude qui viendra ensuite, pour le moment je doute du talent de ces hommes d'Etat. La puérilité du système de consulter l'India Office pour perdre du temps et pour faire des reculades ne trompe plus personne. Je n'ai pas manqué de le leur dire. L'étrange prétention que nous avertissions nos ennemis les français de notre passage éventuel par Zeila, comme tu verras dans la note de Salisbury 2 , ne mérite pas de réponse. C'est aux anglais de le faire s'ils le croient. Mais ils le feront avec une telle lenteur et les français euxmèmes créeront tant de chicanes, que la concession deviendra illusoire. En présence de cela il n'y a que deux lignes de conduite. La première est de feindre de eroire à la preuve d'amitié et de l'accepter avec reconnaissance, sauf à garder notre opinion au fond du coeur pour l'avenir. La deuxième peut-ètre plus digne mais moins politique, serait de remercier en déclarant que nous ne comptons pas profiter de leur preuve d'amitié. Nous verrons.

En tout cas soyons de bonne humeur, c'est notre devoir envers nous-mèmes, et envers le Pays que nous servons.

698 2 Per la risposta cfr. n. 703.

699 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 369.

700 2 Cfr. n. 692, nota 3.

701

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 50. Parigi, 6 gennaio 1896, ore 18,05 (per. ore 20,15).

Sabato appena ricevuto il telegramma di V. E.1 relativo all'imbarco a Marsiglia per Obock di un grosso carico di munizioni da guerra per l 'Etiopia, ho scritto a questo ministro degli affari esteri denunziando il fatto e chiedendo l'invio di istruzioni telegrafiche per impedire transito. Ho veduto oggi il ministro il quale, fatta qualche osservazione amichevole sopra talune espressioni della mia lettera, mi disse che a mezzo del Ministero dell'interno aveva fatto domandare a Marsiglia copia del manifesto di carico del vapore da me indicato e per mezzo del Ministero delle colonie aveva fatto dare istruzioni telegrafiche al governatore di Obock per impedire introduzione attraverso il territorio francese; tale richiesta d'invio d'ordine è fondata sulle disposizioni degli atti internazionali relativi alle prede. Ebbi lettura della nota del Ministero esteri a quello delle colonie, però il ministro mi disse che, dopo cessata la guerra del Madagascar, il divieto di esportazione d'armi da guerra era stato levato nei porti francesi e che l'amministrazione della guerra aveva ora ripreso la vendita di materiale fuori d'uso che ingombrava i magazzini. La libertà del commercio delle munizioni da guerra in Francia non ha per legge altra limitazione che quella di non potere comprendere modelli finché sono riservati all'armamento dell'esercito; l'amministrazione francese attualmente non ha dunque facoltà d'impedire il commercio o il trasporto dei materiali da guerra e la sola cosa che può fare è vietare l'introduzione in Africa attraverso il territorio di Obock, ciò che ha fatto e farà, in applicazione della proibizione generale risultante dall'Atto generale di Bruxelles. Le informazioni prese dal ministro circa il viaggio del bastimento indicatogli gli fanno credere che questo non arriverà che verso il 10 a Gibuti, Obock; non gli si fece intimare divieto di sbarcare durante gli scali che sta facendo perché avvisato potrebbe cercare di sbarcare altrove il suo carico, sfuggendo alla sorveglianza.

702

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 51. Parigi, 6 gennaio 1896, ore 18,55 (per. ore 20,15).

Trattative sono in corso fra la Francia e l'Inghilterra le quali comprendono il tra ttamento commerciale nella Tunisia. Simili trattative, nelle quali è compresa la vertenza relativa al trattamento speciale dei vini italiani, sarebbero tosto o tardi a buon punto fra la Francia e l'Austria-Ungheria1 .

702 1 Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Londra e Vienna con T. riservato 30 del 7 gennaio.

701 1 Cfr. n. 694.

703

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI

T. RISERVATISSIMO 29. Roma, 6 gennaio 1896, ore 19,45.

Leontieff proponendosi ad intermediario deve dire quali sarebbero secondo lui le basi del negoziato che egli si offre di intavolare 1 .

704

IL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

L. PERSONALE. [Roma,] 6 gennaio 1896.

Ti ritorno la lettera interessante di Lanza2 . Anch'io sono convinto che ci tengono più loro di noi alla Triplice, ma non so abbastanza sui patti di questa, per avere una opinione precisa su quello che ci possa convenire.

Credo anch'io che lasciamo troppo al caso e a Baratieri riguardo alle condizioni di pace desiderabili. Ho letto quelle formule che mi hai passate 3 . Non posso dire di esserne completamente pago. Perché distruggere del tutto una compagine alla quale non potremmo sostituire un'azione diretta nostra, e i frantumi della quale in gran parte ci sfuggirebbero. Molto meglio un protettorato sul genere di quello preparato da Hanotaux pel Madagascar, con di più il possesso diretto del Tigrè. Hai letto l'articolo di Hanotaux nella Revue de Paris? Leggilo, perché ci s'impara.

Ti sottopongo alcune altre formule, che ho buttate giù stasera, le trascrivo in foglio separato 4 .

Non si può voler disarmare la popolazione in un paese infestato da un continuo brigantaggio sui confini, e dove le bestie feroci scorrazzano liberamente la campagna e portano via ogni notte il bestiame e i muli. E chi garantirebbe l'ordine? Noi no certo. E chi metterà a dovere i ras lontani? L'Impero dev'essere mantenuto, nel nostro interesse, per stringere in mano tutte le province che non potremmo dominare direttamente, e anche per impedire ai francesi di prendersi l 'Harar prima che possiamo arrivarci noi. L'Impero, purché a noi sottoposto, ci dà una base di diritto sull'Harar, come sul Goggiam e sul Kaffa.

704 1 Ed. in SoNNINO, Carteggio 1891-1913, cit., pp. 173-177. Risponde a una lettera di Blanc, ed. ivi, pp. 172-173.

2 Cfr. n. 689.

3 Cfr. allegato I.

4 Cfr. allegato II.

Ma conviene precisare, per noi stessi, quali sono gli obiettivi immediati cui miriamo. Dovresti discuterne col presidente del Consiglio. Io non ci posso entrare. Per trattare con Makonnen contro Menelik bisogna pure avere in mente di offrirgli l'Impero, sia pure sotto l'alta nostra sovranità. Se no, che cosa gli offriremmo che possa tentarlo? E se rompiamo l'Impero, che azione possiamo aver sul Goggiam, o su Kaffa? E come domeremmo una ribellione delle province lontane? O una incursione in esse dei dervisci?

Mi pare che procediamo tutti con la testa nel sacco, lasciando fare a Baratieri, in cui non abbiamo più fede. Oggi volendo troppo poco, domani troppo sballottati dal vento e dal caso. Sta a te a determinare meglio la nostra linea di condotta in queste questioni.

ALLEGATO l

CONDIZIONI DI PACE

Occupazione diretta del Tigrè con punti fortificati;

divisione della rimanente Etiopia e dipendenze, sotto capi da noi scelti o riconosciuti, con residenti italiani armati; determinazione delle forze di cui ciascun capo potrà disporre; organizzazione di queste forze conforme a quella delle truppe indigene dell'Eritrea; disarmo degli abitanti. Date trattative con Menelik, riconoscimento esplicito da parte sua del Trattato d'Uccialli,

residente italiano stabile presso di lui, con scorta armata; facoltà dell'Italia di tenere presidio nel Lasta e nel Semien, confinanti con Tigrè e baluardi avanzati delle linee del Tacazzè; organizzazione delle truppe scioane e harariane in modo conforme a quella delle altre truppe etiopiche.

Tutti i presidi del Lasta, del Semien e delle residenze italiane in Etiopia nutriti a spese del paese.

Il Governo italiano s'impegna di promuovere in Etiopia la viabilità, le comunicazioni telegrafiche, il commercio e l'agricoltura, l'educazione dei giovani notabili, di organizzare il sistema tributario e doganale.

Al Governo italiano verranno deferite tutte le contese dei capi indigeni; in caso di conflitti armati che il Governo italiano riconosca inevitabili, e di ricorso all'aiuto del Governo dell'Eritrea, il concorso armato verrà dato per mezzo di truppe coloniali, a spese del capo richiedente.

Quando trattative di pace non si possano concludere con frutto, sopra le suesposte basi: occupazione diretta del Tigrè; azione politica sui capi del Lasta e del Semien; soluzione da convenirsi coll'Inghilterra per la questione di Harar.

ALLEGATO Il

CONDIZIONI DI PACE

Il negus e tutti i ras capi di provincie riconoscono l'intero Tigrè come territorio italiano sottoposto alla sola diretta sovranità del re d'Italia fino ad Ascianghi e al corso del Tacazzè.

Il negus e tutti i ras riconoscono l'Etiopia, all'infuori del Tigrè, e compreso l'Harare tutte le altre dipendenze, come sottoposta al protettorato dell'Italia e all'alta sovranità del re Umberto e suoi successori.

Il re d'Italia avrà l'esclusiva rappresentanza dell'Etiopia di fronte all'estero e il negus non potrà fare in proprio alcuna convenzione o alcun trattato con altre Potenze o Stati. Il negus ed i ras capi di provincie non potranno avere truppe senonché nel numero e della qualità che siano dall'Italia consentite.

Il negus ed i ras non potranno fare validamente concessioni di sorta a sudditi di altri Stati né di proprietà territoriale, né di monopoli qualsiasi, né di esercizio d'industrie o di commerci, né di servizi postali o telegrafici, né di ferrovie, né di miniere, senza il consenso del Governo italiano.

Il re d'Italia avrà un residente stabile presso il negus e presso quei ras capi di provincie dove lo ritenga conveniente. Questi residenti potranno avere una forza armata per loro scorta.

Le nomine e investiture dei ras capi di provincia dovranno essere approvate dall'Italia. Il negus e i ras dovranno sempre sfrattare dai loro territori qualunque suddito estero quando venga loro intimato di farlo dal Governo italiano. L'Italia potrà sola regolare il regime doganale dell'Etiopia sia di fronte agli italiani e agli abitanti del Colonia Eritrea, sia di fronte ai sudditi di terzi Stati.

Gl'italiani e i sudditi italiani della Colonia Eritrea, come pure tutti gli altri forestieri abitanti o di passaggio nell'Etiopia, dovranno in tutte le loro contese o questioni, sia fra di loro sia con i sudditi del negus dipendere dalla sola giurisdizione dei residenti italiani e dei loro delegati.

Il negus pagherà all'Italia come riconoscimento del protettorato e a compenso parziale delle spese di rappresentanza e pel mantenimento dei residenti, il tributo annuo di centomila talleri.

Il negus non potrà far coniare monete che nella sola zecca italiana.

Il negus ed i ras capi di provincie si obbligano a concorrere alla difesa della Colonia Eritrea con tutti i loro mezzi e tutte le loro forze quando ne vengano richiesti dal governatore.

Il Governo italiano promuoverà in Etiopia la viabilità, le comunicazioni telegrafiche, il commercio e l'agricoltura, l'educazione dei giovani notabili, l'organizzazione del sistema tributario e doganale e tutto quanto possa contribuire allo sviluppo economico e civile del Paese.

Al Governo italiano verranno deferite tutte le contese tra il negus e i ras e tra i diversi ras e capi indigeni. Nel caso di conflitti armati che il Governo italiano riconosca inevitabili, e di ricorso all'aiuto del Governo dell'Eritrea, il concorso armato verrà dato per mezzo di truppe coloniali a spese del capo richiedente.

703 1 Per la risposta cfr. n. 707.

705

IL CONSOLE A JANINA, MILLELIRE, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA 1

R. 4/4. l anina, 6 gennaio 1896.

In questi giorni è ritornato da Argirocastro, dove si era recato per affari professionali, il dottore Fanti nativo di Argirocastro e r. suddito. Il dottor Fanti, appe

na di ritorno dal suo viaggio, mi fece chiedere un colloquio, nel quale mi manifestò quanto segue:

Egli mi disse che non appena giunto in Argirocastro venne tosto visitato dalla maggiore parte dei bey albanesi, non solo musulmani ma bensì cristiani, i quali lo pregarono caldamente appena ritornato in Janina di recarsi tosto dal cav. Millelire perché egli volesse far giungere sino al Governo italiano le loro idee.

I bey albanesi dissero al Fanti che oramai non vi era più dubbio come le sorti della Turchia fossero per precipitare, e che in mezzo allo sfacelo imminente gli occhi di tutti i veri albanesi sia musulmani che cristiani sono incessantemente rivolti al di là dell'Adriatico all'Italia dalla quale essi attendono quella risposta che da una razza consorella essi aspettano. Essi hanno pure dichiarato che giammai si uniranno alla Grecia che piuttosto bruceranno il Paese ed uccideranno i loro figli; che tutte le loro aspettazioni, i loro desideri sono concentrati nei fratelli italiani, a capo dei quali sta la degna persona di S.E. Crispi, di cui già conoscono l'energia, l'abilità ed il cuore albanese. Agggiunsero ancora che il giorno in cui il vessillo italiano apparisse sulle sponde dell'Epiro, un grido di gioia all'unisono accoglierebbe lo stendardo di civiltà e che i fratelli italiani dovunque sarebbero accolti colle braccia aperte.

Credo mio dovere di sottomettere a V E. quanto mi fu trasmesso dai bey albanesi, per mezzo del dottor Fanti per iscarico di ogni mia responsabilità; io però non ho ad essi trasmesso in risposta che parole vaghe e generiche onde non impegnare in modo qualsiasi né la mia azione, né quella del R. Governo2 .

705 1 Ed. in CRJSPI, Questioni internazionali, cit., pp. 238-239.

706

IL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. S.N. Roma, 7 gennaio 1896, ore 8,50.

Governo si rende conto somme difficoltà che costì incontransi per avere informazioni precise. Nell'incertezza esso preoccupasi eventualità che situazione costì venga aggravata dall'avanzarsi di Menelik con considerevoli forze, ed anche per qualche mossa da parte dervisci, ed io non esiterei proporre Consiglio ministri immediato invio altre forze solo che ella me ne accenni bisogno. Ritengo pure che converrebbe profittare favorevole circostanza delle molte forze già costì raccolte per finirla *una buona volta colla questione etiopica* col mandare quanto potesse ancora occorrere di

comunicato da Adamoli a Crispi con D. 4001 del 29 gennaio. 706 1 Ed., con l'omissione delle parole fra asterischi, in LV 91, pp. 87-88 e in LV 92, pp. 178-179.

truppe e di mezzi. Prima però di portare la questione in Consiglio dei ministri desidero avere suo parere sulla opportunità di fare ciò ed indicazioni sommarie di quanto potrà occorrere allo scopo 2 .

705 2 Questo rapporto, inviato in copia al Ministero degli esteri, pervenne a Roma il 26 gennaio e fu

707

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 55. Pietroburgo, 7 gennaio 1896, ore 14,05 (per. ore 19,25).

Rispondo suo telegramma 1 ricevuto adesso. Secondo le istruzioni di V.E. ho procurato nel mio unico abboccamento col Leontieff di farlo parlare circa le basi del suo progetto di negoziato. Egli, però, si tenne sulle generali, limitandosi ad affermare la sua certezza riuscita, valendosi altrettanto della sua influenza che delle tendenze favorevoli alla pace, esistenti fra gli abissini stessi. Incidentalmente egli mi disse: «Mi sembra che un accordo sulle basi del Trattato d'Uccialli, meno il protettorato, potrebbe essere accettabile». Ma io non ho creduto a proposito rilevare allusioni. Prego V. E. di farmi conoscere se debba avere nuovo colloquio con lui. Egli ha assicurato ieri che esercito del Goggiam è attualmente con Menelik, avendo questi colà lasciato in cambio truppe sue proprie.

708

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 53. Parigi, 7 gennaio 1896, ore 15 (per. ore 17,35).

Duolmi non poter accettare Silvestrelli1 a cagione della sua condotta a mio riguardo durante e dopo la mia missione a Londra dove egli cercò tagliarmi le gambe. Agisco con lealtà e pretendo che così abbia ad agire chi sta con me. Lo doveste togliere a Perrero; ritengo che Silvestrelli non starà più in sott'ordine di nessuno. Le difficoltà qui sono sufficienti senza quelle che egli non mancherebbe di creare. Ti ringrazio di avermi interrogato. Confido nella tua amicizia.

707 1 Cfr. n. 703. 708 1 Risponde al T. personale riservatissimo 33 dello stesso 7 gennaio con cui Blanc chiedeva a Torniei li di accettare Silvestrelli invece di Polacco come consigliere a Parigi.

706 2 Per la risposta cfr. n. 714.

709

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. URGENTE S.N. Roma, 7 gennaio 1896, ore 23.

Il Governo ti ha mandato quanto hai chiesto in uomini ed armi. Il Paese aspetta un'altra vittoria ed io la aspetto tale che definisca per sempre la quistione abissina. Bada a quel che fai. Ci va dell'onor tuo e della dignità dell'Italia nostra. *Io non ti chiedo il piano di guerra. Ti chiedo solamente che non si ripetano le sconfitte* 2 .

710

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO 1

L. PERSONALE. [Roma,] 7 gennaio 1896.

Vorrei che vedessimo insieme i patti. Per essere soli non vi sarebbe miglior partito che di trovarci alla Consulta alle 9 domattina 2• Mi dirai se ti conviene.

So bene la ragione obbiettiva della differenza tra il tuo concetto e quello in base al quale furono gettate alla rinfusa quelle proposte da studiarsi che hai lette; e la ragione è che il tuo suppone potersi afferrar Menelik come i francesi s'impadronirono della regina degli Hovas il che non sembra finora il risultato più probabile, perché è intieramente in mani francesi che lo pagheranno meglio di noi e perché rifugge da una lotta decisiva in cui possa esser preso. Onde il disarmo di popolazioni sottratte all'Impero e divise fra ras assicurati a noi corrisponde alla supposta impossibilità di fatto di trattare con Menelik agli scopi decisivi da te indicati, che sono ottimi, o di ottenere che Makonnen lo voglia e possa sostituire; ed in fondo a tale concetto vi è quello della necessità di fare nell'Harar quel che facciamo nel Tigré.

Sono due piani ognuno dei quali ha la sua logica, e dipende da possibilità tra le quali preferirei anch'io la soluzione completa coll'accordo con Menelik, Makonnen o chicchessia, mentre conviene anche contemplare la necessità di soluzioni parziali. E se Menelik rimane materialmente e moralmente inaccessibile a noi e conserva la sua base a Obock, la più completa delle soluzioni parziali (per dir così) sarà l'occupazione del

p. 264 e in francese in BILLOT, La France et l'Italie, cit. p. 275. 2 Per la risposta di Baratieri cfr. n. 714. 710 1 Da Archivio Sonnino; ed. in SONNINO, Carteggio 1891-1913, cit., pp. 177-179.

2 Come hanno annotato i curatori del Carteggio, dopo questo incontro Sonnino apportò al suo progetto (allegato II al n. 704) alcune modifiche e 1'8 gennaio trasmise il suo progetto così modificato a Blanc che l'adottò integralmente e lo inviò a Baratieri allegato al n. 774.

l'Harar che completi quella del Tigré e permetta la nostra azione sul Goggiam e sul Kaffa. Diplomaticamente converrebbe in tal caso confermare alla Francia che non toccheremo i confini da essa offerti a noi e da noi accettati nel1891, e per il caso di naughtiness francese, far avvertire da Berlino a Parigi confidenzialmente che il casus foederis, posto dalla Francia stessa quando desistette dal firmar la delimitazione perché avevamo rinnovato la Triplice, sarebbe rilevato dalla Germania in caso di ostilità contro la nostra presa di possesso del protettorato regolarmente già stabilito sull'Harar.

A tutto ciò preferirei di molto, lo ripeto, il trattato sulla base imperiale, ma se ciò è impossibile, ci troviamo di fronte ad una grave alternativa: il rinnovarsi indefinito di conflitti, o una spedizione all'Harar che oltrepassa le attuali convenienze. So che Crispi vorrebbe la spedizione all'Harar anche subito, e ciò sapendo non ho creduto utile porgli un aut aut prima che l'esito militare ed i negoziati con Makonnen abbiano chiarito la situazione di fatto. Ma mi preoccupo molto, e non da poco tempo, dell'incertezza in cui ci pone il modo di agire di Baratieri, e tu sai che avrei desiderato, anzi ho chiesto, che lo si sostituisse in tempo utile, senza badar tanto alle impressioni nel pubblico e nella Camera. Io vorrei, se fossimo un Governo padrone veramente con pieni poteri, concertare il da farsi con Baldissera, ed appena Baratieri abbia uno scontro fortunato, telegrafargli di dar il comando a Arimondi ed inviar Baldissera, che sembra il più capace di trattare anche sulla base imperiale che vorresti e che vorrei anch'io. Ad ogni modo sarà necessario decidersi tra breve; e credo che se Saracco fosse stato presente ieri la questione dei limiti dell'azione da esercitarsi sarebbe stata posta da Crispi stesso, ad ogni rischio di crise.

709 1 Ed in LV 92, p. 179 e, con l'omissione del passo fra asterischi, in BARATI ERI, Memorie d'Africa, ci t.,

711

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA l

L. SEGRETISSIMA. Roma, 7 gennaio 1896.

Je suis obligé de dicter cette lettre, à cause d'une légère douleur à la main.

Le langage que me rapporte votre bonne lettre du 2 janvier2 , esquisse clairement une évolution, soit transitoire, soit définitive de l'Allemagne non seulement dans le sens d'un Kaseirbund, mais, ce qui est plus grave pour nous, vers le groupe francorusse. Nous memes parfois avons quelque peine à lutter contre l'impression de plus en plus répandue que la Triple Alliance, ne pouvant s'adjoindre l'Angleterre, est amenée soit à s'appuyer sur la Russie, soit meme à satisfaire, par toutes les concessions possibles, la Russie en Asie et la France en Mrique.

Il semble qu'en réalité beaucoup de chemin a été fait déjà dans ce sens et plus peut-etre que ne semblaient le comporter les intérets des deux Puissances centrales, et spécialement de l'Autriche-Hongrie. La Russie est maitresse de Constantinople non

seulement par mer, depuis l'échec des propositions autrichiennes pour l'entrée des flottes, mais par terre, où la Bulgarie, abandonnée à son influence, a une forte armée aux portes de la capitale turque; et dejà les races allemande et italienne sont débordées par les sociétés slaves jusque dans leurs écoles et leur clergé, sur les còtes mèmes de l' Adriatique.

Il serait aujourd'hui chimérique de reparler du projet de 1887, sur Valona port libre et tète de ligne d'un chemin de fer de l' Adriatique au réseau bulgare, protégé par l'Italie camme l' Autriche protège la ligne du Danube à Salonique età Constantinople; on n'a pas compris à temps combien une solidarité effective d'intérèts ainsi créée e n tre l'Autriche-Hongrie et l 'Italie dans l es Balcans aurait pu fortifier l'Autriche-Hongrie et l' Allemagne elle-mème contre le panslavisme, auquel évidemment il ne reste plus guère à faire de concessions en Europe.

Quant à la Turquie d'Asie, où l'initiative par nous prise pour les chemins de fer d' Anatolie permettait à la Triple Alliance de s'y affirmer, il semble également chimérique de remettre sur le tapis l 'idée de faire flotter sur cette ligne, à còté des drapeaux allemand et autrichien, le drapeau italien; en sorte que c'est sans compensation et sans participation pour l'Italie, que la protection exclusive de la Russi e s' étend d es còtes méridionales de la Mer Noire sur l' Asie Mineure.

Dans l'Extrème Orient où, au commencement de la guerre japonaise, l' Angleterre avait inauguré un commencement d'entente avec nous, nous sommes bientòt restés éliminés, camme nous l'avons été pendant quelques mois dans les affaires d'Arménie; et pour l'Extrème Orient, camme pour l'Orient voisin, on a vu se produire une nouvelle Triplice, qui a abouti à la prépondérance russe sur la Turquie.

L'idée qui vous a été indiquée, que l' Allemagne et l'Italie pourraient chercher à s'accorder avec la Russie et la France sur certaines questions spéciales hors d'Eurape, se résumerait donc, à notre point de vue, en ce qui concerne l'Orient, dans l'idée que l'Italie pourrait ètre associée par l'Allemagne aux combinaisons déjà commencées par l' Allemagne elle-mème, en faveur de la Russie et de la France; et à cet égard toute indication plus précise, en voie toute personnelle et confidentielle, serait la bienvenue de votre part.

Quant au nord africain et à l'Erythrée, la situation est claire. L' Angleterre nous a promis de ne pas faire de concessions commerciales à la France en Tunisie sans nous e n prévenir. La concession que la France désire de nous, c'est -à-dire de traiter ave c elle et non plus avec le bey, ne serait pas refusée par nous si le Gouvernement français assurait en Tunisie un régime économique satisfaisant à nos nationaux et à notre commerce, ·et si, en échange d'une concession politique si importante que celle que nous demande pour sa situation internationale en Tunisie, il revenait à la délimitation de 1891 pour le Harar, et reconnaissait notre protectorat de droit sur le Choa. Mais camme la France a eu le succès inespéré d'obtenir, par traité, de l' Allemagne les hinterlands extrèmes de la Tripolitaine, que tout le monde avait cru réservés auparavant à l'Italie parla Triple Alliance, elle n'a pas douté de pouvoir pousser l'hinterland d'Obock non seulement à Gildessa, qui en était exclue par les accords de 1891, mais jusqu'à la ville de Ha::ar camme le marquent aujourd'hui les cartes officielles françaises, ville d'où partent les troupes dirigées contre le général Baratieri, pendant que, de son còté, la Russie, continuant à nous déborder jusqu'en Abyssinie, y oppose, à notre protectorat de dro i t, une protection orthodoxe, qui, si elle était purement religieuse, n' aurait rien de contradictoire à ce protectorat mème, lequel ne fait pas de politique ecclésiastique. Nous sommes, donc, en Mrique, à la merci -sauf nos forces isolées de résistance -du groupe franco-russe.

L' Angleterre aurait pu, sans doute, se montrer plus promptement et plus ouvertement notre arnie dans les questions de Harar et de Zeyla; elle aussi a des tendances à transiger avec la France, qui ne manque pas d'user contre nous de toute condescendance dont on use envers elle; mais il est juste de reconnaìtre quel'Angleterre n'empècherait pas éventuellement notre passage par Zeyla, et que, parla déclaration du 5 mai 1894, elle a établi une solidarité avec nous pour la protection effective du Harar.

Quand nous viendrions à user, ce à qui le Cabinet est du reste contraire, de ce droit de passage pour établir en fait notre protection sur le Harar quijusqu'ici a pu porter impunément ses forces contre l'Erythrée, il se produirait une situation étrange. La France nous a officiellement déclaré que le motif pour lequel elle a retiré ses propositions de délimitation africaine déjà acceptées par nous en 1891, est que nous avons, au moment de la signature, renouvelé la Triple Alliance. C'est formellement camme alliés de l' Allemagne que la France nous fai t une guerre anonyme, mais effective au moyen des soldats du Harar et du Choa payés et armés par elle. Si une action italienne de Zeyla et du Harar, qui ne touchat pas à la frontière française, délimitée en principe en 1891, rencontrait l'hostilité de la France, l' Allemagne pourrait-elle se dispenser de relever le casus fa:deris que la France elle-mème nous a officiellement notifié, défi qui est adressé à l' Allemagne autant qu' à nous, et de faire comprendre à Paris, ce qui suffirait, que l' Allemagne considérerait camme un péril pour la paix les empèchements mis par la France à la légitime défense d'un droit de protection enregistré par les signataires des Actes de Berlin et de Bruxelles? C'est un cas purement théorique que je pose, car il serait très inopportun de soulever de telles questions à Paris. Mais tous les cas de ce genre étant résolus dans le sens du désintéressement de nos alliés envers la situation que nous donnent en Mrique les Actes de Berlin et de Bruxelles, il est clair que les hautes personnalités italiennes contraires à l'alliance, auxquelles v otre interlocuteur a fai t allusion, ont beau jeu con tre n otre fidélité à l' alliance, car une t elle attitude de l'Allemagne empèche l'Angleterre elle-m è me de donner suite à la communauté des intérèts anglo-italiens en Mrique en présence de complications soulevées abusivement, mais obstinément, parla France habituée à nous regarder camme laissés à sa merci par l'Angleterre et par nos alliés eux-mèmes.

Je suis d'avis camme vous, mon cher général, que les choses ne doivent pas rester longtemps dans une équivoque qui a rendu pour nous la paix plus fatale qu'aucune guerre aurait pu l'ètre, puisque la France nous traite comme étant hors du droit des gens, et hors d'état de nous prévaloir des engagements pris envers nous par les autres Puissances et par les précédents Cabinets français eux-mèmes, camme on l'a vu dans l' affaire de la délimitation, et puisque d' ailleurs elle s'est indemnisée à nos dépens de la perte de l' Alsace-Lorraine e n acquérant la prépondérance sur tout l' occident de la Méditerranée et sur les hinterlands de la cote nord d'Mrique depuis l'Atlantique jusqu 'aux régions du Haut N il où vont l es affluents de l'Abyssinie: tandis que la Russie domine déjà virtuellement la péninsule des Balcans dont elle sera moralement la maitresse, on doit y songer à Vienne, le jour où un régiment russe, débarqué par un accident de la flotte volontaire plantera la croix sur Sainte Sophie. On parle d'une prochaine mise en demeure adressée parla Russie et parla France à l'Angleterre pour l'évacuation de l'Egypte; naturellement nous ne pourrions pas nous séparer en ce cas de l' Angleterre; reste à voir si une telle question revenant maintenant sur le tapis, pourrait aider à éclaircir les situations de tous.

Je réponds -camme vous voyez -très franchement et très en détail à votre bonn e lettre du 2. Je crois que les intérets vitaux de l' Allemagne so n t aussi engagés que les n6tres dans la périlleuse situation actuelle, où le pape, dont on vous parle, sert précisément de tout son pouvoir le mouvement de réaction d'un parti autrichien et bavarois contre l'Empire allemand, mouvement dont on vous parle aussi, et qui est le contre-coup de la poussée slave qui envahit l'Autriche et dirige ses objectifs vers l'Allemagne du sud.

Ma note du 3 décembre à Vienne et à Londres 3 qui, reproduisant les termes memes des accords méditerranéens de 1887, démontrait que le casus frederis italoanglo-autrichien est patent en Orient, a été très poliment enterrée.

*Il est évidemment devenu difficile pour moi de soutenir l'utilité quel'Allemagne reste en seconde ligne pour appuyer le groupe italo-austro-anglais et je ne sais plus que répondre aux objections, que l'an fait à Vienne meme contre la confiance avec laquelle je me suis approprié les déclarations confidentielles du Cabinet de Berlin qu'il n'agit ainsi que pour forcer l' Angleterre de revenir à la Triple Alliance* 4 .

Je dois compter sur vous maintenant, mon cher général, pour éclaircir définitiviment !es questions posées par votre lettre du 2 janvier et par la présente lettre, et notamment ce qui concerne les agissements que la France fonde contre nous, en Mrique et partout, sur n otre qualité d'alliés de l'Allemagne. N i nous n i l'Allemagne ne serions dans cette situation si on avait adopté une idée que j'ai suggérée dans le temps. Le traité d'alliance dont l'existence est officielle et dont les clauses sont secrètes met l'Italie dans une position d'alliance inégale vis-à-vis des deux Empires, qui ont publiés leurs accords; le secret d es clauses n'en est plus un du moment où la France et la Russi e o n fait l' expérience que ces clauses quelles qu' elles soient ne garantisse n t nullement l'ltalie contre leurs entreprises memes de guerre déguisée, et peuvent impunément nous mettre dans l'alternative, pour sauvegarder nos intérets nationaux, de leur déclarer la guerre ou de nous retirer, camme nous en somme ouvertement la France, de la Triple Alliance. Cet état de demi-secret n'a pas été une garantie pour nous dans la paix, et est traité par le groupe franco-russe camme une provocation impuissante contre lui: d'où une situation qui a pour nous tous les inconvénients et les dangers sans aucun des avantages d'une alliance. J'avais dane pensé en 1894, et on ne l'ignare pas à Berlin, que nous pouvions, d'un commun accord, regarder camme échu le traité existant et le remplacer par un traité nouveau don t l'existence ainsi que l es clauses fussent, au choix de nos alliés, ou publiques, ou secrètes. Je ne reviens pas sur cette indication, pas plus que sur celles que j'ai rappelées plus haut et je souhaite camme vous que la date du 6 mai passe sans qu'un mot soit dit sur la question d'alliance. Mais désirant avoir ma tranquillité de conscience envers le roi et le Pays dans mes derniers jours je souhaite aussi de n'etre plus à la Consulta à cette date, puisque

4 Il passo fra asterischi fu inviato a Berlino con T. 48 dell' 11 gennaio, con l'istruzione di inserirlo nel testo.

le pian politique auquel j 'ai travaillé pendant trente ans se trouve, en fin des comptes, irréalisable, et que la conséquence possible, selon moi, pourra ètre de faire revenir l'Italie à une nouvelle période révolutionnaire.

711 1 Ed. in SERRA, La questione tunisina, cit., pp. 458-462. 2 Cfr. n. 689.

711 3 Cfr. n. 533.

712

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO 1

T. RISERVATISSIMO 37. Roma, 8 gennaio 1896, ore 17,45.

Eccessive riserve contenute nella nota di lord Salisbury 2 che ricevo ora contrastano con lo spirito e con la lettera degli impegni presi da codesto Governo verso l'Italia, confermati e completati con la dichiarazione annessa al protocollo del 5 maggio 18943 . Non avevamo bisogno di passare per Londra per intenderei con Parigi. Potevamo e possiamo farlo direttamente. Contegno Governo britannico ci rende intanto indispensabile potere quando ci convenga presentare al Parlamento la dichiarazione del5 maggio 1894.

713

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI 1

T. RISERVATISSIMO 38. Roma, 8 gennaio 1896, ore 17,45.

Senza replica alla risposta telegrafica da me data il 26 dicembre u.s. 2 al telegramma di V. E. del 24 3 circa l'abbinamento della questione di Tunisi e della delimitazione franco-italliana nell'Africa Orientale, faccio osservare all'E.V. che più il tempo trascorre a nostro vantaggio in Abissinia, minore diventa il nostro interesse alle eventuali concessioni che potremmo fare in Tunisia. Codesto Governo dovrebbe comprenderlo e, se veramente è disposto venire al doppio accordo, approfittare senz'altro ritardo dell'occasione favorevole. Il Governo del re è animato dalla migliore disposizione di porre i rapporti franco-italiani in Africa sopra una base amichevole 4 .

2 Cfr. n. 692, nota 3.

3 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 264, allegato. 713 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 331.

2 Cfr. n. 648.

3 Cfr. n. 635.

4 Per la risposta cfr. n. 720.

712 1 Ed. in LV 92, p. 306 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, ci t., p. 315.

714

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI l

T. S.N. Massaua, 8 gennaio 1896, ore 22 (per. ore 4,43 de/9).

Meriterei biasimo, sfiducia, condanna, se avessi chiesto meno truppe quantità possibile vettovagliare per ottenere massimo effetto possibile presente situazione. Finora tenni con successo difensiva, perché sarebbe stata pazzia affrontare nemico in posizione. Ora giunti duplici rinforzi Italia confido che nemico rinforzato a sua volta da Menelik muoverà innanzi, ovvero di fianco. Allora opererò con forze riunite in modo di avere successo, dal quale cercherò trarre massimo profitto non avendo altra vista, altro pensiero che onore e decoro patria 2 .

715

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI l

Massaua, 8 gennaio 1896, ore 22 (per. ore 2,10 de/9).

*Avrei chiesto prima altri battaglioni e altra batteria, mi sono limitato a chiedere quanto mi pare possa bastare a superare presente situazione, tenuto conto del massimo che è possibile nutrire, data la scarsità e impreparazione.* Difficoltà approvvigionare truppe europee lontano dalla base, fra montagne con aspri sentieri invece di strade, con scarsità bestiame da soma senza magazzini avanzati, precedentemente riforniti in larga misura, sono infinite cosicché il numero anzi che giovare oltre certo limite potrebbe essere imbarazzante. Riunite Adigrat forze provenienti Italia, ho ferma fiducia battere scioani riuniti o divisi. Dopo un successo, inseguimento potrà disorganizzarne le forze, magari darmi modo proseguire; ma, come scrissi, campagna a fondo contro Abissinia esige preparazione di qualche mese e mezzi che non si possono improvvisare in un Paese desolato da guerre dalle orde che vi vivono da tanto tempo. Non per soverchia fiducia non è per riguardo al Paese che non chiedo maggiori rinforzi, è perché non ho il modo assicurare loro vettovagliamento; quando anche Governo decida guerra a fondo sarebbe necessario prima preparare tutto e truppe il più tardi possibile per non consumare prematuramente i mezzi.

2 Risponde al n. 709. 715 1 Ed. in L V 91, p. 88, in L V 92, p. 182, in CRISPI, La prima guerra d 'Africa, ci t., p. 391 e, con l'omissione del passo fra asterischi, in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 265.

2 Risponde al n. 706.

714 1 Ed., con varianti dovute ad errori di decifrazione, in LV 92, p. 182 e in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 264.

716

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CONFIDENZIALE 70/22. Vienna, 8 gennaio 1896 (per. il 12).

Il telegramma dell'imperatore germanico al presidente Kri.iger 1 non ha turbato la popolazione austro-ungarica, composta com'essa è di elementi assai diversi, e non preoccupata di questioni coloniali. Ma il Governo dell'imperatore ne è naturalmente assai impensierito. Il conte Goluchowski me ne parlò oggi, e non mi celò la penosa impressione che quel passo aveva prodotto in lui. Un fatto che abbia per effetto di sollevare l'inimicizia, non tanto dei Governi, quanto delle popolazioni di due grandi Nazioni, una delle quali fa parte della Triplice Alleanza, e l'altra è sollecitata ad entrarvi, e ad ogni modo è legata d'amicizia colle altre due Potenze facenti parte di quell'alleanza, è deplorevole e nocivo agli interessi comuni. Il conte Goluchowski osservava, non senza ragione, che con questo modo d'agire non si rinforzerà certo l'alleanza di cui la Germania fa parte, giacché le suscettività del Governo inglese, e più ancora dell'opinione pubblica inglese, terranno l'Impero britannico, finché durerà la presente irritazione, più che mai lontano dal contrarre impegni con qualsiasi gruppo di Potenze, di cui faccia parte la Germania. Certo è, ed io ne feci l'osservazione al ministro imperiale e reale, che il telegramma dell'imperatore germanico ci allontana assai da quell'ordine di concetti secondo il quale i tre Governi alleati si erano impegnati a procedere ad uno scambio reciproco di idee, sempreché si trattasse di questioni che toccano gli interessi comuni.

Un giornale tedesco, la Kolnische Zeitung, annunziava ieri che una Potenza amica ad un tempo dell'Inghilterra e della Germania aveva preso l'iniziativa di proporre una· conferenza per consacrare la neutralità del Transwaal. Ho chiesto al conte Goluchowski se ci fosse qualche apparenza di fondamento in quella notizia. S.E. mi rispose che non sapeva nulla di ciò, ma che in ogni caso mi assicurava che certamente il Governo austro-ungarico non si metterebbe in avanti, per fare quella o altre proposte 2 .

717

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 40. Roma, 9 gennaio 1896, ore 11,15.

Ho molto gradito sua lettera del 21 . Contarini è partito ieri sera direttamente per Berlino in corriere le consegnerà mia risposta 2 riservata a lei solo e non destinata per ora a nessuna comunicazione neppure verbale. Prima di manifestare alcuna nostra

2 Su quanto riferito da Nigra cfr. anche GP, 11, cit., n. 2649. 717 1 Cfr. n. 689.

2 Cfr. n. 711.

impressione occorrono maggiori schiarimenti sulle entrature del barone Holstein specialmente riguardo alla questione africana in relazione con Francia e Russia. Dimostri gratitudine a Holstein per ogni più preciso suggerimento segreto. Mi scriva ogni sua informazione ed apprezzamento personale col ritorno di Contarini. Usi il telegrafo per quanto può interessare l'Eritrea.

716 1 Cfr. n. 695.

718

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

T. RISERVATISSIMO 42. Roma, 9 gennaio 1896, ore 12,40.

Ricevo tua buona lettera del cinque1 . Siamo d'accordo. Le note scambiate non saranno comunicate a nessuno. Se dall'Inghilterra verrà qualche pubblica espressione circa alla facoltà passaggio Zeila teoricamente consentitaci, ce ne mostreremo grati, ma intanto come ti telegrafai ieri 2 , dovrebbe essere da noi presentabile al Parlamento la dichiarazione del cinque maggio.

719

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO 1

L. PERSONALE. [Roma,] 9 gennaio [1896], mattina.

Hai ragione per la progettata circolare, che non sarà spedita.

Il permesso di passaggio per Zeila in caso di bisogno è constatato in termini affatto generici; lord Salisbury riservando intelligenze più precise quando sia del caso. In questo momento non è possibile stringere di più. È meglio, come tu dicevi, tener la cosa in archivio e tacere.

Ho voluto oggi vedere a che punto sono gli studi per una spedizione all'Harar. Risulta proprio che la cosa non potrebbe farsi in così breve tempo come richiede la necessità di non aver impedimenti in primavera. Credo Crispi più disposto di prima a persuadersene.

2 Cfr. n. 712. 719 1 Da Archivio Sonnino; ed. in SoNNINO, Carteggio 1891-1913, cit., pp. 179-180. Come annotato dai curatori l'oggetto della circolare non è stato identificato.

Ho spedito però per corriere, ad ogni buon fine, a Lanza la lettera che hai letta circa il casus fa:deris eventuale2 . Ora quando tornerà Crispi si vedrà come e fin dove fossero limiti all'azione militare di Baratieri.

Il tuo capitolato di condizioni di pace3 è idealmente completo, aspetto una prima indicazione telegrafica che non può tardare circa le entrature tra Felter e Makonnen, per scriverne a Baratieri dopo avertene riparlato.

718 1 Cfr. n. 700.

720

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 72 bis. Parigi, 9 gennaio 1896, ore 16,20 (per. ore 20).

Per rispondere al telegramma di V.E. del26 dicembre1 mi occorreva indagare gli intendimenti di questo Governo circa i tre punti nel telegramma stesso enunciati come preliminare condizione alle trattative. Ciò feci e ne riferisco oggi con lettera cifrata2 . La considerazione esposta da V.E. nel telegramma di jeri3 è di moltissimo peso e me ne preoccupo. Gradirò avere tostoché la mia lettera sarà pervenuta a V.E. ed il R. Governo avrà deliberato, le ulteriori di lei direzioni 4 . Mantengo intanto aperto il preliminare e non ufficiale scambio di idee.

721

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 43. Roma, 9 gennaio 1896, ore 19,55.

Corrispondenti tendono tutti criticare intera condotta politica e militare dopo tuo ritorno costì. Impossibile riassumere. Ma qualunque cosa dicano Paese confida nel senno e valore tuo. Scrivo.

3 Cfr. n. 710, nota 2. 720 1 Cfr n. 648.

2 Cfr. n. 725.

3 Cfr. n. 713.

4 Per la risposta cfr. n. 736.

719 2 Cfr. n. 711.

722

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATO PERSONALE S.N. 1 . Napoli, 9 gennaio 1896, ore 23.

Il dissidio anglo-tedesco è una sventura internazionale, e bisogna trovar modo di comporlo. Esso giova ai nemici della Triplice e nuoce a noi. Il nostro augusto sovrano se ne preoccupa, e mi ha espresso il desiderio d'intervenire con una parola amica fra le due parti, ove questa possa esser efficace. Ne parli al barone Holstein in mio nome, e qualora egli le dia speranza di successo, ne parli al gran cancelliere. Comunque fosse il risultato delle nostre pratiche, avremmo per lo meno dato prova della nostra buona volontà e della nostra amicizia.

723

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 50/8. Berlino, 9 gennaio 1896 (per. i/12).

La calma che dimostra da giorni la stampa tedesca, evidentemente in seguito a parole d'ordine date dal Governo, fa vivo contrasto col linguaggio dei giornali inglesi, e rispecchia la calma colla quale il Governo imperiale stesso considera la situazione presente delle relazioni anglo-tedesche. Il Gabinetto di Londra ha sconfessato l'operato della Chartered Company, vivamente deplorato l'insurrezione di truppe capitanate dal dottor Jameson nel Transvaal, il famigerato Cecil Rhodes ha dato le sue dimissioni, nessuna osservazione è stata fatta ufficialmente da Londra circa il telegramma dell'imperatore al presidente Kriiger, né è stata posta, tranne che sui giornali, in discussione l'interpretazione da darsi al trattato del 1884 tra il Transvaal e la Gran Bretagna. Il Governo imperiale pago dell'effetto ottenuto dai suoi atti e conscio di avere interpretato, come meglio non sarebbe possibile, l'opinione pubblica, aspetta ora fiducioso che anche a Londra gli spiriti si acquietino.

A dimostrare quanto sia infondata l'accusa portata da taluni periodici di Londra alla Germania d'aver preparato di lunga mano un tentativo di impossessarsi del Transvaal di intelligenze già prese all'uopo col Portogallo ecc. il barone Marschall ha fatto vedere a questo ambasciatore inglese il testo del telegramma spedito a Lisbona il giorno in cui fu conosciuta la spedizione Jameson.

In esso veniva chiesto di poter sbarcare a Lorenzo Marquez e inviare a Pretoria 50 uomini della nave tedesca colà di stazione, per l'eventuale protezione del consolato germanico. Ma non era ancora giunta la risposta da Lisbona, che saputa la disfatta di J ameson il Gabinetto di Berlino faceva sapere che quello sbarco non era più necessario.

Entro in questi particolari per dimostrare che se, come si espresse meco e coll'ambasciatore d'Austria il barone Marschall, la Germania ha voluto dare una lezione all'Inghilterra, e lo fece, com'è nel suo temperamento, un po' brutalmente, ora che ha raggiunto il suo scopo essa cerca anzi tutti i modi di far comprendere a Londra che non ha mire recondite, che non nutre alcuna inimicizia per la Gran Bretagna, non vuole alcun diverso orientamento nella politica generale finora seguita e desidera solo veder la sua amicizia giustamente apprezzata e ricambiata.

Il barone Marschall si dimostra convinto che la lezione avrà effetto salutare. Voglio io pure sperarlo, ma vedo difficile, giudicando dallo stato dell'opinione pubblica inglese, come lord Salisbury possa dominar questa e se non avviene qualche incidente impreveduto, come quell'effetto salutare possa praticamente esplicarsi. L'accaduto, in ogni caso, è da deplorarsi ed impone a noi una grande riserva in attesa che l'orizzonte si rischiari. Possa il momento in cui ciò avverrà trovarci liberi dall'incubo abissino e più forti per maggior prestigio colaggiù acquistato dalle valorose nostre truppe e per moderazione nelle nostre aspirazioni.

722 1 Minuta autografa in Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi.

724

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 14/7. Londra, 9 gennaio 1896 (per. il 15).

Nel colloquio avuto ieri con lord Salisbury ho potuto convincermi della grande perplessità di quest'uomo di Stato di fronte alla presente situazione generale. Non si può fare astrazione da questo stato d'animo nel giudicare le parole e gli atti del primo ministro.

Il messaggio dell'imperatore di Germania al presidente della Repubblica del Transvaal ha vivamente eccitato l'opinione pubblica nel Regno Unito, ed ha posto in evidenza l'antipatia mal nascosta fra i due popoli e suscitato passioni che sopravviveranno ali' incidente forse passaggero che vi ha dato origine.

Le disposizioni energiche prese dal Governo della regina rispetto agli armamenti di terra e di mare ebbero qui il plauso dell'opinione pubblica, ma qualunque possa essere la soluzione dell'incidente del Transvaal, non è men vero che una grande incertezza è suscitata nel mondo diplomatico, circa i rapporti delle Potenze europee, dal contegno dell'imperatore di Germania.

Questo stato di cose ci porge un esempio eloquente della frequente contraddizione fra gli interessi europei propriamente detti e gli interessi coloniali, nelle varie quistioni che tendono ad unire od a dividere le Grandi Potenze. Tale concetto applicato ali' Italia serve fino ad un certo punto a spiegare alcune difficoltà (di second' ordine invero) tra l'Italia e l'Inghilterra riguardo all'Mrica, malgrado un'evidente concordanza d'interessi tra le due Nazioni per ciò che concerne l'equilibrio d'Europa e del Mediterraneo.

Ciò costituisce una vera difficoltà nella linea di condotta degli uomini di Stato chiamati a misurare con sicura bilancia i sacrifizi che possono esser fatti dagli interessi minori agli interessi maggiori.

725

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 92/25. Parigi, 9 gennaio 1896 (per. l'11).

Trasmetto qui unito un articolo in cifra.

ALLEGATO ANNESSO CiFRATO.

In seguito alle dimostrazioni verbali di simpatia di questo Governo, provocate dal fatto di Amba Alagi, VE. mi suggerì per telegramma1 di far osservare qui che le disposizioni a tali reciproci sentimenti verrebbero consolidate con lo stabilire le relazioni di buon vicinato tra i rispettivi possedimenti in Africa, mediante la firma dell'accordo di delimitazione per il quale si era [trattato] fra il r. ministero e l'ambasciatore di Francia a Roma. A quel primo telegramma in data 20 dicembre fecero seguito, relativamente allo stesso ordine di cose, i miei del 21 e 242 , e quelli di VE. del 23 e 26 3 del medesimo mese. Dalle scambiate comunicazioni telegrafiche risultò in sostanza che il Gabinetto di Parigi si [dimostra] pronto a concludere coll'Italia per lo Harar, se da parte nostra siamo disposti a negoziare con lui il trattato di commercio per Tunisi; e che VE., pur non respingendo in massima la possibilità di collegare la trattativa delle due questioni, non intende prendere decisione in proposito, né prima di sapere quali garanzie avremo che la nostra situazione commerciale in Tunisia non verrà danneggiata, né prima che sia definitivamente conclusa la delimitazione di Obock, e riconosciuto esplicitamente il valore assoluto della presa di atto senza riserva fatta dal ministro Spuller del protettorato nostro sopra tutta l'Etiopia e le sue dipendenze.

Tre distinti punti io sono dunque in dovere di elucidare, affinché il Governo del re possa prendere con cognizione di causa le sue risoluzioni circa la doppia eventuale trattativa. Primo punto. Nuovo trattato per la Tunisia. Bisogna premettere che della sostituzione di nuovi trattati a quelli ancor vigenti fra Tunisi e l'Austria-Ungheria e fra l'Inghilterra e la Reg

2 Cfr. nn. 622 e 635.

3 Cfr. nn. 627 e 648.

genza trattano presentemente i Gabinetti di Vienna e di Londra. Col primo di questi le trattative sarebbero anzi arrivate già a buon punto, e nelle medesime sarebbero state collegate altre questioni, fra le quali quella concernente l'interpretazione della clausola italiana per l'entrata in Austria-Ungheria [dei vini]. Questa notizia ebbi dal ministro degli affari esteri, il quale si scusò di non potermene dire di più trattandosi di negoziati in corso. Circa l'indole dei nuovi patti dobbiamo prevedere che, nella clausola del trattamento della Nazione più favorita a Tunisi, la Francia non vorrà sia compreso il trattamento francese. Bisogna, per altro, riflettere che l'importazione tunisina gode in Francia di esenzioni doganali, le quali non si estendono ad altri Paesi. L'uguaglianza che si stipulerebbe per l'Italia sarebbe quindi limitata al trattamento accordato ad altri Stati eccettuata la Francia. Pare che una tariffa daziaria convenzionale per i prodotti di maggior interesse inglesi sarà inclusa nel trattato anglo-tunisino. Vincoli di tariffa daziaria sembranmi possibili ad ottenersi anche per le principali importazioni italiane. Questo ministro degli affari esteri annette una grande importanza a che la trattativa che dovesse aver luogo, si apra per atto simultaneo delle due parti mediante lo scambio delle domande che ciascuna di queste farebbe all'altra per guisa che nessuna delle due abbia ad assumere posizione di petente. Questo metodo, egli dice, fu accettato dall'Inghilterra.

Secondo punto. Delimitazione di Obock. Nel concetto del Governo francese essa dovrebbe aver il carattere delle altre delimitazioni di zone rispettive d'influenza stipulate fra gli Stati europei. Le due parti rinunzierebbero reciprocamente ad agire al di là della linea fra di loro convenuta, e stipulerebbero la libertà reciproca delle comunicazioni commerciali fra i due rispettivi territori nel senso che questi non potrebbero essere chiusi per diretta misura proibitiva. La delimitazione abbraccerebbe la intera linea di separazione fra il possedimento francese, l 'Harare gli altri paesi del nostro protettorato. Non si specificherebbe però la condizione politica di quei paesi. Col fatto di delimitare coll'Italia il territorio di Obock per tutto il tratto che confina coll'Etiopia, la Francia ric0noscerebbe tacitamente il titolo speciale nostro di trattare per quella frontiera. Relativamente al tracciato della linea non ho sentito emettere obiezioni che lascino prevedere serie difficoltà.

Terzo punto. Riconoscimento esplicito del valore della presa di atto senza riserva fatta da Spuller del protettorato italiano sopra tutta l 'Etiopia e sue dipendenze. Il ministro attuale francese si crede impegnato dalla condotta dei suoi predecessori a non toccare questa questione, la quale a parer suo rischierebbe di provocare nel Parlamento francese dibattimenti e risoluzioni che conviene evitare. La nota Spuller è stata qui interpretata come ricevuta e non come presa di atto, e da dichiarazioni fatte nelle Camere è rimasta confermata tale interpretazione. L'Italia l'ha invece interpretata come [presa di atto]. Le due interpretazioni non concordano, ed il ministro attuale ritiene che la delimitazione possa farsi conservando ciascuno la propria interpretazione. In conseguenza della delimitazione, la Francia rinunzierebbe ad ogni azione n eli 'Harar, e l'Italia vi avrebbe libertà d'azione come vuole, e senza contestazione. Così sparirebbero completamente gli effetti dell'accordo franco-britannico del 1888 rispetto a quelle provincie etiopiche, e sarebbe forse tolta di mezzo la maggiore abbiezione alla eventuale cessione di Zeila da parte dell'Inghilterra, perché cessa nella Francia il diritto, da questa riservatosi nel suo accordo colla Gran Bretagna, di opporsi all'azione di altra Potenza nell'Harar.

Queste sono sopra i tre punti le disposizioni presenti del Gabinetto di Parigi. Me ne sono accertato in conversazioni col ministro degli affari esteri, alle quali, preliminarmente, abbiamo preso reciproco impegno di non attribuire alcun carattere ufficiale 4 . Non mi parve di poter esplorare più a lungo le intenzioni finali di questo ministro, sia perché l'indole dei colloqui non lo avrebbe consentito, sia perché il mio interlocutore dimostrava una certa ritrosia ad

esprimere in modo più preciso intendimenti sui quali egli diceva non aver ancora deliberato il Consiglio dei ministri. Io ebbi invece durante questo colloquio l'impressione che il mio interlocutore non parlava più così spigliatamente, come egli aveva fatto nella nostra conversazione del giorno 24 dicembre, ciocché poteva da me attribuirsi appunto tanto allo essersi egli consultato, se non con il Gabinetto intero, con coloro fra i suoi colleghi che sono in contatto più diretto e frequente cogli elementi parlamentari, e sono avvezzi a contare maggiormente sulle disposizioni dei medesimi, quanto all'aver il ministro subita l'influenza delle tradizioni del suo dicastero.

Come VE. vede, vi potrebbero essere basi a trattare, purché dall'una parte come dall'altra si sia disposti a rinunziare ali' esplicito riconoscimento, cioè al riconoscimento del Trattato del Bardo da parte nostra, e di quello di Uccialli da parte della Francia. Le situazioni nate da quegli atti per l'Harar e per la Tunisia sarebbero tacitamente ammesse dalle due parti. Questo ministro degli affari esteri, in occasione delle recenti nostre conversazioni, ha ripetutamente dichiarato che la Francia ha nulla da obbiettare a che l'Italia conduca a buon termine l'impresa, alla quale attende per sottomettere l'Etiopia.

Se VE. me lo consente, esprimerei il subordinato avviso che in questo affare debbono essere tenuti in conto non solo gli interessi speciali, per quanto siano importanti, connessi colle vertenze del trattato di commercio di Tunisi e della delimitazione di Obock, ma, ancora più, quelli generali che l'anormale condizione della politica europea pare creare per l'Italia. L'appianamento delle questioni speciali irritanti è per certo il mezzo migliore di rinforzare l'indipendenza delle eventuali risoluzioni che le circostanze potrebbero imporre. Gli incidenti recenti turbano singolarmente le orientazioni in Europa, e nei passati giorni mi sentii dire, in forma privata ed amichevole, tanto dal ministro attuale, quanto dal suo predecessore Hanotaux, che ciò che succede in questo momento dimostra che il ravvicinamento della Francia coll'Italia è sopratutto desiderabile. Cito l'opinione di Hanotaux, perché egli resta la personalità considerata generalmente in questo Paese come la più autorevole nelle cose della politica estera.

725 1 Cfr. n. 620.

725 4 Una di queste conversazioni aveva avuto luogo il 6 gennaio. Ne riferisce DDF, XII, ci t., n. 260.

726

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Berlino, 9 gennaio 1896.

Il giorno 18 corrente ricorre, come ella sa, il 25° anniversario della proclamazione dell'Impero e grandi feste avranno luogo alla Corte di Germania per quell'occasione. Era mia intenzione richiamare l'attenzione di V.E. su quella solennità perché volesse esaminare se non sia il caso, oltre quelle dimostrazioni di sentimenti personali che S.M. il Re crederà fare verso l'imperatore, di proporre a S.E. il presidente del Consiglio d'inviare un telegramma al cancelliere dell'Impero e cogliere questa circostanza per proporre a Sua Maestà di conferire al principe Hohenlohe il collare dell'annunziata, che presto o tardi dovrà essergli accordato perché lo riceva dopo un tempo di carica di cancelliere, non sensibilmente più lungo di quello in cui fu conferito al conte Caprivi dopo la sua nomina a cancelliere imperiale. Senonché la situazione politica attuale mi fa rimaner dubbioso s'io debba insistere su quest'ultima proposta. Ne faccio però cenno perché V.E. voglia averla presente. Insisterei per contro sull'altra (del telegramma di S.E. Crispi al principe Hohenlohe) tanto più che non vorrei venisse da Vienna fatta qualche dimostrazione simile e noi nulla, il che farebbe cattivo effetto. Quando da S.E. Crispi fosse inviato un telegramma a Hohenlohe, un altro telegramma di lui a Bismarck e uno di V.E. a Marschall sarebbero consigliabilP.

727

PROMEMORIA DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

Roma, 10 gennaio 1896.

Nel 1887, allorché sembrava prevedibile una crisi europea che avrebbe posto fine ad un secolo di guerre e di rivoluzioni scatenate dalla Francia, uno dei mezzi studiati per rompere la morbosa centralizzazione francese e per facilitare un ritorno alle autonomie provinciali, rimpiante dal legittimismo francese, era stato di prolungare occupazioni militari vigenti nel Paese finché le popolazioni anche dell'ovest avessero capito la necessità di liberarsi dagli eccessi di febbre violenta di Parigi e dalle invasioni che ne sono forzatamente la periodica conseguenza; e, tra le basi di tali occupazioni militari doveva essere Avignone restituita al papato con guarnigione italo-spagnuola. Questo non è che un ricordo storico, ma è interessante, in relazione col favore col quale fu accolta da gran parte dell'opinione italiana l'annunziata ristaurazione del palazzo dei papi in Avignone. La presenza del papa sarà senza dubbio una debolezza e non una forza per il Paese cattolico che l'ospiti; l'Italia ne ha fatto l'esperienza. Ciò sembra perfettamente capito dal Governo francese poco desideroso di avere un ospite tanto imbarazzante, quantunque non sarebbe forse difficile eccitare l'opinione provinciale francese ad ospitare in Avignone il conclave e, per conseguenza, il papa che ne fosse eletto. Così pure l'Austria-Ungheria non accoglierebbe forse volentieri a priori l'eventualità di una tale ospitalità, per esempio, a Trento. Non si vuol giudicare qui se nella Germania, più potentemente costituita e più ordinata sotto un'autorità d'Impero, la presenza d'un conclave o d'un papa, per esempio a Fulda, come si fantasticò altra volta, avrebbe gli stessi inconvenienti; essendo quistione che non sapremmo decidere se il papato ospitato da un Governo estero, non potendo recare che una debolezza di più a quel Governo se politicamente debole, possa essere invece una forza di più per quel Governo se politicamente forte. In quanto ad una sovranità più effettiva, temporale o territoriale che la si voglia chiamare, la quale evidentemente non potrebbe cercarsi che fuori del Regno, l'Italia non può essere tenuta ad indicarla. Non vi sono, se non nell'Impero ottomano, istituzioni che si prestino all'esercizio di una sovranità religiosa fortificata da una legislazione propria e da giurisdizioni indipendenti guarentite dalle capitolazioni; onde vi fu chi sostenne l'idea, più fantastica ancora di tante altre, del papa a Santa Sofia. Ad ogni modo per l'Italia la convenienza di

aver ospite la Santa Sede non può essere considerata ormai separata dalla dichiarazione pontificia dell'assoluta e definitiva incompatibilità della presenza simultanea in Roma dei sommi pontefici e dei re dell'Italia unita.

726 1 Per la risposta cfr. n. 7 45.

728

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, FRIOZZI DI CARIATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 11/6. Lisbona, 10 gennaio 1896 (per. il l6).

La notizia della presa del famoso capo zulù, Gungunhama, di cui ebbi l'onore di riferirle i particolari nel mio rapporto n. 9/5 del 5 corrente!, ha destato in tutto il Portogallo immenso entusiasmo. Si adunano dovunque comizi popolari per celebrare il trionfo definitivo delle armi portoghesi in Africa e si preparano feste clamorose in onore delle truppe che rimpatriano dal Mozambico e che sono prossimamente attese in Lisbona.

Quantunque la situazione speciale nella quale io mi trovo non mi permetta di partecipare ufficialmente alle manifestazioni di giubilo di cui il Governo stesso ha preso l'iniziativa, ho creduto potere nonpertanto esprimere in via privata a questo ministro degli affari esteri il mio vivo compiacimento per l'esito brillante della recente campagna, e gli ho quindi diretto addì 6 corrente una lettera del tenore seguente: «Cher M. de Soveral, je viens d'apprendre par les journaux de ce matin la grande nouvelle qui vous arri ve d'Afrique. Malgré l es circonstances qui m'empèchent de donner à mes félicitations un caractère officiel, je tiens à vous témoigner la part très vive que je prends à l'événement capitai qui couronne si brillamment les récents succès des armes portugaises. Croyez etc. etc.».

Era passato qualche giorno senza che il signor de Soveral mi avesse accennato ricevuta di quel mio biglietto, quando ieri sera egli venne di persona a trovarmi e mi disse che aveva portato le mie congratulazioni a notizia del re e che Sua Maestà Io aveva incaricato di ringraziarmi nell'augusto suo nome.

Il signor de Soveral -il quale, nella conversazione che ebbi con lui il 30 dicembre u.s. 2 , mi aveva già accennato l'udienza accordata dal re, nostro augusto sovrano, all'incaricato d'affari di Portogallo in Roma -mi ha detto poi ieri sera che il signor Monteverde gli aveva telegrafato il giorno prima per informarlo di essere stato invitato a pranzo a Corte. Il ministro soggiunse che il signor Monteverde non ha mai cessato di essere da V.E. ricevuto al palazzo della Consulta insieme con gli altri capi di missione esteri, in modo che lo stato presente delle nostre relazioni col Portogallo non avrebbe menomamente alterato i rapporti della legazione portoghese sia colla nostra Real Corte, sia col R. Ministero degli affari esteri.

Non saprei nascondere a V.E. che i fatti segnalatimi dal signor de Soveral e che egli ha avuto cura di propalare in questi circoli diplomatici mi hanno cagionato la massima perplessità. Non mi riesce, infatti, conciliare il trattamento accordato all'incaricato d'affari di Portogallo a Roma colla linea di condotta che l 'E. V. mi ha prescritta e che non è stata modificata da alcuna più recente sua istruzione. Conformandomi agli ordini categorici da V.E. impartitimi, io mi sono rigorosamente astenuto dall'intervenire ai ricevimenti di questo ministro degli affari esteri dopo l'interruzione delle nostre relazioni diplomatiche col Portogallo, cessando in pari tempo dal comparire a Corte e nelle pubbliche solennità, continuando soltanto le tradizionali relazioni di questa r. legazione con la Corte di S.M. la Regina-Madre. Non vedo come questa mia condotta possa conciliarsi con quella del signor Monteverde, né dubito che la diversità così manifesta tra l'una e l'altra finirà col dar luogo ad ogni sorta di commenti. Il mio atteggiamento di estrema riservatezza verso la Corte ed il Governo portoghese era certamente quello che la situazione imponeva ma presupponeva un contegno identico verso il rappresentante portoghese in Roma. Mancando ciò, la mia posizione a Lisbona -oltrecché assai delicata -diventa anche illogica.

Queste considerazioni mi hanno determinato a pregare l'E.V. di volermi significare l'alto suo intendimento circa la quistione se io debba oppur no persistere nel contegno prescrittomi dalle anteriori sue istruzioni e -nel caso in cui dovessi modificarlo -in quale misura e sotto quali condizioni io possa o debba farlo 3 .

728 1 Non pubblicato. 2 Riferita con R. 403/236, non pubblicato.

729

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO 51. Roma, 11 gennaio 1896, ore 15.

Decifri ella stessa. Le mie proposte del3 dicembre1 a cui si rispose in modo dilatorio2, non appariscono più realizzabili dopo complicazione sorta tra Inghilterra e Germania. Le riserve che V.E. non tacque col principe Hohenlohe circa l'utilità che la Germania rimanga in seconda linea negli affari d'Oriente 3 appariscono ora più giustificate che non la fiducia con la quale il R. Governo credette dovere accettare il concetto germanico. Dobbiamo prevedere il caso di· accentuazione ancora più marcata a Berlino di una evoluzione già da tempo pronunziatasi verso il gruppo franco-russo. Apprezzo consigli di prudenza di V.E. ma il R. Governo desidera che ella vi aggiunga sue informazioni sul modo di vedere dell'Austria-Ungheria e suo autorevole parere personale sulla grave crisi che attraversano le nostre alleanze avvicinandosi il 6 maggio4 .

2 Cfr. n. 558.

3 Cfr. n. 677.

4 Cfr. n. 758.

728 3 Per la risposta cfr. n. 763. 729 1 Cfr. n. 533.

730

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI E VIENNA

T. 53. Roma, 11 gennaio 1896, ore 15,30.

L'ambasciatore d'Inghilterra avendomi comunicato informazione del suo Governo che un negoziato sarebbe in corso tra il sultano e lo czar, il quale chiederebbe di occupare sei provincie dell'Anatolia in ricambio della sua protezione al sultano, gli ho risposto: che da tempo il sultano si considera come protetto russo, e che, dopo la recente e formale esclusione delle squadre occidentali dagli Stretti, non siamo punto sorpresi che la Russia aggiunga una occupazione territoriale alla protezione marittima di cui ha già il monopolio sulle coste turche del Mar Nero.

731

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PERRERO

T. 54. Roma, 11 gennaio 1896, ore 16.

Risulta a Baratieri che Menelik ha una ventina di cannoni davanti a Macallè1 .

732

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO 1

D. GAB. l. Roma, II gennaio 1896.

Sir Clare Ford è venuto oggi a dirmi che l'ambasciatore di S.M. la Regina a Costantinopoli fu informato da buona fonte che il sultano fece appello alla protezione dell'imperatore di Russia. L'imperatore rispose che avrebbe garantito la sicurezza del sultano alle condizioni seguenti: la Russia avrebbe occupato le sei provincie d'Anatolia (fra Diarbekir e Trebisonda) per un periodo di almeno dieci anni; le rendite in più sarebbero state devolute alla Turchia; si sarebbe fatta un'ampia riduzione della inden

nità di guerra dovuta alla Russia, e la Russia avrebbe assistito finanziariamente la Turchia. Il sultano a quanto sembra, sta esitando se deve accettare o no queste condizioni. Il principale consigliere del sultano in queste trattative è stato Mahmud Gellal-eddin, che è ben noto come agente russo. Egli è il padre dell'ambasciatore turco a Parigi, recentemente nominato.

Gli ho risposto che da tempo il sultano si considera come protetto russo, e che dopo la recente e formale esclusione delle squadre occidentali dagli Stretti, io dubitavo, non perché cosa sorprendente, ma perché cosa superflua, che la Russia, interessata ad evitare nuovi riparti dell'Impero posto sotto la sua preponderanza, aggiungesse una occupazione territoriale alla protezione marittima di cui ha già il monopolio sulle coste turche del Mar Nero, supponendo paralizzate l'Inghilterra dal sud africano e dagli Stati Uniti, e l'Italia dall'Abissinia. Mi astenni dall'aggiungere rammentarmi che, nel testo degli accordi segreti del 1887 tra Italia, Austria-Ungheria ed Inghilterra, una menzione dell'Armenia era stata inserita per iniziativa di lord Salisbury.

Nel seguito del colloquio *sir Clare Ford mi parlò della risposta fatta a VE. circa Zeila e l'Harar da lord Salisbury il 2 gennaio 2 , ed io a quel proposito gli domandai: l) quale status voleva l'Inghilterra nell'Harar se non quello stabilito nella dichiarazione anglo-italiana del 5 maggio 1894;

2) quale assicurazione l'Italia poteva dare alla Francia se non di confermare l'accettazione nostra dei limiti della zona francese proposti dalla Francia stessa nel 1891;

3) quale comunicazione può far l'Inghilterra alla Francia che non sia la conferma della nota di lord Kimberley all'ambasciatore inglese a Parigi del 17 luglio 1894.

Ho aggiunto non voler descrivere l'impressione del nostro esercito e del Paese circa l'amicizia inglese nel vederci impedita una semplice dimostrazione fuori di Zeila, colla quale poche compagnie avrebbero prodotto tanto effetto morale da ricondurre all'Harar Makonnen che ci sta ora attaccandod.

Non sapremmo prevedere dove si fermerà codesto Gabinetto nelle sue deferenze alle crescenti pretese della Francia a nostro danno, se sottopone se stesso e suggerisce a noi di sottoporci perfino a quelle che furono da lord Kimberley dimostrate infondate. L'Inghilterra rinnega la comunanza d'interesse italo-inglese affermata colla dichiarazione del 5 maggio 1894, per il nostro protettorato sullo Harar, rendendo così illusoria la concessione teorica che ci ha fatto del passaggio delle nostre truppe per Zeila. Dopo ciò non rimarrebbe altro che di vedere l'Inghilterra consentire alla Francia la nostra esclusione da Cassala, ove la difesa comune coll'Inghilterra da noi affermata non ci fu perdonata dal Governo francese. Già si riferisce che lord Cromer, preoccupato dei rinforzi da noi mandati nel Tigrè, progetterebbe un movimento non avente per base Wadi-Alfa né Korosko, né per obbiettivo Cartum, bensì diretto da Suakin su Cassala, che non è punto in pericolo, e che l'Egitto pretenderebbe rioccupare

senza aver ristabilito l'ordine e la sicurezza nel Sudan. Ma l'eliminazione della difesa italiana, per opera dell'Inghilterra, a Cassala come a Zeila, non potrebbe essere considerata amichevole, e, quando yenisse proposta, V.E. dovrebbe lasciar che se ne facesse organo l'ambasciatore d'Inghilterra in Roma.

Intanto l'Inghilterra e l'Austria-Ungheria trattano colla Francia circa il regime commerciale colla Tunisia, e tale informazione ci viene da Parigi.

Le confermo il mio pro-memoria confidenziale del 12 luglio3 , ed, in via affatto riservata e personale, richiamo l'attenzione dell'E.V. sopra uno scambio di lettere segrete intervenuto tra il generale Lanza e me il 2 e il 7 corrente 4 . Non saprei meglio chiarire la grave situazione che risulta dall'essersi rese ineffettive le alleanze, illusorie le comunanze d'interessi, e per conseguenza precaria la pace, e favorevoli al gruppo franco-russo le condizioni di una guerra europea.

731 1 La notizia era stata comunicata da Baratieri con T. 78 del 10 gennaio, non pubblicato. 732 1 Parzialmente ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 317-318.

732 2 Cfr. n. 692, nota 3. 3 Il passo fra asterischi fu trasmesso a Perrero con T. riservatissimo 11 dello stesso 11 gennaio, ed. in L V 92, p. 306.

733

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO S.N. Vienna, 11 gennaio 1896.

Ringrazio della comunicazione cifrata del telegramma del r. ministro a Copenaghen1. La notizia ivi data venne anche comunicata a Goluchowski. Egli mi disse che Salisbury espresse la sua indignazione per questa che egli qualifica calunnia per parte del Gabinetto di Pietroburgo.

734

IL GENERALE DAL VERME AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

L. PERSONALE. Roma, 11 gennaio 1896, sera.

Impedito da ragioni di servizio militare, non sono stato alla Camera nella giornata di oggi, e da qualche giorno non ho veduto Torraca.

4 Cfr. nn. 689 e 711. 733 1 La comunicazione, inviata da Maissa anche all'ambasciata a Londra e datata 9 gennaio, era la seguente: <<Il r. ministro a Copenaghen mi telegrafa quanto segue, in data 8 corrente: 'Mi si assicura confidenziamente che l'Inghilterra avrebbe fatto Pietroburgo segrete proposte di condominio sul Bosforo, proposte che il Governo russo avrebbe declinate'».

Lei ha tutte le ragioni di lagnarsi dell'articoletto che ho letto soltanto ora sull'Opinione di ieri sera; ma io non ce ne impodo. Con Torraca sono in buoni termini, perché è il solo direttore di giornale che conosco e che accoglie le mie osservazioni più

o meno coloniali. Vedendolo, gli dissi qualche cosa di quanto lei mi ha scritto. In quale mare di guai ci ha piombato il mutamento di orientazione in Africa inau

gurato coll'avvento di Antonelli alla Consulta!

lo l'ho detto sin da allora, quando dichiarai e mantenni la promessa di non salire le scale della Consulta insino a tanto che il conte A[ ntonelli] rimaneva alla testa delle cose africane. Doveva continuarsi la politica di tenersi bene col vicino, lasciando nel suo brodo il lontano. Invece si è fatto in modo che ci son contro tutti, persino il re del Goggiam! Io poi non perdonerò mai a Baratieri (e non capisco il non intervento del ministero, allora) l'inazione in cui è rimasto dopo gli avvisi e i telegrammi di Nerazzini, che segnalavano un fatto avvenuto, in tempo utilissimo. Doveva essere creduto Nerazzini a preferenza di tutti gli informatori indigeni, della cui insipienza o perfidia ne abbiamo avuto ora le prove! Non vedere una massa di popolo di 40.000 persone che si muove, è davvero un colmo!

E perché Baratieri si è voluto ostinare a tenere Macallè? Io l'ho detto sino dallO ottobre, che era un grosso errore, e speravo sempre che l'avrebbe fatto sgombrare. Un forte di quella natura avanzato 80 chilometri!

Si ha bel mandare truppe sull'altipiano, ma più se ne mandano, più aumenta la difficoltà di farle vivere e diminuisce la mobilità.

Se ne usciamo da questa difficilissima situazione, possiamo dirci fortunati.

Sono assai impensierito.

Mi perdoni lo sfogo e le raccomando caldamente di non lasciarsi andare all'ec

cesso di fiducia che ha portato Baratieri a lasciarsi sorprendere impreparato.

732 3 Cfr. n. 219.

735

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 76. Adigrat, 12 gennaio 1896, ore 7,15.

Felter scrive *in francese*: «Dolo 10. Ras Makonnen stamane mi disse che gli occorrono ancora due o tre giorni per terminare consigliarsi coll'imperatore e cogli altri ras; dunque non bisogna aspettarmi prima del 15 corrente. Fui ricevuto trattato molto bene». *Gugsa, alquanto indisposto a Massaua, migliora; fra poco verrà Adigrat*.

735 1 Ed. in L V 92, p. 187 e, con l'omissione dei passi fra asterischi, in L V 91, p. 92.

736

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI l

T. RISERVATISSIMO 58. Roma, 12 gennaio 1896, ore 13,50.

Decifri ella stessa. Ricevo suo articolo cifrato del 9 corrente 2 . In vista di un risultato immediato, siamo disposti accettare punto di vista francese, cioè quello di trattative di fatto per la Tunisia col Governo di Parigi, e di sola delimitazione sfere d'influenza nell'Africa orientale. Per la prima questione, accetteremmo condizioni commerciali fatte agli altri Stati europei, con mantenimento dello statu quo per ciò che riguarda la navigazione e la pesca e con vincoli tariffa per principali importazioni nostre; cederemmo anche ferrovia, salva restando esistenza scuole, ospedale, Camera di commercio e società italiane costituite. Per la delimitazione che suppongo conforme per l'interno alle proposte francesi del 91 accettate da noi, V.E. potrebbe far osservare l'interesse comune che la delimitazione stessa comprenda per noi un punto della costa, onde la tutela effettiva della nostra sfera d'influenza sia indipendente 3 .

737

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 88. Parigi, 12 gennaio 1896, ore 15,33 (per. ore 16).

Mi sono inteso con questo ministro degli affari esteri per indirizzargli domanda che sia emesso un decreto presidenziale il quale vieti esportazione diretta di armi e munizioni dalla Francia a destinazione della costa Mar Rosso compresa fra Ras Dumeira ed il confine che divide i possedimenti francesi del golfo di Aden dagli inglesi. Questo decreto sarà portato martedì al Consiglio dei ministri ed il ministro degli affari esteri non prevede difficoltà a farlo approvare. Stimo utile intanto che la cosa sia tenuta ad ogni buon fine segreta fin dopo l'approvazione che sarà naturalmente seguita dalla pubblicazione nel giornale ufficiale francese.

2 Cfr. n. 725.

3 La minuta del telegramma continuava con la frase seguente, cancellata da Blanc: <<da un passaggio per la zona inglese, che d'altronde il Governo francese forse non ignora esserci stato concesso in massima». 737 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 356.

736 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 331-332.

738

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 93. Parigi, 12 gennaio 1896, ore 23 (per. ore 1,15 del 13).

Ringrazio l'E.V per le istruzioni telegrafatemF delle quali farò uso circospetto per modo che nulla sia pregiudicato nel caso incontrassi qui esitazione alla conclusione immediata che nelle circostanze presenti mi sembra condizione essenziale. Però prego, a complemento delle istruzioni stesse, di telegrafarmi 3 se VE. aderisce alla domanda sulla quale qui si insisterà molto che nell'atto di delimitazione sia introdotta clausola la quale assicuri libertà di relazioni commerciali fra la colonia francese e l'interno. Non avendo io sotto gli occhi la delimitazione fatta per Zeila, non rammento termini della clausola che fu in chiusa in quell'accordo. Prego telegrafarmela. Procurerò di abboccarmi domani con il ministro degli affari esteri. Raccomando massimo segreto circa la trattativa perché troppi sarebbero, per motivi diversi, gli interessati a sventarla. *Addetto militare mi assicura fedelmente nomi citati nei giornali degli ex-ufficiali francesi che sono nel campo scioano non figurano neppure nei quadri di riserva.*

739

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. RISERVATISSIMO 1199/171 . Roma, 12 gennaio 1896.

L'ambasciatore d'Austria-Ungheria è venuto a chiedermi oggi confidenzialmente il mio parere sulla situazione in cui si trovano l'Austria-Ungheria e l'Italia, in presenza delle incertezze della politica inglese e della vivacità dimostrata verso di essa dalla politica germanica.

Risposi essere evidente l'opportunità della speciale circospezione, dimostrata a Vienna e a Roma, verso il raffreddamento di rapporti avvenuto fra una Potenza, nostra comune alleata, e l'altra colla quale abbiamo comuni impegni. lo riconoscevo che le riserve talvolta accennatesi da Vienna contro l'utilità che la Germania rimanga in seconda linea verso le intelligenze di massima, ora meno realizzabili, fra Roma, Vienna e Londra, appariscono, e ce ne duole, più giustificate che non la fiducia colla quale

2 Cfr. n. 736.

3 Cfr. n. 747. 739 1 Inviato in copia all'ambasciata a Londra con D. riservatissimo 1618/22 del14 gennaio.

il R. Governo aveva accolto il concetto che tale contegno separato della Germania sarebbe stato di effettivo appoggio alla consolidazione e all'applicazione della comunanza di interessi fra le tre Potenze mediterranee.

Il Gabinetto di Vienna poteva meglio di noi giudicare se, come vogliamo ancora sperare, la reazione più favorevole incominciata in Germania ed in Inghilterra contro la tensione scoppiata dapprincipio per gli affari del Transvaal, possa presentare ai Gabinetti di Vienna e di Roma un momento propizio per fare insieme, a Londra e a Berlino, un passo efficace nel senso delle mie proposte del 3 dicembre 2 , cui non si è fatta, sinora, che un'accoglienza dilatoria. Avremmo così, in mancanza di altro risultato, la coscienza d'aver adempiuto a tutti gli obblighi morali derivanti dagli accordi, testé ancora confermati in massima, del 1887; e sarebbe coperta la nostra responsabilità nel caso prevedibile di una evoluzione, già da tempo accentuatasi, degli Imperi centrali verso la Russia.

Colsi l'opportunità per chiedere all'ambasciatore d'Austria-Ungheria se avesse notizia della sussistenza delle informazioni seguenti pervenuteci da sir Clare Ford. Secondo tali informazioni il sultano fece appello alla protezione dell'imperatore di Russia; l'imperatore rispose che avrebbe garantito la sicurezza del sultano alle condizioni seguenti: la Russia avrebbe occupato le sei provincie d'Anatolia fra Diarbekir e Trebisonda per un periodo di almeno dieci anni; le rendite in più sarebbero state devolute alla Turchia; si sarebbe fatta un'ampia riduzione dell'indennità di guerra dovuta alla Russia, e la Russia avrebbe assistito finanziariamente la Turchia. Il sultano, a quanto sembra, sta esitando se deve accettare o no queste condizioni.

Il barone Pasetti non aveva più di noi altra notizia di tutto ciò, e considerava solo questi ballons d'essai come sospetti. Io dimostrai di non crederci per la ragione che dopo la recente formale esclusione delle squadre occidentali dagli Stretti, il sultano si considera più che mai come protetto russo, e la Russia, interessata ormai dalla propria preponderanza sull'Impero ottomano a non facilitarne lo smembramento, non sembrerebbe trovare gran beneficio nell'aggiungere un'occupazione territoriale, locché d'altronde non potrebbe sorprenderei, alla protezione marittima di cui ha già il monopolio sulle coste del Mar Nero.

In conclusione, dissi al barone Pasetti essere dubbio per me se il temporeggiare significhi nella realtà perder tempo o guadagnarne. Ne lasciavo l'apprezzamento al Gabinetto di Vienna dopo i risultati tanto aggravatisi, perfino nella penisola balcanica, dell'inerzia in cui si rimase sin dal principio dei casi d'Armenia.

Sottopongo poi ora all'illuminato apprezzamento personale dell'E.V. una situazione nella quale il disinteressamento dei nostri alleati negli affari d'Africa e d'Oriente ha reso preponderanti la Francia sulla parte occidentale, e la Russia sulla parte orientale del Mediterraneo.

Come V.E. giustamente osservò, l'Austria-Ungheria non ha alcun impegno verso l'Italia per le cose d'Africa. Ha dunque il diritto di disinteressarsene; e se ne vale al punto anche di non informarci dei negoziati commerciali per la Tunisia, che essa ha iniziato colla Francia dopo la denunzia fatta dal Governo francese del regime convenzionale esistente in Tunisia. Anzi il Gabinetto di Vienna assimila la posizione della Francia in Tunisi, benché non abbia base regolare nel diritto convenzionale, alla posi

zione dell'Austria-Ungheria nella Bosnia e nella Erzegovina, la quale pure ha regolare fondamento internazionale. Onde, il disinteressamento dell'Austria-Ungheria per quel riguardo in Africa, potrebbesi meglio definire una comunanza d'interessi tra i Gabinetti di Vienna e di Parigi, in virtù della quale, per il consenso dato dalla Francia nel Congresso di Berlino all'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina, nessuna abbiezione anche amichevole può essere mossa dall'Austria-Ungheria, quantunque alleata dell'Italia e cointeressata coll'Italia nel Mediterraneo, contro i procedimenti della Francia quando questa ci dichiara per esempio, come ha dichiarato, che i nostri provvedimenti d'ordine in Sicilia l'obbligavano a fortificare Biserta3 .

Un disinteressamento analogo per parte dell'Austria-Ungheria nelle cose d'Africa si verifica quando, provato il fatto che, con armi e denari provenienti dalla Francia, si organizza, per le vie di Obock e di Gibuti, una guerra abissina contro di noi, ogni possibilità è esclusa che i nostri alleati facciano osservare a Parigi che l'Italia avrebbe potuto eventualmente bloccare quella costa; come pure quando la Francia si oppone acché possiamo, rispettando i confini della sua zona d'influenza da essa stessa proposti e da noi accettati nel '91, tutelare per le vie del sud il nostro protettorato; e quando essa si rifiuta di riconoscere ormai i confini stessi, dichiarandoci ufficialmente che il motivo di quel rifiuto è stato il rinnovamento della nostra alleanza colle Potenze centrali. Onde, con diffide che non vengono rilevate dai nostri alleati, benché dirette apertamente contro l'alleanza, si faceva dalla Francia e dalla Russia l'esperimento, e si otteneva da esse la prova di fatto, che le condizioni segrete della Triplice Alleanza, qualunque esse fossero, erano inefficaci per i nostri interessi essenziali nella pace, sia per gli hinterland estremi di Tripoli, alquanto compromessi da un trattato franco-germanico, sia per gli hinterland dell'Eritrea, abbandonati alle crescenti ingerenze franco-russe. In tal modo l'Italia fu posta nella impossibilità di stabilire colla Francia stessa relazioni di buon vicinato anche coloniale, fondate sugli Atti di Berlino e di Bruxelles, finché non sia uscita dalla Triplice Alleanza, condizione questa sistematicamente ripetutaci dal signor Billot in ogni quistione di miglioria delle relazioni politiche o commerciali dei due Paesi.

Eliminata l'Africa dalle teoriche solidarietà mediterranee itala-austriache, che cosa ne rimane di fatto in Oriente? Sarebbe più che inopportuno risollevare l'idea, che non è più che un ricordo storico, di fondare nella penisola balcanica la pratica portata della nostra alleanza coll'Austria-Ungheria sopra interessi positivi di conservazione e di sviluppo civile e commerciale, ponendo qualche porto ottomano dell'Adriatico in comunicazione colla rete bulgara; non si è capito in tempo quanta forza l'Italia poteva prestare ai due Imperi in quella direzione contro il panslavismo, le cui società dominano ormai gli elementi civili, sia latini che germanici, perfino sulle coste dell'Adriatico, mentre hanno preparato non solo a Sofia, ma su tutta la penisola balcanica, la propria padronanza, che diventerebbe effettiva appena qualche reggimento russo, sbarcato per un accidente della flotta volontaria, piantasse la croce su Santa Sofia.

Neppure per l'Anatolia si è creduto utile -ed anche questo non è che un ricordo storico inutile a risollevare-l'affermazione della Triplice Alleanza con una protezione esercitata sulle ferrovie dell'Asia Minore anche da noi che eravamo stati iniziatori di quel

l'impresa. Anzi, allo scoppiar dei disordini armeni, i nostri alleati considerarono l'eliminazione del nostro gruppo come atta ad impedire che le questioni di riforme si ponessero anche per la Macedonia; e così si è lasciato costituire quel che si è chiamato «la nuova Triplice orientale», col risultato preveduto, ed ora realizzato, d'una situazione analoga per l'Impero ottomano, di fronte alla Russia, a quella in cui si trovava l'Impero greco nei suoi ultimi giorni, di fronte ai turchi già padroni virtualmente, per terra e per mare, di Bisanzio.

Non da oggi solamente si manifestano i sintomi di una evoluzione delle Potenze centrali, sia transitoria sia definitiva, non solo nel senso dì un Kaiserbund, ma, quel che è più grave per noi, verso il gruppo franco-russo.

Noi stessi talvolta abbiamo avuto a difenderci, non senza fatica, contro l'impressione vieppiù accreditata che la Triplice Alleanza, non potendo aggiungersi l'Inghilterra, è condotta sia ad appoggiarsi sulla Russia, sia anche a soddisfare con ogni concessione possibile la Russia in Asia e la Francia in Mrica.

Non vi ha dubbio che in realtà molta strada è già stata fatta in quell'indirizzo; anzi tanta, che l'Austria-Ungheria potrebbe preoccuparsene più di noi, che facilmente avremmo potuto andar più in là dell'Austria-Ungheria stessa in un riavvicinamento alla Russia, mentre la nostra lealtà e fedeltà allo spirito della Triplice Alleanza ci ha fatti bersaglio isolato ai colpi del gruppo franco-russo.

È superfluo che all'alto acume dell'E.V. io segnali la crisi che attraversano, e non per fatto nostro, le nostre relazioni internazionali in questo momento decisivo, ove la Triplice Alleanza è diffidata dalla Francia, mentre gli accordi del 1887 sono resi vani dalla Russia. Il Governo del re desidera essere illuminato da lei, colle informazioni più precise, sul modo di vedere del Governo austro-ungherese circa le questioni più gravi per i rapporti intimi che desideriamo conservati fra i due Stati; e fa appello ai pareri ed ai consigli di V.E. di fronte a problemi obbiettivi che ormai s'impongono ineluttabili alle nostre responsabilità, in un momento fugace in cui si potrebbe ancora, con pratiche e leali intelligenze, rendere più sinceri e più effettivi i legami internazionali che maggiormente interessano l'avvenire d'Italia 4 .

738 1 Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 332.

739 2 Cfr. n. 533.

739 3 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 167.

740

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CONFIDENZIALE 66/19. Sofia, 12 gennaio 1896 (per. il17).

Confermando le conclusioni del mio rapporto del 7 corrente1 mi pregio d'informare V.E. che l'opinione più accreditata divisa dai colleghi d'Inghilterra e d'AustriaUngheria, è che il principe Ferdinando ha formalmente deciso in questi giorni di non consentire alla conversione del figlio.

Tale risoluzione per noi preziosa sarebbe dovuta sovratutto alla salutare influenza della principessa Maria Luisa e del duca di Parma. Si parla di cambiamenti di Ministero, del ritiro del signor Stoiloff forse rimpiazzato dal signor Grecoff; più probabilmente di rimpasti ministeriali colla uscita dei principali russofili. Ciò verificandosi, come devesi con fondamento sperare, si ripeterà in Bulgaria la situazione dell'estate 1888, allorquando la Russia abbandonò il principe Alessandro di Battenberg, ed il momento sembrerebbe venuto per l'Italia, l'Austria-Ungheria e per l'Inghilterra di agire come a quell'epoca, ossia nel caso presente di riconoscere il principe Ferdinando ed attirarlo nell'orbita avversa alla Russia. Questa è, pare, (in stretta confidenza) l'opinione personale dell'agente inglese e, sebbene ora assente in congedo, dello stesso avviso certo sarebbe l'agente austro-ungarico. La Bulgaria è il più riuscito degli Stati balcanici e danubiani; essa ha un esercito forte e la sua alleanza sarebbe preziosa in caso di guerra. L'avvenire non lontano proverà non esagerata la previsione, secondo la quale questo giovane Paese è predestinato a raccogliere in Europa la parte maggiore dell'Impero ottomano ed a insediarsi a Costantinopoli.

739 4 Per la risposta cfr. n. 769. 740 1 Non pubblicato.

741

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 64. Roma, 13 gennaio 1896, ore 13,40.

Telegrafi se oltre alla clausola della Nazione più favorita, ad una tariffa convenzionale per le nostre principali importazioni, ad assicurare l'esistenza delle nostre scuole, dell'ospedale, della Camera di commercio e delle società italiane costituite, vi siena altri punti per i quali importerebbe ottenere garanzie nel caso d'eventuali negoziati colla Francia. Per clausola della Nazione più favorita s'intende trattamento fatto agli altri Stati, la Francia esclusa1 .

742

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 95. Berlino, 13 gennaio 1896, ore 14,32 (per. ore 15,50).

Lobanov ha fatto smentire ufficialmente a Londra che esistano negoziati fra sultano e czar, per occupazione sei provincie Anatolia. Quest'ambasciata d'Inghilterra ne informò stamane questo Governo 1 .

742 1 Analogo telegramma era stato inviato il12 gennaio da Nigra (T. 90, non pubblicato).

741 1 Per la risposta cfr. n. 749.

743

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 100. Londra, 13 gennaio 1896, ore 15,49 (per. ore 19,15).

Disposizioni date dall'Inghilterra alla squadra del Mediterraneo, e destinazione a Gibilterra della squadra volante, testé formata, farebbero supporre grande concentramento forze navali nel Mediterraneo. Informazioni confidenziali indicherebbero che squadra volante lascierà Chatham sabato per baja di Bantry, da dove si recherà a Gibilterra.

744

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 97. Parigi, 13 gennaio 1896, ore 16 (per. ore 18,20).

M'importerebbe conoscere se per accettare condizione commerciale fatta agli altri Stati europei V.E. sarebbe disposto a adottare una formala che ... 1 l'Italia avrà a Tunisi pel commercio lo stabilimento dei suoi sudditi e le attribuzioni e prerogative consolari il trattamento che hanno od avranno gli Stati più favoriti aventi trattato o convenzione per queste materie; la formola escluderebbe necessariamente il trattamento francese 2 .

745

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATISSIMO 65. Roma, 13 gennaio 1896, ore 17.

Manderemo telegrammi giorno 18 1• Decorazione Hohenlohe non ci sembra ora opportuna, tanto più che Caprivi ebbela soltanto per sua venuta a Milano.

744 1 Gruppo errato, probabilmente <<dica». 2 Per la risposta cfr. n. 750. 745 1 Risponde al n. 726.

746

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 98. Berlino, 13 gennaio 1896, ore 17,37 (per. ore 18,50).

Marschall richiama gentilmente la mia attenzione su articolo dello Standard segnalato dal telegrafo e che ad ogni buon fine riassumo qui con i punti interrogativi fattivi apporre da questo Dipartimento esteri nel testo che ne dà agenzia Wolf: «Lo Standard scrive da Berlino (?) telegramma imperatore non significa cambiamento direzione politica estera Germania. Esso è tutto al più espressione momentanea irritazione (?) le relazioni tra la Germania e Inghilterra sono ora amichevoli come prima ecc.». Marschall considera quell'articolo come risultato lettere scambiate tra regina d'Inghilterra e imperatore e inizio fine dell'incidente.

747

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI 1

T. RISERVATISSIMO 67. Roma, 13 gennaio 1896, ore 17,45.

Decifri ella stessa. Governo italiano consentirebbe introdurre nell'atto di delimitazione clausola assicurante libertà relazioni commerciali fra la colonia francese e l'interno secondo è stabilito all'articolo due del protocollo anglo-italiano del 5 maggio 1894 2 che fu spedito a codesta ambasciata con dispaccio del 31 maggio 1894,

n. 20350/391. Detto articolo due e articolo tre dicono testualmente: «Art. 2. I due Governi s'impegnano di conformarsi, nelle regioni del protettorato britannico ed in quelle dell'Ogaden, a favore così dei sudditi e protetti britannici ed italiani, come delle tribù che abitano quei territori, alle stipulazioni dell'Atto generale di Berlino e della dichiarazione di Bruxelles relative alla libertà del commercio. Art. 3. Nel porto di Zeila vi sarà eguaglianza di trattamento fra sudditi e protetti britannici ed italiani in tutto ciò che concerne le loro persone, i loro beni e l'esercizio del commercio o dell'industria».

747 1 Ed., in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 332-333. 2 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 264.

748

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATISSIMO URGENTE 68. Roma, 13 gennaio 1896, ore 20,05.

Faccio seguito mio odierno telegramma1 . Nel dubbio che imperatore Francesco Giuseppe Governo austro-ungarico telegrafino a Berlino giorno diciotto, ne chiedo a Nigra2 , riserbando per ora nostre risoluzioni tanto più che per venti settembre Governo germanico non telegrafò e ambasciata neppure espose bandiera.

749

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

Tunisi, 14 gennaio 1896, ore 18,30 (per. ore 1,30 dell5).

La clausola della Nazione più favorita può, meno forse pel cabotaggio, considerarsi garanzia sufficiente in materia di navigazione, ma non di pesca perché questa industria non interessa notevolmente che l'Italia riguardo al pescare, e l'Italia e la Grecia riguardo alle spugne. Converrebbe quindi stipulare che non si possa aumentare il diritto attuale di patente per le barche che pescano le spugne, fissare un massimo ragionevole per quello che si volesse porre sulle barche che pescano pesce. Converrebbe pure premunirsi, ad ogni buon fine, contro qualsiasi tassa o provvedimento applicabile agli stranieri non francesi, violazione del principio della libertà del lavoro e contro eventuali disposizioni legislative diverse da quelle del nostro codice civile circa la nazionalità degli oriundi italiani nati nella Reggenza. Inoltre sarebbe utile garantire possibilmente l'esistenza degli uffici postali italiani od almeno di quello di Tunisi 2•

2 T. 69, pari data, non pubblicato. 749 1 Risponde al n. 741.

2 Questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Parigi con D. 1903/44 del 15 gennaio.

748 1 Cfr. n. 745.

750

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 811 . Roma, 14 gennaio 1896, ore 19.

Clausola della Nazione più favorita sta bene per i dazi doganali e per le attribuzioni e prerogative consolari, ma non per lo stabilimento degli italiani nella Reggenza, la libertà di commercio e d'industria, il pagamento delle tasse ecc. riguardo ai quali ci deve essere assicurato il trattamento dei sudditi locali come si suole stipulare nei trattati di commercio ed anche nelle convenzioni di semplice stabilimento. Inoltre dovrebbero estendersi a noi le concessioni che fossero fatte anche a Stati non aventi convenzioni colla Reggenza, sempre la Francia esclusa.

751

IL DOTTOR NERAZZINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

R. RISERVATISSIMO 27. Zeila, 14 gennaio 1896 (per. il 2 febbraio).

Mi pregio informare l'E.V., che se gli avvenimenti i quali si svolgono nel Tigré lo permetteranno, verso la metà del prossimo mese di febbrajo prendendo passaggio sopra una nave da guerra britannica mi recherò in Aden, dove è bene che io conferisca con quelle autorità inglesi.

La mia permanenza in Zeila non può oggi altrimenti raggiungere lo scopo enunciato nelle istruzioni ministeriali del 30 luglio 1895 2: anzi in qualche modo si rende dannosa al prestigio del Governo, e a quello personale del sottoscritto sia di fronte all'elemento europeo che a quello indigeno, specialmente dopo la polemica sorta nella stampa francese a proposito di una eventuale concessione che l'Inghilterra avrebbe dovuto fare all'Italia, permettendo lo sbarco di truppe italiane in questo porto o nelle sue adiacenze. La polemica è ormai qui ben nota, come è nota e commentata in Harar: per cui, salvo ragioni che come sopra ho detto mi consiglino a restare, trovo che in questo momento è meglio che io mi fermi in Aden, evitando che la mia presenza in Zeila sia un troppo chiaro esponente di un contrasto diplomatico, e, quel che è peggio, si risolva a detrimento del nostro prestigio.

2 Cfr. n. 249.

Credo perciò dovermi opportunamente valere di quanto è contemplato nelle surricordate istruzioni di V.E., e col recarmi in Aden, mentre mi troverò più facilmente alla portata di ordini e d'istruzioni per parte di V.E. e del Governo eritreo, potrò prendere esatta conoscenza di quello che si pensa da quelle autorità inglesi sull'eventualità che venissero iniziate trattative sopra la cessione all'Italia dell'ancoraggio di Dungareta, cessione, che per quanto mi assicura questo presidente locale, non dovrebbe incontrare quelle stesse difficoltà di carattere internazionale che incontra la cessione di Zeila.

L'ancoraggio di Dungareta, come base di eventuali operazioni o di semplice minaccia sopra l'Harar, ha vantaggi topografici rilevanti anche sullo stesso porto di Zeila, essendo la strada Dungareta-Harar più diretta e più facile.

Scriverò direttamente a Massaua per vedere se è possibile di visitare quella rada con una nostra nave da guerra, prima che io lasci Zeila: ma se V.E. riconosce, come spero, l'opportunità di questa mia escursione, sarebbe più regolare che al giungere della presente lettera fosse in proposito telegrafato da V.E. a Massaua, dove ora abbondano navi da guerra nostre.

Così io visiterei questo ancoraggio, che deve interessare moltissimo al nostro Governo, e avrei inoltre una conferma che V.E. approva quanto io espongo in questa mia lettera, ciò che per me è di massima importanza.

Per evitare malintesi, sarebbe però necessario che V.E. si compiacesse telegrafarmi subito qui in Zeila che «Sta bene e che aspetti la nave»: così io non muoverei altrimenti e sospenderei di prendere passaggio sopra una nave inglese per Aden al 13 del futuro febbrajo, giacché prima compirei lo studio su Dungareta con una nave nostra.

Mi permetto d'insistere sulla necessità di avere da V.E. un telegramma appena questa mia lettera giunge in Roma 3 .

750 1 Risponde al n. 744. 751 1 Ed. inLV92, pp. 309-310.

752

IL DOTTOR NERAZZINI AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

L. PERSONALE. Zeila, 14 gennaio 1896.

Sono molto inquieto sul modo come si sono svolti gli ultimi avvenimenti; le mie informazioni non hanno avuto la fortuna di esser troppo credute, perché a Massaua non si è voluto mai credere che Menelik avesse un esercito, e che le occupazioni di Adua e di Axum lo avrebbero portato inevitabilmente alla guerra. Pazienza! Tutto il male non viene per nuocere, e ormai l'esercito scioano o sarà battuto o si squaglierà peggio di quel che non fece l'esercito famoso di re Giovanni. Mi resta un'incognita da comprendere: ed è il modo col quale Makonnen si è presentato al confine per la sua supposta missione di pace, alla quale francamente ho creduto anche io. Ma per me è

perdonabile l'averlo creduto. Se invece fossi stato sul luogo e gl'informatori mi avessero riferito che si avanzava con 30.000 uomini, avrei subito sospettato di qualche inganno: né comprendo come si è permesso che una colonna isolata sostenesse tutto l'urto dell'esercito scioano. Oramai è andata così, ma lei comprende come nella mia posizione d'informatore non ingenuo, debba essere stato molto scosso per il modo come si sono accolte le informazioni provenienti da Zeila: dal momento che l'armata scioana aveva abbandonato lo Scioa per marciare contro il Tigré, io non avevo più maniera d'informare rapidamente e sicuramente.

Ora la prego in modo speciale a prendere in seria considerazione la lettera che scrivo oggi al ministero1 . Credo che finiremo coll'ottenere la cessione di Dungareta e si accerti che non sarebbe poco. Mi dia il modo di studiare bene la posizione prima che io parta da Zeila: occorre che io vada in Aden dopo di aver bene esaminato il luogo, e conosciuto l'umore delle tribù che abitano quella regione. Io imbarcherò con me gente fidata, che tengo già pronta, purché da Massaua mi mandino una nave da guerra, ora che hanno disponibile una vera flotta. Ma se non telegrafano loro da Roma, io non avrò niente perché non vorranno comprendere, al solito, l'importanza della cosa: se avessimo un piede a terra nella costa a solo otto giorni da Harar sarebbe un fatto d'importanza colossale.

Quanto a Zeila io coscienziosamente debbo scrivere quello che ho scritto: si accerti che il rimanervi ancora è tutto a svantaggio della nostra situazione: è diventata una posizione insostenibile.

Mi raccomando a lei perché il ministero mi telegrafi subito appena ricevuta la mia lettera: bastano due parole «aspetti nave» 2 io capisco cosa vuol dire, e non lascio Zeila, senza prima essermi recato a Dungareta con una nostra nave da guerra. Così dopo tale visita, posso recarmi in Aden e parlare come si conviene con quel governatore.

Confido in lei e spero che vorrà prendere in considerazione quanto scrivo.

751 3 Il2 febbraio Blanc comunicò a Nerazzini con T. 145 (ed. in LV 92, p. 310) di aspettare la nave.

753

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

T. S.N. Adigrat, 15 gennaio 1896, ore 10,25 2

Nuovo invio cinque battaglioni, tre batterie montagna mi induce ritornare sopra proposta di fare da Zeila una dimostrazione o una operazione con quella truppa che nella Colonia potrebbe non essere gran giovamento sbrigare prossima operazione, aumentando invece difficoltà logistiche. Sbarco a Zeila oltre effetto morale sopra scioa

2 Cfr. n. 751, nota 3. 753 1 Ed. in LV 92, p. 203; parzialmente ed. anche in CRtSPt, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 318-319 e in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., pp. 330-331.

2 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

ni, potrebbe anche decidere da un lato danachil ad avanzare sopra Harar, dall'altro somali riunirsi a noi contro scioani o almeno fornire mezzi. Pelter assicura forze sufficienti almeno sbrigare efficacemente dimostrazione. Si potrebbe incaricare comandante «Etruria», coadiuvato da Nerazzini fare preparativi in Zeila mentre si provvederebbe al resto da Massaua, Aden, Aussa. Inizio preparativi su larga scala costituirebbe già dimostrazione di qualche efficacia sopra animi negus e Makonnen; dimostrazione dovrebbe essere fatta modo potere andar a fondo, ave situazione facile secondo Pelter occupare Harar. Quella forza potrebbe mantenervisi contro ogni attacco e trovare nel paese mezzi sussistenza, come indicai nel mio telegramma del 24, cui non fu dato seguito. Marcia da Zeila a Gildessa è in questa stagione relativamente non difficile, da Gildessa ad Harar facile: e di tre sole marce. In quattordici giorni, mi si assicura, può percorrersi interamente tragitto. Acquisto noleggio cammelli non difficile Zeila. Ove Governo del re dia consenso, incomincerei subito preparativi-e darei ordine ai nuovi battaglioni appena giunti Massaua, dove ad ogni modo debbono prendere terra. Naturalmente quando situazione non sia mutata e preparativi promettano bene. Urge dunque risposta3 per profittare così della stagione come dei precedenti avvenimenti militari.

752 1 Cfr. n. 751.

754

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PERRERO

T. RISERVATISSIMO 86. Roma, 15 gennaio 1896, ore 17,20.

Prego V.E. telegrafarmi sua impressione circa parole Morning Post che Inghilterra ha bisogno altro porto nel Mediterraneo1 .

755

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 118. Londra, 15 gennaio 1896, ore 19,16 (per. ore 21,25).

Al Poreign Office mi dissero che il kalifà è occupato a reprimere sollevazione dei suoi ad Onduranam e quindi non sarebbe probabile movimento di dervisci contro Cassala. Governo egiziano crede quindi superflua qualunque sua azione.

754 1 Per la risposta da Londra cfr. n. 761. Lanza rispose con T. riservatissimo personale 130 del 16 gen naio che i giornali tedeschi non avevano fatto cenno delle affermazioni del Morning Post.

753 3 Cfr. n. 766.

756

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO 1

L. PERSONALE. [Roma,] 15 gennaio 1896.

Leggi e medita 2•

Di spedizione all'Harar non si tratta, né si può. Ma non so, davvero; se, come confesso vorrei, si facciano di quei preparativi che non si possono improvvisare, per pigliare il posto che è nostro a T[ripoli] quando altri entrino in Anatolia e in Macedonia.

E se il segreto sul vero scopo esige si lasci credere a sciocchezze come spedizioni attuali allo Harar, quid?

Il momento è critico e richiede coerenza e fiducia tra i membri più interessati del Gabinetto. Morin cammina dritto, ma manca del necessario. Non so quel che faccia la guerra. Non si potrebbe venire tra te, C[rispi] e me a chiare intelligenze3?

757

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 171/46. Parigi, 15 gennaio 1896 (per. il 17).

Ai telegrammi delli 11, 18, 20 e 21 dicembre ultimo\ con i quali ebbi l'onore di portare a cognizione di V.E. l'espressione dei sentimenti di ammirazione e di dolore che per il fatto di Amba Alagi io raccolsi qui dal presidente della Repubblica, dai suoi ministri, da uomini eminenti dell'esercito e del Parlamento francese, l'E.V., con i dispacci telegrafici del 20 e 23 dello stesso mese 2 rispose facendomi osservare che le disposizioni a simpatie reciproche sarebbero consolidate se il Gabinetto di Parigi consentisse a stabilire senza indugio relazioni di buon vicinato in Africa mediante la firma dell'accordo di delimitazione negoziato nel 1891.

La persistenza, direi quasi l'ostinazione, con la quale il predecessore del signor Berthelot, ogni volta che fra di noi vennero in discorso quei negoziati, s'impuntò ad escludere che la delimitazione progettata allora potesse essere qui accettata senza

2 Alla lettera era allegato il n. 743.

3 Per la risposta cfr. n. 759. 757 1 Cfr. nn. 576, 607, 618 e 622.

2 Cfr. nn. 620 e 627.

modificazioni nella parte che divide Obock dall'Harar, mi indusse a fare presente, nel telegramma del 21 dicembre, la previsione mia che difficilmente un accordo potrebbe ora conchiudersi se da parte nostra non siamo apparecchiati a modificare il tracciato sul quale, nel 1891 si era stabilita l'intesa. Ma V.E. avendomi replicato che la discussione relativa al percorso della linea potrebbe venire quando si avesse la risposta del Governo francese in senso affermativo alla nostra proposta di conchiudere, io ho fatto presso il signor Berthelot quelle investigazioni che mi parvero necessarie allo scopo di conoscere con qualche precisione le disposizioni di questo ministro da così poco tempo insediato al Governo. Lo trovai animato dalle migliori disposizioni. In una conversazione che ebbi con lui il24 dicembre3 , egli si palesò disposto a riprendere le trattative di delimitazione subito dopo le ferie del primo d'anno con la fiducia di poterle finire entro poche settimane. Si dimostrava in quel giorno il mio interlocutore preparato a facilitare l'intesa relativa all'Harar a patto però che sia accettata da noi una clausola che guarentisca la libertà del commercio della colonia di Obock con l'interno. Ma questo signor ministro degli affari esteri soggiungeva che un siffatto accordo il quale in sostanza, anche per il momento in cui verrebbe fatto, significava riconoscimento del titolo nostro a trattare per quei territori avrebbe suscitato nel Parlamento e nella stampa francese una vivace opposizione, la quale avrebbe potuto concretarsi nella votazione di una mozione contraria all'operato del Ministero, se questi non fosse in grado di dimostrare che gli interessi della Francia erano in altra questione avvantaggiati. Per rendere accettabile, fors'anche gradita all'opinione pubblica francese e disarmare le opposizioni parlamentari gioverebbe che simultaneamente fra i due Governi si regolasse la vertenza relativa al trattato di commercio italo-tunisino. Nel pensiero che il signor Berthelot sviluppava ampiamente dominava il concetto che due principali cause di irritazione nei rapporti dei due Paesi verrebbero così a scomparire insieme nei rapporti fra i medesimi e l'Italia acquisterebbe per l'Harar la libertà di azione.

La conversazione nella quale queste cose erano dette mancava di ogni carattere formale e permetteva perciò al ministro di esprimere senza reticenza il pensiero suo ed a me di udirne la esposizione senza opporgli ad ogni passo le riserve che altrimenti avrei dovuto fargli. Una conversazione di tale carattere non avrebbe potuto avere esito pratico se io non avessi domandato espressamente al signor Berthelot se delle disposizioni che egli manifestava io era autorizzato a tenerne parola all'E.V. Ed avutone l'assenso, le notificai con il telegramma che ebbi l'onore di indirizzarle il giorno stesso di quel colloquio.

Io mi rendeva perfettamente conto che questo Governo nel domandare di collegare le due trattative dell'Etiopia e di Tunisi, tendeva ad assicurarsi la parte più larga e più sicura dei vantaggi che da quegli accordi si potrebbero presentemente sperare. Prescindendo pure dalla considerazione che il titolo nostro a trattare per la delimitazione del possedimento francese del golfo di Aden fu riconosciuto, od almeno ammesso senza riserva da un ministro degli affari esteri francese, mentre da parte nostra il protettorato della Francia sulla Tunisia fu soltanto accettato in linea di fatto nelle cose necessarie per gli affari de'nostri coloni nella Reggenza, per certo il Governo della Repubblica veniva a guadagnare assai più dall'implicito nostro riconoscimento della

sua posizione in Tunisi, di quanto da noi si sarebbe profittato dalla tacita rinuncia che il Governo stesso avrebbe fatto in riguardo nostro, ad usare del diritto riservatosi nei suoi accordi con l'Inghilterra del1888 circa l'Harar. Ma le gravi questioni della politica internazionale non potendo essere bene considerate altrimenti che nel loro insieme ed in relazione con gli interessi maggiori della politica generale, mi parve di non dover esitare a mettere sott'occhio di VE. l'opportunità che a parer mio vi era di accettare senza ritardo la trattativa. Ella mi rispose col telegramma del 26 dicembre 4 , dal quale, premessa la considerazione dell'alta importanza della decisione da prendersi, e delle difficoltà che essa potrebbe crearci all'interno, risultava che l'assenso nostro alla proposizione del signor Berhelot non avrebbe potuto darsi che qualora ci fossero date guarentigie che la nostra situazione commerciale in Tunisia non sarà danneggiata e dopo che fosse conclusa la delimitazione definitiva italo-francese e riconosciuto esplicitamente il valore assoluto della presa di atto senza riserva fatta dal ministro Spuller del protettorato nostro sovra tutta l'Etiopia e sue dipendenze.

La posizione che il R. Governo prendeva col notificarmi tali suoi intendimenti, esigeva da parte mia di assicurarmi delle disposizioni del ministro degli affari esteri di Francia sovra i tre punti nei quali dovea fissarsi tutta la mia attenzione. Ciò richiedeva che io mi procurassi altre conversazioni intime e non impegnative col ministro stesso.

Fu nel corso di una di esse che venni a conoscere che tanto il Gabinetto di Vienna quanto quello di Londra stavano trattando con la Francia per la sostituzione di altre convenzioni commerciali a quelle che quei due Governi hanno con la Reggenza tunisina. Da questo fatto derivavano conseguenze delle quali era giuocoforza anche da noi tener conto.

L'E.V. da parte sua mi faceva riflettere che più il tempo trascorre a vantaggio nostro in Abissinia, minore diventa l'interesse del Governo di Sua Maestà alle eventuali concessioni che gli si domanda di fare nella vertenza del trattato tunisino. Era cosa di manifesta evidenza che il Governo della Repubblica dovea comprendere da sé l'opportunità per lui di cogliere l'occasione presente per condurre a conclusione la doppia trattativa. Se ciò non facesse, si potrebbe dubitare della serietà delle sue disposizioni le quali non corrisponderebbero a quelle delle quali è animata l'Italia per porre i suoi rapporti con la Francia in Africa sovra una base amichevole. Erano queste considerazioni che io m'era già fatte a me stesso e che mi cagionavano non piccola perplessità, perché negli abboccamenti avuti con questo signor ministro per gli affari esteri dopo quello del 24 dicembre, io avea dovuto accorgermi della quasi assoluta impossibilità di far accostare alle nostre condizioni preliminari le idee del Gabinetto francese. S'imponeva pertanto la necessità di esporre il più chiaramente che mi fosse possibile, in un articolo cifrato diretto a V.E., quali queste realmente fossero, acciocché il Governo del re si trovasse in grado di mettere ogni cosa in bilancia e deliberare sul seguito della trattativa. Mi doleva dell'indugio che ne risultava; ma questo mi pareva inevitabile.

Nella comunicazione cha a tale fine ho fatto a V.E. il giorno 8 corrente5 , ho riunito intorno ai tre punti, stabiliti nel di lei telegramma del 26 dicembre, quelle maggiori elucidazioni che io avea potuto raccogliere nelle conversazioni con il signor Ber

thelot alle quali per comune consenso fu preliminarmente concordato di non dare alcun valore impegnativo. Nulla avrei oggi da correggere nelle cose esposte e nulla da aggiungere alle medesime.

Le istruzioni di V.E. mi pervennero con il telegramma del 12 di questo mese 6 . Ella mi significava la disposizione sua ad accettare il punto di vista qui preferito; cioè quello di avere trattative di fatto per la Tunisia con il Governo francese e di sola delimitazione di zone d'influenza nell'Africa orientale con il Governo medesimo.

Relativamente alla parte sostanziale del nuovo trattato italo-tunisino il signor Berthelot non avea nascosto che la Francia non intenderebbe ammettere che la clausola del trattamento della Nazione la più favorita in Tunisia possa comprendere il trattamento francese. L'E.V. mi ha fatto conoscere che noi siamo preparati ad accettare la condizione commerciale fatta agli altri Stati europei. Pare conseguentemente a me che, quando fossimo al momento di precisare i termini dell'accordo, questo potrebbe stabilirsi sovra una clausola che assicurasse agli italiani il trattamento commerciale della Nazione più favorita, che ha od avrà trattati o convenzioni commerciali con o per la Tunisia. Non era stato parlato fra me ed il signor Berthelot del trattamento relativo alla navigazione ed alla pesca perchè l'indole delle conversazioni non permettevami di entrare con lui nella considerazione dei singoli interessi. Così pure, né dali 'una parte, né dali' altra, erasi fatto parola della ferrovia Tunisi-Goletta, né della esistenza degli enti morali italiani (scuola, ospedale, Camera di commercio ed altre società ed istituti costituiti). Ringrazio V.E. di avermi fatto conoscere che il R. Governo vuole mantenuto lo statu quo per la navigazione e la pesca e vuole salva l'esistenza degli enti italiani sovra indicati.

Queste e le altre direzioni complementari impartitemi il 13 e 14 corrente 7 , mi permisero di ripigliare con il signor Berthelot lo scambio preliminare delle nostre idee relativamente al doppio negoziato da intavolare e condurre a compimento nel più breve termine possibile. Ebbi per ciò con lui ieri un lungo colloquio del quale V. E. ha conosciuto per telegramma 8 i punti principali.

Prima d'ogni altra cosa io dissi al signor Berthelot che, qualora le trattative dovessero soffrire indugi, l'opportunità di trattare simultaneamente per due negozi che fra di loro non aveano relazione alcuna, sarebbe venuta a mancare. Non dovea questa mia considerazione interpretarsi come sintomo di minor interesse messo da noi a stabilire in Africa i migliori rapporti di vicinato con la Francia; ma l'allacciamento delle due questioni non avea altra ragione che quella delle circostanze che avrebbero potuto modificarsi e mutare prossimamente, sicchè i due Governi nello entrare in comunicazione di idee fra di loro, doveano mettere in sodo la loro ferma risoluzione di condurre a compimento rapidamente il negoziato. Non disstentì il mio interlocutore dicendo soltanto che la rapidità delle trattative dipenderebbe pur sempre dal numero e dalla importanza dei punti sovra i quali gli accordi dovevano stabilirsi. Per alcuni di essi sarebbero necessarie ai due Governi talune pratiche di ordine interno, richieste dalle particolari competenze dei vari dicasteri e dal bisogno di far approvare le decisioni dai Consigli de' ministri. A sua volta il signor Berthelot mi domandò che il

757n Cfr. n. 736.

7 Cfr. nn. 747 e 750.

8 T. 114 del 14 gennaio, non pubblicato.

segreto più assoluto sia mantenuto sul fatto stesso che i due Governi entrano in trattative. Basterebbe la conoscenza od anche soltanto il semplice sospetto della esistenza di questo fatto, per far nascere nella stampa un rumore che si ripercuoterebbe nel Parlamento e potrebbe far fallire gli accordi. Non ho esitato a prendere l'impegno del segreto fino a che questi siano conchiusi perchè ho considerato che, oltre ai motivi addotti dal signor Berthelot, altri ve ne possono essere che a noi particolarmente consigliano di non lasciare trapelare l'esistenza di una trattativa di cui non sarebbe possibile un equo giudizio prima che, tutti i punti di questione essendo risoluti, essa divenga un fatto compiuto.

Il signor Berthelot mi manifestò però lo scrupolo suo che la Francia non potrebbe rendere definitivo l'accordo con l'Italia relativo all'Harar, senza avvisarne il Gabinetto di Londra. Rifacendogli la storia del negoziato che condusse alla stipulazione del protocollo itala-britannico del 5 maggio 1894, procurai di far intendere al mio interlocutore che da parte dell'Inghilterra essendosi in quell'atto rinunciato, in confronto a noi, all'esercizio d'ogni ragione sull'Harar, il Governo inglese non poteva aver abbiezione a che dalla Francia si segua il suo esempio.

Circa la clausola che fisserebbe i dazi doganali in una tariffa convenzionale, il signor Berthelot che in precedenti colloqui mi avea lasciato intendere che una tariffa sarebbe probabilmente stabilita con l'Inghilterra e che così mi avea lasciato l'impressione che per questo punto non avremmo incontrato grave difficoltà, si dimostrò invece ieri estremamente dubbioso. Era materia sulla quale egli da solo non potrebbe deliberare. Gli era mestieri interrogare i ministri del commercio e dell'agricoltura. Ne deriverebbero dei ritardi. Bisognerebbe inoltre aver presente che quando si giungesse a stabilire certe speciali facilità di rapporti commerciali fra l'Algeria e Tunisi, da quella porta passerebbero facilmente in Francia le importazioni italiane le quali fanno la più temuta concorrenza alle similari francesi. Alle mie ragioni non si mosse il signor Berthelot il quale riservò la questione ad altro nostro abboccamento dopo di aver sentito l'opinione dei suoi colleghi più direttamente chiamati a pronunciarsi in siffatta materia.

Uguale riserva egli oppose all'altro punto concernente la navigazione e la pesca. Occorrevagli conoscere se lo statu quo che vogliamo mantenuto sia una condizione privilegiata, migliore di quella conceduta presentemente alla Francia.

Prese pur nota il signor Berthelot della esistenza che noi vogliamo salva degli istituti italiani in Tunisia. Mettendo in discussione ciò che con questa formala io stabiliva, egli chiedevami se con ciò fosse intendimento nostro che quegli enti dovessero avere la loro regola di vita dalle capitolazioni e governarsi conseguentemente non secondo la legge locale introdotta dalla Francia secondo il protettorato, ma secondo la sola legge italiana applicata dal consolato nostro. Il telegramma di V.E. in data del 12 corrente parla soltanto della esistenza di quegli enti della quale non pare possa essere seriamente contestato il riconoscimento. Ma circa la legge sotto la quale la loro esistenza dovrebbe continuare non mi parve potermi pronunciare con sufficiente sicurezza sicchè anche questo punto sarà ripreso in esame in una prossima conversazione.

Della cessione della ferrovia prese nota il ministro ed io gli feci osservare che a questa cessione si sarebbe annessa in Italia una importanza troppo considerevole perché essa non debba apparire compensata da altri seri vantaggi più apprezzabili che le condizioni finanziarie della cessione stessa, sovra le quali del resto io non avea finora avuto notizia. Insistette il ministro per sapere quale sarebbe la base finanziaria della cessione.

Pur troppo l 'indole stessa delle questioni che si connettono con la vertenza del trattato tunisino non permette una troppo affrettata risoluzione. La conversazione di ieri lo ha dimostrato. Un protocollo nel quale fossero soltanto precisati i punti di massima di un accordo non basterebbe, a parer mio, a guarentirci in modo sicuro trattandosi di trattative nelle quali è sempre cosa facile lo introdurre viste divergenti le quali rendono impossibile la conclusione finale. D'altronde il trattato nuovo dovrebbe sostituirsi all'antico fra parecchi mesi e potrebbe sembrare che il Gabinetto francese attuale si arrogherebbe cosa eccessiva, conchiudendo ora per una relativamente lontana scadenza. Se dunque fosse possibile venire alla conclusione di un trattato fin d'ora, ritengo che noi dovremmo esserne più soddisfatti che di un impegno preso sotto diversa forma.

Per la delimitazione del possedimento di Obock ho messo ieri in sodo che la linea discussa nel 1891 poteva ritenersi accettata allora dalle due parti ed ho molto insistito perchè sia ammessa tal quale fu in quel tempo tracciata. Se da parte del Governo di Sua Maestà si volessero proporre modificazioni temerei di perdere la base che le trattative anzidette ci offrono per far presto. Si parlò della clausola che dovrebbe assicurare i reciproci liberi commerci dall'interno verso la costa del mare e da questa ali 'Harar. Il signor Berthelot sentì da me ciò che avevamo stipulato coll'Inghilterra nel 1894 per Zeila. Egli mi obbiettò che in questa materia pure gli occorreva consultarsi con il collega suo delle colonie.

Appena avrebbe potuto mettersi in grado di ripigliare il colloquio il signor Berthelot promise di farmi avvisato e mi disse che ciò sarebbe fra otto giorni circa.

756 1 Da Archivio Sonnino; ed. in SONNINO, Carteggio 1891-1913, cit., p. 182.

757 3 Cfr. n. 635.

757 4 Cfr. n. 648. 5 Cfr. n. 725, in realtà del 9 gennaio.

758

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CIFRATO 121/39. Vienna, 15 gennaio 1896 (per. il 17).

Il conte Goluchowski mi ha confermato che in seguito a scambio di lettere particolari tra la regina d'Inghilterra e l'imperatore di Germania, fu ristabilita la buona intelligenza turbata dal telegramma dell'imperatore a Kriiger. Mi ha detto inoltre che egli non aveva fatto dire nemmeno una parola a Berlino e non aveva provocato né ricevuto qualsiasi spiegazione, né la chiederebbe. Il suo avviso è che bisogna lasciare che l'imperatore di Germania ritorni da sé all'equanimità ed ai sentimenti che devono inspirargli gli interessi del suo Impero. Io credo che anche il Governo del re non abbia altro da fare per ora. Il conte Deym torna a Londra domani. Il conte Goluchowski lo ha incaricato di scandagliare il pensiero di lord Salisbury circa la proposta ultimamente fatta da V.E. 1 benché egli creda che il momento attuale sia poco propizio.

758 1 Cfr. n. 533.

759

IL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

L. PERSONALE. Roma, 15 gennaio 1896.

Ti ringrazio delle comunicazioni fattemF. Ho sempre detto che conveniva in questo momento, sotto pretesto dell'Africa, cioè dell'Eritrea, accumulare a Napoli qualche forza (nove o dieci battaglioni con alcune batterie), pronta ad essere spedita dalla sera alla mattina in qualunque punto occorresse, e specialmente, ove gli altri si muovano, a T.[ripoli].

Questo è più pratico che parlare di tener pronti corpi d'armata; e per un colpo di mano sarebbe lo strumento più pronto, e non darebbe la sveglia a nessuno.

Ma per fare ciò occorre avere la calma e la volontà di tenere le truppe a Napoli, e di non spedirle indefinitamente a Massaua, appena giungono a Napoli. Questi invii indefiniti, non chiesti da Baratieri, anzi da lui non voluti, mentre spossano le nostre forze militari e finanziarie, ci tolgono la possibilità di preparare nient'altro. Gli ultimi cinque battaglioni e tre batterie che si mandano via ora, insieme con altri cinque battaglioni, che, a detta dei giornali, si stanno preparando, avrebbero costituito un bel nucleo di forze, per qualunque eventualità. Quello che scoraggia in Italia è il vedere come non sia mai possibile mantenere una riserva pronta, né di denari, né di uomini, né d'acqua nei forti, né di nulla -è un gran sintomo di poca civiltà!

Alle chiare intelligenze a cui alludi come desiderabili, credo poco. C'è troppa diffidenza, troppo poca schiettezza, e troppo poca calma! Dio ci aiuti! ma ce lo meritiamo poco.

760

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 128. Berlino, 16 gennaio 1896, ore 14,32 (per. ore 16,26).

Goluchowski ha risposto a questa ambasciata Austria-Ungheria approvando che giorno 18 corrente sia considerata festa nazionale interna tedesca e quindi ambasciata non debba _inalberare bandiera, né illuminare; mi regolerò in conseguenza. Governo austro-ungarico non farà nulla, solo imperatore d'Austria-Ungheria spedirà telegramma molto cordiale all'imperatore di Germania.

759 1 Ed. in SoNNINO, Carteggio 1891-1913, cit., p. 183. 2 Cfr. n. 756.

761

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 131. Londra, 16 gennaio 1896, ore 16,33 (per. ore 19,50).

Non attribuisco nessuna importanza affermazioni Morning Post 1• Però è incontestabile che, mancando all'Inghilterra appoggio dell'Italia, la flotta inglese nel Mediterraneo mancherà d'arsenali, di porti-rifugio, di basi d'operazione, all'infuori di Gibilterra e Malta. Non è impossibile che, all'occasione, Inghilterra cerchi appropriarsi un porto nell'isola di Candia o altrove, perchè i porti d'Egitto e di Cipro sono inadeguati.

762

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. CIFRATO 2166/26. Roma, 16 gennaio 1896.

Ferrero scrive privatamente:

«Nel caso d'una guerra fra la Triplice Alleanza e la Duplice Allenza, l'Italia può essa ancora aspettarsi il concorso dell'Inghilterra per la protezione dei suoi porti? È evidente che gli inglesi non vorranno, neppure in modo indiretto, aiutare la Triplice Alleanza, che non è in fondo che a beneficio della Germania. La Francia fa attualmente la corte all'Inghilterra; qui il signor di Courcel è continuamente al Foreign Office. È vero che Hatzfeldt fa la medesima cosa. Che cosa dovrei fare io? La mia opinione è di mostrarmi indifferente testimone di quanto succede; ma credo indispensabile uno scambio d'idee fra Vienna e Roma. Se la Russia occuperà delle provincie in Anatolia, l'Austria dovrà occupare la Macedonia, e se noi non la precederemo, la Francia occuperà la Tripolitania» 1•

Lanza scrive anche privatamente 2 che a Berlino s'incomincia a contemplar l'eventualità di accordi della Germania e dell'Italia colla Russia e colla Francia sopra certe questioni speciali fuori d'Europa per esempio quella d'Abissinia, lasciando da parte le questioni del nord africano sulle quali abbiamo impegni almeno morali verso l'Inghilterra.

762 1 Questa prima parte del dispaccio fu inviata anche a Lanza con D. 2162/24, pari data, e fu comuni cata da Blanc a Biilow il 15 gennaio (GP, 11, cit., n. 2649).

2 Cfr. n. 689.

761 1 Cfr. n. 754.

763

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, FRIOZZI DI CARIATI

D. 2203/6. Roma, 16 gennaio 1896.

Mi pregio di segnarle ricevuta del rapporto riservato in data 10 gennaio 1896

n. 11/61 .

Il signor di Soveral non può constatare alcun mutamento nella situazione determinata dal mio telegramma del 15 ottobre 2 , sulla quale sarebbe vano ogni equivoco.

Non è intervenuta alcuna relazione di qualsiasi portata politica tra questo ministero e l'incaricato d'affari di Portogallo, col quale anzi né S.E. il ministro né io avemmo colloquio alcuno dopo la suddetta data. Peraltro il ministero non ha posto alcun ostacolo sia ai procedimenti di cortesia di cui la Corte di Portogallo prendesse l'iniziativa verso la S.V. sia a quelli della Casa di Sua Maestà verso il signor Monteverde, che fu invitato al pranzo diplomatico del 14 corrente.

Mi dorrebbe che il signor di Soveral, con inesatte interpretazioni del contegno della S.V., aggiungesse nuove difficoltà alla situazione falsa in cui il Portogallo si è posto verso l'Italia, e dalla quale non spetta a noi indicare al signor di Soveral il modo di uscire.

764

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

R. RISERVATO 43/18. Londra, 16 gennaio 1896 (per. il 24).

Le interminabili polemiche dei giornali sulla supposta occupazione di Zeila e dell'Barar non hanno avuto altro effetto che quello di spingere maggiormente ras Makonnen a far causa comune con il negus Menelik e a considerare gli italiani come nemici.

D'altra parte le aspirazioni dell'Italia sull'hinterland di Obock e di Zeila hanno avuto per risultato di creare una comunanza di interessi fra Inghilterra e Francia, comunanza sanzionata in modo evidente dalla convenzione anglo-francese del 2 feb

2 Cfr. n. 351. 764 1 Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in LV 92, pp. 307-308.

braio 1888. Questa convenzione può considerarsi come la conseguenza della sospettosa gelosia che caratterizza l'Inghilterra nelle quistioni coloniali e come l'origine di tutte le difficoltà da noi incontrate, ogniqualvolta volemmo trattare per Zeila con il Governo inglese.

Se non che, in questi ultimissimi tempi, vedendo le aperte ostilità di ras Makonnen contro l'Italia, lord Salisbury credette di dover discostarsi alquanto dalla politica qui sopra tratteggiata; e non si rifiutò, alla fine, di acconsentire ali 'Italia di far passare le sue truppe per Zeila; dalla qual cosa cercai di trarre il maggior profitto possibile. Come ebbi l'onore di scrivere più volte a V.E., questa concessione per quanto poco importante e sottoposta a molte condizioni, rappresenta a mio credere tutto ciò che ci è dato di ottenere da questo Governo, a meno di avvenimenti eccezionali non prevedibili per ora.

Ma se, nelle circostanze attuali, havvi un'azione veramente proficua da esplicare, sembrami che questa possa essere l'impugnare l'equità giuridica, dal punto di vista di norme di diritto internazionale universalmente ammesse, dei summentovati accordi anglo-francesi.

La convenzione del 2 febbraio 1888 crea, di fatti, a favore dell'Harar una specie di neutralità basata sull'articolo in virtù del quale la Francia e l'Inghilterra si obbligano reciprocamente a non occupare quella regione, e si riserbano il diritto di opporsi ad una terza Potenza che volesse occuparla. A questa specie di neutralità o inviolabilità dell'Harar, creata dalla Francia e dall'Inghilterra, per loro speciali scopi parte chiaramente espressi nella convenzione, parte facili ad indovinarsi, non corrisponde alcun dovere di neutro imposto al capo dell'Harar; chè anzi gli avvenimenti recenti hanno provato come egli sia pienamente libero di scendere in campo, non a scopo di difesa, ma bensì di offesa contro le truppe italiane.

Sembrami adunque chiaro che l'Italia, ed ogni altra Potenza civile in buona fede, abbia serie e fondate obbiezioni da far valere contro la convenzione anglo-francese del 1888; e che la Francia e l'Inghilterra, se nel conchiuderla non furono animate da sentimenti ostili verso di noi, debbano modificarla nel senso di limitare la libertà d'azione dell'Harar, come giusto compenso dell'integrità garantitagli.

A questo scopo ritengo che dovrebbe oggi esplicarsi la nostra azione diplomatica; ed oso rispettosamente di sottoporre a V.E. l'idea di rivolgere alla Francia ed all'Inghilterra una nota dimostrante loro gli inconvenienti che sorgono per noi dalle condizioni di fatto che esse hanno creato nell'Harar; e chiedente, in nome della morale, del diritto delle genti, e della naturale e necessaria solidarietà dei popoli civili contro i barbari, che a tali inconvenienti si ponga tosto rimedio nella guisa da me qui sopra indicata. Ché se la Francia e l'Inghilterra non si mostrassero disposte ad entrare in questo ordine d'idee, non resterebbe altro espediente che di chiamare su questo punto l'attenzione di tutte le Grandi Potenze.

*Del resto lord Salisbury, al quale nel ricevimento di ieri ebbi ad esprimere alcune delle idee che sono oggetto di questo rapporto, mi si mostrò proclive ad accettare la discussione su questa base ed ammise l'importanza delle mie considerazioni. Ciò riferisco con ogni riserva, giacché l'esperienza mi ha ormai convinto che non è che con qualche sospetto che si possono accogliere le dichiarazioni verbali di quell'uomo di Stato.*

763 1 Cfr. n. 728.

765

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Berlino, 16 gennaio 1896.

Je ne veux pas retenir ici plus longtemps M. Contarini, ne sachant quand je pourrai etre à meme de vous communiquer quelque chose de plus intéressant et confidentiel de ce que je puis vous dire aujourd'hui.

Les idées que vous exprimez si clairement dans votre lettre privée du 7 courant 1 me sont très utiles à connaìtre, meme pour ce qui regarde un passé sur lequel helas! il n'y a plus à revenir. Quant au projet causé un instant par le baron Holstein pour un accord de l 'Italie et de l'Allemagne avec la Russi e et la France sur certains points déterminés hors d'Europe, on ne m'en a plus, pour le moment, tenu parole. Ce projet, encore très vague, aurait eu pour but, comme je vous le mandais, de faire comprendre à l'Angleterre qu'elle ne peut pas éternellement se jouer de l'Europe et compter sur l'antagonisme des deux groupes de Puissances continentales pour faire ses petites affaires; qu'elle devra à la fin se persuader qu'il est de son intéret de s'appuyer de fait sur la Triple Alliance. L'attitude de l'Allemagne dans l'incident du Transwaal, survenu depuis, pourrait selon la manière de voir du Gouvernement impérial, atteindre en partie ce but, et on ne reviendra à d'autres projets qu'après avoir vu quelle politique l'Angleterre compte maintenant de suivre vis-à-vis de l'Allemagne et de nous. Ici on est profondément convaincu que l'Angleterre ne pourra jamais, quoi qu' elle fasse, marcher d'accord avec la Russie, dont les intérets sont en trop de points en opposition avec ceux de la Grande Bretagne, et encore moins avec la Russie et sa vassalle (la France) à la fois. On est profondément convaincu que tòt ou tard l'Angleterre [ devra] devenir plus raisonnable, comprendre ses vrais intérets et marcher de conserve avec nous. Et c'est à obtenir ce résultat que travaille l'Allemagne, avec beaucoup d'égards pour la Russie il est vrai, mais sans aucune idée de Kaiserbund ou autre bien arretée qu'on lui attribue entremelées entr'elles, souvent en opposition les unes avec les autres. Ceci me conduit à dire un mot du casus fa:deris italo-allemand que V.E. indique avoir été posé officiellement par la France et sur lequel vous appelez mon attention. Que je sache le casus fa:deris aurait été posé d'une manière un peu vague à propos de la délimitation de l'Barar projétée en 1891, par une phrase échappée au ministre des affaires étrangères français dans une conversation avec notre ambassadeur à Paris. Ce dernier se plaignant que les pourparlers, alors engagés, avaient été soudainement interrompus parla France qui avait déjà accepté la délimitation (telle que nous l'accepterions encore aujourd'hui), le ministre aurait dit: «Oui, mais alors l'ltalie n'avait pas renouvelé la Triple Alliance».

A ma connaissance c'est le seui fait qu'on peut appeler officiel, quoique certes, non officiellement, la conduite de la France à notre égard ne soit si hostile que parce

que nous faisons part de la Triple Alliance. Mais vous avez déjà declaré (voyez dépèche 2 mars 1895 n. 7724/67)2 à l'ambassadeur d'Allemagne que vous ne vouliez pas, à propos de l'Harar, suivre la France sur le terrain du casus frederis. Il me semblerait donc difficile de revenir là-dessus, si aucun nouveau fait officiel n'est survenu, ce que j'ignore. Il faudrait tout au moins conduire la France à faire quelque nouvelle déclaration catégorique, officielle, ce que sera assez difficile à obtenir. Ceci est mon avis subordonné, tout-à-fait personnel, car naturellement cette question est trop délicate pour que j'en aie jamais parlé ici.

765 1 Cfr. n. 711.

766

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI l

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Roma, 17 gennaio 1896, ore 1,30.

Convengo utilità diversione sopra Harar 2• Avvi però una difficoltà diplomatica che bisogna evitare. Governo inglese esige un accordo nostro con la Francia e conoscenza dei particolari della nostra spedizione. Queste condizioni rendono illusorio permesso sbarco nostro a Zeila. Ciò posto, bisogna valersi di una via che non incontri sfera d'influenza inglese e francese. Questa via sarebbe Assab, la quale è lunga e difficile. Parmi inoltre necessario che il corpo di spedizione sia composto d'indigeni e di bianchi e non meno di seimila uomini.

767

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 133. Pietroburgo, 17 gennaio 1896, ore 17,55 (per. ore 19,25).

Questo incaricato d'affari d'Inghilterra ha fatto formale proposta al Governo russo di stabilire intelligenze fra tutte le Potenze per esercitare una sorveglianza sulle cose dell'Impero ottomano. Principe Lobanov ha risposto, come di consueto, che non approva adozione politica coercitiva verso la Turchia.

766 1 Minuta autografa in Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi; ed. in LV 92, p. 204.

2 Cfr. n. 753.

765 2 Cfr. serie Il, vol. XXVI, n. 956.

768

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. RISERVATO 93. Roma, 17 gennaio 1896, ore 18,50.

Qualunque siano i dissensi tra Inghilterra e Germania, noi abbiamo in ogni occasione avuto conferma dalla Germania della sua persistente adesione agli accordi del 1887; epperciò non avremmo bisogno del consenso della Germania per agire insieme all'Inghilterra quando lord Salisbury si decida a porre termine ai danni già recati agli interessi comuni nel Mediterraneo e in Oriente1 .

769

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 127/40. Vienna, 17 gennaio 1896 (per. il 19).

Ho ricevuto ieri il dispaccio riservatissimo di V.E., del 12 corrente!, al quale mi fo premura di rispondere. Le questioni in esso toccate sono abbastanza gravi da rendere necessario anzitutto di ben chiarire la situazione di fatto, quale è esposta dall'E.V.

Nel dispaccio a cui rispondo è fatta allusione ad una «evoluzione, già da tempo accentuatasi, degli Imperi centrali verso la Russia». Qui bisogna intendersi bene. Che una futura alleanza dei tre Imperi sia un'eventualità possibile, quando piacesse alla Russia, è cosa da ammettersi senz'altro. Che sia prevedibile per un'epoca prossima non credo. La Russia è gelosa della potenza della Germania e non le perdona d'averla sostituita nella egemonia militare dell'Europa settentrionale. D'altro lato essa agogna ad avere un accesso al Mediterraneo, attraverso la penisola balcanica, e qui si trova a fronte degli interessi e dei battaglioni austriaci. In tale stato di cose non è probabile che si rinnovi l'alleanza dei tre imperatori, e ciò è meno probabile ora che la Russia può disporre in ogni evento delle accresciute forze francesi. Che la Germania tenti da qualche tempo uno stretto ravvicinamento alla Russia, sembra indicato dalla sua apparente attitudine, e V.E. saprà certamente dalle rr. ambasciate a Berlino e Pietroburgo, fino a qual punto e con qual risultato questi tentativi siansi prodotti. Ma che

V.E. affermi così risolutamente che anche l'Austria-Ungheria non solo prenda parte a quella evoluzione, ma già da tempo la abbia accentuata, io non so comprendere. Cer

tamente io non ho mai mandato al r. ministero un'informazione di tal natura e non so da quale altra fonte positiva esso abbia potuto averla, e in ogni caso amerei conoscerlo. Io ricordo anzi che, quando venne in campo la singolare idea di pregare l'AustriaUngheria perché intercedesse presso la Russia, allo scopo di far partecipare l'Italia alla commissione d'inchiesta in Armenia, io ebbi cura di far notare che l'AustriaUngheria non era né materialmente né moralmente in caso di ottenere qualsiasi cosa dalla Russia per noi, essendo essa a Pietroburgo il meno accetto degli intercessorF. Il fatto è che se le relazioni tra l'Austria-Ungheria e la Russia sono regolari e corrette, sono però ben lungi dall'essere intime, e il Gabinetto di Vienna non guarda senza inquietudine ai dieci corpi d'esercito russi schierati sulla frontiera degli interessi austro-ungarici. Certamente la Corte e il Governo d'Austria-Ungheria usano, senza contravvenire alle stipulazioni della Triplice Alleanza, ogni riguardo, e fanno testimonianza di sentimenti amichevoli verso la Corte e il Governo del potente vicino, semprecchè l'occasione si presenta. E anzi il Gabinetto di Vienna ci ha sempre consigliati di fare altrettanto, e non dipese da lui se il Governo del re non ha creduto o non ha potuto seguire il consiglio, a cagione di fatti e incidenti che io non ho da segnalar qui. Ma da questa attitudine di buona vicinanza e di riguardi del Governo austro-ungarico verso la Russia, attitudine che esso stesso ci consigliò di imitare, sarebbe proprio eccessivo il conchiudere affermando un'evoluzione che non esiste, ed è poi inesatto il dire che questa evoluzione si è da tempo accentuata. Se ciò fosse vero, il Governo del re dovrebbe per la prima cosa richiamare da Vienna un ambasciatore che non lo ha informato di un così grave avvenimento.

La Triplice Alleanza non fu fatta né da lei né da me. Possiamo quindi ragionarne liberamente. V.E. sa che l'Austria-Ungheria non chiese mai la nostra alleanza. L'accettò volentieri, ma fu chiesta da noi. È possibile che il Gabinetto di Vienna non abbia eseguito qualche punto secondario dei comuni accordi; cito per esempio il fatto (il solo di cui ora mi rammento) del non aver provocato uno scambio d'idee con noi prima di deliberare la sua astensione dall'inchiesta d'Armenia. Questa negligenza fu seguita, anzi preceduta da eguale negligenza del Gabinetto di Berlino, e l'imperatore di Germania non ha chiesto il nostro avviso, prima di turbare il mondo col suo telegramma al Transvaal. Ma in sostanza il Gabinetto di Vienna rimase fedele ai patti firmati, e si trova nella stessa situazione diplomatica in cui si trova l'Italia. L'E.V. ritorna a parlare di Biserta, di Tunisi e dell'Eritrea. Riconosce però che per tali paesi e per tali questioni l'Austria-Ungheria non ha preso con noi alcun impegno, mentre la Germania ne prese per quanto spetta alle coste dell'Africa mediterranea.

A me riesce molto grave l'aver l'aria di difendere l'Austria-Ungheria contro le diffidenze e le accuse del mio Governo. Ma non devo a lei celare la verità. L'AustriaUngheria non ha assunto nei trattati che la legano all'Italia alcun obbligo rispetto alle sfere accennate di sopra. Tuttavia non si può dire che si sia completamente disinteressata in tali questioni. In quanto concerne l'Abissinia, il Governo austriaco accolse la nostra domanda di proibire l'invio d'armi dai porti austro-ungarici, inoltre fece fare al

Gabinetto di Parigi osservazioni amichevoli perché la Francia s'astenesse dall' incoraggiare i nostri nemici; e l'ambasciatore austro-ungarico a Parigi ottenne recentemente dal signor Berthelot assicurazoni che sarebbero soddisfacenti se seguite da effetto. Relativamente a Tunisi, so che il conte Kalnoky fece fare a suo tempo presso il Gabinetto di Parigi qualche passo diplomatico sulle fortificazioni di Biserta. Il Governo francese, che non aveva badato alle osservazioni del Gabinetto di Londra, badò anche meno a quelle del conte Kalnoky. Suppongo che il Governo del re non si aspetta che l'Austria-Ungheria prenda l'iniziativa di chiedere alla Francia il disarmo di Biserta. Fra le Potenze che per obbligo o per interesse debbono vegliare più specialmente al mantenimento dello status quo sulla costa africana (e queste sono la Germania, l'Inghilterra e l'Italia), non è giusto il pretendere che sia proprio l'AustriaUngheria, cioè la meno interessata e la non obbligata, quella che debba mettersi in prima fila a mostrare i denti alla Francia, colla previsione, anzi colla certezza di uno scacco, a meno che la Germania e l'Inghilterra siano disposte a far la guerra per quella questione. Il Governo del re mi commetta di presentare al Gabinetto di Vienna un accordo col quale la Germania e l'Inghilterra s'impegnino a tirar la spada per Biserta,

o in generale per la questione di Tunisi, e io potrei con qualche fiducia ripromettermi di aggiungere a quegli impegni anche quello dell'Austria-Ungheria. Ogni altra considerazione sarebbe perfettamente vana.

Un'altra accusa è fatta al Governo austro-ungarico, quella di tenerci nascosti i suoi negoziati colla Francia circa la denunzia del trattato tunisino. Non si può dire che il conte Goluchowski ci abbia fatto un mistero del modo di vedere del suo Governo a questo riguardo. Egli mi ha informato, ed io ho informato V.E., con rapporto dell'S corrente 3 , dello stato della questione. Il Governo austro-ungarico non ci ha nascosto, ed io lo ripetei iteratamente all'E.V. che esso non intendeva sollevare obiezioni a questo riguardo al Governo francese, per il motivo che l'Austria-Ungheria fece nella Bosnia e nella Erzegovina la stessa cosa che fa la Francia a Tunisi. V.E. non approva questo motivo, e avrà certamente ragione. Ma il Gabinetto di Vienna crede dall'un lato che ciò sia nel suo interesse, del quale è solo giudice, e d'altro lato ha la convinzione che la sua opposizione non gioverebbe a cangiare lo stato delle cose in favore dell'Italia, semprecchè questa opposizione non abbia la sanzione della forza.

Ho creduto obbligo mio il rilevare tutte queste recriminazioni, perché esse si ripetono in quasi tutti i dispacci politici che mi sono diretti e rivelano una diffidenza verso l'Austria-Ungheria, che è di cattivo presagio per le intelligenze future. lo mi rendo conto fino ad un certo punto dello stato d'animo in cui si trova il principale consigliere della Corona responsabile per gli affari esteri, in presenza della situazione attuale. Quando lo stato degli affari esterni non è buono, si capisce facilmente che se ne attribuisca la cagione un po' a tutti. Ma qui la cagione sta in gran parte in eventi che non dipendono dalla volontà dei nostri alleati e in parte dall'attitudine di altre Potenze e non da quella dell'Austria-Ungheria. È di tutta evidenza che fra le tre Potenze alleate, l'Italia è quella che ha dovuto maggiormente patire degli effetti della allean

za. Ciò è dovuto sia alla sua posizione geografica, sia all'opinione invalsa presso le Potenze non amiche essere l'Italia quella che si mostra più ardente (esse dicono più ostile a loro) nelle questioni internazionali, ed essere d'altro lato da ritenersi meno temibile, sia anche, confessiamolo pure, al non aver noi saputo o potuto imitare i nostri alleati nei buoni modi di procedere verso la Russia e la Francia. Stando così le cose, è naturale che l'Italia chieda ai suoi alleati qualche cosa di più che lo stretto adempimento degli obblighi formalmente contratti.

Se la questione è messa lealmente in questi termini, senza recriminazioni per lo meno inutili, essa si può discutere sine ira et studio, e si potrà così esaminare, quando si vorrà rinnovare l'alleanza, quali condizioni l'Italia possa equamente pretendere in corrispettivo del suo concorso, e dei danni e pericoli maggiori a cui è esposta. lo non so se i nostri alleati siano disposti a cangiare i termini del patto in favor nostro e in qual misura, come ignoro se e quanto l'Inghilterra sia disposta ad assumere impegni. In ogni caso il Governo del re deve fin d'ora avere un concetto preciso di ciò che può accettare. Su questo punto io non sono in grado di esprimere un avviso competente, senza avere scandagliato questo ministro degli affari esteri e senza conoscere almeno in modo approssimativo l'opinione dei Gabinetti di Berlino e di Londra. Ma quando sarà venuto il tempo, e se V.E. mi indicherà un concetto ben definito sul quid petendum, potrò farle sapere con qualche precisione fino a qual punto questo Governo potrà impegnarsi a nuovo con noi. Però voglia l'E.V. ben badare a una cosa. L'azione dell'Austria-Ungheria dipenderà nel fatto da quella della Germania e da quella dell'Inghilterra. Se noi abbiamo Germania e Inghilterra, o anche solo la Germania, con noi, avremo l'Austria-Ungheria. L'inverso non sarebbe esatto. Perciò credo mio debito di avvertire l'E.V. che il nodo della questione delle alleanze future non sta in Vienna, ma a Berlino e a Londra.

Vengo ora alla parte del di lei dispaccio che comporta un seguito immediato. V.E. chiede se il Gabinetto di Vienna creda il momento opportuno per fare, insieme con noi, un passo efficace nel senso della di lei proposta del3 dicembre4• A questa domanda ho già risposto in precedenza, almeno in parte. Col mio rapporto n.121/39 del 15 corrente5 , ho informato V.E. che il conte Goluchowski veramente non credeva il momento propizio per intavolare a Londra una tale questione, a cagione della tensione dei rapporti tra l'Inghilterra e la Germania, ma che ciò nondimeno egli aveva incaricato il conte Deym, partito oggi da Vienna per Londra, di scandagliare il marchese di Salisbury sulle questioni sollevate dalla proposta dell'E. V. Ho pregato il ministro i. e r. degli affari esteri di dare all'ambasciatore austro-ungarico a Londra l'istruzione di mettersi a tal fine in comunicazione col suo collega d'Italia, e di informarlo delle disposizioni che il capo del Foreign Office gli avrebbe manifestato a tal riguardo. lo penso che l'E.V. stimerà conveniente di impartire al generale Ferrera istruzioni nel medesimo senso. Per tal modo l'E.V. non tarderà a conoscere se e fino a qual punto il Governo britannico sia disposto ad assumere impegni positivi e pratici rispetto allo Oriente, a difetto dei quali ogni nostra azione diplomatica a Vienna, relativa a tali questioni, rimarrebbe inefficace.

768 1 Analogo telegramma venne inviato il 18 gennaio a Costantinopoli col n. 98. 769 1 Cfr. n. 739.

769 2 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 778.

769 3 Non pubblicato.

769 4 Cfr. n. 533. 5 Cfr. n. 758.

770

L'ADDETIO MILITARE A PARIGI, PANIZZARDI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

R. Parigi, 17 gennaio 1896.

In seguito alle comunicazioni fattemi dall'E.V. la sera del14 corrente partivo per Torino la sera del mercoledì, ove giungevo alle 2,12 del giovedì.

Mi recavo tosto all'Hotel de Turin e vi trovavo il signor generale Dal Verme, delegato da S.E. il ministro degli esteri per comunicarmi istruzioni da far conoscere all'E.V. circa alcune questioni da trattarsi contemporaneamente a quella di Tunisi col Governo della Repubblica francese.

Stetti in conferenza col prefato generale fino a sera ad ora inoltrata, ed ho ora l'onore di riferire a V.E. quanto sono stato incaricato di comunicarle dal detto delegato di S.E. il ministro Blanc.

Il signor conte Dal Verme, premettendo che nella questione di Tunisi non voleva per nulla entrare, anche perché non sapeva a che punto essa fosse, soggiungeva che lo scopo della mia gita a Torino era di ricevere e di comunicare a V.E. alcune istruzioni circa una questione da trattarsi colla Francia per la cessione di tutta o di parte della costa da Ras Dumeirah sino al confine inglese posseduta dalla Francia, contro un compenso di territori già sotto il protettorato nostro per antecedenti trattati o convenzioni, e mediante le cessioni sulla questione tunisina, sulla quale il delegato del ministro degli esteri ripeteva di non voler entrare in merito e perché non la conosceva a fondo.

Il signor generale conte Dal Verme riassumeva così le sue comunicazioni:

l) Proporre al Governo della Repubblica la cessione dell'intera costa da Ras Dumeirah sino al confine inglese, determinato dall'accordo franco-inglese 2 febbraio 1888, cioè compreso Obock, Sagallo, Tagiura e Gibouti.

L'Italia cederebbe come compenso, oltre le concessioni per Tunisi, i Sultanati di Alula d'Obbia e dei Migiurtini1 dal confine inglese Bender Ziadeh sino al confine settentrionale dei Benadir.

La Francia che non avrebbe alcuna aspirazione sull'Etiopia, come l'avrebbe dichiarato, perderebbe bensì i porti di Obock e di Gibouti ma acquisterebbe quello di Alula, migliore dei precedenti e che in questo momento ha acquistato una speciale importanza per la conquista del Madagascar. I vapori da Perim traversando il golfo di Aden si dirigerebbero al porto di Alula senza passare per Obock e Gibouti. Sulla costa dell'Oceano Indiano inoltre la Francia avrebbe il porto di Hafun ch'è al riparo dei venti monsoni.

Tutta questa costa fu studiata e descritta con vera dottrina dal capitano di vascello signor Guillain inviato colà per due anni da re Luigi Filippo nell'opera pubblicata nel 18422 Documents pour servirà l'histoire de l'Afrique Orientale. Il porto di Alula fu inoltre descrittto dal Portolano. La costa dei migiurtini fu esplorata dal francese Révoil.

2 Annotazione a margine: «1856>>.

2) Qualora s'incontrassero troppe difficoltà per giungere a questo risultato si proporrebbe soltanto la cessione da parte della Francia della costa da Tagiura al confine inglese lasciandole Obock. L'Italia oltre alle concessioni per Tunisi cederebbe soltanto il Sultanato dei migiurtini sino al fiume Nagal.

Questo secondo progetto dovrebbe più facilmente del primo incontrare l'approvazione della Francia, tanto più che si ritiene sarà facile che nessuna difficoltà sarà sollevata da parte dei Sultanati per cambiare il loro protettore. Si è certi che inviando colà un nostro agente riuscirebbe allo scopo, tutto al più aumentando le sovvenzioni stabilite.

Si ritiene che l'Inghilterra in seguito all'accordo 5 maggio 1894, non potrebbe obbiettare nulla poiché con quell'accordo essa ha implicitamente rinunciato ad esercitare diritti sull'Harar. (Art. IV)

Siccome poi l'Inghilterra ha già rifiutato di cedere il porto di Zeila contro il compenso della costa del capo Guardafui, non potrebbe sollevare obbiezioni, poiché Zeila la conserverebbe, il capo Guardafui con questo secondo progetto rimarrebbe a noi.

Sia col primo che col secondo progetto è inteso che l'Italia si obbligherebbe a dichiarare alla Francia che cederebbe i propri diritti d'influenza sui territori ceduti

o concessF.

770 1 Le parole <<Alula» e <<Migiurtini>> sono sottolineate sull'originale e a margine è annotato: <<Sono la stessa cosa>>.

771

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 96. Roma, 18 gennaio 1896, ore 12,10.

Ringrazio sua lettera ricevuta oggi1• Siamo d'accordo. Abbiamo impressione che Inghilterra si accinga ad agire anche sola in Oriente. Ho telegrafato fin da ieri a Ferrero2 che, fermi nella nostra fiducia all'adesione costantemente data dalla Germania agli accordi del1887, saremo pronti all'azione quando lord Salisbury si decida a porre termine ai danni già recati agli interessi comuni nel Mediterraneo e in Oriente.

2 Cfr. n. 768.

770 2 Dal Verme fece una relazione a Blanc in data 22 gennaio (ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 334-342). Se ne pubblicano il primo e l'ultimo capoverso: <<Richiesto, il14 corrente, del mio avviso intorno ad una proposta di riduzione del territorio della sfera d'influenza francese accettata da S.E. Billot con sua dichiarazione 25 maggio 1891, in seguito alle trattative fra il medesimo ed il sottoscritto, riduzione a cui si vorrebbe oggi addivenire in cambio di concessioni per Tunisi, ho espresso il mio parere cosÌ:>> segue quanto riferito da Panizzardi nel testo. <<Ed ora mi sia concesso concludere che la stipulazione di un accordo franco-italiano, col quale, dando soddisfazione alle suscettibilità francesi a Tunisi, si ponesse nella impossibilità la Francia di intervenire al Harare nuocerei in Etiopia, ci offrirebbe il solo possibile mezzo di risolvere, col blocco, la quistione etiopica, e porrebbe fine ad un dissidio fra le due Nazioni, che oggi ben si può dire ha la sua ragione di essere a Tunisi e nel golfo di Aden, anzichè in Europa». 771 1 Annotazione a margine di Maissa: <<Lettera privata. Non.fu consegnata al Gabinetto». Si tratta del n. 765.

772

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO 99. Roma, 18 gennaio 1896, ore 13, 10.

Inghilterra fa passi a Pietroburgo e a Berlino per provvedimenti da prendersi per l'ordine interno in Turchia. Lobanoff continua ad escludere contegno di coercizione. È necessario per noi sia chiarito se Austria-Ungheria prende posizione per Inghilterra

o per Russia 1 .

773

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 141 bis. Parigi, 18 gennaio 1896, ore 20,15 (per. ore 22,05).

Panizzardi mi porta questa mattina istruzioni verbali relative alle due proposte di scambio di territori fra Italia e Francia in Africa 1 . Ho domandato, conformemente alle istruzioni impartitemi nei telegrammi 20 e 23 dicembre 2 , la immediata delimitazione secondo le trattative del 1891. Qui si rispose 3 essere necessario, per non urtare in opposizione della stampa e del Parlamento, che, insieme alla delimitazione, si definisse vertenza trattato italo-tunisino. Fui autorizzato da V.E.4 a continuare trattative sopra la base proposta dalla Francia e qui ora sono in esame le condizioni da me proposte per la nostra adesione a quella proposizione francese. Ora, secondo le istruzioni verbali portatemi da Panizzardi, Governo non accetterebbe più di trattare simultaneamente della delimitazione e del trattato precitato, ma vorrebbe che a compenso delle concessioni nostre a Tunisi, Francia consentisse ad uno dei due progetti di scambio di territori. Debbo premettere che anche qui nessuno può ignorare le vere condizioni dei paesi sui quali Italia cederebbe le sue ragioni e che gli avvenimenti ultimi hanno invece fatto noto a tutti che Gibuti è la vera e sola porta dell'Harar. Lo studio comparativo fatto dall'Inghilterra ora sono pochi anni pubblicato in un Blue Book presentato al Parlamento, ha messo in evidenza inferiorità di Zeila di fronte Gibuti e l'enorme spesa occorrente per mettere il primo di questi scali in condizioni di concor

2 Cfr. nn. 620 e 627.

3 Cfr. n. 635.

4 Cfr. n. 648.

renza col secondo. Quando, per limitare le pretensioni dell'Inghilterra circa estensione del suo hinterland di Zeila, proposi io stesso di allargare verso Alula il possedimento britannico, i negoziatori di Londra rifiutarono ogni scambio attesa assoluta mancanza di valore della regione che comprende capo Guardafui. Si sa che sulla costa dell'Oceano Indiano non esistono scali che meritino nome di porti. Non è dunque, prescindendo da qualsiasi altra considerazione relativa al sentimento pubblico in Francia, credibile che questo Governo possa accettare la base nuova di trattative nella quale abbandonerebbesi la domanda della delimitazione del1891 per sostituirvi lo scambio di territori. Appena potrebbesi parlare qui di tale base nuova, limitandosi a domandare Gibuti, e lasciando Obock e Alula alla Francia se da parte nostra si offrisse puramente e semplicemente di togliere ogni nostra obiezione e riserva alla connessione pura e semplice della Tunisia alla Algeria in guisa che per noi fin d'ora si riconosca che la Reggenza è un dipartimento francese. Ma a me pare che in tal caso pagheremmo a troppo alto prezzo accesso· all'Harar. Prego telegrafarmi circa seguito che R. Governo intende sia dato al negoziato in corso 5 .

772 1 Per la risposta di Nigra cfr. n. 775.

773 1 Cfr. n. 770.

774

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

D. 2360/41. Roma, 18 gennaio 1896.

Ad ogni buon fine, e come argomento di studio, le unisco uno schema di condizioni di pace, per eventuali trattative a tempo opportuno.

ALLEGATO

CONDIZIONI DI PACE

L'annunziata presenza di Menelik nel campo delle operazioni militari, obbliga a prevedere il caso in cui, per fatti di guerra o per negoziati, la continuazione dell'esistenza di un negus, sia esso Menelik o altri, si presenti come la soluzione più pratica, qualunque preferenza si possa avere in massima per una Etiopia suddivisa sotto tanti ras, pari fra loro, e tutti egualmente a noi soggetti. In vista della eventuale opportunità di lasciar sussistere la compagine cosidetta imperiale, sono state preparate le seguenti basi per condizioni di pace da ottenersi in tutto o in parte.

Nel caso invece, di accordi coi suoi soli ras, le condizioni stesse potranno trovare quelle applicazioni più late ai domini di ciascuno di essi, che rispondano il più possibile allo spirito delle condizioni stesse.

774 1 Ed. inLV91, pp. 98-99 e in LV 92, pp. 205-206.

Desideratum

l) Il negus e tutti i ras capi di province riconoscono l'intero Tigrè come territorio italiano sottoposto alla sola diretta sovranità del re d'Italia, e ciò fino ad Ascianghi e il corso del Tacazzè.

2) Il negus e tutti i ras riconoscono l'Etiopia, all'infuori del Tigrè, e compreso l'Harare tutte le altre dipendenze, come sottoposta al protettorato dell'Italia e all'alta sovranità del re Umberto e suoi successori.

3) Il Governo italiano rappresenterà l'Etiopia in tutte le sue relazioni con l'estero. Il residente generale italiano sarà incaricato delle relazioni con gli agenti delle Potenze estere. Ogni questione relativa a forestieri in Etiopia sarà trattata per suo mezzo. Agli agenti diplomatici e consolari del re d'Italia all'estero sarà affidata la protezione dei sudditi e degli interessi dell'Etiopia.

4) Il negus ed i ras capi di provincie non potranno avere truppe senonchè nel numero e della qualità che siano dall'Italia consentite.

5) Il.negus ed i ras non potranno fare validamente concessioni di sorta a sudditi di altri Stati, né di proprietà territoriale, né di monopolii quali si siano, né di esercizio d'industrie o di commerci, né di servizi postali o telegrafici, né di ferrovie, nè di miniere senza il consenso del Governo italiano.

6) Il re d'Italia avrà un residente generale stabile presso il negus e dei residenti presso quei ras capi di province dove lo ritenga conveniente. Questi residenti potranno avere una forza armata per loro scorta.

7) Le nomine e investiture dei ras di province dovranno essere approvate dall'Italia.

8) Il negus e i ras dovranno sempre sfrattare dai loro territori qualunque suddito estero, quando venga loro intimato di farlo dal Governo italiano.

9) L'Italia potrà sola regolare il regime doganale dell'Etiopia, sia di fronte agl'italiani e ai sudditi italiani della Colonia Eritrea, sia di fronte ai sudditi di terzi Stati.

10) Gli italiani e i sudditi italiani della Colonia Eritrea come pure tutti gli altri forestieri abitanti o di passaggio nell'Etiopia dipenderanno dalla sola giurisdizione civile e penale del residente generale italiano e dei suoi delegati.

11) Il negus e i ras capi di province non potranno contrarre alcun prestito senza l'autorizzazione del Governo italiano.

12) Il negus potrà far coniare monete nella sola zecca italiana.

13) Il Governo italiano non assume alcuna responsabilità per effetto degli impegni, debiti o concessioni che il negus o i ras abbiano potuto sottoscrivere verso chicchessia prima della firma del presente atto.

14) Gl'italiani e i sudditi italiani della Colonia Eritrea potranno acquistare e possedere proprietà immobiliari in tutta l'Etiopia.

15) Il negus e i ras capi di provincie si obbligano a concorrere alla difesa della Colonia Eritrea con tutti i loro mezzi e tutte le loro forze quando ne vengano richiesti dal governatore.

16) Il Governo italiano promuoverà in Etiopia la viabilità, le comunicazioni telegrafiche, il commercio e l'agricoltura, l'educazione dei giovani notabili, l'organizzazione del sistema tributario e doganale, e tutto quanto possa contribuire allo sviluppo economico e civile del Paese.

17) Al Governo italiano verranno deferite tutte le contese tra il negus e i ras, e tra i diversi ras e capi indigeni. Nel caso di conflitti armati che il Governo italiano riconosca inevitabili, e di ricorso all'aiuto del Governo dell'Eritrea, il concorso armato verrà dato per mezzo di truppe coloniali a spese del capo richiedente.

18) Il Governo italiano assicura al negus X e ai suoi legittimi successori il trono2 ...

773 5 Per la risposta cfr. n. 776.

775

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 147. Vienna, 19 gennaio 1896, ore 16, 10 (per. ore 17,35).

Ambasciatore di Russia ha informato Goluchowski che il Governo inglese propose a quello di Russia d'invitare gli ambasciatori a Costantinopoli a concertarsi non solo per la tutela dei loro connazionali, ma anche per lo stato generale interno della Turchia e fare un rapporto ai rispettivi Governi. Nella sua comunicazione, quale fu qui trasmessa, il Governo inglese non formulò altra proposta. Goluchowski disse all'ambasciatore di Russia che egli non aveva ricevuto alcuna comunicazione dal Governo inglese, ma che gli pareva che gli ambasciatori non avessero [necessità di] istruzioni speciali per riunirsi e fare un rapporto sullo stato della Turchia. Goluchowski non si spiega bene la portata di questa proposta, ma, per parte sua, non farà opposizione, benchè si senta offeso del non averne ricevuto comunicazione dall'Inghilterra.

776

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 105. Roma, 19 gennaio 1896, ore 16,40.

Base negoziato rimane quella stabilita di simultaneità delimitazione golfo Aden e regime Tunisia 1• Ma, come già telegrafai a V.E. il giorno 12 corrente 2 , delimitazione potrebbe comprendere punto costa, visto che colla delimitazione stessa

darne)». 776 1 Risponde al n. 773.

2 Cfr. n. 736.

Francia s'interdirebbe azione politica nell'interno; mentre la nostra proposta di scambio con Alula provvederebbe al bisogno francese di una stazione utile pel Madagascar e la via dell'Asia. Senza poi spingerei sino a riconoscere nella Tunisia un semplice dipartimento francese, le nostre concessioni nella Reggenza potrebbero, dato lo scambio, essere maggiori. Lascio a VE. di scandagliare possibilità simile scambio nel corso del negoziato senza compromettere risultato sopra la base già in discussione col Governo francese. E poiché si è contemplata in Francia la convenienza di intelligenze concrete coll'Italia, in vista delle questioni che preoccupano l'Europa e dell'atteggiamento che vi possono assumere i varii Governi, lascio pure a VE. di far comprendere che anche per altri argomenti si potrebbe trovare un terreno comune. Prego V.E. di adoperare per quanto riguarda queste trattative il cifrario I -13.

774 2 Nell'originale manoscritto il testo così continua: <<(denari no) (si può non prendeme, ma non mai

777

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Londra, 19 gennaio 1896.

Les derniers documents que je viens de recevoir du ministère me montrent que les autres ambassadeurs italiens, et surtout Lanza et Nigra, sont complètement de mon avis sur la situation. Malheuresement celle-ci est aggravée par ce qui arrive en Afrique, qui est purement et simplement la conséquence des erreurs militaires de Baratieri. Ces erreurs sont innombrables, mais elles découlent toutes de deux erreurs fondamentales: l) d'avoir méprisé l'ennemi, 2) d'avoir partagé ses forces et les avoir laissées battre séparément. Il est rare que le Dieu des batailles pardonne ces erreurs; espérons que cette fois il fasse une exception en notre faveur. Je souhaite que cette lettre trouve de meilleures nouvelles en Italie. Le Temps en se basant sur la fausse nouvelle du refus de Zeila construit un artide malveillant envers nous. Or tu sais que dès mon arrivée ici j'ai reconnu que la question de Zeila était mal vue par le Gouvernement de la reine, et que par conséquent, fort du mandat de confiance dont tu m'avais honoré, je n'ai jamais fait d'avances sur ce terrain. Tout au plus, dans les entrevues avec Kimberley et Salisbury j'ai touché très délicatement la question. Dernièrement lord Salisbury, en reconnaissant la fausse position qui nous était faite par la convention de 1888 sur le Harar, a montré la bonne disposition de nous accorder le passage par Zeila «si nous le demandions» et c'est alors que je l'ai demandé et obtenu avec les incidents et les restrictions que tu connais. Mais jamais l'on a demandé la cessi o n de Zeila et par conséquent jamais celle-ci n'a été refusée. Il faut naturellement faire démentir le Temps par quelque journaF. Afin que la question ne fùt

pas compromise par le zèle de quelque journal j'ai télégraphié ce que selon moi il faudrait répondre. Mais comme tu vois l'abus des mots Zeila et Harar fai t par n otre journalisme ignorant, a été depuis des années la cause de bien des erreurs. Quelques personnes mal avisées ont suscité une campagne de bavardages sur ce thème qui a eu pour résultat de fausser l'opinion publique de notre Pays, comme du reste elle est faussée sur tout ce qui concerne l'Mrique.

Il est évident que l'état de choses actuel en Mrique découle comme de source de l'influence exercée par Antonelli et des mystifications dont il a été victime ou auteur. A propos de personnes don t il faut se défier à cause de la légèreté de leurs affirmations, il faut bien controler le consul Cecchi.

La plus part des occupations ingrates qui sont ménagées à notre diplomatie provient de l'Mrique ou pour mieux dire d 'une douzaine de fanatiques qui coutent au Pays leur poids de diamant. Je comprends quelle vie tu dois mener dans ces jours de torture morale; mais courage quand méme; qui sait si bientot nous ne verrons de beaux jours?

777 1 L'articolo del Temps fu segnalato da Perrero con T. 148 dello stesso 19 gennaio, non pubblicato.

778

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 109. Roma, 20 gennaio 1896, ore 14,15.

Il Gabinetto di Vienna ha creduto di dar sin da ora al conte Deym istruzione di mettersi in comunicazione coll'E.V. per scandagliare il marchese di Salisbury sulle questioni poste nel mio dispaccio del tre dicembre 1• Non so se il Gabinetto di Vienna proceda in ciò per semplice discarico verso di noi, poiché Nigra dice che Goluchowski non crede il momento favorevole. Nigra persiste a credere che, se la Germania non afferma esplicitamente la sua solidarietà col gruppo Mediterraneo nella questione d'Oriente, non avremo realmente il concorso dell'Austria-Ungheria, ed egli aggiunge che Goluchowski dimostrasi offeso di non aver avuto comunicazione dal Governo inglese della proposta fatta da questo alla Russia circa lo stato interno della Turchia 2 . Noi invece siamo inclinati a supporre che, colla lettera della regina al sultano e col passo fatto a Pietroburgo, l'Inghilterra intenda riacquistare la libertà d'agire anche sola in Oriente. In questo caso credo che noi dovremmo accompagnarla anche quando l'Austria, fondandosi sull'atteggiamento della Germania, tenesse contegno esitante.

V.E. avrà presente tale situazione associandosi, nella misura che crederà utile, ai passi del conte Deym 3 .

2 Cfr. nn. 769 e 775.

3 Questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Berlino con T. riservatissimo 110, pari data.

778 1 Cfr. n. 533.

779

COLLOQUIO TRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E L'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A ROMA, PASETTI l

APPUNTO. [Roma,] 20 gennaio 1896, ore 15.

Il barone Pasetti, ambasciatore d'Austria-Ungheria, giusta la fatta domanda, giunge alle ore 15.

Egli comincia a discorrere degli accordi del1887, della insufficienza dei medesimi per lo scopo cui si riferiscono. Il barone si espresse diffidente del Ministero britannico, e si lagnò del medesimo per avere agito a Pietroburgo senza averne avvertito i due alleati. Soggiunse, che bisognerebbe render più precisi gli accordi, modificandoli, od ampliandoli, per renderli più sicuri.

Risposi, rifacendo la storia dei fatti, che ci condussero ai suddetti accordi. Dissi, che per me non sono cessate di aver vigore le obbligazioni allora assunte. Ricordai, che essendo stati trascurati tali accordi sotto Rosebery, all'avvento di Salisbury, lo abbiamo interpellato e ci fu risposto ch'egli riteneva ancora esistenti quegli accordF. Soggiunsi, che avevo fede nel ministro inglese, quantunque incerto talora ed esitante.

Il barone Pasetti fu lieto della opinione mia favorevole a lord Salisbury. Ripeté che, nondimeno, era necessario, alle note del 1887, dare maggiore precisione. Espose dei dubbi sul contegno del Governo tedesco.

A questa osservazione dovetti rispondere, che gli accordi del 1887 erano stati fatti con l'intesa di Berlino e conseguentemente con l'approvazione del principe di Bismarck.

Bismarck dichiarò, che stava al di fuori degli accordi. Egli voleva, che gli obblighi fossero limitati tra l'Austria, l'Inghilterra e l'Italia. La Germania, pel momento in disparte, entrerebbe quando la Francia avrebbe preso parte diretta nelle cose d'Oriente e del Mediterraneo.

Certamente oggi in Berlino non potrebbe prevalere una politica diversa; e non bisogna diffidarne.

Conclusi, che noi stiamo fermi agli accordi del 1887; se giova renderli più precisi, noi vi ci presteremo. In questo caso ne avverta Vienna, affinché l'ambasciatore italiano e quello d'Austria-Ungheria a Londra facessero le pratiche necessarie presso lord Salisbury.

Se lord Salisbury ha proceduto solo, ha potuto essere per precauzione, e nel dubbio che i due alleati non lo seguissero. Non dobbiamo dimenticare la condotta nostra al1878 ed al1882. Tanto nella guerra contro la Russia, quanto per la insurrezione egiziana l'Inghilterra fu lasciata sola. Aggiungete, che in questi ultimi anni, dopo il mio ritiro al1891, dei tre Governi ciascuno ha fatto a modo suo, e noi nelle quistioni del Mediterraneo, a Tunisi per esempio e nell'Eritrea, ci siamo trovati soli; la Francia ha fatto quello che ha voluto.

E che si è fatto in Oriente? Le flotte presenziarono le carneficine turche, e nessuno se n'è impensierito. Anche l'Austria fece da sé. Dica al suo Governo, che l'Italia procederà lealmente coi suoi alleati. Mettiamoci d'accordo, ed il mio Governo non mancherà al dover suo.

779 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi. 2 Cfr. nn. 405 e 421.

780

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 152. Parigi, 20 gennaio 1896, ore 15,30 (per. ore 16,55).

Domani sarà simultaneamente pubblicato qui e a Londra l'accordo relativo al Siam che costituisce in favore di quel Regno una specie di neutralizzazione riconosciuta dalla Francia e dall'Inghilterra. In occasione di quest'accordo Gabinetto di Londra ha accettato in massima di trattare colla Francia per il trattato tunisino e la nomina di una commissione mista per il Niger.

781

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 153. Londra, 20 gennaio 1896, ore 19,22 (per. ore 21,05).

Questo ambasciatore d'Austria-Ungheria interruppe congedo tornando Londra e venne tosto, d'ordine suo Governo, a conferire meco sull'oggetto del telegramma di

V.E. odierno'. Scambio d'idee avvenuto fra noi è stato tale da allontanare ogni sospetto, però terrò presenti considerazioni ed istruzioni che V.E. mi ha date 2 .

782

COLLOQUIO TRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, E L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA'

APPUNTO. [Roma,] 21 gennaio 1896, ore 15,10.

Il conte Nigra ed il barone Blanc giungono a casa mia alle ore 15 e 10 minuti.

Il discorso si è aggirato sugli accordi del 1887. Dissi al nostro ambasciatore come in fatto quegli accordi siano rimasti inefficaci. Anche nella quistione orientale, tanto l'Inghilterra, quanto l'Austria, ciascuna ha agito isolatamente senza averne prevenuto i due Governi alleati.

Riferii al conte Nigra il mio colloquio di ieri col Pasetti2 . Il barone Pasetti manifestò, che a Vienna diffidano di lord Salisbury, e chiedono che agli accordi del 1887 si dia precisione negli obblighi e negli scopi.

Osservai, che, se vi è Potenza che debba lagnarsi del modo come si san condotte l'Inghilterra e l'Austria, è l'Italia. Il nostro Governo, da parecchi anni in qua in tutte le quistioni agitatesi in Europa, non ebbe l'ausilio dei due alleati. Tanto nella Triplice continentale, quanto nella orientale, siamo rimasti soli. Ciò non avvenne mai prima del1891, e specialmente quando Bismarck era al potere. Accetto quindi che gli accordi del 1887 si rivedano e si rendano più precisi; ma chiedo innanzi tutto che i firmatarii eseguano quanto avean pattuito.

Il conte Nigra affermò, che non bisogna dubitare, che l'Austria possa avvicinarsi alla Russia, e n'è garantia il fatto, che a Vienna il ministro degli affari esteri è un polacco. Ciò posto, dobbiamo ritenere, che l'Austria è interessata a rispettare la nostra alleanza.

Il ministro Blanc espose alcune sue osservazioni sulla condotta dell'Austria verso di noi. Conchiuse anche lui, che gioverebbe al mantenimento dell'alleanza il rivedere gli accordi del 1887.

Partito Blanc verso le ore 15,45, siamo rimasti Nigra ed io un'altra buona mezz'ora insieme.

Il conte perorò la buona fede dell'Austria verso di noi.

Ci rivedremo.

781 1 Cfr. n. 778. 2 Per il seguito cfr. n. 845. 782 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi.

783

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. SEGRETO 156. Berlino, 21 gennaio 1896, ore 15,35 (per. ore 16,35).

Ho preso nota istruzioni date a Ferrera e telegrafatemi ieri1 . Gabinetto di Berlino sarà sempre contrario tutto ciò che può accelerare rottura statu qua Oriente e mettere pericolo pace; non parlo quindi punto fino a che non ne riceva ordine di V.E. della di lei intenzione accompagnare, anche senza concorso dell'Austria-Ungheria, Inghilterra. Se questa si decide agire sola nutro speranza che Austria-Ungheria benché propensa a prudente aspettativa non si separerà da noi e d'altra parte noi non vogliamo certamente esporci a perdere vantaggio principio compenso territoriale sancito pel caso impossibilità mantenimento statu qua dai patti esistenti scritti senza altre sicure garanzie.

782 2 Cfr. n. 779. 783 1 Cfr. n. 778, nota 3.

784

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 157. Pietroburgo, 21 gennaio 1896, ore 17,20 (per. stesso giorno)2.

Ho ricevuto il dispaccio di V.E. in data 16 corrente 3; anche io qui so da buona fonte che Leontieff si dispone ritornare Abissinia. Egli ha detto che evidentemente io aveva voluto solo farlo parlare. Lo stesso informatore italiano che mi aveva dato le notizie gravissime esposte nel mio rapporto riservato del 15 dicembre4 mi ha assicurato nella maniera la più positiva che ogni progetto spedizione armi dalla Russia sarebbe ora abbandonato.

785

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO 1

D. 2913/352. Roma, 21 gennaio 1896.

Sir Clare Ford è venuto questa mattina a dirmi 3 che l'accordo del 1888 mentre non impegna il Governo della regina ad opporsi a qualsiasi mutamento nello status di Harar, gli impedisce, a suo avviso, di permettere che Zeila o qualsivoglia altra parte del protettorato britannico venga usato allo scopo di effettuare simile mutamento. Il presente status di Harar si è quello di dipendenza dali' Abissinia, e come tale fu riconosciuto dal Governo della regina trovarsi dentro alla sfera d'influenza dell'Italia. Ma un'occupazione di Harar da parte di truppe italiane o lo stabilimento di un controllo diretto da parte dell'Italia sopra di esso, in sostituzione di qualsiasi controllo indiretto, che possa risultare dalle disposizioni del trattato fra l'Abissinia e l'Italia del2 maggio 1889, costituirebbero indubbiamente un mutamento nello status, e il Governo di Sua Maestà si ritiene obbligato, per ragioni di buona fede, di subordinare il proprio consenso al passaggio delle truppe italiane per Zeila alla condizione di poter dare al Governo francese assicurazioni soddisfacenti che nessun mutamento di tale natura sarà per risultare dalla spedizione italiana.

2 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

3 Non pubblicato.

4 R. riservato 36/20, non pubblicato. 785 1 Ed. in LV 92, p. 308.

2 Minuta autografa.

3 Non si pubblica l'appunto, pari data, consegnato da Ford a Blanc. Sull'argomento Blanc intrattenne lo stesso giorno Biilow (GP, 11, cit., n. 2761).

Ho osservato che la questione dell'invio di truppe a Zeila rimaneva, per ora, puramente teorica e che la corrispondenza al riguardo doveva, secondo noi, considerarsi di comune accordo strettamente confidenziale; non sembrandomi utile alla buona intelligenza fra i due Paesi il far constare pubb!icamente che l'Inghilterra fa dipendere dal consenso della Francia e considera come un mutamento allo status dell'Barar lo stabilimento di fatto del nostro protettorato di diritto. Ho aggiunto che, dopo ciò, il solo mezzo di provare che non è abbandonata da lord Salisbury la posizione presa da lord Kimberley verso l'Italia colla dichiarazione del 5 maggio 1894, sarebbe la presentazione di quel documento ai rispettivi Parlamenti, locché ci sembrerebbe tanto più regolare in quanto che è stato ufficialmente comunicato ai Governi firmatari degli Atti di Berlino e di Bruxelles.

784 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 369.

786

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

T. S.N. Massaua, 22 gennaio 1896, ore 12,25 (per. ore 13,15).

Adagamus 22. Messi inviati a Menelik con lettera preannunziante Felter, furono ben ricevuti, ben trattati. Raccontano sera domenica giunto Felter, che lunedì fu presentato Menelik. Quando lasciarono lunedì mezzodì campo, durava ancora colloquio. Informatrice, che lasciò campo lunedì, conferma, aggiunge domenica non sentì sparare affatto intorno forte. Con Felter erano notabili pacieri grasmacc Uossen e blata Gabru2•

787

COLLOQUIO TRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, BÙLOW 1

APPUNTO. [Roma,} 22 gennaio 1896, ore 18.

Il barone de Biilow giunge alle ore 18.

Il barone cominciò col chiedere notizie dell'Africa, felicitandosi della condotta dei nostri soldati. Venendo poi alle cose di Europa, affermò che la Germania sarebbe stata sempre con noi. Su questo feci qualche mia osservazione.

2 Il telegramma fu comunicato in pari data a Sonnino e Mocenni. 787 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi.

Dissi, che, dei beneficii dell'alleanza, io mi accorsi ai tempi di Bismarck, non dopo i successori. Appena una quistione sorgeva, prima del 1890, ne avvertivo Bismarck, ed egli, tanto in Londra, quanto a Parigi faceva sentire le sua parola, e tutto andava pel meglio. Della Triplice All~anza noi soli abbiamo sentito il peso. Alle frontiere della Francia, nostra accanita nemica, noi abbiamo quotidianamente a provare fastidi d'ogni genere.

Il barone non poté negarmi, che ai tempi di Bismarck le cose procedevano in miglior modo per noi. Soggiungeva però, che il suo Governo si interessa delle cose d'Italia, e che noi l'avremo al nostro fianco tutte le volte che ne sorgesse il bisogno.

Parlammo delle cose di Oriente, e non volli lasciar passare l'occasione per dichiarargli, che l'Europa, con le sue navi, tenute inerti nelle acque della Turchia, ha dato prova della sua impotenza.

Ritornati alle cose di Francia, ripetei che gran danno noi proviamo dagli adii di quella Nazione e dalle insidie di quel Governo.

786 1 Ed. inLV91, p. 104 e in LV92, p. 213.

788

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 249/66. Parigi, 22 gennaio 1896 (per. il 24).

Ebbi l'onore di segnalare a V.E. in via telegrafica1 che oggi sarebbe stato simultaneamente pubblicato qui e a Londra l'accordo franco-britannico relativo alla delimitazione in Asia, nella regione dove i due Governi vengono in contatto con il Siam. Come mi era stato detto e come notificai pure al R. Governo, in occasione di detto accordo i Gabinetti di Parigi e di Londra si sono concertati per la nomina di una commissione mista per determinare i limiti dei possedimenti francesi ed inglesi nel paese situato ad occidente del Basso Niger e, ciò che a noi più importa, hanno concertato di rimpiazzare la convenzione generale anglo-tunisina del1875 con un'altra per la quale i due Governi sono convenuti di aprire immediatamente le trattative.

Non ho elementi per giudicare del valore che per le due parti possano avere, dal punto di vista territoriale, gli accordi relativi alla delimitazione in Asia. Sentii emettere da persona competentissima l'avviso che in conseguenza di questa delimitazione la situazione del Siam diveniva precaria e che le concessioni che l'Inghilterra avea fatte in questa circostanza alla Francia preludevano all'assorbimento finale di quello Stato nei dominii francesi. Dalla stessa persona si attribuiva però assai scarso valore ai territori dei quali la Francia viene fin d'ora in possesso incontestato in conseguenza del presente accordo colla Gran Bretagna. Tratterebbesi di estensioni dove dominano le pestilenze e di assai difficile permanente occupazione per parte di europei. Ma dal signor Hanotaux il quale rivendica a sé il merito della felice trattativa che il signor Berthelot

avrebbe trovato pressoché terminata quando questi entrò a succedergli agli affari esteri, sentii emettere un giudizio che mi pare meriti speciale attenzione. A parer suo la dichiarazione di Londra del 15 gennaio corrente chiude per un lungo periodo l'era dei dissensi fra la Francia e l'Inghilterra in Asia dove la questione politica si troverà d'ora innanzi concentrata intorno al solo problema dell'avvenire dell'Impero cinese, problema che non ha più carattere urgente. Le perdite ed i sacrifizi ingenti sofferti dal Giappone, dicevami recentemente il cessato ministro francese degli affari esteri, hanno fatto comprendere a quel Paese il vantaggio per lui di non urtarsi con la Russia e questa uscirà da Wladivostock per istabilirsi in migliore lido con l'accordo del Giappone.

Non si può omettere di osservare che l'influenza della politica della Germania si fece sentire tanto al principio quanto alla fine della questione che mise di fronte gl'interessi rivali della Francia e dell'Inghilterra rispetto al Siam. Nel carteggio che ebbi l'onore di tenere da Londra con il R. Governo, indicai le prime fasi della questione che poco mancò facesse scoppiare le ostilità fra i due Paesi. Desisté il conte di Rosebery dai suoi propositi bellicosi unicamente in conseguenza del contegno dell'imperatore Guglielmo, che per ordine della regina quel primo ministro andò a consultare a Cowes 2• Quel colloquio segnò anzi il punto di partenza dei numerosi dissidi che di poi si produssero nelle relazioni dell'Impero tedesco con l'Inghilterra, l'ultimo dei quali, di data recentissima, potrebbe, a causa del clamore suscitato nella stampa e nel sentimento pubblico inglese, aver non poco contribuito a facilitare l'accordo oggi pubblicato che, riunendo in un solo atto diplomatico tre disparate questioni, riveste un carattere insolito e pare destinato a dimostrare l'intenzione delle due parti contraenti di mettere i loro rapporti speciali in quella condizione che meglio favorisce l'intesa nelle questioni d'interesse generale. Sotto questo punto di vista mi pare che, nella dichiarazione firmata a Londra il 15 gennaio corrente fra il marchese di Salisbury ed il barone di Courcel, anche noi, prescindendo pure dalla clausola relativa al trattato anglo-tunisino, non potremmo vedere un atto indifferente per l'orientazione dei generali interessi politici dell'Europa. Trasmetto con altro rapporto 3 i documenti accennati in questo.

788 1 Cfr. n. 780.

789

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 251/67. Parigi, 22 gennaio 1896 (per. i/24).

Nel telegramma indirizzatomi da V.E. il 12 corrente1 trovai che il R. Governo, per la delimitazione del possedimento francese di Obock, supponeva che le preliminari conversazioni da me qui avute avessero contemplato all'interno la linea proposta dalla Fran

3 Non pubblicato. 789 1 Cfr. n. 736.

eia nel1891 e che il Governo stesso avrebbe desiderato che io qui facessi osservare l'interesse reciproco di comprendere nella delimitazione italiana un punto della costa dal quale la tutela effettiva della nostra zona d'influenza possa essere indipendente. Io avea inteso questa parte delle istruzioni di V.E. piuttosto come la ben naturale espressione di un desideratum e quasi come un avvertimento di non perdere questo di vista nel caso la linea del 1891 qui non si volesse prendere a base della intesa da stabilirsi senza indugio.

L'indole della trattativa e la condizione di rapidità che ne determina il valore mi facevano pensare che un pronto accordo sarebbe pressoché impossibile se questo non si faceva sovra la linea dalle due parti studiata ed accettata nel 1891. Non avrei potuto d'altronde nelle considerazioni impostemi dalla cognizione che stimo avere del pensiero qui dominante, trovare motivo sufficiente per supporre che questo Governo voglia in questo momento trattare con l'italiano per la cessione a quest'ultimo di importanti punti del suo possedimento coloniale di Obock Gibuti. Negli ultimi tempi per varie ragioni la pubblica attenzione e sovra tutto quella del partito coloniale francese si è rivolta al possedimento della baja di Tagiura. Certi lavori vi furono fatti per rendere gli scali di Obock e Gibuti più facili e sicuri. Si è veduto con i fatti che la strada di Gibuti è la migliore per accedere ed uscire dall'Barar e per ultimo, non gioverebbe il nascondercelo, la vigoria dell'ordinamento militare spiegato dall'Abissinia a danni nostri, ha fatto riflettere al pericolo di scontentare troppo gravemente un tale vicino. Questo ultimo riflesso acquista pur troppo giorno per giorno un maggior peso e non è di piccolo ostacolo alla condotta del delicato negozio che io ebbi l'incarico di avviare.

Al ritorno da Torino il signor colonnello Panizzardi mi ha riferito ciò che da V.E. gli era stato esposto per mezzo della persona appositamente colà inviata a conferire con luF. La comunicazione verbale riferitami dal r. addetto militare di questa ambasciata, si riassume così:

l) proporre al Governo della Repubblica di cedere all'Italia l'intero possedimento della baja di Tagiura da Ras Dumeira fino al confine britannico ricevendo esso in compenso i Sultanati di Alula, Obbia e dei migiurtini da Ben-zia-dé fino al confine settentrionale dei Benadir. Oppure:

2) proporre la cessione da parte della Francia della costa da Tagiura fino al confine inglese suddetto conservando essa Obock, offrendole in cambio i Sultanati dei migiurtini fino al fiume Nogal.

A complemento dei compensi territoriali nell'uno e nell'altro progetto di scambio di territori, da parte nostra si farebbero concessioni nel regolamento della questione relativa al rinnovamento della convenzione di commercio con Tunisi.

Apro una parentesi. Nella carta dei possedimenti italiani in Africa Etiopia e Somalia del professar G. Dalla Vedova 1895, i migiurtini occuperebbero tutto il paese che si estende da Ben-zia-dè sino al capo Guardafui e da questo fino ad Obbia. Il fiume Nogal discende dall'Oceano dividendo in due parti il paese suddetto. Io interpretai a prima giunta che nella seconda proposta di cessione e scambio da noi si progetterebbe di offrire alla Francia la parte del paese dei migiurtini che sta alla sponda

sinistra del Nogal e comprende il capo Guardafui, la costa che da questo va al confine britannico e conseguentemente lo scalo di Alula. Ma il colonnello Panizzardi rettificò questo mio apprezzamento dicendomi che nella seconda nostra proposizione lo scambio comprenderebbe solamente il tratto di paese che sta sulla riva destra del Nogal e si estende fino ad Obbia. L'hinterland del primo territorio sarebbe assai limitato ed è tracciato dalla linea stabilita nel protocollo del1894 fra l'Italia e la Gran Bretagna. Non così l'hinterland del secondo dei territori sovradescritti poiché le verticali alla costa mi pare lascerebbero il passaggio dei pozzi di Milmil in mano al possessore della medesima. Ad ogni modo il dubbio resta nella mia mente circa il tratto di paese che nella seconda proposta noi saremmo disposti a cedere alla Francia.

Chiudo la parentesi. ·

Nella ipotesi che la trattativa dovesse avviarsi sovra la base di uno scambio di territori, io dovrei essere meglio assicurato di ciò che effettivamente nella seconda proposta riferitami dal colonnello Panizzardi il r. ministero mi autorizzerebbe a comprendere. Ma tale ipotesi io non posso ravvisare come probabile e debbo anzi fin d'ora premunire il Governo di Sua Maestà contro una supposizione diversa.

Debbo anzi far osservare a V.E. che le prime mie conversazioni col signor Berthelot lasciavano sperare che il negoziato potrebbe essere aperto immediatamente e conchiuso con la desiderabile celerità. Ma oggi io ne dubito non perché creda che il ministro francese degli affari esteri non sarebbe personalmente disposto a condurre celermente a termine la trattativa, ma perché la sola buona volontà sua non è sufficiente e nei ritardi che già si producono bisogna vedere l'effetto di opposizioni che egli dovrebbe aver trovate fra i colleghi suoi. Negli ultimi giorni due fatti importanti si sono prodotti. La dichiarazione franco-inglese firmata a Londra il 15 corrente e pubblicata ieri ha non poco disturbato il terreno sul quale io mi debbo muovere. Troppo è chiaro che dal momento che pubblicamente il Gabinetto di Londra ha accettato di trattare con la Francia per il trattato tunisino, le concessioni che noi ci disponevamo a fare sullo stesso soggetto sono diminuite assai di quel valore che queste cose acquistano dalla impressione che esse possono produrre sulla pubblica opinione.

Io ebbi oggi una conversazione col signor Berthelot nella quale mi formai il pensiero sovra esposto e non crederei erroneo il mio giudizio che si debba considerare ormai come molto difficile lo arrivare ad una pronta conclusione. Sono già deposte interpellanze circa la dichiarazione di Londra e per essa si farà la discussione di massima se debba quell'atto internazionale essere sottoposto all'approvazione del Parlamento.

L'altro fatto che indirettamente influisce pure a creare un indugio, è la firma del nuovo trattato con la regina del Madagascar. Per questo altro avvenimento il Ministero che volle modificare ciò che il predecessore avea fatto, dovrà incontrare una discussione vivace nel Parlamento e non vorrebbero coloro che nel Gabinetto governano le relazioni con la Camera mettere troppe cose insieme nel timore che le singole opposizioni che ciascun atto incontra, vengano a coalizzarsi ed a rendere inutili i suoi sforzi.

Con il signor Berthelot la conversazione nostra di oggi ebbe il carattere delle precedenti cioè quello di una assoluta mancanza di valore ufficiale. Fu una esplorazione reciproca di idee destinata a non creare alcun impegno. Però ad un momento del colloquio, io stimai di poter lasciare intendere al mio interlocutore che forse vi sarebbe stato un mezzo di sbarazzarsi della abbiezione di coloro che dicessero perché mai oggi la Francia consente alla delimitazione che nel1891 non fu firmata? Si sarebbe potuto, gli dissi io, cambiare la base del negoziato e sostituire a quella del 1891 uno scambio di territori. Per rendere effettiva la tutela dei nostri interessi e indirettamente anche di quelli degli altri paesi che toccano l'Abissinia era per noi utile lo avere uno scalo nella baja di Tagiura. Avevamo territori che avrebbero potuto essere assai più vantaggiosi alla Francia. Uno scambio di territori poteva giustificarsi con la considerazione degli interessi reciproci assai meglio che il riconoscimento di zone d'influenza. Nei compensi l'Italia avrebbe potuto unire qualche cosa dippiù di quanto si era fin qui detto per Tunisi. Non si poteva pretendere che l'opinione pubblica nel nostro e in questo Paese si modificasse da sé se si rifuggiva sempre dal presentarle ciò che potrebbe indicare un avviamento pratico a migliori rapporti fra i due Governi. Il signor Berthelot prese nota di quanto gli dissi.

788 2 Cfr. serie II, vol. XXV, n. 538.

789 2 Cfr. n. 770.

790

IL CONSOLE A TRIPOLI, MOTTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, P ANSA

R. 39/3. Tripoli, 22 gennaio 1896 (per. il31).

Non sarà inutile segnalare all'attenzione di V.E. un articolo comparso sulla Dépeche Tunisienne del 14 gennaio qui giunto coll'ultimo corriere. Quell'articolo merita speciale riguardo perché è il riassunto di un'opera (non ancora pubblicata se non erro) del comandante Rebillet che deve essere il capo di Stato Maggiore delle truppe francesi in Tunisia.

Limitandomi a considerare la parte che concerne la Tripolitania, osservo che l'asserzione dell'autore che i francesi non hanno mai riconosciuto la sovranità turca in Ghat e Gadames e considerano come indipendenti le tribù vicine è altrettanto falsa in linea di fatto quanto assurda in diritto.

È falsa in linea di fatto perché saranno ora quasi due anni, questo consolato generale di Francia chiese ed ottenne da questo governatore il richiamo del kaimacam residente in Gadames e ciò precisamente per questioni che egli ebbe colà con certi arabi tunisini per vendita di una partita di avorio. La Francia dunque riconobbe la sovranità turca su quei paesi, sovranità che si esplica appunto per mezzo del governatore e dei mutessarif e kaimacam da lui dipendenti.

È infondata in diritto perché quei paesi da lungo tempo appartengono alla Turchia che vi tiene autorità civili e guarnigione militare. Gadames e Ghat sono ambedue sedi di un kaimacam. Gadames ha un battaglione di truppe e Ghat una compagnia. Se, sino ad un certo punto, si può dire che ad esempio l'oasi di Cufra non appartiene alla Turchia perché questa non vi tenne mai alcun funzionario civile né militare, lo stesso non può dirsi di Ghat e Gadames, dove da molti anni la Turchia esercita di fatto e senza proteste il suo dominio effettivo. Ed aggiungo che l'osservazione è tanto più inopportuna in quanto che è invece la Turchia che mai non riconobbe il protettorato francese in Tunisia.

La strada suggerita dal comandante Rebillet è poi anche maggiormente interessante perché passa in gran parte nel territorio ottomano a cui appartengono le località Bir Zahar (Sar, di alcune carte) Tiare t, Mezezzem.

Questo itinerario è sintomatico, dimostrando quali sono le aspirazioni dei francesi. Se questo governatore fosse visibile, non avrei mancato di richiamare la sua attenzione su questo affare, ma egli è sempre in camera sua. e non riceve nessuno, né mi sembra prudente che comunicazioni di questa natura gli siano fatte per mezzo di terza persona. Di più, anche se fosse visibile, sono quasi sicuro che per un articolo di giornale egli non vorrebbe guastare le sue relazioni di intima amicizia col consolato di Francia; epperciò non avvertirebbe neppure il suo Governo.

Io invece, ad ogni buon fine, ho creduto opportuno di avvertirne VE. che, se lo crede utile, potrà informarne il Governo ottomano. Annetto una copia del brano di giornale cui alludo.

791

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 165 bis. Parigi, 23 gennaio 1896, ore 15,45 (per. stesso giorno?.

In un colloquio avuto ieri con questo ministro degli affari esteri lo trovai impacciato a rispondere circa momento di intavolare ufficialmente la doppia trattativa intorno alla quale avevamo in via privata scambiato le idee. Era perciò necessario spingerlo ad esprimersi categoricamente mantenendo però sempre al colloquio carattere non ufficiale, ed egli finì per dirmi essere inalterate le sue disposizioni e la sua volontà di trattare e di concludere rapidamente, ma che, avendo egli dovuto presentire altri prima di iniziare negoziato ufficiale, gli era stato opposto delle difficoltà non di sostanza ma di opportunità ad una troppo affrettata conclusione; doveva venire prossimamente davanti Parlamento la dichiarazione anglo-francese relativa al Siam ed una interpellanza sulla politica estera generale del presente Gabinetto: a questo si muoveva già rimprovero di dipartirsi dalla base d'alleanza stabilita dal suo predecessore; non conveniva mettere contemporaneamente Parlamento in presenza di un accordo franco-italiano; molti non si renderebbero conto probabilmente del perché si sarebbe frettolosamente conclusa oggi la delimitazione lasciata in sospeso dal 1891 in poi. Alcune espressioni non chiare ministro parevano lasciare intendere che siffatte obbiezioni non venivano soltanto dai colleghi suoi più influenti nel Parlamento, e forse dal presidente del Consiglio, Bourgeois, ma anche dali' estero, dove il recente accordo francoinglese avrebbe sembrato essere sintomo di una nuova tendenza della politica francese. Messo alle strette il ministro escluse che vi fosse mutamento di intenzioni, o rifiuto di intendersi, o sospensione sine die di trattative, e si fermò invece in questa espressione: che egli personalmente vorrebbe trattare e concludere immediatamente, ma

invece per ora egli ha la facoltà di trattare ma non quella di concludere subito; questo indugio potrebbe tuttavia essere di non lunga durata. Alla principale abbiezione nascente dal fatto che l'opinione pubblica non comprenderebbe perché oggi si faccia con noi ciò che non fu fatto nel1891, replicai dicendo che, se lo si volesse qui, potremmo fare cosa diversa ed introdussi l'idea di uno scambio di territori che ci dia piede nella baia di Tagiura; lasciai intendere che questo scambio potrebbe essere accompagnato da un'intesa più larga per Tunisi e soggiunsi che se sempre qui si esitava ad affrontare certe opposizioni, le relazioni coll'Italia non farebbero mai un passo sul terreno pratico dei reciproci interessi e nessuna preparazione si otterrebbe per l'avvenire. Il ministro prese delle note sull'ultima parte di questa conversazione. Bisogna considerare che fin qui fra il ministro e me vi è stato solo uno scambio di idee dichiarato dalle due parti non impegnativo. Per certo, sulla condizione principale, cioè quella della rapidità del negoziato, non vi è da contare:*ciò dipende necessariamente dal doverci noi accertare della intenzione di questo Governo circa principale clausola del futuro trattato tunisino. Se il R. Governo avesse potuto accettare subito di sottoscrivere ad un impegno di massima simile a quello preso dall'Inghilterra, sopratutto poi avesse potuto precedere questa ultima nelle concessioni, negoziato avrebbe forse preso un diverso e migliore indirizzo. Ora noi potremmo certamente abbandonarlo non essendo nato alcun impegno dalle conversazioni da me qui avute; ma la situazione nostra in Mrica, le condizioni incerte dell'Europa, possono anche, a parer mio, consigliare invece la continuazione delle trattative. Dimostrare qui un malumore potrebbe nelle circostanze presenti avere per noi degli inconvenienti. Il corriere di Gabinetto partito iersera reca un mio rapporto 3 complementare di questo telegramma.*

791 1 Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 342-344. 2 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

792

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. SEGRETO 119/40. Berlino, 24 gennaio 1896 (per. il 27).

Mi riferisco ancora al telegramma di V.E. del 20 corrente1 . Il Gabinetto di Berlino non vede malvolentieri i nostri tentativi per concretare accordi coll'Inghilterra, ma nutre poca fiducia nel loro risultato e teme solo che noi o l'Austria Ungheria ci lasciamo sedurre da promesse e concessioni effimere, mentre esso apina che debbansi esigere impegni formali tali da assicurare vera, reale la cooperazione dell'Inghilterra alla politica dell'Italia e dell'Austria-Ungheria, le quali possono bensì seguire ma non precedere l'Inghilterra in Oriente. In questi giorni mi sono stati fatti dal barone Marschall e specialmente dal barone Holstein frequenti accenni all'importanza della Triplice Alleanza, ai vantaggi reali ch'essa assicura all'Italia; ai danni che a noi e all'Austria deriverebbero separandoci dalla Germania; al peso che le tre Potenze, od anche solo la Germania e

l'Italia strettamente unite, possono avere sui destini d'Europa; all'eventualità, già da me altra volta riferita, che in dati momenti per date questioni possa convenire alla Triplice di camminare d'accordo colla Russia e colla Francia. Di ciò V.E. sentirà senza dubbio l'eco nei discorsi del signor von Biilow (che deve avere avuto speciali istruzioni) sia alla Consulta che al palazzo Braschi. lo ne traggo la conseguenza che la Germania cerchi più che mai di tener salda la Triplice e preveda fin d'ora il caso, se l'Inghilterra persiste nella sua politica di isolamento di doverne portare il peso dalla parte della Russia. Tutto ciò finora non è naturalmente che adombrato e non prenderà forma, se forma dovrà prendere, che quando saranno decisamente conosciute le intenzioni dell'Inghilterra, che si spera sempre ancora di ricondurre ad un migliore apprezzamento dei suoi propri interessi nel senso di non inimicarsi per sempre la Germania e separarsi dalla Triplice. Per ora, e credo non andar errato, la Germania lavora e lavorerà:

l) a persuadere noi e l'Austria Ungheria di andar cauti verso le promesse dell'Inghilterra e di tenerci fermi alla Triplice Alleanza ch'essa considera come il baluardo contro cui dovrà infrangersi ogni pericolo di guerra;

2) a cercar di dimostrare all'Inghilterra l'interesse ch'essa ha a non allontanarsi dalla Triplice; 3) a dissipare a Pietroburgo le diffidenze che nelle sfere governative tuttora si nutrono talvolta contro le tendenze pacifiche della Triplice Alleanza.

A tale intento tendono, a mio parere, senza alcun dubbio: l) gli accenni di cui ho fatto parola in principio di questo rapporto, l'eco dei quali deve giungere eziandio a Roma per la via dell'ambasciatore tedesco; 2) i frequenti colloqui del conte Hatzfeldt con Salisbury di cui trovo menzione in un recente rapporto del generale Ferrero; 3) le lettere, menzionate dal marchese Maffei, dell'imperatore Guglielmo al giovane sovrano di tutte le Russie che Sua Maestà non crede tenuto, dai suoi consiglieri, al corrente del vero stato delle cose e verso il quale la Maestà Sua vorrebbe assumere -non so con qual risultato -la parte di mentore.

791 3 Cfr. n. 789. 792 1 Cfr. n. 778, nota 3.

793

COLLOQUIO FRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA 1

APPUNTO. [Roma,] 25 gennaio 1896, ore 16.

Sono le ore 16. Il conte Nigra viene a congedarsi prima di ritornare a Vienna.

Riprendiamo il discorso sul tema della Triplice Alleanza anglo-itala-austriaca.

Dissi, che andando a Vienna veda quel ministro degli affari esteri e lo assicuri del nostro desiderio, che uniti facessimo pratiche a Londra per rivedere gli accordi del

1887, esaminare quali modificazioni dovrebbero esservi fatte, renderne precisi le obbligazioni e gli scopi.

Nostro desiderio è, che non si muti lo statu-quo territoriale nella penisola balcanica. Vogliamo però che, ave qualche mutamento avvenga, ave un riparto si faccia dell'Impero turco, l'Italia debba aver la sua parte.

Il conte Nigra conviene in tutto ciò. Non crede ad un riparto, ed opina che, ove la Russia invada l'Anatolia, l'Inghilterra non si muoverebbe. Non crede alla notizia di un'alleanza turco-russa.

La posizione di Europa è difficile, tanto più pel contegno della Francia. La Francia, unendosi alla Russia, ha rinnegato la sua politica tradizionale in Oriente. La politica sua è politica di dispetto.

Napoleone I dissi io, discorrendo a Tilsit ed Erfurt, con Alessandro la ripartizione dell'Europa, concedeva alla Russia le provincie danubiane, ma rifiutavasi a darle Costantinopoli. Ignoro le idee della Repubblica e se è pronta a rinnegare il concetto del gran capitano.

Parlammo poscia del prossimo rinnovamento della Triplice coi due Imperi e noi. Dissi, che bisognerebbe rivedere il trattato e migliorarlo nel nostro interesse. Il conte conviene, ma dubita di riuscirvi. In ogni modo bisogna precisare quello che noi vogliamo. Risposi, che lo rileggerò, e saprò fargli conoscere i miei desiderii in proposito. Preciserò tutto ciò che io credo necessario aggiungere al trattato.

Concludiamo.

Il conte Nigra dovrà intendersi a Vienna su ciò che occorre precisare negli accordi del 1887; e poscia agiremo a Londra. Sul trattato della Triplice continentale tasterà il terreno. Durante il discorso ripetei al Nigra, che io non dubito di lord Salisbury. È vero,

ch'egli agì solo, facendo le sue proposte alla Russia; ma non fu a fin di male. Del resto, anche l'Austria aveva agito sola a Costantinopoli senza successo alcuno. I veri innocenti, quelli che non ci siamo mossi, siamo stati noi.

Quanto alla occupazione della Tripolitania, il conte ne previde le difficoltà. Osservai, che Salisbury al 1890 si era espresso a noi favorevolmente.

793 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi.

794

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 125 bis. Roma, 26 gennaio 1896, ore 15,10.

Ricevo suo rapporto 22 gennaio1 . Spedisco in proposito memoria particolareggiata. Intanto affrettami avvertire V.E. che, dato il secondo progetto, cioè la cessione parziale all'Italia dei possedimenti francesi, l'apprezzamento di V.E. è quello confor

me alla nostra disposizione di cedere, cioè, in cambio, alla Francia i nostri diritti su quella parte del Sultanato dei migiurtini che va da Bender Ziada alla sinistra del fiume Nogal che comprende quindi Alula e il capo Guardafui.

794 1 Cfr. n. 789.

795

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 178. Massaua, 26 gennaio 1896, ore 16,50 (per. ore 18,35).

Mai Megheltah, 26. Felter reca lettera 24 gennaio di Menelik per Sua Maestà nella quale dopo formalità dice: «Per dare prova fede cristiana, come era nostro desiderio, facemmo uscire con tutte loro robe accompagnati da ras Makonnen in buona salute, quelli che erano nel forte Enda Jesu, assetati, circondati, e quasi erano calpestati dai nostri piedi. Sarebbe bene ci facesse sapere quale persona desidera designare per trattare pace. Per me è anche utile terminare vertenza, destinando mio ambasciatore». In lettera a me, oltre darmi notizia della cosa, mi incarica telegrafare lettera a Sua Maestà. Felter ieri sera ore 18 lasciò colonna Galliano in buone condizioni, accompagnata da Makonnen ed Alula a 9 ore da qui sulla strada da Agula ad Haussien con armi e cannoni. Qualche informatore, partito ore 21 dalla stessa località, accenna forti complicazioni sorte nel campo scioano rispetto colonna Galliano. Faccio partire subito uomini a cavallo con lettera diretta ras Makonnen per constatare. Appena avrò ulteriori notizie telegraferò.

796

COLLOQUIO FRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E IL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO 1

APPUNTO. [Roma,] 27 gennaio 1896, ore 16.

Avendo invitato il Sonnino di venire al Braschi alle 16 ore, egli giunse all'ora stabilita.

Scopo dell'invito era di informare il Sonnino della posizione dell'Italia in Europa2•

Gli narrai, che al1887, per mezzo di scambio di note tra il Governo italiano, l'inglese e l'austriaco si era stabilita una Triplice marittima fra le tre Potenze. Esse s'impegnavano a mantenere lo status quo nel Mediterraneo, nell'Adriatico, nell'Egeo e nel Mar Nero. I tre Governi si obbligavano ad intendersi e procedere d'accordo al mantenimento dei possedimenti attuali.

La Triplice marittima, per la pace di Europa, era un complemento della Triplice territoriale. Dissi, che le intelligenze prese al1887 tra l'Italia, l'Inghilterra e l'Austria, lo furono con l'intesa di Bismarck.

Queste convenzioni sono un pegno di pace per l'Europa, ma non bisogna dimenticare che sono un peso pel nostro Paese.

La Triplice territoriale fu rinnovata al 1891 da Rudinì per 12 anni, con la condizione di poterla denunziare dopo scaduti 6 anni. La scadenza si avvicina, sarà quest'anno, e propriamente il 6 maggio. Dobbiamo denunziare il trattato, o mantenerlo? E mantenendolo, ci conviene rivederlo?

A queste interrogazioni le risposte sono facili, ma gravi.

Rinnovare la Triplice secondo il vecchio trattato è un danno; gioverebbe migliorame le condizioni. Per essere alleati con la Germania, abbiamo la nimicizia della Francia. Essa ci fa una guerra economica delle più crudeli, ed in tutte le quistioni internazionali la troviamo a noi avversa. È una guerra che ci vien fatta, senza essere aiutati dai nostri alleati, che dobbiamo sostenere soli.

Volendo denunziare il trattato della Triplice, susciteremmo le diffidenze dell'Austria e della Germania senza la speranza di acquistare l'amicizia della Francia. Ci vorrebbe anche di più: svincolandoci dall'Austria e dalla Germania, non potremmo fare una politica indipendente senza essere fortemente armati.

Posto così il dilemma, non possiamo liberarci della Triplice per ora. Il meno male è di mantenerla. Rinnovandola, è nostro interesse migliorarne le condizioni. Bisogna, che le due Potenze alleate si associno a noi in tutte le quistioni, nelle quali avremo la Francia nemica.

Il soldato [sic] ascoltò deferente e convenne nelle opinioni da me manifestate.

Un altro argomento di eguale importanza brevemente svolsi.

-Noi, come dissi, siamo legati con l'Austria e l'Inghilterra nelle quistioni che interessano il Mediterraneo ed i mari vicini. Con le stragi di Armenia ed i disordini in Costantinopoli, la quistione di Oriente accenna a risorgere; la guerra può da un momento all'altro scoppiare.

Abbiamo al momento una piccola flotta in Salonicco accanto alla inglese. Ma questa potrebbe non bastare, e forse saremmo obbligati a mandar delle truppe nella penisola balcanica, o nella vicina Asia. A ciò, siccome Mocenni ve ne ha parlato, abbiamo deciso di tenere in Napoli un deposito di truppe, da destinarsi a suo tempo in quei luoghi dove se ne sentirà il bisogno.

Il deposito a Napoli non susciterà sospetti, perché tutti sanno, che di truppe potremo aver di bisogno in Mrica.

Il Sonnino non fece abbiezione alcuna, anzi confermò, ch'egli è d'accordo col Mocenni. Osservò, che giova esser cauti, perché, ove tutto ciò fosse rivelato, potremmo aver la opposizione del collega Saracco.

Soggiunse, che aveva disposto le cose in modo, che il bilancio non ne risentirebbe alcun pregiudizio.

795 1 Ed. in LV 91, pp. 107-108, in LV 92, p. 218 e in LV 94, pp. 60-61 come diretto a Mocenni. 796 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi.

796 2 La versione di Sonnino del colloquio in S. SoNNINO, Diario 1866-1912, vol. I, a cura di B. F. Brown, Roma-Bari, Laterza, 1972, pp. 220-221.

797

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

T. 181 bis. Massaua, 27 gennaio 1896, ore 18,35 (per. ore 19,10).

Sospetto che, malgrado patto, vogliasi tenere colonnello Galliano ostaggio per trattative. Per prevenire fatto gravissimo crederei scrivere al negus nei termini seguenti: «Telegrafai a S.M. il Re contenuto sua lettera. S.M. il Re Umberto I contentissimo risoluzione Vostra Maestà ed animato desiderio pace, nomina per trattarla colonnello Valenzano, ecc.» 2• Naturalmente ciò non impegna per nulla perché condizioni chieste da scioani potrebbero sempre sembrare eccessive. Manderei Felter al negus con risposta che perciò è massima urgenza. Naturalmente trattative non sarebbero iniziate che dopo il ritorno colonnello Galliano.

798

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. RISERVATISSIMO URGENTE 1282 . Roma, 27 gennaio 1896, ore 21.

Conoscendo lo stato delle cose meglio che non lo conosca il Governo del re, VE. può scrivere in quel modo che crederà più conveniente a Menelik3; ma io non posso consigliare al nostro augusto sovrano una risposta personale dopo l'insolente lettera del negus 4 . V.E. vorrà quindi decidere ciò che riterrà più opportuno per la sicurezza di Galliano e per l'onore del Paese.

2 Per la risposta cfr. n. 798. 798 1 Ed. inLV91, pp. 108-109 e inLV92, p. 220.

2 Annotazione a margine di Levi: <<Insieme al presidente del Consiglio». Altra annotazione: <<Datane copia a S.E. Crispi per S.M. il Re. Copia a Sonnino 28-1-96>>.

3 Risponde al n. 797.

4 Cfr. n. 795.

797 1 Ed. inLV91, p. 108 e inLV92, p. 219.

799

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

Massaua, 28 gennaio 1896, ore 9,30 3.

Adagamus, 28. Pare che condizione cui principalmente teneva Menelik nel concedere uscita presidio Macallè sia quella della nomina plenipotenziario per trattare pace. Affinché trattative anche se destinate abortire abbiano apparenza lealtà mi occorre conoscere *quali siano nelle linee generali intendimenti Governo del re. Attendo pure ordini per caso Governo del re non intenda affatto trattare*. Guadagno qualche giorno ancora permetterà compiere arrivo Adagamus brigata Dabormida che comincerà 30 corrente 4 .

800

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI I

T. 128 bis2 . Roma, 28 gennaio 1896, ore 13,35.

*Allo stato delle operazioni militari e prima che l'Italia abbia riportato una vittoria sul nemico, il Governo del re non vede che si possa seriamente trattare ed ottenere condizioni utili e che assicurino la nostra posizione in Etiopia per l'avvenire.* Noi abbiamo bisogno di risolvere la quistione in modo che non si ripetano annualmente le ostilità e che ingerenze a noi avverse non possano più applicarsi a provocarle periodicamente. In base a questi concetti V.E. vorrà regolarsi nel modo più utile al raggiungimento dello scopo. Comunque invece di mandare un plenipotenziario a Menelik potrebbesi ora accettare proposta fatta anteriormente da Makonnen quando offrivasi venire in Adigrat per trattare.

7991 Ed. in LV 91, p. 109 e in LV 92, p. 221. Il passo fra asterischi è ed. anche in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 318.

2 Annotazione a margine: <<Guerra Crispi (per S.M. il Re)>>.

3 Manca l'indicazione dell'ora d'arrivo.

4 Per la risposta cfr. n. 800. 800 1 Ed. in L V 91, pp. 109-110, in LV 92, pp. 221-222 e, con data 26 gennaio, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 386. Il passo fra asterischi è ed. anche in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit.,

p. 318. 2 Sulla minuta annotazione di Blanc: <<D'accordo col presidente del Consiglio>>.

801

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 191. Massaua, 28 gennaio 1896, ore 19,15 (per. ore 21,45).

Adagamus, 28. *Urge risposta al dispaccio di ieri 2•* Makonnen scrive che per poter inviare battaglione Galliano Adagamus, urge presenza Felter; ritardo potrebbe far prevalere altra idea 3•

802

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. S.N. Roma, 28 gennaio 1896, ore 23.

In tutta la condotta del nemico io vedo un'insidia. Esso avanza senza combattere *né essere combattuto* verso il territorio da noi occupato. Sii vigilante mettendo il nostro esercito in posizione da poter attaccare e da poter rispondere all'attacco.

803

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. PRECEDENZA ASSOLUTA 131 bis2. Roma, 28 gennaio 1896, sera.

Già risposto 3 telegramma di ieri 4• V.E. può sempre valersi di Felter come crede più opportuno, senza bisogno di chiedere istruzioni.

Memorie d'Africa, cit., p. 299. 803 1 Ed. inLV91, p. 110 e inLV92, p.222.

2 Annotazioni a margine: <<Spedito dal Ministero dell'interno>>. <<Mandato alla guerra 28-1-96>>. <<Son

nino>>. Risponde al n. 801. 3 Cfr. n. 798. 4 Cfr. n. 797.

801 1 Ed., con l'omissione della frase fra asterischi, inLV91, p. 110 e inLV92, p. 222. 2 Cfr. n. 797. 3 Per la risposta cfr. n. 803.

802 1 Ed., con data 29 gennaio e l'omissione delle parole fra asterischi, in LV 92, p. 223 e in BARATIERI,

804

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

T. S.N. Roma, 28 gennaio 1896.

Quando per necessità o convenienza nostra o per il fatto di Menelik debbano venir abbandonate le trattative di pace, ritengo opportuno per la nostra situazione internazionale che l'impossibilità d'un accordo risulti essere derivata anche dalla nostra insistenza sugli impegni contro la schiavitù che nella Conferenza di Bruxelles Menelik ha assunto per mezzo dell'Italia come Potenza protettrice.

805

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 54/20. Cairo, 28 gennaio 1896 (per. il 5 febbraio).

Ebbi occasione di intrattenere Wingate bey, capo dell'Intelligence Department, sulle notizie riguardanti lo sceik senussi, il viaggio da questi fatto verso l'interno e la possibilità del pellegrinaggio alla Mecca, al quale accennavasi nel rapporto diretto all'E.V. il 14 novembre u.s. dal r. console in Tripoli1 .

Secondo le informazioni pervenute all'Intelligence Department, le ragioni per le quali il senussi sarebbesi deciso ad abbandonare Giarabub per Kufra sarebbero due: la prima quella di sottrarsi al pericolo vero o immaginario, ma del quale Io sceik sarebbesi seriamente preoccupato, di esser preso dai turchi: la seconda, quella di avvicinarsi alle regioni del Sahara meridionale ove egli conta numerosissimi affiliati, e specialmente al Wadai e al Darfur. La diffidenza verso i turchi verrebbe dal fatto che Abù Huda e gli altri sceik, i quali sono attualmente potentissimi presso il sultano, non solo divergono dalle opinioni religiose professate dai senussi, ma sarebbero accaniti nemici di questa setta. L'avvicinarsi alla regione del Sudan meridionale sarebbe spiegato dal desiderio di trovarsi più vicino ai paesi ora seriamente minacciati dali' espansione dei possedimenti francesi.

Wingate bey non crede possibile il pellegrinaggio del senussi alla Mecca, perché questi non si fiderebbe dei turchi tanto da consegnarsi nelle loro mani, e non trova nemmeno probabile il ritorno immediato in Giarabub.

La missione di Sadek bey2 avrebbe avuto lo scopo di assicurarsi che il senussi non aiuterebbe una occupazione straniera in Tripolitania, eventualità della quale i turchi si sarebbero molto preoccupati nello scorso autunno, come apparisce anche dal citato rapporto del r. console in Tripoli, per cui è naturale che essi abbiano cercato di rendersi amico il capo della setta potentissima nella Tripolitania e si siano affrettati ad avvertirlo del pericolo che, secondo essi, minacciava quel Paese musulmano di cadere nelle mani di una Nazione cristiana. Tale sarebbe stato l'unico scopo della missione inviata dal sultano.

Da tutto quanto mi disse il signor Wingate, capii esser sua opinione che per ora almeno il senussi continuerà l'attiva propaganda religiosa che da anni esercita in modo quasi clandestino, senza occuparsi, apparentemente almeno, di politica, osteggiando sempre ogni tentativo di civilizzazione, da qualunque Nazione esso venga fatto, ma senza contrarre alleanze vere coi turchi e nemmeno coi dervisci dei quali è nemico, sia per le differenze religiose che esistono fra lui ed essi, sia perché capisce perfettamente sarebbe grave errore l'associarsi ad un ordine di cose ormai in decadenza.

805 1 Non pubblicato.

806

IL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

L. PERSONALE. Roma, 29 gennaio 1896, ore 15.

Ti ringrazio pei telegrammi. Mi pare che ci facciamo canzonare laggiù a Adagamus. Baratieri forse si preoccupa ora troppo della salvezza della colonna Galliano, tanto da restare completamente paralizzato -e crede con le moine di riescire a smuovere Menelik.

La mia impressione è che da ora in là bisognerebbe parlare più alto, e mostrare un po' i denti. Perché non intima semplicemente e puramente a Menelik di rilasciare la colonna secondo i patti, facendone una condizione prima ed imprescindibile per entrare in qualsiasi altra trattativa, e dichiarando di renderlo davanti a Dio e agli uomini responsabile delle conseguenze, quali si siano. Un po' di minaccia, sia pure coi guanti, ci vuole. Senò, ci disprezzano, e quanto ad astuzia, ci possono fare da maestri. Da ora in là l'inerzia del nostro esercito diventa ridicola.

[P.S.] Ti ritorno due doppioni che mi hai mandato di due telegrammi.

806 1 Ed. in SoNNINO, Carteggio 1891-1913, cit., pp. 189-190.

805 2 Cfr. n. 379.

807

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI 1

T. 133. Roma, 29 gennaio 1896, ore 18.

Voglia telegrafarmi se fu emesso decreto presidenziale circa esportazione armi di cui al suo telegramma del 12 corrente 2 .

808

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 194. Cairo, 29 gennaio 1896, ore 18,40 (per. ore 18,30).

Giungono lettere autografe Mangascià per la regina d'Inghilterra e per ufficiali inglesi, chiedendo aiuto contro noi; messaggero Mangascià assicura Mangascià non riconosce autorità Menelik; concordemente con Tecla Aimanot deciso separarsi eventualmente Menelik. Cromer disposto uniformare sua condotta nostre intenzioni. Telegrafai governatore Massaua. Segue rapporto1 .

809

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 196. Parigi, 29 gennaio 1896, ore 20 (per. ore 21,35).

Ministro degli affari esteri, dopo di avermi detto ciò che riferii nel telegramma del dodici2 , mi ha confessato che la pubblicazione di un decreto che vieti l'esportazione dalla Francia incontrò opposizione nel Gabinetto, il quale stimò bastare mantenimento istruzioni vietanti transito ad Obock applicate nel caso del «Chandernagor». Decisione definitiva non è presa. Ministro degli affari esteri si dimostra incapace far valere sua volontà di fronte a qualcuno dei suoi colleghi. Oggi stesso gli ho detto che

2 Cfr. n. 737. Per la risposta di Tornielli cfr. n. 809. 808 1 Cfr. n. 812. Per la risposta di Blanc cfr. n. 813, nota 3. 809 1 Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in CR!SP!, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 356-357.

2 Cfr. n. 737. Il presente telegramma risponde al n. 807.

quel decreto fatto in tempo avrebbe dato all'opinione pubblica italiana un ben altro indirizzo. *Il divieto della esportazione diretta, astrazione fatta dal valore materiale, avrebbe prodotto un effetto morale considerevole.*

807 1 Ed. in CR!SPI, La prima guerra d'Africa, ci t., p. 356.

810

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 198. Parigi, 29 gennaio 1896, ore 20 (per. ore 21,35).

Da colloqui con ministro degli affari esteri risulta che: l) ministro delle colonie non sembra disposto ad uno scambio di territori; 2) per delimitazione si vorrebbe un hinterland di Obock più esteso verso città di Harar di quello segnato dalla linea che mette capo a Gildessa; 3) per trattato tunisino disposizione a concedere statu quo navigazione e pesca, trattamento doganale della Nazione più favorita, eccetto Francia. Altri punti non ancora esaminati. Fa ostacolo grave alle trattative ed a qualunque accordo l'impressione prodotta qui dalla campagna della stampa italiana contro la Francia per fatti che nei circoli ufficiali qui si qualificano calunniosi. È desiderabile che il sentimento pubblico dalle due parti si calmi e che si possa così più pacatamente considerare e risolvere questione di interesse reciproco. *Con Machiavelli2 ho esaminato in massima principali punti della questione. Riferirò prossimamente per posta.*

811

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 195. Massaua, 29 gennaio 1896, ore 21 2•

Segno ricevimento istruzioni Governo del re 3 . Non intesi mai fare serie trattative pace, pure mirando ottenere liberazione battaglione Galliano, persuaso poter completare concentramento nostre forze affinché mia azione sia più libera di svolgersi. *Sproporzione grandissima forze, avvedutezza nemico, sua organizzazione molto migliorata dal 1888, obbligano ogni massima prudenza per non compromettere esito finale, vigilando per trar profitto ogni suo errore.*

2 Machiavelli era stato invitato con T. 85 del 15 gennaio, non pubblicato, a recarsi segretamente a Parigi. 811 1 Ed. in LV 91, p. 112 e in LV 92, p. 224. Il passo fra asterischi è ed. anche in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 300.

2 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

3 Risponde ai nn. 798 e 800.

810 1 Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 344.

812

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

R. CONFIDENZIALE 55/21. Cairo, 29 gennaio 1896 (per. il6 febbraio).

Giunse ieri un abissino latore di tre lettere di Mangascià per la regina d'Inghilterra, il sirdar ed il governatore di Suachin. Lord Cromer mandò subito da me il colonnello Wingate ad avvertirmi e mi fece dare comunicazione di queste lettere, tutte e tre identiche. In esse Mangascià ricorda l'antica amicizia degli inglesi col padre suo, negus Giovanni, spera nel loro aiuto contro gli italiani e conclude scusandosi di non aver scritto prima perché le strade sono difficili. Il messo di Mangascià, persona di sua fiducia e che fu incaricato di completare a voce la missione affidatagli, lasciò il campo abissino dopo Amba Alagi, fatto al quale Mangascià non avrebbe preso parte perché rimasto al lago Ascianghi con Menelik, e, passando da Massaua incognito, giunse qui. Egli raccontò che Mangascià fu obbligato a rivolgersi a Menelik, suo malgrado, per avere aiuti, non potendo disporre di ugual numero di soldati né d'armi e munizioni, ma assicurò che mai lo riconobbe né mai lo riconoscerà per negus neghesti. Aggiunse che uguale condotta terranno sempre ras Oliè e Tecla Aimanot e che lo stesso Menelik riconosce in Mangascià un superiore e rimane in piedi dinanzi a lui. Secondo quest'abissino, appena vinti gli italiani, Mangascià si farà proclamare negus neghesti e spera nell'aiuto dell'Inghilterra contro Menelik, tanto più che avrà seco Tecla Aimanot.

Nel campo scioano oltre ad una grande abbondanza di fucili e di munizioni vi sarebbero parecchi cannoni e mitragliatrici, sotto gli ordini di un russo il quale sta istruendo nel maneggio di queste armi gl'indigeni. I francesi che accompagnano gli scioani sarebbero parecchi ma non ne sa il numero preciso. Essendogli stato detto che Menelik chiede la pace (cosa che egli ignorava) rispose non esserne meravigliato, ma che Menelik avrebbe trattato per sé, giacché diffida degli altri capi ed è di natura paurosa, ma qualunque cosa avesse concluso non sarebbe stato approvato dai ras, i quali continuerebbero la guerra per loro conto.

Lord Cromer, dal quale mi sono recato subito mi disse esser convinto che il Governo inglese uniformerà la sua condotta ai nostri desiderì e che sarà pronto a rispondere nel senso da noi chiesto, come aveva fatto l'anno scorso.

Conversando lungamente della situazione con Wingate bey (persona competentissima e che conosce bene quella gente per il lungo soggiorno fatto nel Mar Rosso e perché da molto tempo capo dello Intelligence Department) mi disse, come òpinione sua personale e facendo tutte le riserve perché egli non può parlare con completa conoscenza di causa ignorando le attuali trattative fra il generale Baratieri e Menelik, che sarebbe da studiarsi se il trattare con Mangascià, contro Menelik, non sarebbe più

proficuo per noi. Egli propende a credere che il primo di essi col prestigio dell'eredità paterna avrebbe un ascendente sulle popolazioni, conservatrici per natura loro, quindi desiderose di mantenere, almeno formalmente, l'antica costituzione.

Mangascià fatto negus invece di Menelik, che rimarrebbe confinato al sud o deposto, se vincolato a noi da un trattato efficace per le sue condizioni essenziali ma che rispettasse le apparenze presso gli indigeni, potrebbe crearsi, col nostro aiuto, un Regno sotto il suo dominio diretto, a sud del Tigrè e, pur essendo egli vassallo dell'Italia, di fatto, avrebbe sotto di sé gli altri ras che resterebbero sottoposti in realtà a noi perché il nuovo negus dovrebbe esser abilmente legato all'Italia per mezzo di consiglieri o residenti.

Questo vago progetto accennatomi dal signor Wingate in una conversazione famigliare ho creduto dover riferire all'E.V. sia per la competenza della persona da cui parte, sia perché so che egli stesso lo svolse a lord Cromer il quale credo non sarebbe alieno dal prestarsi a trattative di questo genere qualora il Governo italiano lo desiderasse.

Ho telegrafato brevemente quanto precede all'E.V. 2 ed al governatore dell'Eritrea giacché mi sembrava ciò potesse avere qualche influenza sulle trattative che, a quanto dicono i giornali, sarebbero in corso.

812 1 Ed. in LV 92, pp. 225-226.

813

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. 135. Roma, 30 gennaio 1896, ore 0,30.

Le lettere di ras Mangascià alla regina d'Inghilterra, di cui telegrafava a V.E. ed a me il r. agente al Cairo 2 , potrebbero offrire buon gioco a V.E., presso Menelik e Mangascià stesso e Tecla Aimanot. Intanto ho risposto al r. agente al Cairo 3 come segue: «Lord Cromer farebbe al Governo del re cosa gradita rispondendo a Mangascià in modo conforme a quello in cui S. M~ la Regina d'Inghilterra e il sirdar Kitchener pascià già risposero a consimili di lui lettere nel dicembre 1894 4, che, cioè, la miglior prova che il ras poteva dare della sua amicizia all'Inghilterra era quella d'intendersi coll'Italia, amica ed alleata di questa. Quelle lettere non furono allora inoltrate a destino, perché Mangascià ruppe intanto in aperta rivolta, ma potrebbero essere ora opportunamente ricordate nella risposta» 5 .

2 Cfr. n. 808.

3 Con T. 136, pari data.

4 Cfr. serie Il, vol. XXVI, n. 807.

5 Questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Londra con T. 137 dello stesso 30 gennaio.

812 2 Cfr. n. 808.

813 1 Ed. in LV91, pp. 113-114 e in LV92, p. 227.

814

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

L. PERSONALE. Roma, 30 gennaio 1896.

Sarebbe imprudente non provvedere sin da ora alle decisioni già da me invocate per le nomine di comandanti degli eserciti e per gli altri provvedimenti sia di rifornimento di materiale verso le Alpi, sia di truppa pronta non per l'Eritrea in Napoli. Se l'imperatore Guglielmo verrà a Genova il 15 febbrajo bisognerebbe che non sembrassimo ubbidire a consigli suoi.

Gli armamenti sono serii in Inghilterra ed in Germania. Le nomine di comandanti che possano verificare i proprii mezzi di azione in quanto a personale e materiale non potrebbero essere differite senza vera colpa, ed è dovere del ministro degli esteri insistere assolutamente per quelle nomine d'urgenza1 .

815

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 261/76. Vienna, 30 gennaio 1896 (per. il 3 febbraio).

Appena tornato in Vienna, mi recai dal conte Goluchowski e gli chiesi se aveva già ricevuto dal conte Deym qualche informazione sull'esito della missione, che gli aveva affidata, di scandagliare il marchese di Salisbury, circa l'utilità di rendere più efficaci e più precisi gli accordi del1887 tra l'Italia, l'Austria-Ungheria e l'Inghilterra, per gli affari d'Oriente. Egli mi rispose che finora non aveva ancora ricevuto dal conte Deym alcun rapporto in proposito, ma che lo aspettava. Mi disse poi che, fra le istruzioni date al conte Deym, c'era quella d'insistere perché il Gabinetto di Londra riconoscesse il principio del mantenimento dello status qua in Turchia e negli Stretti, e quindi si obbligasse ad agire risolutamente, sempreché quel principio fosse violato

o minacciato, cosicché, non solo la sua azione coincidesse eventualmente con quella delle Potenze concordi, cioè Italia e Austria-Ungheria, ma, come principale interessata, l'Inghilterra ne prendesse l'iniziativa, e assumesse il relativo impegno formale.

Il conte Goluchowski incaricò egualmente il conte Deym di attirare l'attenzione di lord Salisbury sulla Bulgaria e di dimostrargli come importi grandemente alla Gran Bretagna e alle Potenze che desiderano accordarsi con essa, che quel Principato, così importante per la sua posizione e per l'azione militare che può esercitare, non cada

sotto l'influenza esclusiva della Russia. È chiaro difatti che, specialmente nel caso in cui la Turchia si dichiarasse contro le Potenze alleate e l'Inghilterra, sarebbe di sommo vantaggio che queste potessero contare sul concorso della Bulgaria.

Il conte Goluchowski mi ha lasciato comprendere che egli sarebbe lieto se V.E., consentendo in questi concetti, inviasse istruzioni conformi al r. ambasciatore in Londra.

814 1 Annotazione a margine di Levi: «Ii presidente ci dichiara che si è provveduto».

816

IL MINISTRO DEL BRASILE A ROMA, REGIS DE OLIVEIRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

L. PERSONALE. Roma, 30 gennaio 1896.

Très reconnaissant pour le bienveillant accueil de V.E., je prends la liberté de lui répéter ce que j'ai eu l'honneur de dire de vive voix.

Très inquiet avec un télégramme que j'avais reçu de mon Gouvernement; n'ayant eu aucune réponse du chef de Cabinet de S.E. le ministre des affaires étrangères, lui méme malade et ne pouvant pas recevoir, j 'ai eu recours à V.E. e n me procurant en méme temps le bonheur d'une visite si longtemps désirée.

Le télégramme disait ceci: «Magliano a trouvé mes meilleures dispositions pour résoudre réclamations, mais il exige payement Caminada sans jugement arbitrai ayant instructions menacer rupture relations selon il a dit Nicossia. Restez prévenu en attendant des instructions. Informez ce que vous saurez. Ministro esterior».

Pour cette réclamation Caminada-Nicossia, comme V.E. aura vu parla copie de la note du baron Blanc que je lui ai laissée, le Gouvernement italien a demandé, formellement, l'arbitrage du président des Etats Unis d'Amérique. Plus tard le ministre De Martino a eu des instructions et presque la mission de demander à mon Gouvernement ce méme arbitrage pour la réclamation Caminada et les autres réclamations. Après quelques naturelles hésitations de mon Gouvernement sur ce mode de résoudre ces questions, il a accédé à la proposition du Gouvernement italien, voulant finir avec cette seule cause qui pourrait troubler les bonnes et cordiales relations qui doivent exister entre nos deux Pays.

Voilà ce que me disait le ministre des affaires étrangères dans sa dernière note de Rio le 7 décembre: « ... j'ai exposé les avantages d'un tribuna! collectif pour le jugement de certaines réclamations sans toutefois repousser l'idée d'un tribuna! singulier préféré par M. De Martino. C'est ce dernier avis qui a prévalu et je viens designer ad referendum du Gouvernement italien et du Congrès national, le protocole, joint par copie, par lequel toutes les réclamations seront soumises au jugement arbitrai du président des Etats Unis ou d'un autre tribunal si celui-ci n'accepte pas».

Après tout ceci, le télégramme que j'ai transcrit plus haut m'est parvenu comme un fulmine a ciel sereno et je ne veux pas croire que M. Magliano ai t des instructions pour menacer d'une rupture de relations sur sa demande comminatoire d'un payement en litige 2•

Espérant que VE. voudra m'excuser du temps que je lui prends ...

816 1 Da ACS, Carte Crispi.

817

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 204. Berlino, 31 gennaio 1896, ore 11,14 (per. ore 12,25).

S.M. l'Imperatore è venuto a vedermi stamane in persona casa mia esprimere sua soddisfazione arrivo truppe Galliano campo Baratieri e pregandomi trasmettere S.M. il Re e R. Governo felicitazioni e auguri pronta lieta fine guerra1 .

818

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACHIAVELLI, AL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAISSA

L. PERSONALE. Parigi, 31 gennaio 1896 (per. il5 febbraio).

Scrivo a lei, ma potrà, se lo crede opportuno, comunicare la mia lettera a S.E. il barone Blanc.

Dopo lunghe conversazioni col conte Tornielli, ritengo di non aver più nulla a dire e che la mia presenza sarebbe più utile a Tunisi che a Parigi anche in vista dei negoziati per cui pendono preliminari trattative ufficiose; accorrerebbero infatti indagini sul luogo per poter fare proposte concrete riguardo ai dazi su quelle merci italiane cui si desidera assicurare uno speciale trattamento, che è cosa di capitale importanza, potendone dipendere che i nostri prodotti e specialmente i vini siano o no banditi dalla Reggenza.

Com'avevo preveduto nei miei rapporti, la Francia si mostra arrendevole per quanto riguarda navigazione e pesca, non avendo ora interesse di fare il contrario; ma vorrebbe limitare a soli 10 anni, che mi paiono termine troppo breve, l'obbligo di mantenere in questa parte lo statu quo. Se si potesse ottenere che il trattato avesse più lunga durata e fosse garantito un equo trattamento ai nostri principali articoli d'im

817 1 Annotazione a margine: <<Casa Reale, guerra 31.1.96 per posta a Massaua>>.

portazione in Tunisia, ci si potrebbe ritenere soddisfatti, almeno relativamente, per quanto riguarda la parte materiale ed economica.

Propendo a credere che non debba essere molto difficile di aver causa vinta su questi due punti che sono poca cosa di fronte al grand'interesse che la Francia mostra di annettere al riconoscimento del protettorato da parte nostra ed agli effetti di concordia d'animi che se ne ripromette a Tunisi dove l'opposizione italiana è un inciampo più grave che non sembri, giudicando a distanza.

Sarà invece più difficile, da quanto mi ha detto il conte Tornielli ed in corrispondenza a questo stesso ordine d'idee, di conseguire che la Francia s'impegni a non estendere alla Tunisia la legge sulla cittadinanza dei figli di stranieri nati sul territorio della Repubblica. Un impegno di questo genere avrebbe servito a mantenere l'italianità giuridica della colonia nostra, come le scuole ed altre istituzioni dovrebbero contribuire a tenere quest'italianità viva moralmente.

Se dobbiamo fare concessioni a Tunisi in corrispettivo d'altre in punti dove siano in giuoco nostri interessi maggiori o più pressanti, bisogna piegare il capo senza guardare troppo pel sottile; ma, in caso diverso, sarebbe, io credo, il caso di non aver troppa fretta e di stare un po' (non troppo naturalmente) sul tirato come mezzo di conseguire patti migliori.

Se il ministero lo ravviserà opportuno, passerò, nel ritornare a Tunisi, per Roma e spiegherò meglio a voce i concetti che ho qui esposto sommariamente.

P.S. La legge del mese di luglio 1890 contiene disposizioni mercé le quali la Francia si è premunita contro il pericolo che nostri prodotti agricoli penetrino nel suo territorio per la via di Tunisi ed all'ombra della franchigia di cui godono i prodotti della Reggenza.

816 2 Per le istruzioni a Magliano cfr. n. 447.

819

COLLOQUIO FRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E IL PROFESSOR KRAUS 1

APPUNTO. [Roma,]1° febbraio 1896, ore 15,30.

Visita del dottor Kraus.

Il dottor Kraus ha la figura di un ·ministro protestante.

Egli viene a discorrere della possibilità di un prossimo conclave, e della necessità di un accordo fra le due Monarchie tedesche con l'Italia. Le sue apprensioni sono in caso che le Potenze vorranno esercitare il veto nella elezione del nuovo pontefice.

Osservai che, dopo il 1870, i cardinali ritengono, che il veto sia stato abolito. Il primo esempio fu dato al1878 con l'elezione di Leone XIII.

-Io non ho bisogno di ricordare a lei l'origine di questo privilegio. Esso fu esclusivo per l'Austria, la Spagna e la Francia. Allora non vi era il Regno d'Italia, il quale è il più interessato di tutti, e contro il quale il veto potrebbe essere esercitato.

-E giusto per questo le tre Potenze alleate dovrebbero preoccuparsene.

-È un argomento troppo delicato. L'Austria dovrebbe prendere l'iniziativa di una rinunzia a cotesto diritto, ed il Governo tedesco dovrebbe agire in questo senso a Vi enna.

-So, che in Vaticano è una corrente contraria all'esercizio del veto. Vi è però, fra i cardinali, un partito favorevole alla Francia, e che mira a recare innanzi un candidato al pontificato che possa seguire una politica ispirata agli interessi francesi.

-È possibile, e ad impedirlo gioverebbe lavorare, perché i cardinali tedeschi, austriaci ed italiani si associno per combattere il partito francese. È necessario per la pace di Europa.

A noi italiani l'opera riuscirebbe più difficile.

Comunque, siamo pronti ad intenderei con Vienna e Berlino.

-Son lieto di cotesti sentimenti, e scriverò in conseguenza a Berlino.

819 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi.

820

COLLOQUIO FRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E IL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO 1

APPUNTO. [Roma,] l° febbraio 1896, ore 16,30.

Il ministro Sonnino, chiamato da me, giunge al Braschi.

Lo informo delle condizioni politiche, nelle quali versa l'Europa e dei pericoli che corre la pace pei disordini in Turchia. Necessità quindi di occuparsi dei bilanci militari.

-Per restaurare le finanze dello Stato, noi abbiamo obbligato i ministri Mocenni e Morin a fare economie; e le hanno fatte. Non avete dimenticato, che io vi consentii malvolentieri. Oggi però, che abbiamo ottenuto il pareggio, e che si nota un miglioramento nelle pubbliche entrate, bisogna prepararsi alla difesa dello Stato. Se scoppiasse la guerra, l'Italia non potrebbe disinteressarsene.

-Ella ha ragione; ma non dobbiamo pentirei della nostra severità. Se non avessimo ceduto, la Camera ci avrebbe obbligato a fare maggiori economie. -Va bene! Ma ora punto, e basta. La mia responsabilità è grave, e voi non potete disinteressarvene.

-Boselli studia alcuni provvedimenti, che non faranno gridare, e che ci daranno un'ulteriore entrata di 15 a 20 milioni.

-Mi affido a voi!

Parlerò anche con Mocenni 2•

820 1 Da Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi.

821

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI 1

D. RISERVATISSIMO 4299/109. Roma, l° febbraio 1896.

Mi riferisco al suo telegramma del 29 gennaio 2 .

Quanto ella mi dice circa all'esito delle conversazioni confidenziali avute con codesto ministro degli affari esteri circa alle questioni di Tunisi e della delimitazione franco-italiana nell' Mrica orientale, non mi sorprende.

Si verifica ancora una volta, infatti, quanto è già replicatamente avvenuto in tutta la generica e complessa questione dei rapporti italo-francesi. Il Governo del re non ha mai trascurato occasioni di migliorare quei rapporti sopra basi pratiche e concrete; esso ha dimostrato sempre la miglior volontà nel risolvere ogni vertenza in corso fra i due Paesi. Da parte della Francia si è mostrato replicatamente da principio qualche vaga intenzione di secondarci; ma, appena l'atteggiamento conciliante del Governo del re dimostrava che accordi sarebbero stati possibili, il Gabinetto di Parigi assumeva tosto un contegno così negativo, da rendere vana ogni nostra buona disposizione.

Così è avvenuto anche nel caso attuale. Il Governo del re ha infatti colto al volo le dichiarazioni amichevoli fatte a V.E. da codesto ministro degli affari esteri e dal presidente della Repubblica a proposito del fatto d'Amba-Alagi, per mostrare la sua fiducia nella sincerità dei sentimenti della Francia, e proporre il modo di affermarli col fatto a vantaggio reciproco delle relazioni di buon vicinato, anche coloniale dei due Paesi. Esso ha aperto per ciò tutte le vie, ha offerto al Governo francese le condizioni più accettabili, consentendo a dirittura in massima a ciò che più premeva a codesto Governo; lo ha messo in grado di rispondere vittoriosamente, mediante il proposto scambio di territori, a tutte le obiezioni dei più avversi ai buoni rapporti franco-italiani. E quando codesto Governo non aveva a chiederci ragionevolmente nulla più di quanto abbiamo consentito, il risultato dei colloqui di V.E. con codesto ministro degli affari esteri viene a dimostrare ancora una volta che ogni intesa è impossibile, perché non voluta dalla Francia.

821 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 344-347 e in traduzione tedesca in GP, 11, cit., n. 2817.

2 Cfr. n. 810.

Né soltanto vien meno ogni possibilità di accordi; ma il Governo francese non si perita di mancare verso di noi a quelle leggi ed a quei patti internazionali alla cui osservanza è impegnato ed i cui doveri sono stati tuttavia riconosciuti dal signor Berthelot, come risulta dal rapporto di V.E. del 7 gennaio 3• Quando infatti il Gabinetto di Parigi decide di non emanare un decreto che vieti l'esportazione dalla Francia per l'Etiopia delle armi e munizioni da guerra, nell'attuale stato delle cose, vien meno alle disposizioni dell'Atto generale della Conferenza di Bruxelles a cui pure il Governo francese ha apposto la sua firma. Né, sapendo come abbiamo potuto constatare le infrazioni perpetrate sin qui alle relative istruzioni che dichiarò aver dato ad Obock, esso può credere che ci basti il mantenimento di quelle istruzioni, sieno pur state in qualche caso applicate.

Non solo dunque codesto Governo persiste a voler tenere i rapporti franco-italiani sopra un terreno di latente ostilità, ma rifiuta anche d'impegnarsi ad impedire che quella ostilità diventi palese ed effettiva, se non da parte sua direttamente, da parte almeno di nazionali suoi.

Dopo ciò, se pure può non sembrare giustificato, e se pure non è opportuno, il linguaggio di certi giornali italiani, sui quali, del resto, il Governo del re non ha potere alcuno, e che non fanno d'altro lato che rispondere a consimile linguaggio di giornali francesi, anche i più autorevoli, non può darsi al contegno della stampa italiana né colpa né importanza positiva. Come ho già avuto replicata occasione di osservare a V.E., i Governi che non sanno rendersi superiori alle false tendenze della pubblica opinione, più o meno ingenua e disinteressata, non provvedono alla tutela dei veri interessi loro affidati. Il Governo del re ha coscienza di non essersi mai lasciato trascinare dalle tendenze forse eccessive di qualche organo della stampa italiana, ed ha sempre proceduto serenamente nella linea di condotta conciliante adottata sin da quando aboliva le tariffe differenziali contro la Francia e faceva intendere di essere disposto a risolvere ogni questione pendente.

Non sembra, stando al linguaggio stesso che fu tenuto a V.E., che codesto Governo -dato pure sia animato da buona volontà -possegga, oggi più di prima l'autorità necessaria ad imporsi alla corrente avversa ai buoni rapporti coll'Italia.

In questa condizione di cose, non ci rimane che da serbare impregiudicate le gravi questioni che noi non possiamo risolvere da soli, lasciando al tempo ed alle circostanze di offrire opportuni mezzi di soluzione.

Senza dunque rompere apertamente il negoziato ufficioso, e, pur mostrandosi disposto a conferirne con codesto ministro degli affari esteri, quando questi creda di ritentare l'argomento, V. E. vorrà far sì che nessun impegno esca dai suoi colloqui come preso dal Governo del re, anche solo ufficiosamente, nella questione di Tunisi come in quella della delimitazione; poiché risulta dai suoi colloqui col signor Berthelot che alle concessioni importantissime da noi già preannunciate in massima per la questione di Tunisi, non rispondevano da parte di codesto Governo che esigenze, anche maggiori di quelle del 1891 nella questione dell'Africa orientale.

820 2 Cfr. in SoNNINO, Diario, cit., sotto la stessa data, l'accenno a questo colloquio.

821 3 Non pubblicato.

822

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CIFRATO RISERVATO 196/62. Sofia, 1° febbraio 1896 (per. il 6).

Il principe Ferdinando è ritornato a Sofia questa mattina alle 10 antimeridiane. Sembra fosse di pessimo umore per le pressioni del Governo relativamente al battesimo; ma non si parla ancora di dimissioni ministeriali. I prefetti lasciarono credere a Filippopoli, a Rusciuk ed in altri centri importanti che la cerimonia si compirebbe prossimamente, e centinaia di telegrammi di felicitazioni pervennero al signor Stoiloff. Questa agitazione, per quanto sia artificiale, la riluttanza dei ministri attuali a lasciare il potere, la mancanza d'un uomo dell'energia del compianto Stambuloff, fanno temere che l'incertezza e la titubanza mostrata negli ultimi mesi dal principe Ferdinando possa prolungarsi a vantaggio esclusivo dei maneggi franco-russi, che non mancherebbero di approfittarne.

Davanti a tale situazione, a me pare deplorevole l'attitudine completamente passiva dell'Italia, dell'Austria-Ungheria e dell'Inghilterra, che lasciano libero il campo agli intrighi dei loro avversari e non cercano con promesse di riconoscimento formale e di vantaggiose eventuali alleanze di distaccare il principe Ferdinando dai suoi funesti consiglieri. La ragione sola del nostro contegno è il desiderio di non urtare le suscettibilità della Russia, ma sarebbe vana illusione di ritenere che una simile debolezza riesca ad assicurare la pace generale ed a rendere meno difficili i nostri rapporti con quella Potenza.

823

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO 1

T. RISERVATO 146. Roma, 2 febbraio 1896, ore 14.

Residente locale inglese a Zeila ha assicurato Nerazzini che la cessione di ancoraggio Dongareta non incontrerebbe stesse difficoltà che cessione Zeila 2• Nerazzini, dopo aver visitato quella località, recherassi Aden scandagliare quelle autorità. Forse non sarebbe inutile, ad onta tenore nota lord Salisbury 3 , che escluderebbe cessione qualsiasi punto protettorato britannico del golfo di Aden, che V.E. accennasse a Don

2 T. 175 del 25 gennaio, non pubblicato.

3 Cfr. n. 692, nota 3.

gareta, magari con Chamberlain, il quale potrebbe influire sopra Salisbury. Dichiarazioni pubbliche fatte da Chamberlain al banchetto del 21 corrente sulla solidarietà itala-inglese in Africa, e a cui i fatti contraddissero sin qui, giustificherebbero pienamente passo di V.E.

823 1 Ed. inLV92, p. 310.

824

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 1502 . Roma, 2 febbraio 1896, ore 23,20.

Ti raccomando vivamente anche personalmente quanto ti ho telegrafato circa Dongareta3 . Non vorrei si sospettasse qui che non abbiamo fatto diplomaticamente tutto il possibile per aprire porta sul mare al sud, e che siamo stati trattenuti da idee preconcette sulla inopportunità militare di altre attuali spedizioni. È questione di vita

o morte per l'avvenire della Colonia avere l'accesso per mare all'Harar; altrimenti non vi sarà il protettorato sul quale è in giuoco tutta la nostra posizione internazionale.

825

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

D. GAB. SEGRETO 2. Roma, 2 febbraio 1896.

In occasione del breve soggiorno fatto a Roma dal conte Nigra, venne chiarito, anche col barone Pasetti\ che il Governo austro-ungherese non insiste a considerare la riservatezza della Germania negli affari d'Oriente quale ostacolo alle pratiche intelligenze che si possano stabilire coll'Inghilterra per l'attuazione dell'accordo del1887; e che i Gabinetti di Roma e di Vienna, trovandosi nella stessa situazione di fronte alle tendenze dell'Inghilterra di sagrificare gli interessi che essa ha comuni con noi a transazioni colla Francia e la Russia per interessi suoi a noi estranei, sono mossi da un sincero desiderio di fare quanto da loro dipende per stringere impegni più sicuri coll'Inghilterra per mezzo dei passi presentemente affidati agli ambasciatori d'Italia e d'Austria-Ungheria a Londra.

2 Minuta autografa.

3 Cfr. n. 823. 825 1 Blanc aveva messo al corrente Biilow delle conversazioni romane di Nigra con lui, Crispi e Pasetti. Biilow ne aveva riferito al suo Governo con rapporto del 27 gennaio, ed. in GP, 11, cit., n. 2662.

Il Governo del re, che notoriamente ha sofferto più dei suoi alleati della situazione creata dall'alleanza, giacché è rimasto indifeso nella pace verso le imprese francesi e russe, si è esposto a rimproveri di eccessiva abnegazione, nel compito di facilitare effettive intelligenze fra l'Inghilterra e gli Imperi centrali; ha sopportato l'estensione, da essi e dall'Inghilterra consentita, dell'impero africano della Francia negli hinterland mediterranei, nonché l'esclusione delle influenze occidentali dalle acque ottomane a beneficio della Russia; ed ha voluto considerare i propri interessi coloniali come base di fatto per leali cooperazioni italo-inglesi. Così avevamo stabilito in buona fede nelle quistioni di Cassala e dell'Harar una comunanza d'interessi di fatto che doveva, secondo noi, essere pratica base d'una generale comunanza di politica anche nelle cose del Mediterraneo sulle quali non sono prive d'influenza le questioni dell'alto Nilo; ed il Governo del re andò fino a dichiarare in Parlamento di considerare come errore da non rinnovarsi l'astensione in cui rimase l'Italia nel1878 e nel1882 verso l'azione anche isolata dell'Inghilterra.

Ma, quando la nostra fedeltà al concetto delle solidarietà generali dell'Italia coll'Inghilterra indusse Francia e Russia ad incoraggiare apertamente la ribellione abissina, l'Inghilterra ci abbandonò a favore della Francia. Lord Salisbury, dopo averci dato la facoltà teorica di passaggio per Zeila, ha receduto dalla posizione presa verso di noi dai suoi predecessori nella quistione dell'Harar ed ha conceduto alla Francia che il rendere effettivo il nostro protettorato di diritto sull'Harar fosse un mutamento di status dell'Harar stesso tale da dipendere dal consenso della Francia. Con ciò la sognata solidarietà italo-inglese risultò rinnegata dall'Inghilterra; la Francia ebbe motivo di ritenere sconfessato virtualmente dall'Inghilterra lo stesso nostro protettorato di diritto; la difesa della Colonia, rimasta attualmente per noi un'imprescindibile necessità, si aggravò fino a richiedere una lunga e grossa guerra, che ci costringerà a considerare secondari gli avvenimenti che possono succedere in Oriente. La nostra impresa coloniale, le cui difficoltà non potevano aver soluzione finale che nell'Harar, fu colpita nelle sue condizioni essenziali di vitalità e l'esperienza ripetutamente fatta che l 'Inghilterra sagrifica in ogni occasione alla Francia anche gli interessi più essenziali dell'Italia, ·non potrebbe più dalla Nazione italiana essere persa di vista nel caso in cui si presentasse di nuovo l'occasione di una cooperazione itala-inglese in Oriente, inammissibile dopo tutto ciò, se non ci verranno date maggiori guarentigie.

Non possiamo dissimularcelo: il recente accordo anglo-francese potrebbe avere per conseguenza di disinteressare l'Italia in Oriente dai progressi della Russia, la quale, in questo momento, ci comunica cortesemente proposte fatte dall'Inghilterra a Pietroburgo, e non partecipate dal Gabinetto britannico a noi né all'Austria-Ungheria; e di limitare i nostri attuali obbiettivi ad una guerra ad ogni costo in Abissinia, declinando la responsabilità della condizione in cui furono lasciati gli interessi che più importavano all'Inghilterra e a noi nel Mediterraneo.

Da quanto precede emerge la importanza decisiva per noi del risultato qualsiasi che possano avere i negoziati ora intavolati a Londra; quando quel risultato sia negativo, noi, ritenendo inalterabile la base di comune difesa stabilita fra le tre Potenze alleate per il caso di guerra, dovremo provvedere agli interessi vitali dell'Italia nella pace, e procederemo ad uno scambio d'intelligenze supplementari coi due Imperi centrali per una nuova orientazione della Triplice Alleanza, acciocché fra i nostri interessi in Oriente, cui è estranea la Germania, ed i nostri interessi in Africa, cui è estranea l'Austria-Ungheria, non manchi quel nesso che si era trovato negli accordi del 1887 e che risultò annullato dalla persistenza dell'Inghilterra a non dare alcun pratico seguito agli accordi medesimi.

Voglia, signor ambasciatore, esporre schiettamente a lord Salisbury la posizione nella quale l'Inghilterra ci ha posti in Mrica e in Oriente, e fare appello alla sua lealtà perché, nel momento in cui l'Italia e l'Austria-Ungheria aspettano una sua risoluzione circa gli accordi dell'87, ben voglia chiarire i suoi intendimenti, affinché siano tolti, anche per le cose d'Oriente, gli equivoci dei quali la nostra fiducia fu vittima nelle cose d'Mrica2 .

824 1 Ed.inLV92,p.311.

826

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. GAB. SEGRETO 3. Roma, 2 febbraio 1896.

Mi riferisco al suo rapporto del 24 gennaio1 .

Come V.E. vedrà dal dispaccio che dirigo oggi stesso al r. ambasciatore in Londra 2 , il Governo del re procede nei suoi tentativi per concretare gli accordi coll'Inghilterra senza soverchie illusioni, e perché vuole fino all'ultimo serbar fede al còmpito che si è imposto di servire quale anello di congiunzione fra l'Inghilterra e la Triplice Alleanza.

Esso non si dissimula le incertezze e neppure, dirò, le variazioni della politica britannica, la quale innegabilmente ha potuto suscitare impressioni e prestarsi a commenti sfavorevoli, specialmente dopo il ritorno al potere di lord Salisbury, verso il quale si era manifestata anche a Berlino una speciale fiducia.

Ma non tanto per ciò, quanto perché esso ha sempre mirato anzitutto a contribuire da parte sua al mantenimento della pace, il Governo del re ha cercato non solo di togliere ogni asprezza ai suoi rapporti con la Russia e con la Francia; bensì ha fatto quanto era in esso per lasciar comprendere così a Pietroburgo come a Parigi che pure serbando completa fede alle sue alleanze ed alle sue amicizie, esso non sarebbe stato più alieno che non siasi dimostrata la Germania dal venire anche con Russia e Francia ad accordi concreti sopra speciali quistioni interessanti i tre Stati.

Così, da parte nostra, si è mostrato ufficialmente di non dare importanza di sorta agli appoggi morali e anche materiali prestati in Russia a Menelik, col consenso se non pure colla partecipazione, del Governo imperiale, e si è voluto prendere atto delle dichiarazioni, in aperto contrasto coi fatti, della cancelleria russa in proposito.

Così non abbiamo lasciato sfuggire occasione per far comprendere al Governo francese che eravamo desiderosi di definire tutte le questioni aperte tra Francia e Italia, da quella commerciale ali' altra della delimitazione n eli' Mrica orientale, non escludendo neppure la questione di Tunisi.

Richiamo in proposito l'attenzione dell'E. V. sopra gli annessi documentP, di cui l'autorizzo a valersi liberamente con codesto Governo. Com'ella vedrà, risulta da quei

2 Cfr. n. 825.

3 I documenti annessi erano i nn. 607, 618, 620, 622, 627, 635, 648, 713, 720, 725, 736, 737, 738, 744, 747, 757, nota 8, 773, 776, 791, 807, 809, 810 e 821. Era pure annesso un dispaccio del 29 gennaio, non pubblicato.

documenti che non avremmo potuto seguire in modo più esplicito il pensiero espressole replicatamente in proposito dal barone Holstein e dal barone Marschall. Il Governo imperiale potrà da quei documenti convincersi che la nostra migliore volontà ha dovuto infrangersi contro una volontà assolutamente opposta del Governo francese.

Con telegramma del 31 dicembre\ V.E. ha creduto di potermi assicurare che «a Parigi non è ignorato l'interessamento della Germania alle nostre difficoltà in Abissinia»; ma il contegno della Francia dimostra chiaramente che essa si ritiene autorizzata a non dar troppo peso a quell'interessamento.

Quelle difficoltà, come risulta dai documenti che a più riprese ho comunicato a

V.E. e che non sono ignoti al Governo imperiale, sono state in larga misura provocate dalla Francia; e quanto è ora avvenuto di fronte al nostro tentativo di riprendere e concludere il negoziato del '91 per la delimitazione, offrendo anche al Governo di Parigi il modo di rispondere a tutte le obiezioni parlamentari, mediante un conveniente scambio di territori, e inducendoci anche a concessioni di alta importanza politica nella questione di Tunisi, dimostra che da esso non si vuol punto cessare dallo suscitarci tali difficoltà, che hanno per ciò assunto le proporzioni di una vera e propria guerra.

Vengono dunque singolarmente diminuiti e compromessi per noi quei benefici della pace che ci dovrebbero essere guarentiti dalla Triplice Alleanza.

E poiché ciò succede, non solo senza che da noi siasi dato il menomo pretesto al Governo francese, ma dopo che ci siamo associati al pensiero del Governo imperiale e abbiamo cercato di tradurlo in atto, proponendo al Gabinetto di Parigi di venire ad accordi sulle più importanti quistioni riguardanti i due Paesi, V.E. vorrà cercare di conoscere sopra tale situazione così dannosa e pericolosa per noi, il pensiero, oltre che del barone Holstein e del barone Marschall, anche del cancelliere dell'Impero, e, possibilmente, di S.M. l'Imperatore 5•

825 2 Non risulta risposta diretta a questo dispaccio. Cfr. tuttavia il n. 845.

826 1 Cfr. n. 792.

827

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 411/109. Parigi, 2 febbraio 1896 (per. il 4).

È ritenuta giustamente cosa incauta il dar posto nei carteggi diplomatici alle congetture che si possono fare tenendo conto dei sintomi che si manifestano in certe situazioni. Ma è pur mestieri riconoscere che le prove e la evidenza dei fatti si hanno spesse volte, soltanto quando la previsione non assicura più alcun beneficio. Ed io accingendomi a riferire a V.E. semplici congetture mie, debbo anche aggiungere che le parole velate sulle quali esse si fondano e che raccolsi nelle conversazioni con questi ministri, non possono essere da me valutate alla giusta loro importanza, attesa la scarsa esperienza di affari internazionali che è caratteristica del presente Gabinetto francese.

Fatta ancor questa riserva, io debbo dire a V.E. che questo Governo sembra in attesa di qualche grosso avvenimento destinato a mutare sensibilmente la situazione politica generale dell'Europa. A scadenza di pochi mesi, dicevami nei primi giorni di gennaio il signor Berthelot, le posizioni rispettive degli Stati potrebbero subire tali mutamenti da cambiare sostanzialmente l'ambiente nel quale le trattative delle singole questioni si dovrebbero svolgere. D'onde venisse in lui questa supposizione io non riuscii fin qui a scoprire. Ma seppi che il linguaggio suo con altri e quello di alcuni suoi colleghi aveano sembrato inspirati da questa aspettazione di un prossimo grande avvenimento.

La mia attenzione si rivolse pertanto ad esplorare quale questo potesse ben essere, o da qual parte almeno esso fosse aspettato.

Per parecchio tempo si ebbero qui serie apprensioni relativamente alla questione di Armenia collegata con le altre che racchiude la precaria situazione dell'Impero ottomano. Si affidava il Gabinetto francese precedente nelle dichiarazioni del principe Lobanow che la Russia non ha tendenza espansiva verso il Mediterraneo. Né di quelle dichiarazioni mi sono avveduto che qui per ora si sia disposti a tenere minor conto. Non sarebbe in ogni ipotesi in quella direzione che i ministri presenti della Repubblica sembrerebbero inclinati a vedere prossima probabilità di mutamenti.

Da qualche tempo invece si è fatto attivissimo il lavoro del barone de Courcel, l'abile diplomatico che rappresenta la Francia a Londra. Egli deve aver veduto che nel disgregamento prodottosi nelle relazioni fra l'Inghilterra e la Germania e nella esplosione di animosità e rivalità fra quelle due Nazioni, vi era una circostanza della quale la Francia poteva e doveva profittare. Il signor de Courcel è tal uomo da condurre l'attuale Governo di Parigi piuttosto che da subirne la direzione. Nell'affare del Siam di cui le linee generali erano già state intese mentre era ministro il signor Hanotaux, l'anima del negoziato fu l'ambasciatore di Francia a Londra ed a lui è dovuta l'appiccicatura dell'articolo a noi tanto dannoso che strappò al Gabinetto di Londra così intempestivamente la concessione di massima di trattare con la Francia la nuova convenzione commerciale con la Tunisia. Io suppongo che l'attività del de Courcel debba essere presentemente rivolta a trovare un componimento per la situazione dell'Egitto e suppongo pure che egli debba aver infuso qui la fiducia di potere riuscire ad attrarre l'Inghilterra in una intesa cordiale con la Francia. Se le notizie assai vaghe, che nelle ultime settimane ho potuto raccogliere, fossero esatte, dovrei ritenere che qui si accontenterebbero di accordi analoghi a quelli consentiti al Governo britannico nella convenzione Drummond Wolff. La tendenza qui sarebbe di avviare la questione egiziana ad uno scioglimento che in futuro convertisse il bacino inferiore del Nilo in una grande via neutrale alla quale metterebbero capo i possedimenti dei vari Stati europei che già sono in contatto o che sono vicini ad esserlo con la regione che costituì il Sudan egiziano. L'Italia vi accederebbe essa pure dalla parte orientale. Ma checché ne sia di questo e di altri concetti ipotetici, al presente ciò che più importa notare è la tendenza marcata di facilitare all'Inghilterra la risoluzione delle quistioni che in passato inasprivano i suoi rapporti con la Francia. Se sovra questa tendenza si fondi l'aspettativa del signor Berthelot nella previsione di un vicino mutamento nella posizione dei varii grandi Stati di Europa, non potrei dire con certezza; ma questa tendenza è ad ogni modo tal cosa che merita tutta la nostra attenzione. Siccome poi questa tendenza mira necessariamente a profittare del dissidio anglo-tedesco allo scopo ultimo di indebolire la posizione della Germania in Europa, è di manifesta evidenza che qualunque azione diretta a contrastare tale azione della Franeia debba qui apparire cosa contraria all'interesse immediato della medesima. Ed infatti, mentre all'apparire della notizia che l'Italia e l'Austria-Ungheria lavorano a ricondurre la buona armonia fra l'Impero tedesco e la Gran Bretagna, io dovetti notare qui un raffreddamento sensibile nelle buone disposizioni a nostro riguardo, ho saputo da indiretta via che il Gabinetto francese ed il signor Bourgeois in particolare trovano in questo nostro atteggiamento un motivo di accogliere con molta riserva le mie entrature per comporre questioni che qui si crede tocchino più ai nostri che agli interessi francesi.

Dissi che io m'induceva a riferire cose congetturali soltanto attesa la gravità delle medesime e V.E. che dal centro degli affari può scorgere meglio assai che io non lo possa fare di qui, se le congetture mie abbiano qualche fondamento, ne trarrà le previsioni che esse comportano.

Un fatto, non più una congettura, debbo con insistenza notare ed è che l'azione nostra per riunire gli interessi della Germania a quelli dell'Inghilterra per il momento produce qui l'effetto di un atto diretto contro la Francia e conseguentemente intralcia l'azione tendente a risolvere le questioni che poche settimane or sono parevano ottimamente avviate.

[P.S.] Qui unito due stralci dei bollettini dell'Havas in data di Roma 31 gennaio e Londra l o febbraio, circa l'azione dell'Italia e dell'Austria-Ungheria per ristabilire le buone intelligenze fra l'Inghilterra e la Germania.

ALLEGATO

Rome, 21 janvier.

On croit pouvoir assurer dans les cercles officieux que le comte Goluchowsky et M. Crispi travaillent activement en faveur d'un rapprochement de l'Allemagne et de l'Angleterre. On a de sérieux espoirs d'une prochaine réussite.

Londres, 1er février.

Le correspondant du Standard à Rome apprend de bonne source que le comte Nigra, lors de son voyage à Rome était chargé de présenter an Gouvernement italien les vues de l'Autriche sur trois questions:

l) L'entente à conclure entre l'Autriche et l'Italie d'une part, l'Italie et l'Angleterre d'autre part, pour contre-balancer les vues supposées de la Russie sur l'Arménie et celles de la France sur l'Asie-Mineure.

2) L'attitude de l'Autriche et de l'Italie concernant les Balkans dans le cas de la soumission du prince Ferdinand à la Russie.

3) Les démarches à faire par l'Autriche et l'Italie pour rétablir les bonnes relations entre l'Allemagne et l'Angleterre1 .

826 4 Cfr. n. 681. 5 Manca una risposta diretta a questo dispaccio. Cfr. tuttavia il n. 880.

827 1 Con lettera personale dell'll gennaio Vivante proponeva a Crispi di farsi promotore di un congresso per risolvere le questioni internazionali. Della lettera, conservata in ACS, Carte Crispi, si pubblica solo il passo seguente: «...l'Egitto posto sotto un controllo od un protettorato misto anglo-francese -l'Abissinia agli abissini -l'Harar neutralizzato -l'Eritrea limitata ai confini attuali -un hinterland riconosciuto alla Colonia francese di Obock. Ma in confronto di tutto ciò T ripoli a noi ed il Marocco alla Spagna contro cessione di Cuba all'America ed una eventuale rettificazione di frontiera della Tunisia e dell'Algeria da ambo le parti».

828

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 417/113. Parigi, 2 febbraio 1896 (per. il 4).

Con l'arrivo qui del signor commendator Machiavelli ricevetti il dispaccio di

V.E. in data 21 gennaio\ con i voluminosi allegati, che a tempo debito saranno da me restituiti al r. ministero. Nei colloqui da me avuti con l'egregio funzionario ho potuto rendermi esatto conto di parecchie questioni che nel negoziare una nuova convenzione commerciale colla Tunisia, dovranno essere tenute in conto.

Le mie comunicazioni telegrafiche hanno segnalato a V.E. ciò che fu detto nei preliminari e non ufficiali discorsi seguiti fra il signor Berthelot e me. Nell'ultima nostra conversazione fu assodato da parte sua che lo statu quo per la navigazione e la pesca sarebbe accettabile dalla Francia ben inteso per la durata del nuovo trattato. Fu pure ripetuto da questo signor ministro per gli affari esteri che al commercio nostro d'importazione e di esportazione sarebbe accordato il trattamento della Nazione la più favorita escluso il trattamento francese. Mi pare di aver notato che non vi sia buona disposizione a stipulare una tariffa convenzionale con l'indicazione di dazi specifici all'importazione della merce italiana in Tunisia. Forse l'esame delle tabelle delle esportazioni nostre, verso quel Paese avrà fatto riconoscere che gli articoli che maggiormente c'interesserebbero sono appunto quelli di cui qui si vuole escludere la concorrenza. Il commendatore Machiavelli mi ha esposto che il presente ordinamento doganale rende pressoché impossibile l'introduzione in Algeria od in Francia dei prodotti dell'agricoltura italiana per la via indiretta della Tunisia. Ma tale ordinamento doganale si vorrà probabilmente abolire come un inciampo alle più attive relazioni commerciali che questo Governo spera ottenere fra l'Algeria e la Tunisia quando sia assicurato alla merce francese un trattamento speciale.

Io non saprei che cosa proporre di meglio che possa proteggere in qualche guisa l'interesse della esportazione dei vini verso la Tunisia, che lo fissare il dazio massimo che dovrà pagare questo prodotto nostro fino alla quantità che le tabelle del commercio degli ultimi anni indicano essere entrata nel consumo locale della Tunisia. Non sarà facile che questo concetto sia bene accolto; ma io potrei tentare di farlo ammettere almeno in via transitoria per non interrompere subitaneamente un ramo del nostro traffico con quel Paese.

Il signor Berthelot non mi fa mistero che la tendenza della Francia è di profittare delle nuove convenzioni tunisine per creare in quel suo protettorato uno stato di cose che permetta l'introduzione di tutta la legislazione economica e civile destinata ad assimilare quel Paese alla Algeria.

Non si parlò più fra di noi della cessione della ferrovia. Se occorresse riprendere il discorso a questo riguardo, troverei che la sola concessione che lo Stato italiano può fare è quella delle ragioni e dei conseguenti oneri che esso ha dalla convenzione sua con la Società Rubattino.

Parimente non si trattò nei colloqui della legge sotto la quale dovrebbero vivere gli istituti italiani di istruzione, di beneficenza ecc., che presentemente esistono in Tunisia. L'esistenza di fatto, poiché essi non hanno vita regolarmente riconosciuta dalla legge italiana, potrebbe, io credo, essere riconosciuta in un protocollo. Ma il punto di questione non sta nella esistenza degli enti, ma nella legge che loro sarà applicabile. A questo riguardo io mi permetto ritornare sopra una proposta che feci per tutti gli istituti di tal genere esercitanti la beneficenza, il mutuo soccorso, l'insegnamento all'estero. Se questi enti avessero vita legale in Italia ed esercizio all'estero, molta parte della questione relativa alla legge sotto la quale essi debbono vivere, si troverebbe risoluta. Il certo è che alle leggi locali concernenti l'ordine pubblico, la morale, la sanità, non sarebbe facile sottrarre istituti italiani fondati fuori del nostro Paese. Né io credo che qui si stipulerebbero patti che dalla osservanza di tali leggi dispenserebbero gli enti italiani in Tunisia. Per le scuole la questione si complica per i regolamenti didattici. Il commendator Machiavelli m'informa che presentemente le scuole nostre servono quasi esclusivamente ad italiani. Non mi pare che stabilimenti scolastici aperti ad altri che agli italiani potrebbero essere sottratti alla legislazione che la Francia ha in animo d'introdurre in Tunisia.

Un punto assai grave sul quale volli, in un recente colloquio col signor Berthelot, esplorare le intenzioni di questo Governo è quello concernente l'applicazione dello statuto personale in materia di cittadinanza. Questo ministro, pur riservando l'opinione sua definitiva, si dimostrò proclive ad escludere che la cittadinanza degli stranieri nella Tunisia possa essere determinata da principii diversi da quelli che la legislazione francese ha adottato appunto per il bisogno di assimilare alla popolazione della Francia e delle sue colonie gli elementi che l'immigrazione permanente vi introduce.

Queste sono le principali questioni sovra le quali si è svolto il preliminare e non ufficiale scambio di idee. Da esso possiamo formarci un concetto approssimativo del trattamento che un nuovo trattato assicurerebbe per un decennio circa agli italiani ed al loro commercio in Tunisia.

Siccome la questione territoriale in Africa dovrebbe compensarci, almeno in parte, delle concessioni nostre relative alla Tunisia, e di quella questione qui non si è più disposti ad ammettere l'urgenza; così io, pur non rifiutandomi a conversare con questo ministro dei vari soggetti da me propostigli nei primi nostri abboccamenti, non trovai opportuno dimostrare soverchia premura di spingere più avanti le trattative.

Debbo informare V.E. che ad una mia domanda circa il punto al quale sono pervenute le trattative con l'Austria-Ungheria per la rinnovazione del trattato tunisino, non ebbi risposta dal signor Berthelot, il quale pretestò che le trattative stesse abbracciavano varie questioni ed erano ancora segrete.

Vedrà il R. Governo se nella posizione che ormai ci è stata fatta dalla accettazione da parte dell'Inghilterra e dell'Austria-Ungheria di trattare con la Francia, possa convenire all'Italia di proseguire il negoziato o di lasciar venire la scadenza dell'attuale trattato senza di avergliene sostituito un altro. Il nostro punto di vista della perpetuità delle antiche convenzioni le quali sussisterebbero dopo la espirazione del trattato del 1868, non è qui ammesso. Si aprirebbe quindi una situazione litigiosa nella quale non avremmo la posizione del possidente. Inoltre è troppo chiaro che le convenzioni antiche perpetue potrebbero esse pure venir denunziate a meno di voler sostenere la tesi, abbandonata generalmente dalla scienza e dalla pratica, della perpetuità delle convenzioni internazionali2•

P.S. Prego darmi istruzioni circa la presenza qui del commendator Machiavelli al quale ho consentito di fare una escursione a Lione per visitarvi alcuni suoi congiunti.

828 1 D. 2702/68, non pubblicato, con il quale erano stati trasmessi a Tornielli molti documenti relativi alla questione di Tunisi.

829

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. 159. Roma, 3 febbraio 1896, ore 23,45.

Presenti nostri informatori avvennero a Gibuti il 26 e 28 gennaio nuovi sbarchi armi dirette ad Harar1 . Residente inglese Zeila ha potuto constatare fatto. V.E. potrebbe chiedere codesto Governo se crede la sua indifferenza a questa costante violazione dell'Atto di Bruxelles e dei doveri dei neutri conciliabile con dichiarazione anglo-italiana 5 maggio 1894 che consente all'Inghilterra la polizia verso Harare anche con la Convenzione franco-inglese del 1888 che interdice circa Harar ogni azione alla Francia.

830

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 160. Roma, 3 febbraio 1896, ore 24.

Sappiamo in modo indiscutibile che 26 e 28 gennaio avvennero a Gibuti nuovi sbarchi armi dirette ad Harar1 . V.E. può chiedere a codesto Governo il quale ci rifiuta trattamento usato alla Spagna per Cuba 2 come concilia con le sue dichiarazioni e coi doveri internazionali questa costante violazione dell'Atto di Bruxelles e della neutralità 3 .

829 1 T. 223 da Aden dello stesso 3 febbraio, non pubblicato. 830 1 Cfr. n. 829, nota l.

2 Questa notizia era stata comunicata con R. riservatissimo 407/105 da Parigi del 2 febbraio, non pubblicato.

3 Per la risposta cfr. n. 832.

828 2 Questo rapporto fu comunicato l' 11 febbraio alle ambasciate a Berlino, Londra e Vienna.

831

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Londra, 3 febbraio [1896}.

Merci de ton télégramme1 m'annonçant ma promotion dans l'ordre de la couronne d'Italie. Je te suis vivement reconnaissant de cette nouvelle preuve de ton estime et de ton amitié.

Tu recevras parla baronne une longue lettre de moF sur des questions très délicates. Elle est exclusivement pour toi et je te prie de la prendre en considération autant que l'ambient actuel des sphères politiques te le permet.

On ne peut pas tout dire ni tout expliquer aux politiciens de second ordre qui entourent les ministres. Je ne pourrais pas dire, à propos des négociations en vue, cette triste vérité, que la santé et l'àge ont beaucoup diminué l'intelligence et l'énergie de lord Salisbury et qu'il faut tenir compte de cet élément. Le discours qu'il vient de faire a mal impressionné le public anglais. Certainement pour ce qui concerne exclusivement l'Italie M. Chamberlain est complètement à nous. Mais il a des préjugés invincibles vis à vis de l'Allemagne. Tandis que Salisbury, quoique plus indécis, finira par venir à nous et méme à la Triple Alliance, lorsque la situation générale l'y forcera. Ici les ministres ne sont presque jamais en ville ce qui ne permet pas aux ambassadeurs d'avoir des entrevues en temps et lieu. Mais comme le Parlement va s'ouvrir, ils seront bien obligés de rentrer à Londres. Quelques expressions de lord Salisbury à l'égard de M. Chamberlain m'ont fait entrevoir un mélange d' admiration et de défiance. Tu comprends don c quelle do i t étre ma prudence.

Objectivement considérée la situation politique extérieure de l'Italie est excellente. Seulement notre Pays est malade en lui méme. Il faut le calmer, le soigner, le contredire s'il le faut, le forcer à étre sérieux en faisant un meilleur emploi du journalisme.

Je te répète ici, ce que je t'ai écrit hier, que l'on trouve qu'en ltalie le secret politique n'est pas assez gardé. Vraie ou non, cette chose ne facilite pas la tàche de la diplomatie. Ce méme inconvénient se vérifie par rapport aux nouvelles militaires qui fournissent journellement matière à une agitation malsaine et transforment chaque badaud en un général et politicien de premier ordre. En attendant on oublie le travail modeste et utile qui doit faire vivre le Pays.

Mon cher ami, il faut tenir ferme, ne pas se laisser impressionner par le tintamarre qui règne, car il serait douloureux de perdre le fruit de l'excellente préparation faite ici et à Vienne.

831 1 T. 149 del 2 febbraio, non pubblicato. 2 Del 2 febbraio, non rinvenuta; ma una parte del suo contenuto si evince dalla risposta di Blanc del 7 febbraio (cfr. n. 841).

832

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 238. Parigi, 5 febbraio 1896, ore 18,40 (per. ore 21,15).

Con parole molto ferme ho esposto al ministro degli affari esteri ciò che mi fu da

V.E. scritto e telegrafato1 relativamente al traffico di armi, segnalando probabilità che le armi di Russia trovino aperta via di Obock; e dicendo che al R. Governo risultavano indiscutibilmente i passaggi avvenuti a Gibuti il 26 ed il 28 gennaio, ne dedussi la conseguenza essere questi fatti violazione dei principi generali e convenzionali del diritto internazionale. Il ministro, senza rilevare le circostanze relative ai soccorsi russi, rispose che, per lui, fino a prova contraria, le sole cose indiscutibili erano l'ordine dato ad Obock di non permettere transito e la risposta data dal governatore della Colonia che vi si conformava. I fatti, dei quali il mio Governo si lagnava, non gli apparivano né precisati né provati. Se lo fossero, e fosse dimostrato che il governatore diceva una cosa per l'altra, il Governo non esiterebbe a prendere le più severe misure, ed egli, il ministro, le esigerebbe assolutamente. Il ministro stesso m'invitò ufficialmente a comunicare ciò che precede al R. Governo. Egli si propone di segnalare al suo collega delle colonie la mia denuncia relativa ai passaggi del 26 e 28 gennaio, e di provocare così spiegazioni dal governatore di Obock. Nel corso della conversazione, ministro si espresse amaramente sopra la campagna di notizie calunniose che eccitano fra i popoli sentimenti che non dovrebbero esistere. Governo francese, egli disse, vi è stato sensibilissimo 2 .

833

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

D. 4916/53. Roma, 5 febbraio 1896.

Sir Clare Ford mi ha detto oggi non aver fondamento la impressione di alcuni Gabinetti europei che lord Salisbury avesse agito indipendentemente da essi, cercan

2 Si pubblica qui un passo di una lettera di Tornielli a Pansa del 4 febbraio, parzialmente ed. in E. SERRA, Giuseppe Tornielli Brusati di Vergano, in <<Storia e politica>> anno Il, fase. III, (luglio-settembre 1963), pp. 348-349: <<Non le so scrivere senza esporle il pensiero mio ed a che può giovare il dirle che l'animo mio è addolorato dallo spettacolo che diamo al mondo? Ella conobbe troppo bene il mio modo di vedere in passato, per non comprendere come l'aver avuto ragione dai fatti, mi sia causa di profonda afflizione. Non credo che nella storia siano numerosi gli esempii di un Paese che si è rovinato così completamente e così scioccamente come il nostro. E come tornare indietro in questa corsa folle? Come far rientrare nella via della ragione un popolo al quale si sono siffattamente stortate le idee che ormai non sa comprendere né il bene né il male, né distinguere fra le vittorie e le sconfitte?>>.

do di concertare col Governo russo i provvedimenti da adottarsi per introdurre le riforme nell'Impero ottomano. Lord Salisbury, soggiunse l'ambasciatore britannico, richiese semplicemente il Governo russo di autorizzare il signor di Nelidoff a discutere simili provvedimenti coi suoi colleghi, e lord Salisbury non fece alcuna proposta nel senso di una determinata linea d'azione da raccomandarsi agli ambasciatori. Lord Salisbury è d'opinione che ogni politica, la quale potesse implicare la divisione delle Potenze europee, condurrebbe a calamità ancora più gravi di quelle che abbiamo ora ragione di deplorare.

Ho risposto a sir Clare Ford che, fin dal 17 gennaio1 , eravamo stati informati dal Governo russo del passo fatto presso di lui dal Governo britannico e del rifiuto della Russia. Non avevamo ora che a prender atto dell'assicurazione dataci da lord Salisbury che, ciò nonostante, egli continuerà a mantenere l'unione delle Potenze a scanso di calamità maggiori. Dopo gli accordi presi da lord Salisbury il 15 gennaio colla Francia, a detrimento dei nostri diritti in Africa, non potevamo dividere l'impressione di sorpresa provata, a quanto ci risultava, a Vienna per quel passo isolato dell'Inghilterra presso la Potenza che esercita ormai un'influenza esclusiva a Costantinopoli, sembrandoci naturale che di quell'influenza, cui l 'Inghilterra accondiscende, l'Austria-Ungheria abbia luogo di preoccuparsi anche più di noi stessi.

832 1 Cfr. nn. 821 e 830.

834

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO 1

D. 5002/54. Roma, 5 febbraio 1896.

In un colloquio che ebbe stamane con me alla Consulta sir Clare Ford mi dichiarò quanto segue 2:

Il Governo britannico non fa abbiezione alcuna alla pubblicazione della dichiarazione del 5 maggio 1894. Ma, secondo lord Salisbury, se la pubblicazione che fosse fatta in Roma della dichiarazione avesse a produrre una domanda per la sua presentazione al Parlamento britannico, il Governo della regina potrebbe forse trovare necessario di presentare nello stesso tempo la corrispondenza scambiata col Governo francese, riguardo all'accordo anglo-italiano. Ed è parimenti possibile che si sollevino nelle Camere francesi interrogazioni, le quali potrebbero condurre alla pubblicazione della corrispondenza stessa da parte del Governo della Repubblica. Ora sembra a lord

834 1 Ed. inLV92, pp. 311-312.

2 Comunicazione verbale, pari data, di Ford, non pubblicata.

Salisbury cosa dubbia che la pubblicazione della nota del signor Banotaux, in data 12 marzo 18953 , tornerebbe in questo momento gradita al Governo italiano.

Secondoché risposi a sir Clare Ford\ riserviamo la decisione del Governo del re circa la presentazione al Parlamento della dichiarazione del5 maggio 1894. Non vediamo per parte nostra nessun inconveniente a che sia pubblicata la corrispondenza, in data del 31 maggio, del 26 giugno, del17 luglio 1894 e 12 marzo 1895, tra i Governi d'Inghilterra e di Francia riguardo all'accordo anglo-italiano. Il Governo francese, dopo aver preso atto con nota del20 ottobre 1889 della nostra dichiarazione di protettorato sull'Etiopia, ha creduto più tardi di poter fare riserve, delle quali abbiamo formalmente dichiarato alle Potenze firmatarie dell'Atto di Berlino e di Bruxelles di non potere prendere atto. Non abbiamo alcun motivo di dissimulare questo stato di cose al Parlamento. Per quanto concerne l'Inghilterra, emerge da quella corrispondenza la correttezza colla quale il precedente Gabinetto britannico ha saputo essere giusto ad un tempo verso la Francia e verso di noi. Mi rincresce non avere la stessa impressione riguardo al procedimento col quale lord Salisbury, abbandonando il contegno preso da lord Kimberley, ha adottato integralmente la tesi francese, la quale prende pretesto di un accordo di disinteressamento preso tra Francia e Inghilterra nel1888 quando l'Barar abbandonato dall'Egitto era in qualche modo res nullius, per opporsi alla realizzazione del diritto nostro di protettorato successivamente acquistato e riconosciuto dall'Europa.

Tale è il contegno che lord Salisbury assume quando concede che il rendere effettivo il protettorato riconosciutoci in diritto costituirebbe un mutamento di status dell'Barar. Considero tale affermazione come contraria non solo all'accordo e alla dichiarazione del 5 maggio 1894, ma agli Atti di Berlino e di Bruxelles; e non dubito che l'Inghilterra respingerebbe simili espressioni, quando si volesse qualificare mutamento di status l'occupazione per parte sua di territori riconosciuti alle sue zone d'influenza, da essa non ancora occupati di fatto. Quando l'Inghilterra ci rifiuti il passaggio per la costa inglese, il rifiuto potrà essere da noi considerato poco amichevole, ma l'Inghilterra in ciò non farà che usare di un suo diritto. Il Gabinetto britannico non aveva e non ha invece il diritto di prendere occasione da una tale questione di passaggio, per fare alla Francia una dichiarazione della quale la Francia stessa possa valersi quando per esempio da Assab marciassimo sull 'Barar5 , per opporci che, secondo lord

5 Lo stesso 5 febbraio Mocenni scriveva al vicegovernatore dell'Eritrea, Lamberti, una lettera (Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'esercito) di cui si pubblica il passo seguente: <<Questa mia sarà consegnata a te dal colonnello Pittaluga che si sofferma costì per parlarti, prendere voce ed informazioni e chiedere il tuo appoggio. Egli è destinato in Assab con un battaglione italiano e coi quadri italiani per formare un battaglione indigeno; ha pure seco una batteria da montagna. Scopo della sua missione è di mantenere propizio a noi l'Anfari di Aussa e studiare fin d'ora i mezzi di portare la guerra in casa di Makonnen quando il probabile prolungarsi della guerra etiopica costringesse nell'anno futuro a imprese più dirette contro lo Scioa. Le istruzioni date al Pittaluga, delle quali questi ti consegnerà copia perché tu le legga e le comunichi al governatore, ti spiegheranno i particolari della sua missione. Importa che per quanto da te dipende, il Pittaluga abbia i maggiori aiuti. Interessa soprattutto che senza distogliere forza al Baratieri, tu e Baratieri stesso, studiate se sia possibile, fornirgli il reclutamento di qualche battaglione indigeno».

Salisbury, l'occupazione dell'Barar sarebbe, per parte nostra, un'alterazione dello status convenuto tra Inghilterra e Francia.

Se l'Barar è così assicurato ai nostri nemici dalla Francia appoggiata dall'Inghilterra, ne segue l'alternativa o dell'abbandono nostro dell'impresa coloniale, o di una lotta contro qualsiasi ostilità anche europea; e non potremmo a meno di far giudice il Parlamento delle risoluzioni da prendersi al riguardo.

833 1 Cfr. n. 767.

834 3 Cfr. Documents Diplomatiques Français (1871-1914) 1re série, tome XI (1er janvier 1894-7 mai 1895), Paris, 1947, n. 403. 4 Annotazione a margine: <<Da questo punto fino alla fine è stato comunicato a sir Clare Ford con lettera particolare del ministro».

835

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 219/72. Sofia, 5 febbraio 1896 (per. il 10).

Fino dalla caduta del compianto Stambuloff il principe Ferdinando ed i suoi consiglieri attuali rivolsero verso la Russia le loro speranze, persuasi che le tre Potenze occidentali nulla avrebbero fatto per la Bulgaria. Dopo otto anni di regno, il principe non figurava ancora fra i sovrani riconosciuti, e dall'Austria, dall'Italia e dall'Inghilterra aveva avuto solamente delle buone parole, accompagnate da opposizioni ostinate nelle questioni commerciali, e da una sorveglianza gelosa delle aspirazioni nazionali verso la Macedonia.

Di tale stato di cose non mancarono d'approfittare la Francia e la Russia, la prima mandando a Sofia dei giornalisti, facendo consigliare dal console Lacau una politica più deferente verso la «Nazione liberatrice», inducendo persino il duca d'Aumale ad inculcare questi sentimenti alla principessa Clementina ed al principe Ferdinando; la Russia allargando senza posa la rete dei suoi intrighi, assoldando un numero sempre maggiore di deputati e di giornalistP, pagando e moltiplicando i comitati macedoni, facendo fare dai suoi emissarii un'attiva propaganda colla lustra della grande Bulgaria sancita nel Trattato di S. Stefano.

Dinanzi a tale lavorìo che dura oramai da due anni, le tre Potenze occidentali rimasero completamente passive, ed il discorso pronunziato a Plevna nell'autunno scorso dal signor Stoiloff mostra chiaramente che allorquando sarà avvenuta la riconciliazione fra i Governi di Sofia e di Pietroburgo, l'alleanza e l'esercito bulgaro saranno a totale ed incondizionata disposizione della politica franco-russa.

Niente è più dispiacevole e bene spesso irrimediabile delle buone occasioni perdute; ed i nostri Governi deploreranno troppo tardi di non avere a suo tempo riconosciuto formalmente il principe Ferdinando e di non averlo attirato nella loro sfera d'azione, facendogli intravedere e sperare qualcosa di più della grande Bulgaria del1878,

nel possesso medesimo di Costantinopoli, il giorno nel quale il turco dovrà fatalmente levare le sue tende dal Bosforo.

Tutto ciò potrà forse servire nell'avvenire; per adesso una politica d'osservazione e null'altro s'impone alle tre Potenze, e miglior partito sarà quello di lasciar campo libero all'evoluzione presente, riservando il proprio intervento allorquando sorgeranno le disillusioni e gli inevitabili dissapori.

Il signor Stoiloff è partito ieri sera per Costantinopoli, ostensibilmente per recarsi dalla suocera ammalata, ma senza alcun dubbio per abboccarsi coll'ambasciatore Nelidow.

835 1 Nota del documento: <<l signori Duraste l e Levasseur, redattori della Bulgarie>>.

836

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI l

T. 165. Roma, 7 febbraio 1896, ore 14.

Ricevo rapporto r. agente Cairo2 circa lettere di Mangascià di cui al mio telegramma del 30 gennaio3 . *Colonnello Wingate e lord Cromer sarebbero avviso che potrebbesi trattare utilmente con Mangascià contro Menelik promettendogli Stato al sud del Tigrè. * Governo del re deve lasciare a V.E. di giudicare possibilità condurre ora simili trattative. Ripeto comunque che di tali lettere V.E. potrebbe utilmente servirsi *sia con Mangascià contro Menelik, sia con Menelik contro Mangascià, * senza alcun pregiudizio delle operazioni militari 4 .

837

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, SALVAGO RAGGI l

T. RISERVATO 166. Roma, 7 febbraio 1896, ore 14.

Ricevo suo rapporto del 29 gennaio 2 . Ringrazi per me lord Cromer e aggiunga che Governo del re non vede alcun inconveniente a che Inghilterra, rispondendo a ras

2 Cfr. n. 812.

3 Cfr. n. 813.

4 Per la risposta cfr. n. 869. 837 1 Ed. inLV91, pp.119-120 e inLV92, p. 237.

2 Cfr. n. 812.

Mangascià nel senso da noi desiderato, secondo mio telegramma del 30 gennaio 3 , aggiunga ritenere possibile un accomodamento con l'Italia, quando Mangascià tratti direttamente con noi.

836 1 Ed., con l'omissione dei passi fra asterischi, in LV 91, p. 120 e in LV92, p. 237.

838

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 251. Parigi, 7 febbraio 1896, ore 15,18 (per. ore 17,10).

Questo presidente del Consiglio mi disse ufficiosamente aver veduto passare telegramma del governatore di Obock, il quale annunzia che il comandante di un incrociatore italiano gli ha tenuto, a proposito del passaggio armi, un linguaggio comminatorio e quasi di minaccia, al quale quel governatore non ha creduto dover rispondere nello stesso tono per non dare causa ad un incidente. Presidente del Consiglio soggiunse che veramente nei rapporti dei nostri due Paesi non abbiamo bisogno di incidenti di questo genere, e che sarebbe desiderabile evitare simili dimostrazioni dirette fra ufficiali nostri ed autorità francesi. Presidente del Consiglio rinnovò dichiarazione la più esplicita circa le istruzioni proibitive date e che governatore di Obock eseguisce. Il suo linguaggio fu molto amichevole. Sarebbe opportuno che, quando il ministro degli affari esteri mi parlerà affare, io fossi in grado conoscere le particolarità dei fatti che condussero a fare questa dimostrazione.

839

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO 1

T. RISERVATO S.N. Roma, 7febbraio 1896, ore 17.

Nerazzini insiste sopra dichiarazioni residente inglese Zeila circa possibilità della cessione Dongareta all'Italia di cui telegramma Blanc del 2 febbraio 2 . La prego interessarsi della cosa nel modo più efficace, sia con lord Salisbury, sia con Chamberlain, essendo per noi, come V.E. può comprendere, della massima importanza3 .

2 Cfr. nn. 823 e 824.

3 Per la risposta cfr. n. 842.

837 3 Cfr. n. 813, nota 3.

839 1 Ed. inLV92, p. 315.

840

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 254. Massaua, 7 febbraio 1896, ore 22,25 (per. ore 23,45).

Mai-Memen 7, ore 17. Maggiore Salsa ebbe stamane annunziato appuntamento con Makonnen agli avamposti. Makonnen ufficialmente, nome imperatore, espose seguenti condizioni pace: ritornare ai confini del Trattato di Uccialli; rinnovare nuovo trattato tra Italia e Etiopia di cui non accennò basi fondamentali. In successivi colloqui intimi e segreti asserì ritenere che pace si poteva concludere sulla base della occupazione temporanea dei territorii su cui fu issata nostra bandiera e della modificazione Trattato di Uccialli. Maggiore Salsa riportò impressione scioani sinceramente desiderosi pace non per preoccupazione del presente ma dell'avvenire. Naturalmente non posso allontanarmi dalle istruzioni di V.E. telegramma del 29 2 .

841

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

L. PERSONALE1 . Roma, 7 febbraio 1896.

J'ai t es bonn es lettres du 2 février 2 . Au su jet des indiscrétions j 'en souffre d'autant plus que les subalternes via venti settembre et à Braschi ne peuvent ètre réprimés par moi malgré tous l es efforts que j'ai faits pour mettre e n garde M[ ocenni] et C[ rispi]. J'ai la conviction que nous avons par là des intérets adverses trop bien servis. Je t'envoie mon langage à Ford sur le Harar3 où vraiment Sal[isbury] n'est ni amicai ni correct. Ce que je dis dans ma dépeche à toi adressée le 2 février 4 ne signifie pas que nous voulions changer en quoi que ce soit l'orientation de notre politique européenne, mais au contraire que nous ne pouvons pas admettre quel'Angleterre nous livre à nos adversaires comme elle fai t en abandonnant l'orientation convenue sur laquelle nous insistons. Il ne faut pourtant pas qu'on nous croie à Londres si négligeables qu'on puisse toujours nous retrouver humbles et dociles après nous avoir maltraités et vendus, et je suis sùr que tu es de mon avis. Si j'ai quelque peine à lutter contre l'emballement des

2 Cfr. n. 800, in realtà del 28 gennaio. Per la risposta del Governo cfr. n. 844. 841 1 Annotazione a margine: <<Non envoyée>>.

2 Cfr. n. 831 e nota 2 allo stesso.

3 Cfr. n. 834.

4 Cfr. n. 825.

journaux et de C[rispi] qui tend à une solution finale en Afrique, c'est que Sal[isbury], qui était le dernier espoir, étant plus français et plus russe que ses prédécesseurs, semble fermer toute perspective en Orient, et se preter à ce que la France et la Russie nous infligent un désastre, empechant toute solution en Abyssinie; ce qui fait malheuresement de l'Abyssinie le terrain de fait où se pose la question si l'ltalie peut se faire craindre et respecter. C'est de tous les terrains le dernier que j'aurais choisi, mais la force des choses fait que le Harar est la pierre de touche de l'amitié anglaise pour nous ou des préférences anglaises pour la France et la Russie. Si le Harar est assuré par l'Angleterre et la France d'accord à nos ennemis, il n'y a plus d'illusion à se faire: il faut abandonner l'Eritrea. Je vois avec plaisir que tu m'écris les memes mots que j'avais dit à sir Clare Ford sur le Harar. Tu attends encore quel'Angleterre comprenne qu'elle doit venir à nous et à l'Autriche-Hongrie. Di eu veuille que tu prévois juste, et certes nous faisons assez voir que nous ne demandons que cela. A Berlin on ne souhaite pas autre chose aussi; mais au lieu d'avancer, ou seulement de ne pas reculer, l'Angleterre recule; ce qui s'est passé à propos des flottes dans le Levant est une victoire de la Russie que tout malheuresement annonce devoir e tre définitive. C'est du moins cette conviction qui fait la force de ceux qui veulent qu'au moins en Afrique l'Italie défende son existence morale et militaire. Or nous ne pouvons pas y réussir définitivement sans le Harar. Ce n'est pas le moment d'y faire une expédition, mais s'il nous est fermé en principe par l'Angleterre la solution de la question coloniale est dès à présent démontrée impossible. Comment puis-je, à la réouverture des Chambres, tromper le Pays sur cette alternative? Il est difficile d'éviter de voir la réalité, qui est que l'Erythrée, si l'Angleterre persiste à nous fermer matériellement et politiquement le Harar, devra finir par etre abandonnée comme terrain de guerres indéfinies et sans issue fomentées par la France; en présence de quoi il ne reste qu'a décider si nous devons ou non affronter l'hostilité de la France et ne quitter l'Eritrea qu'après avoir affronté, au mieux de nos armes, cette hostilité; auquel cas il reste l'éventualité que l'Allemagne montre si elle contribuerait en ce cas à la défense de la péninsule.

840 1 Ed. in LV91, p. 121, in LV 92, p. 239 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 387.

842

L'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

T. S.N. Londra, 8 febbraio 1896, ore 12,45 (per. ore 15).

Telegramma barone Blanc 2 giunse domenica e già lunedì iniziai pratiche Foreign Office. La cosa mi sta notevolmente a cuore, come a V.E.3 , ma sarebbe necessario che i giornali non ne parlassero per non rendere più difficile risultato, come in casi precedenti.

2 Cfr. nn. 823 e 824.

3 Risponde al n. 839.

842 1 Ed. ìnLV92, p. 316.

843

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 261. Parigi, 8 febbraio 1896, ore 19,30 (per. ore 21,20).

Ministro degli affari esteri mi ha dato lettura di tre telegrammi del governatore di Obock: uno, del 7 corrente, contiene lista piroscafi approdati Gibuti dal 15 gennaio al 5 febbraio. Il 26 non è arrivato bastimento, ed il 28 bastimento ha nulla sbarcato. Soltanto il 5 corrente vapore sbarcò due piccole casse contenenti revolvers e cartucce da caccia, per uso della Colonia. Altri due telegrammi si riferiscono alle rimostranze comminatorie fatte al governatore dal comandante «Dogali» 1 relativamente ai 40.000 fucili russi e batterie nascoste in tronchi di alberi. Il ministro degli affari esteri mi disse che non poteva il Governo francese accettare un fatto così grave, senza fare domandare schiarimenti a Roma; che l'ambasciatore di Francia sarà incaricato di chiederli e di promuovere dal R. Governo istruzioni che evitino la ripetizione d'incidenti simili, ed un biasimo per il comandante «Dogali». Questi avrebbe detto che agiva per ordine superiore.

844

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. URGENTE S.N. Roma, 8 febbraio 1896.

Ella è autorizzata dal Consiglio dei ministri a trattare ad referendum2 attingendo possibilmente le condizioni al progetto di trattato mandatole dal ministro degli esteri il 18 gennaio 3 . Per lo meno siano basi delle trattative il possesso definitivo per l'Italia dei territori occupati in agosto 1895, linea Adigrat-Adua e riconferma Trattato Uccialli. Chieda anche occupazione temporanea di Makallè e Amba Alagi. Si guardi dalle insidie. Non sospenda le ostilità che nel solo caso di utilità per noi. Avrà rinforzi chiesti ieri.

844 1 Ed. in LV 91, p. 122, in LV 92, p. 240, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 387-388, in BARATIERI, Memorie d'Africa, ci t., p. 320, in francese in BILLOT, La France et l'ltalie, cit., p. 281 e in SoN NINO, Diario, vol. I, cit., p. 236. Da quest'ultimo risulta che la decisione di inviare il telegramma fu presa dal Consiglio dei ministri <<dopo lunga, vivacissima, quasi violenta discussione».

2 Risponde al n. 840.

3 Cfr. n. 774.

843 1 Cfr. n. 838.

845

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 83/37. Londra, 8 febbraio 1896 (per. il 13).

Ho l'onore di riferirmi al mio telegramma del12 dicembre1 col quale avevo dato risposta al dispaccio di V.E. del 3 del medesimo mese 2 e ritengo di dovere ora brevemente esporre, quale io lo vedo, lo stato attuale della quistione della ripresa degli accordi itala-austro-inglesi del 1887.

Mi sembra fuor di dubbio che l'Inghilterra desideri mantenere gli accordi stessi, ma che l'Austria-Ungheria li reputi insufficienti per una pratica applicazione in caso di bisogno. Sembrami di comprendere che il conte Deym abbia basato, finora, su questo concetto le sue conversazioni al Foreign Office.

In seguito agli ordini di V.E., non ho mancato di pormi in prudenti accordi con quel mio collega per scandagliare meglio gli intendimenti del Governo della regina a tal proposito.

Considerando che, da parte nostra, in questi ultimi tempi si è relativamente abbondato nel cercar di ottenere formali accordi colla Inghilterra in questa ed in altre quistioni, ho ritenuto di dover lasciare all'ambasciatore austriaco la cura di fare ora per primo i nuovi passi necessarii a riprendere le trattative già da me iniziate circa due mesi or sono.

La risposta che il conte Deym ottenne da lord Salisbury, in un lungo colloquio avvenuto martedì scorso, fu che il primo ministro d'Inghilterra riconosceva per conto proprio l'utilità di modificazioni d'ordine pratico agli accordi dell'87, ma che allo stato attuale dell'opinione quasi unanime del Gabinetto e della parte elevata ed intelligente del pubblico inglese, gli sarebbe stato assolutamente impossibile di far qualsiasi convenzione scritta sull'argomento. Mutandosi le circostanze, egli soggiunse, potrebbero modificarsi le opinioni dell'ambiente e mettere il Governo britannico in grado di realizzare un accordo concreto, quale è desiderato 3•

Fu in questa circostanza che additò al suo interlocutore il discorso di Mr. A Balfour, come riassunto delle sue idee politiche del momento; del che al mio rapporto di ieri n. 81/364•

2 Cfr. n. 533.

3 Sull'argomento Deym ebbe con Salisbury due colloqui, il primo verso il 20 gennaio, il secondo il 4 febbraio successivo. Nel primo colloquio Salisbury si dichiarò pronto a rinnovare gli accordi del1887, nel secondo colloquio invece disse che non gli era possibile confermare l'accordo di dicembre con l'impegno di fare eventualmente guerra alla Russia. Cfr. in proposito il n. 913, il dispaccio di Salisbury all'ambasciatore a Vienna, Monson del 4 febbraio, ed. in British Documents on the Origins of the War, 1898-1914, vol. VIII, London, 1932, pp. 4-5; e il rapporto di Deym a Goluchowski del 6 febbraio ed. in estratto e in traduzione inglese in C. J. LowE, The Reluctant 1mperialists. British Foreign Policy 1878-1902, London, Routledge and Kogan Pau!, 1967, vol. II: The Documents, pp. 108-109.

4 Non pubblicato.

845 1 Cfr. n. 577.

846

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 263. Massaua, 9 febbraio 1896, ore 0,30 (per. ore 1).

Mai Gabetà 8 febbraio. Malgrado proteste Lagarde ed assicurazioni Francia, continua transito armi, munizioni da guerra per Abissinia. Lo affermano i nostri informatori, le autorità inglesi a Zeila, Nerazzini e il comandante «Dogali». Impossibile visita sequestro, vane le proteste contro quali si oppongono attestazioni negative od osservazioni inesatte 2•

847

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. URGENTE 265. Massaua, 9 febbraio 1896, ore 0,30 (per. ore 5,15)2.

*Entisciò 8. Makonnen scrive al maggiore Salsa: «Akasemè. Tutte le cose di cui abbiamo parlato le ho riferite all'imperatore. Questi ha risposto: 'per tutte le cose gradirei che venisse da me maggiore Salsa presto, ma non aspetti domani per poter aggiustare le cose con vantaggio per loro e per me'. È bene che ella porti delle cose concrete; gradirei che ella si affrettasse».* Nostre truppe e scioane trovansi di fronte a pochi chilometri di distanza, entrambe in buone posizioni. Informatori tutti affermano scioani decisi non attaccarci in posizioni nostre, sperano essere attaccati nelle loro; nostro successo, se attaccati, certo; dubbio, se dobbiamo muovere attacco posizioni fortissime guarnite da nemico più numeroso di noi. Spostamento da Adagamus alle attuali posizioni accresce notevolmente, almeno in modo transitorio, difficoltà approvvigionamento, così da rendere difficilissimo inseguire incalzando nemico, se si allontanasse; rinnovazione difficoltà peserebbe sopra inseguimento, dopo combattimento fortunato. Difficile e tardo movimento truppe bianche in regione aspra, montana rispetto a truppe indigene. Mi occorre sollecita risposta intenzioni Governo, qualora

2 Il telegramma fu ritrasmesso a Tornielli con T. 176, pari data, con la seguente aggiunta: <<R. console Aden scrive esistere deposito armi munizioni da guerra isola presso Obock donde poi passano in Etiopia connivente Lagarde. Nerazzini da Zeila conferma particolari date recenti>>. 847 1 Ed. inLV91, p.123, inLV92, pp. 241-242, in CRISPI,Laprima guerra d'Africa, cit., p. 388 e, con l'omissione del passo fra asterischi, in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 320.

2 Annotazione dell'Ufficio cifra: <<Consegnato alle 8,15. Terminato il deciframento alle 13 a causa di molti e gravi errori ed anche posposizioni di gruppi>>.

Menelik fosse propenso trattare sulla base di un'occupazione temporanea delle provincie già dipendenti da Mangascià. Intanto, come ho fatto oggi, proseguo operazioni e rispondo che per accondiscendere desiderio imperatore attendo istruzioni.

846 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 357.

848

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A PIETROBURGO, MAFFEI

Roma, 9 febbraio 1896, ore 14,30.

Silvestrelli ha istruzione di procedere d'accordo col collega germanico nelle relazioni colla Corte bulgara 2•

849

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERJl

T. RISERVATO S.N. Roma, 9 febbraio 1896.

Ottenni dai miei colleghi che ti si spediscano altre due brigate e tutto ciò che avevi domandato. Ricordati che Amba Alagi e Macallè sono due insuccessi militari, quantunque gloriosi, e che sono nelle tue mani l'onore d'Italia e quello della Monarchia.

850

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, SILVESTRELLI

D. CIFRATO 5199/281 . Roma, 9 febbraio 1896.

La preponderanza esclusiva acquistata ormai alla Russia in Costantinopoli e la sua influenza predominante a Sofia non essendo contrastate né dall'Inghilterra né dal

2 Cfr. n. 850. 849 1 Ed. in LV 92, p. 241, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 394, in BARATIERI, Memorie d'Africa, cit., p. 320 e in francese in BILLOT, La France et l'Italie, cit., p. 281. 850 1 Minuta autografa.

l'Austria-Ungheria ci conviene lasciare che esse s'accorgano delle conseguenze, e non far noi alcun ostacolo allo svolgimento delle conseguenze medesime. Voglia dunque procedere d'accordo col collega di Germania nelle relazioni col Governo e colla Corte bulgara.

Aggiungo per lei solo che codesto Governo dovrebbe capire l'importanza per l'indipendenza bulgara delle comunicazioni ferroviarie coll'Adriatico che ci aveva dimostrato voler promuovere 2 .

848 1 Minuta autografa.

851

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZN

L. SEGRETA. Roma, 9 febbraio 1896.

*In relazione al dispaccio segreto indirizzatole il 2 corrente dall'onorevole ministro degli esteri, barone Blanc2 , * parmi utile che V.E. abbia notizia di una conversazione da me avuta oggi stesso con questo ambasciatore di Germania3 .

Ho creduto conveniente che il rappresentante di S. M. l'Imperatore Guglielmo in Roma fosse, al pari del rappresentante di S. M. il Re in Berlino, a perfetta conoscenza del pensiero del Governo italiano sulla situazione che ci è creata dalla ostilità della Francia e insieme dalla Triplice Alleanza. A conforto quindi di quanto già il barone Blanc aveva avuto occasione di esporre al signor de Bi.ilow, ho richiamato sopra tale situazione l'attenzione del signor de Biilow stesso.

Gli dissi che, desiderosi anche noi come sempre di evitare complicazioni e di consolidare la pace, avevamo completamente diviso il modo di vedere espressoci replicatamente dal Governo germanico circa alla convenienza di venire tra Francia ed Italia ad accordi sopra le speciali questioni riguardanti i due Paesi. Il r. ambasciatore a Parigi aveva quindi ricevuto istruzione di cogliere -ed aveva colto infatti -tutte le occasioni di rendere noti al Governo francese i nostri intendimenti più concilianti. Così è che, approfittando delle espressioni di simpatia e quasi di solidarietà civile contro la barbarie, dirette al r. ambasciatore dal presidente del Consiglio, dal ministro degli affari esteri e dal presidente della Repubblica francese a proposito della nostra guerra d'Mrica, il conte Tornielli era stato autorizzato a lasciar comprendere ancora una volta il nostro desiderio di venire ad accordi concreti per tutte le questioni ancora insolute tra Francia ed Italia, come la delimitazione nell'Mrica orientale, il regime commerciale e personale in Tunisia, ecc.

a Lanza, Ferrero e Pansa, ma non dell'ultima parte>>. 851 1 Ed., con l'omissione della frase fra asterischi, in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 283-286.

2 Cfr. n. 826.

3 In Museo centrale del risorgimento, Carte Crispi si conserva l'appunto autografo di Crispi sul colloquio, che ebbe luogo alle ore 17. La versione di Biilow del colloquio in GP, 11, cit., n. 2816.

Ancora una volta il Governo francese aveva mostrato a tutta prima di comprendere e di apprezzare il valore delle importantissime concessioni che noi ci chiarivamo disposti a fare; ma ancora una volta al momento di venire a qualche conclusione positiva, il Governo francese ne declinava ogni possibilità.

Aggiunsi al signor de Biilow che, mentre il Governo italiano aveva fatto così quanto gli era ufficialmente possibile per venire agli accordi, che la stessa Germania aveva mostrato di desiderare, io non aveva voluto darmi per vinto; e, approfittando della circostanza che un mio alto ed egregio funzionario, godente insieme di tutta la mia fiducia e dell'amicizia personale del signor Bourgeois, da lui stesso altra volta presentatomi, si recava a Parigi incaricato di una missione tecnica, gli avevo detto che, vedendo il presidente del Consiglio francese, ne approfittasse per fargli presente che il momento non avrebbe potuto essere più favorevole per risolvere, d'accordo col Governo italiano, ogni questione irritante; che egli sapeva essere il Governo italiano in ottime disposizioni per ciò, mentre d'altro lato il Paese avrebbe accettato, a questo proposito, da un Ministero da me presieduto, anche ciò che con altri Ministeri gli sarebbe sembrato costituire un atto di debolezza.

Ora, la risposta del signor Bourgeois era stata questa:

«Sentite, gli animi di tutti i francesi sono sempre volti alle provincie perdute, e nulla, checchè avvenga, varrà mai a distameli; nessuno accetterà mai la separazione dell'Alsazia e Lorena dalla Francia come un fatto definitivo ed irrimediabile; a quella separazione tutti i francesi riferiranno sempre le altre questioni; non vi potrà dunque essere mai accordo alcuno tra noi e l'Italia finché questa, essendo alleata della Germania, contribuirà a quella separazione» 4•

Il signor de Biilow parve molto impressionato da ciò che io gli esponeva. Gli feci allora considerare come tutti gli sforzi nostri per la consolidazione della pace s'infrangessero contro una volontà che è stata ed è in Francia comune a tutti i ministri e a tutti i Gabinetti; che fatti e dichiarazioni l'hanno potentemente chiarito; e come quella volontà annullasse per noi quei benefici della pace che ci dovevano essere garantiti dalla Triplice Alleanza, poiché per la Triplice appunto la Francia si credeva in diritto di considerarsi di fatto in guerra con noi e ce lo dimostrava in ogni questione, col maggiore nostro danno; quanto è avvenuto e quanto avviene ora in Abissinia non ne era che un esempio.

Ricordai a questo proposito al signor de Bi.ilow che, mentre era cancelliere dell'Impero il principe di Bismarck, quando i rapporti franco-italiani minacciavano di peggiorare vieppiù per le intolleranze, la indebita ingerenza o l'ostilità della Francia, il Governo germanico non esitava a far comprendere a Parigi che non si doveva passare il segno; e a Parigi lo si comprendeva. Così avevano potuto risolversi pacificamente, secondo il diritto e la convenienza internazionale, incidenti come quelli dei greci di Massaua, del consolato francese di Firenze, della spedizione Atchinoff, delle istituzioni italiane in Tunisia, ecc. Il Governo francese aveva allora dovuto persuadersi che l'alleanza itala-germanica era un patto efficace non solo pel caso di guerra ma per prevenire la guerra, garantendo anche in tempo di pace alle Potenze alleate la difesa reciproca dei rispettivi interessi.

Ora, aggiunsi, sembra che la Francia siasi formata della Triplice e specialmente dell'alleanza itala-germanica un concetto tutto diverso: un concetto cioè per cui la Francia potrebbe offendere impunemente l'Italia perché alleata della Germania, sicura d'altro lato che la Germania non le opporrebbe ostacolo di sorta.

Quindi, io conclusi, desideravo che il signor de Biilow facesse presente tutto questo a S. M. l'Imperatore e a S. A il cancelliere avendo io la fiducia che tutto ciò sarebbe tenuto da essi in amichevole considerazione.

Queste mie dichiarazioni mi parvero tanto più opportune, visto che ci avviciniamo al mese di maggio, all'epoca cioè in cui si dovrà da una parte e dall'altra decidere sulla opportunità di confermare o meno, puramente e semplicemente, il trattato di alleanza.

Del linguaggio da me tenuto al signor de Biilow V.E. potrà mostrarsi edotta presso codesto Governo.

850 2 Cfr. serie Il, vol. XXVI, n. 643. Annotazione a margine di Blanc: <<Per posta e cifra. Mandar copia

851 4 La risposta di Bourgeois a Bodio era stata già comunicata a Biilow da Blanc con lettera del 4 febbraio. Cfr. GP, 11, cit., n. 2657.

852

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 269. Vienna, 10 febbraio 1896, ore 13,30 (per. ore 14,45).

Goluchowski mi ha detto essere stato informato da Deym che Salisbury gli ha dichiarato lealmente che non poteva assumere coll'Austria-Ungheria e coll'Italia nessun impegno più preciso di quello del 1887 2• ·

853

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. RISERVATO 179. Roma, 10 febbraio 1896, ore 14,25.

Prego V.E. telegrafarmi il suo pensiero circa lettere Mangascià e offerte di lord Cromer2 .

2 Questo telegramma fu comunicato 1'11 febbraio alle ambasciate a Berlino e Londra con D. riservatissimo (5470/63 per Londra, 5471/73 per Berlino). 853 1 Ed. in LV91, p. 124 e inLV92, p. 243.

2 Cfr. n. 869.

852 1 Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., p. 286.

854

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 272. Sofia, 10 febbraio 1896, ore 20 (per. ore 21,45).

Ministro degli affari esteri ha detto a me e colleghi Austria-Ungheria, Inghilterra che la Sublime Porta ha incaricato suoi ambasciatori chiedere, conformemente Trattato di Berlino, assenso Potenze riconoscimento principe Ferdinando. Dopo gli ultimi avvenimenti sembrerebbe prudente contegno riserbo.

855

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI

T. 180. Roma, 10 febbraio 1896, ore 21,10.

Dopo annunzio dell'invio del principe di Napoli a Mosca conviene V.E. verifichi esattezza notizia pubblicata dalla Gazzetta di Pietroburgo1 circa rappresentanza Menelik alla incoronazione dello czar2 .

856

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, SALVAGO RAGGI 1

T. RISERVATO 181. Roma, 11 febbraio 1896, ore 14,25.

Se lord Cromer ottenesse per telegrafo autorizzazione dal suo Governo di rispondere in nome della regina nel senso delle precedenti lettere della regina, aggiungendo che riterrebbe possibile un accordo tra l'Italia e Mangascià, se questi si rivolgesse direttamente al Governo italiano, l'inviato di Mangascià potrebbe senza ulteriore ritardo ripartire portando la lettera di Cromer2•

855 1 La notizia era stata data da Maffei con T. 270 dello stesso 10 febbraio, non pubblicato. 2 Per la risposta di Maffei cfr. n. 864. 856 1 Ed. in L V 92, p. 244. 2 Per la risposta cfr. n. 875.

857

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 182. Roma, 11 febbraio 1896, ore 17,25.

Secondo informazione segretissima e sicura da Parigi che dobbiamo dissimulare per non compromettere informatori noti a quella ambasciata mi risulta che dietro istigazioni franco russe le questioni dell'Egitto e dell'Alto N ilo compreso il nostro protettorato vengono riaperte formalmente dal sultano e che gli ambasciatori di Turchia a Londra e a Parigi hanno istruzioni formali per la conclusione di una convenzione sulla base dei diritti del sultano con stipulazioni tali da assicurare le comunicazioni dell'Inghilterra con le Indie, lo scopo comune dovendo essere di por fine ad una situazione incerta che dà luogo a dubbi sulla amicizia esistente tra la Turchia e l'Inghilterra ed è nociva ai rapporti dei due Paesi 1•

858

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 183. Roma, 11 febbraio 1896, ore 21,45.

Il Governo ottomano ci domanda di riconoscere il principe Ferdinando. Non abbiamo particolare obiezione; desideriamo procedere di pari passo con la Germania1 .

859

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, FORD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. STRETTAMENTE CONFIDENZIALE. Roma, 11 febbraio 1896 (per. stesso giorno).

Owing to the anxiety of the Portuguese Government to see reestablished the cordial relations which existed between ltaly and Portugal prior to the incident of

the proposed visit, last year, of the King of Portugal to ltaly, I write to ask you whether it would be unwelcome to the Italian Government if Her Majesty's Government were to tender their good offices in view of bringing about the desired result.

I trust that you will kindly treat this communication as strictly private and confidentiaP.

857 1 Per il seguito della questione cfr. n. 888. 858 1 Per la risposta cfr. n. 861.

860

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, FORD

L. 5758. Roma, 11 febbraio 1896.

Déjà précédemment lord Salisbury a bien voulu, sur le désir du Gouvernement portugais, nous faire demander comment ce Gouvernement pourrait sortir de la situation où il s'est mis 1 , et nous avons répondu, par l'organe de notre ambassadeur à Londres, que c'est au Gouvernement portugais lui-mème d'y aviser2• Nous pouvons d'autant moins donner au Cabinet de Lisbonne des indications à cet égard que, d'après ses propres déclarations, l'embarras où il se trouve dépend de questions ecclésiastiques d'ordre intérieur qui le concernent, et aux quelles nous ne supposons pas que le Gouvernement britannique désire s'intéresser.

861

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 279. Berlino, 12 febbraio 1896, ore 14,47 (per. ore 16).

Ho comunicato barone Marschall telegramma di V.E. di questa notte1 . Governo imperiale non ha ancora avuto domanda per riconoscimento principe di Bulgaria. Marschall desidera pure camminare in questa questione pieno accordo e pari passo Italia e Austria-Ungheria. Mi riservo ulteriori informazioni.

2 Cfr. n. 679. 861 1 Cfr. n. 858.

859 1 Per la risposta cfr. n. 860. 860 1 Cfr. n. 671.

862

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 280. Vienna, 12 febbraio 1896, ore 16,05 (per. ore 17,35).

Goluchowski da me visto oggi mi parve prenda con molta calma gli eventi di Bulgaria. Egli non teme che la Russia voglia o possa esercitarvi una influenza esclusiva; se ciò fosse tentato lo spirito d'indipendenza del Paese non mancherebbe di suscitare una pronta e forte reazione come per il passato.

863

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 281. Vienna, 12 febbraio 1896, ore 16,05 (per. ore 17,30).

Conte Goluchowski m'incarica di riferire a V.E. aver ricevuto ieri l'incaricato d'affari ottomano una comunicazione che gli annunzia aver sultano riconosciuto principe di Bulgaria in conformità dell'articolo tre Trattato di Berlino e invita Governo austro-ungarico ad accordare consenso richiesto dallo stesso trattato. Goluchowski dopo aver conferito coll'imperatore intende rispondere che fino dal luglio 1887 Governo austro-ungarico fece conoscere alle Potenze che esso considerava elezione principe Ferdinando come validamente fatta e che quindi non ha difficoltà ad accordare il chiesto consenso. Egli pensa che i Gabinetti di Roma e Berlino si pronunzieranno nello stesso senso.

864

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 283. Pietroburgo, 12 febbraio 1896, ore 18 (per. ore 20,15).

Oggi ho avuto una conversazione molto schietta sugli affari d'Abissinia con Lobanow, che da quindici giorni io non poteva vedere. S.E. smentì recisamente che si tratti di fare rappresentare Menelik a Mosca1 . Ho parlato poi del dispaccio ufficiale che davanti a me Leontieff consegnò al telegrafo 2 . Scrivo subito dettagli per la posta 3 .

2 Con T. riservatissimo personale 169 del24 gennaio, non pubblicato, Maffei aveva riferito di aver visto Leontiev rimettere al telegrafo un lungo dispaccio cifrato firmato dal generale Prozenko e diretto ad Obock.

3 R. 95!61 del 14 febbraio, non pubblicato.

864 1 Cfr. n. 855, nota l.

865

IL DOTIOR NERAZZINI AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

L. PERSONALE. Zeila, 12 febbraio [1896].

La ringrazio di aver preso in considerazione le mie proposte su Dongareta. Parto in questo momento facendo la strada per terra con scorta mia e di soldati indigeni inglesi. L'orizzonte inglese si è alquanto annuvolato: ieri sera il residente inglese mi disse se non sarebbe stato meglio avvertire prima le autorità di Aden: io ho risposto che doveva dirmelo prima, ma che ora la nave era arrivata, io ero pronto e volevo partire, tanto più che prima di parlarne colle autorità di Aden volevo vedere le condizioni del luogo onde informare il mio Governo quello che il luogo stesso valga per decidere quello che l'Italia potrebbe cedere all'Inghilterra per scambio. E così è deciso che io parta oggi: ma deve esserci nato qualche cosa, perché mi sono accorto di un certo cambiamento dopo l'arrivo della posta d'ieri. Il residente era imbarazzato, e me ne dispiace perché la sua opinione è di valido appoggio. È possibile che i comandanti delle navi nel riferire a Massaua qualche confidenza riservata loro fatta in presenza mia da questo residente, abbiano forse intempestivamente affermato troppo, da compromettere in qualche modo la persona del residente stesso? Mi viene questo dubbio, che espongo a lei in tutta franchezza. In queste faccende la riservatezza, e il silenzio sono il coefficiente massimo della riuscita: ed essendomi accorto di un qualche mutamento, ho ragione di sospettare. Potrebbe darsi che ciò dipendesse dalla nuova attitudine più che amichevole che l'Inghilterra sta prendendo con la Francia, e che la prima non voglia più a nessun costo scontentare la seconda. Sarebbe proprio un gran danno se non riuscissimo nella cessione di Dongareta, che io credo opportunissima per noi e capace di ottimi effetti nella nostra situazione verso l'Abissinia.

Mi trovo moralmente obbligato a fare una parte di questa escursione a Dongareta al console generale inglese per la costa somala in Aden, anche per incominciare le trattative; che, se l'opinione delle autorità di Aden non è favorevole ritenga pure che a Londra faremo naufragio.

Questa la ragione per cui nel telegramma d'oggP ho dimandato nuovamente se posso recarmi in Aden.

Se l'Inghilterra non ci concede Dongareta, è inutile insistere sugli accordi inglesi perché rimarremo sempre colle mani piene di vento. Questa deve essere l'ultima prova; e se non va bene, credo che dovremo venire a un altro orientamento politico verso quella Potenza.

Non ho mai la fortuna di avere un rigo da lei: e in momenti tanto difficili una sua parola d'incoraggiamento mi solleverebbe il morale.

Il generale Lamberti vuole una descrizione molto dettagliata sulle risorse, condizioni topografiche etc. di Dongareta, nel caso di uno sbarco dai 6 ai 10.000 uomini. Io oramai non credo a una azione militare da questa parte, perché non si hanno mezzi di trasporto che bastino neppure per il Tigrè. E poi per i soldati bianchi la stagione comincia ad essere troppo avanzata. Io preferisco di studiare Dongareta dal punto di vista di una cessione vera e propria a noi, per farne un punto italiano come Assab. In ogni modo cercherò di contentare il generale, magari andando a Massaua per riferirgli tutto.

Aspetto con ansietà il resultato di questo affare, e sarei addoloratissimo se non andasse bene. Oggi sono un poco scoraggiato. I responsi inglesi sono sempre come quelli della Sibilla 2 .

865 1 Non rintracciato.

866

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, SILVESTRELLI

T. 186. Roma, 13 febbraio 1896, ore 13.

L'agente di Germania a Sofia ha ricevuto l'ordine di mettersi d'accordo con V.S., e coll'agente austro-ungarico per quanto riguarda l'atteggiamento da prendersi durante le feste 1• A Berlino si ritiene che queste feste hanno un carattere nazionale. Le confermo istruzioni impartitele col mio dispaccio del 9 febbraio 2 di procedere d'accordo col suo collega di Germania nelle relazioni colla Corte e col Governo bulgaro.

2 Cfr. n. 850.

865 2 Il giorno precedente Nerazzini aveva scritto a Mocenni una lettera (Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'esercito) di cui si pubblica il passo seguente: <<Non posso pensare senza rattristarmi alla grossa guerra in cui ci troviamo impegnati. Lei sa come penso, e si ricorda bene come purtroppo l'avevo preveduto. Quanti milioni, quante vite!! e perché? In questo perché si riassume tutto il mio rammarico, le cui ragioni non è opportuno io enumeri a lei in questo momento, sicurissimo che può bene interpretare la mia reticenza. Abbiamo bisogno ora di una vittoria vera, con effettivo scompiglio del nemico, e dopo ... dopo mi raccomando a lei che è al Governo: programma netto, definito e in armonia coi mezzi di cui può disporre l'Italia per conquistare, ma soprattutto per mantenere la cosa conquistata. Non si facciano illusioni: l'Etiopia è forte di per sé, e fortissima per gli antagonismi di Potenze europee verso l'Italia, ciò che l'Etiopia sfrutta a meraviglia. Il nodo vitale dell'Abissinia è I'Harar: la convenzione anglo-francese del 1888 ci preclude la via a tirare il vero colpo definitivo che potrebbe abbattere il nostro nemico. Se almeno si riuscisse ad ottenere una base di operazione qui, o nelle vicinanze, come espressione di una minaccia perpetua ed effettiva contro l'Harar, sarebbe un gran fatto. Io ci lavoro a tutt'uomo, il ministro mi onora di tutta la sua approvazione, e spero di riuscire in qualche cosa: ma le voci di riavvicinamento fra l'Inghilterra e la Francia in questo momento mi fanno paura». 866 1 La notizia era stata comunicata da Biilow con L. personale del 12 febbraio, non pubblicata.

867

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 286. Massaua, 13 febbraio 1896 (per. stesso giorno)2.

Tucoz 12. Seguito autorizzazione Consiglio ministrP e insistente invito Menelik feci fare dal maggiore Salsa seguenti proposte: rinnovamento Trattato di Uccialli; cessione Italia tutto territorio dove piantata bandiera italiana. Controproposte Menelik escludono occupazione permanente nuovi territori, tendono radicale modificazione Trattato di Uccialli. Rispondo con lettera seguente: «Il maggiore Salsa mi riferisce parola per parola quello che Vostra Maestà ha mandato a dire al nostro Governo. Le proposte che Vostra Maestà fa al nostro Governo non possono venire accettate e neppure essere discusse più a lungo. Ella sa quali siano le proposte del mio Governo. Il Governo per fare cosa gradita a Vostra Maestà ha consentito di nominare un uomo per trattare della pace sperando che si sarebbe fatto una cosa giusta ed utile per noi e per lei. Adesso mi sembra trattative doversi considerare finite e ognuno di noi resta libero nelle sue azioni».

868

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. RISERVATO URGENTE 187. Roma, 13 febbraio 1896, ore 13,30.

Dopo risposta di Menelik2 tanto più opportuno diventa approfittare disposizioni Mangascià *e Taclè-Aimanot, * di cui fanno fede loro lettere all'Inghilterra, e di cui io telegrafai replicatamente a V.E.3 . A lei non può mancare mezzo di far sapere *a ras Mangascià, a Taclè-Aimanot, come a Makonnen, * nostre disposizioni *a loro riguardo,* e V.E. è libera di usare *anche mezzi finanziari segreti, sempre così efficaci* 4 nelle guerre africane. Ciò tanto più che ci si rimprovera di non avere abbastanza agito in tale modo, sia con questi, che con altri capi.

2 Manca l'indicazione delle ore di partenza e di arrivo.

3 Cfr. n. 844. 868 1 Ed. in LV 92, p. 245 e, con varianti e l'omissione dei passi fra asterischi, in LV 91, p. 125.

2 Si suppone che la risposta sia quella contenuta nel n. 867.

3 Cfr. nn. 813 e 836.

4 In LV 91, invece del passo fra questi asterischi «qualsiasi mezzo efficace>>.

867 1 Ed. in LV 91, p. 126, in LV 92, pp. 246-247 e in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 388-389.

869

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 293. Massaua,13 febbraio 1896, ore 21 (per. ore 22,40).

Entisciò, 13, ore 16. Pare difficile trattare ora con Mangascià senso indicato telegramma di V.E. in data del 7 corrente 2 . Credo utile avere sollecitamente risposta regina Inghilterra, lord Cromer, del tenore desiderato della quale mi potrei all'occasione servire presso Menelik o Mangascià 3•

870

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 295. Sofia, 13 febbraio 1896, ore 23 (per. ore 24).

Agente di Germania mi ha detto oggi che non andrà domattina cerimonia conversione; anche agenti Austria-Ungheria, Inghilterra non intervengono. Ricevuto dispaccio di V.E. del 9 febbraio 1 .

871

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALLL' AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

D. 5843/77. Roma, 13 febbraio 1896.

Col telegramma delli 11 corrente1 V.E. mi riferiva l'esito felice ottenuto a Zeitun dalla mediazione dei consoli di Aleppo.

Gradirei ora che, con rapporto da potersi eventualmente presentare al Parlamento, ella mettesse in rilievo come l'azione unita dei consoli d'Italia (incaricato di rappresentare altresì il Governo austro-ungarico ed il germanico) di Francia, della Gran Bretagna e della Russia abbia ottenuto un risultato che non fu possibile conseguire alle tre Potenze intervenute diplomaticamente negli affari d'Armenia.

2 Cfr. n. 836.

3 Cfr. n. 872.

871 1 T. 275, non pubblicato.

869 1 Ed. inLV91, p.126 e inLV92, p. 246.

870 1 Cfr. n. 850.

872

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. RISERVATO 190. Roma, 14 febbraio 1896, ore 13,40.

Ho sollecitato risposte inglesi lettere Mangascià2• Nell'attesa anche il mostrarsi edotto di queste lettere sia con Mangascià stesso e Taclè Aimanot che con Menelik potrebbe riuscire utile a V.E.3 .

873

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO 1

T. 192. Roma, 14 febbraio 1896, ore 13,40.

Baratieri sollecita2 risposte inglesi alle lettere di Mangascià di cui al mio telegramma del30 gennaio3 . Ho telegrafato al Cairo 4 manifestando desiderio che Cromer ottenga telegraficamente autorizzazione di rispondere in nome della regina nel senso da noi desiderato. Voglia in proposito pregare lord Salisbury. Ci sarebbe pure utile fosse rimesso a Baratieri testo lettere Mangascià.

874

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

Roma, 14 febbraio 1896, ore 13,45.

Senza impegnarci in nulla e come informazione riservatissima, sarei grato a V.E. d'informarmi personalmente del modo di vedere di codesto Governo circa la possibilità che le fu accennata da Holstein che un ravvicinamento alla Russia potrebbe giovare ai nostri interessi in Abissinia 2 .

2 Cfr. n. 873.

3 Per la risposta cfr. n. 882. 873 1 Ed. in LV 92, p. 248.

2 Cfr. n. 869.

3 Cfr. n. 813, nota 3.

4 T. 191, pari data, non pubblicato. 874 1 Minuta autografa.

2 Cfr. in proposito il n. 879. Per la risposta di Lanza cfr. n. 884.

872 1 Ed. inLV91, p. 127 e inLV92, p. 249.

875

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 298. Cairo, 14 febbraio 1896, ore 16 (per. ore 16).

Salisbury telegrafò lord Cromer che sta preparando progetto di risposta Mangascià, esprimendo rincrescimento ostilità contro italiani e speranza pronta conclusione pace. Lord Cromer crede sarebbe opportuno R. Governo esprimesse suoi desideri Salisbury per mezzo ambasciatore Londra oppure ambasciatore inglese a Roma1 .

876

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI

T. 195. Roma, 14 febbraio 1896, ore 18,35.

Leontieff ci domanda passaggio per Massaua per portare a Menelik chirurghi ed infermieri. Gli facciamo rispondere non avere difficoltà. Lasciamo a Baratieri di far sì che quel viaggio abbia luogo senza danno alle operazioni militari1 . Gli effetti politici di quel viaggio saranno innocui o cattivi secondo le ispirazioni governative cui Leontieff notoriamente ubbidisce. Egli s'imbarcherà il 16 a Marsiglia. Informi di tutto ciò il Governo imperiale 2 .

877

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO 1

Roma, 14 febbraio 1896, ore 18,35.

Lord Salisbury ci farebbe cosa gradita ordinando non solo pronta spedizione della risposta all'attuale lettera di ras Mangascià, ma anche spedizione finora sospesa

876 1 Istruzioni in tal senso furono inviate a Baratieri con T. 198, pari data, di cui si pubblica il passo seguente: <<Lascio a V.E. di far sì che il passaggio dei russi abbia luogo senza inconvenienti militari e pos sibilmente con qualche vantaggio politico>>.

2 Con T. urgente 202, pari data, ore 20,40 fu comunicato a Maffei: «Attenda nuove istruzioni prima di fare qualsiasi comunicazione circa Leontieff>>. 877 1 Ed. in LV 92, p. 249.

2 Il telegramma fu ritrasmesso al Cairo con T. 199, pari data.

della precedente risposta, che ci era stata comunicata, del Governo inglese 3 alla lettera di Mangascià alla regina del21 settembre 18944•

875 1 Cfr. n. 877.

878

IL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

L. PERSONALE. [Roma,] 14 febbraio 1896, ore 23.

Tornato ora a casa trovo la tua di stasera 2• Non so persuadermi che vi sia vantaggio alcuno a lasciar credere che l'Italia si vale di Leontieff per negoziare con Menelik, e che essa ammetta, anche in teoria, che sudditi di terze Potenze vadano a bazzicare ed intrigare pel campo scioano, siano essi medici, o preti, o commercianti o altro.

Capirei che si lasciasse a Baratieri di respingere anche chi a noi non desse noia, ma non capisco che si ammetta anche temporaneamente che il Governo italiano tolleri l'intromissione di forestieri nei suoi rapporti con gli scioani. Altro che rinunzia al protettorato o al Trattato di Uccialli. Si tratta di riconoscere così di fatto il protettorato russo!

A mio avviso tutto questo è sbagliato. Se vogliamo trattare la pace con Menelik (ed io ci sto), trattiamo la direttamente servendoci di Makonnen o di qualche altro ras; ma non mai valendoci né di russi, né di francesi, e nemmeno di svizzeri o d'inglesi.

In Europa deve essere proclamato e arcisaputo che chi fa l'amico di Menelik è nemico nostro; e questo lo dobbiamo dire noi, Governo, e gridare sui tetti, e non farlo dire a Baratieri.

Io quindi risponderei a Leontieff che non possiamo lasciar passare nessuno pel campo scioano. Se egli va a Gibuti, si serva. Gli ci vorrà molto più tempo. Probabilmente sapendo fin da ora che la via di Massaua gli è chiusa, e che trovandolo noi in qualche parte della Colonia non ammetteremmo scherzi, non si moverà; mentre se non viene a saperlo che a Massaua, avendo già con sé anche una comitiva di russi, proseguirà certamente.

Io non esito a votare perché gli si dica netto e crudo che noi non ammettiamo forestieri nel campo del nemico ribelle.

Ogni altro procedimento è, a mio modo di vedere, indecoroso e pericoloso3 .

4 lvi, n. 721. 878 1 Ed. in SONNINO, Carteggio 1891-1913, cit., p. 198. 2 lvi, p. 197. 3 Lo stesso giorno Sonnino aveva scritto a Blanc un'altra lettera sullo stesso argomento (ivi, p. 196)

che si pubblica quasi integralmente: <<Vedo che Leontieff da Zurigo, dove probabilmente avrà conferito con Ilg, si dirige verso l'Abissinia per mettersi a disposizione di Menelik, con un sedicente corpo sanitario. Spero bene che non farete complimenti, e glielo vieterete ed impedirete con ogni maggiore sforzo. Egli potrebbe essere pericolosissimo per noi nel campo scioano, e questa mescolanza di russi non porterebbe che complicazioni pregiudicevoli>>.

877 3 Cfr. serie Il, vol. XXVI, n. 907.

879

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

L. PERSONALE. Roma, 14 febbraio 1896.

La politica inglese non permettendo più che mentre la Germania mantiene il contatto della Triplice colla Russia noi lo manteniamo coll'Inghilterra, accompagnamo ormai puramente e semplicemente la Germania nella politica orientale, finché non ridiventi possibile per parte nostra il riprendere la posizione del 1887. Il vantaggio che ne risulta per la Russia, che si trova ormai tanto padrona del sultano da non aver più bisogno di occupare l'Armenia né d'inviare un governatore a Sofia, può preoccupare l'Austria Ungheria più di noi. Ma questa nuova e grave situazione non deve implicare che la Francia, come ne hanno la fiducia a Parigi, riesca a Roma a quanto la Russia è riuscita a Costantinopoli; non deve implicare che anziché disinteressare la Russia dalla politica anti-italiana ed anti-germanica della Francia, si faccia più potente contro di noi in Occidente il gruppo franco-russo; e che alle provocazioni francesi in Mrica si aggiungano con nuovo accanimento, come apparisce dagli appelli all'insurrezione dei nostri radicali pagati da Parigi, nuove complicazioni all'interno. In altri termini, mentre l'Italia può rassegnarsi a che si stabilisca, per forza maggiore, la preponderanza russa in Oriente, non potrebbe senza abdicazione, senza suicidio, rassegnarsi alla preponderanza francese crescente in Occidente come si vede a Londra e a Madrid; onde ad ogni atto di accondiscendenza della Germania verso la Russia ci pare indispensabile che corrisponda qualche efficace dimostrazione di fermezza verso la Francia. Tale è la conclusione delle ultime comunicazioni che dal presidente del Consiglio e da me le furono dirette1 . Fedeli e fermi nella Triplice, facciamo appello non tanto alla equità ed amicizia della Germania verso di noi, quanto all'interesse germanico, il quale ci parrebbe gravemente compromesso se, non la Russia sola, ma il gruppo franco-russo apparisse vincitore su tutta la linea, coll'appoggio dell'inerzia inglese. Ci pare difficile che sfugga all'acume del Governo imperiale la somma gravità di tale situazione. Conosco troppo la illuminata devozione di lei, caro generale, al re ed al Paese per sentir il bisogno di aggiungere altre premure. Alla gran guerra che ci si fa in Mrica non mancano i mezzi di fomentare anche diserzioni che incominciano nelle nostre truppe indigene. Non dissimulano a Parigi che la nostra politica di alleanze sarà vinta dall'alleanza franco-russa in Mrica. C'è qualche russo presso Menelik, e Leontieff, dopo avere in Pietroburgo, col favore del Governo dello tzar, offerto a Maffei una mediazione fondata sull' abbandono del nostro protettorato di diritto, riparte ora per il teatro della guerra; anzi ci domanda passaggio per Massaua. Non vediamo che cosa potesse significare l'allusione del conte Holstein alla possibilità che il ravvicinamento alla Russia giovi alla nostra situazione in Abissinia. E' possibile che dopo le dichiarazioni della Francia, che è la Triplice che è in causa in Mrica, la sfida non venga rilevata a Berlino? Non è quistione di Gabinetto per noi; è quistione ben più alta e più pericolosa. Billot sembra chercher que

relle. Ha fatto un reclamo infondato per un linguaggio, preteso minaccioso, che il comandante del «Dogali» avrebbe tenuto, e non ha tenuto, al governatore di Obock; e mi ha detto che le sue informazioni segnalano una animosità pericolosa contro la Francia in varie parti d'Italia e specialmente in Sicilia, mentre gli organi di Cavallotti fanno apertamente appello alla rivoluzione. Non possiamo più parlare alla Camera, finché sembreremo praticamente abbandonati, di politica d'alleanze come utile nella pace che sembra ormai al pubblico più che mai assicurata; il sentimento universale essendo che per evitare una guerra l'Italia sarà indefinitamente sacrificata alla Francia purché la Francia si contenti, come si contenta la Russia, di successi che non sembrino distruggere lo statu quo apparente già rovinato in realtà in Oriente. Ora alla Francia basterà poter fare e disfare, con influenze occulte o palesi, i Ministeri in Italia, cacciarci dall'Eritrea, e far constare che l'alleanza è per l'Italia una non-entità nella pace.

Mi scriva privatamente.

879 1 Cfr. nn. 826 e 851.

880

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 218/79. Berlino, 14 febbraio 1896.

Ieri sera ebbi una lunga conferenza col cancelliere dell'Impero, il quale, cosa insolita, lasciando egli quasi sempre al barone Marschall la cura di conferire coi rappresentanti esteri, mi aveva con un biglietto invitato a recarmi da lui. Egli mi espresse anzitutto la sua ammirazione per il valore delle nostre truppe in Mrica e la sua speranza che presto l'opera nostra sia coronata da un importante successo militare, da noi giustamente voluto. Non mi nascose però le sue inquietudini per il seguito, per il caso cioè che dopo quel successo noi non accettassimo di venire ad un componimento (endiguement fu la parola usata dal cancelliere) della questione e volessimo proseguire la guerra a fondo procedendo alla conquista dell'intera Abissinia.

Questo fatto potrebbe per avventura date le simpatie e i propositi manifestati in Russia ove già parlasi della venuta di Makonnen a rappresentare il negus Menelik alle feste di Mosca, dati i sentimenti della Francia, fedele seguace della Russia, condurre queste due Potenze a prendere una parte più attiva, più palese in favore dell'Abissinia e dar luogo a complicazioni che metterebbero non solo noi, ma anche i nostri alleati in una posizione delicata e difficile.

Il principe Hohenlohe concluse dicendomi che credeva suo dovere di amico mettere il Governo italiano in guardia contro questi pericoli e sulle loro conseguenze.

Risposi al cancelliere che avrei portato a conoscenza del R. Governo le sue franche e amichevoli parole, ma che esse, a mio personale avviso, erano inspirate da un concetto meno esatto delle intenzioni del Governo che ho l'onore di rappresentare, dal concetto cioè che questo miri di proposito deliberato a grandi espansioni coloniali, mentre la nostra posizione e la nostra azione in Mrica non è che il risultato di fatti da noi non provocati, dalla malafede e dal tradimento cioè dei nostri prote, .. , i quali purtroppo trovarono ajuti dall'estero.

Soggiunsi che io non conosceva gli intendimenti del Governo, i quali d'altronde dipendono da circostanze che sfuggono al mio apprezzamento ma che riteneva non andar errato asserendo che appunto il conseguimento di una pace onorevole ed una sollecita soluzione della questione abissina che assicuri in qualche modo la nostra posizione laggiù, sia appunto lo scopo cui mira il Governo del re.

Per l'esperienza personale che ho delle cose d'Mrica sono però persuaso che tale scopo non si possa raggiungere senza un'azione campale decisiva e quanto meno senza infondere a Menelik la persuasione della nostra forza, al che deve, a mio avviso, contribuire l'invio a Baratieri di nuovi rinforzi testé ordinato.

Le parole del cancelliere sono state suggerite, come egli mi disse, da rapporti venuti da Pietroburgo. Il principe Radolin, infatti, il quale ebbe ordine di sorvegliare e riferire circa lo stato dell'opinione pubblica in Russia verso le cose d'Abissinia, ha fatto qui noto che da qualche tempo e a misura che crescono le nostre difficoltà quell'opinione si faccia sempre più favorevole alla causa del negus e perfino il principe Lobanoff, che sul principio non dava o fingeva dare nessuna importanza ali' Abissinia, ora vi si dimostri meno indifferente e più riservato.

881

IL MINISTRO DEL BRASILE A ROMA, REGIS DE OLIVEIRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI l

L. PERSONALE. Roma, 14 febbraio 1896.

Je viens de recevoir le télégramme suivant du ministre des affaires étrangères du Brésil: «Protocoles définitifs signés. Réclamations bien acheminées. Fais tout le possible conserver les rélations que je crois excellentes».

Je ne peux attribuer ce résultat qu'à la haute et bienveillante intervention de V.E., à qui je renouvelle mes plus sincères remerciments ...

882

IL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

Massaua, 15 febbraio 1896, ore 12,05 (per. ore 11,45).

Sauria, 15, ore 2,10. Mi valsi già e mi varrò all'occasione presso capi scioani comunicazioni avute circa lettere Mangascià in attesa risposta inglese 3 .

2 Annotazione a margine: <<Guerra Sonnino (d'ordine di S.E. il ministro)>>.

3 Risponde al n. 872.

881 1 Da ACS, Carte Crispi.

882 1 Ed. inLV91, p.l27 e inLV92, p. 249.

883

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL CONSOLE GENERALE A MARSIGLIA, CARCANO 1

T. 205. Roma, 15 febbraio 1896, ore 12,52.

R. Governo non intende impegnare per nulla la libertà d'azione del Governo dell'Eritrea, il quale potrebbe anche impedire lo sbarco quando lo credesse conveniente 2•

884

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 308. Berlino, 15 febbraio 1896, ore 15,10 (per. ore 15,55).

Rispondo suo telegramma di ieri1 . Riavvicinamento Triplice Alleanza a Russia è idea qui presa in considerazione per il caso che circostanza consigliasse; si teme però nostra azione Africa, contraria tendenze russe, possa ostacolare eventuale attuazione.

V.E. vorrebbe invece che ravvicinamento favorisse quella nostra azione; è un circolo vizioso dal quale è difficile uscire se non terminiamo presto con onore e moderazione campagna Africa. Spedisco oggi con ritorno corriere ausiliario rapporto in proposito 2 .

885

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 309. Pietroburgo, 15 febbraio 1896, orel7,40 (per. ore 17,15).

Rispondo suo telegramma1 . Non si può immaginare la doppiezza e la viltà di Leontieff. Egli fu dal principe Lobanow e gli ha detto che io aveva mendicato un colloquio con lui offrendogli due milioni a nome del R. Governo per trattare la pace con

2 Si riferisce a Leontiev. Il presente telegramma fu comunicato a Baratieri con T. 206, pari data, di cui si pubblica il passo seguente: <<Ritengo dopo ciò Leontieff rinuncerà tentativo. Comunque, riteniamo che codesto Governo non dovrebbe, al caso, concedere lo sbarco>>. 884 1 Cfr. n. 874.

2 Cfr. n. 880. 885 1 Cfr. n. 876.

Menelik, ma che rifiutò con indignazione simile proposta ed esibì invece i suoi servizi Governo imperiale presso il negus, ed il principe gli ha dichiarato che la Russia non aveva interesse alcuno in Abissinia. Io dovetti dunque smascherare per forza quel briccone narrando tutto a questo ministro degli affari esteri il quale si è mostrato riconoscente di tale schiettezza. Prego V.E. di autorizzarmi comunicare a principe Lobanow nuovi raggiri di Leontieff che mai sarà abbastanza sorvegliato. È di grandissima importanza politica continuare col principe la via delle confidenze nella quale mi sono messo. Voglia telegrafarmi subito dovendo senza meno recarmi lunedì sera a ... 2 per 24 ore onde fissare appartamento non avendo trovato nulla all'albergo3•

883 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 371.

886

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI l

Roma, 15 febbraio 1896, ore 19,45.

Leontieff sotto pretesto di portare ambulanza sanitaria a Menelik, sta per imbarcarsi a Marsiglia, con personale politico-militare ed alcuni abissini. Egli ha telegrafato a questo ministero chiedendo autorizzazione passare per Massaua. Il r. console a Marsiglia è stato autorizzato se interrogato a rispondere che il governatore ha facoltà d'impedirgli persino lo sbarco. Ci sarebbe grata una dichiarazione precisa di disapprovazione di quella spedizione, da parte del Governo russo 3 .

887

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC1

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 320. Pietroburgo, 17 febbraio 1896, ore 20,19 (per. stesso giorno)2.

Ho comunicato le nuove gesta del Leontieff al principe Lobanow il quale ne riprova vivamente l'audacia. Egli ha detto che il Governo russo non ha nulla di comune con lui e che Baratieri potrà farne ciò che vuole. Questo ministro degli affari este

3 Per la risposta cfr. n. 886. 886 1 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 371-372.

2 Minuta autografa.

3 Per la risposta cfr. n. 887. 887 1 Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 372.

2 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

risi è espresso in modo uguale coll'ambasciatore di Germania *il quale, a mia istanza, gliene aveva preventivamente parlato per tastare terreno, e che rimase assai soddisfatto della risposta ottenuta. Prego V.E. considerare tutte queste informazioni come strettamente confidenziali. Parto per Mosca portando, ad ogni buon fine, meco cifrario K.6. Giovedì mattina sarò di ritorno.*

885 2 Gruppo mancante.

888

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 325. Pera, 18 febbraio 1896, ore 13,42 (per. ore 15,55).

Mi risulta in via privata e confidenziale che alcuni giorni fa ambasciatore di Turchia a Londra ha parlato a Salisbury in forma affatto riservata e amichevole della questione egiziana nel senso della convenienza di dare una soddisfazione ai diritti alto sovrani del sultano, conciliandoli con una guarentigia della comunicazione dell'Inghilterra colle Indie. Non sembra che quel passo sia stato effetto di incitamenti franco-russi a Costantinopoli, ma forse dal desiderio del sultano di non lasciare ad altri l'eventuale iniziativa. Qui invero si sospetta che Francia e Russia preparino ripetute mosse relativamente all'Egitto. Questo però non mi è finora confermato da alcun indizio positivo ed io divido piuttosto impressione dell'ambasciatore d'Inghilterra che in attesa prossima incoronazione czar, Governo russo intenda evitare per ora ogni complicazione. Cambon parte oggi breve licenza per il Cairo ove travasi la sua famiglia.

889

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, MAISSA, ALLL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. 6259/96. Roma, 18 febbraio 1896.

Segnalo all'attenzione di V.E. l'articolo «La politique de Léon XIII a-t-elle échoué?» che fu stampato nel Temps delli 16 febbraio, del quale le rimetto qui unito un esemplare ..

La conclusione di esso che la Russia e la Santa Sede bastano alla Francia per annullare la Triplice Alleanza è di ispirazione ufficiosa e riassume il linguaggio delle personalità francesi le più cospicue nella politica.

890

IL GENERALE DAL VERME AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

L. PERSONALE. Milano, 18 febbraio 1896.

Mentre fra le apprensioni della nostra situazione in Abissinia mi confortavo nel pensiero che almeno i dervisci ci lasciavano in pace, ecco giungermi una lettera di monsignor Sogaro, nella quale mi comunica notizie giunte a lui da Suakin in data 3 corrente1 . E queste notizie recano che Osman Digma è giunto ad Amarat, sua dimora quando entra in azione, con venti emiri, ed intende muovere egli su Tokar e mandare i venti emiri su Cassala.

Ora se la lettera che porta queste notizie è del 3 corrente, vuoi dire che la cosa è accaduta almeno verso la metà di gennaio, cioè un buon mese fa. E a Cassala i nostri non ne sanno nulla, oggi, dopo un mese da tutto ciò!?

Decisamente il servizio di informazioni laggiù è qualche cosa di balordo che supera ogni misura. E non mi si venga a dire che è difficile, e che altro è fare altro è criticare, perché io l'ho fatto, tale servizio in pace e in guerra, e quando si preparava la spedizione del 1887-88, io che ero capo dell'Ufficio 3° allo Stato Maggiore (Africa) ho dato un prospetto delle forze nemiche e di quelle eventualmente alleate che è ancora più esatto oggi (a nove anni di distanza) che le informazioni di Baratieri che era sul posto!!!

Mi duole che il Governo abbia rifiutato a priori di trattare la pace. Il Governo si è assunto una terribile responsabilità! Quando non si è in grado di dar battaglia, pur avendo sotto mano tutto ciò che ha il governatore, e che il nemico chiede di trattare, non si rifiuta. Trattare non è concludere, e le due condizioni di base erano quelle che dovevano essere, dopo due successi per Menelik.

Ho detto che le due condizioni erano accettabili per trattare. E infatti io stesso governatore ebbe a dire che il territorio occupato dopo Adigrat lo era per ragioni militari soltanto, non per stabile occupazione. Dunque si poteva ammettere lo sgombro, dacché in pace non esistono più le ragioni militari che hanno richiesto la temporanea occupazione. E quanto al Trattato d'Uccialli, si può modificarlo radicalmente quanto si vuole, che tanto rimpetto alle Potenze europee vale la prima notificazione. E se Menelik esigeva una seconda notificazione, ebbene, che male ne sarebbe venuto?

Un articolo qualunque, anche quello proposto dalla regina Taitù, basta anche oggi per le Potenze ad ammettere implicitamente la nostra esclusività d'influenza. Non so quante volte io ho detto, ripetuto, cantato in musica questa teoria che è fondata sulla esperienza. Non mi si è mai voluto dar retta, da sei anni in qua, ed ora

per tema di toccare alla santità dei versetti del trattato, quasi fosse il Corano, si arrischia di mandare l'Italia alla malora.

Mi perdoni lo sfogo ....

P.S. Non si mettano in mente di spingere Baratieri ad inseguire il nemico se si ritira. Sarebbe correre contro ad un disastro, quando anche le difficoltà dell'approvvigionamento non lo impedissero. E se poi si commette la pazzia di far passare a 20.000 italiani la stagione delle piogge lassù ...

Non finisco perché direi un'impertinenza. Tanti saluti -e mi perdoni l'orribile scrittura2 .

890 1 Queste notizie erano state comunicate da Blanc a Baratieri con T. 212 del 17 febbraio.

891

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI

T. 224. Roma, 19 febbraio 1896, ore 23,35.

Se ella lo crede possibile voglia chiedere al principe Lobanoff se possiamo servirei presso Governo francese delle sue dichiarazioni circa Leontieff1 .

892

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

R. 117/55. Londra, 19 febbraio 1896 (per. i/22).

Riferendomi ai telegrammi di V.E. in data del 30 gennaio e del 14 febbraio di quest'anno2 , ho l'onore di trasmettere qui unita a V.E. la copia di una lettera indirizzata da ras Mangascià alla regina d'Inghilterra in data 23 Nekasi (28 agosto 1895) e della minuta di risposta che lord Salisbury si propone di sottomettere all'approvazione della regina.

Questi sono i documenti che, in via confidenzialissima, ho potuto ottenere dal Foreign Office.

re critiche a Baratieri, auspicava la sua sostituzione con Baldissera. 891 1 Cfr. n. 887. Per la risposta di Maffei cfr. n. 898. 892 1 Ed. in LV 92, pp. 255-256.

2 Cfr. nn. 813, nota 3 e 873.

ALLEGATO I

IL RAS DEL TIGRÈ, MANGASCIÀ, ALLA REGINA DI GRAN BRETAGNA, VITTORIA

L. (traduzione dall'amarico). 23 nekasi (28 agosto 1895).

With ali due respect I beg to offerto Your Majesty my greetings and I hope you are well. Tbank God I am well. My fatber ali his life lived under tbe sbadow of Your friendsbip, and it is said tbat sucb as tbe fatber does so sbould tbe san follow in bis footsteps.

Tbe former friendly relations between Your Kingdom an d tbe Kingdom of Etbiopia bave not been changed. But now tbe Italians bave come and bave occupied my country. I beg Your Majesty will not be unmindful of tbe old friendsbip wbich exists between Your Government and my father, wbich he advised me to maintain.

I bave delayed writing to Your Majesty because tbe roads are cut; otberwise notbing would bave prevented me from writing. Neitber mountains nor rivers will prevent me from writing or failing in my friendship to a friend.

ALLEGATO II

IL PRIMO MINISTRO E SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, SALISBURY, AL RAS DEL TIGRÈ, MANGASCIÀ

PROGETTO DI LETTERA. Foreign Office, ... febbraio 1896.

I am commanded by tbe Queen of Great Britain, and Ireland, Empress of India, to inform you that your letter dated tbe 21'1 of September last2 as been received and tbat it bas given Her Majesty great pleasure to bear from You. Wbile assuring you of tbe sincere friendsbip witb wbicb the Queen is animated towards You, I am to express Her Majesty's regret tbat bostilities sbould have broken out between Abyssinia and Italy, and I am to add that Her Majesty eamestly hopes tbat peace between the two countries may soon be concluded on satisfactory and lasting terms.

890 2 Non si pubblica una lettera a Levi del 22 febbraio di Franchetti in cui questi, dopo aver mosso seve

893

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. 225 bis. Roma, 20 febbraio 1896, ore 11.

Per mia norma personale ti prego telegrafarmi se credi poter concertare col Governo britannico compenso per Cassala quando noi per motivi militari di concentrazione facessimo il sacrifizio politico di sgombrarla1 .

892 2 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 907. 893 1 Per la risposta cfr. n. 895.

894

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PERRERO

T. 228. Roma, 20 febbraio 1896, ore 12,25.

Tornielli telegrafa1 che gli è segnalato attivo lavorio tra Francia e Spagna per intesa circa cose del Marocco2 .

895

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 347 bis. Londra, 20 febbraio 1896, ore 13,09 (per. ore 15).

Lasciami breve tempo per scandagliare terreno poi risponderò con conoscenza di causa tuo telegramma odierno1 .

896

L'AMBASCIATORE A MADRID, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 348. Madrid, 20 febbraio 1896, ore 17,45 (per. ore 23,50).

Dietro colloquio avuto jeri con ambasciatore di Inghilterra avevo preparato rapporto riservato a V.E. circa lavorio Francia per attirare Spagna contro (?) interesse Marocco. Ho ricevuto il telegramma del medesimo soggetto1• Lavorio esiste ed è conosciuto Governo inglese, ma non sembra avuto risultato. Ambasciatore di Francia sembra avere proposto aiuto Francia per grandi operazioni finanziarie necessarie Spagna cercando compensi politici e commerciali, che il ministro affari esteri non abbia accettato. Ambasciatore di Francia partito breve licenza forse per chiedere istruzioni.

2 Analogo telegramma venne inviato in pari data a Madrid e Tangeri col n. 229. Per le risposte cfr. nn. 896, 936 e 943. 895 1 Cfr. n. 893. 896 1 Cfr. n. 894, nota 2.

894 1 T. 334 del 19 febbraio, non pubblicato.

897

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

D. RISERVATO 6414/791 . Roma, 20 febbraio 1896.

In relazione alle informazioni concernenti i negoziati riaperti dalla Porta con l'Inghilterra perché questa regolarizzi la sua situazione in Egitto 2 , chiamo l'attenzione di V.E. sulla attività segnalata della coalizione sudanese-abissina fomentata dalla Francia e dalla Russia per dominare l'Alto Nilo.

Qualunque sia l'esito della lotta che sosteniamo in Africa, avremo fatto quanto da noi dipendeva per interessi che lord Salisbury non volle considerare comuni, come ritenevamo, fra Inghilterra e Italia; e non sarà per imprevidenza nostra se le forze abissine, organizzate per la gran guerra, domineranno il Sudan egiziano.

Il risorgere periodico della questione egiziana suole fornire occasione a nuove transazioni dell'Inghilterra con Francia e Russia, ed il contegno di lord Salisbury nella questione dell'Harar non esclude che le sue concessioni al gruppo franco-russo vadano fino ad ammettere la protezione delle due Potenze sull'Harare sullo Scioa.

Le previsioni dell'E.V. riguardo ad una tale eventualità saranno da noi prese in seria considerazione per le risoluzioni che avremo a sottoporre al Parlamento, la nostra Colonia come già accennai non potendo avere condizioni di vitalità, se la parte meridionale del nostro protettorato di diritto viene assicurata al nemico3 .

898

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 351. Pietroburgo, 21 febbraio 1896, ore 14,30 (per. ore 16,52).

Con il pretesto di salutare il principe Lobanoff al mio ritorno da Mosca, gli feci ieri una visita, ed ho creduto opportuno dirgli aver luogo di credere che il Governo del re fosse rimasto soddisfatto della disapprovazione da lui espressami relativamente alle gesta di Leontieffl, circa al quale ci lasciava piena libertà d'azione. Questo costituisce dunque una nuova e formale presa d'atto da parte mia ed il principe si è mostrato grato delle mie parole ripetendomi il suo disprezzo per Leontieff. * Cio non

2 Cfr. n. 888.

3 Cfr. in proposito le considerazioni di SoNNINO, Diario, vol. I, cit., pp. 269-270.

dimeno considererei estremamente pericoloso chiedergli di fare uso delle sue dichiarazioni; ma siccome egli non mi ha imposto nessuna restrizione non veggo perché

V.E. non se ne servirebbe, ben inteso, nella maniera la più prudente. È troppo poco tempo che ho portato principe Lobanoff su di un terreno alquanto più favorevole per arrischiare di guastare tutto con domande eccessive; mi permetto così di raccomandare la massima circospezione 2•

897 1 Minuta autografa.

898 1 Cfr. n. 887.

899

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. 232. Roma, 21 febbraio 1896, ore 18,10.

Il suggerimento personale del mio telegramma di ieri1 fu approvato in Consiglio dei ministrF. Qualche collega osservò il risorgere della questione egiziana potere indurre il Governo britannico a non darci compensi né facilitare una nostra concentrazione sopra Agordat che lascerebbe più libere le vie ai sudanesi per Suakin, ed essere da considerarsi da noi in tal caso se ci convenga esporci a Cassala ad un forte attacco facendo gratuitamente il comodo degli inglesi. Aspetto il più presto possibile la risposta annunziatami in via privata da V.E.3 .

900

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA E MADRID E ALLA LEGAZIONE A TANGERI

Roma, 21 febbraio 1896.

Nel trasmettere a V.E. l'unita memoria «L'Africa secondo il Ministero francese delle colonie» come risulta dalla «Carte générale des possessions françaises en Afrique au l er janvier 1895» richiamo l'attenzione di lei su quanto riflette

sterisco all'ambasciata a Berlino. 899 1 Cfr. n. 893.

2 Da SONNINO, Diario, vol. I, cit., p. 249 risulta che il Consiglio dei ministri si era riunito lo stesso 21 febbraio alle ore 15,30. Sonnino voleva il ritiro da Cassala senza chiedere compensi all'Inghilterra.

3 Cfr. n. 895. 900 1 Il dispaccio fu inviato a Londra col n. 6503/81, a Berlino col n. 6504/101, a Madrid col n. 6505/28, a Costantinopoli col n. 6506/83 e a Tangeri col n. 6507/15.

(Ambasciata a Londra) gl'hinterland della Costa d'oro inglese, del territorio del Niger, dell'est africano britannico, e dei possessi inglesi sul golfo d'Aden, che rimarrebbero tutti compromessi qualora si ammettessero senz'altro le determinazioni tracciate nella detta carta, nella quale colpisce, più d'ogni altra cosa, la tendenza a ricongiungere i territori dell'ovest africano, su cui si afferma il dominio francese, a quelli della baia di Tagiura all'est, sia direttamente sia indirettamente, mediante l'azione che si tenta d'esercitare in Etiopia con direzione al N ilo e al Sudan, sul quale, come per l'Egitto, non si riconosce in quella carta nessuna influenza inglese.

(Ambasciata a Berlino) gl'hinterland del Togo e del Camerun, che rimarrebbero compromessi qualora si lasciasse senza rimarco la delineazione della carta francese.

(Ambasciata a Madrid) gl'hinterland del Marocco e del governatorato del Rio dell'oro che rimarrebbero compromessi qualora si lasciasse senza rimarco la delineazione della carta francese.

(Ambasciata a Costantinopoli) l'hinterland della Tripolitania, che dalla carta francese è arbitrariamente determinato specialmente per quanto si riferisce a Gadamès, Ghat e a Bilma ove fanno capo le grandi strade carovaniere conducenti al Tciad.

(Legazione a Tangeri) la integrità del Marocco, che rimarrebbe compromessa qualora si lasciasse senza rimarco la delineazione della carta francese, nella quale il Tuat è completamente avvolto dalla zona d'influenza francese e Figuig è equivocamente indicato.

(Per tutti). Comunico quanto precede alla E.V. (S.V.) perché ella se ne valga, occorrendo, presso codesto Governo nel modo e nella forma che crederà più conveniente.

ALLEGATO

L'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI DEL MINISTERO DEGLI ESTERI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

MEMORIA. Roma, ... giugno 1895.

La <<Carte générale des possessions françaises en Afrique au l er janvier 1895» edita in Parigi da Augustin Challemel (Librairie coloniale, 5, me Jacob) a cura di quel Ministero delle colonie, e destinata ai membri del Parlamento francese, è tale da richiamare la generale attenzione.

Affinchè l'occhio di coloro ai quali è destinata non sia distratto dallo scopo cui si è mirato, sulla distesa in bianco del continente africano sono colorati con due diverse tinte rosee solo i paesi ed i territori considerati in Francia come possessi francesi, i quali (come si apprende dalla leggenda della carta stessa) vengono distinti in due categorie; cioè:

l) Possessions et pays de protectorat proprement dits;

2) Zòne d'influence politique;

quelli, segnati con fitte righe orizzontali continue, questi con punteggiatura; segni che danno all'occhio l'impressione di un color vivo per i primi, più attenuato per i secondi. La carta è stata costruita prendendo per meridiano di base quello di Parigi. Or, ciò che nell'esaminarla colpisce, a prima vista, l'osservatore, è, oltre all'aver fatto della

Tunisia una semplice continuazione, una cosa sola col diretto possesso dell'Algeria, la franchezza con la quale vi si accenna a costituire in un grande insieme, senza soluzione di continuità, tutta la sterminata distesa di territorii che va dal capo Bon a Brazzaville sul Congo, dal Capo Verde al Bahr-el-Ghazal, con tentativo di limitare alla costa, senza alcun hinterland, il Marocco ed i possessi europei di qualunque nazionalità scaglionati sull'Atlantico fin verso le foci del Congo.

La gran macchia rosea s'avanza così con una larga curva, che va dal golfo di Gabes al 5° di latitudine nord, donde s'insinua nel territorio del Bahr-el Ghazal.

Né basta: altra macchia parte dalla baja di Tagiura con sfumatura che accenna all'intendimento di congiungersi alla precedente, in modo da avvolgere a sud la valle del N ilo, tagliandole tutte le comunicazioni con l'Africa australe.

Quando si rifletta alla tenacia dei propositi con cui la Francia continua a rodere gli hinterland ancora rimasti al Marocco ed alla Tripolitania; al diritto di prelazione che si arroga sul territorio dello Stato indipendente del Congo, col quale, in questi ultimi tempi, ha stretto una convenzione in antitesi con la precedente stipulata dal Congo coll'Inghilterra circa la zona fiancheggiante l' Alberto-Nianza, disponendo così in favore del Congo di un territorio posto nella valle del Nilo; e si pensa, inoltre, all'opposizione non dissimulata contro l'azione inglese in Egitto, nonchè ai tentativi fatti in Etiopia a danno dell'influenza italiana sancita dai trattati; dinanzi a questa carta così recente ed ufficiale, risulta evidente che la Francia prosegue il disegno grandioso, di ridurre al suo dominio ed alla sua influenza il continente nero, a partire da oltre il 10° parallelo di latitudine sud, per giungere fino alle rive del Mediterraneo.

Quando poi da una osservazione sommaria si passa ad un esame minuto dalla carta, ciò è eloquentemente confermato da significanti particolari.

Infatti, mentre per i paesi dell'Africa australe fin verso l'Equatore gli scompartimenti territoriali sono indicati, segnando e i rispettivi confini e la Potenza che ne ha il possesso diretto od il protettorato, per quelli a settentrione non avviene altrettanto. In tutta l'Africa orientale non si trova nessun segno di confine e nessuna indicazione di possesso, tranne sulla costa dell'Oceano indiano, che va dal confine nord e nord-est dei possedimenti tedeschi nell'Africa orientale, al capo Guardafui; costa divisa dalla foce del Giuba in due parti. Su di essa e ben prossime al mare si trovano le due leggende: «Possessions anglaises de l'est african>>, ad ovest del Giuba, e «Possessions italienneS>> ad est di detto fiume.

Ma più a nord non si trova nessuna traccia dei confini fissati dal protocollo anglo-italiano del maggio 1894 per le rispettive zone d'influenza nella penisola dei somali. E peggio ancora avviene risalendo al golfo d'Aden ed al Mar Rosso: ché, mentre il confine di sud-est del possedimento francese di Obock viene spinto sin presso alla città di Harar, nessunissimo cenno reca la carta sui possedimenti italiani del Mar Rosso, sull'Eritrea, sul nostro protettorato in Etiopia e sui protocolli anglo-italiani del marzo ed aprile 1891, che fissano i confini occidentali della nostra sfera di influenza.

Solo confine segnato nella vasta zona d'influenza italiana ed inglese nell'Africa orientale è quello suaccennato, che fu stabilito con la nota convenzione anglo-francese del febbraio 1888; ma, senza far altri nomi o dare altre indicazioni, che potevano riuscire incomode, il confine stesso viene -come s'è già rilevato -spinto vicino alla città di Harar, la quale è lambita a nord dal colore roseo sfumato indicante i paesi d'influenza francese, invece di fermarsi a nord-est di Gildessa, come è fissato nel detto protocollo.

Ma non la sola Italia è trattata, in questa carta ufficiale, in modo fantastico.

Sulle coste del Mar Rosso, come lungo tutta la valle del Nilo, è vano ricercare qualsiasi punto che accenni ad un qualche interesse od influenza inglese o d'altra Potenza; così pure, lungo le spiagge africane del Mediterraneo fino al golfo di Gabes, fin dove, cioè, incomincia il roseo vivace del dominio francese.

Nel Mediterraneo è degno di nota, il fatto che, mentre alla indicazione «Ile de Malte>> fa seguito fra parentesi quella di (A) «anglaise>>, e così avviene pure per «Gibraltar>>, non avviene altrettanto per l' «Ile de Chypre>>.

Mentre poi il compilatore della carta ha sentito vivo lo scrupolo di far conoscere che l'Ile de Malte e Gibraltar sono inglesi, dimentica invece di segnare che sullo stretto di Gibilterra, e precisamente sulla sponda africana; la Spagna ha da secoli dei possedimenti; e del pari dimentica d'indicare essere la costa sull'Atlantico che corre da capo Bojador al capo Bianco pure possesso spagnuolo, conosciuto col nome di governo del Rio dell'oro, e riunito alla capitaneria delle isole Canarie.

Né minori sono le sorprese che riserba allo studioso l'ispezione degli altri paesi segnati in color di rosa, e che, a parere dell'autore della carta, formano le «Possessions françaises en Afrique».

Con lo stesso metodo con cui si è fatta giungere l'influenza francese sino alla città di Harar, si fanno lambire dalle varie tonalità del delicato colore, Figuig, finora marocchino; Ghadamès e Ghat, (sulla carta Rhiìt) appartenenti senza contestazione all'hinterland tripolino; e così Jat, donde la linea sfumata della influenza francese volge arditamente a sud-est, per terminare, come si disse, sul Bahr-el-Ghazal, al 5° grado di latitudine nord. lvi si congiunge al colore più denso, segnale di possesso effettivo, che dall'Ubangi e dal M'Bomu a sud, va a nord ed a nord-ovest, abbracciando tutto il bacino dello Sciarì superiore fino al 10° di latitudine nord, e da questo punto la destra soltanto, recingendo il lago Tciad dalla foce dello Sciarì ad est, nord ed ovest fino a Cuca, rasentata, al solito, dal colore rosa.

Dalla parte occidentale, una linea retta che parte dai possessi algerini, segnati come effettivi fino a sud di Figuig, taglia l'incrocio del 5° di longitudine occidentale da Parigi col30o di latitudine boreale, e va a terminare al 21 o 20' pure di latitudine nord, sul prolungamento della linea di divisione fra il Senegal ed il governatorato di Rio dell'oro, togliendo al medesimo ogni hinterland.

Con queste due linee sono congiunti i possessi francesi del Mediterraneo a quelli del Senegal, della Guinea francese, della Costa dell'avorio e del Congo francese; e la congiunzione si termina, dal Niger al lago Tciad, con altra linea che, nonostante la convenzione anglofrancese dell'agosto 1890, va direttamente secondo il12° 30' di latitudine nord, lasciando Barma e Socoto alla Francia.

Dal vasto aggregato rimarrebbe tagliato fuori il territorio del Dahomey, poichè gli hinterland rispettivi della Costa d'oro inglese, del Togo tedesco, del Dahomey francese e del territorio del Niger anche inglese, non furono mai oggetto di convenzione fra le Potenze interessate, i cui interessi potrebbero essere in antagonismo; ma l'ingegnoso autore della carta non si scoraggia per ciò. Prolunga alquanto verso nord i confini che separano il Dahomey ad ovest dal Togo germanico, ad est del territorio del Niger britannico; quindi li fa volgere arditamente, il primo a nord-ovest fino poco sopra il 10° di latitudine nord, il secondo a nord-ovest fino alla riva destra del Niger, il quale fiume è preso da lui per confine effettivo a nord-est, poi con una larga fascia del solito color di rosa attenuato, limita l'hinterland del Togo tedesco e della Costa d'oro inglese, mentre collega il Dahomey all'impero africano francese.

Il quale impero viene così ad avere, per ora, tre basi d'espansione, senza pregiudizio dell'altra a cui si mira d'altro lato: la baia di Tadjura. Esse sono: Tunisi ed Algeri a nord, quello che l'autore della carta chiama Sudan francese ad ovest, ed il Congo francese, aspettando che vi si aggiunga il Congo indipendente, a sud.

Così, senza parlare dell'oasi di Tuat, che verrebbe ad essere considerata come completamente avvolta dalla zona d'influenza francese ed in essa compresa, senza parlare del modo equivoco col quale figurano Figuig, Ghadames e Ghat, modo che può offendere gli interessati all'integrità marocchina e tripolina, l'hinterland tripolino viene a subire un altro ben grave attentato.

Le due grandi strade carovaniere, le quali da Ghadames e da Tripoli per l'oasi di Bilma conducono al Tciad, sarebbero, accettando questa nuovissima geografia politica dell'Africa, a discrezione della Francia, venendo ad essere in suo potere l'oasi di Bilma stessa, ove debbono necessariamente far capo.

Né basta: venendo con tale sistema anche il Vadai ed il Baghirmi ad essere inclusi nella sfera d'influenza francese, questa non troverebbe ormai più altri limiti alla sua espansione verso est che nel suo beneplacito stesso.

Quando nella convenzione anglo-germanica del 20 novembre 1893 sul lago Tciad, l'Inghilterra proponeva e la Germania accettava che quest'ultima non avrebbe estesa la sua influenza ad est dello Sciari, e quando nell'accordo del 4 febbraio 1894 fra la Germania e la Francia si ripeteva ancora che lo Sciari era il limite dell'espansione tedesca ad est, non poteva essere certo nell'intenzione di tutte le parti contraenti che quello che non veniva consentito alla Germania dovesse senz'altro essere considerato come concesso alla Francia.

Tutt'al più la questione potrà essere oggetto di ulteriori accordi fra le Potenze interessate, anche per il fatto evidente che, in rapporto alla Francia, detti paesi sfuggono alla sua influenza secondo la teoria degli hinterland, e che, rinunziandovi per parte loro e la Germania e l'Inghilterra per i possessi rispettivi sull'Atlantico (compagnia Niger e Camerun), la teoria stessa sarebbe in favore della Tripolitania, anche senza tener conto dei diritti della Turchia.

Né va omesso che, a norma di quanto venne stabilito dall'Atto generale della Conferenza di Berlino, le affermazioni di protettorato debbono essere notificate alle Potenze firmatarie, alle quali fu riconosciuto il diritto di fare le proprie eccezioni.

Ora nulla di simile è avvenuto per il Vadai e per il Baghirmi, e per tante altre delle regioni summenzionate.

Riassumendo, la carta che abbiamo esaminato, mentre segna vere usurpazioni di territori per parte della Francia, sia perché la presa di possesso non ne fu mai notificata alle Potenze firmatarie dell'Atto generale di Berlino, sia perché essi formano parte integrante di legittimo dominio di altre Potenze, non tiene alcun conto dei diritti acquistati dall'Italia in Africa in virtù di regolari trattati, non accenna neppure a quelli dell'Inghilterra lungo il corso del Nilo, e porta un fiero colpo all'equilibrio del Mediterraneo, con una arbitraria determinazione degli hinterland tripolino, tunisino, algerino e marocchino. Così anche i possedimenti spagnuoli del Mediterraneo, i possedimenti tedeschi e portoghesi dell'Atlantico, e quelli dello stesso Stato libero del Congo sono, come si è visto, arbitrariamente delimitati.

898 2 Questo telegramma fu comunicato in pari data in chiaro per posta all'ambasciata a Parigi e fino all'a

901

IL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

L. PERSONALE. [Roma,] 21 febbraio 1896, sera.

Se nulla interviene a frapporre indugio alle disposizioni che ho preso, il tenente generale commendatore Antonio Baldissera sarà a Brindisi domenica 23 corrente.

Domani 22 faccio partire per Brindisi un ufficiale onde gli consegni quanto occorre per sua istruzione e per le comunicazioni a Baratieri. L'ufficiale partirà alle ore 13. Bisognerebbe dunque che il decreto che affida al Baldissera il comando e la suprema autorità civile· e militare fosse firmato e controfirmato prima di mezzogiorno.

Sia compiacente, la prego, di dirmi se ella stessa si reca da Sua Maestà domattina o se intende che vada io. Ritengo, se non mi inganno, che il decreto dovrà essere controfirmato da V.E., dal ministro esteri e da me.

Attenderò un suo cenno domattina.

901 1 Da ACS, Carte Crispi.

902

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Costantinopoli, 21 febbraio 1896.

J' envoie par ce courrier le rapport concernant l'affaire de Zeitoun 1 . J'ai tenu compte, dans la conclusion, du hint contenu dans la dernière dépeche du ministère 2 , autant qu'il était loisible de le faire sans donner une trop violente entorse à la vérité. Or la vérité est que si les zeitounais n'avaient pas canardé les tures comme ils l'ont fait, nous n'aurions pas plus réussi à Zeitoun qu'ailleurs. S'agissant au surplus d'un document qui ne sera pas lu seulement par nos bons députés, mais aussi et surtout par les chers collègues, je n'aurais guère pu, sans m'exposer au reproche de contravention à la probité professionelle, parler d'un échec de la fameuse action à trois. Le but que cette action se proposait, en tant qu'il s'agissait d'obtenir la promulgation des réformes sur le papier, a été atteint tant bien que mal. Quant à leur exécution, c'est un altro pajo di maniche, mais ceci est passé, dès le mois de novembre, dans le domaine des six et leur impuissance découle des circonstances générales qui se sont imposées à l'Angleterre età ses amis, dans toute cette question. J'estime d'ailleurs qu'à l'état des choses, il ne vaut pas la peine de publier trop de documents, et depuis novembre il a coulé tant d'eau dans le Bosphore et ailleurs, que vous penserez peut etre comme moi qu'on peut se dispenser, à l'heure qu'il est, d'exhumer la défunte action à trois pour les réformes de l'Arménie.

Ce qui m'intrigue, pour le moment, c'est plutòt la question d'Egypte qui a toute l'air de vouloir revenir sur le tapis. Il est très difficile pour nous d'apprendre ici quelque chose de positif sur ce qui se passe au Palais où toutes les affaires sont maintenant concentrées. Les démarches de Costaki à Londres sont-elles l'effet d'une action exercée auprès du sultan par Cambon et Nelidoff? S'il en était ainsi, il faudrait y voir le commencement d'une campagne qui pourrait mener loin. Saurma a plutòt l'air de croire à la possibilité d'un arrangement direct entre Londres et Paris en vue de la résurrection d'un condominium quelconque. Ceci me semblerait, au vrai dire, un peu fort. Je lui ai fait remarquer, entre autres, qu'une telle combinaison ne serait guère compatible, à mon sens, avec l'esprit (sinon avec la lettre que je ne

connais pas) des engagements que l'Angleterre et nos alliés de la Triple ont envers nous. J'ai lu, à ce propos, avec un vif intéret les lettres que vous avez échangées avec Lanza. Mon impression est que les suggestions de Holstein3 sont simplement perfides, et je verrais pour ma part une raison de plus pour ne pas laisser passer le 6 mai -puisque 6 mai il y a -sans dire un mot ou deux. Je crois qu'on se trompe étrangement à Berlin quand on pense pouvoir forcer l'Angleterre à entrer dans l'alliance en lui «donnant des leçons». Puisque telle est leur idée, il me plairait de les prendre au mot, en leur donnant un terme raisonnable pour atteindre ce but, mais en ajoutant que si à la prochaine échéance de notre engagement, l'Angleterre n'est pas entrée formellement dans l'alliance, il nous sera impossible d'y rester nous memes. Excusez moi si je vous parle ainsi librement, alors surtout qu'il s'agit d'un traité que je n'ai pas vu et dont je ne connais meme pas la durée. Mais ce que je connais, camme tout le monde, de ses résultats, a trop justifié la méfiance qu'il m'a inspiré dès le début -et que je me suis permis de vous exprimer il y a bient6t dix ans pour ne pas me faire souhaiter d'en voir la fin. Si on pouvait s'en dégager gentiment, en donnant la raison bien légitime de l'impossibilité où nous sommes de compromettre notre amitié envers l'Angleterre et de nous trouver, sans appui dans la Méditerranée, livrés à la France, etc., il me semble qu'une telle déclaration parfaitement loyale nous dispenserait meme des soupçons d'avoir cédé à cette dernière Puissance. Une telle opération sera-t-elle praticable? Il faut souhaiter, pour cela, que d'ici au mois de mai, nous soyons délivrés de ce lourd boulet d'Abyssinie. Mais je ne veux pas toucher ces dolenti note!

J'ai appris avec regret que vous avez été souffrant dans ces derniers temps. J'espère que le retour de la bonn e sai so n va bient6t ramener v otre complet rétablissement.

902 1 Non pubblicato. 2 Cfr. n. 871.

903

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 359. Berlino, 22 febbraio 1896, ore 14,56 (per. ore 17,35).

Governo germanico ha ricevuto da Radolin stesso comunicazione contenuta dispaccio Maffei del 17 corrente1 oggi giunto per la posta. Radolin soggiunse che seguendo le istruzioni ricevute continuerà modo prudente agire su Lobanoff perché si mantenga buona disposizione dimostrata ora verso Italia nella questione Leontieff.

902 3 Cfr. n. 689. 903 1 Cfr. n. 887.

904

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO 1

L. PERSONALE. [Roma,] 22 febbraio 1896, ore 15.

La tranquillità con la quale procedette ieri il Consiglio dei ministri fu mirabile. Essa contrasta con gli ardori del giorno 7 e la vivace discussione dell'S.

Lodo le risoluzioni prese e dimentico le antitesi, poiché voi e Saracco vi siete convertiti al partito della guerra. Devo però in coscienza dichiararvi che la lotta, come oggi è condotta, difficilmente potrà esser fortunata, e che, se non si cangia metodo, potremo perdere sangue e danaro ed in conseguenza non ottenere dai nostri sacrifizi quei beneficii ai quali l'Italia ha diritto.

Noi siamo sulla difensiva, ed il terreno nel quale combattiamo non è mica a noi favorevole. Per vincere il nemico, bisogna attaccarlo in casa sua. I 10 mila uomini che, non chiesti da Baratieri, ieri avete decretato, bisognerebbe mandarli allo Harar o dalla parte della Somalia o dall' Aussa. Menelik e Makonnen, aggrediti nel proprio territorio, toglierebbero subito il campo ed il Tigrè sarebbe liberato. Allora terminerebbe la guerra e potremmo imporre la pace, anche generosamente restituendo al re dei re le provincie da noi occupate.

Allo Harar potremmo imporre una indennità di guerra.

Si è inventato il vocabolo espansione, per impedirci di fare la guerra logica. Ma gli uomini di senno non devono lasciarsi vincere dai pregiudizii. Devono seguire la via diretta, che sola può condurre alla vittoria.

Non chiedo risposta a questa mia. Mi basta che la leggiate nella speranza di convertirvi2 .

905

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. 234. Roma, 22 febbraio 1896, ore 17,35.

Il progetto di risposta di lord Salisbury1 a Mangascià non facendo nessuna differenza fra l'amicizia inglese verso Mangascià e quella verso l'Italia, mentre la risposta del Ministero Rosebery allo stesso Mangascià parlava dell'Italia come alleata dell'Inghilterra2, crediamo che l'invio di tale risposta nuocerebbe ai nostri interessP.

2 Per la risposta cfr. n. 906. 905 1 Cfr. n. 892, allegato II.

2 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 807.

3 Per la risposta cfr. n. 918.

904 1 Da Archivio Sonnino; ed. in SONNINO, Carteggio 1891-1913, cit., pp. 199-200.

906

IL MINISTRO DEL TESORO, SONNINO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO,CRISPP

L. PERSONALE. Roma, 22 febbraio 1896, ore 23 2.

Rispondo alla cortese sua di stasera3 , esternandole francamente le mie impressioni.

Non c'è nulla di mutato nel mio contegno nel Consiglio di ieri di fronte a quanto sostenni nei Consigli anteriori. Nel Consiglio dell'8 dissi che dovevamo fissare chiari i nostri obiettivi e che dovevasi escludere nettamente qualunque altra impresa militare

o invio di forze che non fossero richiesti dalla difesa delle nostre posizioni nell'Eritrea. Né dopo di ciò vi è stata in me alcuna «conversione ad un partito di guerra». Ieri dissi di non potere né volere prendere su di me la responsabilità di rifiuta

re, per motivi finanziari, dei soccorsi che il capo di Stato Maggiore e il ministro della guerra dichiaravano indispensabili per la difesa delle nostre truppe nella Eritrea e pel buon successo della guerra; e ciò in seguito agli ultimi avvenimenti, alla defezione dei due capi delle bande, ed alla conseguente agitazione nelle popolazioni indigene.

Se, come lei sembra oggi supporre, quelle forze non accorressero sull'altopiano dell'Eritrea, ma dovessero impiegarsi altrove, sarei contrarissimo ad ogni invio.

Non credo assolutamente possibile per noi oggi altre spedizioni né all' Aussa, né all'Harar, né in Somalia; e non potrei assumere, ove si volessero fare, alcuna parte di responsabilità in esse.

Una spedizione all'Harar richiederebbe oggi molte ma molte altre diecine di milioni come spesa, e qualche diecina di migliaia di uomini, e avrebbe oggi, data la secreta ma attiva ostilità della Francia, difficoltà enormi di ogni genere da superare, difficoltà non minori di quelle che incontra oggi già Baratieri coi 30 mila uomini che ha sotto i suoi ordini.

lo credo che sarebbe oggi atto di buona politica ritirarsi da Cassala e concentrare quanto più è possibile la nostra difesa verso la cresta ad orlo dell'altipiano, cioè verso i confini della Colonia anteriori a Coatit, salvo poi, quando il nemico sia sgominato o si sia esaurito e ritirato, prendere definitivamente quel confine che giudicheremo poter mantenere e difendere con le risorse normali e che ci consente il bilancio, comprendendo nella spesa annuale anche quel che ci vuole per la costruzione e la manutenzione delle strade di accesso, oltreché pei presidii dei forti.

Mi pare che sia oggi non opportuno insistere sul Trattato di Uccialli, e che basterebbe, al più, il finale possesso di Adua e di Axum per mantenere quel tanto di alto diritto di protettorato sull'Abissinia che ci può convenire di non abbandonare di fronte alle altre Potenze europee.

Gli ultimi tre mesi ci hanno dimostrato che il nemico da vincere è molto più forte e meglio organizzato di quel che ci figuravamo, e che dobbiamo cambiar metodo se vogliamo continuare la nostra opera di colonizzazione.

2 Annotazione di Sonnino: <<Spedita la mattina del 23 febbraio per mezzo del corriere a ore 9>>.

3 Cfr. n. 904.

Non credo sia oggi possibile parlare di «andare a fondo», di «volerla finire una buona volta», et similia. Queste erano illusioni che si potevano nutrire tre mesi indietro, ma oggi non più. Non abbiamo né i mezzi economici e finanziari, né l'organizzazione militare voluta per poter fare altre imprese con proporzioni maggiori.

Mandare soli 6, o anche 10 mila uomini all'Harar sarebbe mandarli semplicemente al macello e l'esporci ad una vera catastrofe militare, politica e finanziaria.

Non dico poi del pericolo di trovarci assolutamente sguarniti in Europa, data una qualsiasi complicazione, ed inoltre nella impossibilità di aiutare le nostre truppe impegnate laggiù e prese addirittura in una trappola.

Per queste ragioni non posso che far voti perché il Governo mantenga fermo il proposito di escludere qualunque altra spedizione, restringendo gl'invii di rinforzi alle necessità della situazione militare sull'altipiano dell'Eritrea e riducendo e precisando meglio gli obiettivi fin qui avuti di mira.

906 1 Da Archivio Sonnino; ed. in SONNINO, Carteggio 1891-1913, cit., pp. 200-202.

907

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 362. Berlino, 23 febbraio 1896, ore 14,38 (per. ore 15,40).

Risulta questo Governo che malgrado smentite Reuter, esistono trattative provocate da Turchia con Inghilterra per questione Egitto. Attitudine Governo inglese in questa questione darà misura attuale politica inglese e norma contegno Potenze Triplice Alleanza. Qui si crede Inghilterra cerchi tutti i modi gettare disaccordi fra le Potenze continentali e approfittarne per aver mani libere altrove. Si crede perciò più che necessario mantenere salda Triplice per portarne il peso dove avvenimenti consiglino, mantenendo intanto prudente aspettativa.

908

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATO 238. Roma, 23 febbraio 1896, ore 19.

Conveniamo anche noi sulla necessità di mantenere salda la Triplice nelle presenti circostanze1 . Gradiremo intanto conoscere se e quale risposta fu data da codesto Governo al linguaggio che V.E. avrà tenuto secondo mio dispaccio del due corrente 2 e dispaccio nove corrente del presidente del Consiglio 3 .

2 Cfr. n. 826.

3 Cfr. n. 851. Per la risposta cfr. n. 910.

908 1 Risponde al n. 907.

909

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL CAPO DELL'UFFICIO ERITREA E PROTETTORATI, LEVI

L. PERSONALE. [Roma,] 23 febbraio [1896].

Il telegramma che propongo deve essere modificato nel senso che se ancora possibile militarmente, converrebbe alla politica estera sgombrar Cassala. Non posso a meno di insistervi mentre è (forse) ancora tempo.

ALLEGATO.

Governo Eritrea 23 febbraio 1896.

Prenda consiglio dalle sole considerazioni militari di sua competenza circa opportunità di ripiegarsi da Cassala non avendo io nessuna abbiezione politica contro lo sgombro di Cassala1•

910

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

L. PERSONALE. Berlino, 23 febbraio 1896, sera.

Non ho risposto prima d'ora alla pregiata ultima sua lettera 2 perchè non ero in grado di farlo in modo esauriente. Mi premeva altresì porre in chiaro alcuni punti della recente conversazione avuta col cancelliere dell'Impero di cui resi conto col mio rapporto del143 .

2 Cfr. n. 879.

3 Cfr. n. 880.

Nel corso di quella conversazione infatti erano sfuggite al principe Hohenlohe alcune parole le quali suonavano come un chiaro avviso che le cose nostre d'Africa non entrano nel trattato di alleanza e quindi noi non dovevamo sperare di poter, per esse, invocare il casus ja?deris.

Siccome il casus ja?deris non era mai da me stato menzionato (colla mia lettera privata del 16 gennaio 4 sconsigliavo anzi V.E. di toccar quel tasto), non mancai di osservare al principe Hohenlohe e nel giorno successivo al barone Marschall, che quelle parole mi parevano per lo meno intempestive e lasciavano in me una impressione meno buona. Mi pareva poco amichevole cogliere proprio il momento in cui si avvisa qualcuno sui pericoli della situazione in cui, suo malgrado, si trova, per dirgli «So che siete negli imbrogli, so che questi imbrogli possono diventar maggiori, ma badate che io non sono obbligato ad ajutarvi, né vi aiuterò». Soggiunsi che non mi constava fossero stati fatti al signor Biilow discorsi che potessero aver dato occasione alle parole direttemi dal cancelliere, ma che, per parte mia, le riteneva ingiustificate e non poteva non risentirne penosa impressione. Le mie osservazioni fecero effetto: il barone Marschall mi assicurò che le parole del cancelliere erano certo andate oltre le sue intenzioni e nella stessa giornata il principe Hohenlohe mi faceva pregare di considerarle come non pronunciate. Non ne feci infatti cenno nel rapporto ufficiale diretto a V.E. come non ne è fatto cenno del dispaccio relativo spedito a Biilow dalla Cancelleria imperiale e di cui mi si volle dar conoscenza. Di quell'incidente è quindi necessario che non rimanga traccia, ma esso mi prova come occorre essere molto prudenti nell'invocare il trattato d'alleanza -dell'importanza e dell'utilità del quale per noi, della necessità direi di esso per noi sono profondamente convinto, malgrado gli inconvenienti che possa avere -per cose in esso non contemplate tassativamente.

lo non so se dipenda da discorsi fatti costì in presenza di Biilow e da questi male interpretati o s'egli ci attribuisca progetti che certo non abbiamo, fatto sta che da qualche tempo sento che qui si teme venga da noi sollevata qualche questione la quale metta in ballo sul serio il casus ja?deris e turbi la pace che ad ogni costo e da tutti si vuoi mantenere in Europa. Qui si è persuasi che l'Inghilterra, in questo momento, non cerchi altro che mettere alle prese fra loro le Potenze continentali, dopo che non le riuscì di mandare ad esecuzione il programma di cui si attribuisce l'idea a Currie, di gettare il torbido in Oriente colla questione armena, e si paventa che noi possiamo essere la scintilla che metta fuoco alle polveri.

Ciò naturalmente non mi si dice così chiaro come Io scrivo, ma lo rilevo da tanti indizii, da tante mezze parole, perfino dell'imperatore, e me lo confermano quelle sfuggite? al cancelliere, alle quali ho sopra accennato, e che malgrado siano state ritirate, credo utile in via privata portare a conoscenza di V.E. Giacché *il timore che si ha qui che noi possiamo suscitare il casus ja?deris, che noi cerchiamo di forzar la mano alla Germania dando alla lettera e allo spirito del trattato di alleanza un'interpretazione troppo lata, invocandolo per ogni nostra difficoltà, quel timore contribuisce certo a rendere il Governo imperiale più restio a parlar alto a

Parigi a tutela dei nostri interessi, dei quali è oggetto il dispaccio 2 corrente di VE.5 nonchè la lettera privata del 9 direttami da S.E. il presidente del Consiglio 6 • lo mi sono astenuto dal parlar di diritti nostri, di doveri della Germania nello stretto senso della parola, ma non ho tralasciato d'insistere sul fatto che tutte le difficoltà che incontriamo a Parigi, tutte quelle che ci vengono create in Abissinia, dipendono dall'essere noi membri della Triplice Alleanza e il solo fra quei membri sul quale i nemici di essa possono sfogare la loro ira. Il barone Marschall, che di ciò conviene meco pienamente, si dimostra anche disposto ad assisterci; ma come farlo efficacemente senza andar incontro a pericoli, a danni maggiori e d'ordine generale? A Pietroburgo gli ordini dati al principe Radolin, le recenti dichiarazioni stesse del principe Lobanoff circa il Leontieff?, non lasciano dubbio che quel rappresentante germanico agisce, con prudenza e energia, in nostro favore d'accordo col conte Maffei. Ma più che a Pietroburgo noi vorremmo, noi avremmo bisogno che la parola autorevole della Germania si facesse sentire sulla Senna, e qui cominciano le dolenti note. Ho avuto lunghe e ripetute conversazioni col barone Marschall e col barone Holstein in tutti questi ultimi giorni; essi hanno studiato, con amichevole premura devo dirlo, la questione sotto tutti i rapporti, ma la risposta che mi si fa è sempre la stessa: «A Parigi non si ignorano le simpatie della Germania per l'Italia, si sa benissimo che la Francia non potrebbe attaccar l'Italia senza che la Germania accorra in sua difesa; ma intervenire ora, far pressioni sulla Francia in questioni come quelle delle trattative per le delimitazioni in Africa e per le relazioni commerciali in Tunisi, senza la certezza che quell'intervento sorta immediato effetto favorevole, la Germania non può. In altri tempi, come quelli cui allude S.E. Crispi, in cui esisteva in Germania una forte corrente per la guerra, e la Francia non era forte come oggi, né resa più baldanzosa dall'appoggio della Russia, poteva la Germania permettersi di tenir le verbe haut. Esporsi ora ad un rifiuto o ad una semplice fin de non recevoir per parte della Francia la Germania non può e non deve senza essere disposta a subirne le conseguenze e rompere en visière col Governo della Repubblica. Il presidente del Consiglio italiano e il barone Blanc, concludeva il barone Marschall, da veri uomini di Stato, devono comprendere quanto sia delicata la posizione della Germania verso la Francia e come un nulla possa turbare le nostre relazioni con essa e provocare complicazioni che è anche interesse dell 'Italia di evitare».*

Io mi sento incapace di rimuovere per ora il Governo imperiale da queste sue idee. Non mi do tuttavia totalmente per vinto e coglierò tutte le occasioni per ritornare sull'argomento, giacchè, sono certo che se qualche circostanza favorevole si presenta il Governo imperiale, che non agisce sicuramente per minor amicizia verso di noi, ma per un sentimento, a mio avviso esagerato, del timore di guerra, se qualche occasione favorevole, dico, si presenta, il Governo imperiale non rifiuterà di valersene per tutelare a Parigi la difesa nei nostri interessi.

6 Cfr. n. 851.

7 Cfr. n. 887.

909 1 Sul documento è apposta la seguente annotazione di Levi:<<Conferito col presidente del Consiglio. Egli non è d'avviso si spedisca il telegramma, perché lo Stato Maggiore è per ragioni militari assolutamente avverso all'abbandono di Cassala; e, circa alla ragione politica, osserva che quando venisse il momento dell'abbandono in seguito al protocollo Rudinì, l'avere Cassala ci gioverebbe meglio per negoziare i debiti compensi». Il punto di vista di Blanc risulta spiegato meglio nel seguente appunto pari data che reca a margine la sua annotazione: <<Sottoposto al presidente del Consiglio>>: <<La politica inglese facendo prevedere transazioni dell'Inghilterra, forse anche colla Francia sola per le quistioni del Nilo, e la coalizione da me segnalata ripetutamente tra gli abissini e i dervisci dimostrandosi forte al punto da offrire un valente appoggio alla politica in cui Francia e Russia hanno ormai impegnata la Turchia per gli affari d'Egitto, è imprudente aspettare che l'Egitto in virtù del protocollo Rudinì, o altre Potenze in virtù dei diritti dell'Europa in Egitto, ci faccia una intimazione di sgombrar Cassala. Ciò all'infuori delle considerazioni militari relative alla possibilità di mantener Cassala contro un assedio prolungato dei dervisci>>. 910 1 Ed. in SERRA, La questione tunisina, cit., pp. 462-464. Il passo fra asterischi è ed. anche in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 287-288.

910 4 Cfr. n. 765.

910 5 Cfr. n. 826.

911

IL DOITOR NERAZZINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 367. Aden, 24 febbraio 1896, ore 1,20 (per. ore 13,20).

Residente a Zeila rifiuta qualsiasi dichiarazione senza ordini del suo Governo 2 . *Segnalo notevole raffeddamento attitudine Inghilterra per interessi italiani.* Ritornato oggi da ricognizione, essendomi spinto fino a montagne interne, confermo convenienza località, di cui potrebbesi domandare cessione mediante compensi costiera dei migiurtini. Segue rapporto 3 . Arrivata risposta ras Darghié nella quale si dice contento notizie e che Governo italiano, tenendo suo figlio, ha in mano una grande forza; ma se notizia non è vera, sarebbe perduto mio onore. Sarebbe opportuno che figlio scrivesse ras Darghiè.

912

APPUNTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

[Roma,] 24 febbraio 1896.

Ho detto a Biilow che avvertivo di nuovo che la violazione aperta del diritto delle genti per invii francesi d'armi al nemico, costituisce non solo un rischio di dover rompere le relazioni colla Francia quando i fatti diventassero pubblici, ma una provocazione prevista dalla nostra alleanza la quale manca gli obblighi suoi 2•

p. 319. 2 Allude al permesso ufficiale di visitare la località di Dongareta. 3 Questa prima parte del telegramma fu comunicata all'ambasciata a Londra con T. 245, pari data.

2 Si pubblica qui un passo di una memoria dell'Ufficio Eritrea e Protettorati per Crispi e Blanc del 28 febbraio: <<Tale stato di cose ... obbliga questo ufficio a richiamare nuovamente l'attenzione del Governo sulla assoluta necessità di chiudere la via d'onde l'esercito di Menelik trae le sue sorgenti di vita. Senza ciò, ogni nostro sforzo a nord sarà inefficace. L'Italia vi consumerà vite preziose, vi spenderà milioni, arrischierà ogni suo prestigio, senza poter mai raggiungere un effetto serio e pratico. Anche una vittoria che quest'ufficio deve sperar prossima sarà senza risultati effettivi; perché dopo la stagione delle piogge, avremo di nuovo l'esercito di Menelik di fronte a noi, e molto più numeroso, meglio armato e più agguerrito. Qualunque pace si possa segnare, verrà rotta, quando più piaccia agl'indigeni, poiché la nostra debolezza organica, dipendente dall'impunità in cui sarà stata lasciata l'Etiopia meridionale, inviterà a nuovi ardimenti; e non avremo più requie. O sarebbe dunque il caso di abbandonare la Colonia o bisognerà provvedere nel senso già da questo ufficio indicato>>.

911 1 Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in LV 92, diviso in due parti, l'una a p. 271 e l'altra a

912 1 Autografo.

913

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO

D. RISERVATISSIMO 7041/110. Roma, 24 febbraio 1896.

Il barone Pa~etti venne oggi alla Consulta per comunicarmi il resultato delle pratiche fatte a Londra dal conte Deym coll'intento di rendere più precisi e più stretti gli accordi del 1887, ottenendo dall'Inghilterra l'esplicito impegno di opporre, insieme all'Italia ed all'Austria-Ungheria, anche la forza delle armi ad ogni tentativo fatto dalla Russia per occupare CostantinopolF. Alle sollecitazioni del conte Deym, lord Salisbury aveva risposto che l'opinione pubblica del Regno Unito non consentiva che egli assumesse l'obbligo di impegnarsi eventualmente in una guerra per sostenere la Turchia. Malgrado ciò, il conte Deym riteneva che lo svolgersi degli avvenimenti in Oriente avrebbe potuto far sì che fosse l'Inghilterra quella che, ispirandosi ai concetti formulati negli accordi del1887, avesse poi a chiedere la cooperazione dell'Italia e dell'Austria-Ungheria.

Dissi al barone Pasetti come, a mio avviso, la Russia non poteva desiderare cosa migliore, né l'Austria-Ungheria far peggiore previsione di quel che sia la preponderanza esclusiva, assicurata ormai alla Russia a Costantinopoli, senza necessità di occupazioni effettive e delle responsabilità che ne sono la conseguenza. lo ammetteva che, così soddisfatta, la Russia potesse rendere all'Austria il momentaneo servigio di imporre una sosta ai movimenti che si minacciavano in Macedonia; ma tale effimero vantaggio mi pareva pagato a caro prezzo, coll'impossibilità, cioè, ormai verificatasi, di ristabilire a Costantinopoli l'influenza della Triplice Alleanza.

914

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 246/42. Bucarest, 24 febbraio 1896 (per. il 29).

Gli avvenimenti svoltisi in Bulgaria dopo il rapporto che ebbi l'onore di dirigere all'E.V. sotto la data del 7 corrente, n. 186/33\ sembrano aver reso più vive ancora le preoccupazioni del signor Stourdza. Egli me ne tenne lungamente parola a più riprese in questi ultimi giorni. Non già che la Rumania, paese ortodosso, possa vedere di mal occhio il passaggio del principe Boris a quella confessione. Nemmeno la riconciliazione del principe Ferdinando collo czar sarebbe di per sé di natura a destar timori, né si ha qui nulla a obbiettare contro il riconoscimento ufficiale del principe stesso: chè anzi il

BD, vol. VIII, cit., p. 5. 914 1 Non pubblicato.

ristabilimento d'una situazione normale in quello Stato balcanico potrebbe e dovrebbe essere una garanzia di stabilità, di pace e tranquillità nella penisola. In tal senso si espresse infatti il principe Lobanow col ministro di Rumania a Pietroburgo, facendo un merito alla Russia d'aver afferrata quest'occasione di ripristinare le antiche relazioni d'amicizia colla Bulgaria, e assicurando che il Governo imperiale se ne varrà per esercitare a Sofia un'azione moderatrice e impedire un colpo in Macedonia che si stava preparando e che certamente sarebbe tentato nella primavera. La Rumania d'altronde meno di chiunque avrebbe il diritto di rimproverare ai suoi vicini di voler coltivare buone relazioni colla Russia, essendoché essa è animata dallo stesso desiderio e nulla tralascia per attestarlo e dar prova allo czar della sua deferenza. Così si recheranno all'incoronazione il principe e la principessa ereditaria accompagnati dal loro mastro di Corte, generale Robesco, e dal capo della casa militare del re, generale Vladesco. Di questa missione farà pur parte-dietro desiderio di questo ministro di Russia, cui il signor Stourdza s'affrettò d'aderire-il colonnello Rosnovan che servì molti anni nella guardia imperiale a Pietroburgo e professa un culto per la Russia, dove ha conservate molte relazioni e simpatie. Mentre dunque s~ è qui rassicurati per il presente e si crede allontanato il pericolo d'una prossima guerra, destano invece serie apprensioni per l'avvenire, non solo nel signor Stourdza, ma in molti, il modo in cui si compierono gli avvenimenti in parola, l'assieme di fatti e circostanze che li prepararono ed accompagnarono. Il comunicato ufficiale apparso -lì 8 corrente, se la memoria non mi tradisce -nel Messager du Gouvernement non sorprese. Era naturale che il Governo dello czar spiegasse all'opinione pubblica russa i motivi che lo indussero a un cambiamento di contegno così radicale verso il principe Ferdinando. Non restò tuttavia inosservato il passo del comunicato accennante alla necessità riconosciuta dal popolo e dai governanti di Bulgaria di proteggervi e consolidarvi il regno della fede ortodossa, garanzia dei legami indissolubili che uniscono la Russia a quel popolo da essa liberato. Più significante ancora apparve la frase ingiustificata e ad ogni modo superflua del discorso del principe Fendinando nel ricevere il Sobranie, nella quale parla dell'anatema gittatogli dall'Occidente e dell'aurora d'Oriente che circonda dei propri raggi la sua dinastia ed il suo avvenire.

Si tratta di ben altro secondo il signor Stourdza, che d'una semplice riconciliazione. È la rientrata trionfale nei Balcani della Russia aiutata dalla Francia, il cui rappresentante a Sofia, signor Lacau, non fa mistero d'aver ordine di appoggiare in tutto i russi.

La pompa straordinaria poi colla quale, probabilmente dietro desiderio del Gabinetto di Pietroburgo, si circondò la cerimonia dell'unzione del giovane principe sotto gli auspici del rappresentante dello tzar che vi faceva la prima parte, e la presenza degli agenti serbo e greco, costituiscono una affermazione della supremazia dello tzar stesso qual capo supremo dell'ortodossia. Dei rappresentanti delle Potenze ortodosse mancava alla cerimonia soltanto il rumeno, che aveva avuto istruzione di tenersi sulla massima riserva e conformarsi a quanto farebbero gli agenti delle Potenze centrali, specialmente quello dell'Austria-Ungheria più direttamente interessata. Secondo riferisce il signor Papiniu, la sua astensione -malgrado egli al pari dei suoi colleghi fosse stato avvisato della cerimonia dal Ministero degli esteri principesco -fu assai commentata e destò malumore. Questa astensione è d'altronde in armonia colla linea di condotta sempre seguita dal signor Stourdza ed alla quale egli dissemi volersi attenere fermamente in materia di politica religiosa: accentuare cioè di più in più il carattere assolutamente nazionale e autocefalo della chiesa rumena «Non ci siamo svincolati dalla supremazia del patriarca ecumenico di Costantinopoli, aggiungeva S.E., per riconoscere quella del capo dell'ortodossia russa». Ciò dunque che impensierisce assai il presidente del Consiglio -e mi risulta anche il re, sebbene non lo confessi così apertamente e sia forse un po' men pessimista -è il rapido progredire della influenza russa in Oriente e nella penisola balcanica. Predominante in questo momento a Costantinopoli, potente a Belgrado, per non parlare del Montenegro, il signor Stourdza crede essa non tarderà a regnar di nuovo padrona in Bulgaria, ove il Gabinetto di Pietroburgo si guarderà probabilmente bene dal ripetere gli errori commessi ai tempi di Kaulbars. Certamente non si vorrà arrestare lì, ma cercherà d'estendere la sua rete anche sulla Rumania. Il presidente del Consiglio ricordò le mene e gli intrighi coi quali il signor Hitrovo preparò la caduta di Bratiano e dei liberali nel 1888 e che non indietreggiarono, asserisce egli, davanti a complotti contro la vita di quell'uomo di Stato. Ad eventuali pretese ed esigenze formalmente avanzate dalla Russia, sapremmo resistere in caso di bisogno, continuava S.E.; ma più difficile sarebbe il difenderci contro intrighi sotterranei, poiché in una simillotta tra un organismo assai robusto ed uno debole havvi pericolo che questi alla lunga si lasci vincere dalla stanchezza, se abbandonato alle proprie forze. La Triplice Alleanza non poté impedire nulla e va perdendo una dopo l'altra tutte le sue posizioni in Oriente. Composta di gente onesta, aliena dagli intrighi, unico scopo ne è il mantenimento della pace. In ciò consiste il suo lato debole, poichè a quello scopo sacrificò molto, forse troppo. Nessun ostacolo frappose al libero passaggio per gli Stretti delle navi della flotta volontaria russa, quantunque costituisse una violazione velata, ma non meno reale dei trattati. Nulla fece neppure per impedire la caduta di Stambuloff, prevenime l'assassinio e fame punire gli autori!

Dai discorsi tenutimi dal signor Stourdza emerge chiaro insomma il timore di trovarsi un giorno in balia degli intrighi russi senza sufficiente appoggio per parte delle Potenze della Triplice Alleanza. La paura essendo cattiva consigliera, m'applicai a rassicurarlo. Gli feci osservare che né alle tre Potenze suddette né alla loro azione nella quistione armena puossi addebitare l'incremento della influenza russa a Costantinopoli, dovuto agli errori d'altri, com'egli stesso ammetteva. Gli rammentai come le simpatie, i consigli e l'appoggio morale delle Potenze centrali, in particolare dell'Italia e dell'Austria-Ungheria, non fossero mai venuti meno alla Bulgaria finchè questa volle giovarsene. L ungi dali'essere inefficace quest'appoggio si mostrò potentissimo, ed in grazia ad esso soltanto poterono certamente il principe Ferdinando e Stambouloff proseguire durante parecchi anni per la loro via senza preoccuparsi della Russia. Ma appunto perchè formata unicamente in vista del mantenimento della pace e rifuggente dagli intrighi, la Triplice Allenza segue verso i piccoli Stati balcanici una politica senza secondi fini e si propone soltanto di tutelame lealmente l'indipendenza e l'autonomia né essa può o vuole imporre la propria protezione. Dal momento in cui il principe Ferdinando, rompendola con Stambouloff e la di lui politica, volle riconciliarsi ad ogni costo collo tzar, potevano e dovevano opporvisi le Potenze centrali, che solo per riguardo alla Russia tardarono a riconoscerlo ufficialmente? Se poi i bulgari ed il principe, nella speranza forse di ottenere per mezzo dello tzar il soddisfacimento di mire ambiziose, credono bene di gittarglisi nelle braccia voltando le spalle ai loro antichi amici, e di fargli magari concessioni a detrimento della loro indipendenza, come potrebbe impedirlo la Triplice Alleanza? Se un giorno il principe e il suo popolo avranno a pentirsene dovranno fare il mea culpa. I suoi timori mi parevano alquanto esagerati per quanto riflette la Rumania. Ma se mai sorgessero tempi difficili, que

sta non dove a dimenticare di avere anch'essa buoni amici nelle Potenze della Triplice Alleanza, le simpatie, i consigli e l'assistenza delle quali certamente non le verranno neppur meno finché continuerà -come non dubitavo farebbe nel suo stesso interesse -a orientarsi lealmente verso quelle Potenze e a cercarvi il suo punto d'appoggio.

Le mie parole, confortate da analogo linguaggio rassicurante tenutogli per proprio conto dal mio collega d'Austria in base alle istruzioni generali del suo Governo, non mi parvero rimanere senza effetto sul signor Stourdza. Il ministro di Germania poi, avendo avuto occasione di vedere il re pochi giorni sono, gli parlò nello stesso senso. Così pure ci esprimeremo con altri uomini politici quando se ne presenterà l'opportunità, e bene inteso colla dovuta prudenza, parendoci ciò tanto più utile che l'azione francese in favore della Russia accenna già a volersi spiegare anche qui. Apprendo infatti da un personaggio ragguardevole del partito conservatore, anzi da un membro dell'ex Gabinetto Catargi, che questo ministro della Repubblica, conte d'Aubigny va dicendo nei circoli conservatori essere giunto per la Rumania il momento di modificare la sua politica estera, orientandola verso la Russia e la Francia. L'esperienza fatta colla Russia dopo la guerra del1877-78 non essere invero incoraggiante; ma oggidì la situazione è ben diversa e la Francia può portarsi garante delle promesse della Russia. Un tale cambiamento tornerebbe vantaggioso alla Rumania, rendendo possibile la soddisfazione di certe sue aspirazioni territoriali. Con ciò il conte d' Aubigny avrebbe inteso alludere alla Transilvania. Il barone d'Aerenthal, informato egli pure di quanto precede, ne riferì a Vienna, ma non ritiene per ora conveniente di parlarne al signor Stourdza alfine di non aumentarne ancora le preoccupazioni, e si riserva di farlo in tempo opportuno.

Spero il linguaggio da me tenuto, e la linea di condotta che mi propongo di seguire di concerto coi miei colleghi d'Austria e di Germania, corrispondano alle intenzioni del R. Governo. Se tuttavia l'E.V. volesse darmene l'assicurazione, gliene sarei gratissimo perché così procederei più franco, e le mie parole acquisterebbero molto maggior valore e autorità qualora -facendosi sentire l'utilità di dar al signor Stourdza un nuovo cenno di incoraggiamento -fossi in grado di dirgli che esse incontrarono la di lei approvazione 2•

913 1 Cfr. in proposito, oltre al n. 845, nota 3, il dispaccio di Salisbury a Monson del 26 febbraio ed. in

915

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Londra, 24 febbraio 1896.

Lorsque tu m'as chargé d'obtenir l'admission de Nerazzini à Zeila, ce que j'ai fait immédiatement, je n'ai pas manqué de te dire que le choix de cet intrigant était mauvais. Le temps m'a donné raison, si je dois juger par le tas de sottises qu'il a dit

et fait à propos de Dongareta. Il a failli compromettre les autorités anglaises du lieu, s'il ne les a pas compromises en réalité vis-à-vis de leur Gouvernement. Le résultat évident est qu'il sera ou qu'il a été désavoué par le résident anglais de Zeila, lequel sera devenu très froid et très réservé vis-à-vis de Nerazzini. Cela a fait télégraphier à celui-ci que l'Angleterre est refroidie envers l'Italie1 en substituant sa mesquine individualité à sa patrie. Je ne serais pas étonné qu'un moment ou l'autre le Gouvernement anglais exprime le désir d'ètre délivré de la présence d'un individu qui est allé troubler la paisible existence de pauvres officiers qui ne demandent qu'à ètre tranquilles. Il faut s'attendre à un affront, mérité par l'individu lui-mème, mais non par le Pays qu'il sert sans prudence. Son rappel serait un acte de précaution qui aurait l'avantage de rendre plus souple lord Salisbury dans les négociations à faire à propos du Harar.

Il est heure que vous mettiez à leur piace ces subalternes qui se permettent de conseiller la haute politique et de juger à tort et à travers tout ce qu'il y a de plus respectable en matière d'hommes et de Nations. Il ne faut pas oublier cet imbécile de consul de Saloniki qui a fait aller l'escadre dans cette rade contre l'avis de Salisbury et de Goluchowski.

Je t'ai déjà assez ennuié, mais ce que je t'ai dit n'est pas tout inutile. Je me suis figuré d'ètre avec toi dans ton cabinet d'étude fumant une cigarette après le diner.

914 2 Annotazione a margine: «Approvare, ed autorizzarlo a dire al signor Stourdza che il suo linguaggio è stato approvato». In tal senso il D. 8399/27 del 6 marzo, non pubblicato.

916

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

L. PERSONALE. Bucarest, 24 febbraio 1896.

Je vous expédie sous ce mème pli une longue tartine 1 écrite après avoir soigneusement recueilli les échos des différents còtés. L'impression générale ici est mauvaise à l'égard de ce qui se passe en Bulgarie. On s'en préoccupe peut-ètre mème d'une façon un peu exagérée.

Quoiqu'il en soit, il est bon que les roumains n'éprouvent pas un sentiment d'isolement, mais au contraire celui de pouvoir compter au besoin sur l'appui moral efficace des Puissances centrales. Mes collègues d'Autriche et d'Allemagne, que je vois très souvent et qui échangent avec moi leurs idées de la manière la plus cordiale, sont aussi de cet avis. Nous avons donc cru utile de donner quelques paroles d'encouragement à M. Stourdza. Vous me feriez grand plaisir en m'accusant réception de mon rapport, et en me disant si en agissant dans le sens indiqué je remplis bien les intentions du Gouvernement du roi, et si je pourrais au besoin faire savoir à M. Stourdza que mon langage a été approuvé 2•

., '

Je vous serais aussi très reconnaissant de bien vouloir recommander de m'expédier toujours le plus tot possible les documents diplomatiques. Ceux que je reçois -très peu nombreux d'ailleurs -me parviennent toujours avec une date arriérée d'un mais et demi à deux mais. Ils n'ont dane plus aucune valeur d'actualité, mais seulement un intérét historique. J'ajouterai qu'ils consistent uniquement en quelques rapports de nos représentants à Sofia et Belgrade et de notre consul à Monastir: de loin en loin un rapport sans importance de Constantinople. En ce moment il me serait cependant utile de ne pas ignorer complètement les nouvelles et impressions recueillies par nos ambassades, et surtout la manière de voir de notre Gouvernement et la ligne de conduite qu'il entend suivre dans les affaires d'Orient. Marchons nous toujours d'accord avec l'Autriche et l'Allemagne? Quelle est l'attitude de l'Angleterre? Ces renseignements m'aideraient à m'orienter et pourraient me servir de guide dans mes conversations avec les hommes d'Etat roumains et avec mes collègues allemand et autrichien qui viennent souvent me parler de tout cela et avec lesquels je pourrais m'exprimer plus franchement si je savais exactement à quoi m'en tenir à l'égard des intentions de l'Italie et de son attitude en présence de la nouvelle situation en Orient et dans les Balkans.

En ce moment vous devez étre bien occupé et préoccupé par cette malheureuse question africaine. Aussi me serais-je abstenu de vous relancer si je ne le croyais pas vraiment utile dans l'intérét du service. Lisez-moi dane avec indulgence et excusez votre ...

915 1 Cfr. n. 911. 916 1 Cfr. n. 914. 2 Cfr. n. 914, nota 2.

917

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 376. Pera, 25 febbraio 1896, ore 18,05 (per. ore 21,30).

Riferendomi ai miei due telegrammi circa Egitto\ sono ora in grado di confermare recente apertura dell'ambasciatore di Turchia a Londra, per effetto di iniziativa propria del sultano, né sembra destinata avere serio risultato. Ambasciatore di Russia mi ha assicurato che egli ignorava quel passo, aggiungendo che per quanto ministro affari esteri attuale paia offrire elementi favorevoli per un risveglio della questione egiziana, il suo Governo non lo desidera, mentre prevedibile resistenza dell'Inghilterra solleverebbe complicazioni che si preferisce evitare. Nulla mi conferma d'altra parte supposizione di negoziati diretti franco-inglesi di cui questo ambasciatore d'Inghilterra esclude possibilità.

917 1 Cfr. n. 888 e il T. 347 del 20 febbraio, non pubblicato.

918

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 374. Londra, 25 febbraio 1896, ore 19,02 (per. ore 21,05).

Il Foreign Office ha ammesso progetto di lettera a ras Mangascià2 essere scorretto. Ne prepara un altro 3 .

919

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. 375. Londra, 25 febbraio 1896, ore 19,02 (per. ore 21,05).

Salisbury ha fatto telegrafare Aden per autorizzare nota ricognizione 2• Il ritardo nell'invio di tale ordine è dovuto ad opposizione momentanea dell'India Office, vinta da Salisbury. Parmi indicato che Nerazzini si comporti con maggior calma.

920

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI

T. S.N. Napoli, 25 febbraio 1896.

Codesta è una tisi militare, non una guerra: piccole scaramucce nelle quali ci troviamo sempre inferiori di numero dinanzi il nemico, sciupio di *forze e di* eroismi senza successo. Non ho consigli a dare perché non sono sul luogo, ma constato che la campagna è senza un preconcetto e vorrei fosse stabilito. Siam pronti a qualunque sacrificio per salvare l'onore dell'esercito ed il prestigio della Monarchia.

2 Cfr. n. 911, nota 3. 920 1 Ed., con l'omissione delle parole fra asterischi, in LV 92, p. 273, in BARATlERI, Memorie d'Africa, cit., p. 353, in BATIAGLIA, La prima guerra d'Africa, cit., p. 720, in N. LABANCA, In marcia verso Adua, Torino, Einaudi, 1993, p. 352 e in francese in BILLOT, La France et l'Italie, cit., p. 283. Il primo periodo è ed. anche in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., p. 398.

918 1 Ed. in LV 92, p. 273. 2 Risponde al n. 905. Per il progetto di lettera, cfr. n. 892, allegato II. 3 Per il seguito cfr. n. 923.

919 1 Ed. in LV 92, p. 320.

921

IL MINISTRO A BELGRADO, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 121/59. Belgrado, 25 febbraio 1896 (per. il l° marzo).

Nella visita che il signor Novakovitch mi fece l'onore di farmi ieri, S.E. mi disse che le notizie pervenutegli da Bucarest e da Atene facevano rilevare come la riconciliazione avvenuta tra la Bulgaria e la Russia fosse stata vista in quelle capitali con maggiore diffidenza che in Belgrado. Per quanto riguardava la Serbia, questa diffidenza però, aggiunse il ministro, erasi ora in parte dissipata, in seguito alle assicurazioni ufficiali da esso ricevute dal Governo russo, secondo cui la Russia non avrebbe tollerato che lo statu quo nella penisola balcanica fosse per essere cambiato. Tali assicurazioni erano poi avvalorate dalle dichiarazioni che, a quanto gli risultava, erano state fatte, in nome del Governo imperiale, a Sofia, che la Russia, cioè, non permetterebbe che gli eventi dell'anno scorso fossero per ripetersi in Macedonia.

Nell'esprimermi la sua viva soddisfazione per queste dichiarazioni, che permettevano alla Serbia di dedicarsi in tutta tranquillità all'assetto delle sue faccende interne, il signor Novakovitch osservò come esse facessero acquistare alla riconciliazione della Russia colla Bulgaria, un'importanza tanto più considerevole, in quanto che facevano constare lo scopo eminentemente pacifico che aveva avuto il Governo imperiale nell'eliminare, nell'interesse comune, una quistione che avrebbe potuto far sorgere in progresso di tempo complicazioni gravi in Europa.

922

L'AMBASCIATORE A MADRID, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 381. Madrid, 26 febbraio 1896, ore 9,35 (per. ore 14,35).

Proposte francesi 1 sarebbero più gravi di quanto credessi; base imprestito, appoggio morale contro gli Stati Uniti, chiesta alleanza, concessioni commerciali e altro. Canovas del Castillo accetterebbe. Consultato capo partito liberale niente ancora concluso.

922 1 Cfr. n. 896.

923

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, FERRERO 1

T. 255. Roma, 27 febbraio 1896, ore 11,10.

Nel rispondere a Mangascià 2 Foreign Office dovrebbe considerare che non solo egli è nemico nostro, ma che non può essere trattato come sovrano colui che non fu mai tale, ma bensì un semplice capo vassallo.

924

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO

T. 256. Roma, 27 febbraio 1896, ore 15,45.

Ambasciatore d'Inghilterra mi ha scritto che Cromer annunzia prossimo attacco dervisci su Cassala. Ho risposto1 che nostre informazioni annunziano attacco anche contro Suakin. Ho aggiunto che non so se possiamo ancora parlare di comune difesa, e che in difetto di concerti tra le rispettive autorità militari il Governo di Massaua deciderà la base migliore a scegliere per la nostra difesa contro i dervisci.

925

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BARATIERI 1

T. 257. Roma, 27 febbraio 1896, ore 18,35.

Lord Cromer riferisce Foreign Office avere avuto notizia di 700 dervisci mandati attaccare pozzi Murrat e di altro distaccamento diretto sopra Kokreb. Secondo dette informazioni, Osman Digma sarebbe in marcia su Dongola. Lord Cromer ritiene scopo probabile movimento sia quello attaccare Cassala.

2 Cfr. n. 918. 924 1 Non si pubblicano le lettere, pari data, di Ford a Blanc e di Blanc a Ford. 925 1 Ed. inLV92, p. 277.

923 1 Ed. in L V 92, p. 276.

926

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 389. Londra, 27 febbraio 1896, ore 22,54 (per. ore l del 28).

Già da qualche tempo e prima ancora delle attuali previsioni di attacchi dervisci1, in conversazioni private con Salisbury e Sanderson ho posto davanti ai loro occhi l'ipotesi che ora sta verificandosi, ed essi fanno studiare questione di cui si tratta dal dipartimento competente. Informerò V.E. delle ide_e qui prevalenti.

927

APPUNTO DEL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, ADAMOLI

[Roma,] 27 febbraio 1896.

Billot mi dice aver lasciato or ora due attachés militaires di ambasciate estere i quali parlavano con ammirazione del modo con cui S.E. Baratieri conduce la guerra. Specialmente dall'ultimo fatto della ritirata della ricognizione scioana dalla sponda destra del Mareb ne deducevano che Baratieri è padrone della situazione e rende inefficace ogni movimento del nemico.

Conclude con i più caldi auguri pel felice successo delle nostre armi in Eritrea.

928

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GENERALE BALDISSERA 1

PROGETTO D'ISTRUZIONI.

Ella prenderà cognizione delle istruzioni da me dirette il 15 febbraio al Governo dell'Eritrea3 per l'azione politica sui capi indigeni, azione che non mi risulta eseguita, e per le condizioni di pace. Queste dipendono anzitutto dalle possibilità militari e dalla utilità, di cui ella deve essere giudice, di tenere Adigrat per la difesa avanzata della Colonia, e Adua con Axum come base di effettiva influenza politica. Su tali possibilità ed utilità ella vorrà esprimere a questo ministero schietto giudizio, ed indicarne le conseguenze come spesa normale in bilancio, e come forza necessaria d'occupazione.

928 1 Ed. in E. SERRA, Le questioni di Cassala e di Adua nelle nuove fonti documentarie, in <<Storia e poli tica>>, anno V, fase. IV (ottobre-dicembre 1966), pp. 559-560.

2 Il documento, privo di data, reca la seguente annotazione: <<Letto a Heusch il 27 febbraio 1896>>. Si colloca sotto questa data.

3 Cfr. LV92, pp. 250-251.

In quanto a Cassala che, secondo il protocollo dell'aprile 1891, può esserci reclamata nei negoziati internazionali, ora riaperti nella questione egiziana, ella vorrà telegrafare il suo parere circa la possibilità e l'utilità di conservarla accrescendone le provviste per un eventuale assedio di un anno o di distruggerla riportando ad Agordat ed a Cheren la difesa contro i dervisci.

Infine, negli eventuali negoziati per la pace, basterà che ella ottenga la forma minore di protettorato, congenere a quella da noi già stipulata col sultano dei migertini, per una parte dei suoi territori (Libro Verde 25 luglio 1895, Somalia italiana) 4 , cioè l'impegno degli indigeni di non sottoporsi al protettorato di altre Potenze, di non cedere ad altri i loro territori, conformemente al comma 2 di un progetto di convenzione che risulta dal Libro Verde 14 aprile 18915 .·

926 1 Cfr. n. 924.

929

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL GENERALE BALDISSERA 1

L. PERSONALE2 Roma, 27 febbraio 1896.

Ad ogni buon fine, e senza pregiudicare la libertà dell'uso dei suoi pieni poteri, non solo per le operazioni militari, ma per le eventuali trattative di pace, credo doverle esprimere il parere che l'impegno preso dal negus di non concedere né protettorati né concessioni di territori ad altre Potenze, manterrebbe intatta la posizione da noi presa alla Conferenza di Bruxelles, posizione che è la base più incontestata dei nostri interessi politici verso l'Etiopia. E quando ella proponesse ciò, l'appoggerei in Consiglio dei ministri.

930

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 722/184. Parigi, 27 febbraio 1896 (per. il 1° marzo).

Ho l'onore di qui unito far pervenire all'E.V. un articolo cifrato e le sarò grato di volermene accusare a suo tempo ricevuta.

5 Si tratta del Libro Verde 72, Missione Antonelli in Etiopia. Sul presente documento è apposta la seguente annotazione di Blanc: «Dopo che l'ho fatto vedere a Heusch come mio pensiero personale Crispi si oppone. No per Cassala, ed essere prematuro per gli altri argomenti>>. 929 1 Ed. inLV91, p. 142 e inLV92, p. 276.

2 Minuta autografa, su cui è annotato: <<Spedita direttamente da S.E.>>.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Giovedì cinque marzo il presidente della Repubblica andrà da Nizza a Mentone e ritornerà la sera stessa a Nizza. Durante il breve soggiorno si inaugurerà il monumento del centenario che si è eretto in Mentone ed avrà luogo la combinata visita del presidente all'imperatore d'Austria-Ungheria. Il mio collega austriaco non aveva fino a jeri sera ordine di trasferirsi a Mentone. Invece si reca a Nizza per assistere alla visita del presidente allo czarewitch l'ambasciatore di Russia.

L'incontro dell'imperatore Francesco Giuseppe col presidente1 è uno dei sintomi dello svolgimento della situazione che trae origine dall'unione franco-russa e parmi non possa passare inosservato negli apprezzamenti che per l'orientazione della nostra politica generale il Governo di Sua Maestà dovesse fare.

928 4 Cfr. LV 89, pp. 40-41.

931

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

R. 138/63. Londra, 28 febbraio 1896 (per. il3 marzo).

Facendo seguito al mio telegramma del 25 corrente2 , ho l'onore di trasmettere qui unito a V.E. un nuovo progetto, propostomi da lord Salisbury, per la risposta da farsi da parte di S.M. la Regina d'Inghilterra alla lettera direttale da ras Mangascià.

*Prego V.E. di farmi sapere se esso risponda ai desideri del Governo.

Benché ras Mangascià non è investito di sovranità, pur nondimeno questa comunicazione non può che esser giovevole all'Italia per l'affermazione della di lei alleanza coll'Inghilterra ed eventualm~nte anche per la discordia che essa potrebbe far nascere fra Menelik ed il suo vassallo.*

ALLEGATO

IL PRIMO MINISTRO E SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, SALISBURY, AL GOVERNATORE DEL TIGRÈ, RAS MANGASCIÀ

PROGETTO DI LETTERA. Foreign Office, ... 1896.

I am commanded by the Queen of Great Britain and Ireland, Empress of India etc. to inform you that your letter dated the 21 of september last, has been received.

931 1 Ed., con l'omissione del passo fra asterischi, in LV 92, p. 282.

2 Cfr. n. 918.

While assuring you of the friendly feelings with which the Queen continues to be animated towards you, I am to express Her Majesty's great regret that hostilities should have broken out between Abyssinia and Italy, which is the friend, and ally of this Country.

Her Majesty earnstly hopes that peace between the two countries may soon be concluded on satisfactory and lasting terms; and I am to add that you cannot give a better proof of your friendship for Her Majesty than by endeavouring to contribute to such a settlement.

930 1 Cfr. in proposito il n. 947.

932

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 141/65. Londra, 28 febbraio 1896.

Ho l'onore di segnare ricevuta all'E.V. del suo dispaccio del 20 febbraio

n. 6414!791 .

Dalle frequenti conversazioni avute con lord Salisbury mi sono fatto persuaso che il Governo della regina non vorrà secondare aspirazioni francesi a prendere il protettorato dello Scioa e quindi per molto tempo ancora non sarà questione di ciò, a meno di avvenimenti straordinari che potrebbero scat~rire da guerre europee. La Francia non sembra per ora voglia aspirare ad acquisti nella regione di cui si tratta. Non mi pare poi che in questo momento l'Inghilterra voglia persistere nel sistema delle transazioni verso la Francia. Dopo il troppo celebre dispaccio dell'imperatore di Germania è certo che il Governo britannico ha fatto tentativi di riavvicinamento colla Francia; ma il rinascere della questione egiziana ha contribuito a raffreddare se non ad escludere tale aspirazione.

Malgrado il dubbio espresso da V.E. nel citato dispaccio mi sembra che l'attuale momento è il meno propizio per creare la nostra dominazione sull'Etiopia. Infatti, giammai tale Paese è stato così bene organizzato per la guerra e più concorde. Aggiungasi che tale Impero trae benefizio dai cattivi rapporti tra l'Italia da una parte e la Russia e Francia dall'altra. Se si saprà pazientare, il giorno può venire in cui le discordie interne affievoliscano le forze difensive dell'Etiopia e rendano più agevole e meno dispendiosa l'impresa che taluno può vagheggiare, quella cioè di dominare l'Impero abissino. Ma più di tutto può verificarsi il caso che una guerra fortunata della Triplice Alleanza in Europa contro la Francia renda possibile l'acquisto della costa di Obock e Gibuti. In avvenire, evoluzioni politiche dettate fors'anche dalla necessità possono altresì avere per effetto buoni accordi con la Francia atti a favorirci nelle regioni di cui si tratta. Insomma, nelle imprese d'importanza storica bisogna attribuire al tempo il valore che gli spetta ed evitare soprattutto quella fretta che impedisce di scegliere il momento opportuno.

Gli scopi ai quali, secondo il mio rispettoso parere, il R. Governo si dovrebbe applicare sarebbero i seguenti:

l) ristabilire coi minori sagrifici possibili il prestigio delle armi, senza attribuire eccessivo valore a ciò che impropriamente si chiama onore nazionale di fronte a popoli barbari;

2) mantenere in nostro possesso terreno sufficiente, salubre ed adatto per avere una base di operazione per l'avvenire, ma restringere tale frontiera militare a quel tanto che esiga il minor numero di truppe e la minor spesa per difenderla efficacemente;

3) scegliere tale frontiera militare in modo da poterla fortificare senza spese eccessive e difenderla con grosse artiglierie in modo che qualunque sforzo dei nemici per forzarla o girarla sia reso vano;

4) ricordarsi che nelle guerre contro popoli barbari l'onore dei generali consiste nel raggiungere l'intento col minor sagrificio di uomini perché mille abissini non compensano la perdita di un solo italiano;

5) la frontiera militare non deve esser troppo lontana da Massaua per poter essere collegata con questo punto di sbarco mediante strade rotabili. Un tale ordinamento permetterà di mantenere con poca spesa uno stato di cose che non ci indebolirà in Europa e che ci permetterà a tempo e luogo e con la debita calma di approfittare delle propizie occasioni in Africa.

È mia convinzione che salvo avvenimenti politici europei che modifichino la nostra posizione rispetto alle Potenze interessate sarà molto difficile di mettere piede stabile sulla costa di cui l'Harare Io Scioa sono l'hinterland. Saremo invece favoriti in dati casi dall'Inghilterra per operare in quelle regioni attraverso le possessioni inglesi.

Nelle sfere politiche senza distinzione di partito, ma specialmente presso gli uomini che sono al potere serpeggia una viva preoccupazione sull'avvenire immediato del nostro Paese, non solo per la simpatia sincera che si nutre verso di esso, ma più ancora per l'intima convinzione che il benessere economico e politico e la potenza dell'Italia sono elementi indispensabili alla grande famiglia europea.

932 1 Cfr. n. 897.

933

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL CONSOLE GENERALE A NIZZA, SIMONDETTI

T. 263. Roma, 29 febbraio 1896, ore 12,45.

Non dubito che ella si terrà in comunicazione colla r. ambasciata a Parigi e con codesti consoli di Inghilterra, Austria-Ungheria e Germania per contegno comune durante presenza presidente1 .

933 1 Per la risposta cfr. n. 938.

934

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 265. Roma, 29 febbraio 1896, ore 13,25.

Ad ogni buon fine le segnalo informazione giunta da Parigi a finanzieri di qui che il Governo francese preparerebbe contro l'Italia un colpo non militare ma di molta gravità politica 1 .

935

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC 1

T. RISERVATO 399. Berlino, 29 febbraio 1896, ore 22,23 (per. ore 23,15).

S.M. l'Imperatore venne oggi casa mia per pregarmi far conoscere al re suo vivo desiderio incontrarsi con lui profittando occasione per fare prima un viaggio in mare coste italiane che i medici giudicano necessario per salute imperatrice. S.M. l'Imperatore avrebbe quindi progettato giungere con S.M. l'Imperatrice a Genova nel più stretto incognito ed imbarcarsi subito colà sul suo yacht. Da Genova andrebbe a Napoli a visitare fratello, quindi coste Sicilia, e di là a Venezia. A Venezia potrebbe essere non più incognito e aver luogo, se S.M. il Re consente, ricevimento e incontro ufficiale. Segue lettera2 .

936

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 171/31. Tangeri, 29 febbraio 1896 (per. il 9 marzo).

Mi riferisco al telegramma cifrato che le piacque d'indirizzarmi il20 volgente: «Ci è stato segnalato attivo lavorìo tra Francia e Spagna, per intesa circa cose del Marocco» 1 .

Mi manca la sagacia e mi mancano i dati per emettere un giudizio per poco sicuro; ma ardisco dire che la situazione derivante da un simile eventuale accordo tra i Gabinetti di Parigi e di Madrid non sarebbe dissimile dalla situazione d'or sono tre anni.

Nel 1893 bastò che la Gran Bretagna accennasse ad una navale dimostrazione nelle acque del Marocco perché la Spagna diffidente sempre e timorosa che gli inglesi tendano a stabilire una loro stazione a Tangeri, inclinasse a Francia.

Nel 1895 la Brettagna volse le sue sollecitudini a Gibilterra dando principio alle notevoli opere portuali che tuttodì vi si compiono; e i sospetti e le esagerate preoccupazioni che il fatto destò a Madrid, per avventura condussero a nuovi concerti tra Spagna e Francia.

Checché sia, a tutt'oggi non so che alcuno degli agenti esteri (il collega d'Inghilterra eccettuato) abbia avuto notizia di tali diplomatiche combinazioni: né parmi che tra l'inviato francese e spagnuolo siena corse o corrano segrete intelligenze.

Non mi starò per questo dallo attentamente sorvegliarne le mosse.

934 1 Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Londra e Vienna con T. 266, pari data. 935 1 Ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., p. 291. 2 Il l o marzo Crispi si recò a Napoli per conferire con il re in proposito. 936 1 Cfr. n. 894, nota 2.

937

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA 1

L. PERSONALE. 2

Il barone Blanc mi comunica la di lei lettera del 23 corrente 3 nella quale è fatto cenno della mia del giorno 94 ...

Noi possiamo comprendere la delicatezza della posizione che la Germania deve considerare di fronte alla Francia, nella attuale condizione di cose internazionali; il fatto che non esiste più in Germania una forte corrente per la guerra, che la Francia è oggi più forte di un tempo e resa più baldanzosa dall'appoggio della Russia, non ci pare dispensi la Germania dal dover considerare il danno che alla forza ed alla autorità della Triplice Alleanza deriva da tutto ciò che viene a colpire l'Italia, ad onta della Triplice stessa, e può ben dirsi pel fatto della sua esistenza.

Non ho d'uopo di ripeterle che, in realtà, le difficoltà contro cui dobbiamo ora combattere ci derivano in gran parte dai vincoli che ci uniscono alla Germania: e se non è pensier nostro pretendere dalla lettera e dallo spirito del trattato di alleanza conseguenze che a Berlino possano sembrare eccessive, non è men vero che noi dobbiamo chiederci ora più che mai se ed in qual grado e modo tuteli i nostri interessi un trattato che ha bensì lo scopo principale di prevenire ed impedire la guerra in Europa, ma

2 Si colloca sotto l'ultimo giorno di febbraio tenendo presente il riferimento alla <<di lei lettera del 23 corrente>>.

3 Cfr. n. 910.

4 Cfr. n. 851.

che non si dovrebbe veramente poter considerare come estraneo a ciò che, in forma più o meno larvata, equivalga ad una guerra mossa fuori di Europa all'una o all'altra delle Potenze alleate.

A Parigi -le si è detto dal barone Marschall e dal barone Holstein -non si ignorano le simpatie della Germania per l'Italia, si sa benissimo che la Francia non potrebbe attaccare l'Italia senza che la Germania accorra in sua difesa. Ma il fatto certo è che questi attacchi della Francia non sono più una ipotesi da considerarsi per un incerto futuro, sono un fatto ormai esistente, che mira, non solo a combattere l'Italia in Mrica, ma ad indebolirla in Europa.

Non comprendo come possa ritenersi a Berlino che ciò sia in realtà destinato a rimanere senza influenza su quella situazione internazionale che ha la sua base principale per la Germania stessa nella potenza della Triplice, poiché indirettamente i due Imperi non possono non risentirsi di ciò che tocca la forza dell.'ltalia; come l'Italia si risentirebbe di ciò che in Europa o fuori d 'Europa toccasse alla forza della Germania e dell'Austria-Ungheria. Comunque, se a Berlino si è risoluti a non escire assolutamente da quella riserva che induce la Francia a ritenere di poter considerare l'Italia come isolata, è ben naturale che da noi si consideri il trattato di alleanza nei suoi rapporti, non più soltanto di una conflagrazione generale, ma benanche della situazione speciale che esso produce fra l'Italia e Francia isolatamente.

E poiché s'avvicina il momento in cui una decisione sul patto che le unisce può esser presa dalle tre Potenze alleate, ho voluto richiamare sul grave argomento tutta l'attenzione di V.E. perché ella ne prendesse norma nel suo linguaggio presso codesto Governo e anche presso S.M. l'Imperatore.

Ella mi si dichiara profondamente convinto dell'importanza e dell'utilità del trattato, anzi, della sua necessità, malgrado gl'inconvenienti che possa avere. Su ciò le ho espresso già in parte il mio pensiero, e mi riservo di scrivere ancora all'E.V.

Un trattato di alleanza, sia pure concluso allo scopo d'impedire la guerra, perde gran parte del suo valore quando si dimostra nella pace inetto a tutelare gl'interessi dei contrattanti. Senza dire che nella mente dell'Italia e degli italiani, oltre e più che di un patto scritto e limitato a certe date evenienze, si tratta di una solidarietà morale e politica che, trovando la sua ragione nella storia, nella geografia, nella logica internazionale, ha fatto sì che quel patto non avesse quasi oppositori, mentre se tale solidarietà venisse a mancare per parte della Germania, il giudizio sulla convenienza di quel patto verrebbe certo a modificarsi in molta parte del popolo nostro.

Ora, non può ignorarsi a Berlino la forza che oggi deriva ai patti diplomatici dal suffragio delle masse; tanto più quando quei patti implicano la reciproca fratellanza delle armi e del sangue. Le alleanze hanno infatti oggi tanto maggiore efficacia, quanto più sono popolari, e non possono essere popolari se non si dimostrano utili.

Il popolo italiano non è ancora disilluso dell'alleanza con la Germania; ma chi può assicurare che non lo sarà domani, così seguitando le cose? E se il Governo italiano venisse dalle circostanze chiamato all'adempimento dei suoi impegni verso la Germania, quando l'alleanza fosse divenuta impopolare, certo esso non mancherebbe ai suoi doveri internazionali, qualunque fossero gli uomini al potere; ma esso si sentirebbe ben debole di fronte al suo stesso Paese, e lo sarebbe per conseguenza anche di fronte al suo alleato.

Non posso quindi a meno d'insistere sopra la gravità di uno stato di cose che si fa per noi sempre meno tollerabile, poiché facendoci subire in una pace formale i danni di una guerra a cui l'alleanza non provvede, senza gli eventuali vantaggi che in una guerra dichiarata l'alleanza dovrebbe assicurarci, rende incerta e mal sicura la base stessa della nostra posizione internazionale.

937 1 L'originale di questo documento non è stato trovato. Il testo che si pubblica, mutilo e privo di data, è ed. in CRISPI, Questioni internazionali, cit., pp. 288-291.

938

IL CONSOLE GENERALE A NIZZA, SIMONDETI 1, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 403. Nizza, 1° marzo 1896, ore 1,28 (per. ore 13,30).

Seguo istruzioni ambasciata1 , colla quale sono in continuo rapporto, colleghi menzionati telegramma di V.E. 2 si conformano interamente mio contegno.

939

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PERRERO, E A VIENNA, NIGRA

Roma, l0 marzo 1896.

L'ambasciatore d'Austria-Ungheria venuto oggi alla Consulta, mi disse che egli aveva ricevuta una profonda impressione dei documenti relativi ai nostri recenti negoziati colla Francia dei quali io gli aveva dato comunicazione. Sono gli stessi documenti dei quali inviai copia a V.E. col mio dispaccio del. .. febbraio u.s. n.....2.

Il barone Pasetti soggiunse che vi risultava evidente il desiderio dell'Italia, e la ripugnanza della Francia a migliori rapporti fra i due Paesi. Egli mi disse che avrebbe voluto trovare un rimedio che fosse in potere del suo Governo; ma nello stato attuale

2 Cfr. n. 933. 939 1 Il dispaccio fu inviato a Vienna col n. 7908/172, a Berlino col n. 7909/118 e a Londra col n. 7910/108. 2 Data e numero variano secondo le sedi.

dell'Europa non sapeva immaginar quale. Mi chiese se, come aveva asserito qualche giornale, io intendessi ricorrere alle Potenze firmatarie dell'Atto generale di Bruxelles per l'osservanza delle note disposizioni relative al traffico d'armi tra il 20° parallelo nord ed il 22° parallelo sud in Africa.

Risposi al barone Pasetti che invocando la Francia il diritto di armare i suoi protetti e rifiutando di compiere quel primo atto di buon vicinato che è la delimitazione, e le carte francesi spingendo la sua zona sino nell'Harar dal quale partono eserciti contro di noi, il ricorso contro l'introduzione delle armi non avrebbe base sufficiente. Le questioni di protezione, come son poste in quella parte d'Africa, permettono alla Francia di alimentare la guerra fattaci dalla coalizione abissino-sudanese. Siccome l'impossibilità di migliori relazioni colla Francia è motivata espressamente dal fatto che siamo parte della Triplice Alleanza, è questa una situazione alla quale, secondo me, i Governi alleati possono e debbono cercare con noi un rimedio. lo confidava intanto che da Vienna e da Berlino non si manifesterà più l'impressione, riferitaci talvolta dai nostri ambasciatori, che all'Italia abbia fatto difetto lo spirito di conciliazione e la calma, nella posizione difficilissima che le è fatta persistentemente da Parigi.

938 1 Il parere di Tornielli era il seguente: <<...pare a me converrebbe che il r. console generale, pure astenendosi dallo intervenire ai festeggiamenti commemorativi (scoprimento inaugurale del monumento e banchetto), dovrebbe fare presso il prefetto di Nizza i passi necessari acciocché il corpo consolare ed egli stesso decano del medesimo siano ammessi a presentare al presidente della Repubblica gli omaggi d'uso in siffatte occasioni>> (R. riservato 566/143 del 13 febbraio).

940

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 752/188. Parigi, 10 marzo 1896 (per. il5).

Nell'ultimo mio colloquio con il signor Berthelot egli mi disse che da un rapporto del signor Lagarde risultava che questi avea vietato qualunque sbarco sulle coste e negli approdi della Colonia di Obock eccettuati soltanto i porti di quella città e di Gibuti. In questi luoghi, soggiunse il ministro degli affari esteri, esistono mezzi di sorveglianza e le importazioni provenienti per la via di mare possono essere riscontrate. Tale provvedimento sarebbe stato adottato per rendere più efficace l'inibizione di introdurre in quel territorio francese i materiali da guerra 1 .

Non dimostrai di interessarmi molto a tale notizia benché in realtà, se il provvedimento è stato pubblicamente annunciato, non si possa disconoscerne il valore. In ogni modo non posso pretermettere di segnalare che, anche nella circostanza in cui mi diede questa notizia, il signor Berthelot confermò una volta di più che l'introduzione dei materiali da guerra diretti all'Etiopia per la via della Colonia francese era interdetta.

Ho già più di una volta dovuto segnalare la profonda, dispiacevole impressione prodottasi qui in seguito alle ripetute, insistenti accuse propagate dai gior

nali italiani circa la partecipazione diretta od indiretta del Governo francese negli armamenti dell'Etiopia. I componenti il Gabinetto del signor Bourgeois ed in particolar modo il signor Berthelot, se ne sentono tanto più vivamente offesi in quanto che mi pare cosa probabilissima che eglino abbiano avuto la precisa intenzione di serbare a riguardo nostro un contegno corretto e che loro sia mancato soltanto il coraggio di prendere pubblicamente taluni provvedimenti sovra i quali sarebbe stato forse necessario dare spiegazioni dalla tribuna parlamentare. Gli attuali ministri sembrano non volersi rendere conto che, dal punto di vista internazionale, la responsabilità di fatti che potrebbero essere accaduti prima della loro assunzione al governo, pesa sovra di loro ancorché personalmente eglino non abbiano contribuito a compierli. Appunto perché i loro sentimenti erano assai più favorevoli alla buona armonia con l'Italia di quelli che il precedente Gabinetto professava, l'accoglienza che ebbero le replicate ed esplicite loro dichiarazioni produsse qui un effetto di cui importa che il Governo di Sua Maestà si renda preciso conto. Le relazioni nostre che incominciavano sul finire dell'anno passato ad avviarsi con la Francia nei termini di una soddisfacente cordialità, si sono di nuovo irrigidite ed in poche settimane le cose sono sotto questo rapporto mutate in modo troppo palese perché io non debba, con molto dispiacere mio chiamare sovra siffatto cambiamento l'attenzione di V.E.

Ho segnalato la causa principale di tale stato di cose nella opinione che qui si è formata che il clamore con il quale la stampa nostra denunciò la connivenza francese negli armamenti etiopici sia stato voluto per suscitare un sentimento popolare di animosità in Italia contro la Francia. Ma questa se fu la causa principale non fu l'unica, poiché al raffreddamento delle relazioni contribuirono sicuramente altri motivi, fra i quali il sospetto che d'un tratto invase questi governanti circa gli scopi della nostra azione diplomatica a Londra. Donde traesse origine il sentimento di diffidenza che fino a questi ultimi mesi non ebbi occasione di osservare, non saprei dire. Epperò gratuita sarebbe la supposizione che io formassi che tale sentimento cominciò a nascere qui quando fra Londra e Parigi si produsse quel ravvicinamento di cui già si sono veduti alcuni effetti non innocui per gli interessi italiani. Non trascurai di segnalare ciò che in proposito parvemi meritasse l'attenzione nostra ed oggi mi preme confermare le impressioni mie le quali mi portano a credere che le relazioni fra Londra e Parigi siano assai più intime in questo momento di quanto lo furono da varii anni in qua. Né può essere estraneo al mutamento che io sono in dovere di notare la convinzione in cui qui si deve essere venuti che la resistenza dell'Abissinia è favorita dalla Russia. Le osservazioni mie mi persuadono che lo stato di preparazione in cui l'Etiopia ha dimostrato di essere per sostenere la lotta contro l'Italia, cagionò qui una sorpresa non solamente nel pubblico ma anche nei componenti del Gabinetto attuale.

Tutto ciò sembra a me dover essere preso in pacata considerazione poiché ne emerge una situazione della quale non sarebbe senza pericolo il non esserci reso esattamente conto a tempo debito.

Non dispiaccia pertanto a V.E. che, pure correndo il rischio di ripetere cose già scritte, io mi soffermi alquanto a mettere in evidenza ciò che determina, dal punto di vista del diritto internazionale, il carattere che ebbe fin qui la condotta del Governo francese nell'affare dell'armamento dell'Etiopia. Vedo, in accreditati periodici italiani, invocate a tale proposito le leggi internazionali del tempo di guerra. Vi si parla di neutralità, di blocco, di visite. Ora, non soltanto giova ricordarci che lo stato di guerra non fu mai qui annunciato; ma, conformemente ai concetti del Governo di Sua Maestà, non fu neppure da me accolta la suggestione fattaci dal ministro degli affari esteri di Francia che, qualora tale notificazione fosse stata compatibile con l'interesse nostro, l'applicazione immediata delle leggi della neutralità sarebbe dichiarata dal Governo della Repubblica. La condizione speciale di cose che impedì che, nella lotta da noi sostenuta in Africa, si ravvisasse la guerra nel senso che il diritto internazionale attribuisce a questa voce, ha certamente contribuito a creare ed a mantenere la situazione male precisata attuale. Nei nostri rapporti con il Governo francese, è impossibile lo prescindere dal prendere in considerazione che il decreto presidenziale del 10 ottobre 1894 per regolare il traffico delle armi e munizioni dirette ali 'Etiopia, in sostanza, all'epoca in cui fu pubblicato nel giornale ufficiale della Repubblica, non diede motivo ad osservazioni od a riserve da parte nostra. Forse allora ci sembrava che con quel decreto la Francia recedeva dalla riserva con cui essa avea accolto la dichiarazione fatta dall'Italia a Bruxelles per far considerare dai sottoscrittori dell'Atto generale, l'imperatore etiopico come aderente all'atto stesso. Non mi riuscì di ottenere un decreto del presidente che distruggesse quello del 1894. Il ministro degli affari esteri che sedette al governo fino al 2 novembre ultimo ed ancora più esplicitamente l'attuale di lui successore non ristettero dal dichiarare che, per effetto di istruzioni impartite alla autorità coloniale di Obock, la disposizione di quel decreto, che rendeva libero il transito dei materiali da guerra destinati al sovrano di Etiopia, fu in fatto resa inefficace. Né mi pare fuor di luogo di osservare che dalla applicazione stretta delle leggi internazionali relative alla guerra noi avremmo ricavato ancor minore vantaggio. L'inibizione del commercio delle armi e delle munizioni da guerra fra un possedimento coloniale francese ed un paese in guerra con noi non comprende necessariamente il divieto d'importazione di materiali bellici sul territorio fr~ncese. La Francia, in stretto diritto, potrebbe importare ad Obock tutte le armi e munizioni che essa volesse introdurvi senza che da tale fatto possa dirsi violato il suo obbligo di neutralità. La violazione incomincerebbe quando, uscendo dal territorio francese, quelle importazioni penetrassero nel paese che guerreggia con l 'Italia. Da ciò, a parer mio, deriva che il blocco, il diritto di visita e tutte le altre regole del diritto internazionale relative al tempo di guerra, non sarebbero legittime se si pretendesse applicarle alle coste ed al mare territoriale francesi. Occorre in cose così delicate procedere col massimo riguardo e non è certamente cosa desiderabile che nei giornali nostri se ne parli in guisa da far nascere nel pensiero di coloro che delle discipline giuridiche internazionali non hanno cognizioni precise, idee che nelle discipline stesse non troverebbero indiscutibile base.

Se io mi permetto di esporre in questo rapporto le cose che venni fin qui svolgendo, si è perché entra nel compito mio di sottoporre al giudizio del R. Governo le circostanze così come esse sono acciocché, per nessuna volontaria omissione che da me si potesse commettere, non possa accadere che le relazioni nostre con la Francia s'abbiano a trovare impigliate in qualche complicazione nella quale la evidenza del buon diritto non stia dalla parte nostra.

940 1 Berthelot aveva esposto il suo punto di vista in un dispaccio del 22 febbraio alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Pietroburgo e Vienna (DDF, XII, cit., n. 309).

941

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATISSIMO 753/189. Parigi, l° marzo 1896 (per. il 5).

Il passaggio per Parigi del signor conte Bosdari il quale si reca in Italia, mi offre l'opportunità di scrivere in forma confidenziale a V.E. e ne profitto per inviarle il rapporto che, in data d'oggi, tratta delle condizioni in cui le relazioni fra il nostro Paese e la Francia si trovano in conseguenza dell'affare del traffico delle armi per l'Etiopia1 . Mi valgo poi della stessa occasione per rispondere con quest'altro rapporto a ciò che

V.E. mi ha segnalato con il telegramma d'ieri 2 e per chiederle le direzioni che le circostanze potrebbero suggerire.

Non mi reca sorpresa il sentire che dai circoli finanziari di qui sia partita per l'Italia la notizia che il Governo francese stia preparandosi a recare agli interessi nostri politici un colpo di una singolare gravità. Ho a più riprese segnalato all'attenzione del Governo del re le conseguenze dirette ed indirette di due fatti gravissimi: della confessata cioè, ed anzi ostentata alleanza franco-russa e del dissidio anglo-tedesco. Riferii, anche col pericolo di esporre non fatti, ma semplici congetture, ciò che mi parve doversi prevedere e forse a prossima scadenza, come effetto del ravvicinamento dell'Inghilterra alla Francia, desiderato per certo dai governanti attuali dei due Paesi. Erano pochi gli indizi che si aveano di trattative in corso fra Parigi e Londra per l'affare di Egitto; e quando io mi risolvetti ascriverne e V.E.3 quasi nessuno qui vi poneva mente. Non potrei oggi fornire prove, ma posso attestare che ormai sono molti coloro che ritengono che da quelle trattative n'abbia da uscire un accomodamento. È appena mestieri Io indicare quale profonda variazione nell'assetto generale delle relazioni politiche dell'Europa deriverebbe dal verificarsi di siffatta previsione. Che questo Governo si adoperi a tutt'uomo per mezzo dell'abile ed autorevole personaggio che lo rappresenta a Londra, per raggiungere l'intento, mi pare certo ed il Governo di S.M. il Re deve sapere assai meglio di me se gli screzi avvenuti nelle relazioni della Germania con l'Inghilterra non abbiano fatto abbandonare da quest'ultima quelle tendenze della sua politica che erano principalmente per l 'Italia guarentigia quasi indispensabile nella posizione che essa occupa nelle combinazioni delle alleanze. È tema questo sovra il quale non mi spetta lo insistere e noi farei se non avessi l'obbligo di dire schiettamente all'E.V. che purtroppo la posizione internazionale della Francia è molto aumentata a tutto vantaggio suo ed a relativo detrimento nostro.

Così stando le cose, non mi pare dover esitare ad esporre a V.E. che più di una volta nei colloqui miei con questi ministri ed altri uomini politici francesi venne allegata la posizione dell'Italia nella combinazione delle alleanze come l'ostacolo che si

2 Cfr. n. 934.

3 Cfr. n. 827.

frappone allo svolgimento delle relazioni di intima cordialità fra il nostro ed il loro Paese. Ed ogni volta che questa osservazione venne ripetuta, mi accorsi che dominava in coloro che la facevano la persuasione che il vincolo essendo duraturo per parecchi anni ancora, sarebbe prematura affatto la presa in considerazione di una situazione diversa. Non vorrei che V.E. supponesse che il fatto dell'essere l'Italia parte della Triplice Alleanza mi sia stato opposto qui in alcuna circostanza come causa di cattivo animo a nostro riguardo. Ma del fatto stesso è pur naturale che si valutino le conseguenze più o meno prossime. Ora se nella convinzione qui dominante che, attesi i termini della durata degli impegni dell'Italia, non gioverebbe il prendere oggi in considerazione una situazione diversa di quella che gli impegni stessi mantengono, vi fosse errore correggibile, forse potrebbe giovare agli scopi della politica nostra generale e stornare dal capo nostro il pericolo nascente dalla intesa franco-britannica, il lasciare intendere qui che le cose non stanno precisamente come si credono. Allorché verso la metà di gennaio 4 io fui da V.E. autorizzato a lasciare comprendere al signor Berthelot che vi potrebbe essere un terreno comune sul quale per vari argomenti fra il suo ed il mio Paese si stabilirebbero convenientemente intelligenze concrete in vista delle questioni che preoccupano l'Europa e dello atteggiamento che vi possono assumere i vari Gabinetti, tenni a questo signor ministro, con la circospezione indispensabile, qualche discorso che mi accorsi non lasciare in lui impressione sufficiente o per lo meno corrispondente agli scopi che noi ci proponevamo. Ed in proposito mi occorre notare che coincidettero, io credo, con quei miei discorsi le informazioni che qui si debbono aver avuto da Londra circa l'attività vera o supposta della nostra azione per attirare l'Inghilterra in modo concreto nell'alleanza della quale facciamo parte; sicché non è fuor di proposito il pensare che qui si abbiano avute impressioni né giuste, né sovra tutto favorevoli agli scopi ai quali in quel momento mirava la nostra politica a Parigi.

Il R. Governo non veda in questa mia esposizione di considerazioni che si affacciano alla mente il proposito di dare suggerimenti non richiesti e per i quali mancherebbero a me le sufficienti cognizioni di fatto. Allo avvertimento telegrafico datomi da

V. E. ieri, vorrei essere in grado di rispondere oggi quale sia il colpo che qui si prepara contro di noi, od ancor meglio vorrei poter avere bastevoli elementi per ismentire le voci pervenute di qui a Roma a tale riguardo. Né l'una cosa, né l'altra posso fare con la sicurezza che la gravità della cosa richiede. Ma i miei rapporti di oggi, mentre pongono in quella maggiore evidenza che mi è possibile, la condizione delle relazioni presenti nostre con i ministri francesi, hanno per iscopo di mettere il Governo di Sua Maestà in avvertenza in due importanti circostanze le quali sono: primieramente la persuasione in cui vive il Governo francese che il vincolo che impegna l'Italia nell'alleanza tedesca è duraturo per molti anni ancora ed in secondo luogo la convinzione conseguente in cui sono i ministri della Repubblica che un mutamento nella posizione dell'Italia sia cosa di troppo lontana scadenza per potersene tenere conto nello apprezzamento della variata situazione nascente dalla opposizione d'interessi che si è rivelata al presente fra altre Grandi Potenze.

941 1 Cfr. n. 940.

941 4 Cfr. n. 776.

942

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 754/190. Parigi, 1° marzo 1896 (per. il 5).

In una occasione recente di privata conversazione il signor Guyeiesse, ministro delle colonie, mi parlò del suggerito scambio di territori in Africa fra l'Italia e la Francia. Questa iniziativa che contrasta con le disposizioni delle quali il signor Berthelot si dimostra animato da qualche settimana deve sorprenderei meno se si pensa che l'attuale ministro delle colonie è di professione sua ingegnere marittimo e che tutto ciò che concerne i porti e le rade ha per lui uno speciale interesse. Nel colloquio impegnatosi a questo riguardo egli mi dimostrò il desiderio di conoscere il valore che da parte nostra si supponeva potessero avere per la Francia le coste delle quali eravamo disposti a proporre la cessione. A dire suo quelle coste non offrirebbero apprezzabili facilità di approdi. Mi limitai a rispondergli con le indicazioni risultanti dalla memoria allegata al dispaccio di V. E. del 29 gennaio ultimo\ e delle indicazioni stesse feci anzi soltanto un sommario accenno dicendogli che, dappoiché la cosa avea agli occhi suoi un interesse, avrei procurato di mettergli sotto gli occhi le notizie di fatto da me possedute.

Il signor Guyeiesse parlò successivamente con il suo collega degli affari esteri di ciò che da me egli aveva udito ed il signor Berthelot mi chiese che a lui pure facessi conoscere le notizie da me promesse al ministro delle colonie.

Ancorché il colloquio da me avuto con il signor Guyeiesse avesse nulla di ufficiale mi parve comprendere che il progetto di uno scambio non sarebbe escluso qui quando però la via, che dal golfo di Tagiura permette di venire in contatto con l'Etiopia ed attraverso a questa con il bacino superiore del Nilo, non fosse completamente tolta al traffico francese.

943

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 404. Berlino, 2 marzo 1896, ore 15,10 (per. ore 15,45).

Radowitz, interpellato circa lavorio Francia Spagna, segnalatomi da V.E. il 20 febbraio1, telegrafa che quel lavorio riflette solo questione finanziaria e non cose Marocco. Malgrado questa affermazione ambasciatore di Germania Madrid, io credo difficile che la Francia possa decidersi concessioni finanziarie Spagna in questo momento senza controconcessioni politiche. Seguo attentamente per quanto è possibile questa questione.

942 1 Non pubblicato. 943 1 Cfr. n. 894.

944

L'AMBASCIATORE A MADRID, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 137/45. Madrid, 2 marzo 1896 (per. il 6).

Ho fatto conoscere telegraficamente all'E.V1 . il ritorno dell'ambasciatore di Francia e la lunga visita da lui fatta al presidente del Consiglio.

Da quanto ha detto il signor Canovas del Castillo a persona di fiducia le trattative per l'affare finanziario sono assai innanzi; esse avrebbero per base il prolungamento delle concessioni ferroviarie.

Canovas del Castillo giura pur tuttavia che tale operazione non vincola in modo alcuno la libertà d'azione politica della Spagna e che la parola alleanza non è stata nemmeno pronunziata.

Sarà vero, ma l'ambasciatore di Francia agisce in modo da voler far credere a tale evenienza, le sue visite preannunziate dai giornali, le mezze confidenze a colleghi disinteressati sono fatte per accreditare le voci di successi politici, che, anche non veri, sono utili al Ministero francese. In questo stesso ordine d'idee deve mettersi una sua domanda di udienza fatta alla regina, dopo il suo ritorno; pare però che la regina non gliela accorderà per non compromettersi.

Quanto a trattative per il Marocco, come già accennai in altro mio rapporto 2 , la notizia sembra inesatta; essa è stata recisamente smentita da molti personaggi anche ad altri miei colleghi; tutto si riduce colà ad attività morbosa del nuovo ministro di Francia.

945

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, AI PREFETTI 1

T. 2846. Roma, 3 marzo 1896.

Il telegramma della Stefani che riceverà annunziando il doloroso fatto del l o marzo nella Eritrea 2 può dar causa ai partiti sovversivi di agitare il Paese. Rinnovo le istruzioni date col precedente telegramma3 . Tenga elevato lo spirito delle popolazioni e faccia appello alla stampa liberale affinché anche essa cooperi a questo dovere di patria. Voglia dare d'urgenza ai sottoprefetti ed agli uffici di pubblica sicurezza da lei dipendenti istruzioni conformi al presente telegramma.

2 R. 117/37 del22 febbraio, non pubblicato. 945 1 Da ACS, Carte Crispi.

2 La notizia della battaglia di Adua era stata data da Lamberti a Crispi con T. personale 1047 del 2 marzo, ed. in LV 92, pp. 284-285.

3 Non pubblicato.

944 1 T. 402 del l o marzo, non pubblicato.

946

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO 1

CIRCOLARE. Roma, 3 marzo 1896.

Il telegrafo ci reca la dolorosa notizia d'un insuccesso delle nostre armi in Africa, al momento in cui il comando della Colonia aveva stabilito le nostre forze in una posizione sicura davanti a posizioni nemiche pur da esso dichiarate inattaccabili, mentre nuovi rinforzi inviati col generale Heusch e i supremi poteri affidati al generale Baldissera potevano darci affidamento di un esito favorevole della nostra difesa.

Non è venuto il momento di determinare come e perché in Africa fu infelice per noi l'osservanza della regola di lasciare ad ogni comandante d'esercito, sopratutto a tale distanza, la libertà e responsabilità dei suoi movimenti, tanto più quando esso dimostra di rendersi conto della necessità d'aspettare rinforzi e di non commettere imprudenze.

Non è venuto il momento di osservare, circa la criticata insufficienza di mezzi, che nelle simili vicende coloniali d'ogni Nazione si verifica una tendenza ad impiegare un minimo di forze e di spesa che tante volte, come altri Governi ne fecero duri esperimenti, risultarono insufficienti davanti alle incognite di nuove organizzazioni degli indigeni. Basta constatare che, se non si commetteva qualche imprevedibile errore in Africa, i soccorsi della madre patria arrivavano ancora in tempo.

Neppure è venuto il momento per il Paese di decidere qual sia il tornaconto della politica coloniale; ma tanto rapide e tanto profonde sono state in dieci anni le variazioni della politica coloniale in Italia, che, malgrado la brevità del tempo, le prove incontrate in tendenze alternate, sia verso l'espansione che verso il raccoglimento o l'abbandono, potranno, tosto dopo terminato l'attuale periodo d'azione militare, diventare ormai, meglio che temi a recriminazioni di partiti, basi d'un giudizio definitivo del Paese sulla possibilità e sui mezzi di evitare l'indefinito aggravamento dei sacrifici fatti.

Per ora non si tratta che della difesa. E questo ministero, che non ha mai dissimulato essere grave la questione coloniale, che ha ripetutamente annunziato al Parlamento la coalizione sudanese-abissina, e che fin dal novembre scorso annunciava al comando d'Africa, sulla fede di agenti non militari ma pur degni di fede 2 , la marcia degli scioani contro di noi, ha diritto di affermare che sin dal principio non si trattò se non di difesa.

Se si vuoi considerare errore l'aver accettato le dichiarazioni del comando d'Africa, venute d'altronde a fatti compiuti, che la difesa aveva dovuto portarsi a Cassa

la e a Adigrat, che Asmara. non copriva Massaua, e che malgrado il parere contrario del Ministero esteri fosse stata opportuna l'occupazione di Adua, l'errore sarebbe scusabile.

Attraverso le vicende ministeriali da dieci anni in qua, la coerenza e la continuità di propositi, non avevano potuto essere tali che si fosse mai potuto ottenere nell'Eritrea la sicurezza, l'economia, né la pace, che volevamo.

Ed invero già da un anno erasi inaugurata la politica del raccoglimento, quando ebbe luogo quella campagna contro i ribelli, che senza risultato politico né territoriale, portò a 15 milioni il bilancio coloniale del 1891-92; vi fu poi un sanguinoso scontro coi mahdisti, battuti dalle nostre forze a Serobeti; tutto l'altipiano era nel punto d'andare in fiamme, quando nel 1892 il generale Baratieri tornò a ristabilire i mezzi di difesa organizzati fin dal 1888 dal generale Baldissera colle truppe indigene; la riunione dei tigrini cogli scioani in una ostilità non dissimulata contro di noi era un fatto compiuto sin da quando si rifiutò a Mangascià di aiutarlo contro Alula; e fino dal '93 era nota ad altre Potenze la coalizione sudanese-abissina, che si preparava, e di fronte a cui doveva trovarsi il Ministero attuale.

I capi, sia tigrini che scioani, si erano avvezzati negli ultimi anni a ravvisare in quel che si chiamava la politica tigrina o scioana dell'Italia, una loro situazione di protettori anziché protetti nostri. Mangascià, vassallo tigrino di Menelik, aveva ricevuto tanta autorità dall'Italia nel1892 da poter dare l'investitura ad un nostro governatore. Sicchè non è a far meraviglia l'ardimento che ebbe di poi Menelik stesso, di scrivere al re d'Italia, dopo Coatit, dichiarando disubbidienti, sul piede d'uguaglianza, Mangascià ed il generale Baratieri.

In tali frangenti, come già dissi in Parlamento, il problema della sicurezza coloniale si era complicato di nuove questioni internazionali, perché gravi mutamenti, quasi ad insaputa del Paese, si erano compiuti in Africa dal 1891 al 1893, i quali ponevano i nostri interessi coloniali in contatti inevitabili cogli interessi di altri Governi.

Difatti, precisamente in quel periodo dal1891 al1893 in cui predominava in Italia la reazione contro la politica coloniale, si erano ripartiti gli estremi hinterland africani del Mediterraneo, dell'Atlantico e dell'Oceano Indiano, fino al Sudan, sia occidentale che orientale, tra Francia, Inghilterra e Germania. Quei riparti toccavano in punti mal definiti le parti centrali del continente nero che uniscono per vie carovaniere, usate dal traffico di schiavi, i mercati della Tripolitania colle regioni degli affluenti sudanesi ed abissini del Nilo.

E non poteva essere indifferente ad altre Potenze il vuoto inaspettato che la nostra supposta desistenza apriva tra il Mar Rosso, il golfo di Aden ed il Nilo.

Allora incominciò l'attività di sedicenti agenti civili e militari, i quali tanto più liberamente inquantoché sconfessati dai propri Governi, coprivano, sotto l'ambiziosa teoria politica dell'internazionalità dell'intero bacino del Nilo, speculazioni, sia sopra immaginarie concessioni nello Scioa, sia sopra forniture purtroppo effettive di armi e di munizioni alla coalizione sudanese-abissina.

Trovammo dunque una compagine coloniale incerta, condizioni di difesa aggravate, e difficoltà internazionali sopravvenute per la tutela della Colonia ridotta al triangolo Massaua-Keren-Asmara: l'esistenza stessa della modesta colonia Franchetti era considerata come illegittima e temeraria, il triangolo non comprendendo Godofelassi, onde si ricevettero rapporti che sconsigliavano di approvare che essa prendesse il nome di Umberto l. E l'esitazione non era fuori di luogo essendo evidente che, alla prima mossa ostile, i coloni avrebbero dovuto, come dovettero, abbandonare i campi se non si concentrava in quei luoghi un forte esercito.

Pure in condizioni così sfavorevoli, la continuità, opportuna finché è possibile, nella politica coloniale come nella politica estera, e la situazione finanziaria del Paese, in vista della quale si studiò perfino un bilancio coloniale di pace a 5 milioni, se pace era possibile, consigliavano di rimanere nello stato territoriale esistente; cercammo perfino di ristabilire i migliori rapporti possibili con Menelik con un'ultima missione del colonnello Piano; il quale fu autorizzato a contentarsi di un impegno di Menelik di non far cessioni di territori né accettare protettorati da altre Potenze 3 . Ma Menelik dichiarò non poter più accettare neppure quella condizione, da lui stesso proposta anteriormente. Non avemmo intanto sulla coscienza gli invii d'armi adoperate contro di noi; li abbiamo fatti cessare fin dal nostro arrivo al potere, perché apparivano agli scioani come un tributo di dipendenza nostra verso il negus, ed ai tigrini come un aiuto dato ai loro nemici.

Non ci si rimproveri di avere, precisamente quando la difesa si portò avanti, considerato opera pietosa l'associare ai nostri studi quelli di uomini eminenti che erano pronti ad associare il capitale al lavoro nell'Africa italiana, affinché un nobile sangue non fosse sparso invano, e quelle terre fossero destinate agli indigeni a noi fedeli ed ai diseredati della madre patria.

Non ci si rimproveri di aver aggiunto la difesa politica e diplomatica alla difesa militare. Prescindendo anche dai patti conclusi con Menelik fin dal tempo di re Giovanni, e per i quali Menelik diventò negus colle nostre armi, non potevamo, davanti alla minaccia sudanese-abissina, che dichiarava apertamente volerei gettare a mare a Massaua, abbandonare la sfera d'influenza definita secondo gli Atti di Berlino e di Bruxelles, quando il rappresentante d'una grande Nazione amica, a proposito d'ingerenze straniere in Etiopia, ci diceva essersi creduto da qualche anno che l'Italia non aspettasse che una occasione per abbandonare la Colonia.

Le riserve retrospettive e tardive fatte dopo il '90 da una o due Potenze si appoggiavano a desistenze tacite o verbali che si asserivano sopravvenute per parte nostra dalla politica di effettiva influenza nel sud; così citavansi i negoziati aperti con Menelik dal 1891 al 1893 per sostituire al Trattato di Uccialli «qualche cosa di meglio», come si esprimeva Menelik; si supponevano ammessi i confini a noi offerti da Menelik come corrispettivo della denunzia di quel trattato; e volevasi considerare l'invio di due milioni di cartucce e la dispensa di rimborsare mezzo milione di lire sul prestito etiopico, quali sicurtà dell'abbandono d'impegni reciprocamente invisi. Ma né alcuna rinuncia per parte dell'Italia aveva preso carattere autentico ed ufficiale, né potevamo sottrarci senza altro ai doveri che avevamo assunti verso l'Europa coll'aver rappresentato nella Conferenza antischiavista di Bruxelles l'Impero etiopico. Onde ci affidammo alla affermazione consacrata dali 'Europa negli Atti di

Berlino e di Bruxelles, *ed espressa anche recentemente dal presidente della Repubblica francese al nostro ambasciatore 4*, che le N azioni incivilite debbono sentirsi solidali, in vicende che tutte hanno affrontato in consimili lotte contro popoli barbari o semi-barbari, espressione questa che cito perché è consacrata nella lingua ufficiale per i Paesi ove vige la schiavitù.

Era dunque legittima e poteva essere base della autonomia di quei popoli, un'azione nostra politica intesa a far sì, se possibile, che i territori etiopici non diventassero protettorati o possessi di altra Potenza.

Ed invero non avevamo alcuna prova che ciò fosse nei propositi di alcuna Grande Potenza se mantenevamo il nostro diritto in massima.

La Russia ci ha dichiarato di non avere in Etiopia altri interessi che religiosi, ed abbiamo risposto che la nostra politica coloniale non escludeva alcuna credenza, né parteggiava in questioni ecclesiastiche.

Con l'Inghilterra abbiamo scambiato il 5 maggio 18945 , una dichiarazione per l'Harar, circa la quale la Francia fece riserve, ma che ad ogni buon fine intendiamo sottoporre alla Camera. E non è fondata l'asserzione che quando fosse stato di nostra convenienza di fare una diversione dal golfo di Aden, la nostra diplomazia abbia mancato al dovere di assicurare, per parte dell'Inghilterra, non già cessioni di territori che non abbiamo chiesti, ma la nostra libertà di passaggio.

La coalizione sudanese-abissina ha la sua base di rifornimento di guerra e di missioni militari e politiche nel golfo di Aden. Anche a quel riguardo la nostra politica aveva doveri da com')iere.

Ora, mentre l 'Inghilterra ci ha garantito l'interdizione del passaggio delle armi per Zeila, la Francia ci ha annunziato aver dato ordini alle sue autorità di proibire il contrabbando di guerra. Ma la Francia invoca naturalmente il diritto di armare le popolazioni da essa protette nella propria zona d'influenza; e perciò, nelle condizioni di diritto ancora imperfette stabilite dagli Atti di Berlino e di Bruxelles per l'Africa, non vi è base regolare a reclamo nostro per il passaggio d'armi alla zona d'influenza francese, la quale, però, non per omissione nostra, è rimasta priva di quel primo provvedimento di buon vicinato che è la delimitazione. Come ho già dichiarato al Parlamento, eravamo pronti a procedere senz'altro alla delimitazione proposta dalla Francia nel 91, ed intendiamo di presentare alla Camera il dispaccio in data del 5 maggio 18916 , col quale il Governo allora accettava quelle proposte.

Il R. Ministero presenterà d'altronde alla Camera una speciale raccolta dei documenti relativi agli avvenimenti dell'Eritrea successivi all'ultimo voto di approvazione del Parlamento alla politica del Governo 7; ed intanto ho creduto opportuno di porre le SS. LL. in grado di chiarirne all'occasione le linee generali8 .

5 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 265.

6 Non pubblicato nel vol. XXIV della serie Il.

7 È ilLV9J.

8 Nelle Carte Blanc si conservano le bozze di un Libro Verde dedicato alla questione armena che il ministro aveva intenzione di presentare alla Camera il 4 marzo. Il Libro Verde, inteso a sottolineare la preoccupazione italiana di procedere nella questione d'accordo con le altre cinque Potenze, non fu poi presentato.

946 1 Ed., con varianti e l'omissione del passo fra asterischi, inLV92, pp. 289-293. 2 Cfr. n. 419.

946 3 Cfr. serie II, vol. XXVI, n. 219.

946 4 Cfr. n. 618.

947

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. RISERVATO 578/163. Vienna, 3 marzo 1896 (per. il 6).

Ringrazio V.E. di avermi comunicato il rapporto del r. ambasciatore a Parigi!, relativo all'incontro dell'imperatore Francesco Giuseppe col presidente della Repubblica francese a Nizza. Non divido interamente le impressioni del conte Tornielli circa il significato di quell'incontro. L'imperatore Francesco Giuseppe si reca da due anni al Cap Martin a passare qualche giorno colla imperatrice Elisabetta, e vi si reca nell'epoca che le circostanze e la stagione gli rendono più propizia e più comoda per il breve soggiorno che gli è concesso di farvi. Un tal fatto non ha alcuna connessione politica col viaggio odierno del presidente Faure a Nizza. Ma è chiaro che l'imperatore, trovandosi sul suolo francese, a pochi chilometri di distanza dalla residenza eventuale del capo dello Stato francese, non poteva esimersi da quella visita.

948

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 410. Berlino, 4 marzo 1896, ore 15,09 (per. ore 16,10).

Catastrofe che ha colpito nostra cara Italia in Africa suscita qui viva commozione, e la domanda è un sola: perché Baratieri ha ora presa offensiva? Ieri sera imperatore venne in persona esprimere condoglianze. Egli riconosce che abbiamo in Eritrea a combattere nemici sostenuti da altri; deplora che Inghilterra con questione di Zeila non ci abbia dato aiuto; dice sapere regina d'Inghilterra contraria politica estera del suo Governo, e che, conscio di ciò, egli continuerà, malgrado i suoi rancori verso Inghilterra, a lavorare per ricondurla verso Triplice Alleanza e verso l 'Italia in ispecie. Queste sono tutte belle parole, utili forse per avvenire per il momento non dobbiamo contare che su noi stessi per uscire con calma e intrepidezza dalla dolorosa situazione in cui ci troviamo.

947 1 Cfr. n. 930.

949

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. 155/67. Cairo, 4 marzo 1896 (per. il 9).

Secondo informazioni pervenute qui al Cairo coi carovanieri giunti dall'interno, si confermerebbero le notizie già da me comunicate coi rapporti n. 81/30, 84/32 del 12 e del 14 febbraio u.s. 1 , di intesa fra i dervisci e gli abissini.

Si assicura ora che due emiri siano già ad Adua per abboccarsi con Menelik. Questi capi sarebbero Alì el-Taisci e Osman el-Azrak e starebbero trattando l'unione del corpo stabilito nel Ghedaref con gli scioani.

Di questi fatti nulla si sa all'Intelligence Department, ma il maggiore Wingate, il quale non crede ad una vera e propria alleanza del califa con gli abissini, ammette perfettamente che Menelik possa intendersi con i dervisci per unire le loro forze contro di noi.

L'insistenza di tali voci che pervengono da differenti sorgenti mi sembra dia valore a tale notizia.

950

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. RISERVATO 412. Vienna, 5 marzo 1896, ore 13,30 (per. ore 15).

Conte Goluchowski è venuto ad esprimermi tutte le sue simpatie all'occorrenza delle dolorose notizie d'Mrica. Egli mi informò confidenzialmente che lunedì andrà Berlino per rendere la visita a Hohenlohe. In quest'occasione sarà naturalmente ricevuto dall'imperatore Guglielmo.

951

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 417. Parigi, 5 marzo 1896, ore 17,25 (per. ore 19,15).

Hanotaux è venuto esprimermi sentimenti simpatia in termini molto amichevoli. L'opinione sensata si manifesta simpatica per la nostra Nazione, favorevole per le virtù militari del nostro esercito e sente impegnata la solidarietà dei Governi europei di fronte agli africani.

949 1 Non pubblicati.

952

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 420. Berlino, 6 marzo 1896, ore 15,31 (per. ore 17,55).

Alla grave commozione risentita in Germania al primo annunzio nostra catastrofe in Africa, seguì scoppio generale simpatia, partecipazione di dolore alla nostra disgrazia di cui si fa eco stampa tutta. Jeri, jerilaltro, ricevetti attestati continui di questi sentimenti da ogni ceto società. Giornali discutono situazione, esprimono piena fiducia Italia saprà uscire con onore da gravi difficoltà, e combattono con sdegno speranza manifestata da Francia che possa venire scossa Triplice Alleanza. Prima S.M. l'Imperatore poi barone Marschall espressero sentirsi anzi Germania più che mai legata ad Italia e lieti aver opinione pubblica dietro di sé a tal punto, che neppure stampa clericale osa elevare voce dissenziente. Certamente non si risparmiano critiche nostra azione militare, ma anche queste fatte con misura degna di nota. Si deplora caduta Crispi nel cui senno ed energia si aveva piena fiducia, ma la si crede utile in questo momento per le idee espansione africana che gli si attribuiscono. Annunzio dato stamane dal telegrafo che Visconti Venosta possa per avventura entrare nuovo Ministero non fu accolto con favore per tendenze francesi che a torto od a ragione si crede che anche in questo momento egli possa avere.

953

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

R. CONFIDENZIALE 315/110. Berlino, 6 marzo 1896.

Mi riferisco al mio telegramma del4 corrente1 . Nella sera del giorno stesso in cui teneva meco il discorso di cui era sommariamente cenno in quel telegramma S.M. l'Imperatore recavasi all'ambasciata inglese e si tratteneva con sir Frank Lascelles per ben due ore, collo scopo, dichiarato, di voler far conoscere al rappresentante della regina Vittoria le sue personali idee sui pericoli cui va incontro l'Inghilterra facendo una politica che la discosta dalla Germania e dall'Italia. Sua Maestà volle così dar subito esecuzione alla promessa a me fatta, di adoprarsi per quanto poteva e malgrado i suoi rancori verso l'Inghilterra, per ricondurre questa Potenza verso la Triplice Alleanza.

S.M. l'Imperatore parlò a sir Frank Lascelles, come quest'ultimo ebbe a confidarmi, un linguaggio d'una franchezza talvolta brutale ma tale da fare grande impressione su quel mio collega, che pregatone del resto da Sua Maestà ne riferiva tosto al suo Governo. Con grande eloquenza e cordialità Sua Maestà cercò di dimostrare che

egli non è animato da alcun sentimento ostile per l'Inghilterra verso la quale si sente anzi portato da legami del sangue e dall'interesse stesso di due Nazioni le quali hanno tutto da guadagnare a mantenersi unite. Egli passò successivamente in rivista, colla lucidità di mente che lo distingue, i punti sui quali mai potrà l'Inghilterra accordarsi colla Russia e tanto meno colla Russia unita alla Francia, ed i vantaggi che l'Inghilterra trova nella politica comune colla Triplice Alleanza, coll'Austria ed Italia in ispecie. Sua Maestà non nascose la sua poca fiducia sulla sincerità della politica russa verso la Germania, ma espresse il convincimento ch'egli saprà sempre trovar modo di aver amico lo czar in qualunque evenienza come egli già dimostrò col fatto di poter fare nella questione cino-giapponese, e ciò gli sarà reso tanto più facile quanto più l'Inghilterra si discosti dalla Germania. E se l'Inghilterra continuando o accentuando l'attitudine ora presa giungesse al punto di disinteressarsi dalle questioni del Mediterraneo e minacciasse di lasciar prendere alla Francia in quel mare una preponderanza dannosa agli interessi degli alleati della Germania, egli stesso (Guglielmo) saprebbe prendere l'iniziativa di dare alla Triplice Alleanza una base diversa da quella su cui essa riposa, d'accordo colla Gran Bretagna, nelle questioni del Mediterraneo, ed ottenere compensi non certo vantaggiosi agli interessi inglesi. Anche la questione di Zeila fu toccata da Sua Maestà rilevando l'errore che il Gabinetto inglese commise quando, pel timore di spiacere alla Francia, non porse all'Italia in Africa nemmeno quel po' di aiuto che poteva accordarle dando libero passaggio alle truppe italiane per Zeila, e rischiando così di alienarsi le simpatie di una Nazione che tutto consiglia all'Inghilterra di tenersi amica.

L'imperatore concludeva esprimendo il voto che per una misera questione del Transwaal, in cui più che altro sono in giuoco interessi di speculatori inglesi, non dovessero due Grandi Nazioni come la Germania e la Gran Bretagna mettere a repentaglio interessi ben maggiori quali sono quelli che derivano dalle loro buone relazioni.

Come ho detto in principio, le parole di Sua Maestà, che naturalmente non posso riferire esattamente, ma di cui son certo aver riportato il succo, fecero grave impressione sul mio collega inglese. Egli, ed in ciò per me sta l'importanza del fatto, considera il discorso tenutogli dall'imperatore come un desiderio espresso direttamente da Sua Maestà, un'iniziativa da lui presa per far sparire la specie di raffreddamento che esiste tra la Germania e l'Inghilterra, a detrimento degli interessi della Triplice. Non devo tacere che questo passo fatto direttamente da Sua Maestà non incontra, panni, intera l'approvazione della cancelleria imperiale, la quale pur desiderosa che l'Inghilterra si riaccosti alla Germania e alla Triplice Alleanza, crede non vi sia altro mezzo di ottener ciò che di lasciar l'Inghilterra, abbandonata a sé, toccar [con] mano che si è messa sulla cattiva strada e sommessa ritorni indietro. Dovendosi tener conto della suscettibilità dei popoli e specialmente del popolo inglese, credo più efficace, se sarà proseguito, il metodo iniziato dall'imperatore personalmente che non quello che vorrebbe seguire la cancelleria imperiale.

Che se poi metto a confronto il linguaggio di poco tempo fa tenuto da Sua Maestà con me stesso e che può riassumersi nelle parole: «Oh! l'Inghilterra! Essa dovrà venire a pregarmi di andar d'accordo con essa!!!» e il passo fatto ora, per quanto con somma dignità, colla conversazione avuta con sir Frank Lascelles, devo conchiuderne che le nostre disgrazie d'Africa e il desiderio di indurre l'Inghilterra a prestarci aiuto non vi sono estranei a questo cambiamento d'attitudine dell'imperatore Guglielmo. Giacché, e questo non saprò mai abbastanza ripetere, l'imperatore Guglielmo è il solo sovrano al mondo che nutra per noi sincero disinteressato affetto.

953 1 Cfr. n. 948.

954

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 424. Cairo, 7 marzo 1896, ore 16 (per. ore 16).

Dietro preghiera Sirdar telegrafato governatore dell'Eritrea: «Informazioni dicono dervisci si occupano seriamente minacciare Cassala. Sirdar desidererebbe conoscere confidenzialmente esatta situazione Cassala essendo disposto preparare invio eventuale qualche truppa Suakin. Con questo non possiamo contare su alcuna operazione Egitto contro dervisci che io credo Sirdar desidera; ma impossibile senza autorizzazione Londra» 1 .

955

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC

T. 431. Berlino, 8 marzo 1896, ore 12,26 (per. ore 13,20).

Imperatore di Germania e suo Governo sembrano preoccupati desiderio disilludere Francia che fatti Mrica possano scuotere amicizia Germania per Italia e Triplice Alleanza. Imperatore di Germania si recò ieri ambasciatore Austria-Ungheria esprimendo desiderio che Triplice Alleanza sempre più si consolidi ripetendo conversazione avuta con ambasciatore d'Inghilterra di cui mio rapporto ierF. Sua Maestà insiste poi sul fatto che se egli cerca tenere buone relazioni con Russia non è che creda possibile o voglia mettersi d'accordo con essa a danno Inghilterra e interessi italo-austriaci; ma bensì perché crede quelle relazioni utili pace generale. Richiamo la sua attenzione su articolo del giornale Kolnische Zeitung di ieri sera relativo viaggio Goluchowski Italia che telegrafo avrà segnalato e che spedisco per posta, cito precise parole «Il grave infortunio che colpì alleato fedele e cavalleresco non farà che accrescere la persuasione che sia necessario rinforzare ancora più i vincoli che legano Germania Austria-Ungheria Italia. Coloro che si aspettano il contrario sconoscono vera natura Triplice Alleanza e pensano solamente ciò che spererebbero. Il 10 Sua Maestà pranzerà ambasciata Austria Ungheria ... 2 volle con intenzione evidente fissare giorno successivo 11 per pranzare ambasciata d'Italia».

954 1 Annotazione a margine: <<Alla guerra 7-3-96 a Londra per posta 7-3-96>>. 955 1 Cfr. n. 953, in realtà del 6 marzo. 2 Gruppo indecifrato.

956

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI, E IL MINISTRO DELLA GUERRA, MOCENNI, AL GOVERNATORE DELL'ERITREA, BALDISSERA1

T. S.N. Roma, 8 marzo 1896.

Il Governo l'autorizza a mandare il maggiore Salsa a trattare la pace in quelle migliori condizioni che ella crederà prescrivere per la salute della Colonia e il decoro d'ltalia2 .

2 Con T. del 5 marzo (ed. in LV 90, p. 4 e in LV 93, p. 8) Baldissera aveva inviato notizie sulla situazione militare e aveva comunicato: <<Inviai il maggiore Salsa al negus per ottenere il seppellimento dei morti e intavolare trattative di pace, dimostrando pericoloso per lo Scioa ingrandire troppo il Tigrè>>.

956 1 Ed. in LV90, p. 5 e in LV93, p. 11.

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APPENDICI

APPENDICE I

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione dal I o aprile 1895 al 9 marzo 1896)

MINISTRO

BLANc barone Alberto, senatore del Regno.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO

ADAMOLI Giulio, deputato al Parlamento.

GABINETTO DEL MINISTRO E DEL SOTTOSEGRETARIO DI STATO

Apertura della corrispondenza-Avviamento degli affari che si trattano in tutte le divisioni del ministero-Relazioni al ministro e al sottosegretario di Stato -Affari politici riservatissimi -Affari confidenziali -Corrispondenza particolare-Relazioni col Parlamento e col corpo diplomatico-Udienze -Convocazione del Consiglio del contenzioso diplomatico e del Consiglio del ministero-Ordini del giorno -Ultima revisione delle pubblicazioni ministeriali -Comunicazioni ai giornali e alle agenzie telegrafiche Rassegna della stampa politica nazionale ed estera -Tribuna diplomatica -Cifrari coi regi uffici ali' estero-Telegrafo e cifra -Portafoglio del ministro-Servizio d'ispezione dei regi uffici e degli istituti italiani all'estero-Corrieri di Gabinetto.

Capo del Gabinetto -MAISSA Felice, console, facente funzioni.

Segretario-VoLTATTORNI Gabriele.

Vice segretario-CoNTARINI Salvatore, fino al 14 giugno 1895.

Volontario -PICCONO DELLA VALLE Remigio, dal 15 giugno 1895 al 29 febbraio 1896.

Consulente legale -PucciONI Emilio.

Addetti all'ufficio -LEVI Primo, incaricato delle questioni economiche e coloniali, fino al 4 maggio 1895; CARLOTII Andrea, segretario di legazione, segretario particolare del ministro; PRINETII Emanuele, addetto, segretario particolare del sottosegretario; BAJNOTII Paolo, console di l o classe, dal settembre 1895.

Interprete -TKALAc Emerico.

UFFICIO DEL PERSONALE

Personale di ogni categoria dipendente dal Ministero degli affari esteri, escluso il personale coloniale e quello delle scuole all'estero-Uffici diplomatici e consolari esteri in Italia -Note caratteristiche dei funzionari Esami -Pensioni -Annuario del ministero e Bollettini del personale Istituzione e soppressione di posti diplomatici e consolari.

Capo sezione -BERTOLLA Cesare.

Segretari-SERRA Carlo; ANDREOZZI Pietro; DECIANI Vittorio, dal 6 giugno 1895.

Addetto all'ufficio-LEONI Alessandro, console.

ISPETTORATO GENERALE DELLE SCUOLE ITALIANE ALL'ESTERO

Scuole all'estero governative e sussidiate-Ordinamento didattico di esseLoro amministrazione-Personale delle scuole-Concorsi-Borse di studio -Istituti internazionale di Torino ed Orientale di Napoli.

Ispettore generale -DE LucA APRILE Gerolamo, provveditore agli studi.

Segretario -BoccONI Luigi.

Vice segretari di ragioneria -FIORETTI Vittorio; SuGLIANI Augusto, dal settembre 1895.

Addetto all'ufficio -Rossr ToESCA Vincenzo, segretario di legazione, dal 6 giugno 1895.

TIPOGRAFIA DI GABINETTO

Direttore -ALFERAZZI Giacomo Antonio.

DIVISIONE I AFFARI POLITICI

Direttore capo di divisione -VACCAJ Giulio, reggente.

SEZIONE I POLITICA GENERALE

Carteggio in materia politica (esclusi gli affari riservati al Gabinetto) -Stipulazione e interpretazione dei trattati politici -Pubblicazione dei documenti diplomatici -Reclami di carattere essenzialmente politico verso Governi stranieri -Espulsioni di natura politica -Polizia internazionale Rettifiche ed accertamenti di frontiere -Croce rossa.

Capo sezione-PASSATI DI BALZOLA Ferdinando.

Segretari -CuGNONI Guglielmo; KocH Ernesto.

Addetto all'ufficio-JoNA Giulio, vice console, fino al 29 dicembre 1895.

SEZIONE II POLITICA COMMERCIALE

Carteggio relativo alla stipulazione e interpretazione degli atti internazionali di natura commerciale, industriale, ferroviaria, telegrafica, postale -Studi e indagini di politica commerciale -Pubblicazioni d'indole economica -Esposizioni -Sconfinamenti doganali -Sanità pubblica Urti in mare di navi mercantili.

Capo sezione -VACCAJ Giulio, predetto.

Segretari -BARILARI Pompeo; ANIELLI Lorenzo.

Addetti all'ufficio -FRACASSI RATTI MENTONE marchese Domenico, segretario di legazione, fino al 21 maggio 1895; CORSI Giunio, vice console, dal giugno 1895.

SEZIONE III

Emigrazione e colonie-Associazioni ed istituti al/' estero-Esplorazioni commerciali, scoperte geografiche e viaggi scientifici-Indagini statistiche fuori del Regno -Pubblicazioni d'indole economica -Bollettino del ministero.

Capo sezione -PELUCCHI Carlo.

Segretario -CANONICO Edoardo.

DIVISIONE II ERITREA E PROTETTORATI 1

Questioni coloniali, internazionali, possedimenti, protettorati, sfere d'influenza in Africa -Occupazioni, determinazione di confini e di hinterlandNegoziati e convenzioni di delimitazione, di protettorati-Tratta degli schiavi -Ufficio internazionale in Zanzibar-Amministrazione della Colonia Eritrea e dei protettorati nell'Oceano Indiano-Personale coloniale-Preparazione delle leggi e dei decreti concernenti l'ordinamento della colonia-Contabilità coloniale -Protocollo -Archivio speciale.

Direttore capo dell'ufficio-LEVI Primo, dal 5 maggio 1895. Segretario -AGNESA Giacomo. Vice segretari-RANDACCIO Ignazio; CONTARINI Salvatore, dal 27 ottobre 1895. Addetto all'ufficio-PERINI Ruffillo, capitano di fanteria.

DIVISIONE III AFFARI PRIVATI

Questioni di nazionalità, di estradizione, di successioni, di protezioni consolari e d'ogni altro ordine non politico nè commerciale e trattati relativi.

Direttore capo di divisione -BIANCHINI Domenico.

SEZIONE I EUROPA, ASIA, AFRICA ED OCEANIA

Capo sezione -PASSERA Oscarre.

Segretari -MIRTI DELLA VALLE Achille; RICCI Arturo.

Vice segretari -MACCHI DI CELLERE Vincenzo; GALLIAN Massimo.

SEZIONE II AMERICA

Capo sezione -DE GAETANI Davide. Segretari -LANDI VrTIORJ Vittorio; CELESTA DI VEGLIASCO Alessandro.

1 L'Ufficio Eritrea e Protettorati fu distaccato dal Gabinetto con R.D. 251 del 5 maggio 1895.

Vice segretario -DURAND DE LA PENNE marchese Enrico. Addetto all'ufficio -LAMBERTENGHI conte Bernardo, console.

DIVISIONE IV ARCHIVIO -BIBLIOTECA -CERIMONIALE

Direttore capo di divisione -BARILARI Federico.

SEZIONE I ARCHIVIO

Distribuzione della corrispondenza ordinaria-Conservazione ed incremento delle collezioni manoscritte del ministero e degli uffici all'estero-Conservazione degli originali degli atti internazionali conclusi dal Regno d'Italia e dagli Stati italiani soppressi -Ricerche storiche -Sunti, memorie, compilazioni archivistiche-Copie, duplicati, autenticazioni-Conservazione dei registri di stato civile dei nazionali all'estero; stampati per la formazione di detti registri; correzione ed annotazione di sentenze -Raccolta di circolari e disposizioni Schedario generale -Spedizione della corrispondenza del ministero.

Direttore degli archivi -GoRRINI Giacomo. Addetto all'ufficio-TOSTI Gustavo, vice console, dal 10 aprile 1895.

SEZIONE II BIBLIOTECA

Conservazione ed incremento della biblioteca del ministero e di quelle dei regi uffici all'estero-Scambi di pubblicazioni con altri ministeri od istituti del Regno o di Stati esteri -Associazioni a giornali e riviste.

Bibliotecario -PASQUALUCCI Loreto.

SEZIONE III CERIMONIALE

Cerimoniale -Lettere reali -Atti pubblici -Atti del ministero -Decorazioni italiane e straniere-Pieni poteri, credenziali e lettere di richiamo-Franchigie in materia doganale ai diplomatici e consoli italiani e stranieri -Visite e passaggi di sovrani, capi di Stato, principi e grandi personaggi -Certificati ferroviari per gli impiegati-Copisteria calligrafica.

Capo sezione -MINA BoLZESI Giuseppe.

Segretario -VALENTINI Claudio.

DIVISIONE V RAGIONERIA

Direttore capo di divisione -GUGLIELMINEITI Giuseppe, già capo divisione di ragioneria, incaricato.

SEZIONE I BILANCIO PASSIVO

Ufficio di cassa -Movimento del denaro-Contabilità della cassa-Conti correnti coi regi funzionari all'estero-Compilazione, registrazione e spedizione dei mandati di pagamento ordinari e d'anticipazioni-Trasmissione e domanda di somme ai funzionari all'estero -Versamenti all'erario ed all'istituto di credito per conto dei funzionari all'estero -M arche consolari.

Capo sezione -BELLISOMI Ludovico.

Segretario -CASA Dio Carlo.

Vice segretari-FANO Alberto; VINARDI Giuseppe (cassiere); MARcoNI Alfredo; BoRRONI Agostino.

SEZIONE II BILANCIO AITIVO

Compilazione dei bilanci -Conto consuntivo -Revisione e liquidazione della contabilità attiva e passiva dei regi uffici all'estero-Tariffa consolare -Corrispondenza colle autorità e coi privati per gli affari contabili -Resoconti periodici -Inventari del materiale degli uffici all'estero Sovvenzione a figli minorenni e a vedove d'impiegati-Ragguagli colla moneta estera -Statistica di bilancio.

Capo sezione -CALVARI Ludovico.

Segretari-BoNAMICO Cesare; D'AvANzo Carlo.

Vice segretario-SuGLIANI Augusto, fino al settembre 1895.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

PRESIDENTE

BLANC barone Alberto, senatore del Regno, ministro degli affari esteri.

VICE PRESIDENTE

TABARRINI Marco, vice presidente del Senato, presidente del Consiglio di Stato.

SEGRETARIO PASSATI DI BALZOLA Ferdinando, capo sezione al Ministero degli affari esteri.

CoNSIGLIERI

ARTOM Isacco, senatore del Regno.

AURITI Francesco, senatore del Regno, procuratore generale alla Corte di cassazione

di Roma. BIANCHERI Giuseppe, deputato al Parlamento. BoccARDO Girolamo, senatore del Regno, consigliere di Stato. CAPPELLI marchese Raffaele, deputato al Parlamento. CANONICO Tancredi, senatore del Regno, presidente di sezione della Corte di cassa

zione di Roma. DAMIANI Abele, deputato al Parlamento. EsPERSON Pietro, professore di diritto internazionale nell'università di Pavia. FusiNATO Guido, deputato al Parlamento. INGHILLERI Calcedonio, senatore del Regno, consigliere di Stato. MESSEDAGLIA Angelo, senatore del Regno. PAGANO GuARNASCHELLI Giambattista, senatore del Regno, primo presidente della

Corte di appello di Roma. PIERANTONI Augusto, senatore del Regno, professore di diritto internazionale nell'università di Roma.

APPENDICE II

AMBASCIATE E LEGAZIONI ITALIANE ALL'ESTERO

(Situazione dal l o aprile 1895 al 9 marzo 1896)

ARGENTINA

Buenos Aires -ANTONELLI conte Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PoLACCO Giorgio, segretario, fino al 29 dicembre 1895.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vìenna -NIGRA conte Costantino, ambasciatore; CuSANI CoNFALONIERI marchese Luigi, segretario; CoBIANCHI Vittore, segretario; ALIOTTI Carlo, addetto, dal 7 maggio 1895; DELLA ToRRE Giulio, addetto onorario, fino al 5 agosto 1895; PoLLIO Alberto, colonnello, addetto militare.

BAVIERA

Monaco-TuGINI Salvatore, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CuccHI BoAsso Fausto, segretario.

BELGIO

Bruxelles -DE RENZIS DI MONTANARO barone Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino all'ottobre 1895; CANTAGALLI Romeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 25 febbraio 1896; MALASPINA DI CARBONARA Obizzo, segretario, fino al 6 giugno 1895; IMPERIALI DI FRANCAVILLA Guglielmo, segretario, dal 7 giugno 1895 (incaricato d'affari dal novembre 1895 al24 febbraio 1896); ANCILOTTO Giuseppe, addetto onorario (dal 7 gennaio 1896 addetto), fino al 20 gennaio 1896; P ANIZZARDI Alessandro, tenente colonnello, addetto militare (residente a Parigi).

BOLIVIA

SEGRE David, ministro residente, fino al 19 maggio 1895; LECCA Giulio, viceconsole, reggente la legazione dal 20 maggio 1895 (residenti a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -DE MARTINO Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 22 maggio all'8 dicembre 1895; MAGLIANO Roberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 9 dicembre 1895; NOBILI Aldo, segretario, fino al 25 gennaio 1896 (incaricato d'affari fino al 21 maggio 1895).

CILE

Santiago -BRACESCHI Paolo, ministro residente, fino al 22 novembre 1895; FARA FoRNI Giacomo, vice console, incaricato d'affari dal 23 novembre 1895.

CINA

Pechino -BARDI Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VITALE DI PONTAGIO Guido, interprete.

COLOMBIA

Bogotà -DE REGE DI DoNATO Alessandro, ministro residente, dal 6 giugno 1895; CODAZZI Lorenzo, vice console, reggente la legazione fino al 5 giugno 1895.

COREA

BARDI Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Pechino).

COSTARICA

GREPPI conte Antonio, ministro residente (residente a Guatemala).

DANIMARCA

Copenaghen -GALVAGNA barone Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MATTIOLI PASQUALINI Alessandro, segretario, fino allO maggio 1895.

FRANCIA

Parigi -ToRNIELLI BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, ambasciatore; GALLINA conte Giovanni, segretario, fino al 9 aprile 1895; PoLAcco Giorgio, segretario, dal 30 dicembre 1895; QUARTO DI BELGIOIOSO Antonio, conte del Vaglio, segretario, fino al 16 gennaio 1896; PAULUCCI DE' CALBOLI Raniero, segretario; CAR!GNANI DI NovoLI Francesco, segretario; ROMANO Camillo, addetto, dal 7 maggio 1895; CAHEN Teofilo Rodolfo, marchese di Torre Alfina, addetto; SACERDOTI DI CARROBIO Vittorio, addetto, dal20 febbraio 1896; PANIZZARDI Alessandro, tenente colonnello, addetto militare.

GERMANIA

Berlino -LANZA conte Carlo, tenente generale, ambasciatore; CALVI DI BERGOLO conte Giorgio Carlo, consigliere; FALLETTI DI VILLAFALLETTO Paolo, segretario, fino al13 aprile 1895; MATTIOLI PASQUALINI Alessandro, segretario, dall'H maggio 1895; DE MARTINO Giacomo, addetto, fino al 10 maggio 1895; SOMMI PICENARDI Girolamo, addetto, dal 6 agosto 1895; GIANOTTI Enrico Romano, addetto onorario, fino al 7 luglio 1895; ZucCARI Luigi, colonnello, addetto militare.

GIAPPONE

Tokio-ORFINI conte Ercole, incaricato d'affari, dal 5 maggio 1895 inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BAROLI Carlo, segretario, dal l o marzo 1896; GAsco Alfonso, interprete; CASATI Luigi, interprete.

GRAN BRETAGNA

Londra -PERRERO Annibale, generale, ambasciatore; SILVESTRELLI Giulio, consigliere, fino al 20 aprile 1895; RANuzzi SEGNI conte Cesare, segretario, dal 22 marzo al 25 luglio 1895; GALLINA conte Giovanni, segretario, dallO aprile 1895; QuARTO DI BELGIOIOSO conte Antonio, segretario, dal 17 gennaio 1896; DE BosDARI conte Alessandro, addetto; CORSINI Andrea Carlo, addetto onorario, fino al 5 agosto 1895.

GRECIA

Atene -PISANI Dossi Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoNTARINI Salvatore, segretario, dal 15 giugno al 26 ottobre 1895; TROMBI conte Vittorio, maggiore, addetto militare (residente a Costantinopoli).

GUATEMALA

Guatemala -GREPPI conte Antonio, ministro residente.

HONDURAS GREPPI conte Antonio, ministro residente (residente a Guatemala).

MAROCCO

Tangeri -CANTAGALLI Romeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 31 dicembre 1895; MALMUSI Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal l 0 gennaio 1896; CARAVADOSSI THOET D'ASPREMONT Giulio, addetto, fino al 29 dicembre 1895; GIANATELLI GENTILE Agesilao, segretario interprete.

MESSICO Messico-CENTURIONE marchese Enrico, ministro residente, fino al28 dicembre 1895.

MONTENEGRO Cettigne-SANMINIATELLI conte Fabio, ministro residente.

NICARAGUA GREPPI conte Antonio, ministro residente (residente a Guatemala).

PAESI BASSI

Aja -GERBAIX DE SONNAZ conte Carlo Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE GREGORIO marchese Paolo, segretario.

PARAGUAY

ANTONELLI conte Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Aires).

PERSIA

Teheran -N.N., ministro residente.

PERÙ

Lima-SEGRE David, ministro residente, fino al 19 maggio 1895; LECCA Giulio, vice console, reggente la legazione dal 20 maggio 1895.

PORTOGALLO

Lisbona -SPINOLA marchese Federico Costanzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 24 ottobre 1895; FRrozzr Lorenzo, principe di Cariati, segretario, incaricato d'affari dal 25 ottobre 1895.

ROMANIA

Bucarest -CuRTOPASSI Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 5 aprile 1895; BECCARIA INCISA Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 19 maggio 1895; MELEGARI Giulio, segretario; RUSPOLI Mario, addetto, dal6 agosto 1895; OuvoTTo Teodoro, interprete archivista; TROMBI conte Vittorio, maggiore, addetto militare (residente a Costantinopoli).

RUSSIA

Pietroburgo -MAFFEI DI BaGLIO marchese Carlo Alberto, ambasciatore, dal 19 novembre 1895; SILVESTRELLI Giulio, consigliere, dal 16 maggio al 27 novembre 1895 (incaricato d'affari dal 16 maggio al 18 novembre 1895); BOTTARO CosTA Francesco, segretario, fino al30 dicembre 1895 (incaricato d'affari fino al15 maggio 1895); CORSINI Andrea Carlo, addetto onorario, dal 6 agosto 1895; Dr MAJO Pio, colonnello, addetto militare.

SALVADOR

GREPPI conte Antonio, ministro residente (residente a Guatemala).

SERBIA

Belgrado -AVARNA duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; POLLIO Alberto, colonnello, addetto militare (residente a Vienna).

SIAM

BARDI Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Pechino).

SPAGNA

Madrid-MAFFEI DI BaGLIO marchese Carlo Alberto, ambasciatore, fino al18 novembre 1895; DE RENZIS DI MONTANARO barone Francesco, ambasciatore, dal5 dicembre 1895; DE FORESTA Alberto, consigliere, fino al 29 febbraio 1896 (incaricato d'affari dal19 novembre al 4 dicembre 1895); BOTTARO CosTA Francesco, segretario, dal 31 dicembre 1895; BRUNO Luigi, segretario, dal 26 luglio 1895.

STATI UNITI

Washington-FAVA barone Saverio, ambasciatore; MALASPINA DI CARBONARA Obizzo, segretario, dal 7 giugno 1895; VINCI GIGLIUCCI Giulio Cesare, segretario; RusPOLI Mario, addetto onorario, fino al 5 agosto 1895.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -ZANNINI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FERRARA DENTICE Enrico, segretario.

SVIZZERA

Berna -PEIROLERI Augusto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAYOR DES PLANCHES Edmondo, consigliere; BRUNO Luigi, segretario, fino al 25 luglio 1895; RANuzzi SEGNI conte Cesare, segretario, dal 26 luglio 1895; SALLIER DE LA TOUR Giuseppe, segretario, dal 21 agosto 1895; SACERDOTI DI CARROBIO Vittorio, addetto, fino al 19 febbraio 1896; PANIZZARDI Alessandro, tenente colonnello, addetto militare (residente a Parigi).

TURCHIA

Costantinopoli-CATALANI Tommaso, ambasciatore, fino al 28 luglio 1895; PANSA Alberto, ambasciatore, dal 24 ottobre 1895; DE FORESTA Alberto, consigliere, dal l o marzo 1896; BoLLATI Riccardo, segretario, fino al 29 febbraio 1896 (incaricato d'affari dal29luglio al 23 ottobre 1895); BAROLI Carlo, segretario, fino al29 febbraio 1896; SALLIER DE LA TouR Giuseppe, segretario, fino al 20 agosto 1895; DE MARTINO Giacomo, addetto, dall'll maggio 1895; DELLA ToRRE Giulio, addetto, dal16 novembre 1895; ANciLOITO conte Giuseppe, addetto, dal21 gennaio 1896; BARONE Antonio, interprete; CHABERT Alberto, interprete; CANGIÀ Alfredo, interprete; TROMBI conte Vittorio, maggiore, addetto militare.

EGITIO

Il Cairo-PANSA Alberto, agente e console generale, fino al 17 luglio 1895; SALVAGO RAGGI marchese Giuseppe, segretario, dal 2 aprile 1895 (reggente dal 18 luglio 1895); AGNOLI Ruffillo, vice console; MANZONI Gaetano, vice console, dallO aprile 1895; MAURINO Giacinto, interprete, fino al 29 febbraio 1896; CROLLA Giuseppe, interprete, dal 24 novembre 1895.

TUNISIA

Tunisi -MACHIAVELLI Giovambattista, agente e console generale; CARLEITI Tommaso, vice console; SCIALOM Giuseppe, interprete.

BULGARIA

Sofia-RIVA Alessandro, agente e console generale, fino al 13 novembre 1895; SILVESTRELLI Giulio, reggente dal 28 novembre 1895, agente e console generale dal 26 gennaio 1896; Rossi Lorenzo, vice console; BoiTALICO Enrico, interprete.

URUGUAY

ANTONELLI conte Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Aires).

VENEZUELA

Caracas -MAGLIANO Roberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 2 aprile all3 novembre 1895; RIVA Gian Paolo, ministro residente, dal14 novembre 1895.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione dal r aprile 1895 al9 marzo 1896)

Argentina -MaRENO Henrique, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 23 febbraio 1896; DEL Vrso Antonio junior, primo segretario, incaricato d'affari fino al 22 febbraio 1896; ZAVALIA Carlos, secondo segretario, dal febbraio 1896; MaRENO Hilarion, segretario, dal febbraio 1896.

Austria-Ungheria-VON BRUCK barone Karl, ambasciatore, fino al15 dicembre 1895; PASETTI VON FRIEDENBURG barone Marius, ambasciatore, dal 16 dicembre 1895; VON EPERJESY Albrecht, consigliere (ministro plenipotenziario dal settembre 1895), fino al dicembre 1895; SZECSEN conte Nikolaus, consigliere, fino al giugno 1895; VON MEZEY Alexander, consigliere, dal dicembre 1895; WISNIEWSKI conte Jaroslaw, segretario, dal giugno 1895; FùRSTENBERG principe Karl Emil, addetto, fino al dicembre 1895; VON FLOTOW barone Ludwig, addetto, dal giugno 1895; VON HERBERSTEIN conte Maximilian, addetto, fino al giugno 1895; VON MITSCHA, addetto, fino al dicembre 1895; VON PoTI Emil, colonnello, addetto militare; SOLTYK conte Stanislav, tenente di vascello, addetto navale, fino al giugno 1895; CouARDE Guy, capitano di corvetta, addetto navale, dal giugno 1895.

Baviera -VON PoDEWILS-DURNIZ barone Klemens, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al dicembre 1895; VON TucHER barone Heinrich, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 12 gennaio 1896.

Belgio -VAN Loo August, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MoNCHEUR barone Ludovic, consigliere; SAINCTELETTE Maurice, primo segretario; NoTHOMB barone Raymond, secondo segretario, dal maggio 1895; LE GHAIT Raymond, addetto (secondo segretario dal febbraio 1896).

Brasile -REGIS DE OUVEIRA Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CHAVES Bruno, primo segretario; RODRIGUEZ ToRRES Alfredo, secondo segretario, fino al gennaio 1896, VIEIRA FERREIRA Carlos, secondo segretario, dal gennaio 1896; REGIS DE OuVEIRA Raoul, addetto, dal gennaio 1896.

Cile -BULNES Gonzalo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al dicembre 1895; IRARRAZAVAL ZANARTU G., primo segretario, fino al novembre

1895; INFANTE Eliodoro, primo segretario, dal dicembre 1895; PuELMA BESA Pio, secondo segretario, dal dicembre 1895; GONI Roberto, colonnello di fanteria, addetto militare, fino al dicembre 1895; PINTO CONCHA Aristide, colonnello, addetto militare, dal dicembre 1895. (La legazione aveva sede a Berlino).

Cina-KVNG TA-JEN, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CHING CHANG, segretario; Ou TsoNG-LIEN, addetto; KuNG SING-CHAN, addetto. (La legazione aveva sede a Londra).

Colombia -HURTADO José Marcelino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CASAS Nicolas José, primo segretario; DE SANTA MARIA Manuel, secondo segretario.

Danimarca-DE KNUTH conte Joachim Sigmund Ditlev, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al giugno 1895; DE REVENTLOW conte Ferdinand, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 4 luglio 1895.

Francia -BILLOT Albert, ambasciatore; DE LAVAUR DE SAINTE FoRTUNADE visconte Henri, consigliere; P ATENÒTRE Louis, secondo segretario; P ASCAL Henri, terzo segretario; CHIVOT Georges, addetto, fino al febbraio 1896; LESCA Armand, addetto, dal febbraio 1896; GIRARD-PINSONNIÈRE Félix, tenente colonnello, addetto militare; JoussELIN Lucien, tenente di vascello, addetto navale.

Germania -BùLOW Bernhard, ambasciatore; VON MùLLER Felix, consigliere, fino al dicembre 1895; VON PuCKLER conte Karl, consigliere, dal dicembre 1895; VON HOHENLOHE-OEHRINGEN, principe Hans, secondo segretario, fino al dicembre 1895; VON ROMBERG barone Gisbert, secondo segretario, dal dicembre 1895; VON REuss principe Heinrich XXXI, addetto, fino al giugno 1895; voN WILLICH Alfred, addetto, fino al giugno 1895; VON JAGOW Gottlieb, addetto; VON ENGELBRECHT Karl, tenente colonnello, addetto militare, fino al novembre 1895; VON JACOBI Alban, maggiore, addetto militare, dal novembre 1895; voN 0RIOLA conte Joachim, tenente di vascello, addetto navale.

Giappone-TAKAHIRA Kogoro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al gennaio 1896; ANENOKOSI Kintomo, segretario, fino al febbraio 1896; ADATCI Mineiteiro, addetto (segretario dal dicembre 1895).

Gran Bretagna -FORD sir Francis Clare, ambasciatore; EDWARDES Henry G., primo segretario; FAIRFAX CARTWRIGHT L., secondo segretario; RAIKES Arthur Stewart, secondo segretario; FRASER Edmund, secondo segretario, fino al dicembre 1895; ELLICOMBE Hugh, secondo segretario, dal febbraio 1896; RussELL Theo, terzo segretario; LE CLERC EGERTON Georges, capitano di vascello, addetto navale, fino al novembre 1895; TuDOR Henry Norton, capitano di vascello, addetto navale, dal novembre 1895; SLADE John Ramsay, tenente colonnello, addetto militare, fino al maggio 1895; NEEDAM Charles, colonnello, addetto militare, dal maggio 1895.

Grecia-CoUNDOURIOTIS D., incaricato d'affari.

Guatemala -CRUZ Fernando, inviato straordinario e ministro plenipotenziario. (La legazione aveva sede a Parigi).

Messico-ESTEVA Gonzalo A, ministro residente; CANEDO Salvador, primo segretario; ESTEVA Y CUEVAS Gonzalo A, addetto, dal maggio 1895.

Paesi Bassi -VAN WESTENBERG Bernard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VAN CITTERS Adolf, segretario, fino al dicembre 1895; LOUDON John, segretario, dal dicembre 1895.

Perù -CANEVARO José Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ALZAMORA Lizardo, primo segretario, fino al febbraio 1896; DE ALTHAUS Augusto, colonnello, addetto militare.

Portogallo-DE CARVALHO Y V ASCONCELLOS Mathias, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al30 ottobre 1895; SEQUEIRA THEDIM Augusto, primo segretario, fino al maggio 1895; MoNTEVERDE Alfredo, primo segretario, incaricato d'affari dal31 ottobre 1895; DE OLIVEIRA SOARES Antonio, secondo segretario, dal febbraio 1896.

Romania -LAHOVARY Alexandru, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAMFIRESCU Duilius, primo segretario; BmEscu Spiridion, secondo segretario.

Russia -VLANGALY Aleksandr, ambasciatore; DE MEYENDORFF barone Ernest, consigliere, fino al febbraio 1896; BAGGOVOUT Vietar, primo segretario; KELLER conte Aleksandr, secondo segretario; TRUBECKOJ principe Nikolaj, tenente colonnello, agente militare.

Serbia -STEié Pjotr, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al febbraio 1896.

Siam -VADHANA, principe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (assente dal novembre 1895); PHRA SURIYA NuvATR, incaricato d'affari ad interim, dal novembre 1895; CoRRAGIONI D'ORELLI Carlo, consigliere, dal dicembre 1895; LUANG VISAIT, primo segretario; WILBERFORCE WYKE, segretario, fino al dicembre 1895; LuANG VISUTR, addetto; LuANG BHAKDI, addetto. (La legazione aveva sede a Parigi).

Spagna-RAscoN conte Juan Antonio, ambasciatore, fino al14 giugno 1895; MERRY Y CoLON conte DE BENOMAR Francisco, ambasciatore, dal 15 giugno 1895; PEREZ CABALLERO Juan, primo segretario, fino al dicembre 1895; OsoRIO Fernando, primo segretario, dal dicembre 1895; CRESPO Servando, secondo segretario, fino al 9 giugno 1895; GASSEND YDE FRIAS Carlos, secondo segretario, dallO giugno 1895; GoNZALES DE SALAZAR Juan, terzo segretario; DE LA GANDARA Y PLAZAOLA marchese José, addetto; V ALLES Y SOLER DE ARAGON Camilo, colonnello, addetto militare.

Stati Uniti -MAc VEAGH Waine, ambasciatore; ANDERSON Larz, segretario; ScRIVEN George Percival, capitano, addetto militare; VREELAND C.E., tenente di vascello, addetto navale.

Svezia e Norvegia -DE BrLDT barone Karl Nils Daniel, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Svizzera -BAVIER Simon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 15 giugno 1895; CARLIN Gaston, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 22 giugno 1895; GRAFFINA Gustave, primo segretario, fino all'agosto 1895; CHOFFAT Joseph, primo segretario, dal settembre 1895; DE SALIS Ferdinand, secondo segretario, fino al dicembre 1895.

Turchia -NEDIM Mahmud bey, ambasciatore; P ANGIRI bey, consigliere; CouYOUMDJAN Ohanes bey, primo segretario; RECHID Saadi bey, secondo segretario; FAHREDDIN bey, terzo segretario, fino al febbraio 1896; ADIL bey, addetto, fino al settembre 1895; NrZAMY Osman bey, colonnello, addetto militare, fino al febbraio 1896; NADIR Alì bey, addetto militare, dal febbraio 1896.

Uruguay-RovrRA Enrique, primo segretario, incaricato d'affari ad interim; CASALIA José, addetto, dal gennaio 1896; DE Dovmrs Ubaldo Julio, addetto onorario; FERRARI Juan Manuel, ufficiale onorario.